Hai ricevuto un accertamento fiscale dall’Agenzia delle Entrate per stipendi o redditi da lavoro estero non dichiarati correttamente? In questi casi, il Fisco presume che i compensi percepiti all’estero debbano essere tassati anche in Italia, soprattutto se risulti fiscalmente residente. Si tratta di uno dei controlli più frequenti nei confronti di lavoratori italiani all’estero o di chi ha contratti con aziende straniere. Le conseguenze possono essere gravi: doppia imposizione, recupero di imposte, sanzioni elevate e interessi. Tuttavia, non sempre la contestazione è fondata: con una difesa ben documentata è possibile dimostrare la residenza fiscale effettiva o l’esistenza di accordi internazionali che evitano la doppia tassazione.
Quando l’Agenzia delle Entrate contesta gli stipendi esteri
– Se i redditi da lavoro all’estero non sono stati dichiarati nel modello Redditi o 730
– Se il contribuente risulta residente fiscalmente in Italia secondo i registri anagrafici
– Se non è stata applicata correttamente la convenzione contro le doppie imposizioni
– Se i redditi percepiti all’estero sono transitati su conti correnti italiani
– Se l’Ufficio presume che l’attività all’estero sia solo formale e non effettiva
Conseguenze della contestazione
– Tassazione integrale in Italia degli stipendi esteri percepiti
– Applicazione di sanzioni fino al 200% delle imposte accertate
– Interessi di mora sulle somme dovute
– Doppia imposizione in assenza di corretta documentazione
– Nei casi più gravi, denuncia penale per dichiarazione infedele o omessa dichiarazione
Come difendersi dalla contestazione
– Dimostrare la residenza fiscale effettiva all’estero (con iscrizione AIRE e documenti di domicilio stabile)
– Produrre contratti di lavoro, buste paga, certificazioni estere e documentazione bancaria
– Applicare correttamente la convenzione contro le doppie imposizioni tra l’Italia e il Paese estero
– Contestare la residenza fiscale presunta se si risiede e lavora stabilmente fuori dall’Italia
– Evidenziare errori di calcolo, difetti istruttori o carenze di motivazione nella contestazione
– Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per ottenere l’annullamento totale o parziale della pretesa
Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare la posizione fiscale internazionale e la normativa convenzionale applicabile
– Verificare la legittimità della contestazione e la corretta qualificazione dei redditi esteri
– Predisporre un ricorso fondato su prove documentali e giurisprudenza internazionale favorevole
– Difendere il contribuente davanti ai giudici tributari e, se necessario, anche in sede penale
– Tutelare il patrimonio personale da sanzioni e imposte non dovute
Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale della contestazione fiscale
– L’eliminazione della doppia imposizione tramite corretta applicazione delle convenzioni internazionali
– La riduzione di sanzioni e interessi applicati
– La sospensione delle richieste di pagamento già notificate
– La certezza di pagare solo quanto realmente dovuto in base alla legge italiana e agli accordi esteri
⚠️ Attenzione: gli stipendi percepiti all’estero sono oggetto di controlli sempre più frequenti grazie allo scambio automatico di informazioni tra autorità fiscali. È fondamentale predisporre una difesa tempestiva e ben documentata per evitare tassazioni indebite o duplici imposizioni.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario internazionale e contenzioso fiscale – spiega come difendersi in caso di accertamento per stipendi esteri e quali strategie adottare per proteggere i tuoi interessi.
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Introduzione e obiettivi della guida
Negli ultimi anni l’amministrazione finanziaria italiana ha intensificato i controlli sui redditi prodotti all’estero. Accertamenti fiscali e richieste di documentazione colpiscono non soltanto le grandi imprese, ma anche lavoratori dipendenti, autonomi e pensionati che hanno percepito stipendi, compensi professionali o trattamenti pensionistici al di fuori dell’Italia. L’esigenza di recuperare gettito e di contrastare le forme di evasione o elusione fiscale legate all’emigrazione internazionale impone ai contribuenti di conoscere approfonditamente la normativa interna e le convenzioni contro le doppie imposizioni, nonché le più recenti pronunce giurisprudenziali.
Questa guida – aggiornata a settembre 2025 – fornisce un quadro completo delle regole sull’imponibilità dei redditi esteri e delle strategie difensive che possono essere adottate quando l’Agenzia delle Entrate contesta l’omessa o irregolare dichiarazione di stipendi, compensi professionali o pensioni percepiti all’estero.
L’ampiezza del tema impone un’attenta strutturazione del testo. Dopo questa introduzione, verranno analizzati:
- Le fonti normative interne: i principi di tassazione mondiale e territoriale, la residenza fiscale (art. 2 TUIR), l’imposizione dei non residenti (art. 23 TUIR), la disciplina dei redditi di lavoro dipendente e autonomo (art. 51 e seguenti), delle pensioni e dei redditi assimilati, la deducibilità degli oneri e contributi (art. 10 TUIR) e il credito d’imposta per le imposte pagate all’estero (art. 165 TUIR) .
- Le convenzioni contro le doppie imposizioni e gli accordi bilaterali più rilevanti (ad esempio con Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Svizzera). Verranno illustrati i criteri di allocazione della potestà impositiva (residenza, luogo di svolgimento dell’attività, esistenza di una stabile organizzazione o base fissa) e i meccanismi per evitare la doppia imposizione, con particolare attenzione alla disciplina delle retribuzioni di lavoro dipendente (art. 15 del modello OCSE) e dei redditi professionali (art. 14).
- Il procedimento di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, con richiamo agli obblighi dichiarativi (quadro RW, monitoraggio fiscale) e agli strumenti di cooperazione internazionale (scambio di informazioni). Verranno esaminati i principali indici di rischio che fanno scattare l’indagine, come i flussi di denaro non giustificati, le presunzioni relative ai conti in paradisi fiscali e la mancata indicazione del credito per le imposte estere .
- La disciplina della retribuzione convenzionale prevista dall’art. 51, comma 8‑bis, TUIR per i lavoratori dipendenti che prestano la propria attività all’estero per oltre 183 giorni. Saranno illustrate le condizioni per applicare questa particolare modalità di determinazione del reddito, le modalità di tassazione, l’esclusione dal calcolo delle indennità estere e la deducibilità dei contributi versati all’estero .
- La tassazione dei lavoratori autonomi e professionisti che esercitano l’attività all’estero e la distinzione tra base fissa e stabile organizzazione, sulla base delle recenti pronunce della Corte di Cassazione .
- La tassazione delle pensioni estere e i criteri per individuare lo Stato competente a tassare i trattamenti pensionistici, con le relative difese in caso di accertamento.
- Le strategie difensive a disposizione del contribuente durante la fase di accertamento e in contenzioso, comprese le eccezioni in sede penale per violazioni tributarie. Verranno esaminate le più recenti sentenze della Corte di Cassazione che hanno riconosciuto la deducibilità dei contributi, la possibilità di recuperare il credito per imposte estere anche in caso di omissione dichiarativa e i limiti della presunzione di evasione in relazione ai conti esteri .
Nel corso della trattazione verranno realizzate tabelle riepilogative, simulazioni pratiche per comprendere come si calcola l’imposta dovuta e si gestisce il credito, e una sezione di domande e risposte che affrontano i dubbi frequenti. Al termine, una sezione dedicata raccoglierà tutti i riferimenti normativi e giurisprudenziali citati. Le citazioni delle fonti sono riportate con la sintassi richiesta (ad esempio ) e sono collocate nel corpo del testo per agevolare il lettore.
Parte 1 – Il quadro normativo interno
1.1 Principi generali di imposizione: tassazione mondiale e tassazione territoriale
Il sistema fiscale italiano si fonda sul principio della tassazione su base mondiale (worldwide taxation) per i soggetti residenti e su base territoriale per i non residenti. L’articolo 3 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) stabilisce che l’imposta sul reddito delle persone fisiche colpisce l’intero reddito complessivo del contribuente, formato dalla somma di tutte le categorie reddituali prodotte ovunque nel mondo, al netto degli oneri deducibili e delle detrazioni. La logica è che chi è fiscalmente residente in Italia deve concorrere al finanziamento della spesa pubblica italiana con tutti i redditi, anche se generati all’estero. Per converso, i soggetti non residenti sono tassati soltanto per i redditi prodotti nel territorio dello Stato (principio di territorialità).
1.2 Residenza fiscale delle persone fisiche (art. 2 TUIR) e riforma del 2023‑2024
La determinazione della residenza fiscale è essenziale per stabilire se un reddito estero debba essere dichiarato in Italia. L’art. 2 TUIR (testo vigente dopo le modifiche introdotte dal decreto legislativo n. 209/2023) prevede che si considerano residenti ai fini delle imposte sui redditi le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta (183 giorni o 184 nei casi di anno bisestile):
- hanno la residenza anagrafica in Italia oppure sono iscritte all’anagrafe della popolazione residente;
- hanno il domicilio in Italia, inteso come il luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei propri affari e interessi personali e familiari;
- hanno la dimora abituale in Italia, cioè il luogo dove risiedono effettivamente e abitualmente.
L’Agenzia delle Entrate, in una circolare aggiornata al 19 novembre 2024, ha chiarito che basta il verificarsi di una delle condizioni (residenza, domicilio o dimora) per qualificare un soggetto come fiscalmente residente e che la registrazione all’anagrafe comporta una presunzione di residenza fino a prova contraria. Inoltre, la stessa circolare prevede che i periodi di permanenza in Italia, anche frazionati nell’anno, devono essere considerati ai fini del calcolo dei 183 giorni . La norma introduce anche una presunzione di residenza per i cittadini italiani che trasferiscono la residenza in Stati o territori a fiscalità privilegiata, salvo dimostrare l’effettivo allontanamento.
Aspetti probatori
In sede di accertamento l’Amministrazione verifica la corrispondenza tra la situazione sostanziale e l’iscrizione anagrafica, anche attraverso l’esame delle spese sostenute, della presenza fisica e della famiglia. Il contribuente che contesta la residenza in Italia deve produrre prove documentali (contratto di lavoro, contratto di locazione all’estero, iscrizione all’AIRE, fatture di utenze ecc.) per dimostrare di avere trasferito effettivamente la dimora e il centro degli interessi all’estero. Occorre tuttavia sottolineare che l’iscrizione all’AIRE non è di per sé sufficiente a escludere la residenza fiscale in Italia, perché la verifica si basa sulla situazione sostanziale.
1.3 Imposizione dei non residenti (art. 23 TUIR)
Per i soggetti non residenti, l’articolo 23 TUIR elenca i redditi che si considerano prodotti in Italia e quindi imponibili. Tra questi rientrano:
- redditi fondiari relativi a beni situati nel territorio dello Stato;
- redditi di capitale corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti o da stabili organizzazioni in Italia;
- redditi di lavoro dipendente prestato nel territorio dello Stato, compresi i compensi per prestazioni di lavoro autonomo abitualmente svolte in Italia;
- redditi di lavoro autonomo derivanti da prestazioni esercitate nel territorio dello Stato;
- redditi d’impresa derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato mediante stabili organizzazioni .
La presenza di una prestazione lavorativa in Italia (anche se svolta in parte all’estero) comporta l’imposizione nel territorio dello Stato per la quota di reddito riferibile alla prestazione ivi svolta. Pertanto, un soggetto non residente che lavora alcuni giorni in Italia e il resto all’estero dovrà ripartire il reddito proporzionalmente e dichiarare la quota italiana.
1.4 Redditi di lavoro dipendente (art. 51 TUIR) e retribuzione convenzionale
L’articolo 51 TUIR definisce la base imponibile dei redditi di lavoro dipendente. La regola generale è che concorrono a formare il reddito tutte le somme e i valori percepiti nel periodo d’imposta a qualunque titolo (retribuzione, indennità, assegni) ed anche eventuali erogazioni in natura (benefit). Diversi commi dell’articolo contemplano casi particolari: ad esempio, i fringe benefit, i premi di risultato, le indennità sostitutive di mensa ecc.
1.4.1 Art. 51, comma 8‑bis: retribuzione convenzionale per lavoratori all’estero
Un importante regime riguarda i lavoratori dipendenti che svolgono l’attività lavorativa fuori dall’Italia per più di 183 giorni nel periodo di dodici mesi. In tal caso, il comma 8‑bis dell’art. 51 TUIR stabilisce che il reddito di lavoro dipendente è determinato non sulla base della retribuzione effettiva, ma secondo retribuzioni convenzionali fissate annualmente con decreto del Ministero del Lavoro. I requisiti applicativi, espressi anche dall’Agenzia delle Entrate in risposta a interpello, sono:
- il lavoratore deve essere dipendente da un datore di lavoro italiano e appartenere a un settore per il quale sono stabilite retribuzioni convenzionali;
- l’attività lavorativa deve essere svolta all’estero con carattere di permanenza o sufficiente stabilità;
- il lavoro all’estero deve costituire l’esclusivo oggetto del rapporto;
- la permanenza all’estero deve superare 183 giorni nell’arco di dodici mesi .
La ratio della norma è semplificare la tassazione per i lavoratori espatriati: la retribuzione convenzionale sostituisce la retribuzione effettiva per l’intero periodo, anche se il lavoratore percepisce un salario maggiore o minore. Tuttavia, questa disciplina solleva frequentemente controversie, ad esempio su quali emolumenti siano inclusi nel trattamento convenzionale e sulla deducibilità di contributi esteri.
1.4.1.1 Indennità e compensi esteri
Recenti pronunce della Corte di Cassazione hanno chiarito la portata dell’art. 51, comma 8‑bis. La sentenza Cass. 3200/2025 ha precisato che il reddito di lavoro dipendente estero viene determinato con la retribuzione convenzionale e che indennità aggiuntive e compensi per “comodato estero” o simili non rientrano in questa base: spetta al contribuente dimostrare che tali emolumenti sono legati alla prestazione all’estero e che la loro esclusione non comporta vantaggi indebiti . La Corte sottolinea che la retribuzione convenzionale, fissata per categoria, è sostitutiva dell’effettivo trattamento economico e che eventuali indennità estere possono essere escluse solo se non collegate direttamente all’attività lavorativa.
1.4.1.2 Deducibilità dei contributi esteri
Un’altra questione dibattuta riguarda la deducibilità dei contributi previdenziali obbligatori versati all’estero. Il comma 1 dell’art. 10 TUIR consente di dedurre dal reddito complessivo i contributi previdenziali ed assistenziali obbligatori versati a Stati esteri, ma si è posto il dubbio se tale deduzione sia ammessa anche in presenza di retribuzione convenzionale. La Corte di Cassazione con le sentenze Cass. 9446/2025 e Cass. 9092/2025 ha affermato che le contribuzioni obbligatorie versate all’estero sono deducibili dal reddito complessivo, anche quando la retribuzione è determinata con il metodo convenzionale . La Corte ha argomentato che l’art. 51, comma 8‑bis non esclude la deducibilità: la riduzione è negata soltanto ai fini del calcolo del reddito di categoria (lavoro dipendente), ma l’art. 10 consente una deduzione dal reddito complessivo. Pertanto, il contribuente può dedurre i contributi versati all’estero se ne dà prova.
Inoltre, la sentenza Cass. 17747/2024 (richiamata nella sezione giurisprudenziale) ha esteso il principio affermando che le contribuzioni estere non sono deducibili dal reddito di lavoro dipendente ma possono essere dedotte dal reddito complessivo. Lo stesso principio è ribadito dall’Agenzia delle Entrate nelle risposte a interpelli e nelle circolari.
1.5 Redditi di lavoro autonomo e professionale (art. 53 TUIR) e stabile organizzazione / base fissa
Per i lavoratori autonomi (professionisti, consulenti) che rendono prestazioni all’estero, occorre distinguere tra l’applicazione del principio della residenza e l’esistenza di una stabile organizzazione o base fissa nello Stato estero. Secondo il modello OCSE e molte convenzioni bilaterali, i redditi derivanti da professioni indipendenti sono tassati nello Stato di residenza se non viene costituita una base fissa nello Stato in cui si svolge l’attività. La nozione di base fissa è specifica per i professionisti e non coincide con la stabile organizzazione usata per le imprese. Una recente pronuncia della Cassazione (ordinanza n. 2286/2025) ha chiarito che per la base fissa non è necessaria una struttura fisica autonoma, ma è sufficiente una presenza continuativa e non occasionale nello Stato estero, con disponibilità di spazi o mezzi che consentano l’esercizio dell’attività . La prova della base fissa incombe sul contribuente. Se questa manchi, i redditi professionali sono imponibili in Italia e l’eventuale imposta pagata all’estero può essere recuperata tramite il credito d’imposta.
1.6 Trattamenti pensionistici
Le pensioni erogate da soggetti italiani o esteri a soggetti residenti o non residenti rientrano tra i redditi imponibili. Il TUIR prevede regole specifiche per pensioni e assegni assimilati (art. 49), ma in ambito internazionale la disciplina è principalmente affidata alle convenzioni contro le doppie imposizioni. In generale, le pensioni private sono tassate nello Stato di residenza del percipiente, mentre le pensioni pubbliche possono essere tassate dallo Stato che le eroga. Tuttavia, le convenzioni prevedono clausole differenti: ad esempio, l’accordo Italia‑Regno Unito consente al soggetto di richiedere il rimborso delle ritenute operate in Italia qualora la pensione debba essere tassata solo nel Regno Unito, come chiarito dalla Cass. 16931/2025 . Nella parte relativa alle convenzioni verrà approfondito il regime delle pensioni.
1.7 Oneri deducibili (art. 10 TUIR)
L’articolo 10 del TUIR disciplina gli oneri deducibili dal reddito complessivo. Tra questi rilevano:
- comma 1, lettera e): i contributi previdenziali e assistenziali obbligatori versati in ottemperanza a disposizioni di legge, nonché quelli versati volontariamente alla gestione separata;
- lettera e‑bis): i contributi versati a forme pensionistiche complementari nei limiti previsti dalla normativa (oggi euro 8.164,57);
- lettera e‑ter): i contributi versati a società di mutuo soccorso e a fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale, fino a 3.615,20 euro .
Per i contribuenti che lavorano all’estero è fondamentale verificare se i contributi versati ai sistemi previdenziali stranieri rientrino tra quelli obbligatori (deducibili) o facoltativi. Le sentenze sopra richiamate hanno confermato la deducibilità dei contributi esteri obbligatori dal reddito complessivo.
1.8 Credito d’imposta per imposte pagate all’estero (art. 165 TUIR)
Una delle norme centrali per i redditi esteri è l’art. 165 TUIR che disciplina il credito d’imposta per redditi prodotti all’estero. La regola generale stabilisce che se un reddito prodotto all’estero concorre alla formazione del reddito complessivo, le imposte estere pagate in via definitiva su quel reddito sono ammesse in detrazione dall’imposta italiana, nei limiti dell’imposta italiana proporzionalmente corrispondente a quel reddito . In pratica, non si può ottenere un credito maggiore dell’imposta italiana relativa al reddito estero; l’eventuale eccedenza può essere riportata avanti nei periodi successivi entro otto anni.
Il comma 8 dell’art. 165 dispone che il credito è escluso se il contribuente ha omesso di presentare la dichiarazione dei redditi o se non ha indicato il reddito prodotto all’estero. Tuttavia, la giurisprudenza ha precisato che tale esclusione non è assoluta: la Cass. 10642/2025 ha stabilito che l’omessa presentazione della dichiarazione non comporta automaticamente la decadenza dal diritto al credito. La norma deve essere interpretata alla luce degli obblighi internazionali che impongono di eliminare la doppia imposizione; di conseguenza il contribuente può richiedere il credito entro il termine di dieci anni, purché dichiari il reddito estero anche in sede di accertamento . Tale orientamento consente di recuperare l’imposta estera pagata anche a chi non aveva presentato la dichiarazione o aveva omesso di indicare il reddito.
1.9 Presunzioni e monitoraggio dei capitali esteri
Oltre agli accertamenti sui redditi, l’Agenzia delle Entrate effettua controlli sui conti correnti e gli investimenti detenuti all’estero. La legge prevede l’obbligo di compilare il quadro RW del modello Redditi per indicare gli investimenti e le attività estere di natura finanziaria. L’omessa o infedele compilazione comporta sanzioni proporzionali. Nei casi più gravi, quando l’investimento si trova in un paradiso fiscale, opera una presunzione di evasione: la giurisprudenza ha chiarito che tale presunzione ha natura sostanziale e non può essere applicata retroattivamente, ma può costituire un’indicazione per l’accertamento . Sebbene questa massima riguardi le attività finanziarie, essa può rilevare anche per i redditi perché l’omessa indicazione delle somme trasferite all’estero può indurre l’Ufficio a desumere l’esistenza di redditi non dichiarati.
Parte 2 – Le convenzioni contro le doppie imposizioni e gli accordi bilaterali
2.1 Modello OCSE e principi generali
L’Italia ha stipulato numerose convenzioni per evitare la doppia imposizione, spesso basate sul Modello di Convenzione OCSE. Le convenzioni definiscono le regole di ripartizione della potestà impositiva tra i due Stati e prevalgono sulla normativa interna in caso di contrasto. Il meccanismo più diffuso per evitare la doppia imposizione è la concessione di un credito per imposte pagate all’estero nel proprio Stato di residenza (metodo del credito d’imposta), ma alcune convenzioni prevedono anche l’esenzione o l’esclusione con progressività per determinate categorie di reddito.
2.2 Lavoro dipendente: art. 15 del modello OCSE
L’articolo 15 del modello OCSE stabilisce che lo stipendio e gli altri compensi percepiti da un residente di uno Stato contraente in relazione a un’attività lavorativa dipendente sono imponibili soltanto nello Stato di residenza, tranne quando il lavoro è svolto nell’altro Stato contraente. In tal caso, la remunerazione può essere tassata nello Stato in cui il lavoro è svolto. Tuttavia, la remunerazione rimane imponibile nel solo Stato di residenza se:
- il prestatore non soggiorna nell’altro Stato per più di 183 giorni in un periodo di dodici mesi;
- la remunerazione è pagata da un datore di lavoro non residente nell’altro Stato;
- l’onere della remunerazione non è sostenuto da una stabile organizzazione o base fissa del datore di lavoro nell’altro Stato.
Molte convenzioni bilaterali seguono questa struttura. Vediamo come queste disposizioni sono interpretate nelle sentenze di Cassazione relative a specifici paesi.
2.3 Convenzione Italia‑Stati Uniti
L’accordo con gli Stati Uniti, ratificato con legge 20 novembre 1985 n. 761, prevede che gli stipendi dei lavoratori dipendenti residenti in Italia sono in linea di principio imponibili in Italia, salvo che il lavoro sia svolto negli Stati Uniti. Se il lavoratore è anche residente negli USA e svolge l’attività principalmente lì, la remunerazione è tassata negli USA e il contribuente può detrarre l’imposta italiana in base all’art. 165 TUIR. La Corte di Cassazione – ordinanza 30800/2024 – ha ribadito che, ai sensi dell’art. 15 della Convenzione, i redditi da lavoro dipendente sono tassati nello Stato di residenza, salvo alcune eccezioni: se il lavoro è svolto negli Stati Uniti e vi è un datore di lavoro statunitense, l’imposizione spetta a quel Paese . In caso di doppia imposizione, le imposte pagate negli USA sono ammesse in detrazione dall’imposta italiana (art. 165 TUIR).
2.4 Convenzione Italia‑Francia
L’accordo Italia‑Francia del 2006 (legge 3 febbraio 2006 n. 139) recepisce il modello OCSE. La Cass. 22217/2025 ha chiarito che, ai sensi dell’art. 15 della convenzione, i redditi di lavoro dipendente sono imponibili in Italia se il lavoratore, residente in Francia, svolge l’attività nel territorio italiano. L’imposizione in Francia è invece consentita se il lavoratore soggiorna in Italia per meno di 183 giorni o se non vi è stabile organizzazione. La Corte ha sottolineato che l’elemento determinante è la residenza effettiva (centro degli interessi vitali) e non la nazionalità del datore di lavoro; la certificazione di residenza rilasciata dallo Stato estero costituisce prova sufficiente per il rimborso delle ritenute subite in Italia .
2.5 Convenzione Italia‑Regno Unito
L’accordo con il Regno Unito, aggiornato nel 1988, prevede regole simili al modello OCSE. La Cass. 16931/2025 ha affrontato un caso di rimborso delle ritenute su Trattamento di Fine Rapporto (TFR) e incentivi erogati a un cittadino italiano residente nel Regno Unito. La Corte ha affermato che l’art. 15 della convenzione assegna l’imposizione allo Stato di residenza (Regno Unito) quando il lavoro è ivi svolto; inoltre, l’art. 29 della convenzione prevede un meccanismo di rimborso per le ritenute operate in Italia in caso di doppia imposizione . La certificazione rilasciata dall’autorità fiscale britannica costituisce prova sufficiente per ottenere il rimborso.
2.6 Convenzione Italia‑Svizzera
L’accordo con la Svizzera, modificato nel 1976 e successivamente, contiene regole specifiche per i frontalieri. In generale, i salari percepiti da lavoratori residenti in Italia che svolgono l’attività in Svizzera sono tassati in Svizzera con un’imposizione alla fonte, ma l’Italia mantiene la potestà impositiva residua con credito d’imposta. Le retribuzioni dei frontalieri sono oggetto di un regime speciale che prevede la restituzione di una quota dell’imposta svizzera ai Comuni di confine. È importante verificare le interpretazioni dell’Agenzia delle Entrate per evitare contestazioni.
2.7 Convenzione Italia‑Germania
La convenzione con la Germania rispecchia il modello OCSE. Nel settore dei lavoratori autonomi, rileva il concetto di base fissa: se un professionista italiano esercita l’attività in Germania da una sede o domicilio stabile, la remunerazione è imponibile in Germania; in mancanza, l’imposizione resta in Italia. Anche i redditi derivanti da pensioni seguono regole specifiche: le pensioni pubbliche sono tassate nello Stato che le eroga, mentre le pensioni private sono tassate nello Stato di residenza, con possibilità di credito d’imposta.
2.8 Convenzione Italia‑Svizzera per le pensioni
Particolare attenzione meritano le pensioni percepite da soggetti che hanno lavorato in Svizzera. Per i pensionati italiani ex frontalieri, la convenzione prevede la tassazione nello Stato di residenza, ma la Svizzera applica una trattenuta liberatoria sulle rendite erogate dal sistema previdenziale svizzero. Il contribuente può richiedere il credito d’imposta in Italia per l’imposta trattenuta in Svizzera; in caso di contestazione, occorre dimostrare la residenza effettiva in Italia e la natura della pensione.
Parte 3 – Procedimento di accertamento e obblighi dichiarativi
3.1 Il quadro RW e l’obbligo di monitoraggio fiscale
Il quadro RW del modello Redditi deve essere compilato dai contribuenti fiscalmente residenti in Italia che detengono investimenti all’estero o attività estere di natura finanziaria, indipendentemente dalla produzione di reddito. L’obbligo serve a consentire il monitoraggio dei flussi di capitali. L’omesso adempimento è sanzionato con una multa proporzionale fino al 15% del valore dell’investimento, elevata fino al 30% se l’attività è detenuta in un Paese a fiscalità privilegiata. Come anticipato, la presunzione di evasione scatta quando non si forniscono spiegazioni sul reperimento dei fondi: la Cassazione ha affermato che tale presunzione non è retroattiva ma può costituire un indice di reddito non dichiarato .
3.2 Le banche dati e lo scambio di informazioni
L’Agenzia delle Entrate dispone di strumenti informatici che integrano i dati forniti dai contribuenti con quelli ricevuti attraverso lo scambio automatico di informazioni (Common Reporting Standard) e le segnalazioni provenienti da intermediari finanziari. I dati includono saldi e movimenti dei conti esteri, redditi da lavoro o pensioni erogati da società straniere, investimenti e polizze. Su queste basi l’Ufficio può elaborare una lista selettiva di contribuenti da sottoporre a controllo. La cooperazione amministrativa internazionale consente di accedere a informazioni fiscali provenienti da oltre cento Paesi.
3.3 La procedura di accertamento: dal questionario all’avviso di accertamento
Il controllo può iniziare con l’invio di un questionario (art. 32 DPR 600/1973) che richiede al contribuente di fornire chiarimenti su redditi percepiti all’estero, movimenti di conti, residenza fiscale e situazione familiare. Il contribuente deve rispondere entro 30 giorni, fornendo la documentazione richiesta (contratti di lavoro, buste paga estere, certificati di residenza, attestati delle ritenute operate all’estero). In mancanza di risposte o in caso di risposte evasive, l’Ufficio può procedere con l’accertamento.
L’avviso di accertamento deve contenere i motivi della rettifica e l’indicazione della normativa e della convenzione applicata. Il contribuente può impugnare l’avviso innanzi alla Commissione tributaria provinciale entro 60 giorni, previa eventuale richiesta di autotutela o accertamento con adesione.
3.4 Profili penali e reati tributari
L’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi costituisce reato (art. 5 D.Lgs. 74/2000) se l’imposta evasa supera la soglia penale (oggi 50.000 euro). Analogamente, la dichiarazione infedele è punita se l’imposta evasa supera 100.000 euro e se gli imponibili non dichiarati superano il 10% del reddito complessivo. Nei casi di redditi esteri non dichiarati, l’amministrazione può quindi trasmettere gli atti alla Procura. La difesa penale potrà valorizzare l’errata determinazione del reddito (ad esempio, l’applicazione della retribuzione convenzionale), l’esistenza di crediti di imposta o la non punibilità per particolare tenuità del fatto.
Parte 4 – Giurisprudenza rilevante
In questa sezione vengono analizzate le più importanti pronunce della Corte di Cassazione relative ai redditi esteri, ordinate per argomento. Ogni massima è accompagnata da un commento e dalle implicazioni pratiche.
4.1 Doppia imposizione e art. 165 TUIR
Cassazione 10642/2025 – Credito d’imposta e omessa dichiarazione
L’ordinanza n. 10642/2025 ha confermato che l’omessa indicazione nella dichiarazione dei redditi non comporta necessariamente la decadenza dal credito d’imposta per le imposte estere. La Corte ha affermato che occorre dare priorità agli obblighi internazionali che impongono di evitare la doppia imposizione; di conseguenza, il credito può essere fatto valere entro dieci anni, anche in sede di accertamento, purché il contribuente dichiari il reddito estero e le imposte pagate . Questo orientamento consente di sanare la posizione anche quando la dichiarazione è stata omessa per errore o ignoranza.
Cassazione 30800/2024 – Art. 15 Convenzione Italia‑USA
La Cassazione ha ribadito che ai sensi della convenzione Italia‑USA i redditi di lavoro dipendente sono in linea di principio tassabili nello Stato di residenza e che, se il lavoro è svolto negli Stati Uniti e il lavoratore è ivi residente, l’imposizione spetta agli USA. Nel caso di doppia imposizione, le imposte versate all’estero sono detraibili dall’imposta italiana ai sensi dell’art. 165 TUIR . La massima sottolinea l’obbligo di dichiarare in Italia il reddito estero e di indicare l’imposta pagata per poter fruire del credito.
Cassazione 4641/2024 – Presunzione su capitali in paradisi fiscali
Sebbene la sentenza 4641/2024 riguardi il possesso di conti in Paesi a fiscalità privilegiata, la Corte ha affermato un principio rilevante: la presunzione di evasione legata a investimenti in paradisi fiscali ha natura sostanziale e non può essere applicata retroattivamente, ma la mancata giustificazione delle somme può costituire un indizio per l’accertamento . La difesa potrà contestare l’applicazione di presunzioni irretroattive e dimostrare la provenienza lecita dei fondi esteri.
4.2 Lavoro dipendente e retribuzione convenzionale
Cassazione 3200/2025 – Determinazione del reddito e indennità estere
Con la sentenza 3200/2025, la Corte ha precisato che la retribuzione convenzionale sostituisce integralmente l’effettivo stipendio del lavoratore e che l’Ufficio non può aggiungere allo stipendio convenzionale le indennità percepite all’estero se queste non sono direttamente connesse all’attività lavorativa. Spetta al contribuente provare che l’indennità estera non rientra nella base imponibile e che l’Ufficio ha erroneamente ricompreso somme escluse . Inoltre, la sentenza sottolinea che la retribuzione convenzionale può risultare più elevata rispetto al salario effettivo, ma il contribuente non può sostituirla con la retribuzione reale salvo che non sia più favorevole.
Cassazione 9446/2025 e 9092/2025 – Deduzione dei contributi esteri
Le sentenze gemelle 9446/2025 e 9092/2025 hanno affermato che i contributi previdenziali obbligatori versati all’estero sono deducibili dal reddito complessivo ai sensi dell’art. 10 TUIR, anche in presenza di retribuzione convenzionale . La Corte ha criticato l’interpretazione restrittiva dell’Agenzia delle Entrate, sottolineando che il divieto di dedurre i contributi riguarda solo la determinazione del reddito di categoria; ciò non preclude la loro deduzione dal reddito complessivo. Questa giurisprudenza consente a molti espatriati di ottenere un significativo abbattimento dell’imponibile.
4.3 Lavoro autonomo: base fissa e stabile organizzazione
Cassazione 2286/2025 – Base fissa nei redditi professionali
La pronuncia 2286/2025 chiarisce la distinzione tra base fissa (per i professionisti) e stabile organizzazione (per le imprese): la base fissa richiede la disponibilità di un luogo (anche non formalmente di proprietà) dove il professionista eserciti stabilmente l’attività nello Stato estero. Non è necessaria una struttura autonoma; ciò che conta è la continuità e non occasionalità della prestazione. In mancanza di base fissa, il reddito professionale è tassato nello Stato di residenza (Italia) con credito per le imposte pagate all’estero . La responsabilità di dimostrare l’esistenza della base fissa è in capo al contribuente.
4.4 Lavoro dipendente e rimborsi per TFR e altre indennità
Cassazione 16931/2025 – Rimborso delle ritenute su TFR
La sentenza 16931/2025, relativa all’accordo con il Regno Unito, ha stabilito che i redditi derivanti da TFR e incentivi corrisposti a un lavoratore residente all’estero e ivi operante sono imponibili nello Stato di residenza. L’art. 29 della convenzione prevede un meccanismo di rimborso delle ritenute operate in Italia in caso di doppia imposizione; la certificazione rilasciata dall’autorità fiscale britannica è sufficiente a dimostrare l’avvenuta tassazione estera . Questa pronuncia offre un importante precedente per i lavoratori che richiedono il rimborso delle ritenute indebitamente subite in Italia.
4.5 Altre pronunce su residenza e oneri probatori
La giurisprudenza ha più volte ribadito che la residenza fiscale non può essere desunta dalla sola iscrizione anagrafica o dal possesso di un codice fiscale. È necessario valutare il complesso degli interessi personali e familiari del contribuente; la prova dell’effettivo trasferimento all’estero compete al contribuente. Nelle controversie relative ai redditi esteri, le Commissioni tributarie richiedono spesso documentazione dettagliata: contratti di lavoro, certificazioni di residenza fiscale rilasciate dallo Stato estero, documenti bancari, bollette di utenze, contratti di locazione, ecc.
Parte 5 – Strategie difensive e casistiche pratiche
L’accertamento sulle retribuzioni estere può essere affrontato efficacemente attraverso un’analisi sistematica della normativa e un’attenta preparazione documentale. In questa parte vengono analizzate le principali strategie difensive, con esempi pratici e tabelle per agevolare la comprensione.
5.1 Difesa in caso di lavoro dipendente all’estero
5.1.1 Verifica della residenza e del periodo di permanenza
La prima linea difensiva consiste nel dimostrare la residenza fiscale estera, se questa sia effettiva. Il contribuente deve raccogliere:
- Certificati di residenza fiscale rilasciati dallo Stato estero per l’anno o gli anni in cui ha lavorato;
- Contratti di lavoro e buste paga che attestino l’esercizio dell’attività all’estero, con indicazione del datore di lavoro e della sede di lavoro;
- Documenti che provano la presenza fisica all’estero: carte d’imbarco, permessi di soggiorno, bollette e contratti di locazione;
- Iscrizione all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) e, se disponibile, cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente in Italia.
Se il contribuente risulta iscritto all’anagrafe italiana per parte del periodo d’imposta, dovrà dimostrare di avere comunque la dimora abituale o il domicilio all’estero. La registrazione all’AIRE, pur non essendo prova decisiva, rafforza la tesi del trasferimento.
5.1.2 Applicazione della retribuzione convenzionale
Per i lavoratori che rimangono formalmente residenti in Italia ma lavorano all’estero più di 183 giorni, la scelta ricade sulla retribuzione convenzionale. Per difendersi in sede di accertamento occorre verificare:
- Rispettare i requisiti normativi: l’attività deve essere svolta all’estero con carattere di permanenza, essere l’unico oggetto del rapporto e superare 183 giorni su 12 mesi. Il datore di lavoro deve essere italiano o avere una stabile organizzazione in Italia .
- Calcolare correttamente la retribuzione convenzionale: consultando i decreti ministeriali che annualmente stabiliscono le tabelle, occorre individuare la qualifica (operai, impiegati, quadri, dirigenti) e il settore economico. La retribuzione convenzionale mensile va moltiplicata per i mesi di permanenza all’estero.
- Escludere le indennità non rilevanti: se l’Ufficio contesta l’omessa indicazione di indennità o rimborsi spese, il contribuente può dimostrare che esse non hanno natura retributiva (ad esempio, rimborso di vitto e alloggio) e che non devono essere ricomprese nella base imponibile, conformemente alla giurisprudenza .
- Dedurre i contributi esteri obbligatori: la difesa deve richiamare le sentenze Cass. 9446/2025 e 9092/2025 che riconoscono la deducibilità dei contributi dal reddito complessivo . Sarà necessario esibire le attestazioni delle somme versate all’ente previdenziale estero.
5.1.3 Credito d’imposta per imposte estere
Nel caso in cui lo Stato estero abbia tassato il reddito di lavoro dipendente, il contribuente residente in Italia deve dichiarare il reddito e indicare il credito per le imposte pagate all’estero. Per poter fruire del credito occorre:
- Indicare il reddito estero nel quadro RC o nel quadro RW a seconda dei casi;
- Indicare l’imposta pagata in via definitiva nello Stato estero, presentando certificazioni o documenti rilasciati dall’autorità fiscale straniera;
- Calcolare il credito in misura non superiore all’imposta italiana proporzionalmente corrispondente al reddito estero ;
- Riportare l’eventuale eccedenza nel limite di otto anni .
La giurisprudenza ha chiarito che l’omessa indicazione del reddito non determina la decadenza automatica dal credito; il contribuente può recuperare il credito entro dieci anni se dimostra il pagamento dell’imposta estera e dichiara il reddito in sede di accertamento . Durante la fase di contraddittorio con l’Agenzia, conviene quindi integrare la dichiarazione presentando la documentazione necessaria.
5.1.4 Richieste di rimborso delle ritenute italiane
Se il datore di lavoro italiano ha effettuato ritenute alla fonte su stipendi versati a un lavoratore non residente, è possibile richiedere il rimborso invocando la convenzione contro la doppia imposizione. Ad esempio, la Cass. 22217/2025 ha ammesso il rimborso delle ritenute operate in Italia su salari di lavoratori residenti in Francia quando il lavoro è svolto all’estero . Per ottenere il rimborso occorre presentare un’istanza entro 48 mesi, allegando la certificazione di residenza estera e l’attestazione delle imposte pagate all’estero. In caso di diniego dell’Ufficio, si potrà ricorrere avanti alla Commissione tributaria.
5.2 Difesa per i lavoratori autonomi e i professionisti
5.2.1 Individuazione della base fissa
Nel caso dei professionisti che esercitano l’attività in un Paese estero, il criterio principale previsto dalle convenzioni è la base fissa: se il professionista dispone di una base fissa per esercitare l’attività (ufficio, studio, sede condivisa) nello Stato estero, i redditi sono imponibili in quel Paese; diversamente sono imponibili nello Stato di residenza. La sentenza Cass. 2286/2025 ha chiarito che non è necessario che la base fissa sia di proprietà del professionista; è sufficiente una presenza continuativa non occasionale . La difesa dovrà quindi dimostrare:
- l’esistenza di un luogo stabile a disposizione (contratto di locazione, contratto di servizio con coworking, sede di società collegata);
- la continuità dell’attività (presenza per determinati periodi, contratti con clienti locali);
- l’obbligo di iscrizione a registri professionali locali (se previsti).
Se manca la base fissa, i redditi sono imponibili in Italia; in tal caso il professionista potrà richiedere il credito d’imposta per le imposte estere. In sede di accertamento occorre esibire i documenti che attestino la base fissa e i pagamenti delle imposte all’estero.
5.2.2 Diversificazione dei compensi e contabilità
Il professionista che opera in diversi Paesi deve tenere una contabilità separata per individuare i compensi realizzati all’estero e le eventuali spese. In sede di difesa occorre dimostrare che determinati compensi sono correlati all’attività svolta all’estero e che le spese professionali sostenute all’estero sono inerenti e deducibili. La prova può consistere in contratti di consulenza, fatture emesse, pagamenti bancari, documentazione di viaggio.
5.3 Difesa per i pensionati e per i percettori di redditi assimilati
Le pensioni estere possono generare accertamenti quando il contribuente non dichiara il trattamento in Italia o non richiede il credito d’imposta. La difesa varia a seconda del tipo di pensione:
- Pensioni pubbliche: molte convenzioni attribuiscono l’imposizione al Paese erogante (es. pensioni statali). Se il pensionato è residente in Italia, potrebbe trovarsi a subire la doppia imposizione: la strategia è richiedere la detrazione dell’imposta estera o l’esenzione prevista dalla convenzione.
- Pensioni private: generalmente tassate nello Stato di residenza. Se il pensionato percepisce una pensione svizzera e risiede in Italia, deve indicare il reddito e può detrarre l’imposta prelevata dalla Svizzera.
- TFR e incentivi: la Cass. 16931/2025 ha riconosciuto il diritto al rimborso delle ritenute italiane quando il lavoratore risiede all’estero . La difesa dovrà quindi invocare la convenzione e produrre la documentazione.
5.4 Aspetti sanzionatori e penali
In caso di omissione o infedele dichiarazione di redditi esteri, l’Agenzia delle Entrate applica sanzioni amministrative proporzionali all’imposta evasa (dal 90% al 180%). In presenza di doppia imposizione, può essere ridotta la sanzione se il contribuente dimostra che l’imposta estera era stata pagata. La presentazione di una dichiarazione integrativa prima dell’inizio di un controllo consente di accedere al ravvedimento operoso con riduzione delle sanzioni.
Sul piano penale, la violazione assume rilevanza solo quando l’imposta evasa supera determinate soglie (artt. 4 e 5 del D.Lgs. 74/2000). Il contribuente può difendersi dimostrando la sussistenza di un legittimo affidamento sulle norme convenzionali, l’assenza di dolo specifico, oppure la particolare tenuità del fatto. È consigliabile, in sede contenziosa, affiancare un avvocato penalista esperto di diritto tributario.
Parte 6 – Tabelle riepilogative e schemi
Per facilitare l’applicazione delle norme, di seguito vengono proposte alcune tabelle riepilogative.
6.1 Tabella 1 – Principali articoli del TUIR e loro contenuto
Articolo | Contenuto | Note e implicazioni |
---|---|---|
Art. 2 TUIR | Definisce i requisiti per la residenza fiscale: domicilio, dimora, iscrizione all’anagrafe per la maggior parte del periodo d’imposta . | Fondamentale per stabilire la tassazione su base mondiale; la residenza anagrafica produce presunzione. |
Art. 23 TUIR | Elenca i redditi che si considerano prodotti in Italia da soggetti non residenti: redditi fondiari, di capitale, lavoro dipendente e autonomo, impresa . | Stabilisce la tassazione territoriale per i non residenti; serve per ripartire i redditi in caso di attività svolta parzialmente in Italia. |
Art. 51 TUIR | Regola la determinazione del reddito di lavoro dipendente; prevede la retribuzione convenzionale per i lavoratori all’estero (comma 8‑bis) . | Base imponibile comprensiva di tutte le somme e valori; la retribuzione convenzionale sostituisce la retribuzione effettiva. |
Art. 10 TUIR | Elenca gli oneri deducibili dal reddito complessivo: contributi previdenziali obbligatori, contributi a fondi pensione, contributi sanitari . | Importante per dedurre i contributi esteri versati obbligatoriamente. |
Art. 165 TUIR | Prevede il credito d’imposta per imposte pagate all’estero nei limiti dell’imposta italiana proporzionalmente dovuta e consente il riporto dell’eccedenza per otto anni . | La norma chiave per evitare la doppia imposizione; il credito può essere richiesto anche in sede di accertamento . |
6.2 Tabella 2 – Sentenze rilevanti e principi affermati
Sentenza (Cassazione) | Oggetto | Principio | Implicazioni pratiche |
---|---|---|---|
30800/2024 | Applicazione della convenzione Italia‑USA ai redditi di lavoro dipendente | Le retribuzioni sono tassate nello Stato di residenza; se il lavoro è svolto negli USA e il lavoratore è ivi residente, l’imposizione spetta agli USA. Le imposte pagate all’estero sono detraibili ai sensi dell’art. 165 TUIR . | I lavoratori negli USA devono dichiarare il reddito in Italia e possono detrarre l’imposta statunitense; necessario conservare la documentazione estera. |
4641/2024 | Presunzione sui capitali in paradisi fiscali | La presunzione di evasione legata agli investimenti nei paradisi fiscali ha natura sostanziale e non retroattiva, ma può essere un indizio di redditi non dichiarati . | Nei controlli su conti esteri, il contribuente può contestare l’applicazione retroattiva; tuttavia deve giustificare l’origine delle somme. |
3200/2025 | Retribuzione convenzionale e indennità estere | La retribuzione convenzionale sostituisce l’effettivo stipendio e le indennità estere non sono automaticamente incluse; il contribuente deve provare che le indennità non concorrono . | Utilizzabile per contestare l’inclusione di indennità non retributive nel reddito; onere probatorio a carico del contribuente. |
9446/2025 & 9092/2025 | Deducibilità dei contributi previdenziali esteri | I contributi esteri obbligatori sono deducibili dal reddito complessivo ai sensi dell’art. 10 TUIR anche con retribuzione convenzionale . | Consentono di abbattere l’imposta; necessario dimostrare la natura obbligatoria dei contributi e conservare attestazioni. |
10642/2025 | Credito d’imposta e omessa dichiarazione | Il diritto al credito d’imposta per imposte estere non decade automaticamente se la dichiarazione è omessa; può essere esercitato entro dieci anni . | I contribuenti che non hanno dichiarato il reddito estero possono ancora recuperare il credito in sede di accertamento, presentando la documentazione. |
22217/2025 | Convenzione Italia‑Francia e ritenute | L’imposizione dei redditi di lavoro dipendente spetta allo Stato di residenza; la nazionalità del datore di lavoro è irrilevante; la certificazione di residenza estera consente il rimborso delle ritenute . | I lavoratori in Francia possono ottenere il rimborso delle ritenute italiane; occorre attestare la residenza e la tassazione estera. |
2286/2025 | Lavoro autonomo e base fissa | Per i professionisti la base fissa non richiede una struttura propria; è sufficiente una presenza continuativa nello Stato estero . | Permette di attribuire l’imposizione allo Stato estero; onere della prova a carico del contribuente. |
16931/2025 | Rimborso ritenute su TFR e incentivi | I redditi derivanti da TFR e incentivi sono imponibili nello Stato di residenza; la certificazione del fisco estero è sufficiente per richiedere il rimborso delle ritenute italiane . | Consente ai lavoratori di recuperare ritenute indebite su pensioni e TFR; importante la documentazione. |
Parte 7 – Domande e risposte (FAQ)
D: Sono un cittadino italiano che lavora negli Stati Uniti da due anni con contratto locale. Devo dichiarare in Italia il reddito?
R: Sì, se sei ancora fiscalmente residente in Italia (ad esempio perché hai mantenuto la residenza anagrafica o la tua famiglia vive in Italia), devi dichiarare i redditi percepiti all’estero. Potrai però detrarre dall’imposta italiana le imposte pagate negli USA grazie all’art. 165 TUIR. La Cass. 30800/2024 ha ribadito che i redditi da lavoro dipendente sono tassati nello Stato di residenza salvo che il lavoro sia svolto nell’altro Stato; se sei residente negli USA e lì svolgi l’attività, l’imposizione spetta agli USA . In ogni caso, è necessario conservare la certificazione rilasciata dal datore di lavoro americano con l’indicazione delle imposte trattenute.
D: Lavoro per una società italiana ma sono distaccato in Cina per 10 mesi. Posso utilizzare la retribuzione convenzionale?
R: La retribuzione convenzionale si applica se resti dipendente di un datore di lavoro italiano (o di una sua stabile organizzazione), se l’attività all’estero dura più di 183 giorni in dodici mesi e se l’attività all’estero è l’unico oggetto del rapporto . Verifica i decreti del Ministero del Lavoro per individuare l’importo della retribuzione convenzionale. Ricorda che potrai dedurre i contributi obbligatori versati all’estero dal reddito complessivo .
D: Per lavorare in Francia ho affittato un coworking; l’Agenzia delle Entrate sostiene che il reddito è imponibile in Italia perché non ho una stabile organizzazione. Come posso difendermi?
R: Per i professionisti non è necessaria la “stabile organizzazione” tipica delle imprese; è sufficiente dimostrare l’esistenza di una base fissa, cioè un luogo a disposizione dove la prestazione viene svolta in modo continuativo . Se puoi provare che utilizzi regolarmente lo spazio di coworking e che hai clienti in Francia, potrai contestare l’accertamento e rivendicare l’imposizione nello Stato francese.
D: Ho ricevuto un avviso di accertamento perché non ho indicato nel modello Redditi una pensione erogata dalla Svizzera. Posso difendermi?
R: Le pensioni svizzere di ex frontaliere sono imponibili nello Stato di residenza. Se hai omesso di dichiarare la pensione per ignoranza, puoi presentare una dichiarazione integrativa e chiedere l’applicazione del ravvedimento operoso. Potrai detrarre l’imposta svizzera (prelevata in via liberatoria) dal tuo debito d’imposta italiano. Se ritieni che la tassazione debba avvenire solo in Svizzera, verifica la convenzione e raccogli la documentazione: potresti richiedere il rimborso delle ritenute italiane se applicate indebitamente.
D: Ho trasferito la residenza in Portogallo e percepisco una pensione INPS. Devo continuare a pagare le tasse in Italia?
R: Dipende dalla convenzione Italia‑Portogallo. In generale le pensioni pubbliche sono tassate nello Stato erogante, mentre quelle private nello Stato di residenza. Se la tua pensione è di natura privata (ad esempio pensione di lavoro dipendente non statale), l’imposizione spetta al Portogallo e l’Italia deve concedere il credito d’imposta. Devi comunque presentare la dichiarazione in Italia se rimani ivi residente ai fini anagrafici o se percepisci altri redditi italiani.
D: Le ritenute operate in Italia su stipendi di lavoratori residenti all’estero possono essere recuperate?
R: Sì, a condizione che la convenzione contro la doppia imposizione attribuisca allo Stato estero il potere di tassare quel reddito. Ad esempio, la Cass. 22217/2025 e la Cass. 16931/2025 hanno riconosciuto il rimborso delle ritenute italiane rispettivamente per redditi di lavoro dipendente e per TFR corrisposti a residenti in Francia e nel Regno Unito . Per ottenere il rimborso è necessario presentare entro 48 mesi un’istanza con la certificazione della residenza e della tassazione estera.
D: Se non ho dichiarato un reddito estero, posso ancora usufruire del credito d’imposta?
R: Sì. La Cassazione (sentenza 10642/2025) ha stabilito che l’omessa dichiarazione non comporta la perdita definitiva del credito; il contribuente può farlo valere entro dieci anni se dichiara il reddito in sede di accertamento . Tuttavia, è consigliabile regolarizzare la posizione presentando una dichiarazione integrativa e pagando le sanzioni ridotte con ravvedimento operoso.
Parte 8 – Simulazioni pratiche
Per rendere più concreto l’uso delle regole sopra illustrate, proponiamo alcune simulazioni.
8.1 Simulazione 1: Lavoratore dipendente residente in Italia e distaccato negli Stati Uniti
Scenario: Mario, dirigente di una società italiana, è distaccato presso la filiale statunitense per 9 mesi nel 2024. Mantiene la residenza anagrafica in Italia. La filiale americana gli versa uno stipendio annuo di 120.000 dollari e applica una ritenuta fiscale del 30%. Mario versa inoltre contributi obbligatori al fondo pensione americano per 8.000 dollari.
Applicazione della normativa:
- Poiché Mario rimane fiscalmente residente in Italia e lavora all’estero per più di 183 giorni, può optare per la retribuzione convenzionale (art. 51, comma 8‑bis). Supponiamo che la retribuzione convenzionale per un dirigente del settore di appartenenza sia pari a 6.000 euro al mese. Pertanto, il reddito imponibile italiano sarà 6.000 × 9 = 54.000 euro.
- Mario dovrà indicare nel quadro RC il reddito di 54.000 euro e nel quadro CR (credito d’imposta) l’imposta pagata negli USA (36.000 dollari). L’imposta italiana teorica su 54.000 euro (aliquote IRPEF 2024) ipotizziamo sia 16.000 euro. Se l’imposta estera convertita in euro (36.000 $ ≈ 32.000 €) supera l’imposta italiana, Mario potrà detrarre al massimo 16.000 €; l’eccedenza potrà essere riportata nei successivi otto anni .
- I contributi obbligatori di 8.000 $ (≈ 7.200 €) sono deducibili dal reddito complessivo ai sensi dell’art. 10 TUIR . Mario potrà quindi ridurre il reddito complessivo di 7.200 €.
Risultato: Mario dichiarerà un reddito imponibile convenzionale di 54.000 €, dedurrà 7.200 € di contributi esteri e detrarrà 16.000 € di imposta estera. Le imposte pagate negli USA eccedenti potranno essere riportate nei periodi successivi.
8.2 Simulazione 2: Professionista con attività in Francia
Scenario: Laura è un’architetta residente in Italia che nel 2023 ha svolto consulenze per due cantieri a Parigi, utilizzando un ufficio in un coworking per sei mesi. Ha fatturato complessivamente 70.000 euro ai clienti francesi e ha pagato imposte in Francia per 15.000 euro. In Italia non ha altre entrate.
Applicazione della normativa:
- Laura deve valutare se ha una base fissa in Francia. Poiché dispone di un posto fisso in un coworking per sei mesi e svolge attività continuativa per due cantieri, la base fissa potrebbe essere riconosciuta secondo la Cass. 2286/2025 . Se riconosciuta, l’imposizione spetterebbe alla Francia per i redditi derivanti da questa base.
- Laura può tuttavia essere considerata fiscalmente residente in Italia. Pertanto dovrà dichiarare il reddito in Italia e potrà detrarre l’imposta francese ai sensi dell’art. 165 TUIR. Il credito non può superare l’imposta italiana corrispondente a 70.000 €. Supponiamo che l’imposta italiana sia 20.000 €. Laura potrà detrarre 15.000 € integralmente, pagando in Italia solo 5.000 €.
- Se l’Agenzia contesta l’assenza di base fissa, Laura dovrà fornire prova della sua permanenza in Francia e dell’utilizzo del coworking. In caso di definizione in adesione, potrà far valere la deduzione delle spese di trasferta e dei contributi versati (se obbligatori) e il credito per l’imposta estera.
Risultato: In assenza di base fissa riconosciuta, Laura dichiarerà il reddito professionale in Italia, deducendo le spese e utilizzando il credito d’imposta. Se la base fissa è riconosciuta, l’imposizione spetta alla Francia e in Italia si applicherà l’esenzione con progressività (secondo la convenzione), evitando il credito.
8.3 Simulazione 3: Pensionato svizzero residente in Italia
Scenario: Giuseppe, pensionato ex frontaliere, riceve una rendita AVS dalla Svizzera pari a 25.000 franchi all’anno su cui la Svizzera trattiene un’imposta liberatoria del 10%. Giuseppe vive in Italia. Nel 2024 omette di indicare la pensione nella dichiarazione.
Applicazione della normativa:
- In base alla convenzione Italia‑Svizzera, la pensione di un ex frontaliere residente in Italia è tassata in Italia, ma la Svizzera applica un prelievo liberatorio. Giuseppe deve quindi dichiarare il reddito in Italia e può detrarre l’imposta svizzera (2.500 CHF ≈ 2.300 €) utilizzando l’art. 165 TUIR.
- Poiché ha omesso di dichiarare il reddito, l’Agenzia può emettere un avviso di accertamento. Giuseppe può tuttavia invocare la Cass. 10642/2025, che consente di recuperare il credito d’imposta anche se la dichiarazione è stata omessa, purché il reddito estero sia dichiarato in sede di accertamento .
- Il pensionato dovrà fornire la certificazione della pensione e dell’imposta svizzera versata. Potrà presentare una dichiarazione integrativa con ravvedimento operoso per ridurre le sanzioni.
Risultato: Giuseppe dovrà pagare l’imposta italiana sulla pensione svizzera, detrarre l’imposta già trattenuta in Svizzera e versare la differenza; potrà evitare sanzioni gravose se regolarizza spontaneamente.
Parte 9 – Conclusioni e raccomandazioni finali
La globalizzazione del lavoro e la crescente mobilità delle persone comportano sfide importanti per il sistema fiscale italiano e per i contribuenti. Come evidenziato in questa guida, la corretta gestione dei redditi esteri richiede la conoscenza di una pluralità di fonti: le norme interne (TUIR), le convenzioni internazionali e le più recenti pronunce giurisprudenziali. L’Agenzia delle Entrate dispone di banche dati e strumenti di scambio di informazioni che rendono sempre più probabile l’emersione dei redditi esteri non dichiarati. Tuttavia, il contribuente dispone di strumenti e diritti che gli consentono di difendersi e di evitare la doppia imposizione.
In sintesi:
- Verificare la propria residenza fiscale: la residenza determina la tassazione mondiale; è necessario dimostrare con documenti la dimora e il centro degli interessi. L’iscrizione all’AIRE da sola non basta.
- Conoscere le regole della retribuzione convenzionale: per i lavoratori dipendenti all’estero è spesso conveniente applicare il regime convenzionale; tuttavia occorre rispettare condizioni stringenti e conservare la documentazione comprovante la permanenza all’estero .
- Documentare le imposte e i contributi pagati all’estero: la deducibilità dei contributi e la detraibilità delle imposte estere richiedono la prova dei versamenti. Le sentenze 9446/2025 e 9092/2025 hanno aperto la via alla deduzione dei contributi esteri .
- Attivarsi tempestivamente: in caso di omissione, è possibile recuperare il credito d’imposta presentando una dichiarazione integrativa; la Cassazione ha riconosciuto la possibilità di far valere il credito entro dieci anni .
- Invocare le convenzioni bilaterali: molte controversie si risolvono interpretando correttamente le convenzioni: l’attribuzione della potestà impositiva (art. 15), l’esistenza di una base fissa per i professionisti, la disciplina delle pensioni e dei TFR .
Per concludere, la difesa efficace negli accertamenti sui redditi esteri richiede una preparazione multidisciplinare che unisca competenze in diritto tributario domestico, diritto internazionale e contabilità. Gli avvocati e i consulenti fiscali dovrebbero aggiornare costantemente le proprie conoscenze sulle novità legislative e giurisprudenziali e predisporre con i clienti un dossier documentale completo. Solo così sarà possibile contrastare con successo gli accertamenti e garantire che la tassazione rispetti i principi di equità e ragionevolezza.
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Vuoi sapere cosa rischi e come predisporre una difesa efficace?
👉 Prima regola: verifica se i redditi percepiti all’estero sono effettivamente imponibili in Italia o se, invece, beneficiano di esenzioni o crediti d’imposta grazie alle convenzioni contro la doppia imposizione.
⚖️ Quando scattano le contestazioni
- Mancata dichiarazione di redditi da lavoro dipendente percepiti all’estero;
- Omessa compilazione del quadro RW o del quadro RC nel modello Redditi;
- Doppia tassazione tra Paese estero e Italia;
- Errata applicazione delle convenzioni internazionali;
- Stipendi pagati da datori di lavoro stranieri ma riferiti a prestazioni svolte in Italia.
📌 Conseguenze della contestazione
- Recupero delle imposte su redditi esteri considerati non dichiarati;
- Sanzioni fiscali per dichiarazione infedele o omessa;
- Interessi di mora sulle somme accertate;
- Possibile perdita del credito d’imposta per le tasse già pagate all’estero;
- Rischio di controlli futuri su conti bancari o investimenti internazionali.
🔍 Cosa verificare per difendersi
- Gli stipendi esteri sono già stati tassati nel Paese di provenienza?
- Esiste una convenzione contro la doppia imposizione tra l’Italia e quel Paese?
- Il lavoro è stato svolto all’estero o in Italia per un datore straniero?
- I redditi erano già stati dichiarati parzialmente o con ritenute alla fonte?
- L’Agenzia ha utilizzato correttamente i dati provenienti dallo scambio di informazioni (CRS, OCSE)?
🧾 Documenti utili alla difesa
- Contratti di lavoro estero e buste paga;
- Certificazioni fiscali rilasciate dal datore di lavoro estero;
- Prove di residenza fiscale e permanenza all’estero;
- Ricevute di imposte già pagate nel Paese straniero;
- Copia delle dichiarazioni fiscali italiane e documenti bancari.
🛠️ Strategie di difesa
- Dimostrare la corretta tassazione all’estero e chiedere il riconoscimento del credito d’imposta;
- Contestare la doppia imposizione se non sono stati applicati gli accordi internazionali;
- Evidenziare la non residenza fiscale in Italia per il periodo oggetto di verifica;
- Eccepire errori formali o interpretazioni errate della normativa convenzionale;
- Presentare istanza di autotutela o ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro i termini previsti.
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✔️ Avvocato esperto in diritto tributario e fiscalità internazionale;
✔️ Specializzato in difesa contro contestazioni su redditi esteri e residenza fiscale;
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Gli accertamenti fiscali sugli stipendi esteri non sempre sono fondati: spesso derivano da errori di interpretazione delle convenzioni o da duplicazioni di tassazione.
Con una difesa mirata puoi dimostrare la correttezza della tua posizione, ottenere il riconoscimento dei crediti d’imposta e ridurre drasticamente sanzioni e interessi.
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