Accertamento Per Conti Esteri Non Dichiarati: Come Difendersi

Hai ricevuto un accertamento fiscale per conti esteri non dichiarati? In questi casi, l’Agenzia delle Entrate presume che le somme depositate su conti correnti, depositi titoli o investimenti detenuti all’estero costituiscano redditi non dichiarati in Italia. Si tratta di una delle contestazioni più frequenti, soprattutto in seguito allo scambio automatico di informazioni finanziarie tra Stati (CRS). Le conseguenze possono essere molto gravi: sanzioni elevate, recupero di imposte, presunzione di redditi occulti e, nei casi più gravi, contestazioni penali per omessa dichiarazione o riciclaggio. Tuttavia, non sempre la contestazione è fondata: con una difesa ben documentata è possibile dimostrare la provenienza lecita delle somme o ridurre sensibilmente le sanzioni.

Quando l’Agenzia delle Entrate contesta conti esteri non dichiarati
– Se non è stato compilato il quadro RW della dichiarazione dei redditi per monitoraggio fiscale
– Se i saldi o i movimenti dei conti esteri non risultano coerenti con i redditi dichiarati in Italia
– Se i capitali provengono da fonti non documentate o da trasferimenti non tracciati
– Se l’Ufficio presume che il contribuente sia fiscalmente residente in Italia e abbia occultato attività all’estero
– Se le informazioni ricevute tramite lo scambio dati internazionale indicano conti o investimenti non dichiarati

Conseguenze della contestazione
– Applicazione di sanzioni dal 3% al 15% dell’importo non dichiarato (dal 6% al 30% se in Paesi black list)
– Tassazione dei redditi presunti generati all’estero
– Interessi di mora sulle somme dovute
– Possibile riqualificazione come evasione o autoriciclaggio
– Nei casi più gravi, denuncia penale per omessa dichiarazione di attività finanziarie estere

Come difendersi dall’accertamento
– Dimostrare la provenienza lecita delle somme depositate all’estero (eredità, risparmi, redditi già tassati)
– Produrre documentazione bancaria, contratti, bonifici e certificazioni di istituti esteri
– Contestare la residenza fiscale presunta se si risiede e lavora effettivamente all’estero
– Applicare correttamente le convenzioni internazionali per evitare doppie imposizioni
– Evidenziare errori di calcolo, difetti istruttori o carenze di motivazione nell’accertamento
– Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per ottenere la riduzione o l’annullamento delle sanzioni

Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare la posizione fiscale e la provenienza dei capitali contestati
– Verificare la legittimità dell’accertamento e la corretta applicazione delle norme sul monitoraggio fiscale
– Assistere nella predisposizione della documentazione da fornire all’Agenzia delle Entrate
– Predisporre un ricorso basato su prove concrete e convenzioni internazionali
– Difendere il contribuente davanti ai giudici tributari e, se necessario, in sede penale

Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale della contestazione
– La riduzione delle sanzioni amministrative applicate
– L’esclusione della doppia tassazione su capitali già dichiarati o tassati all’estero
– La sospensione delle richieste di pagamento già notificate
– La certezza di pagare solo quanto realmente previsto dalla legge italiana e dagli accordi internazionali

⚠️ Attenzione: la mancata dichiarazione dei conti esteri è oggi una delle violazioni più monitorate dal Fisco, grazie allo scambio automatico di informazioni finanziarie (CRS). È fondamentale predisporre una difesa tempestiva e documentata per evitare sanzioni sproporzionate e conseguenze penali.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e fiscalità internazionale – spiega come difendersi in caso di accertamento per conti esteri non dichiarati e quali strategie adottare per tutelare i tuoi interessi.

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Introduzione

Negli ultimi anni l’attenzione dell’Amministrazione finanziaria verso i capitali detenuti all’estero da soggetti fiscalmente residenti in Italia è cresciuta in modo esponenziale. La crescente cooperazione internazionale, lo scambio automatico di informazioni e l’introduzione di normative sempre più severe in materia di antiriciclaggio e contrasto all’evasione hanno reso il “quadro RW” – la sezione della dichiarazione dei redditi dedicata al monitoraggio delle attività patrimoniali e finanziarie detenute fuori dall’Italia – uno degli adempimenti più delicati per professionisti, imprenditori e privati. L’omessa compilazione o l’errata indicazione dei conti esteri può generare presunzioni di reddito, sanzioni onerose e, in determinate circostanze, può avere riflessi penali.

In questa guida cercheremo di esplorare con un approccio cronologico – dalla fase di accertamento fino al contenzioso – le tematiche più rilevanti inerenti all’accertamento per conti esteri non dichiarati. Il focus sarà rivolto soprattutto ai conti in Paesi tradizionalmente scelti dai contribuenti italiani per tutelare la riservatezza, come Svizzera, San Marino ed Emirati Arabi Uniti, ma verranno considerati anche altri Stati o territori rientranti nelle cosiddette “black list”. Verranno esaminate le principali norme (D.L. 167/1990, D.Lgs. 90/2017, D.Lgs. 231/2007), le modifiche introdotte negli anni, la giurisprudenza più recente – con attenzione alle sentenze della Corte di cassazione del 2024 e del 2025 – e le strategie difensive pratiche a disposizione del contribuente.

Per rendere la trattazione più comprensibile e fruibile, sono presenti tabelle riepilogative, domande e risposte (FAQ), simulazioni e un glossario. Nella parte finale è riportato un elenco aggiornato delle fonti normative e giurisprudenziali citate, con collegamenti a istituzioni autorevoli. Si utilizzerà un linguaggio giuridico ma divulgativo: il tema richiede precisione terminologica, ma l’obiettivo è fornire strumenti di comprensione non solo agli addetti ai lavori ma anche a chi, pur non essendo professionista del diritto, si trova ad affrontare un accertamento.

Nota metodologica

La guida è aggiornata a settembre 2025 e integra le più recenti sentenze della Corte di cassazione e le novità normative degli anni 2024‑2025. Quando necessario, saranno richiamati i testi di legge vigenti e le pronunce giurisprudenziali commentate con chiari riferimenti bibliografici. Le citazioni sono riprese in formato tether-id, riportando i passaggi cruciali delle fonti consultate; queste citazioni fungono da supporto per le affermazioni contenute nel testo. Al lettore si consiglia di consultare le fonti originali per eventuali approfondimenti.

1. Conti esteri e obblighi dichiarativi: quadro generale

1.1 Chi è obbligato a dichiarare i conti esteri?

Ai sensi dell’art. 4, comma 1, del D.L. 167/1990, convertito con modificazioni dalla legge 227/1990, sono tenute a dichiarare le attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici (o equiparate) fiscalmente residenti in Italia, quando ne sono titolari o anche solo beneficiari effettivi. La risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 53/E del 2019 ha precisato che la normativa antiriciclaggio del 2017 (d.lgs. 90/2017) ha esteso l’obbligo di monitoraggio non solo ai titolari formali, ma anche ai titolari effettivi delle attività all’estero . Ciò significa che chiunque, pur non essendo intestatario del conto, eserciti un controllo o benefici economici su attività finanziarie estere ha il dovere di riportarle nel quadro RW della dichiarazione.

La definizione di titolare effettivo deriva dal d.lgs. 231/2007: è la persona fisica nel cui interesse sono detenute le attività, che esercita un controllo diretto o indiretto sulle entità che formalmente detengono i beni. Pertanto rientrano tra i soggetti obbligati alla compilazione del quadro RW non solo i correntisti e i proprietari di quote o titoli, ma anche i mandanti, i delegati, i “nudi proprietari” e chi esercita un potere di ingerenza economicamente apprezzabile .

1.2 Che cos’è il quadro RW e quali informazioni richiede?

Il quadro RW è la sezione del modello Redditi Persone Fisiche (ex Unico) destinata al monitoraggio fiscale delle attività patrimoniali e finanziarie detenute all’estero. L’obbligo di compilazione fu introdotto con l’art. 4 del D.L. 167/1990 per fornire all’Agenzia delle Entrate e alla Guardia di finanza strumenti di controllo sui capitali esportati o detenuti oltre confine. Negli anni il quadro RW è stato aggiornato per tenere conto dell’evoluzione dei mercati e dell’internazionalizzazione degli investimenti. Dal 2024, con l’introduzione del modello 730 con integrazione del quadro W (nuovo), chi utilizza il modello 730 può assolvere agli obblighi di monitoraggio compilando il quadro W senza presentare il modello Redditi, ma dovrà comunque versare le imposte dovute tramite F24 . Questa novità mira a semplificare gli adempimenti, ma richiede comunque un’attenta valutazione per non incorrere in omissioni.

Il quadro RW richiede di indicare, per ogni anno, il valore massimo e il valore al termine dell’anno di:

  • Conti correnti e depositi bancari e postali esteri;
  • Partecipazioni in società estere o in trust;
  • Obbligazioni e titoli di Stato esteri;
  • Prodotti finanziari in generale (azioni, derivati, fondi comuni, polizze unit e index linked, etc.);
  • Immobili situati all’estero (per il calcolo dell’IVIE);
  • Crypto-asset (dal 2023 è stata introdotta l’IVCA – Imposta sul valore delle cripto-attività);
  • Oro finanziario o altri metalli preziosi custoditi all’estero;
  • Polizze assicurative di cui l’assicurato è beneficiario effettivo.

Per ogni investimento si devono indicare i dati di localizzazione (Paese), la tipologia dell’attività, il codice identificativo, l’eventuale intermediario (se presente), il codice fiscale o i dati anagrafici dell’intermediario estero, il valore di acquisto e il valore medio annuo, nonché il codice “fiscale” del Paese di detenzione. Per gli immobili occorre riportare la rendita catastale o il valore di mercato a seconda della normativa locale.

1.3 Imposte connesse: IVIE, IVAFE e la nuova IVCA

Oltre agli obblighi informativi, le attività estere sono assoggettate ad imposte patrimoniali specifiche. L’IVIE (imposta sul valore degli immobili situati all’estero) si applica sulle case, terreni e fabbricati detenuti oltre confine. La legge di bilancio 2024 (L. 213/2023) ha aumentato l’aliquota ordinaria dell’IVIE dallo 0,76% all’1,06% per gli immobili situati in Paesi non cooperativi . L’IVAFE (imposta sul valore dei prodotti finanziari esteri) colpisce conti correnti, depositi, titoli e investimenti; anch’essa è stata aumentata, sempre dalla legge di bilancio 2024, dallo 0,2% allo 0,4% per i prodotti detenuti in Stati con regimi fiscali privilegiati . Infine, dal 2023 è stata introdotta l’IVCA (imposta sul valore delle cripto-attività), che colpisce le criptovalute e gli altri crypto-asset detenuti all’estero, secondo una base imponibile determinata in base al valore al 31 dicembre. Le imposte patrimoniali vanno indicate nel quadro RW/W e devono essere versate attraverso il modello F24.

1.4 Adeguamenti normativi per i Paesi in black list e white list

Un aspetto fondamentale del monitoraggio riguarda la differente disciplina tra Stati cooperativi e Stati non cooperativi (c.d. black list). L’art. 12 del D.L. 78/2009 prevede che gli investimenti detenuti in Paesi a fiscalità privilegiata non dichiarati nel quadro RW siano presunti costituiti con redditi sottratti a tassazione: la prova contraria è a carico del contribuente. Inoltre, per tali investimenti i termini per l’accertamento sono doppia durata: possono essere emessi avvisi di accertamento entro dieci anni anziché cinque . Le sanzioni per l’omessa indicazione di attività detenute in black list vanno dal 6% al 30% dell’importo non dichiarato , mentre per gli altri Paesi la forbice va dal 3% al 15% (art. 5, D.L. 167/1990 e successive modifiche). Dal 2024 la normativa ha ampliato l’elenco dei Paesi a fiscalità privilegiata, includendo Emirati Arabi Uniti, Hong Kong, Cayman, Liechtenstein, San Marino, Svizzera e altri ; pertanto, coloro che detengono conti in tali giurisdizioni devono prestare attenzione sia alla corretta compilazione del quadro RW sia al rispetto degli obblighi patrimoniali.

2. Presunzioni e regimi sanzionatori

2.1 La presunzione di fruttuosità

Il meccanismo sanzionatorio per i conti esteri omessi poggia su due presupposti: la mancanza di dichiarazione e la presunzione di fruttuosità. L’art. 6 del D.L. 167/1990 stabilisce che le attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero e non indicate nel quadro RW si presumono produttrici di redditi di capitale o redditi diversi, a meno che il contribuente dimostri entro 60 giorni dalla richiesta dell’Ufficio che non sono fruttifere . La norma prevede che tali redditi vengano calcolati al tasso ufficiale di sconto in vigore nel periodo d’imposta; di conseguenza, anche somme non effettivamente remunerate, ma semplicemente depositate, sono considerate produttive e tassate.

La presunzione opera automaticamente: in caso di omessa compilazione del quadro RW, l’Ufficio finanziario non deve dimostrare l’effettiva percezione di redditi; spetta al contribuente dimostrare l’assenza di fruttuosità o l’estinzione dell’investimento . Questa inversione dell’onere della prova costituisce uno dei nodi principali per la difesa: il contribuente dovrà fornire documentazione bancaria o contabile che attesti la mancanza di remunerazione o la cessazione del rapporto. Alcune sentenze hanno considerato validi, ai fini della prova contraria, estratti conto, dichiarazioni bancarie e documenti del Paese estero che dimostrino, ad esempio, che i fondi sono stati movimentati o trasferiti in altra forma.

Nel 2024 la Corte di cassazione (ordinanza n. 18071/2024) ha ribadito che la presunzione di fruttuosità si applica anche ai capitali di provenienza illecita: la norma infatti non distingue la natura del denaro e l’obbligo di monitoraggio riguarda “tutte le somme di denaro detenute fuori dal territorio dello Stato”, indipendentemente dalla loro provenienza . Anche se le somme derivano da attività illegali, queste devono essere dichiarate e sono presunte fruttifere; l’unico modo per evitare la tassazione è fornire prova contraria. La Cassazione ha sottolineato che la norma costituisce una presunzione iuris tantum: il contribuente può fornire prova contraria, ma, in mancanza, l’imposta è dovuta .

2.2 Regime sanzionatorio per l’omessa compilazione

Le sanzioni previste per l’omesso o incompleto monitoraggio variano in base allo Stato di detenzione. L’art. 5 del D.L. 167/1990 – modificato dalla legge europea 2013 e da successivi interventi – prevede:

  • Sanzione base (Paesi non black list): dal 3% al 15% dell’importo non dichiarato;
  • Paesi black list: dal 6% al 30% (doppio della sanzione ordinaria);
  • Riduzioni: le sanzioni possono essere ridotte (1/3 o 1/6) mediante ravvedimento operoso, definizione agevolata o adesione alla contestazione.

La Cassazione, con sentenza n. 28077 del 30 ottobre 2024, ha affermato che queste sanzioni non sono sproporzionate. La Corte ha spiegato che la violazione dell’obbligo di compilare il quadro RW è “di natura sostanziale” e non meramente formale. Essa tutela l’interesse pubblico a monitorare la capacità contributiva; inoltre, la sanzione proporzionale (5‑25% nella versione precedente) è coerente con il diritto dell’Unione e non viola il principio di proporzionalità . Pertanto, non può essere parificata alla mera omissione di una comunicazione, ma costituisce un’omissione significativa, paragonabile a un occultamento.

Per gli investimenti in Paesi a fiscalità privilegiata, come anticipato, si applicano sanzioni raddoppiate (6‑30%). La legge 213/2023 ha introdotto un ulteriore aumento dell’aliquota per l’IVAFE (dallo 0,2% allo 0,4%) per i prodotti finanziari detenuti in tali Stati . Nonostante l’inasprimento, la possibilità di sanare tramite il ravvedimento operoso rimane un efficace strumento di compliance; la sanzione può ridursi fino al 50% se il ravvedimento avviene prima della notifica della contestazione.

2.3 Continuazione della violazione e riferimenti temporali

La normativa considera l’omessa compilazione del quadro RW una violazione che si protrae nel tempo. L’art. 12, comma 5, del d.lgs. 472/1997 stabilisce che le violazioni ripetute nel tempo (ad esempio l’omissione per più anni) costituiscono un’unica violazione continuata; ciò permette di applicare la sanzione una sola volta, calcolata sul totale dei valori non dichiarati. Tuttavia la prassi amministrativa considera le annualità separate quando emergono movimenti distinti. Per i Paesi black list, come detto, i termini di accertamento raddoppiano: l’ufficio può notificare l’avviso fino al 31 dicembre del decimo anno successivo alla violazione, invece del quinto . Tale estensione mira a compensare le difficoltà di reperimento delle informazioni.

3. La fase di accertamento

3.1 Flussi informativi e cooperazione internazionale

Nel passato i conti in Svizzera, San Marino o altri Paesi con legislazioni bancarie riservate erano ritenuti quasi inviolabili. Con l’introduzione dell’Automatic Exchange of Information (AEOI) – recepito a livello europeo dalla Direttiva sulla cooperazione amministrativa (Direttiva 2011/16/UE, DAC2 e successive modifiche) e a livello globale dal Common Reporting Standard (CRS) dell’OCSE – le autorità fiscali italiane ricevono ormai in automatico i dati relativi ai conti detenuti dai residenti italiani in oltre 115 giurisdizioni. Il blog AvvocatiCartelleEsattoriali (aggiornamento 24 settembre 2025) spiega che l’interscambio riguarda conti correnti, depositi bancari, strumenti finanziari, polizze assicurative e partecipazioni; le autorità estere trasmettono il nome del titolare, il codice fiscale, il saldo e gli interessi maturati . I Paesi cooperanti includono Svizzera, San Marino, Principato di Monaco, Emirati Arabi Uniti, Isole Cayman, Liechtenstein, Hong Kong, Singapore e molti altri. Lo scambio avviene annualmente e permette all’Agenzia delle Entrate di incrociare i dati con le dichiarazioni presentate.

La procedura di accertamento per conti esteri non dichiarati di solito segue un iter preciso:

  1. Selezione del contribuente: sulla base delle liste pervenute tramite CRS o DAC, l’Ufficio individua i soggetti che risultano titolari di conti esteri ma che non hanno compilato il quadro RW o l’hanno compilato in modo non coerente con i saldi.
  2. Invito al contraddittorio: prima dell’emissione dell’accertamento, l’Ufficio invia un questionario o un invito a comparire per fornire chiarimenti. In questa fase, il contribuente può presentare documenti che dimostrino l’assenza di fruttuosità, la chiusura del conto o che il conto appartiene a una società estera non soggetta a monitoraggio.
  3. Emissione dell’avviso: se le giustificazioni non vengono ritenute soddisfacenti, viene notificato l’avviso di accertamento con l’imposta dovuta (o le sanzioni patrimoniali) e le relative sanzioni per omessa compilazione. Nel caso di conti in Paesi black list, si considererà anche la presunzione di redditi estero-estero.
  4. Possibilità di adesione o reclamo mediazione: il contribuente può definire l’accertamento con adesione (D.Lgs. 218/1997), riducendo le sanzioni, oppure proporre reclamo-mediazione per importi inferiori a 50.000 euro.

L’uso crescente di banche dati internazionali ha ridotto la possibilità di occultare capitali. Tuttavia, rimangono margini di difesa legati a errori nei dati trasmessi, all’interpretazione dei concetti di residenza fiscale e titolarità effettiva e alla possibilità di provare la provenienza e l’utilizzo del denaro.

3.2 Acquisizione delle prove e limiti all’utilizzabilità

Talvolta l’accertamento si fonda su documenti acquisiti in via giudiziaria o tramite rogatorie internazionali. Un’importante pronuncia della Cassazione (sentenza n. 8452 del 31 marzo 2025) ha affrontato il tema dell’utilizzabilità di prove acquisite in un procedimento penale per fini fiscali. Nella causa in questione l’Agenzia delle Entrate aveva ricevuto documenti bancari tramite rogatoria con San Marino per un procedimento penale e li aveva utilizzati per un accertamento fiscale; il contribuente sosteneva che tale utilizzo violasse la clausola di specialità, che limita l’uso delle informazioni ai soli fini penali. La Cassazione ha affermato che nel diritto tributario non esiste un principio generale di inutilizzabilità delle prove irritualmente acquisite: tale principio vale solo nel processo penale e non nel processo tributario . Pertanto, documenti acquisiti tramite rogatoria possono essere utilizzati per l’accertamento fiscale, a meno che non sia violato un diritto fondamentale (ad esempio la libertà personale). La Corte ha inoltre respinto la tesi secondo cui la clausola di specialità del trattato italo-sammarinese impedirebbe l’uso delle prove in ambito fiscale; essa opera solo in ambito penale . Questa sentenza è di grande importanza in quanto legittima l’utilizzo di informazioni acquisite nell’ambito di procedimenti penali anche per finalità fiscali.

3.3 Verifiche bancarie e bancabilità della prova

Le indagini sui conti esteri si basano principalmente su dati forniti dagli intermediari finanziari. L’Amministrazione può acquisire gli estratti conto, gli ordini di bonifico e le relative giacenze; la prova così acquisita, come evidenziato dalla Cassazione, è liberamente utilizzabile in ambito tributario. Non esiste la cosiddetta “nullità derivata” che colpisce le prove acquisite illegittimamente in sede penale: l’unica limitazione è l’inutilizzabilità di prove ottenute mediante violazioni di diritti fondamentali o mediante intrusione nei diritti inviolabili (art. 14 Cost.) .

Da un punto di vista pratico, l’Ufficio può avvalersi della collaborazione della Guardia di finanza per eseguire verifiche bancarie e ispezioni presso i soggetti residenti in Italia. In mancanza di riscontri, l’Ufficio applicherà la presunzione di fruttuosità e la presunzione di costituzione da redditi occultati (per conti in black list). Il contribuente potrà difendersi fornendo l’estratto conto, dichiarazioni della banca estera, contratti di deposito, documenti che attestino l’origine dei fondi (es. vendita di un immobile ereditato, risparmi accumulati all’estero), certificazioni di residenza fiscale estera (per i soggetti trasferiti all’estero) o atti di donazione.

3.4 Valutazione della residenza fiscale e del titolare effettivo

Una linea difensiva frequentemente invocata riguarda la residenza fiscale. Se il contribuente dimostra di non essere residente in Italia per l’anno d’imposta contestato, non è tenuto a compilare il quadro RW. La residenza, ai sensi dell’art. 2 del TUIR, si determina in base alla presenza anagrafica, al domicilio o alla dimora abituale. Tuttavia, l’Amministrazione può contestare la residenza “sostanziale” facendo valere, ad esempio, la presenza di interessi economici e familiari prevalenti in Italia. In tal caso, la definizione di titolare effettivo assumerà rilievo; potrà essere considerato obbligato un soggetto che, pur residente all’estero, esercita il controllo su conti intestati a terzi.

4. Difesa contro l’accertamento: strategie e strumenti

4.1 Verifica preliminare: ricostruire la storia del conto

La prima azione in caso di notifica di un invito o di un avviso di accertamento per conti esteri non dichiarati è la ricostruzione dettagliata della storia del conto. Ciò implica:

  1. Reperire tutti gli estratti conto e i contratti di apertura/chiusura del rapporto;
  2. Individuare l’origine delle somme depositate (vendita di immobili, risparmio, dividendi esteri, donazioni ecc.);
  3. Documentare eventuali trasferimenti verso conti italiani o verso conti intestati a soggetti terzi;
  4. Verificare se il conto generava interessi o era infruttifero (conti in valuta corrente senza remunerazione); in tale caso, documentare la mancanza di fruttuosità con attestazioni bancarie e normative locali.

È consigliabile procedere a tale ricostruzione già prima della notifica, se si è a conoscenza della presenza di conti esteri dimenticati o non dichiarati, in modo da prepararsi all’eventuale contraddittorio.

4.2 Prova contraria alla presunzione di fruttuosità

Per superare la presunzione di fruttuosità prevista dall’art. 6 D.L. 167/1990, il contribuente deve dimostrare che le somme depositate non hanno prodotto redditi o che le ha trasferite/disinvestite. La prova può consistere in:

  • Estratti conto che dimostrano l’assenza di interessi corrisposti;
  • Certificazioni bancarie che attestano la natura infruttifera del deposito;
  • Documentazione relativa agli investimenti (ad esempio polizze unit linked) da cui risulti che i rendimenti sono stati già tassati o che non sono ancora maturati;
  • Atti di vendita o di cessione dell’attività che provino la dismissione del patrimonio prima dell’anno contestato;
  • Contratti di deposito titoli che prevedono la gratuità o la remunerazione nominale; in tal caso occorre la prova del tasso zero.

Occorre ricordare che la prova contraria deve essere fornita entro 60 giorni dalla richiesta dell’Ufficio . In mancanza, la presunzione diventa definitiva e non può essere contestata in sede contenziosa se non con documenti che avrebbero potuto essere prodotti in precedenza.

4.3 Ravvedimento operoso e voluntary disclosure

Se il contribuente si rende conto di aver omesso la compilazione del quadro RW prima di ricevere un avviso di accertamento, può avvalersi del ravvedimento operoso (art. 13 D.Lgs. 472/1997). Versando spontaneamente l’imposta patrimoniale dovuta (IVIE, IVAFE, IVCA) e la sanzione ridotta (1/7, 1/8, 1/10 a seconda del tempo trascorso), è possibile regolarizzare la posizione. Il ravvedimento è consentito a condizione che la violazione non sia già stata constatata o che non sia iniziata una verifica. In caso di conti in Paesi black list, occorre considerare la sanzione più alta (6‑30%), ma il ravvedimento riduce comunque notevolmente l’esborso.

Negli anni passati il legislatore aveva previsto uno strumento straordinario: la voluntary disclosure (L. 186/2014), grazie alla quale molti contribuenti hanno regolarizzato conti in Svizzera, Monaco e San Marino con sanzioni ridotte e un accordo con i Paesi interessati. Al momento (settembre 2025) non sono vigenti programmi di disclosure straordinaria, ma il ravvedimento operoso rimane l’unico strumento per regolarizzare spontaneamente. È possibile che in futuro vengano riproposte iniziative analoghe: si raccomanda quindi di monitorare eventuali novità legislative.

4.4 Obiezioni sulla residenza e titolarità

Come ricordato, per essere soggetti all’obbligo di monitoraggio occorre essere fiscalmente residenti in Italia. Se il contribuente dimostra di essersi trasferito all’estero prima dell’anno contestato e di avere la residenza effettiva in un Paese estero (ad esempio Svizzera, Emirati Arabi o Regno Unito), potrà evitare la sanzione. La difesa dovrà portare evidenza di:

  • iscrizione all’AIRE (Anagrafe italiani residenti all’estero);
  • contratto di lavoro o documenti che attestino l’attività svolta all’estero;
  • pagamento di tasse nel Paese di residenza;
  • residenza della famiglia, scuola dei figli, centro degli affari;
  • eventuali certificati di residenza rilasciati dallo Stato estero.

In mancanza di tali elementi, l’Ufficio potrà ritenere che il trasferimento sia fittizio e considerare il contribuente ancora residente in Italia, applicando la sanzione. In caso di conti intestati a società estere, la difesa potrà sostenere che il contribuente non è il beneficiario effettivo, ma dovrà dimostrarlo (ad esempio presentando l’organigramma societario, le delibere e i contratti di trust).

4.5 Contestazione della legittimità o della sproporzione della sanzione

Una delle obiezioni più frequenti riguarda la presunta sproporzione delle sanzioni. Come evidenziato dalla Cassazione n. 28077/2024, però, la sanzione per l’omessa compilazione non è ritenuta sproporzionata . La Corte afferma che la finalità della disposizione è deterrente e che le sanzioni rientrano nella discrezionalità legislativa. In sede di contenzioso si potrà comunque eccepire la violazione del principio di proporzionalità, ma è verosimile che la tesi sia respinta salvo casi particolarmente evidenzianti (ad esempio per errori meramente formali che non comportano occultamento di importi significativi). Si potrà cercare di ridurre le sanzioni dimostrando la buona fede, l’assenza di intento evasivo e l’esistenza di errori scusabili.

5. Dal contenzioso alla giurisdizione: ricorsi e pronunce della Cassazione (2024‑2025)

5.1 Cassazione 18071/2024 e l’obbligo di dichiarare somme di provenienza illecita

La Corte di cassazione, con ordinanza n. 18071/2024, ha affrontato il caso di un contribuente che aveva ricevuto una somma di denaro di provenienza illecita su un conto estero e non l’aveva dichiarata nel quadro RW. La Corte ha affermato che l’obbligo di monitoraggio si applica a tutte le somme detenute all’estero, anche se provenienti da attività illecite . La presunzione di fruttuosità non ammette eccezioni per illeciti; anzi, il legislatore ha inteso contrastare anche l’utilizzo di capitali “sporchi” inviando i dati all’autorità giudiziaria competente. I giudici hanno sottolineato che, in mancanza di dichiarazione, le somme sono considerate produttive di reddito e la sanzione è dovuta salvo prova contraria.

Questa pronuncia rafforza l’idea che la normativa sul quadro RW abbia un carattere non solo tributario ma anche strumentale al contrasto di attività criminali. Per l’avvocato difensore questo comporta un’ulteriore difficoltà: non si può invocare la “clausola di specialità” tra procedimento penale e amministrativo per ottenere la nullità dell’accertamento, in quanto l’obbligo di dichiarazione resta a carico di chiunque detenga somme all’estero.

5.2 Cassazione 28077/2024: la non formalità del quadro RW

Un’altra importante sentenza del 2024 (Cass. civ., 30 ottobre 2024, n. 28077) ha stabilito che la violazione dell’obbligo di compilazione del quadro RW non è una mera formalità. La Corte ha rimarcato che l’obiettivo della norma è la tutela dell’interesse pubblico alla trasparenza dei flussi finanziari. La sanzione proporzionale (dal 5% al 25% secondo la norma previgente) non è eccessiva: la Corte ha richiamato la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (sentenza della Cgue, 27 gennaio 2022, causa C‑788/19) sulla proporzionalità delle sanzioni e ha concluso che la normativa italiana è conforme . Il giudice ha poi cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto l’omissione una violazione formale; ciò conferma che l’occultamento di capitali esteri è considerato un illecito sostanziale.

5.3 Cassazione 8452/2025: utilizzabilità di prove acquisite tramite rogatoria

La sentenza n. 8452 del 31 marzo 2025, commentata nella sezione precedente, affronta la questione dell’utilizzabilità di documenti acquisiti tramite rogatoria in ambito penale per fini fiscali. La Corte ha ribadito che non esiste un generale principio di inutilizzabilità delle prove irritualmente acquisite in ambito tributario . In altre parole, il contribuente non può eccepire l’illegittimità della prova invocando il codice di procedura penale; l’unica eccezione riguarda le prove acquisite con violazioni di diritti fondamentali. La decisione conferma la tendenza giurisprudenziale a permettere all’Amministrazione l’utilizzo delle prove raccolte in procedimenti penali per accertare l’evasione.

La sentenza chiarisce inoltre che la clausola di specialità dei trattati di cooperazione giudiziaria (nel caso di specie, l’accordo con San Marino) limita l’uso dei documenti al procedimento penale, ma non preclude l’utilizzo per fini fiscali . La Corte ha osservato che la finalità della cooperazione internazionale è anche quella di prevenire il riciclaggio e l’evasione. Pertanto, le rogatorie si possono utilizzare in ambito tributario quando non vi è pregiudizio ai diritti fondamentali del contribuente.

5.4 Cassazione 20649/2025: sequestro preventivo e finalità del quadro RW

Con l’ordinanza n. 20649/2025 la Cassazione ha esaminato la legittimità del sequestro preventivo disposto per la violazione dell’obbligo di compilazione del quadro RW. Nel caso di specie il contribuente aveva omesso di indicare conti per circa 1,75 milioni di euro, e il pubblico ministero aveva chiesto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca. Il tribunale aveva revocato il sequestro ritenendo che la violazione non integrasse il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11, d.lgs. 74/2000); il PM aveva proposto ricorso.

La Cassazione ha confermato la revoca, sottolineando che il quadro RW ha finalità di comunicazione e monitoraggio, non di determinazione della base imponibile. La Corte ha affermato che la norma sul quadro RW è volta a individuare i flussi finanziari transfrontalieri e che le sanzioni non sono collegate all’omissione di imposte dirette o IVA . Di conseguenza, la mancata compilazione non integra automaticamente il reato di sottrazione fraudolenta e non può giustificare il sequestro preventivo. Questa pronuncia ha importanti riflessi per la difesa: in caso di procedimento penale connesso alla violazione del quadro RW, si potrà sostenere la natura meramente amministrativa dell’illecito e chiedere la revoca di misure cautelari patrimoniali.

5.5 Cassazione 8452/2025: principio di inutilizzabilità delle prove in ambito tributario

Un ulteriore approfondimento della sentenza 8452/2025 merita di essere richiamato: la Corte ha precisato che nel processo tributario non esiste un principio generale di inutilizzabilità, mentre nel processo penale tale principio è sancito dall’art. 191 c.p.p. e prevede che le prove acquisite in violazione di divieti di legge non possano essere utilizzate . La Corte ha quindi distinto nettamente i due sistemi, evidenziando che la tutela dei diritti fondamentali opera con intensità diversa. Anche se il contribuente potrà eccepire la violazione del diritto di difesa, la Cassazione ha confermato che la prova bancaria è pienamente utilizzabile per fini fiscali.

5.6 Cassazione 25348/2025 e 21915/2025: il reato di autoriciclaggio

La tutela del patrimonio e la scelta di detenere capitali all’estero sono spesso connesse a condotte di autoriciclaggio. L’art. 648-ter.1 c.p., introdotto nel 2014, punisce chi impiega, sostituisce o trasferisce proventi di reato per ostacolarne l’identificazione. Le sentenze di Cassazione del 2025 hanno precisato gli elementi costitutivi del reato.

La sentenza n. 25348/2025 (deposito 14 maggio 2025) ha affermato che non è necessario cancellare completamente le tracce del denaro: è sufficiente qualsiasi operazione idonea ad ostacolare l’identificazione della provenienza . Anche il semplice deposito del denaro illecito su un conto personale o il trasferimento su un diverso conto bancario, pur tracciabile, configura il reato se rende più difficile l’identificazione. La Corte ha spiegato che la ratio del delitto è evitare che l’autore del reato base tragga beneficio dal provento illecito; non occorre un occultamento perfetto ma una condotta che ostacoli l’accertamento . Nel contesto dei conti esteri, quindi, il trasferimento di fondi illeciti su conti in Svizzera o a San Marino, benché tracciato, può integrare l’autoriciclaggio se l’operazione rende più ardua l’identificazione dei proventi.

La sentenza n. 21915/2025 (richiamata dall’articolo LexCED) ha confermato che anche bonifici tracciabili possono costituire autoriciclaggio: l’elemento dell’ostacolo all’identificazione non coincide con l’anonimato totale, ma con la “idoneità ex ante” a rendere complesso il collegamento tra il provento e l’autore . La Corte ha evidenziato che la reimmissione dei proventi nel circuito economico legale (ad esempio acquistando immobili, partecipazioni o quote in società estere) dà loro una nuova individualità economica, rappresentando così l’elemento di dissimulazione richiesto dalla norma.

Queste pronunce hanno effetti indiretti sul tema dei conti esteri: la gestione di fondi provenienti da evasione fiscale su conti esteri può configurare autoriciclaggio se l’operazione mira a ostacolare la tracciabilità. Pertanto, chi è oggetto di accertamento per conti esteri dovrebbe valutare anche l’aspetto penal-tributario e l’eventuale rischio di autolavaggio.

6. Focus su alcuni Paesi: Svizzera, San Marino, Emirati e altri

6.1 Svizzera

La Svizzera è tradizionalmente considerata un Paese di elevata riservatezza bancaria. Nel 2018 ha aderito allo standard CRS e, dal 2019, invia annualmente alle autorità italiane i dati dei conti intestati a residenti italiani. Dal 2024, come indicato nel documento Tayros Consulting, la Svizzera è stata inserita nella lista dei Paesi a regime fiscale privilegiato ai fini dell’IVAFE . Pertanto, sui conti detenuti in Svizzera l’imposta patrimoniale può arrivare allo 0,4% e, in caso di omessa dichiarazione, la sanzione oscilla dal 6% al 30% del saldo. Inoltre si applica la presunzione di costituzione con redditi occultati (art. 12 D.L. 78/2009) con conseguente raddoppio dei termini di accertamento . I professionisti che assistono clienti con conti svizzeri devono quindi verificare attentamente la corretta compilazione del quadro RW e valutare eventuali dubbi su residenza e titolarità effettiva.

6.2 San Marino

San Marino, pur essendo un micro‑Stato, è da anni oggetto di cooperazione con l’Italia. L’accordo del 2015 ha introdotto lo scambio automatico di informazioni. La Cassazione 8452/2025 ha riconosciuto la validità delle prove acquisite tramite rogatoria con San Marino per finalità fiscali . La Repubblica di San Marino è stata inserita nella lista dei Paesi a fiscalità privilegiata; pertanto, si applicano le sanzioni maggiorate (6‑30%) e i termini raddoppiati. La prassi più frequente prevede che i conti sammarinesi siano intestati a società anonime o fondazioni per schermare il beneficiario effettivo; la difesa deve dimostrare l’eventuale estraneità o la liceità dei fondi.

6.3 Emirati Arabi Uniti

Gli Emirati Arabi Uniti (EAU), e in particolare Dubai, sono diventati negli ultimi anni un centro finanziario attrattivo per i capitali italiani. Dal 2018 gli Emirati hanno aderito al CRS, ma fino al 2023 non avevano avviato pienamente lo scambio. La legge di bilancio 2024 li ha inseriti tra i Paesi a fiscalità privilegiata . Ne derivano aliquote di IVAFE più alte (0,4%) e sanzioni raddoppiate in caso di omissione. Inoltre, negli Emirati i conti possono essere intestati a società off‑shore o a fondi di investimento: la determinazione del titolare effettivo può essere complessa. Ai fini della difesa occorre documentare i flussi economici e mostrare la provenienza dei fondi, ad esempio da attività di impresa svolta negli Emirati.

6.4 Altre giurisdizioni

La lista dei Paesi considerati a fiscalità privilegiata include anche le Cayman, le Isole Vergini Britanniche, il Liechtenstein, Hong Kong, Singapore, Monaco e altri. Per ciascuno valgono le regole descritte: aliquote IVAFE maggiorate e sanzioni raddoppiate. La cooperazione con alcuni di questi Stati è variabile: ad esempio Hong Kong e Singapore hanno aderito al CRS ma talvolta forniscono dati meno dettagliati; le Cayman hanno firmato accordi ma le strutture societarie rendono complessa l’individuazione dei beneficiari effettivi. Per i conti detenuti in tali giurisdizioni, la difesa dovrà fare affidamento su documenti di provenienza, contratti e certificazioni di identità per contrastare le presunzioni fiscali.

7. Questioni penal-tributarie e autoriciclaggio

7.1 Reati connessi alla detenzione di conti esteri

Oltre alle sanzioni amministrative, la detenzione di conti esteri può avere riflessi penali quando vengono integrate le fattispecie previste dal D.Lgs. 74/2000. In particolare:

  • Dichiarazione infedele (art. 4): punisce chi, al fine di evadere, indica in dichiarazione elementi attivi inferiori o elementi passivi inesistenti. La mancata indicazione di redditi derivanti da conti esteri fruttiferi può integrare questo reato se l’imposta evasa supera le soglie penalmente rilevanti.
  • Omessa dichiarazione (art. 5): si configura quando il contribuente non presenta la dichiarazione. Chi detiene conti esteri fruttiferi e non presenta la dichiarazione può incorrere in questo reato.
  • Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11): punisce chi compie atti simulati o fraudolenti per sottrarsi al pagamento. La Cassazione 20649/2025 ha precisato che la sola omissione del quadro RW non integra l’elemento fraudolento richiesto , ma in presenza di condotte volte a schermare il patrimonio (ad esempio intestazioni fittizie, trust opachi) il reato può sussistere.
  • Autoriciclaggio (art. 648-ter.1 c.p.): come illustrato sopra, punisce chi reimpiega o trasferisce denaro proveniente da reato con lo scopo di ostacolare l’identificazione della provenienza. Le pronunce del 2025 hanno chiarito che anche operazioni tracciabili possono essere punibili .

Le indagini penali sono spesso avviate in parallelo agli accertamenti fiscali. In caso di avvisi di accertamento per conti esteri, i professionisti devono valutare la posizione del contribuente anche dal punto di vista penale, fornendo tempestivamente difese e collaborando con eventuali inchieste. È essenziale valutare la possibilità di definizione agevolata e la non punibilità per particolare tenuità del fatto.

7.2 Cooperazione tra autorità fiscali e procura

La cooperazione tra Agenzia delle Entrate, Guardia di finanza e Procura si è intensificata. I dati ottenuti tramite CRS possono essere trasmessi alle procure in presenza di indizi di riciclaggio, evasione o autoriciclaggio. Tuttavia, la sentenza 8452/2025 ha ribadito che le prove acquisite in sede penale possono essere utilizzate in sede tributaria : ciò significa che la trasmissione delle informazioni avviene a doppio senso. La difesa dovrà quindi coordinare le strategie nei due procedimenti, considerando che ammissioni o documenti forniti all’Agenzia potrebbero essere utilizzati in campo penale e viceversa.

7.3 Conflitto di interessi e tutela del contribuente

Può capitare che, per evitare sanzioni penali, il contribuente preferisca definire la sua posizione con l’Amministrazione fiscale, accettando le sanzioni amministrative. Tuttavia, la definizione non sempre preclude l’azione penale. La Cassazione ha chiarito che la sanzione amministrativa non assorbe il reato tributario (art. 12-bis D.Lgs. 74/2000). Occorre quindi valutare attentamente la strategia difensiva: in alcuni casi è opportuno procedere al ravvedimento operoso per ridurre le sanzioni; in altri, presentare memorie difensive per contrastare le accuse penali. L’avvocato dovrà considerare il rischio di autoriciclaggio laddove si siano effettuati trasferimenti di denaro su conti esteri per ostacolare la tracciabilità.

8. Simulazioni pratiche

8.1 Caso A: Imprenditore con conto svizzero non dichiarato

Scenario: Un imprenditore residente in Italia ha costituito negli anni ’90 un conto corrente a Zurigo su cui ha depositato 2 milioni di euro. Dal 2017, a seguito dell’introduzione del CRS, la banca svizzera comunica annualmente all’Agenzia delle Entrate i saldi del conto. L’imprenditore però non ha mai compilato il quadro RW né dichiarato gli interessi maturati. Nel 2024 riceve un invito a comparire con richiesta di spiegazioni.

1. Analisi dell’accertamento: L’Agenzia ha ricevuto i dati del conto tramite CRS; verifica che la dichiarazione italiana non presenta il quadro RW e che non risultano dichiarati redditi di capitale. Secondo la presunzione di fruttuosità, l’Ufficio calcola i redditi presunti sugli importi depositati e applica la sanzione del 6‑30% (essendo la Svizzera in black list) . L’avviso di accertamento riguarda gli ultimi cinque anni (doppio termine).

2. Strategia difensiva: Il professionista incaricato dell’assistenza verificherà se il conto ha generato interessi; se non li ha generati, predisporrà documentazione bancaria attestante la non fruttuosità. Inoltre, verificherà l’origine dei fondi (eventualmente già tassati) e potrà sostenere la prescrizione per gli anni antecedenti il quinquennio. Se ci sono interessi, potrebbe valutare la possibilità del ravvedimento operoso per ridurre le sanzioni e definire l’imposta. In caso di errore formale (ad esempio, quadro RW compilato ma con valori errati), si potrebbe invocare la buona fede e chiedere la riduzione della sanzione.

3. Esito atteso: La difesa potrebbe convincere l’Ufficio a riconoscere la non fruttuosità, facendo cadere la presunzione per una parte degli anni. Se la presunzione non viene superata, l’Ufficio applicherà la tassazione sui redditi presunti. L’imprenditore potrà quindi valutare l’adesione all’accertamento, con riduzione della sanzione.

8.2 Caso B: Professionista trasferito negli Emirati con contestazione di residenza

Scenario: Un consulente informatico si è trasferito a Dubai nel 2021, iscrivendosi all’AIRE. Ha aperto un conto negli Emirati su cui percepisce i proventi della sua attività; non ha compilato il quadro RW ritenendo di non essere più residente in Italia. L’Agenzia delle Entrate avvia un accertamento, contestando la residenza fiscale italiana per l’anno 2022 (sostenendo che la famiglia è rimasta in Italia e che il professionista ha lavorato anche per clienti italiani). Gli viene contestata l’omessa compilazione e il mancato versamento di IVAFE, con sanzioni maggiorate perché gli Emirati sono considerati black list .

1. Analisi: La controversia verte sul concetto di residenza. L’Ufficio ritiene il consulente ancora residente in Italia perché mantiene il centro degli interessi affettivi e economici. L’assenza di quadro RW e il trasferimento in un Paese a fiscalità privilegiata rafforzano la presunzione di residenza.

2. Strategia difensiva: Il professionista dovrà dimostrare l’effettivo trasferimento, esibendo: • Contratti di lavoro con società estere; • Contratto di affitto o di proprietà di un immobile a Dubai; • Documentazione delle residenze della famiglia (eventuale iscrizione della moglie/figli all’AIRE); • Pagamento di imposte negli Emirati (ad esempio tasse locali o contributi); • Numero e durata delle permanenze in Italia (da giustificare con biglietti aerei e registrazioni doganali); • Prova della chiusura di conti italiani o della non operatività dei conti in Italia.

Qualora la prova sia convincente, l’Ufficio potrebbe riconoscere la residenza estera e annullare l’accertamento. In caso contrario, verrà mantenuta la residenza italiana e il professionista dovrà affrontare sanzioni raddoppiate.

8.3 Caso C: Società semplice con conti a San Marino e contestazione sul titolare effettivo

Scenario: Una società semplice italiana detiene partecipazioni in una società sammarinese con un conto corrente cointestato a vari soci. Il quadro RW è stato compilato ma con errori circa il valore al 31 dicembre. L’Agenzia riceve dalla Guardia di finanza, tramite rogatoria, documenti bancari sammarinesi che dimostrano un valore superiore. Viene contestata l’infedele compilazione e l’evasione dell’IVAFE.

1. Analisi: Secondo la Cassazione 8452/2025 le prove acquisite tramite rogatoria sono utilizzabili ; pertanto la società non può contestare la loro irrilevanza. La presunzione di costituzione con redditi occultati per conti in black list rende la difesa più difficile.

2. Strategia difensiva: Occorrerà dimostrare che i soci non erano titolari effettivi di tutti i saldi e che una parte delle somme appartiene a terzi non residenti. La difesa può altresì mostrare che si tratta di somme già tassate in San Marino (se vi sono prove di imposizione locale) e invocare il principio di non doppia imposizione. L’errata indicazione nel quadro RW può essere presentata come errore scusabile, chiedendo la riduzione della sanzione.

9. Tabelle riepilogative

9.1 Paesi black list 2025 e aliquote IVAFE/IVIE

Paese/territorioInclusione black listAliquota IVAFE sugli strumenti finanziari (2024-2025)Aliquota IVIE immobiliSanzione per omessa dichiarazione (su capitale)
SvizzeraSì (dal 2024)0,4%1,06%6% – 30%
San Marino0,4%1,06%6% – 30%
Emirati Arabi Uniti0,4%1,06%6% – 30%
Cayman, Bahamas, BVI0,4%1,06%6% – 30%
Liechtenstein0,4%1,06%6% – 30%
Hong Kong, Singapore0,4%1,06%6% – 30%
Paesi non black list (UE, USA, UK, Australia, Canada ecc.)No0,2%0,76%3% – 15%

9.2 Violazioni e sanzioni

ViolazioneBase normativaSanzione baseNote
Omessa compilazione quadro RW (Paesi non black list)Art. 5 D.L. 167/19903% – 15% importo non dichiaratoRavvedimento possibile con riduzione sino a 1/7 del minimo
Omessa compilazione quadro RW (Paesi black list)Art. 5 D.L. 167/1990 e art. 12 D.L. 78/20096% – 30% importo non dichiaratoTermini di accertamento raddoppiati
Omissione dichiarazione redditi da conti esteriArt. 4 D.Lgs. 74/2000Reclusione 2-5 anni (se imposta evasa > 150.000 euro)Reato di dichiarazione infedele; possibile anche autoriciclaggio
Omissione totale dichiarazione (conti esteri fruttiferi)Art. 5 D.Lgs. 74/2000Reclusione 2-6 anniSolo se imposta evasa > 30.000 euro
Sottrazione fraudolenta al pagamento imposteArt. 11 D.Lgs. 74/2000Reclusione 6 mesi – 4 anniNon integrata dalla sola omissione RW
AutoriciclaggioArt. 648-ter.1 c.p.Reclusione 2-8 anniAnche con operazioni tracciabili

9.3 Termini di accertamento

CasoTermine ordinarioTermine con conti in black listRiferimento
Dichiarazione dei redditi correttamente presentata (no RW)31 dicembre quinto anno successivo31 dicembre decimo anno successivoArt. 43 DPR 600/1973, art. 12 D.L. 78/2009
Omessa presentazione della dichiarazione31 dicembre settimo anno successivo31 dicembre quindicesimo anno successivo

10. Domande frequenti (FAQ)

D1: Possiedo un conto bancario all’estero da molti anni. Se lo chiudo prima dell’accertamento, devo comunque dichiararlo?

Sì. L’obbligo di dichiarazione riguarda sia le attività detenute al 31 dicembre sia quelle trasferite o estinte nel corso dell’anno. Se hai chiuso il conto, devi indicarlo nel quadro RW per l’anno in cui è avvenuta la chiusura, riportando il saldo massimo e il saldo al momento della chiusura. In mancanza, l’Agenzia potrebbe considerare il conto ancora esistente e applicare la presunzione di fruttuosità .

D2: Sono intestatario di un conto cointestato con mio padre residente all’estero. Devo dichiarare l’intero saldo?

No. In caso di conti cointestati, occorre dichiarare solo la quota di propria spettanza, salvo che si sia delegato. Tuttavia, se sei il titolare effettivo del conto o eserciti un controllo, devi riportare l’intero valore . È importante valutare la titolarità effettiva secondo il d.lgs. 231/2007.

D3: Ho redditi esteri già tassati all’estero. Devo comunque indicare l’importo nel quadro RW?

Il quadro RW è un obbligo di monitoraggio, indipendente dalla tassazione. Devi indicare il valore delle attività finanziarie e immobiliari all’estero, anche se i redditi sono stati tassati localmente. Puoi richiedere il credito d’imposta per le imposte pagate all’estero, ma la dichiarazione è obbligatoria. Nel caso di investimenti in Paesi a fiscalità privilegiata, la possibilità di credito d’imposta può essere limitata.

D4: Ho investito in criptovalute su un exchange con sede in USA. Devo indicarle nel quadro RW?

Sì. Le criptovalute sono considerate cripto‑attività e, dal 2023, sono soggette a IVCA. Occorre indicare il valore al 31 dicembre e l’eventuale valore medio. Anche se l’exchange ha sede in un Paese non black list, l’obbligo di monitoraggio sussiste. Ricorda di considerare l’imposta patrimoniale (IVCA) calcolata sul valore di mercato.

D5: Cosa succede se ricevo un avviso di accertamento e non rispondo?

Se non rispondi all’invito al contraddittorio o all’avviso, l’Ufficio emetterà l’atto di accertamento definitivo applicando le imposte e le sanzioni. La presunzione di fruttuosità diventerà definitiva e non potrai più contestarla . Avrai comunque la possibilità di presentare ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale, ma dovrai depositare documenti che avresti potuto esibire nella fase precontenziosa.

D6: Se pago le imposte e le sanzioni posso evitare il processo penale?

Il pagamento dell’imposta e della sanzione amministrativa può ridurre o escludere l’elemento di danno necessario per alcuni reati (ad esempio dichiarazione infedele), ma non sempre preclude il processo penale. Per i reati puniti dal d.lgs. 74/2000, la definizione dell’imposta può attenuare la pena o costituire una circostanza attenuante, ma la responsabilità penale permane. È invece esclusa la punibilità se l’imposta evasa o le sanzioni sono inferiori alle soglie di rilevanza penale.

D7: Qual è il termine di prescrizione della sanzione amministrativa?

La sanzione amministrativa si prescrive in cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione. Tuttavia, la notificazione dell’atto interruttivo (avviso di accertamento) interrompe la prescrizione. Per i conti in black list, la possibilità di contestare la violazione si estende fino al decimo anno .

11. Suggerimenti pratici per prevenire problemi

  • Mantenere documentazione completa: conservare estratti conto, contratti di apertura, attestazioni bancarie sulla non fruttuosità e documenti sull’origine dei fondi. La documentazione è fondamentale per superare le presunzioni fiscali.
  • Valutare la residenza fiscale ogni anno: se si trasferisce la residenza, formalizzare l’iscrizione all’AIRE e curare gli aspetti sostanziali (famiglia, lavoro, interessi economici). L’Agenzia valuta la sostanza più della forma.
  • Verificare le novità normative: le black list e le aliquote delle imposte patrimoniali cambiano periodicamente. Dal 2024 alcune giurisdizioni come Svizzera ed Emirati sono state aggiunte alla black list .
  • Ricorrere al ravvedimento operoso: se si scopre un errore prima dell’accertamento, conviene regolarizzare spontaneamente per evitare sanzioni elevate e rischi penali.
  • Consultare un professionista: per casi complessi (conti intestati a società, trust, fondi di investimento) è consigliabile rivolgersi a un commercialista o avvocato esperto di fiscalità internazionale. La corretta compilazione del quadro RW richiede competenze specifiche.

12. Glossario essenziale

  • Quadro RW: sezione della dichiarazione dei redditi italiana destinata al monitoraggio delle attività patrimoniali e finanziarie detenute all’estero.
  • Beneficial Owner (titolare effettivo): persona fisica nel cui interesse sono detenute le attività finanziarie, anche se non è l’intestatario formale .
  • IVIE: imposta sul valore degli immobili situati all’estero. Aliquota base 1,06% dal 2024 per Paesi black list.
  • IVAFE: imposta sul valore delle attività finanziarie estere. Aliquota base 0,2% (0,4% per Paesi black list) .
  • IVCA: imposta sul valore delle cripto-attività introdotta nel 2023.
  • Presunzione di fruttuosità: presunzione per cui le somme detenute all’estero e non dichiarate si presumono produttive di reddito .
  • Clausola di specialità: regola secondo cui le informazioni ottenute in ambito penale tramite rogatoria possono essere utilizzate solo per quel procedimento. La Cassazione 8452/2025 ha affermato che non si applica all’ambito fiscale .
  • CRS (Common Reporting Standard): standard OCSE per lo scambio automatico di informazioni finanziarie tra Paesi.
  • DAC: direttiva UE sulla cooperazione amministrativa, recepita con varie direttive (DAC1‑DAC8).
  • Autoriciclaggio: reato previsto dall’art. 648-ter.1 c.p. che punisce chi reimpiega proventi di reato con l’intento di ostacolare la provenienza .

13. Conclusioni

L’accertamento per conti esteri non dichiarati rappresenta uno dei settori più complessi e sensibili del diritto tributario italiano. Il legislatore, spinto dall’esigenza di contrastare l’evasione e il riciclaggio, ha introdotto negli ultimi anni norme severe che impongono ai residenti italiani di dichiarare qualsiasi attività patrimoniale o finanziaria detenuta all’estero, estendendo l’obbligo anche ai titolari effettivi . Le modifiche introdotte a partire dal 2017 (con l’estensione ai titolari effettivi), dal 2023 (con l’introduzione dell’IVCA) e dal 2024 (con l’aumento delle aliquote IVIE/IVAFE e l’inclusione di nuovi Paesi nella black list) hanno rafforzato gli strumenti di monitoraggio, ma hanno anche complicato gli adempimenti per contribuenti e professionisti.

La presunzione di fruttuosità prevista dall’art. 6 D.L. 167/1990 e le sanzioni severissime per l’omessa compilazione del quadro RW richiedono una consapevolezza totale del patrimonio estero. Le recenti pronunce della Cassazione confermano la rigidità del sistema: la violazione non è mera formalità ; la presunzione si applica anche ai capitali illeciti ; e la natura amministrativa del quadro RW non esclude l’utilizzo di prove acquisite in sede penale . Al contempo, la giurisprudenza ha riconosciuto la finalità meramente informativa del quadro RW in sede penale, escludendo il sequestro preventivo per il reato di sottrazione fraudolenta . Le pronunce sul reato di autoriciclaggio hanno ampliato l’ambito di punibilità, rendendo rischiose operazioni di trasferimento di fondi illeciti su conti esteri anche se tracciabili .

Per i contribuenti e i professionisti che li assistono, la miglior difesa è la prevenzione: corretta compilazione del quadro RW, conservazione della documentazione, valutazione della residenza fiscale, ricorso tempestivo al ravvedimento operoso e, quando necessario, elaborazione di una strategia difensiva che tenga conto delle implicazioni penali. La cooperazione internazionale ha ridotto gli spazi di occultamento; tuttavia, un approccio diligente può evitare contenziosi costosi e ridurre il rischio di sanzioni. Affrontare l’accertamento con consapevolezza e preparazione è l’unico modo per difendersi efficacemente nel nuovo panorama della fiscalità internazionale.

14. Fonti normative, giurisprudenziali e bibliografiche

  • D.L. 28 giugno 1990, n. 167 (convertito con L. 227/1990), art. 4 (obbligo di monitoraggio) e art. 6 (presunzione di fruttuosità).
  • D.Lgs. 90/2017 (attuazione della IV direttiva antiriciclaggio), che estende l’obbligo di monitoraggio ai titolari effettivi .
  • D.Lgs. 231/2007, art. 1 e art. 20, definizioni di titolare effettivo.
  • L. 213/2023 (Legge di bilancio 2024), art. 1, commi 89‑92: aumento IVIE e IVAFE; inclusione di nuovi Paesi nella black list .
  • D.L. 1 luglio 2009, n. 78, art. 12: presunzione di costituzione con redditi occultati e raddoppio dei termini di accertamento .
  • D.Lgs. 472/1997, art. 12, comma 5: continuazione delle violazioni.
  • D.P.R. 600/1973, art. 33: poteri di accertamento.
  • D.Lgs. 74/2000, artt. 4, 5, 11: reati tributari; art. 12-bis: rapporto con sanzioni amministrative.
  • Art. 648-ter.1 c.p.: reato di autoriciclaggio.
  • Direttive UE 2011/16 (DAC), 2014/107 (DAC2) e successive (DAC3-DAC7): cooperazione amministrativa e scambio automatico di informazioni.
  • Common Reporting Standard (CRS) elaborato dall’OCSE.
  • Risoluzione Agenzia Entrate 53/E/2019: estensione dell’obbligo di monitoraggio ai titolari effettivi e chiarimenti sul quadro RW .
  • Ordinanza Cass. civ. n. 18071/2024: obbligo di dichiarazione per somme di origine illecita e presunzione di fruttuosità .
  • Sentenza Cass. civ. n. 28077/2024: natura sostanziale dell’obbligo di compilazione e proporzionalità delle sanzioni .
  • Sentenza Cass. pen. n. 8452/2025: utilizzabilità di prove bancarie acquisite tramite rogatoria e distinzione tra processo penale e tributario .
  • Sentenza Cass. pen. n. 20649/2025: finalità del quadro RW e infondatezza del sequestro preventivo .
  • Sentenze Cass. pen. n. 25348/2025 e n. 21915/2025: autoriciclaggio e idoneità delle operazioni tracciabili .

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👉 Prima regola: verifica la provenienza e la natura delle somme estere, dimostrando se si tratta di risparmi già tassati, redditi esenti o capitali legittimamente trasferiti, e non di patrimoni occultati.


⚖️ Quando scattano le contestazioni

  • Omessa compilazione del quadro RW nella dichiarazione dei redditi;
  • Conti esteri accertati tramite scambio automatico di informazioni (CRS/OCSE);
  • Investimenti finanziari all’estero non monitorati;
  • Trasferimenti di denaro non tracciati tra Italia e Paesi esteri;
  • Presunzione di redditi non dichiarati derivanti da capitali esteri.

📌 Conseguenze della contestazione

  • Sanzioni molto elevate (dal 3% al 15% del valore del conto, fino al 30% per Paesi black list);
  • Recupero delle imposte su redditi ritenuti non dichiarati;
  • Interessi di mora sulle somme accertate;
  • Rischio di procedimenti penali per dichiarazione infedele o riciclaggio internazionale;
  • Controlli aggiuntivi su altri rapporti bancari o investimenti.

🔍 Cosa verificare per difendersi

  • I conti esteri erano effettivamente soggetti a obbligo di dichiarazione?
  • Le somme derivano da redditi già tassati o da risparmi personali legittimi?
  • I fondi si trovano in Paesi con accordi di scambio automatico di informazioni fiscali?
  • L’accertamento si basa su dati aggiornati o su presunzioni?
  • È possibile accedere a procedure di regolarizzazione o collaborazione volontaria?

🧾 Documenti utili alla difesa

  • Estratti conto esteri e certificazioni bancarie;
  • Contratti di investimento e documentazione di provenienza dei capitali;
  • Ricevute di versamenti e bonifici internazionali;
  • Dichiarazioni fiscali italiane e straniere degli anni contestati;
  • Eventuali prove di imposte già pagate all’estero.

🛠️ Strategie di difesa

  • Dimostrare la legittima provenienza dei fondi e la loro tracciabilità;
  • Contestare l’obbligo di dichiarazione se non previsto dalla normativa;
  • Far valere l’avvenuta tassazione all’estero per evitare la doppia imposizione;
  • Eccepire errori formali o di calcolo negli atti di accertamento;
  • Richiedere l’annullamento in autotutela o presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria;
  • In caso di rischio penale, attivare una strategia difensiva preventiva.

🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

📂 Analizza la tua posizione patrimoniale e la documentazione estera;
📌 Verifica la fondatezza delle contestazioni e individua i margini difensivi;
✍️ Predispone memorie difensive e ricorsi tributari;
⚖️ Ti rappresenta nei procedimenti davanti alla Corte di Giustizia Tributaria e, se necessario, in sede penale;
🔁 Suggerisce strategie preventive per la corretta gestione e dichiarazione di conti e investimenti esteri.


🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto tributario e fiscalità internazionale;
✔️ Specializzato nella difesa contro contestazioni su conti esteri, investimenti e monitoraggio fiscale;
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.


Conclusione

Gli accertamenti fiscali per conti esteri non dichiarati non sempre sono fondati: spesso derivano da errori interpretativi, mancate informazioni o redditi già tassati.
Con una difesa mirata puoi dimostrare la legittimità dei capitali, evitare sanzioni sproporzionate e ridurre drasticamente gli importi dovuti.

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  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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