Hai ricevuto un accertamento fiscale come operatore olistico? In questi casi, l’Agenzia delle Entrate presume che parte dei compensi percepiti per trattamenti energetici, massaggi olistici, consulenze sul benessere e percorsi personalizzati non sia stata dichiarata correttamente. Gli operatori olistici sono considerati dal Fisco una categoria a rischio per l’uso frequente di pagamenti in contanti e per la difficoltà di tracciamento delle prestazioni, soprattutto se svolte come attività autonoma senza una struttura organizzata. Le conseguenze possono essere molto gravi: recupero delle imposte, applicazione di sanzioni elevate e, nei casi più complessi, perfino contestazioni penali. Tuttavia, non sempre la contestazione è fondata: con una difesa ben documentata è possibile dimostrare la regolarità della propria posizione o ridurre sensibilmente le pretese fiscali.
Quando l’Agenzia delle Entrate contesta i redditi di un operatore olistico
– Se i compensi dichiarati non coincidono con il numero di trattamenti o corsi erogati
– Se vi sono incongruenze tra ricevute rilasciate, fatture e movimenti bancari
– Se i pagamenti in contanti non sono accompagnati da documentazione fiscale
– Se l’Ufficio presume trattamenti o percorsi “in nero” non fatturati
– Se emergono scostamenti rispetto agli indici ISA o ai parametri medi del settore benessere
Conseguenze dell’accertamento fiscale
– Recupero a tassazione dei compensi ritenuti non dichiarati
– Applicazione di sanzioni fino al 200% delle maggiori imposte accertate
– Interessi di mora sulle somme contestate
– Rettifica delle dichiarazioni fiscali e possibili controlli successivi più frequenti
– Nei casi più gravi, denuncia penale per dichiarazione infedele o frode fiscale
Come difendersi dall’accertamento
– Dimostrare la corrispondenza tra trattamenti erogati, ricevute emesse e redditi dichiarati
– Produrre agende appuntamenti, ricevute fiscali, fatture, estratti conto bancari e contratti di collaborazione
– Contestare ricostruzioni presuntive basate su parametri standardizzati non rappresentativi dell’attività reale
– Evidenziare errori di calcolo, difetti istruttori o vizi di motivazione nella contestazione
– Richiedere la riqualificazione delle somme contestate per ridurre sanzioni e interessi
– Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per ottenere l’annullamento totale o parziale della pretesa
Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare la documentazione fiscale, bancaria e organizzativa oggetto di contestazione
– Verificare la legittimità della contestazione e l’inquadramento fiscale corretto dei compensi
– Predisporre un ricorso fondato su prove concrete e giurisprudenza favorevole
– Difendere l’operatore olistico davanti ai giudici tributari e, se necessario, anche in sede penale
– Tutelare il patrimonio personale e professionale da richieste fiscali sproporzionate
Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale della contestazione
– La riduzione delle sanzioni e degli interessi applicati
– La sospensione delle richieste di pagamento già notificate
– Il riconoscimento della correttezza delle dichiarazioni rese
– La certezza di pagare solo quanto realmente previsto dalla legge
⚠️ Attenzione: gli operatori olistici, soprattutto se lavorano come liberi professionisti o in collaborazione con centri benessere, sono spesso soggetti a verifiche fiscali mirate. È fondamentale predisporre una difesa tempestiva e ben documentata.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e nel settore del benessere – spiega come difendersi in caso di accertamento fiscale a carico di operatori olistici e quali strategie adottare per tutelare i tuoi interessi.
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Introduzione
Gli operatori olistici (naturopati, massaggiatori olistici, terapisti del benessere, ecc.) sono professionisti che si dedicano al recupero dell’equilibrio psico-fisico della persona tramite pratiche naturali e manuali, senza utilizzare farmaci o interventi medici invasivi . Non esiste una normativa sanitaria che li regolamenti come medici: in Italia questa vasta gamma di attività rientra nelle Discipline Bio-Naturali e viene inquadrata dalla Legge 4/2013 tra le professioni non organizzate in ordini . In pratica, chi esercita attività olistiche può operare liberamente come libero professionista, ma deve adempiere a tutti gli obblighi fiscali di un qualsiasi titolare di partita IVA (fatturazione, IVA, IRPEF/IRPEF, contributi previdenziali). Occorre dunque aprire partita IVA (codice attività adeguato, es. 86.99.01 “tecniche del corpo – massaggio olistico”, 86.96.09 “medicine complementari – naturopatia” ), iscriversi all’INPS (di solito nella Gestione Separata per professionisti), emettere fatture o ricevute fiscali per i propri servizi e dichiarare i redditi percepiti . L’assenza di un albo professionale e le peculiarità di queste prestazioni non esonerano dall’osservanza delle norme tributarie: anzi, spesso le autorità fiscali prestano particolare attenzione alle professioni olistiche proprio in ragione del tenore di vita dei professionisti e delle modalità di pagamento (spesso in contanti) . In questa guida aggiornata a settembre 2025 analizziamo quindi le principali tecniche di accertamento fiscale rivolte agli operatori olistici (redditometro/ISA, indagini bancarie, presunzioni, incroci di dati, ecc.) e le strategie difensive consigliate dal punto di vista del contribuente. Vengono riportate le fonti normative e giurisprudenziali più recenti, tabelle riepilogative, esempi pratici e una sezione di domande/risposte per aiutare avvocati, imprenditori e professionisti del settore a muoversi con consapevolezza in caso di verifica fiscale.
1. Quadro normativo e inquadramento professionale
Gli operatori olistici (naturopati, shiatsu, reiki, massaggi olistici, ecc.) svolgono prestazioni finalizzate al benessere dell’individuo e agiscono sulla persona “considerata come entità globale” . Tra le discipline di benessere naturale (senza carattere sanitario) rientrano, ad esempio, massaggi olistici, riflessologia, shiatsu, aromaterapia, pranoterapia, reiki, erboristeria, alimentazione naturale, meditazione, ecc. . Dal punto di vista giuridico non esiste una legge dello Stato che definisca queste attività, ma vengono ricomprese nella Legge 14/1/2013, n.4 (cosiddetta legge sulle “professioni non organizzate in ordini”), che ha stabilito il quadro di inquadramento normativo dei professionisti delle DBN . In altre parole, chi pratica naturopatia, massaggi olistici o discipline affini può esercitare come libero professionista (anche costituendo associazioni di categoria), senza essere iscritto ad un albo sanitario. Ne risulta che, sebbene non sia un medico, l’operatore olistico è soggetto agli stessi obblighi fiscali di un professionista comune.
Inquadramento fiscale: l’attività di operatore olistico viene infatti svolta abitualmente con partita IVA, di norma nella sezione “servizi” (co. 7, art. 22 TUIR) . In assenza di forme di collaborazione (es. lavoro dipendente), i compensi percepiti sono redditi da lavoro autonomo. È quindi necessario iscriversi alla Gestione Separata INPS (codice 26) e versare i contributi previdenziali calcolati sul reddito professionale, con aliquota di circa il 25-26% (ridotta per i primi anni se in regime agevolato). Per l’imposta sul reddito si applicano le regole IRPEF (aliquote progressive) ovvero – in alternativa – il regime forfettario (vedi oltre). Per l’IVA, in assenza di un’esenzione specifica, le prestazioni sono normalmente imponibili secondo le regole generali (aliquota ordinaria al 22%, ex art.10 DPR 633/1972), salvo che non ricorrano casi particolari di esenzione.
Regime fiscale: Molti operatori olistici optano per il regime forfettario, dove la tassazione viene calcolata su percentuali prefissate di redditività. Con legge di bilancio 2023-2024 la soglia di ricavi per servizi professionali (incluse le prestazioni olistiche) è stata portata da 65.000 a 85.000 € annui, estesa a 100.000 € dal 2025. Nel regime forfettario i ricavi oltrepassano tali soglie si perde il beneficio (si ritorna al regime ordinario con IVA ordinaria). Nel forfettario l’aliquota sostitutiva è del 15% (5% per i primi 5 anni di avvio se ne ricorrono i requisiti), con un coefficiente di redditività (in genere intorno al 78% per le professioni) che tiene già conto di una deduzione “forfetaria” delle spese. Il vantaggio è la semplificazione: non si applica IVA sulle fatture, non si detrae l’IVA sugli acquisti e non si compila spesometro o dichiarazioni IVA complesse. Lo svantaggio principale è che le spese professionali effettive non vengono dedotte analiticamente (salvo poche eccezioni) e le deduzioni fiscali sono ridotte al minimo previsto (solo contributi INPS e pochi oneri deducibili dall’IRPEF). Nel regime ordinario, invece, il reddito professionale si calcola come differenza fra compensi fatturati e spese dedotte (buste paga per collaboratori, affitto studio, acquisto di attrezzature e materiale, corsi di formazione, ecc.), con un’IVA applicata a ogni fattura emessa e detraibile su acquisti. Questo permette una maggiore flessibilità nel dedurre costi, ma comporta oneri contabili e fiscali maggiori (registri IVA, liquidazioni trimestrali/annuali, ecc.).
Codici ATECO e attività accessorie: Tradizionalmente gli operatori olistici usavano codici generici, come 96.09.09 (“Altri servizi di cura e benessere alla persona, n.c.a.”) o 96.04.10 (“Centri benessere”). Dal 2025 sono stati introdotti nuovi codici specifici, ad es. il 86.99.01 per le tecniche del corpo (massaggio olistico) e l’86.96.09 per le medicine complementari (naturopatia) . Questi codici aiutano a rappresentare meglio l’attività svolta, ma dal punto di vista fiscale cambia poco: resta ferma l’applicazione delle normali aliquote e dei regimi sopra indicati. Se l’operatore olistico svolge anche vendita di prodotti naturali, potrebbe dover usare codici aggiuntivi (es. 47.75.20 per commercio al dettaglio di erbe e rimedi naturali). In ogni caso, al contribuente si richiede sempre di annotare ogni fattura emessa o ricevuta fiscale, e di conservare i documenti di spesa professionale (cancelleria, vitto e alloggio quando rilevante, materiali, elettricità dello studio, ecc.).
Deducibilità delle spese: Nel regime ordinario si possono dedurre tutti i costi inerenti all’attività (come per qualsiasi libero professionista: affitto locali, utenze, sussistenza, corsi di formazione accreditati, IVA sugli acquisti, ecc.), secondo le regole ordinarie di bilancio. Nel forfettario invece l’unica deduzione ammessa è proporzionale (già riflessa nel coefficiente di redditività scelto) più l’aliquota ridotta INPS; mancano regole speciali per i “riconoscimenti delle spese olistiche”. Di conseguenza, anche se nei primi anni molti iscritti utilizzano il forfettario per semplicità, in caso di spese molto alte (es. acquisto di attrezzature costose o affitto di ampi spazi per workshop) può essere conveniente ragionare in sede di verifica se il regime ordinario avrebbe permesso maggiori deduzioni.
2. Le tecniche di accertamento fiscale
L’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza dispongono di diversi strumenti per verificare l’esattezza delle dichiarazioni di un operatore olistico. Le principali metodologie di accertamento applicabili sono:
- Accertamento analitico-induttivo (Art. 39, DPR 600/1973): viene utilizzato quando la contabilità del contribuente non è attendibile o mancante (es. in mancanza di scritture contabili obbligatorie). Consiste nell’affermare che alcuni ricavi presunti (sulla base di determinate spese o elementi certi) devono essere tassati. La legge richiede che tali presunzioni siano gravi, precise e concordanti . In pratica, l’ufficio può applicare percentuali di redditività standard a certe voci di costo, oppure può inferire ricavi dal possesso di beni (es. se un operatore detiene impianti o macchinari, il reddito minimo corrispondente può essere stimato). L’operatore può contrastare questo tipo di accertamento producendo documentazione contabile (fatture passive, ricevute di pagamento, contratti) e dimostrando l’assenza delle condizioni sospette o la diversità di destinazione delle spese.
- Accertamento sintetico (redditometro/ISA): disciplinato dall’ormai abrogato art. 38 del DPR 600/1973 (ora sostituito dagli Indicatori di Affidabilità Fiscale – ISA, ma sul piano sostanziale il principio rimane simile). Consiste nel confrontare il reddito dichiarato dal professionista con la sua effettiva capacità di spesa manifestata (beni di lusso acquistati, mutuo pagato, spese per consumi, ecc.). L’ufficio ricostruisce un reddito presunto sulla base di tali elementi e lo confronta con quello dichiarato. Se il reddito accertabile eguaglia o supera del 20% quello dichiarato (nel vecchio redditometro) o eccede di diversi punti percentuali gli ISA, si ritiene il reddito dichiarato sottostimato . Il contribuente ha l’onere della prova contraria per contestare queste conclusioni. In base alla recente giurisprudenza, non è necessario dimostrare l’utilizzo di ogni singola somma contestata, ma è sufficiente documentare l’esistenza di redditi o risparmi leciti che coprono le spese sostenute . Ad esempio, se un naturopata dichiara un reddito basso ma si scopre che possiede investimenti o pensioni fruttifere (già tassati o esenti), può utilizzare estratti conto e ricevute di pagamento per legittimare il proprio livello di spesa.
- Indagini bancarie (Art. 32, DPR 600/1973): come anticipato, l’Agenzia può ottenere dagli intermediari finanziari dati su conti correnti e rapporti bancari del contribuente. La normativa prevede una presunzione legale: i versamenti sui conti correnti non giustificati sono considerati reddito imponibile, e i prelevamenti non giustificati oltre 1.000 € al giorno (5.000 € al mese) sono considerati acquisti in nero . Questi dati costituiscono un fondamento oggettivo per rettifiche induttive. La giurisprudenza ribadisce che, una volta riscontrati movimenti non giustificati, spetta al contribuente fornire prova analitica per ciascuno di essi . In pratica, se un operatore olistico ha ricevuto sul proprio conto somme non fatturate, dovrà indicare la fonte di tali depositi (es. conti di pazienti, donazioni, contributi familiari, vendita di beni). Allo stesso modo, se effettua prelievi ingiustificati, deve spiegare perché quel denaro non era reddito (ad esempio utilizzando risparmi pregressi). In mancanza di spiegazioni convincenti, tali movimenti si presumeranno tassabili.
- Verifiche IVA (Art. 52, DPR 633/1972): gli accessi ispettivi ai locali di un professionista per verifiche IVA si estendono anche alle imposte dirette (per richiamo dell’art.33 DPR 600/73 ). Gli accertatori possono entrare negli orari di apertura dell’attività, ispezionare registri, inventari e magazzini, richiedere documenti, rilevare cassa e redigere un Processo Verbale di Constatazione (PVC) . È previsto l’obbligo di far firmare il verbale al contribuente; in caso di rifiuto, gli ispettori devono indicare il motivo, ma il verbale rimane valido. Il PVC raccoglie le risultanze della verifica (es. beni censiti, fatture controllate) e costituisce base per futuri atti di accertamento. Durante la verifica il contribuente ha diritto all’assistenza di un professionista di fiducia. Al termine, rimane un periodo di 60 giorni (art.12, L.212/2000) per presentare memorie e documenti difensivi prima dell’emissione dell’atto impositivo .
- Accertamenti incrociati e questionari: il Fisco utilizza inoltre controlli indiretti incrociando dati di terzi. L’art.32 del DPR 600/73 autorizza l’invio di questionari tributari ad altri soggetti (ad es. clienti) chiedendo informazioni rilevanti ai fini dell’accertamento . Per esempio, in analogia a quanto avviene per alcuni settori (fotografi di matrimoni, centri estetici, ecc.), il Fisco può inviare questionari ai clienti di un operatore olistico chiedendo l’elenco delle prestazioni ricevute e gli importi pagati. Se dal questionario risulta che i clienti hanno versato somme maggiori rispetto a quelle fatturate dal professionista, ciò costituisce un grave indizio di mancata fatturazione . Anche questo materiale viene poi valutato insieme agli altri elementi di prova.
In tutti i casi, le attività ispettive devono rispettare le garanzie dello Statuto del contribuente. L’art. 12 L.212/2000 garantisce l’esecuzione delle verifiche “solo per reali esigenze d’indagine” e con il minimo turbamento possibile, nonché il diritto di essere informati per tempo dell’inizio dell’accertamento e di essere assistiti da un professionista . Fondamentale è il comma 7 dell’art.12, che impone di consentire al contribuente 60 giorni dal rilascio del PVC per produrre osservazioni e anticipare qualunque atto impositivo . Qualsiasi violazione di tali garanzie (ad es. emissione del notice prima dello scadere dei 60 giorni) comporta l’illegittimità dell’avviso d’accertamento. Dal 2024 è entrato in vigore l’art. 6-bis dello Statuto (D.Lgs. 219/2023): essa stabilisce che tutti gli atti impositivi impugnabili devono essere preceduti da un contraddittorio effettivo, pena l’annullabilità dell’atto . In pratica, ciò rafforza il diritto del contribuente a un contraddittorio adeguato in ogni fase del procedimento.
3. Termini, notifiche e ricorsi
Una volta concluse le operazioni di verifica (accessi, accertamenti), il Fisco passa all’atto formale di accertamento (avviso di accertamento). È fondamentale conoscere i termini procedimentali: in via ordinaria, l’avviso di accertamento deve essere notificato al contribuente entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (ad es. per dichiarazione 2019 entro il 31/12/2025) . Tale termine è esteso a sette anni in caso di omessa o nulla dichiarazione . Il termine di decadenza può essere sospeso o interrotto nei casi previsti (ad es. avvio di procedimento penale tributario). Rispettare questi limiti è condizione necessaria: un avviso notificato oltre la scadenza è annullabile.
Dopo la notifica dell’avviso di accertamento, al contribuente spettano ancora 60 giorni per proporre il ricorso in Commissione Tributaria Provinciale (art.19 D.Lgs. 546/1992). Durante questo periodo, è possibile tentare soluzioni alternative (istanza di accertamento con adesione, mediazione o acquiescenza) o preparare la difesa giudiziale. Ricordiamo che l’adesione all’accertamento (D.Lgs. 218/97) può essere conveniente per ottenere riduzioni di sanzioni, ma sospende il termine per ricorrere (anch’esso 60 giorni) fino a esito dell’adesione stessa . In caso di esito negativo o di mancata adesione, si procede in Commissione Tributaria Regionale (secondo grado) e infine in Cassazione (ultimo grado) .
4. Strategie difensive e prove del contribuente
In sede di contraddittorio (fase preventiva) e di giudizio tributario, il contribuente deve attivarsi prontamente a presentare prove e argomentazioni a proprio favore. Le principali strategie difensive includono:
- Preparazione del contraddittorio: è fondamentale sfruttare appieno il termine di 60 giorni dalla conclusione della verifica per depositare osservazioni scritte all’ufficio. In tale sede conviene fornire documentazione anche aggiuntiva (come fatture non richieste, estratti conto, quietanze, contratti) in grado di spiegare i fatti contestati. Una relazione scritta chiara e dettagliata può far rivedere la pretesa fiscale.
- Prova contraria al redditometro: come visto, in un accertamento sintetico l’onere di dimostrare che le risorse economiche esistenti derivano da redditi leciti spetta al contribuente. Secondo la Cassazione non è necessario provare la destinazione specifica di ogni somma nelle singole spese contestate . Basta invece dimostrare l’esistenza di redditi o entrate ulteriori (ad esempio pensioni, rimborsi, premi assicurativi, depositi di parenti) o di risparmi formati negli anni precedenti. Per dimostrare ciò si usano estratti conto bancari, documenti di proprietà (in caso di vendita di beni), certificazioni di altre fonti di reddito. La recente ordinanza n.4731/2025 della Cassazione ha ribadito che il contribuente può superare l’accertamento sintetico allegando una documentazione complessiva che mostri la formazione delle risorse disponibili .
- Contestazione delle indagini bancarie: nel caso di presunzioni sui movimenti finanziari, la Corte ha indicato che al contribuente spetta fornire prova analitica per ciascun versamento o prelievo oggetto di contestazione . In pratica, ogni flusso di denaro che risulti “sospetto” deve essere giustificato con un atto: una fattura, un contratto, una documentazione bancaria o notarile che identifichi l’effettivo beneficiario o la natura dell’operazione. Ad esempio, se l’Agenzia contesta un versamento di 10.000 € come reddito occulto, il contribuente dovrebbe produrre una dichiarazione di vendita di un veicolo, una dichiarazione dei redditi di un altro soggetto, una donazione certificata, ecc. La Cassazione (n.28719/2024) ha sottolineato che, una volta fornite prove analitiche soddisfacenti, il giudice deve esaminarle minuziosamente (non è ammesso un automatismo) . È dunque vitale raccogliere ogni documento utile (verbali notarili, scritture private, dichiarazioni, visure catastali) a ricostruire i movimenti contestati.
- Critiche alle presunzioni semplici: se l’accertamento si basa su presunzioni semplici (ad es. percentuali di incidenza dei costi), va contestato che esse rispettino i requisiti di gravità, precisione e concordanza . Bisogna evidenziare eventuali incongruenze nei calcoli dell’ufficio o proporre dati statistici alternativi. Ad esempio, si può dimostrare che la percentuale media per quel settore è diversa o che il contribuente ha spese eccezionalmente più alte ma debitamente documentate.
- Verifica delle voci di spesa: è utile annotare puntualmente i compensi percepiti (anche in contanti, con relativa ricevuta) e conservare fatture passive di tutto ciò che si acquista. Spese comunemente dedotte (viaggi, vitto/alloggio, aggiornamenti professionali) vanno giustificate con ricevute e indici di tempistica (es. biglietti aerei, fatture alberghiere). In sintesi, ogni voce di costo o investimento deve trovare un riscontro formale.
- Errori procedurali: vanno controllati i vizi di forma degli atti. Ad esempio, la motivazione insufficiente dell’avviso di accertamento, il mancato rispetto dei termini di contraddittorio, la notifica irregolare, l’eccesso di potere nell’applicazione di sanzioni, ecc., possono portare all’annullamento totale o parziale dell’atto. In particolare, da gennaio 2024 è divenuto imprescindibile il contraddittorio preventivo: se l’ufficio non lo ha attuato come previsto dall’art.6-bis Statuto, l’atto è annullabile .
- Ravvedimento operoso: fino all’avvio del controllo, il contribuente può regolarizzare spontaneamente eventuali errori o omessi pagamenti con le sanzioni ridotte (art.13 D.Lgs.472/97) . Dopo l’inizio della verifica, il ravvedimento tardivo perde efficacia sui punti già contestati, ma è comunque possibile regolarizzare altre irregolarità nel periodo d’imposta. Infine, prima di ricorrere, conviene sempre verificare la possibilità di aderire all’accertamento (accordo con l’ufficio) per contenere spese legali e sanzioni.
- Ricorso in sede contenziosa: se l’atto rimane confermato e si presenta ricorso, è importante organizzare la difesa giuridica. Occorre citare nel ricorso tutte le circostanze documentali e normative a favore del contribuente, richiamando anche la giurisprudenza di supporto (ad es. Cass. 4731/2025 e Cass. 28719/2024 ). In primo grado (CTP) si possono presentare testimoni (clienti, fornitori) e richiedere acquisizioni probatorie. In secondo grado (CTR) vanno ribadite le motivazioni del ricorso con eventuali integrazioni di prova. Durante tutto il contenzioso vale la regola generale dell’onere della prova più favorevole al fisco per le presunzioni (fatta salva la prova contraria del contribuente, che deve essere comunque coerente).
Le difese devono sempre fondarsi su prove concrete: ad esempio, per confutare un redditometro un naturopata può mostrare estratti conto bancari dove appaiono accrediti di terzi (degli stessi clienti o di parenti) o polizze assicurative di cui è beneficiario (che generano rendimenti). Per contrastare una presunzione basata su indagini bancarie, può presentare certificati notarili di donazioni o documentazioni di contratti affitti se il versamento era un anticipo cliente. L’esito di questi accertamenti è molto legato alla capacità del contribuente di contestare punto per punto le motivazioni dell’ufficio con elementi di prova propri.
5. Tabelle riepilogative
Tipo di accertamento | Normativa di riferimento | Onere della prova | Difesa principale del contribuente |
---|---|---|---|
Accertamento sintetico (redditometro/ISA) | Art. 38 DPR 600/73 (accert. sintetico) ; nuova disciplina ISA | Presunzione legale relativa: il contribuente deve dimostrare fonti alternative dei fondi utilizzati . | Produrre documenti che attestino redditi leciti o risparmi utilizzati per le spese sostenute (estratti conto, cedolini pensione, polizze, ecc.) . |
Indagini bancarie | Art. 32 DPR 600/73 (indagine bancaria) | Presunzione legale relativa: per ogni versamento/prelevamento contestato, onere al contribuente di giustificarlo. | Spiegare analiticamente ogni movimento: contratti di compravendita, ricevute, conti intestati a terzi, atti notarili (donazioni, eredità, ecc.) . |
Accertamento analitico-induttivo | Art. 39 DPR 600/73 (accert. induttivo) | Presunzioni semplici se contabilità inattendibile, presumono redditi in base a elementi certi; onere di contestarle. | Dimostrare che le presunzioni non sono gravi/precise/concordanti o che gli elementi certi erano già contabilizzati; esibire scritture contabili complete (se esistenti). |
Verifica IVA (accesso/ispezione) | Art. 52 DPR 633/72 (accessi) ; Art. 33 DPR 600/73 (collegamento ai redditi) | L’ufficio chiede documenti e redige PVC; spetta al contribuente il contraddittorio e poi provare le proprie dichiarazioni. | Fornire registri, fatture e giustificativi contabili al momento del controllo; se rilevate omissioni, dimostrare la correttezza dei dati con scritture arretrate o altri documenti. |
Questionari ai terzi | Art. 32 DPR 600/73 (questionari) | Rilievo indiretto di spese/ricavi tramite dichiarazioni di terzi; l’onere grava sul contribuente di spiegare eventuali discrepanze. | Raccogliere prove di quanto dichiarato dai terzi; in caso di incongruenze, cercare testimonianze o documenti alternativi (ad es. appunti di agende, contratti scritti) . |
Tabella 1: riepilogo delle tecniche di accertamento più comuni e relative difese (iter normativo e contrapposizioni giurisprudenziali a favore del contribuente).
Termine/Scadenza | Descrizione |
---|---|
Accesso/ispezione fiscale | Accesso nei locali dell’operatore (studio o abitazione) da parte di verificatori (GdF o AdE) con redazione del Processo Verbale di Constatazione (PVC) . |
Contraddittorio endo-procedimentale | Art.12, comma 7 L.212/2000: il contribuente dispone di almeno 60 giorni dal rilascio del PVC per presentare memorie e documenti difensivi, prima dell’emissione dell’avviso . Nuovo art.6-bis (D.Lgs.219/2023): obbligo di un contraddittorio effettivo per tutti gli atti impugnabili . |
Notifica avviso di accertamento | L’atto deve essere notificato entro i termini di decadenza previsti dall’art. 43 DPR 600/73: 31/12 del 5° anno successivo alla dichiarazione (7 anni se omessa/nulla dichiarazione) . Il contribuente ha 60 giorni dalla notifica per impugnare (art. 19 D.Lgs.546/92). |
Ricorso tributario | Presentazione del ricorso alla CTP entro 60 giorni (D.Lgs.546/92), con allegazione di documenti e motivazioni; eventuale appello in CTR entro 60 giorni dall’ordinanza della CTP. |
Tabella 2: principali scadenze e adempimenti procedurali nell’accertamento fiscale.
Regime fiscale | Limite di ricavi annui | Tassazione | Spese deducibili | Principali caratteristiche |
---|---|---|---|---|
Forfettario | fino a 85.000 € (100.000 € dal 2025) | Imposta sostitutiva 15% (5% per i primi 5 anni) | Nessuna deduzione analitica (il coeff. di redditività copre in parte le spese) | Regime semplificato: no IVA sulle fatture, nessun obbligo di scritture IVA o registri particolari. Burocrazia minima. Ideale per bassi costi professionali. |
Ordinario (IVA) | nessun limite (per chi supera il forfettario) | IRPEF progressiva (o IRES + IRAP se persona giuridica) | Deduzione analitica delle spese effettivamente sostenute | Applicazione IVA ordinaria, adempimenti contabili completi (registri IVA, dichiarazioni annuali). Permette di scaricare tutte le spese documentate. |
Tabella 3: confronto tra regime forfettario e regime ordinario applicabile a un operatore olistico.
6. Domande frequenti (FAQ)
- Devo emettere fattura o ricevuta per ogni prestazione di benessere? Sì. Anche se il cliente paga in contanti, l’obbligo è quello di documentare ogni compenso percepito. Se si tratta di privati è sufficiente una ricevuta non fiscale, ma è altamente consigliato emettere fattura o ricevuta fiscale indicando natura e importo del servizio, così da evitare contestazioni di redditi in nero. L’emissione regolare delle fatture è la prima difesa in caso di controllo.
- Cosa succede se pratico una prestazione olistica senza partita IVA? Se l’attività è abituale (ripetuta nel tempo) e genera un reddito continuativo, l’assenza di partita IVA configura evasione fiscale. L’Agenzia può contestare tutti i compensi come redditi in nero (con pesanti sanzioni). L’unico caso in cui non serve PIVA è un’attività del tutto occasionale, con ricavi inferiori al limite di legge (1.000 € annui, art.67 TUIR) e senza continuità. In ogni altro caso è obbligatorio aprire P.IVA, soprattutto per dedurre spese e applicare regimi favorevoli.
- Le prestazioni di naturopatia o massaggi sono esenti IVA? L’esenzione IVA si applica solo alle prestazioni sanitarie/paramediche erogate in rapporto di fiducia medico-paziente (art. 132 Direttiva IVA). La Corte di Giustizia (causa C-700/17 Peters, 2019) ha confermato che sì, i naturopati sono menzionati tra le categorie mediche ai fini IVA, ma solo in presenza di rapporto fiduciario medico-paziente . In pratica, un naturopata non iscritto a un albo sanitario e non convenzionato difficilmente soddisfa questi requisiti. Pertanto, di regola le prestazioni olistiche sono imponibili come normali servizi (salvo che la legge italiana non preveda esenzioni particolari). È bene chiarire sempre la natura del servizio fatturato (prestazione professionale, consulenza, ecc.) perché un cliente o il Fisco potrebbero altrimenti interpretarlo come attività sanitaria non autorizzata.
- È legittimo dedurre le spese di formazione e le attrezzature? Sì, se rientrano nella normale operatività. Un operatore olistico può dedurre le spese relative a corsi di aggiornamento (es. massaggio avanzato, naturopatia clinica, ecc.) e l’acquisto di attrezzature (lettino da massaggio, olii, computer, ecc.) solo se documentate e effettivamente inerenti all’attività. Nel regime ordinario tutte queste spese concorrono a ridurre il reddito imponibile. Anche nel regime forfettario conviene conservare fatture di tali spese (anche se non vengono dedotte analiticamente), perché potrebbero servire come prova in caso di contestazioni fiscali (ad esempio, per giustificare l’acquisto di beni in relazione all’attività). Spese non inerenti (es. hobby o sport personale) non sono deducibili.
- Cosa accade se il fisco contesta incassi non fatturati? Per l’Agenzia delle Entrate, ogni prestazione non documentata appare come reddito occulto. Se durante un controllo emerge che hai ricevuto somme in nero (es. incassi in contanti senza ricevuta), l’ufficio può calcolare tali importi come redditi da aggiungere al tuo reddito imponibile. La difesa migliore è ricostruire quei fatti: es. se hai deciso di rateizzare o scontare un servizio, spiega e dimostra il motivo (accordi scritti, testimonianze) . Manca però una “prassi consolidata” di assolvere tali importi: il fisco raramente annulla completamente un accertamento per questo motivo a meno che il contribuente non provi in modo rigoroso la natura non lucrativa del versamento.
- Esercizio abusivo di professione: come incide fiscalmente? L’esercizio abusivo di una professione è reato penalmente perseguibile (ad es. se ci si spaccia per medico). Tuttavia, dal punto di vista tributario il reddito percepito resta comunque soggetto a tassazione. In altre parole, anche se in sede penale venisse riconosciuto che la tua attività è abusiva, ciò non determina l’annullamento del reddito da tassare. Anzi, il fisco potrebbe obiettare che i guadagni di attività illegittima vanno comunque dichiarati come “altro reddito”. La difesa fiscale si concentra sugli aspetti di reddito, non sulla legittimità della professione (che è materia giuridica diversa). Ad ogni modo, è consigliabile chiarire sempre la propria formazione e l’ambito legittimo dell’attività (come nelle associazioni di categoria), per evitare confusioni con attività sanitarie riservate.
- Posso sostituire l’apertura di partita IVA con altri codici INPS (es. commerciante)? No. L’attività olistica è considerata prestazione di servizio professionale. Non è equiparabile a commercio o a impresa artigianale (salvo chi gestisca contestualmente la vendita al dettaglio di prodotti naturali). Quindi l’inquadramento previdenziale corretto è la Gestione Separata INPS per liberi professionisti senza Cassa specifica. Usare il codice INPS sbagliato (es. 01 artigiani) o mescolare redditi diversi (es. lavoratore dipendente + olistico senza PIVA) può portare a contenziosi contributivi.
- Cosa fare se ricevo un avviso di accertamento? Bisogna innanzitutto leggere attentamente la motivazione. Se ci sono errori di fatto o di diritto, raccolte le prove (fatture, documenti, perizie) da allegare al ricorso. È essenziale rispettare i termini di 60 giorni per ricorrere presso la CTP . Prima di ricorrere, si può valutare un’eventuale negoziazione con l’ufficio (ad es. accertamento con adesione) per stralciare in parte le sanzioni o ridurre gli interessi, specie se le cifre contestate non sono troppo elevate. Se si procede al giudizio, bisogna preparare una memoria difensiva solida che evidenzi i vizi dell’avviso (mancata motivazione, errori nel calcolo, presunzioni non confutabili) e produrre tutte le prove.
7. Simulazioni pratiche
- Caso 1 – Redditometro superato: Maria è una naturopata in regime forfettario, dichiara 12.000 € lordi annui. L’Agenzia delle Entrate rileva, analizzando le sue spese (“auto di cilindrata elevata, viaggi all’estero, mutuo sulla seconda casa”), una capacità di spesa incompatibile con il reddito dichiarato. Viene emesso un accertamento sintetico che ricalcola il suo reddito a 50.000 €. In contraddittorio, Maria presenta gli estratti conto bancari in cui risultano accrediti di 20.000 € derivanti da una donazione dei genitori e di 10.000 € da un risarcimento assicurativo (entrate esenti da tassazione personale) . Inoltre dimostra di aver goduto di agevolazioni fiscali passate (assegni familiari, detrazioni d’imposta) già conteggiate. La Commissione Tributaria, richiamando la Cassazione 4731/2025, ammette la prova documentale: conferma che tale documentazione dimostra l’effettivo possesso di risorse finanziarie che giustificano le spese. L’accertamento sintetico viene ridotto, eliminando la maggior parte dell’imposta aggiuntiva (rimane un piccolo scostamento da regolarizzare, relativo al margine non completamente documentabile).
- Caso 2 – Indagini bancarie: Alberto è un massaggiatore olistico. Dopo un controllo incrociato, l’Agenzia nota che negli ultimi tre anni ha accreditato sul proprio conto personali complessivi per 40.000 € non registrati in fattura. Il verbale di verifica segnala questi versamenti come probabile “evasione”. In fase di controdeduzione, Alberto spiega punto per punto ogni movimento: 10.000 € erano il prezzo di vendita di un vecchio automezzo (con atto notarile), 5.000 € erano un’eredità a suo favore (con testamento e documento di successione), 3.000 € erano una ricompensa da un centro benessere (documentata tramite ricevuta regolare). Per i restanti 22.000 €, produce fatture di parziale anticipo su prestazioni future (offrì pacchetti da 2.000 € con ricevuta). La CTP valuta analiticamente ogni giustificazione. Considerando che parte dei versamenti sono di fonte esterna all’attività professionale, e che altri sono coperti da documenti, la Commissione riduce drasticamente l’aggiunta di reddito: i 40.000 € vengono “smontati” fino a circa 5.000 € solo, ritenendo residuali le prove mancanti. La sentenza cita i principi (Cass. 28719/2024) che il giudice deve verificare caso per caso ogni prova analitica prodotta .
- Caso 3 – Questionari ai clienti: Luca è un operatore shiatsu che riceve molti clienti. La Guardia di Finanza invia questionari tributari a cinque dei suoi clienti abituali (art.32 DPR 600/73). Dai questionari emerge che alcuni clienti affermano di aver pagato sedute (in contanti) per importi superiori a quanto Luca ha fatturato. Ad esempio, un cliente dichiara di aver speso 2.500 € ma in banca risulta una sola fattura di 1.800 €. In contraddittorio Luca spiega che i 700 € restanti furono semplicemente uno sconto concordato sul prezzo, applicato a voce (e non documentato). Per contestare l’atto, Luca avrebbe dovuto avere prove dello sconto (ad es. mail o messaggi confermati con firma), ma non le ha conservate. In mancanza di prova certa, l’ufficio insiste nel presumere quegli incassi come non fatturati. La CTR però limita la tassazione a un singolo anno (applicando il principio di non estendere indefinitamente l’accertamento) e considera solo gli importi certamente non fatturati (nel nostro caso, solo 1.000 € contestati su di un totale pluriennale), dimezzando così la pretesa. La difesa di Luca, basata su dichiarazioni verbali di sconto, non è ritenuta pienamente sufficiente: l’esempio sottolinea l’importanza di documentare ogni accordo economico con il cliente. Il cliente stesso, per parte sua, avrebbe dovuto conservare la ricevuta integrale pagata (nota: con l’IVA aumentata dal 2024 al 11% sulla prestazione sanitaria non documentata, l’importo contestato avrebbe rischiato di essere considerato con una sanzione maggiore).
Questi esempi illustrano scenari tipici. In ogni caso, emerge che la documentazione ordinata (dalle fatture ai contratti scritti con data certa, fino alle conferme via PEC o mail) è fondamentale. Mantenere registro dei pagamenti, rubriche clienti e comprovanti degli eventi è la strategia migliore per ridurre al minimo i rischi in un eventuale contenzioso tributario.
Hai ricevuto un avviso dall’Agenzia delle Entrate perché, come operatore olistico, ti vengono contestati compensi non dichiarati o spese non inerenti? Fatti Aiutare da Studio Monardo
Hai ricevuto un avviso dall’Agenzia delle Entrate perché, come operatore olistico, ti vengono contestati compensi non dichiarati o spese non inerenti?
Vuoi sapere cosa rischi e come predisporre una difesa efficace?
👉 Prima regola: dimostra la trasparenza delle prestazioni rese, la corretta emissione di ricevute fiscali e la tracciabilità dei pagamenti ricevuti dai clienti.
⚖️ Quando scattano le contestazioni
- Trattamenti o percorsi olistici pagati senza ricevuta fiscale;
- Differenze tra numero di clienti e compensi dichiarati;
- Movimenti di conti correnti o PayPal non coerenti con la contabilità;
- Spese dedotte (affitto studi, strumenti, corsi di aggiornamento) considerate non inerenti;
- Scostamenti dai parametri ISA o dai redditi medi della categoria.
📌 Conseguenze della contestazione
- Recupero delle imposte sui compensi ritenuti occultati;
- Indeducibilità delle spese non riconosciute come pertinenti;
- Sanzioni fiscali per dichiarazione infedele o omessa certificazione dei corrispettivi;
- Interessi di mora sulle somme accertate;
- Possibili contestazioni contributive INPS per attività abituale.
🔍 Cosa verificare per difendersi
- Ogni trattamento è stato registrato e documentato correttamente?
- I compensi erano redditi imponibili o rimborsi spese documentati?
- Le spese dedotte erano effettivamente necessarie e inerenti all’attività?
- Le differenze derivano da trattamenti gratuiti, promozionali o non pagati?
- L’accertamento si fonda su dati concreti o solo su presunzioni?
🧾 Documenti utili alla difesa
- Ricevute fiscali emesse per i trattamenti;
- Estratti conto bancari e movimenti su piattaforme digitali;
- Registri delle prenotazioni e delle presenze dei clienti;
- Documentazione delle spese (strumenti, corsi, affitti, materiale promozionale);
- Dichiarazioni fiscali e registri contabili.
🛠️ Strategie di difesa
- Dimostrare la regolarità contabile e la tracciabilità dei compensi;
- Contestare ricostruzioni induttive basate solo sul numero di clienti o presenze;
- Evidenziare spese professionali realmente necessarie e inerenti;
- Eccepire errori di calcolo o difetti di motivazione nell’accertamento;
- Richiedere annullamento in autotutela se i documenti erano già agli atti;
- Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro i termini di legge.
🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
📂 Analizza i compensi e le spese contestate all’operatore olistico;
📌 Valuta la fondatezza della contestazione e individua i margini difensivi;
✍️ Redige memorie difensive e ricorsi tributari;
⚖️ Ti rappresenta davanti alla Corte di Giustizia Tributaria e, se necessario, anche in sede penale;
🔁 Suggerisce strategie preventive per una gestione fiscale sicura e trasparente delle attività olistiche.
🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in contenzioso tributario e fiscalità delle professioni non regolamentate;
✔️ Specializzato in difesa contro contestazioni fiscali a operatori olistici e del benessere;
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Gli accertamenti fiscali agli operatori olistici non sempre sono fondati: spesso derivano da presunzioni generiche o da errori nell’interpretazione delle spese e dei ricavi.
Con una difesa mirata puoi dimostrare la correttezza delle tue dichiarazioni, ridurre drasticamente sanzioni e interessi ed evitare conseguenze penali.
📞 Contatta subito l’Avv. Giuseppe Monardo per una consulenza riservata: la tua difesa contro gli accertamenti fiscali nella professione olistica inizia qui.