Hai ricevuto una contestazione dall’Agenzia delle Entrate per costi sostenuti con fornitori esteri ritenuti non deducibili? In questi casi, l’Ufficio presume che le spese registrate per acquisti internazionali non siano effettive, non siano adeguatamente documentate o non abbiano inerenza con l’attività svolta. Il Fisco controlla con particolare attenzione i rapporti con fornitori esteri, specie se localizzati in Paesi a fiscalità privilegiata. Le conseguenze possono essere molto pesanti: recupero delle imposte, indeducibilità dei costi, applicazione di sanzioni e interessi. Tuttavia, non sempre la contestazione è fondata: con una difesa ben costruita è possibile dimostrare la legittimità dei costi e ridurre sensibilmente le pretese fiscali.
Quando l’Agenzia delle Entrate contesta costi da fornitori esteri
– Se il fornitore è localizzato in un Paese considerato “a rischio” o in black list
– Se mancano contratti, fatture dettagliate, DDT o altra documentazione di supporto
– Se i pagamenti non risultano tracciabili tramite canali bancari ufficiali
– Se le condizioni economiche risultano anomale rispetto al mercato di riferimento
– Se l’Ufficio presume che le operazioni siano fittizie o abbiano finalità elusive
Conseguenze della contestazione
– Indeducibilità totale o parziale dei costi contestati
– Recupero a tassazione delle imposte non versate
– Applicazione di sanzioni fino al 200% delle maggiori imposte accertate
– Interessi di mora sulle somme dovute
– Nei casi più gravi, contestazioni penali per dichiarazione fraudolenta o utilizzo di fatture false
Come difendersi dalla contestazione
– Dimostrare la reale esistenza delle operazioni commerciali con fornitori esteri
– Produrre contratti, fatture, documenti di trasporto, prove di pagamento e corrispondenza commerciale
– Contestare la riqualificazione delle spese se i requisiti di inerenza e congruità sono rispettati
– Evidenziare errori di calcolo, difetti istruttori o vizi di motivazione nell’accertamento
– Richiedere, se necessario, la riqualificazione delle violazioni come irregolarità formali con sanzioni ridotte
– Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per chiedere l’annullamento totale o parziale della pretesa
Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare i rapporti contrattuali con i fornitori esteri e la documentazione a supporto
– Verificare la legittimità della contestazione e la corretta applicazione delle norme fiscali internazionali
– Predisporre un ricorso fondato su prove concrete e giurisprudenza favorevole
– Difendere l’impresa davanti ai giudici tributari e, se necessario, anche in sede penale
– Tutelare il patrimonio aziendale e personale da richieste fiscali sproporzionate
Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– Il riconoscimento della deducibilità dei costi sostenuti con fornitori esteri
– L’annullamento totale o parziale della contestazione
– La riduzione di sanzioni e interessi applicati
– La sospensione delle richieste di pagamento già notificate
– La certezza di pagare solo quanto realmente previsto dalla legge
⚠️ Attenzione: i costi derivanti da fornitori esteri, soprattutto se provenienti da Paesi a fiscalità agevolata, sono tra le voci più frequentemente contestate dal Fisco. È fondamentale predisporre una difesa tempestiva e ben documentata.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e fiscalità internazionale – spiega come difendersi in caso di accertamento fiscale per costi da fornitori esteri contestati e quali strategie adottare per proteggere i tuoi interessi.
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Introduzione
L’accertamento fiscale relativo a costi sostenuti presso fornitori esteri è un tema di crescente importanza in quanto coinvolge operazioni internazionali che il fisco italiano monitora con attenzione crescente. Gli uffici (Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza) si basano su strumenti di scambio di informazioni internazionali (es. norme UE DAC e accordi globali CRS/FATCA) per individuare incroci sospetti tra i dati esteri e le dichiarazioni italiane. Il contribuente (persona fisica, società o professionista) che abbia sostenuto spese con fornitori stranieri può quindi vedersi contestare tali costi come non deducibili o come “inesistenti”, con conseguenze tributarie e penali. In questa guida aggiorn ata a settembre 2025 esaminiamo dal punto di vista del contribuente (persone fisiche, imprese, professionisti) come affrontare tali contestazioni, quali documenti presentare, i rimedi stragiudiziali (adesione, autotutela, conciliazione) e le strategie di difesa in giudizio, utilizzando un linguaggio tecnico ma divulgativo.
Quadro normativo di riferimento
La deducibilità dei costi d’impresa è regolata dal TUIR (D.P.R. 917/1986). In particolare l’art. 109 TUIR stabilisce i principi generali secondo cui “i ricavi, le spese e gli altri componenti […] concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza” . Tuttavia le spese sono deducibili solo se documentate, imputate al corretto esercizio e inerenti all’attività. Il principio di inerenza, richiamato dalla giurisprudenza tributaria, richiede un nesso qualitativo tra costo e attività d’impresa . In breve, per dedurre un costo occorre che sia: – documentato (con fattura o documento equivalente), – contabilizzato nel periodo corretto,
– inerente (funzionale all’attività, pur potendo essere giustificato in via potenziale) .
Per la determinazione del reddito d’impresa la legge impone anche la competenza del costo (art. 109 co.2 TUIR) e la correttezza formale. Ai fini IVA, l’acquisto da fornitori esteri è disciplinato dal D.P.R. 633/1972: ad esempio, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi da fornitori extra-UE impongono al cessionario italiano l’autofatturazione mediante inversione contabile (reverse charge) , mentre per acquisti intra-UE è previsto il meccanismo simile (reverse charge interno) con obblighi di fatturazione elettronica o specifiche annotazioni. Dal 2022 l’obbligo di fatturazione elettronica si estende anche alle operazioni internazionali, e dal 1° febbraio 2024 l’Agenzia delle Entrate consente l’uso del codice TD28 per correggere fatture emesse erroneamente con IVA .
Sul versante procedurale, l’art. 32 del D.P.R. 600/1973 impone al contribuente di rispondere al questionario dell’Amministrazione entro i termini per evitare preclusioni documentali . In difetto, i documenti non prodotti in fase amministrativa (ad es. fatture o contratti esteri) non possono essere prodotti in giudizio . D’altro canto, l’Agenzia delle Entrate può avvalersi di indici e presunzioni (art. 36-ter DPR 600/73 e art. 54 TUIR) e delle risultanze di controlli finanziari e cooperazione internazionale per contestare costi esteri come “fittizi” o “inesistenti”. Se il contribuente ha invece prova della genuinità delle operazioni (es. fatture, bolle doganali, pagamenti, contratti, corrispondenza, dichiarazioni del fornitore), può difenderne la deducibilità dimostrando che l’acquisto era reale e economicamente giustificato.
Scenario di accertamento per costi esteri
Gli accertamenti fiscali su costi da fornitori esteri possono scattare in più modi. L’Amministrazione finanziaria può selezionare i contribuenti tramite controlli automatizzati (cruscotti di analisi dati, incrocio IVA, codici ATECO vs. codici fattura) . Segnali di anomalia includono acquisti sproporzionati rispetto al fatturato, costi incoerenti con l’attività dichiarata, spese con natura personale, o movimenti di denaro verso paradisi fiscali. Anche lo scambio di informazioni internazionale gioca un ruolo importante: banche e intermediari esteri comunicano dati (ADR, CRS, FATCA, Intrastat/ICS, ecc.) alle autorità italiane. Di conseguenza la Guardia di Finanza può conoscere esistenza di conti esteri o transazioni sospette e collaborare con autorità estere per verifiche fiscali o penali.
In concreto l’ufficio può inviare un questionario (invito ex art. 32 DPR 600/1973) chiedendo giustificazioni su acquisti esteri (fatture, contratti, pagamenti). Se la documentazione è omessa o insufficiente, può seguirne un avviso di accertamento, con cui viene disconosciuta la deducibilità dei costi contestati (o la detrazione IVA) e calcolati imponibile addizionale e sanzioni. In alcuni casi il controllo può partire direttamente con la Guardia di Finanza, che in caso di sospette frodi rileva elementi come contabilità irregolare, coerenza interna, sequestri di documenti. Gli accertamenti fiscali si svolgono dunque in forma analitico-documentale (esame fatture e conti), induttiva (basata su indici o stime) o per denuncia (in seguito a segnalazioni).
Tipologie di operazioni internazionali
Le operazioni con fornitori esteri possono essere varie: – Acquisto di beni dall’UE: il fornitore comunitario emette fattura senza IVA (inversione contabile) e il committente italiano integra (art. 17 DPR 633/72). Dal 1° luglio 2022 il reverse charge interno si applica anche a partire dall’emissione elettronica obbligatoria. Occorrono dichiarazioni Intrastat per beni oltre soglia. – Importazione extra-UE: la merce entra in Italia, paga IVA in dogana, e il soggetto italiano registra costo+dazi nelle scritture (art. 17 e 50 DPR 633/72). La fattura estera è parte della documentazione contabile. – Servizi internazionali: se il servizio è generico, l’aliquota e il luogo tassazione seguono regole “reverse charge esterno” (art. 7-ter, DPR 633/72); per servizi tecnici o specialistici occorrono fatture estere e autofattura o integrazione. – Operazioni con “Black List” o paesi “non collaborativi”: tali acquisti, anche se reali, suscitano maggiore controllo (aliquota IVA diversa, obbligo di dichiarazione in Unico, e presunzioni di costo non congruo). Ad esempio l’intero costo può essere tassato se il fisco dimostra “arricchimento senza causa”. Tuttavia la Cassazione ha stabilito che la mera estraneità del fornitore estero ai “paradisi fiscali” non implica automaticamente indeducibilità se il contribuente prova l’effettivo scopo economico (Cass. n.12693/2022 ).
Ruolo della Guardia di Finanza e cooperazione internazionale
La Guardia di Finanza interviene quando emergono indizi di reato fiscale (frode IVA, false fatture) o nell’ambito delle indagini bancarie: ha accesso ad accertamenti patrimoniali e può collaborare con autorità straniere. Il fisco italiano riceve costantemente dati da fonti estere: ad esempio i dati bancari tramite CRS (Common Reporting Standard) o FATCA, informazioni su beni immobili dall’estero, nonché elementi sulle imprese straniere (Camere di commercio UE o paesi terzi). Inoltre, l’UE potenzia lo scambio info: dall’aprile 2025 la nuova direttiva DAC9 estenderà lo scambio di informazioni anche all’imposizione minima globale (concetto BEPS per gruppi multinazionali) . Ciò significa che gli acquisti internazionali sono sempre più trasparenti alle autorità. In caso di sospetti, la GdF può interrogare banche, richiedere informazioni alle dogane (bolle di import/export), esaminare estratti conto e verifiche telematiche per ricondurre flussi di denaro ai pagamenti a fornitori esteri.
Requisiti di deducibilità dei costi esteri
Come per qualunque costo aziendale, anche i costi da fornitori esteri devono rispettare i criteri di deducibilità: documentazione idonea, competenza temporale e inerenza all’attività . Essere scaturiti da un soggetto estero non esime il contribuente dalle regole: è necessario conservare la fattura (o il documento equivalente) completa, in originale, tradotta se redatta in lingua straniera, con i dati anagrafici completi del cedente. Se la fattura è emessa in formato analogico, occorre magari convertirla in XML per il SdI con l’uso di codici quali TD17 o, in casi specifici, TD28 (vedi oltre). Se il fornitore è identificato in Italia ai fini IVA, l’operazione segue le stesse regole di un acquisto nazionale (reverse charge, esigibilità immediata, ecc.). Se non è identificato, il committente/cessionario italiano dovrà autofatturarsi applicando l’IVA a norma di legge.
Gli elementi minimi da avere sono: contratto o ordine di acquisto, fattura fornitore, documenti di trasporto (DDT, bolle doganali, AWB, CMR), prova di pagamento (bonifici o cambiali). Ogni passaggio deve comprovare che il bene/servizio è effettivamente entrato nell’impresa. Ad esempio, per beni importati servirà copia della dichiarazione doganale e della fattura di sdoganamento (DAU). Una pratica consolidata è chiedere al fornitore una dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante la natura e la genuinità dell’operazione. Banche e conti correnti possono testimoniare i movimenti di pagamento all’estero; i contratti esteri o le visure camerali del paese straniero possono documentare l’attività svolta dal fornitore.
Fatture “soggettivamente inesistenti” o costi “anta economici”
Esistono categorie particolari di fatture che l’Agenzia può rifiutare di riconoscere. Le fatture soggettivamente inesistenti sono quelle emesse da fornitori “di facciata” (ad es. società cartiera), che hanno in realtà un’altra controparte. Ad esempio la Cassazione ha definito soggettivamente inesistente una fattura emessa da un intermediario estero che in verità non aveva mai commercializzato il bene, diverso dalla reale controparte del contribuente . Nonostante ciò, dopo la riforma del 2012 (D.L. 16/2012, art.8 co.1, conv. in L. 44/2012), tali costi sono di norma deducibili se provati i requisiti di legge TUIR, indipendentemente dal fatto che il soggetto in fattura non sia il vero cessionario (così Cass. n. 26394/2018 ). Tuttavia l’Agenzia contesta spesso che il contribuente non ha fornito prova sufficiente del reale rapporto commerciale, e quindi agisce per presunzione legale (art. 54 TUIR) o induttivamente.
Un altro rischio è che il costo estero sia considerato palesemente antieconomico, cioè non coerente con la logica d’impresa. Ad esempio se il prezzo pagato è molto più alto rispetto a fornitori simili o se il volume è sproporzionato al fatturato, l’operazione può scattare come “campanello d’allarme” . La Cassazione ha affermato che un’operazione evidentemente illogica o sproporzionata costituisce un indice di “mancata inerenza” . Se l’Agenzia dimostra un’evidente antieconomicità, l’onere di fornire una spiegazione plausibile ricade sul contribuente . Ad esempio, la Commissione Tributaria di Udine ha confermato che spese ricreative camuffate da costi aziendali (weekend di lavoro in località balneari) risultano “abnormi” e indizio di mancata necessità aziendale .
Effetti penali e norme anti-frode
Nella fase istruttoria si valuterà anche l’eventuale violazione di norme penali tributarie. La normativa penale (D.lgs. 74/2000 e seguenti) sanziona chi emette o riceve fatture per operazioni inesistenti o chi presenta dichiarazioni fraudolente. In particolare: – Fatture inesistenti (art. 8, D.lgs. 74/2000): chi utilizza, annotate in bilancio o in dichiarazione, fatture emesse da soggetti inesistenti è punito con multa e carcere. – Dichiarazione fraudolenta (art. 2, D.lgs. 74/2000): includere in dichiarazione elementi passivi fittizi (come costi inesistenti) per evadere le imposte è reato.
Anche se la guida è dal punto di vista civilistico, il contribuente deve sapere che un accertamento per costi falsi può scatenare indagini penali a opera di GdF o Procura. Quindi è fondamentale dissociarsi da frodi: se si scopre tardivamente di aver inserito fatture false, è spesso consigliabile regolarizzare (ravvedimento operoso, ammissione nelle varie dichiarazioni) prima di un accertamento.
Come rispondere all’accertamento: adempimenti e documenti
Quando riceve un questionario o un invito formale dall’Agenzia, il contribuente deve rispondere entro i 60 giorni indicati, fornendo tutti i documenti richiesti. È essenziale allegare ogni giustificativo in possesso: fatture originali, documenti di trasporto, contratti internazionali, corrispondenza con il fornitore, estratti conto delle fatture pagate. In questa fase preliminare ogni prova è utile a convincere l’Ufficio. Se si aspetta troppo o non si risponde, la Cassazione ricorda che non sarà possibile produrre quei documenti in seguito (preclusione ex art. 32 DPR 600/73) . Se alcuni documenti non si riescono a procurare entro i termini (ad es. bolle doganali in ritardo, visure estere), è consigliabile dichiararlo esplicitamente nella risposta con le ragioni, affinché si possa eventualmente depositare in giudizio copia tardiva in caso di ricorso .
Nel predisporre la risposta è utile fornire al fisco spiegazioni chiare sui flussi economici: a che titolo sono state sostenute le spese estere, quale commessa o ciclo produttivo è interessato, ecc. Spesso si includono tabelle di calcolo che dimostrino il normale ricarico o risparmio avuto dall’operazione (ad esempio come nei casi in cui importare dall’estero riduca sensibilmente i costi, come accertato in Cass. n.12693/2022 ). Se esiste una congruità economica (percentuale di ricarico) maggiore rispetto ai parametri settoriali, è utile evidenziarla, come ha fatto la CTR nel caso sopra citato . Fornire per tempo queste controdeduzioni e documenti spesso può evitare che l’avviso di accertamento sia confermato.
Documenti chiave da conservare
Documento fiscale / probatorio | Scopo nel contesto di un accertamento | Normativa di riferimento |
---|---|---|
Fattura (cedente estero) | Prova primaria del costo sostenuto, indicante bene/servizio, quantità, importo, fornitore. Deve contenere dati identificativi completi. | Art. 21, 22, 23 DPR 633/72 (fatturazione) |
Dichiarazione doganale / bolletta | Dimostra l’effettivo ingresso dei beni in Italia, con valore, dazi e IVA corrisposti. Essenziale per costi di importazione. | Reg. (UE) 952/2013; art. 17 e 50 DPR 633/72 |
Contratto / ordine d’acquisto | Giustifica la volontà di acquistare quel bene/servizio. Collega formalmente l’operazione all’attività. | Regole generali del contratto (codice civile) |
Prova di pagamento (bonifico, lettera di credito) | Attesta che il prezzo è stato effettivamente corrisposto al fornitore estero. In caso di valuta estera, traccia la conversione. | Art. 109 TUIR (esercizio competenza) |
Documenti di trasporto (DDT, AWB, CMR) | Mostrano il trasferimento fisico della merce, il percorso e la destinazione, confermando la tipologia di servizio acquistato. | Codice doganale; art. 54 TUIR (competenza) |
Dichiarazione del fornitore | Autocertificazione dell’operatività del fornitore estero e della natura dell’operazione (utile se il fornitore non invia documenti). | Cod. Civile, art. 47-49 (atti falsi) |
Visura / certificato estero | Prova dell’esistenza giuridica del fornitore estero (es. registro imprese UE), dimostra che è un operatore economico realmente attivo. | Norme UE antiriciclaggio e commercio |
Fonte: elaborazione propria su fonti normative (codice civile, DPR 633/72, DPR 600/73) e giurisprudenza.
Come preparare la difesa documentale
- Conservare tutto dal principio: dal primo contatto con il fornitore estero, archiviare ogni email, preventivo, conferma d’ordine, comunicazione. Al bisogno, stampare le email (soprattutto se contengono dati tecnici o di coordinamento).
- Traduzione certificata: se la fattura e/o il contratto sono in lingua straniera, farsi una traduzione giurata o almeno una traduzione asseverata dei passaggi chiave (oggetto, prezzo, termini di consegna). L’Ufficio potrebbe richiedere traduzioni o spiegazioni in lingua italiana.
- Attestazioni contabili: registrare correttamente in contabilità le operazioni: data, numero fattura, aliquota IVA (se applicata), contropartita cliente/fornitore. Eventuali autofatture devono essere annotati nei registri elettronici secondo art. 17 DPR 633/72 .
- Elementi “naturali”: fotografie della merce al magazzino, etichette con codici prodotto, corrispondenza con clienti finali che mostrino il ciclo produttivo internazionale (es. clienti conosciuti che confermano l’uso della merce).
- Testimonianze: se coinvolto personale che ha gestito l’ordine estero, raccogliere dichiarazioni firmate (anche se non formali prove probatorie) che confermino il motivo e la regolarità dell’operazione.
Lo scopo è dissipare ogni dubbio sull’effettiva operatività dell’acquisto. Per esempio, nel caso Cass. 12693/2022 la società produttrice dimostrò con documenti amministrativi delle sue filiali estere (contratti di locazione, registrazioni, utenze) che i fornitori avevano una reale struttura operativa e meriti tecnico-produttivi . Allo stesso tempo, tenere pronta una spiegazione economica convincente (ad es. necessario per fornire know-how locale, materie prime esclusive, o convenienza di costo).
Il contenzioso tributario
Se non si giunge a un accordo in via amministrativa e si riceve l’avviso di accertamento, il contribuente può impugnare in Commissione Tributaria Provinciale entro 60 giorni . In tale fase, è critico prestare attenzione alle regole documentali: secondo Cassazione, i documenti mancanti a verbale non possono essere prodotti in giudizio, salvo aver formulato in ricorso di primo grado una “dichiarazione chiara e esplicita” di non averli potuti produrre prima per causa non imputabile . Pertanto, se in fase amministrativa non si è allegato un documento (es. fattura del fornitore estero), nell’atto di appello (elettronico) si deve dichiarare tempestivamente il motivo (ad es. impossibilità pratica di ottenerlo in tempo) per poterlo eventualmente utilizzare.
Nel ricorso in CTR occorre ribadire i motivi di fatto e di diritto: richiamare il principio di certezza del contribuente (Statuto del Contribuente L.212/2000), il fatto che le fatture estere erano regolarmente contabilizzate e collegate a ricavi esteri, e che l’Amministrazione non ha indicato elementi concreti a supporto delle proprie “presunzioni”. La giurisprudenza ha sottolineato che spetta inizialmente al contribuente provare l’esistenza e la correlazione del costo , ma che l’Agenzia non può controllare le scelte imprenditoriali se il costo risulta documentato e congruo; spetta invece al Fisco evidenziare fatti concreti contrari (es. importo abnorme, circostanze incoerenti) e poi al contribuente confutarli con dati oggettivi .
In giudizio possono comparire testimoni (dipendenti, agenti esteri) se utili a chiarire l’operazione, anche se il giudice tributario basa le decisioni sui documenti contabili. La CTR valuterà l’onere della prova: il contribuente deve convincere che il costo risponde ai requisiti di art. 109 TUIR. Ad esempio, nel caso citato in precedenza, la CGT di Udine ha respinto ricorsi di una società che non aveva fornito alcuna prova a sostegno delle spese denunciate . Se l’Amministrazione solleva obiezioni precise (come nel caso riportato dalle motivazioni di legge), il giudice tributarista richiederà che il contribuente risponda puntualmente a ciascun rilievo, depositando eventualmente calcoli comparativi, esperti di settore o perizie (ad es. valutazioni di mercato) che confermino la fondatezza economica dell’operazione.
Sentenze chiave
Diversi provvedimenti giudiziari hanno definito i confini del contrasto costi esteri e accertamento. Tra i più recenti:
- Cass. n. 12693/2022 (sez. V): la Corte ha confermato la deducibilità di costi documentati e inerenti sostenuti verso fornitori esteri (non Black list), evidenziando che la convenienza economica degli acquisti esteri è stata provata dai ricarichi medi del 204,9% rispetto ai prezzi di mercato . Le imprese estere contester prevedevano attività operative reali (fatture di spese di gestione, utenze, locazione) a supporto dell’intermediazione; la Cassazione ha rigettato le censure dell’Agenzia, affermando che la CTR aveva correttamente riconosciuto l’effettuazione delle importazioni e la loro redditività economica .
- Cass. n. 29434/2024 (in tema documentale): ha stabilito che la mancata risposta a questionari ex art.32 DPR 600/73 comporta automaticamente la perdita di efficacia probatoria dei documenti non prodotti in fase amministrativa , a meno che il contribuente non li depositi in giudizio dichiarandone giustificatamente l’assenza. Questo orientamento rafforza la necessità di rispondere tempestivamente e di giustificare ogni omessa produzione documentale .
- Cass. n. 26394/2018 (ex D.L. 16/2012): ha precisato che, anche quando le fatture paiono “soggettivamente inesistenti”, i costi possono restare deducibili se, fatti salvi i generali requisiti di legge, il contribuente dimostra l’inerenza. La sentenza ha però confermato che il contribuente deve fornire elementi concreti che superino le presunzioni di inesistenza addotte dall’Ufficio (ossia reali atti di compravendita, serie storica coerente) .
La giurisprudenza tributaria e di legittimità ribadisce in generale che non basta la mera iscrizione contabile: il giudice verifica la “sostanza delle operazioni” . Tuttavia, il contribuente può ottenere sentenze favorevoli se dimostra che la transazione internazionale aveva un razionale commerciale valido e non costituiva una manovra elusiva.
Strumenti deflativi del contenzioso
Prima di arrivare in tribunale vi sono strumenti stragiudiziali per risolvere le contestazioni:
- Accertamento con adesione (art. 5 L. 212/2000): il contribuente può incontrare l’Ufficio in contraddittorio, concordando versamenti ridotti (scontando sanzioni e interessi) sulle maggiori imposte accertate. Nel caso di costi esteri contestati, può essere applicabile se il contribuente riconosce parzialmente le obiezioni (ad es. riduzione dei costi oggetto di disconoscimento). L’adesione totale impedisce al contribuente di impugnare l’accertamento, ma garantisce la certezza del debito.
- Conciliazione giudiziale (art. 48-bis D.lgs. 546/92): se si è già in contenzioso, è possibile proporre la conciliazione alla Commissione Tributaria. In pratica, si negozia con il fisco (anche tramite un giudice conciliatore) una rideterminazione del contenzioso, con formule spesso simili all’adesione (riduzione delle cifre, nullo accertamento su parte dei costi). Riduce le spese legali e chiude la vertenza.
- Istanza di autotutela: prima di ricorrere in giudizio, il contribuente può presentare un ricorso in autotutela all’Agenzia delle Entrate, chiedendo annullamento dell’avviso di accertamento (o riduzione delle sanzioni) per errori materiali o valutativi. Ad esempio se emergono fatti nuovi (dichiarazioni del fornitore, documenti tardivi) si può tentare un ravvedimento amministrativo. L’esito non è garantito, ma può essere tentato per togliere l’atto o migliorarne i termini.
- Ravvedimento operoso: se l’errore sulla deduzione è colto autonomamente (es. fattura sospetta omessa per timore), il contribuente può integrare tardivamente la dichiarazione dell’anno interessato entro l’autotutela (con sanzioni minori). Tuttavia, trattandosi di questioni contestate, il ravvedimento classico in dichiarazione non si applica all’accertamento già notificato.
L’uso di questi strumenti dipende dai tempi e dalle possibilità del contribuente. L’accertamento con adesione può essere conveniente per evitare l’incertezza del contenzioso, specie se il contribuente ritiene di rischiare di perdere parte delle contestazioni. In caso di controversie già pendenti, la conciliazione può chiudere rapidamente la lite con risparmio di costi. In ogni caso è importante valutare con il proprio consulente le offerte dell’Agenzia (ad es. adesione o conciliazione) tenendo conto delle possibili decurtazioni di pena ed interessi rispetto all’eventuale perdita del giudizio.
Sintesi operativa (Domande e risposte)
- D: Come si dimostra che il costo estero è “inerente” all’attività?
R: Bisogna presentare documenti che colleghino direttamente la spesa all’attività. Ad es.: contratti, ordini, comunicazioni con il fornitore, commesse correlate. Mostrare come il bene/servizio acquistato produce ricavi (es. fatture di vendita legate). Rendicontare il vantaggio economico (p.es. costi inferiori o tecnologie non reperibili in Italia) mediante analisi di settore o comparazioni di mercato. L’inerenza è valutata in concreto: anche se un costo non è necessario al 100%, basta che sia compatibile e coerente con l’attività complessiva . - D: Cosa fare se il fisco contesta un fornitore estero “inesistente”?
R: Bisogna dimostrare che il fornitore era un soggetto reale ed operante: fornire visure camerali estere, bilanci o registrazioni, fatture verso altri clienti, contratti e documenti che provino l’attività dell’operatore. Nel caso di Cass. 26394/2018, la Cassazione ha confermato che se un soggetto estero fattura al contribuente, gli effetti fiscali (deducibilità) si valutano sulla base dei requisiti generali e non sulla presenza di fattore soggettivo (purché dimostrati), la cui assenza può però ingenerare presunzioni che il contribuente deve superare . In pratica, il contribuente dovrà dimostrare con evidenza contrattuale e fiscale (pagamenti, ricevute) che l’operazione si è svolta realmente. - D: Se il fornitore estero mi ha fatto la fattura con IVA non dovuta, come regolarizzo?
R: Dal 2024 l’Agenzia Entrate consente di utilizzare il nuovo Tipo Documento TD28 per registrare l’errore dell’operazione con il fornitore estero. Questo permette di inviare regolarmente la fattura elettronica (tramite SdI) evidenziando l’operazione come non imponibile anziché con IVA. In pratica il committente italiano emetterà una autofattura TD28 integrativa, annotata nei registri delle vendite e degli acquisti . La regolarizzazione non evita le sanzioni (d.lgs. 471/97), ma rende trasparente la correzione verso l’Amministrazione. - D: Quali sono i principali “campanelli d’allarme” per le spese estere?
R: I controlli 2025 indicano che l’Agenzia presta attenzione a: (1) acquisti non coerenti con l’attività (beni/servizi estranei al codice ATECO dichiarato); (2) spese sproporzionate rispetto al fatturato o agli standard del settore; (3) utilizzo di fornitori poco rintracciabili o in paradisi fiscali; (4) fatture con descrizioni generiche o incomplete. In pratica, il fisco utilizza algoritmi e AI per segnalare anomalie . Perciò il contribuente deve far risaltare la congruità economica delle spese: per ogni voce contestata può confrontare i margini di ricarico con quelli medi del mercato per provare che non c’è stato “arricchimento senza causa” . - D: Come cambia la difesa se il contribuente è persona fisica o professionista?
R: I principi di deducibilità e inerenza sono gli stessi per tutti i soggetti. Tuttavia, le persone fisiche e i professionisti (imprese individuali, liberi professionisti) possono avere costi tipicamente più modesti e spese personali più mescolate all’attività (mobilio, auto, vacanze spacciate per lavoro). Devono quindi prestare maggiore attenzione a motivare spese che appaiono “di lusso” con cause di lavoro reali (es. trasferte, aggiornamenti). Le società, avendo contabilità formale più strutturata, presentano di solito documenti più ordinati, ma affrontano contestazioni analoghe (imprese estere, black list). In ogni caso, ad esempio, se un libero professionista acquista consulenze estere, dovrà seguire gli stessi adempimenti IVA (reverse charge) di una s.r.l., pena sanzioni. Il contribuente persona fisica può contare anche su strumenti specifici (per es. deducibilità limitata delle spese sanitarie con fattura estera non generalmente applicabile qui). - D: Se decido di aderire all’accertamento, rischio sanzioni penali?
R: L’adesione con l’Agenzia delle Entrate riguarda ambito tributario, non penale: in pratica il contribuente ammette (in parte) le maggiori imposte e paga di conseguenza con sanzioni ridotte (1/3 del minimo se avviene entro la scadenza, per i carichi degli anni più recenti). L’accertamento con adesione esclude di impugnare ulteriormente (art.5 L.212/2000) e non incide sui reati penali eventualmente commessi: se in campo penale risultasse che sono stati usati documenti falsi, il fatto resta perseguibile. Tuttavia spesso l’Ufficio non segnala immediatamente l’avvio di un procedimento penale, a meno che non emerga chiaro dolo. In generale, aderire riduce il contenzioso fiscale ma non “pulisce” dal reato penale: anzi, ammettere formalmente la fondatezza di alcune contestazioni può talvolta essere valutato negativamente in sede penale se emerge frode. Per questi motivi, in caso di accertamento con possibile profilo penale è consigliabile consultare contemporaneamente un penalista tributario oltre che un commercialista. - D: Come affrontare le verifiche della Guardia di Finanza?
R: Se si viene raggiunti da una verifica della GdF, è importante mantenere la correttezza: consegnare i documenti richiesti (anche in copia) e collaborare spiegando a che titolo sono stati sostenuti i pagamenti esteri. Poiché i finanzieri possono sequestrare documenti, è utile (dove possibile) produrne copie certificate. Se la GdF solleva dubbi, può valere negoziare in contraddittorio prima di un avviso ufficiale. Alcuni strumenti come il “Patto di Corresponsione” (istituto penale di estinzione del reato) possono sciogliere accuse penali pagando quanto dovuto, ma vanno valutati caso per caso.
Tabelle riepilogative
Strumento contenzioso | Scopo | Quando utilizzarlo |
---|---|---|
Accertamento con adesione (art. 5 L.212/2000) | Definire in via amministrativa i maggiori imponibili contestati e ottenere riduzione delle sanzioni (1/3 o 1/3 max ridotto) | Dopo notifica dell’avviso di accertamento e prima di impugnare, soprattutto se il contribuente è dislocato tra due opinioni (sue e del fisco). |
Conciliazione giudiziale (art. 48-bis D.lgs.546/92) | Raggiungere in sede di CTR un accordo giudiziale sulla riduzione del contenzioso, con risparmio di spese legali e sanzioni ridotte | Durante il contenzioso tributario, entro i termini del processo; utile se già è stata depositata la comparsa; impianto simile all’adesione, ma in tribunale. |
Autotutela/ricorso spontaneo | Far valutare dall’Agenzia errori materiali o nuovi fatti con possibile annullamento dell’avviso | Entro 90 giorni dalla notifica per errori formali, oppure ogni volta che emergono fatti nuovi (risposte tardive); va valutata in base alla portata della contestazione. |
Accertamento induttivo/residue | Applicabile solo se il contribuente non tiene contabilità regolare o omette documenti: consente il calcolo sintetico del reddito. | In caso estremo, qualora il contribuente non abbia documenti contabili affidabili o li rifiuti, per esempio se ufficialmente dichiara di non possederli. |
Documento chiave | Uso nella difesa | Normativa di riferimento |
---|---|---|
Fattura del fornitore estero | Prova primaria del costo sostenuto | D.P.R. 633/72, artt. 21-23 (obbligo di fattura) |
Documento di trasporto (DDT, Doganale) | Attesta entrata o uscita delle merci | Codice Doganale UE; art. 54 TUIR (competenza) |
Contratto / ordine di acquisto | Dimostra l’intenzione e gli accordi commerciali | Cod. Civ., artt. 1321 e segg.; art. 109 TUIR (componenti di reddito) |
Prova di pagamento (bonifico, L/C) | Dimostra l’effettivo pagamento al fornitore | Art. 23 TUIR (prova dell’esborso) |
Dichiarazione del fornitore estero | Confessa l’effettiva realizzazione dell’operazione | Art. 47/49 c.p.c. (atto sostitutivo di notorietà) |
Bilanci/visure estere | Attestano che il fornitore è una società reale attiva | Norme nazionali su registro imprese estero |
Queste tabelle aiutano a ricordare gli elementi fondamentali per organizzare la propria difesa e sfruttare le opportunità di risolvere il contenzioso.
Conclusioni
Difendersi da un accertamento fiscale sui costi sostenuti da fornitori esteri richiede un approccio documentale rigoroso, una strategia di comunicazione chiara con l’Amministrazione e la scelta oculata degli strumenti di conciliazione. In sostanza: anticipare le richieste dell’ufficio fornendo ogni giustificativo disponibile, dimostrare l’effettiva operatività del fornitore estero (fatture, prove contabili, evidenze commerciali) e spiegare la convenienza economica dell’operazione. Se possibile, cercare di risolvere in via amministrativa (adesione) o in sede di controversia (conciliazione) per contenere i rischi. In tribunale, si ripresenteranno le stesse argomentazioni enfatizzando i principi di inerenza e onere della prova: il contribuente deve illustrare come il costo risponde agli standard di mercato e alle esigenze aziendali . Infine, non trascurare la dimensione penale: un accertamento così complesso può coinvolgere anche la Procura, per cui è consigliabile curare la regolarità fiscale anche sotto il profilo penale, ad esempio avvalendosi di professionisti tributaristi e penalisti competenti per valutare se è opportuno procedere con ravvedimenti o accordi.
Con un adeguato livello di documentazione e una difesa articolata, molte contestazioni di costi esteri possono essere respinte o almeno attenuate. Resta fondamentale affidarsi a consulenza esperta (commercialisti, avvocati tributaristi) fin dalla fase iniziale per impostare correttamente la difesa. La guida di cui sopra, ispirata alle prassi consolidate e alla giurisprudenza più recente , offre una panoramica dei punti chiave su cui basare la propria strategia difensiva in situazioni di accertamento internazionale.
Hai ricevuto un avviso dall’Agenzia delle Entrate perché ti vengono contestati costi sostenuti con fornitori esteri, ritenuti non documentati o non inerenti? Fatti Aiutare da Studio Monardo
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Vuoi sapere cosa rischi e come predisporre una difesa efficace?
👉 Prima regola: dimostra la realtà delle operazioni con i fornitori esteri e la corretta documentazione commerciale e fiscale a supporto.
⚖️ Quando scattano le contestazioni
- Fatture da fornitori esteri considerate inesistenti o prive di contenuto economico;
- Mancanza di contratti, ordini o documenti di trasporto a supporto della spesa;
- Operazioni con società estere ritenute “cartiere” o prive di struttura;
- Contestazioni su prezzi di trasferimento (transfer pricing) tra società collegate;
- Deduzione di costi ritenuti non inerenti o non congrui rispetto all’attività.
📌 Conseguenze della contestazione
- Indeducibilità dei costi sostenuti con fornitori esteri;
- Recupero delle imposte sui maggiori redditi imponibili;
- Sanzioni fiscali per dichiarazione infedele;
- Interessi di mora sulle somme accertate;
- Possibili contestazioni penali per utilizzo di fatture false.
🔍 Cosa verificare per difendersi
- Le forniture sono state effettivamente consegnate o i servizi resi?
- Sono disponibili documenti commerciali che provano l’operazione (contratti, ordini, CMR, DDT)?
- I pagamenti ai fornitori esteri sono tracciati e coerenti con le fatture?
- Le società estere hanno una reale operatività o sono mere interposte?
- L’accertamento si fonda su prove concrete o su presunzioni?
🧾 Documenti utili alla difesa
- Contratti e ordini commerciali;
- Fatture estere e documenti di trasporto (CMR, DDT, bolle doganali);
- Estratti conto bancari con pagamenti tracciabili;
- Relazioni tecniche o prove della prestazione resa;
- Dichiarazioni fiscali e registri IVA.
🛠️ Strategie di difesa
- Dimostrare la realtà e l’inerenza delle operazioni con prove documentali;
- Contestare la riqualificazione dei costi come inesistenti;
- Fare valere la corretta applicazione delle normative doganali e IVA intracomunitaria;
- Eccepire errori di calcolo o motivazioni insufficienti nell’accertamento;
- Richiedere annullamento in autotutela se la documentazione era già agli atti;
- Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro i termini di legge.
🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
📂 Analizza i costi contestati e la documentazione dei fornitori esteri;
📌 Valuta la fondatezza delle contestazioni e individua i margini difensivi;
✍️ Predispone memorie difensive e ricorsi tributari;
⚖️ Ti rappresenta nei procedimenti davanti alla Corte di Giustizia Tributaria e, se necessario, anche in sede penale;
🔁 Suggerisce strategie preventive per una gestione sicura e trasparente delle operazioni internazionali.
🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in contenzioso tributario e fiscalità internazionale;
✔️ Specializzato in difesa contro contestazioni su costi da fornitori esteri e operazioni transfrontaliere;
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Gli accertamenti fiscali sui costi da fornitori esteri non sempre sono fondati: spesso derivano da presunzioni, carenze documentali o interpretazioni restrittive.
Con una difesa mirata puoi dimostrare la realtà delle operazioni, evitare la riqualificazione come costi inesistenti e ridurre drasticamente sanzioni e interessi.
📞 Contatta subito l’Avv. Giuseppe Monardo per una consulenza riservata: la tua difesa contro le contestazioni fiscali sui rapporti con fornitori esteri inizia qui.