Accertamento Fiscale Per Stock Option Contestate Dall’agenzia: Come Difendersi

Hai ricevuto una contestazione dall’Agenzia delle Entrate per stock option considerate irregolari? In questi casi, l’Ufficio presume che i piani di incentivazione azionaria siano stati utilizzati per ottenere vantaggi fiscali indebiti, senza rispettare i requisiti previsti dalla normativa. Le conseguenze possono essere molto gravi: recupero delle imposte, applicazione di sanzioni elevate e, nei casi più complessi, contestazioni penali per dichiarazione infedele. Tuttavia, non sempre la contestazione è fondata: con una difesa ben documentata è possibile dimostrare la correttezza del piano di stock option o ridurre sensibilmente le pretese fiscali.

Quando l’Agenzia delle Entrate contesta le stock option
– Se il piano non rispetta i requisiti previsti per l’esenzione o l’imposizione agevolata
– Se le azioni vengono cedute prima del termine minimo stabilito dalla legge
– Se la valutazione delle opzioni è considerata sottostimata rispetto al valore reale di mercato
– Se vi sono incongruenze tra i contratti aziendali e i documenti fiscali presentati
– Se l’Ufficio presume che le stock option siano usate come forma di retribuzione occulta non tassata correttamente

Conseguenze della contestazione
– Riqualificazione delle stock option come redditi da lavoro dipendente ordinario
– Recupero a tassazione delle imposte non versate
– Applicazione di sanzioni fino al 200% delle somme accertate
– Interessi di mora sulle somme dovute
– Nei casi più gravi, denuncia penale per dichiarazione infedele o elusione fiscale

Come difendersi dalla contestazione
– Dimostrare la conformità del piano di stock option alla normativa vigente
– Produrre regolamenti aziendali, contratti, delibere societarie e documentazione di supporto
– Contestare la valutazione dell’Agenzia se basata su criteri non coerenti con il mercato
– Evidenziare errori di calcolo, difetti istruttori o vizi di motivazione dell’accertamento
– Richiedere la riqualificazione del trattamento fiscale in base alla normativa più favorevole applicabile
– Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per chiedere l’annullamento totale o parziale della pretesa

Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare i piani di incentivazione e la documentazione societaria oggetto di contestazione
– Verificare la legittimità della contestazione e la corretta applicazione delle norme tributarie
– Predisporre un ricorso basato su prove concrete e giurisprudenza favorevole
– Difendere il contribuente davanti ai giudici tributari e, se necessario, anche in sede penale
– Tutelare il patrimonio personale e professionale da richieste fiscali sproporzionate

Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale della contestazione
– La riduzione di sanzioni e interessi applicati
– Il riconoscimento della corretta natura delle stock option
– La sospensione delle richieste di pagamento già notificate
– La certezza di pagare solo quanto realmente previsto dalla legge

⚠️ Attenzione: le stock option sono tra gli strumenti di incentivazione maggiormente controllati dal Fisco, soprattutto quando riguardano manager e amministratori. È fondamentale predisporre una difesa tempestiva e ben documentata per evitare conseguenze economiche e legali pesanti.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e diritto societario – spiega come difendersi in caso di accertamento fiscale per stock option contestate dall’Agenzia delle Entrate e quali strategie adottare per tutelare i tuoi interessi.

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Introduzione

L’accertamento fiscale delle stock option costituisce spesso materia complessa per manager, dirigenti e imprenditori (in particolare startup innovative), poiché intreccia norme tributarie, valutazione economica di strumenti finanziari e obblighi contributivi. In Italia le stock option sono inquadrate come fringe benefit : il reddito imponibile in capo al lavoratore è pari alla differenza tra il valore normale delle azioni al momento dell’esercizio dell’opzione e il prezzo di assegnazione (strike price) . A sua volta questo reddito concorre alla formazione del reddito complessivo IRPEF del soggetto, con aliquote progressive. Sui piani di stock option gravano inoltre specifiche imposte integrative (ad esempio l’addizionale del 10% per i manager di settore finanziario) e, in caso di lavoro all’estero, va valutato l’effetto delle convenzioni contro le doppie imposizioni e regimi speciali (es. regimi agevolati per lavoratori impatriati).

Nei recenti anni la disciplina fiscale delle stock option è stata più volte modificata e integrata, con novità normative rilevanti (ad es. art. 95 TUIR, comma 6-bis, introdotto dalla Legge di Bilancio 2025 , spostando l’imputazione dei costi a carico dell’azienda; esenzioni per le start-up innovative ; trattamento dei lavoratori “impatriati” con stock option, ecc.). Inoltre la giurisprudenza di legittimità ha chiarito aspetti cruciali – ad esempio, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’imposta addizionale del 10% (art. 33 D.L. 78/2010) grava sulla mera eccedenza della remunerazione variabile rispetto alla parte fissa , prorogando l’interpretazione (ordinanza n. 3159/2025) che cancella l’originaria soglia del triplo della retribuzione fissa . Queste evoluzioni rendono imprescindibile un’attenta analisi normativa e giurisprudenziale quando l’Agenzia delle Entrate contesta la tassazione di stock option. Dal punto di vista del contribuente (dipendente, dirigente o socio di startup), la difesa in contenzioso tributario si fonda sulla corretta individuazione del momento imponibile, della base imponibile e delle condizioni per eventuali regimi agevolati, nonché sulla puntuale applicazione delle norme procedurali di contraddittorio e contenzioso tributario.

In questa guida analizzeremo in modo dettagliato (con un taglio tecnico-giuridico ma chiaro) i profili di diritto sostanziale e processuale rilevanti per la difesa del contribuente debole in caso di accertamento su stock option, arricchendo il tutto con esempi numerici, tabelle riepilogative e domande/risposte frequenti. Tutte le fonti normative e giurisprudenziali citate sono elencate in fondo al testo. Il focus sarà sulle problematiche tipiche di dirigenti, manager e imprenditori (es. startup), con cenni anche ai profili penali che possono affiorare (in particolare, l’omesso versamento di ritenute). Seguiremo il percorso cronologico di un accertamento: normativa → contenzioso → strategie difensive.

Quadro normativo di riferimento

  • Stock option nel diritto civile: i diritti di opzione sono disciplinati dal Codice Civile agli artt. 2349 e 2441 c.c., che prevedono modalità di emissione di azioni per prestatori di lavoro. Tuttavia, la tassazione delle stock option è regolata dal TUIR (D.P.R. 917/1986) e da norme di prassi ed interpretazione. Non esiste un regime fiscale organico unico, ma più regimi sovrapposti a seconda delle circostanze (tipo di piano, dimensione azienda, caratteristiche del piano, residenza, ecc.).
  • Art. 51 TUIR (IRPEF): le stock option sono tipicamente inquadrate come redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. In particolare, ai fini IRPEF «concorreranno a formare il reddito [del lavoratore] […] i redditi corrisposti sotto forma di stock option» (art. 51, comma 2, lett. g-bis, TUIR). Il valore del fringe benefit tassabile è calcolato come differenza tra il valore normale delle azioni al momento dell’esercizio dell’opzione e il prezzo che il lavoratore versa per acquisirle . Per valori e modalità di determinazione si applicano in genere criteri analoghi a quelli previsti per i piani di incentivazione (ad es. DM 8 giugno 2011 per i principi contabili internazionali). La tassazione opera al momento dell’esercizio del diritto di opzione (data in cui il dipendente ottiene le azioni), fatte salve specifiche interpretazioni ministeriali e trattamenti agevolati.
  • Trattamento fiscale agevolato per start-up innovative: il D.L. 179/2012 (convertito in L. 221/2012) ha introdotto un regime di favore per i piani di stock option e altri strumenti in favore di amministratori, dipendenti e collaboratori continuativi di startup e incubatori certificati. L’art. 27, commi 1-3, prevede la non rilevanza fiscale (ai fini IRPEF e contributivi) del reddito da lavoro derivante dall’assegnazione o dall’esercizio dei diritti di opzione su azioni/quote/strumenti partecipativi emessi da startup innovative . In altri termini, per queste fattispecie l’intero vantaggio attribuito con stock option è esente da imposta, senza limiti quantitativi (a differenza delle normali regole sui fringe benefit ). Tale esenzione si applica anche in assenza di corrispettivo (piani a titolo gratuito) o con corrispettivo, purché in favore dei soggetti qualificati (nel settore innovativo). Attenzione però: la startup deve conservare i requisiti innovativi. Se perde lo status, decade il beneficio e l’Agenzia potrà recuperare imposte e sanzioni (anche se, come vedremo, si può valutare la natura giuridica di eventuali atti di contestazione). In ogni caso, la disciplina prevede che anche le PMI innovative (nuova categoria di analoghe agevolazioni introdotta dal 2023-2024) mantengano un regime agevolato paragonabile : perciò, un piano di stock option attuato da un’impresa iscritta alla sezione speciale delle PMI innovative gode di analoga esenzione .
  • Lavoratori impatriati: chi rientra in Italia con la tassazione agevolata (artt. 16-16-bis D.Lgs. 147/2015) può beneficiare della tassazione a cedolare secca o a tassazione piena ma con aliquote ordinarie ridotte (su redditi da lavoro). Le stock option maturate all’estero da impatriati rientranti vanno studiate caso per caso; in generale, se il reddito è erogato mentre il lavoratore gode del regime, si applica il regime del reddito di lavoro o assimilato in Italia. L’Agenzia ha recentemente chiarito che i bonus pagati e le stock option maturate all’estero seguono il regime previsto (risp. interpello 81/2025). Se invece il reddito da stock option è considerato reddito diverso (ex art. 67 TUIR) su plusvalenza di cessione, potrebbe entrare nel regime di tassazione ordinaria o con aliquota sostitutiva del 26%.
  • Art. 95 TUIR e deducibilità aziendale: fino al 2024 le aziende non potevano dedurre i costi dei piani di stock option secondo il principio di derivazione rafforzata (i.e. deducibilità solamente in corrispondenza dei costi contabilizzati a bilancio secondo IFRS). La Legge di Bilancio 2025 (L. 207/2024) ha introdotto un nuovo comma 6-bis all’art. 95 TUIR, stabilendo che le componenti negative correlate alle stock option sono deducibili nel periodo d’imposta di “assegnazione” degli strumenti al dipendente . Il legislatore ha così inteso far coincidere temporalmente deduzione dei costi e tassazione in capo al beneficiario . Tuttavia questa novità riguarda solo esercizi dal 2026 in poi e principalmente imposte IRES/IRAP; non incide direttamente sulla determinazione del reddito IRPEF del lavoratore.
  • Altri profili normativi: va ricordato che in caso di erogazione di azioni gratuite (Free Shares) o piani diversi, l’art. 13 L. 342/2000 (commi 10-ter e 10-quater) prevede meccanismi di compensazione di redditi misti; infine, l’art. 5 L. 448/2001 consente, in caso di cessione, di rivalutare il costo fiscale tramite perizia, ma l’Agenzia circ. 118/2024 ha precisato che tale meccanismo si applica solo a seguito di cessione onerosa dei titoli . In sintesi, il quadro normativo è articolato e stratificato: nella difesa contro un accertamento occorrerà muoversi con attenzione, citando puntualmente le norme specifiche (per es. art. 27 D.L. 179/2012 ) e distinguendo i casi concreti (piani internazionali, vantaggi non esercitati, etc.).

Tassazione IRPEF delle stock option

Le stock option erogate al lavoratore dipendente o assimilato sono tassate come reddito da lavoro. Base imponibile: il valore normale delle azioni al momento dell’esercizio dell’opzione (quotazione di mercato o valore determinato in altra forma) meno il prezzo di esercizio pagato dal lavoratore (strike price). Tale differenza, generata al momento dell’esercizio, è soggetta a IRPEF. L’aliquota applicabile è quella progressiva del contribuente: in assenza di particolari agevolazioni, i vantaggi sono interamente soggetti ad aliquote marginali fino al 43% (sino al 2024, con sospensione del superticket regionale). Se il piano prevede anche dividendi o premi di aumento di capitale dopo l’esercizio, si applicano le regole ordinarie sui dividendi (redditi di capitale, art. 47 TUIR) e sulle plusvalenze (art. 67 TUIR, aliquota sostitutiva 26%).

  • In alcuni casi è prevista ritenuta a titolo d’imposta. Ad esempio, in presenza di regimi esteri o accordi di social security, possono applicarsi meccanismi particolari; ma in genere la tassazione è IRPEF con ritenuta alla fonte da parte del datore di lavoro. Nota: i piani di stock option non usufruiscono di alcuna detrazione o franchigia IRPEF come invece avviene per i fringe benefit “ordinari” (es. autovetture).
  • Addizionale del 10% sui dirigenti finanziari (art. 33 D.L. 78/2010): dal 2011 è prevista un’imposta aggiuntiva per i dirigenti di banche e istituti finanziari che percepiscono bonus o stock option. Originariamente (comma 1) si applicava un’addizionale del 10% sull’ammontare eccedente il triplo della retribuzione fissa . Dal 2011 è entrato in vigore il comma 2-bis, che subordina l’addizionale al superamento della mera retribuzione fissa: «l’imposta addizionale […] si applica sull’ammontare di detti compensi che eccede l’importo corrispondente alla parte fissa della retribuzione, senza che sia necessario che la retribuzione variabile ecceda anche il triplo della parte fissa» . La Corte di Cassazione (ordinanza n. 3159/2025 e n. 15861/2023) ha confermato che, per i dirigenti finanziari, l’addizionale 10% grava solo sulla quota di bonus+stock option oltre la parte fissa, cancellando il vecchio triplo . In pratica, se un manager ha Retribuzione fissa €100k e riceve bonus+stock option per €150k, l’addizionale si calcola sul €50k eccedente i 100k (e non va considerato il triplo). L’addizionale 10% è trattenuta dal sostituto d’imposta al momento dell’erogazione . Se l’azienda non effettua questa ritenuta, il manager rischia accertamenti e la società sanzioni (art. 11 L. 388/2000 per omesso versamento).

Tabella riepilogativa – Tassazione stock option (IRPEF):

FattoreStock Option (reddito lavoro)Stock vendute (plusvalenza)
Base imponibileValore delle azioni alla data di esercizio – prezzo di esercizioPrezzo di venditacosto fiscale (di norma valore al conferimento)
Aliquota IRPEFAliquota progressiva personale (fino al 43%)26% (aliquota sostitutiva per persone fisiche; plusvalenza art. 67)
Addizionale 10% (fin.)Sì, solo se dirigente settore finanziario – calcolata sulla quota eccedente la fissaNo (si applica sulla plusvalenza realizzata)
Agevolazioni specificheSolo per startup innovative (esenzione totale art. 27 D.L.179/2012)Nessuna agevolazione analoga; per investitori in pmi: credito d’imposta art. 16 DL 76/2020
Momento di tassazioneIn genere al momento di esercizio del diritto di opzioneAllo sminuimento patrimoniale (comunicazione/intermediazione)

Esempio numerico (simulazione): il manager Mario riceve opzione su 1.000 azioni con strike €5 (prezzo di esercizio) e valore di mercato al momento dell’esercizio €15. Il suo reddito da stock option è (15–5)*1.000 = €10.000. Sulla base imponibile di €10.000 verserà IRPEF (ad es. ~€2.700 al 27% medio). Se rientra nel settore finanziario, l’eccedenza rispetto alla parte fissa subirà anche un’addizionale del 10% (peraltro non detraibile). Se poi rivende le azioni a €15, la plusvalenza (art. 67) è zero in questo esempio, ma in caso di rivalutazione del costo pagato resterebbe la tassazione al 26%.

Obblighi dichiarativi e contenzioso tributario

Adempimenti del sostituto d’imposta

L’azienda che concede stock option assume diversi obblighi di compliance fiscale: – Trattenuta in busta paga: come anticipato, alla scadenza dell’opzione il sostituto d’imposta deve operare la ritenuta IRPEF sul vantaggio riconosciuto (differenza di valore) ai sensi art. 51 TUIR. Nello stesso momento, se dovuto, deve calcolare e versare l’addizionale 10% (art.33 D.L.78/2010) . In pratica, il lavoratore non riceve l’intero importo, ma netto delle ritenute. – Certificazione: l’importo trattenuto va indicato nella Certificazione Unica (CU) per il contribuente e nei modelli 770. Eventuali crediti d’imposta (es. causa imprecisa appplicazione di tasse) dovranno essere gestiti. – Dichiarazione dei redditi del dipendente: il lavoratore dovrà includere il reddito da stock option nella dichiarazione dei redditi (730 o Redditi PF), ma spesso la ritenuta a titolo d’imposta lo assorbe. Comunque, la società deve trasmettere correttamente i dati fiscali. L’Agenzia può controllare le dichiarazioni annue, verificando eventuali differenze tra quanto comunicato dai sostituti (730/770) e quanto dichiarato dal contribuente.

Controllo fiscale e fasi dell’accertamento

Quando l’Agenzia delle Entrate apre un accertamento (possibile anche a seguito di segnalazioni incrociate o controlli automatizzati), il contribuente può essere coinvolto direttamente se è persona fisica, o tramite verifica d’impresa se l’opzione è legata al reddito di lavoro di dipendenti.

  1. Avviso di accertamento: l’Agenzia notifica all’interessato (o al sostituto) un avviso di rettifica: ad es. “determinazione sintetica” o rettifica di dichiarazione. Specifica il maggior reddito contestato (bonus+SO non dichiarato, o plusvalenza mancante) e la base su cui calcolare sanzioni e interessi.
  2. Contraddittorio endoprocedimentale: entro 60 giorni dalla comunicazione dell’atto, il contribuente ha diritto a un contraddittorio scritto (art. 7, L. 212/2000 “Statuto del contribuente”), che prevede l’invio di memorie difensive con osservazioni e documenti. Qui si possono illustrare aspetti tecnici (ad es. certificazioni del valore delle azioni, delibere assembleari, patti parasociali, perizie) per giustificare il trattamento fiscale adottato. È essenziale far valere subito eventuali circostanze attenuanti (ad esempio, errori di calcolo che riducono la base imponibile, oppure esenzioni applicabili come quella di startup ). Durante il contraddittorio l’Agenzia può fissare un incontro tecnico-operativo; è opportuno farsi assistere dal consulente/avvocato.
  3. Impugnazione in Commissione Tributaria: se l’avviso rimane confermato (o il silenzio-rifiuto rende efficiente il ravvedimento, come spesso avviene), il contribuente può impugnare dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale entro 60 giorni dalla notifica (ricorso tributario ordinario). Nel ricorso si motiva in dettaglio la difesa, evidenziando errori di fatto o di diritto dell’Amministrazione (ad es. violazioni di norme, difetto di contraddittorio, onere della prova, interpretazione estensiva dei commi dell’art.33, ecc.).
  4. Onere della prova: il contribuente deve fornire documenti probatori, come perizie di valutazione del titolo, polizze assicurative (per piani Key Man), calcoli di convenienza economica, o qualsiasi altra evidenza che corrobori il valore assegnato in dichiarazione. L’Agenzia, a sua volta, dovrebbe quantificare correttamente l’eccedenza imponibile. La giurisprudenza tributaria invita spesso i giudici a non supervalutare i poteri di accertamento dell’Amministrazione, specie nei casi in cui è la valutazione del dipendente (soggetto esterno) a determinare il reddito; ma in pratica l’onere iniziale rimane in capo all’ufficio per produrre un avviso motivato.
  5. Giudizio di merito: se la CTP accoglie l’accertamento, l’Amministrazione può impugnare in CTR (ricorso di secondo grado). Viceversa, se viene ribaltato, l’Agenzia potrà eventualmente proporre ricorso per cassazione, limitatamente a questioni di diritto.
  6. Rimedi deflativi e stragiudiziali: in alternativa al contenzioso, il contribuente può valutare strumenti come il ravvedimento operoso (versamento delle imposte dovute entro specifici termini con sanzioni ridotte), o l’accordo transattivo tramite mediazione fiscale (introdotta dal 2024) per cercare una definizione economica della controversia. Tuttavia, vista la complessità dei piani di stock option, la mediazione può essere difficoltosa (ex. calcolo di redditi pluriennali, presenza di terzi). Resta altresì possibile il pagamento del 100% di quanto richiesto (società di fatto), ma comporta il riconoscimento implicito di tortuosità delle opzioni.

Esempi di contestazioni frequenti

  • Rideterminazione del valore fiscale: a volte l’Agenzia contesta il valore attribuito alle azioni. Ha l’avvallo della Cassazione (sent. 6118/2019) il principio secondo cui, se alla data di esercizio non sussistono tutti i requisiti per il regime agevolato, il valore maggiorato delle azioni va assoggettato a IRPEF ordinaria . Nel caso di L.F. (Cass. 6118/2019) il lavoratore aveva esercitato un’opzione del 2004 solo nel 2006 quando già vigenti nuove regole che imponevano condizioni aggiuntive. La Cassazione ha ritenuto legittima la ritenuta operata in base al regime ordinario, rigettando l’appello dell’Agenzia . Ciò mostra come sia necessario controllare le date di assegnazione ed esercizio dei diritti, applicando la disciplina vigente al momento opportuno.
  • Plusvalenze su azioni gratuite o quote: se l’Agenzia considera che vi sia stata assegnazione gratuita di azioni e successiva cessione, può qualificare il provento come reddito diverso (art. 67) e tassarlo al 26%. Il contribuente può contrapporre la circostanza dell’esercizio di un’opzione (per cui vale l’interpretazione come reddito di lavoro) e il limine tra reddito di lavoro e diverso. La prassi consiglia di dimostrare il collegamento funzionale con la prestazione lavorativa.
  • Fringe benefit agevolati: se il piano di stock option era riservato solo a chi fruiva di un regime speciale (es. lavoratori impatriati, piani “work for equity” con opzione 83-bis), l’Agenzia può contestare l’applicazione di un regime ridotto. In tali casi conviene richiamare eventuali interpelli o circolari che riconoscono il beneficio per stock option in quelle fattispecie, oltre alla certezza del diritto derivante dalla normativa specifica.

Profili penali

Un aspetto spesso trascurato dal contribuente è il rischio di reati tributari connessi alle stock option contestate. In particolare: – Omesso versamento delle ritenute IRPEF (art. 11 L. 388/2000): se il datore di lavoro trattiene l’imposta dal dipendente (e/o l’addizionale 10%) e non la versa all’Erario entro il termine, si configura il reato di omesso versamento (punito con reclusione da 6 mesi a 3 anni ). Ciò può riguardare sia le ritenute ordinarie (IRPEF) che l’addizionale del 10%. Il manager non versa tasse che non gli appartengono, ma l’autore materiale del reato è il sostituto di imposta. Il lavoratore accertato può però essere coinvolto in indagini se c’era consapevolezza (es. accordi occulti sul rinvio del versamento). – Dichiarazione infedele (art. 4 L. 74/2000): se il contribuente presenta una dichiarazione che occulta deliberatamente redditi da stock option, potrà essere incriminato per evasione. In genere però il rischio è più forte per l’azienda non per il lavoratore singolo, a meno che questi non sia anche socio o amministratore con compiti contabili. – Abuso di diritto o elusione: in casi estremi, se l’Agenzia ritiene che il piano sia artificioso (ad es. costituzione di società veicolo solo per beneficiare dell’agevolazione di startup), si può ipotizzare l’art. 10-bis della L. 212/2000 (abuso del diritto fiscale), con responsabilità penali collegate.

Dal punto di vista del contribuente-indagato, la miglior difesa penale è spesso la collaborazione: mettersi a disposizione dell’autorità fiscale per chiarire ogni aspetto, sanare l’omesso versamento se possibile e mostrare buona fede. Inoltre, molte volte l’indagine penale (casi di utilizzo fraudolento di agevolazioni) si concentra su fatti societari e contabili dell’impresa, più che sulla singola stock option. Tuttavia, è bene nominare da subito un penalista tributarista se si ricevono avvisi di garanzia.

Strategie difensive e contenzioso tributario

Per difendersi efficacemente quando l’Agenzia contesta le stock option è fondamentale articolare la propria difesa già nelle fasi preliminari e processuali:

  • Controdeduzioni tecniche nel contraddittorio: preparare memorie tecniche in cui si argomenta punto per punto il vizio dell’accertamento. Ad esempio, se l’ufficio ha determinato il valore delle azioni su stime interne non congrue, occorre produrre una perizia giurata indipendente che dimostri il valore effettivo delle azioni. Se è in gioco l’esenzione (es. startup innovativa), bisogna consegnare copia dell’iscrizione speciale o altra documentazione che provi il mantenimento dei requisiti . Ogni circostanza deve essere documentata (accordi sindacali, contratti d’opzione, deliberazioni assembleari). Inoltre, se l’Ufficio non ha rispettato i termini o i requisiti formali dell’atto, è possibile eccepirne l’invalidità.
  • Riduzione della base imponibile: il contribuente può cercare di ridurre la base imponibile contestata mostrando voci deducibili o rettifiche non considerate. Ad es. spese inerenti, ammortamenti, o altri fringe benefit che riducono il reddito complessivo. Bisogna però evitare di confondere poste. In alcuni casi, può tornare utile invocare l’art. 69 TUIR per ridurre il reddito imponibile (ad es. rendimenti di titoli di stato vincolati, se applicabili).
  • Regime agevolato alla fonte: se l’accertamento verte su redditi di lavoro di lavoratori stranieri o impatriati, il difensore deve verificare l’esistenza di eventuali convenzioni contro le doppie imposizioni e dichiararle. Ad esempio, se il dipendente presta servizio in Italia ma era assunto all’estero in un Paese UE, potrebbe usufruire della Direttiva Lavoratori Distaccati. Ogni beneficio fiscale autopagato non riconosciuto dall’Agenzia (ad es. utilizzo del regime 2020/2023 dei lavoratori impatriati) va giustificato con regolare interpello o documentazione.
  • Accertamento limitato nel tempo: se le contestazioni riguardano più annualità, è opportuno valutare la prescrizione. Per i redditi di lavoro la prescrizione ordinaria è 5 anni (art. 43 D.P.R. 600/1973). Se alcuni anni sono ormai prescritti, può essere eccepita eccezionalmente nell’atto di giudizio. La Cassazione ricorda però che il termine decorre dalla notifica del modello Unico, quindi attenzione alle interruzioni.
  • Accordo della Commissione Tributaria: una volta in giudizio, è possibile offrire transazione all’Agenzia (già prevista dal D.Lgs. 218/1997 e successivamente semplificata). Si tratta di una sorta di mediazione stragiudiziale in Commissione Tributaria: la CTP giudica la causa in camera di consiglio, invitando le parti a transigere prima della sentenza. Se il contribuente offre di pagare una somma (solitamente pari almeno alle imposte accertate), si può chiudere con pagamento stragiudiziale e senza ulteriori spese di giudizio. Questa procedura evita la Cassazione e può essere conveniente se si dubita dell’esito.
  • Impugnazione formale: in caso di notifica di avviso di accertamento irregolare (mancanza di motivazione, difetto di notifica regolare, violazione dell’istruttoria), il contribuente può chiedere l’annullamento d’ufficio (c.d. autotutela) o sollevare eccezioni processuali. Ad es. la Cassazione del 2019 (Cass. 6118/2019) ha sottolineato che, se il contribuente chiede l’applicazione di un regime agevolato e produce i documenti necessari, la sola motivazione “generica” dell’Agenzia può essere censurata . Occorre quindi leggere bene il testo dell’avviso: spesso vi sono lacune argomentative facilmente attaccabili.
  • Contenzioso tributario: se si arriva in Commissione, la difesa va costruita con richiami giurisprudenziali attuali e coerenti. Ad esempio, si possono citare Cassazioni come le sezioni unite n. 13397/2016 (in tema di onere della prova) o n. 24823/2015 (in tema di autotutela), qualora rilevanti; o altre sentenze recenti sull’equiparazione stock option/capitale. Nel caso di L.F. (Cass. 6118/2019) , la Cassazione ha confermato che si applica la disciplina in vigore al momento dell’esercizio (con le condizioni del 2006), annullando il tentativo di applicare retroattivamente il regime 2004.
  • Istanza di accertamento con adesione: infine, prima di ricorrere, il contribuente può valutare l’AiD (Accertamento con adesione) entro 60 giorni dalla ricezione dell’avviso. In tale procedura negoziata, l’Agenzia offre una propria interpretazione con un’ammissione di parziale responsabilità del contribuente; l’interessato può accettare pagando subito (con sconto di sanzioni) oppure rifiutare e andare in giudizio. Può essere uno strumento rapido se si teme di perdere (ma riduce la possibilità di contenzioso successivo perché si accetta implicitamente l’accertamento).

Sintesi fasi difensive

  1. Contraddittorio (art.7 L.212/2000): fornire memorie tecniche argomentate entro 60 giorni, allegando documenti inoppugnabili (perizie, bilanci, delibere).
  2. Ricorso tributario: impugnare l’avviso presso la Commissione Provinciale entro 60 giorni. Predisporre un ricorso articolato, con richiami a normativa (ad es. art. 27 DL 179/2012 per esenzioni ) e giurisprudenza (Cass. 15861/2023 , Cass. 6118/2019 , ecc.).
  3. Appello/Divieto bis in idem: ricordare che non possono essere fatti valere giudicati di merito in Cassazione se si basano su “interpretazione pura” della norma senza attinenza a fatti specifici .
  4. Definizioni agevolate: sfruttare riduzioni sanzioni nei termini o offrire rateizzazione; collaborare per evitare sanzioni penali (l’avv. Monardo consiglia collaborazione per evitare il penale ).

Tabelle riepilogative

Tabella 1 – Confronto tra regimi di tassazione delle stock option:

CaratteristicaRegime ordinarioRegime startup innovative (art.27 DL 179/2012)
Soggetti beneficiaridipendenti, dirigenti, collaboratori ordinariamministratori, dipendenti, collaboratori continuativi di SI
Reddito imponibile IRPEFdifferenza valore esercizio – prezzo opzioneNon rilevante (esente IRPEF)
Aliquoteprogressive IRPEF fino al 43% + addizionale 10% (fin.)0% (tassazione rinviata solo su eventuali plusvalenze future)
Condizioninessuna condizione, ma valore di mercato definitosolo requisito di startup innovativa mantenuto
Durata agevolazionepermanente (fino a fine rapporto/opzione)fino a fine rapporto di specialità (scadenza max 5 anni, prorogabile fino a 9 con nuovi requisiti)
Vincoli aziendalinecessari piani approvati; contabilizzazione (IFRS)strumenti in possesso di SI/incubatore; no limite importo
Compatibilità con altri incentivisì (p.es. integrabile con 4% aziendale)sì; i dipendenti mantengono il benefit anche dopo passaggio a PMI innovativa

Tabella 2 – Scadenzario fiscale per stock option (Italia):

Evento/ObbligoResponsabileTempisticaNormativa di riferimento
Assegnazione dei diritti (delibera)Società/BoardData assembleare/perizia inizio pianoc.c. 2349, 2441; art. 51 TUIR
Esercizio dell’opzione (vigilanza)Lavoratore/SostitutoAl verificarsi delle condizioniart. 51 TUIR; DM 8/6/2011
Ritenuta IRPEF sul fringeSostituto d’impostaAl momento dell’erogazione delle azioniart. 23, lett. a) TUIR (rit. lavoro dip.)
Ritenuta addizionale 10%Sostituto d’impostaAl momento dell’erogazioneart. 33 D.L. 78/2010
Certificazione Unica (CU)AziendaEntro 28/2 anno successivoProvvedimento MEF annuale
Dichiarazione IRPEF (mod. Redditi/730)Lavoratore (con studio)anno successivo (presentazione)D.P.R. 917/1986 art. 4 (obbligo dichiarare)
Auditing Aziendale (bilancio IFRS)SocietàFine esercizio contabileart. 95 TUIR; L. 207/2024, c.6-bis
Comunicazioni “frame-work” (adempimenti trasparenza)DittaPeriodicheComunicati AdE/MEF sulle opzioni foreign
Accertamento fiscaleAgenziaNegli anni coperti da dichiarazioniD.P.R. 600/73 (controllo incrociato)

Domande frequenti e risposte

  1. Quando si considera tassato il reddito da stock option?
    Il reddito da stock option si realizza generalmente alla data di esercizio del diritto di opzione, quando il dipendente acquisisce le azioni e realizza un vantaggio economico . In quell’istante scatta la ritenuta IRPEF (e l’addizionale del 10% se applicabile). L’Agenzia ritiene normalmente imponibile questo momento perché l’opzione si trasforma in un reale “compenso” in natura. La Cassazione ha riconosciuto implicitamente che la tassazione debba avvenire al momento dell’esercizio (Cass. 6.6.2023, n.15861). Solo in casi particolari (es. stock option condizioni “graduali”) la tassazione può essere differita fino al trasferimento definitivo delle azioni.
  2. Qual è la base imponibile da assumere per il calcolo dell’IRPEF?
    La base imponibile è la differenza tra il valore normale di mercato dell’azione (o il valore definito da fonti attendibili) e il prezzo di esercizio che il lavoratore paga per acquisirla. Occorre provare adeguatamente il valore normale: può essere la media di mercato, perizia di stima, o altro, purché documentato. Se l’Agenzia contestasse il valore adottato, si può offrire una perizia giurata per dimostrare il valore corretto. In alternativa, il contribuente può citare la disciplina di rivalutazione del costo (art. 5 L. 448/2001) – ma come chiarito dall’Agenzia (interpello 118/2024), tale meccanismo vale solo in caso di cessione a titolo oneroso delle azioni . Se le azioni non vengono cedute, non può rideterminare il costo originario ai fini IRPEF.
  3. In quali casi si applica l’imposta sostitutiva del 12,5%?
    In passato era prevista una aliquota sostitutiva del 12,5% sulle plusvalenze da stock option (L. 342/2000), ma oggi non si applica automaticamente. Tuttavia, in alcuni scenari particolari (ad es. stock option su strumenti finanziari quotati esteri per non residenti) potrebbe riconoscersi la natura di plusvalenza da capitale con aliquota fissa. Di norma, in Italia la differenza da stock option è reddito di lavoro e segue l’IRPEF progressiva; quindi l’addizionale del 10% (se dovuta) va calcolata sulla base imponibile ordinaria . Se invece l’azienda lo avesse tassato come plusvalenza al 12,5% erroneamente, sarà arduo far valere tale agevolazione: come visto per Cass. 6118/2019 , cambia la disciplina vigente al momento dell’esercizio.
  4. Il mio piano è stato concesso da una controllata estera: come funziona la tassazione in Italia?
    Se il dipendente è residente fiscale in Italia, è tassabile qui il reddito derivante dall’opzione (salvo convenzioni). È possibile che il piano sia regolamentato da leggi estere (ad esempio, nei piani azionari statunitensi); tuttavia, ai fini IRPEF rimane rilevante la sostanza dell’ottenimento del vantaggio e il valore acquisito in Italia. Spesso occorrerà convertire il valore estero in euro al tasso del giorno di esercizio. In alcuni casi intervengono regole speciali: ad esempio, l’Agenzia con interpello 81/2025 ha chiarito che un piano di bonus erogato a dipendente impatriato segue l’opzione fiscale selezionata, con tassazione a cedolare secca o rateizzata【22†】. Bisogna quindi verificare se il lavoratore ha opzioni 83-bis (pagamento imposta anticipato su opzioni americane) o altri strumenti. In generale, però, ogni vantaggio monetario legato alle azioni è imputato a reddito di lavoro italiano. Se esistono differenze tra tassazione italiana e tassazione estera, si dovranno usare i crediti d’imposta (art. 165 TUIR) e le convenzioni internazionali. In contenzioso spesso si discute proprio se l’eventuale tassazione estera esaurisca l’obbligo fiscale o se sussista debito residuo in Italia.
  5. Come posso contestare le contestazioni extra-numeriche (ad es. inizio di contestazione più anni)?
    Se l’accertamento verte sulla contestazione di redditi su più annualità, bisogna prestare attenzione al giudicato esterno e alla prescrizione. La Cassazione ricorda che non può passare in giudicato un’interpretazione meramente giuridica della norma (senza riferimenti a fatti concreti) . Ciò significa che eventuali pronunce di merito favorevoli a terzi non vincolano automaticamente un altro giudice. Inoltre, per evadere sanzioni è talvolta utile proporre eccezione di legittima difesa (art. 52 c.p.) o sottolineare la buona fede e la complessità interpretativa del caso. Sul piano contabile, si sottolinei che l’accertamento deve essere quantificato: se mancano dati precisi sulle quote di stock option, l’ufficio non può limitarsi a imposte generiche; dovrà motivare come è giunta alle cifre richieste (altrimenti la difesa può lamentare violazioni di motivazione insufficiente). In mancanza di reale prova che il contribuente abbia percepito quei redditi, si può invocare l’inversione dell’onere della prova: per esempio, Cass. 304/2013 (sent. n. 30304/2022) ha affermato che in ambito tributo la prova è a carico dell’Amministrazione per fatti costitutivi del credito tributario. Memorie scritte e documenti contabili devono quindi attestare o confutare i dati dell’Agenzia.

Conclusioni e raccomandazioni

Le contestazioni fiscali sulle stock option spesso riguardano l’interpretazione della norma (tra reddito di lavoro e plusvalenza) e la quantificazione dei valori. Dal punto di vista del contribuente, le strategie difensive comprendono:

  • Preparazione documentale: raccolta di delibere, report di valutazione, patti di opzione e ogni documento che attesti la trasparenza del piano.
  • Consulenza specializzata: affidarsi a un tributarista esperto in fiscalità dei compensi azionari, e possibilmente a un legale per eventuali questioni penali.
  • Partecipazione attiva all’accertamento: sfruttare il contraddittorio endoprocedimentale per chiarire la posizione, magari provocando l’Agenzia a definire esplicitamente le proprie pretese.
  • Valutazione di deflativi: anche l’opzione di definire in via stragiudiziale o con adesione può essere percorsa se l’analisi costi/benefici lo giustifica.
  • Contenzioso mirato: se si ricorre alla Commissione Tributaria, non è necessario attendere l’udienza camerale: si possono depositare memorie ex art. 14 D. Lgs. 546/1992, e chiedere l’esame urgente in camera di consiglio (per esempio se si teme la prescrizione).

Le fonti normative e giurisprudenziali aggiornate (elencate di seguito) sono preziose per arricchire le difese tecniche. L’orientamento giusto (come quello della Cassazione n.15861/2023 e n.6118/2019 , oppure le risposte ai interpelli ) può fare la differenza tra un accertamento annullato e una condanna all’aumento del reddito.

In sintesi, per affrontare un accertamento sulle stock option il contribuente deve unire rigore giuridico (citando norme e sentenze) a precisione contabile e strategia processuale (preparazione cautelare del ricorso, eventuale transazione, ecc.). Soprattutto, è fondamentale considerare sin dall’inizio l’eventualità di ripercussioni penali (tutelando la posizione della società e del manager) e cercare di risolvere il contenzioso nel modo meno oneroso possibile (riparametrando i redditi o rateizzando le somme). Con una difesa adeguatamente supportata da documentazione e interpretazioni autorizzate, è spesso possibile ribaltare le censure di un avviso e ottenere conferma delle scelte fiscali del contribuente.

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Vuoi sapere cosa rischi e come predisporre una difesa efficace?

👉 Prima regola: dimostra la corretta qualificazione fiscale delle stock option, distinguendo tra redditi di lavoro dipendente e redditi di natura finanziaria, secondo la normativa vigente al momento dell’attribuzione ed esercizio.


⚖️ Quando scattano le contestazioni

  • Stock option riqualificate come redditi da lavoro dipendente anziché come capital gain;
  • Errata applicazione della tassazione agevolata prevista per determinati piani di incentivazione;
  • Differenze tra il valore di esercizio e quello di mercato delle azioni;
  • Omissione della dichiarazione dei redditi generati al momento della vendita delle azioni;
  • Mancanza di documentazione ufficiale del piano di incentivazione.

📌 Conseguenze della contestazione

  • Recupero delle imposte su redditi ritenuti non dichiarati o tassati in modo errato;
  • Sanzioni fiscali per dichiarazione infedele;
  • Interessi di mora sulle somme accertate;
  • Rischio di contestazioni contributive INPS per riqualificazione come reddito da lavoro;
  • Possibili procedimenti penali in caso di evasione rilevante.

🔍 Cosa verificare per difendersi

  • Le stock option erano state attribuite secondo un piano approvato dall’azienda?
  • È stato correttamente determinato il valore delle azioni al momento dell’esercizio?
  • La tassazione applicata era conforme alla normativa in vigore in quell’anno?
  • I redditi derivanti dalla successiva vendita delle azioni sono stati dichiarati?
  • L’accertamento si fonda su documenti certi o su presunzioni?

🧾 Documenti utili alla difesa

  • Piano di incentivazione e delibere aziendali;
  • Documentazione di attribuzione e di esercizio delle stock option;
  • Prospetti di determinazione del valore delle azioni;
  • Estratti conto bancari e titoli relativi alle transazioni;
  • Dichiarazioni fiscali e quadri relativi ai redditi di capitale e lavoro dipendente.

🛠️ Strategie di difesa

  • Dimostrare la corretta qualificazione fiscale delle stock option;
  • Contestare la riqualificazione come reddito da lavoro se il piano rispettava i requisiti agevolati;
  • Evidenziare la buona fede e l’affidamento sulla normativa vigente al tempo dei fatti;
  • Eccepire vizi di motivazione o errori di calcolo nell’accertamento;
  • Richiedere l’annullamento in autotutela se la documentazione era già disponibile;
  • Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro i termini.

🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

📂 Analizza il piano di stock option e i documenti fiscali collegati;
📌 Valuta la fondatezza delle contestazioni e i margini difensivi;
✍️ Predispone memorie difensive e ricorsi tributari;
⚖️ Ti assiste nei giudizi davanti alla Corte di Giustizia Tributaria e, se necessario, in sede penale;
🔁 Suggerisce strategie preventive per una corretta gestione fiscale dei piani di incentivazione.


🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in contenzioso tributario e fiscalità del lavoro;
✔️ Specializzato in difesa contro contestazioni fiscali su stock option e strumenti finanziari;
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.


Conclusione

Gli accertamenti fiscali sulle stock option non sempre sono fondati: spesso derivano da interpretazioni divergenti sulla qualificazione del reddito o da errori di calcolo.
Con una difesa mirata puoi dimostrare la corretta applicazione della normativa, evitare la riqualificazione indebita dei redditi e ridurre drasticamente sanzioni e interessi.

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  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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