Accertamento Fiscale A Giornalisti Freelance: Come Difendersi

Hai ricevuto un accertamento fiscale come giornalista freelance? In questi casi, l’Agenzia delle Entrate presume che parte dei compensi percepiti per articoli, collaborazioni con testate, servizi giornalistici, interviste o attività di comunicazione non sia stata dichiarata correttamente. I giornalisti freelance sono considerati dal Fisco una categoria a rischio per la molteplicità dei committenti, la varietà dei contratti di collaborazione e l’utilizzo frequente di pagamenti non sempre tracciati. Le conseguenze possono essere molto gravi: recupero delle imposte, applicazione di sanzioni elevate e, nei casi più seri, contestazioni penali. Tuttavia, non sempre la contestazione è legittima: con una difesa ben strutturata è possibile ridurre sensibilmente le pretese fiscali o dimostrare la correttezza della propria posizione.

Quando l’Agenzia delle Entrate contesta i redditi di un giornalista freelance
– Se i compensi dichiarati non coincidono con i contratti stipulati e le collaborazioni effettive
– Se vi sono incongruenze tra fatture emesse, parcelle e movimenti bancari
– Se i compensi percepiti in contanti non sono accompagnati da ricevute fiscali
– Se i redditi dichiarati non combaciano con le certificazioni uniche inviate dalle testate editoriali
– Se l’Ufficio presume prestazioni “in nero” non fatturate né dichiarate

Conseguenze dell’accertamento fiscale
– Recupero a tassazione dei compensi ritenuti non dichiarati
– Applicazione di sanzioni fino al 200% delle maggiori imposte accertate
– Interessi di mora sulle somme contestate
– Rettifica delle dichiarazioni fiscali e maggiori controlli negli anni successivi
– Nei casi più gravi, denuncia penale per dichiarazione infedele o frode fiscale

Come difendersi dall’accertamento
– Dimostrare la corrispondenza tra incarichi svolti, parcelle emesse e redditi dichiarati
– Produrre contratti di collaborazione, fatture, ricevute, estratti conto e corrispondenza con le testate
– Contestare ricostruzioni presuntive dei redditi basate su parametri standardizzati non rappresentativi
– Evidenziare errori di calcolo, difetti istruttori o vizi di motivazione dell’accertamento
– Richiedere la riqualificazione delle contestazioni per ridurre sanzioni e interessi applicati
– Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per ottenere l’annullamento totale o parziale della pretesa

Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare la documentazione fiscale, bancaria e contrattuale oggetto di contestazione
– Verificare la legittimità della contestazione e la corretta imputazione dei redditi professionali
– Predisporre un ricorso fondato su prove concrete e giurisprudenza favorevole
– Difendere il giornalista freelance davanti ai giudici tributari e, se necessario, anche in sede penale
– Tutelare il patrimonio personale e professionale da richieste fiscali sproporzionate

Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale della contestazione
– La riduzione delle sanzioni e degli interessi applicati
– La sospensione delle richieste di pagamento già notificate
– Il riconoscimento della correttezza delle dichiarazioni rese
– La certezza di pagare solo quanto realmente previsto dalla legge

⚠️ Attenzione: i giornalisti freelance sono frequentemente sottoposti a controlli fiscali mirati, soprattutto per la gestione di compensi provenienti da più testate. È fondamentale predisporre una difesa tempestiva e ben documentata.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e difesa dei professionisti – spiega come difendersi in caso di accertamento fiscale a carico di giornalisti freelance e quali strategie adottare per tutelare i tuoi interessi.

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Introduzione

L’“accertamento fiscale” è il procedimento con cui l’Amministrazione finanziaria verifica la correttezza delle imposte dichiarate dal contribuente e, in caso di difformità, procede a rettificarle con avvisi formali. Per un giornalista freelance – titolare di partita IVA o prestatore con ritenuta d’acconto/diritti d’autore – l’accertamento può scaturire da controlli analitici, induttivi, redditometrici o basati su incroci bancari e contabili. Di seguito esaminiamo in dettaglio i principali strumenti di controllo utilizzati dall’Agenzia delle Entrate, i diritti del professionista sottoposto a verifica, le sanzioni previste e le procedure di contrasto (contenzioso e transazione), con un focus sugli aspetti previdenziali (Gestione separata INPGI o INPS) e sulle voci particolari della professione giornalistica (rimborsi spese, collaborazioni estere, attività secondarie).

1. Chi è il giornalista freelance e i suoi obblighi

Il giornalista freelance svolge attività autonoma di informazione giornalistica, anche in forma occasionale. Dal punto di vista fiscale, i suoi compensi rientrano nei redditi di lavoro autonomo (art. 49 e segg. del TUIR), o nei redditi di natura artistica/professionale (art. 53 TUIR) se percepiti come diritti d’autore. I giornalisti iscritti all’Ordine dei giornalisti (professionisti o pubblicisti) che producono reddito da attività autonoma sono obbligati per legge ad iscriversi alla Cassa previdenziale dei giornalisti (INPGI): alla Gestione principale se inquadrati come dipendenti, alla Gestione separata INPGI se liberi professionisti o co.co.co. . In sostanza, ogni reddito da giornalismo – anche modesto o occasionale – comporta l’obbligo di versare contributi previdenziali all’INPGI secondo le aliquote stabilite (attualmente il contributo soggettivo varia dal 12% al 14% oltre al contributo integrativo del 4% a carico del committente) . La normativa fiscale generale (DPR 600/1973, TUIR, Statuto del Contribuente L. 212/2000, ecc.) si applica al giornalista come ad ogni altro libero professionista, ma vanno osservate anche norme specifiche del settore giornalistico (ad es. L. 69/1963 sul titolo dell’Albo, L. 103/1996 sull’istituzione dell’INPGI2, L. 150/2000 sugli uffici stampa).

Obblighi dichiarativi: il giornalista dichiara i compensi percepiti con modello Redditi PF o IRAP se dovuta, assoggettandosi a imposta sulle persone fisiche (IRPEF) in base al suo scaglione e, se titolare di partita IVA, applicando l’IVA alle prestazioni (salvo in regime forfettario, in cui è esente da IVA). Dal 2025 i rimborsi spese a piè di lista documentati e fatturati al committente non concorrono più alla base imponibile IRPEF ; restano però soggetti ad IVA e inclusi nel calcolo del contributo integrativo INPGI (4%) . Gli oneri deducibili – quali spese di viaggio, attrezzature, abbonamenti – possono ridurre il reddito imponibile, a condizione di essere documentati e inerenti all’attività.

Scelte di regime fiscale: molti freelance optano per il regime forfettario (ricavi ridotti, aliquota agevolata 15% o 5% con requisiti) anziché il regime ordinario; questo comporta differenze nei controlli: ad esempio, nell’accertamento forfettario non si applica il redditometro (che si fonda sulla determinazione analitica del reddito) e vige un’aliquota contributiva ridotta sull’INPGI2 (il 4% del fatturato, senza aliquota soggettiva fino al raggiungimento del minimale).

Spese vive e rimborsi: i giornalisti sostengono spesso spese di trasferta, vitto, attrezzature, documentate e fatturate in addebito al committente. La legge n. 192/2024 ha stabilito che i “rimborsi spese a piè di lista” fatturati dal lavoratore autonomo al committente non concorrono più a formare il reddito IRPEF (esclusione estesa anche agli autonomi) . Questo semplifica il calcolo dell’imposta. Attenzione: i rimborsi restano soggetti ad IVA (non sono “anticipate in nome e per conto del cliente”) e continuano a essere inclusi nel reddito lordo per il calcolo del contributo integrativo INPGI . Nel regime forfettario la gestione dei rimborsi è più complessa (mancata dichiarazione IVA) e si attendono chiarimenti ufficiali.

2. Strumenti di accertamento dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate dispone di vari strumenti di verifica e accertamento per ricostruire il reddito imponibile del contribuente, calibrati in base alla gravità e alle caratteristiche dell’attività. I principali strumenti applicabili a un giornalista freelance sono:

  • Accertamento analitico-induttivo (art. 39 DPR 600/1973): si basa sull’esame dettagliato della contabilità e dei documenti. Nel caso di gestione del contribuente palesemente “antieconomica” (ad es. costi di acquisto superiori ai ricavi dichiarati, scorte giacenti, mancata registrazione di operazioni), l’Ufficio può ricostruire il reddito partendo da dati di fatto (acquisti, giacenze, scontrini, rapporti bancari). In pratica, se ad esempio i ricavi denunciati risultano inferiori al costo del lavoro retribuito (stipendi, collaboratori) o agli acquisti di beni, l’Agenzia può presumerne l’insufficienza e rettificare. La Cassazione ha confermato che l’esistenza di una gestione antieconomica legittima l’accertamento analitico-induttivo , ponendo poi l’onere della prova sul contribuente per dimostrare il reale ammontare dei ricavi. Nel caso del giornalista questo strumento si applica se, ad esempio, dalle scritture emerge una sproporzione anomala tra spese (attrezzature professionali, spese di trasferta, collaboratori) e compensi dichiarati.
  • Accertamento sintetico o redditometrico (art. 38 DPR 600/1973): è un accertamento induttivo basato sulle spese e capacità di spesa del contribuente. L’Agenzia ricostruisce il reddito complessivo sulla base delle uscite documentate (consumi, utenze, investimenti, acquisto beni di lusso, ecc.) e di elementi quali l’ISEE, i debiti residui e altri indicatori economici. Secondo la norma, il Fisco può “sempre determinare sinteticamente il reddito” sulla base delle spese sostenute . Per scattare il redditometro, le spese devono superare una soglia minima (attualmente pari a circa 10 volte l’assegno sociale annuo) e risultare almeno il 20% superiori al reddito dichiarato . Nel caso dei freelance, se il giornalista ha sostenuto molte spese personali superiori al reddito da lavoro autonomo dichiarato, l’Agenzia può attivare il redditometro. Caratteristica: il redditometro è una presunzione relativa: il contribuente può fornire documenti che attestino fonti di reddito alternative (risparmi, altri redditi esenti, eredità, donazioni, ecc.) per spezzare la presunzione . Ad esempio, ogni accredito bancario non giustificato viene considerato reddito imponibile (art. 38 c.1, DPR 600/73) , salvo prova contraria.
  • Indagini bancarie (accertamento analitico bancario) (art. 32 DPR 600/1973): tutti i movimenti sul conto corrente o sulle carte di credito acquistano una presunzione legale di reddito imponibile . In pratica, ogni versamento o accredito sul conto intestato al giornalista si presume essere reddito fino a prova contraria. L’Agenzia incrocia i dati bancari con i redditi dichiarati: se ci sono accrediti non spiegati (risparmi, finanziamenti, ecc.), li aggiunge al reddito tassabile. La Cassazione recente ha ritenuto legittimo questo accertamento “analitico bancario”, confermando che le presunzioni derivanti dalle indagini su conti correnti sono valide e vanno considerate insieme ad altri elementi (es. acquisti) .
  • Studi di settore e ISA: fino al 2017 l’Agenzia applicava specifici studi di settore per professionisti; dal 2018 sono stati introdotti gli Indicatori Sintetici di Affidabilità (ISA) (art. 9-bis DL 50/2017). Questi sono indici statistici basati sulle dichiarazioni fiscali e sulle caratteristiche dell’attività: attribuiscono un punteggio (da 1 a 10) di “coerenza gestionale” al professionista. Un punteggio basso può innescare controlli mirati, mentre uno alto assicura benefici (es. termini di accertamento ridotti, minori adempimenti). Gli ISA non costituiscono di per sé liquidazioni coattive, ma funzionano da parametri di selezione. Tuttavia, uno scostamento molto grave tra i dati reali del contribuente e gli ISA può indurre l’Agenzia a effettuare verifiche più approfondite . Nel caso di forte discostamento, la giurisprudenza (Cass. 15445/2022) impone che l’Ufficio convochi il contribuente in contraddittorio e adegui i parametri alla realtà del caso prima di emettere l’avviso .
  • Presunzioni di margine e medie settoriali: in taluni casi (es. attività commerciali o professionali ben catalogate), l’Amministrazione può applicare percentuali di ricarico standard o medie ponderate per ricostruire il fatturato occulto. La Cassazione ha stabilito che, per attività con numerosissimi beni o servizi (come farmacie o ferramenta), non è legittimo applicare un ricarico uniforme su tutti i prodotti; è necessario usare un campione rappresentativo con medie ponderate . Per un giornalista questo scenario può avvenire se, ad esempio, si cercano di parametrizzare i suoi ricavi su base mediata: la Commissione deve giustificare con elementi concreti tali presunzioni.
  • Controllo formale delle dichiarazioni (art. 36-bis DPR 600/1973 e 54-bis DPR 633/1972): si tratta di verifiche automatiche informatiche (incroci con archivi, controlli sui dati dichiarati). Ogni dichiarazione viene sottoposta a controlli di coerenza (c.d. “spia”) e a incroci con terze parti (banche, anagrafe, fatture elettroniche). Se il controllo automatico rileva incongruenze minime, l’Agenzia invia comunicazioni di irregolarità (c.d. “lettere di compliance”) sulle quali il contribuente può regolarizzarsi senza sanzioni aggiuntive, oppure comunicazioni di esito dei controlli (cosiddette «verifiche formali»). In ogni caso, anche i freelance ricevono queste comunicazioni e devono rispondere entro i termini per evitare accertamenti più gravi.
  • Segnalazioni di terzi (art. 36 DPR 600/1973): qualsiasi funzionario pubblico o organo di vigilanza che vengano a conoscenza di possibili violazioni tributarie deve segnalarle alla Guardia di Finanza . Questo strumento non si basa su presunzioni statistiche, ma su informazioni concrete: ad es., un cliente pubblico che sospetti un evasione può attivare verifiche dirette. L’art. 36 prevede infatti che chi per ragioni di ufficio «vengono a conoscenza di fatti che possono configurarsi come violazioni tributarie devono comunicarli… alla Guardia di Finanza competente» . Pertanto anche segnalazioni di irregolarità (es. mancata fatturazione di un incarico giornalistico) possono innescare controlli fiscali.

Tabella riassuntiva degli strumenti di accertamento:

Strumento di accertamentoRiferimenti normativiBase di calcoloCaratteristiche principali
Analitico-induttivoArt. 39 DPR 600/73Contabilità (registri, fatture, scorte)Accerta con elementi reali la differenza <br>tra costi e ricavi; si attiva in presenza di <br>gestione “antieconomica” . <br>Onere della prova sul contribuente.
Redditometrico (sintetico)Art. 38 DPR 600/73Spese personali (casa, auto, investimenti)Presunzione relativa: ricostruisce il reddito <br>sulle spese sostenute. Richiede spese > soglia<br>(≃10× assegno sociale) e >20% rispetto al dichiarato .<br>Contraddittorio obbligatorio (art. 38 c.7) prima di concludere.
Indagini bancarieArt. 32 DPR 600/73Movimenti bancari (accrediti e prelievi)Presunzione legale: ogni accredito non giustificato<br>viene considerato reddito imponibile . Onere di prova contraria a carico del contribuente.
Studi di settore / ISAD.L. 193/2016 art. 7-bis (ISA)Indici statistici basati su dati fiscaliIndici sintetici che valutano la coerenza gestionale. <br>Non costituiscono di per sé accertamenti<br>coattivi, ma selezionano i controlli . Richiedono valutazione giuridica specifica.
Presunzione di margineCass. 4312/2015 e succ.Prezzi di acquisto/vendita merci (campioni)Ricostruisce ricavi applicando percentuale di ricarico su un campione rappresentativo di beni . <br>Applicabile a settori con molti beni diversificati.<br>Presunzione forte (grave e concordante).

Cfr. tabella basata sulle spiegazioni fornite in letteratura tributaria .

3. Il controllo fiscale: fasi e notifiche

Quando l’Agenzia delle Entrate decide di verificare il giornalista freelance, segue normalmente questo iter:

  1. Accesso e ispezione: un incaricato (ispettore o ufficiale della Guardia di Finanza) può accedere in azienda, studio o abitazione (previo mandato) per acquisire documenti, sistemi informatici, registrazioni, contratti, conti correnti, ecc. Durante l’accesso deve redigere un verbale, verbalizzare le operazioni compiute e le osservazioni del contribuente. Il contribuente ha diritto di assistere al verbale (può farsi assistere da un commercialista o avvocato) e di fornire spiegazioni e documenti. In base all’art. 12 dello Statuto del contribuente (L. 212/2000), all’avvio di una verifica il contribuente deve essere informato delle ragioni e dell’oggetto del controllo . Le annotazioni del contribuente devono essere verbalizzate e al termine gli viene lasciata copia del verbale. Il procedimento di accesso deve svolgersi con le garanzie del giusto procedimento (rispetto dei termini minimi, divieto di comportamenti vessatori, ecc.).
  2. Richiesta di informazioni o questionari: talvolta l’Ufficio invia istanze di verifica o questionari scritti in cui richiede chiarimenti su voci di spesa o fatture (ad es. “fornite specifiche entro 30 giorni”). Il contribuente deve rispondere nei termini, produrre documenti giustificativi e dichiarare eventuali omissioni. Un’omissione o un rifiuto ingiustificato possono essere interpretati come elemento negativo. È opportuno rispondere sempre in forma scritta, con dati precisi. Spesso la risposta tempestiva e documentata alle richieste di chiarimenti può chiudere l’istruttoria o limitarne l’esito negativo.
  3. Accertamento formale: se dall’analisi emerge un disallineamento, l’Agenzia notifica un avviso di accertamento o un avviso di rettifica, in cui contesta formalmente le somme dovute a titolo di imposta, sanzioni e interessi. L’avviso deve contenere la motivazione dettagliata delle voci contestate (scostamento dai parametri, rimborsi non giustificati, omissioni IVA, ecc.), indicando documenti di fatto e riferimenti normativi. In particolare, la giurisprudenza impone che, se l’accertamento si basa su parametri statistici (es. studi di settore, ISA), la motivazione non può limitarsi a dire che “ci sono scostamenti”, ma deve indicare la ragionevolezza degli scostamenti adottati . Se l’Ufficio non rispetta il giusto contraddittorio o la motivazione, l’avviso rischia di essere annullato in sede di impugnazione.
  4. Comunicazione degli esiti di controllo: prima dell’avviso definitivo, l’Amministrazione deve offrire al contribuente l’opportunità di fornire chiarimenti (contraddittorio formale). Questo è previsto dallo Statuto del contribuente: l’art. 12 stabilisce che il Fisco deve interloquire con il professionista, dare modo di documentare le ragioni difensive e verbalizzare i documenti forniti . Se non lo fa, l’avviso può essere impugnato per violazione del giusto procedimento. Un caso recente (Cass. n. 15445/2022) ha ribadito che il contraddittorio è imprescindibile soprattutto quando si applicano presunzioni statistiche (es. ISA): l’avviso deve illustrare concretamente gli scostamenti e ascoltare le controdeduzioni prima di chiudere . In mancanza di tali passaggi, l’atto può essere giudicato illegittimo.
  5. Trasmissione telematica ed esecuzione: se nessuna mediazione o adesione vengono conclusi, l’avviso diventa definitivo. La notifica deve essere fatta con strumenti certificati (PEC, raccomandata A/R, o consegna a mano con firma). A partire dal 2017, il deposito dell’atto può avvenire anche presso l’indirizzo PEC del contribuente. Una volta notificato, l’accertamento si perfeziona ed è esecutivo: il contribuente può ricevere ingiunzioni di pagamento (avviso bonario, cartella esattoriale) se non ricorre entro i termini.

4. Diritti del giornalista contribuente in fase di accertamento

Durante il procedimento di verifica fiscale, il giornalista (come qualsiasi contribuente) gode di diverse garanzie e diritti sanciti dal c.d. Statuto del contribuente (L. 212/2000) e da norme penali e tributarie:

  • Informazione e assistenza: all’apertura del controllo (accesso, ispezione, contraddittorio), l’agente deve specificare i motivi e l’oggetto del controllo. Il giornalista ha diritto di farsi assistere da un consulente abilitato (commercialista, avvocato) sin dall’inizio .
  • Contraddittorio effettivo: l’Ufficio deve instaurare un’effettiva fase di confronto con il contribuente prima di definire l’atto. Qualsiasi documento o spiegazione prodotto dal giornalista deve essere verbalizzato. Se il controllo è su base presuntiva (ISA, redditometro, ecc.), la motivazione deve dettagliare gli elementi che giustificano gli scostamenti, e l’agente deve ascoltare le ragioni difensive prima di emettere l’avviso .
  • Termini minimi di preavviso: dopo la chiusura del verbale di verifica (o dell’accesso ispettivo), devono decorrere almeno 60 giorni prima della notifica dell’avviso di accertamento . Questo “distanziometro” serve a consentire il contraddittorio scritto.
  • Rispetto del limite di accertamento: l’avviso non può compensare perdite su una determinata imposta con eccedenze di altre imposte diverse (no compensazione interna). Inoltre, l’esatto ambito soggettivo e oggettivo del rapporto deve essere rispettato (non si può rettificare categorie di reddito non richiamate dall’avviso).
  • Sanzioni proporzionate: le violazioni contestate devono essere provate. Se l’errore di calcolo è lieve (omissione di modesta entità), in genere si applica una sanzione minima (e con ravvedimento spontaneo entro 90 giorni si riduce al 1/10). Le sanzioni tributarie (Legge 472/1997) seguono criteri di proporzionalità (inerzia vs dolo, percentuali dall’1% al 200% dell’imposta dovuta). Il giornalista potrà invocare riduzioni (per ravvedimento operoso, adesione, o giudizio) e contestare l’elemento soggettivo di dolo se dimostra buona fede.
  • Confidenzialità delle fonti: un aspetto peculiare per i giornalisti riguarda il segreto professionale. Se il fisco richiede documenti che contengono informazioni su fonti giornalistiche riservate, il giornalista può avvalersi del diritto-dovere di tutela delle fonti (art. 36 TU Giornalisti 1963). In tal caso il consulente potrà fornire all’Agenzia i dati necessari senza esporre le fonti. Tuttavia, la riservatezza delle fonti riguarda soprattutto l’ambito penale e deontologico: l’Agenzia tributaria di norma non può imporre la divulgazione di fonti giornalistiche protette.
  • Prescrizione e decadenza: l’Agenzia può accertare i redditi entro cinque anni dall’anno di imposta (salvo casi di fraudolento occultamento, che estendono a 8 anni). Ad esempio, la prescrizione del 2018 è stata prorogata al 7/9/2025 e quella del 2019 al 30/4/2026 . Se il giornalista dimostra che i fatti contestati sono ormai prescritti, l’avviso può essere annullato. Se invece emerge un illecito contributivo (INPGI), valgono termini analoghi.

5. Contributi previdenziali e inchieste parallele

Parallelamente ai controlli fiscali, l’INPGI – l’ente di previdenza dei giornalisti – può effettuare accertamenti sui contributi. L’INPGI controlla che il giornalista freelance abbia comunicato correttamente i redditi soggetti a contribuzione (gestione separata) per il calcolo dei versamenti previdenziali. Ciò avviene attraverso la comunicazione annuale obbligatoria dei redditi entro il 30 settembre dell’anno successivo (per le annualità precedenti) . L’Istituto confronta i dati dichiarati dall’iscritto con quelli dell’Anagrafe Tributaria (dati IRPEF) e invia richieste di chiarimento in caso di incongruenze. Se il reddito è oggettivamente giornalistico, l’INPGI può richiedere i contributi omessi e sanzioni (per violazioni degli obblighi contributivi), mentre se ritiene che il reddito non abbia carattere giornalistico, archivia la pratica . Esempio: un giornalista freelance iscrive all’INPGI solo la parte di reddito da lavoro autonomo esercitato con beni dell’ente, ma in realtà i compensi erano maggiori (contratti RA e vendita diritti). L’Istituto scopre la differenza tramite l’Anagrafe, contesta i contributi mancanti e invita il giornalista a rispondervi entro un termine (risposta che può avvenire anche telematicamente via SPID) . Se il giornalista non risponde, l’INPGI effettua il recupero coattivo.

Rapporto con l’INPS: il giornalista in libera professione iscritto all’Albo non versa contributi alla Gestione Separata INPS, bensì all’INPGI (art. 1 Regolamento Inpgi2). Le Sezioni Unite della Cassazione (n. 21764/2021) hanno confermato che l’INPGI è l’Ente previdenziale cui devono essere versati i contributi anche per i giornalisti dipendenti pubblici o privati . In pratica, tutti i giornalisti (professionisti e pubblicisti) sono assicurati INPGI in tutti i casi in cui svolgono attività giornalistica, a prescindere dalla natura del datore di lavoro . Eccezionalmente, un giornalista non iscritto all’Albo potrebbe rientrare nella Gestione Separata INPS (es. giornalista amatoriale non professionista), ma si tratta di casi rari.

Verifiche congiunte (fisco + previdenza): spesso l’INPGI e l’Agenzia delle Entrate collaborano tramite lo scambio di dati (Anagrafe Tributaria). Un avviso di accertamento fiscale può diventare spunto per accertamenti contributivi e viceversa. Ad es., i pagamenti non indicati al fisco (evidenti dalle banche) portano a sospetti su contributi non versati. Analogamente, segnalazioni di evasione contributiva possono ricadere in ambito fiscale. Per il giornalista è importante tenere allineate le denunce fiscali con quelle previdenziali: quando si dichiara un reddito al 30/9 per l’INPGI, esso deve corrispondere a quanto dichiarato in dichiarazione dei redditi.

6. Contestazioni tipiche al giornalista freelance

Nell’esperienza comune, i giornalisti freelance vedono contestate alcune voci o comportamenti ricorrenti in sede di verifica fiscale:

  • Rimborsi spese oggetto di dubbi: finché vigeva il vecchio regime (fino al 2024), i rimborsi “a piè di lista” venivano fatturati con IVA ma inclusi nella base imponibile IRPEF (poi portati in deduzione). L’accertamento poteva contestare che quei rimborsi fossero fittizi o sopravvalutati. Ad esempio, se un giornalista fatturava al cliente €5.000 di “trasporti a piè di lista” senza giustificarli adeguatamente, l’Ufficio poteva ritenerli ricavi veri e propri e tassarli. Dal 2025 tali rimborsi non concorrono più all’IRPEF , ma in sede di verifica pre-2025 l’Agenzia tendeva a indagare su di essi. Oggi i freelance possono difendersi mostrando la documentazione (biglietti, ricevute) che giustifica i rimborsi, ricordando che restano rilevanti solo ai fini del contributo integrativo INPGI .
  • Spese non documentate o non inerenti: è essenziale che ogni spesa dedotta sia documentabile e strumentale all’attività giornalistica. L’Ufficio può contestare, ad esempio, deduzioni di cene o caffè non documentati, uso personale dell’auto o acquisti di lusso non giustificati. Il contribuente dovrà fornire giustificativi o eliminare queste spese dal conto imponibile. Una corretta tenuta delle fatture attive e passive (anche con registratore di cassa) è fondamentale per sfuggire a contestazioni.
  • Redditi non dichiarati dall’estero: se il giornalista lavora per testate estere, i compensi ricevuti all’estero devono essere comunque dichiarati in Italia (principio di tassazione del reddito mondiale). In caso contrario, l’Agenzia può scoprirli tramite segnalazioni, incroci bancari o segnalazioni di Banca d’Italia. Le convenzioni contro le doppie imposizioni tra l’Italia e alcuni Paesi possono prevedere l’esenzione in uno Stato; ad ogni modo, il compito di dimostrare l’applicabilità del trattato spetta al contribuente residente. In pratica, anche collaborazioni estere entrano nel reddito complessivo e – se tassate all’estero – possono dare diritto a credito di imposta in Italia. Un giornalista dovrà attestare i compensi esteri tramite documenti ufficiali (contratti, bonifici, certificazioni estere) e allegare eventuali trattenute subite all’estero.
  • Attività secondarie: molti freelance svolgono attività aggiuntive (ad es. comunicazione d’impresa, collaborazioni editoriali in altri campi, docenze). L’INPGI e il fisco esaminano se queste attività siano ancora riconducibili al settore giornalistico. Ad esempio, se un giornalista produce testi o video non inerenti al giornalismo (es. pubblicità, consulenze tecniche), tali redditi potrebbero essere esclusi dalla base contributiva INPGI (se non “giornalistici”) o trattati come reddito d’impresa o professionale diverso. È cruciale dichiarare separatamente e correttamente i redditi, precisando la natura dell’attività.
  • Mancata emissione di fattura/ritenuta da percettore: i lavoratori autonomi che emettono fattura senza applicare ritenuta (es. collaboratore autonomo esterno) devono applicare IVA e conguagliare l’IRPEF con modello F24. Se invece svolgono prestazioni occasionali (redditi sotto le soglie), di norma si utilizza la ritenuta a titolo d’imposta (20%). L’Agenzia può contestare l’omessa ritenuta o fatturazione in caso di superamento delle soglie. Occorre verificare periodicamente il superamento dei limiti di reddito occasionale o obbligo di P.IVA, ed in caso aprire subito partita IVA e gestire IVA e rivalsa contributiva (ad es. INPGI).

7. Difendersi dall’accertamento: strategie e strumenti

Contraddittorio e documentazione: appena si riceve un invito o si avvia un controllo, il giornalista deve raccogliere tutta la documentazione utile (contratti, fatture, estratti conto, note spese, cedolini INPGI) e preparare memorie difensive chiare. Occorre dimostrare che le operazioni contestate sono state regolarmente svolte. In caso di duplicazione fiscale (doppio addebito), presentare contratti o dichiarazioni che dimostrino l’esatto ammontare dei compensi. Se viene contestata una spesa ritenuta privata, fornire prove dell’uso lavorativo (ad esempio l’intestazione della fattura a nome dell’azienda editrice). Durante l’eventuale verbale di accesso, far verbalizzare ogni spiegazione utile.

Richiesta di chiarimenti scritti: se l’Agenzia invia un questionario o una richiesta scritta di documenti, il freelance deve rispondere puntualmente entro i termini (di solito 30 giorni). È consigliabile rispondere per iscritto, magari inviando memoria difensiva al professionista incaricato. Se le richieste appaiono eccessive o poco chiare, si può chiedere di specificare meglio i motivi. A volte risposte complete chiudono l’istruttoria senza accertamenti formali.

Accertamento con adesione: prima di arrivare al giudice tributario, esiste uno strumento di definizione bonaria: l’accertamento con adesione (introdotto dall’art. 2 L. 218/1997). Consente al contribuente, entro i termini di impugnazione, di concordare con l’Agenzia l’esatto ammontare del reddito e delle imposte dovute, ottenendo una significativa riduzione delle sanzioni (fino a 1/6 se verificate le condizioni) e degli interessi. Per il giornalista è utile se ritiene che alcune contestazioni siano discutibili ma non totalmente infondate: conciliando l’accertamento si possono abbattere i costi del contenzioso ed evitare sanzioni più gravose. L’adesione deve essere richiesta entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso, ed è esclusa solo per importi di modesta entità.

Definizioni agevolate: in alcune situazioni il legislatore offre “pace fiscale” temporanee (rottamazioni o definizioni agevolate) che permettono di definire i carichi con uno sconto sulle sanzioni o sul contenzioso. Ad esempio, gli articoli 3 e 3-bis del D.L. n. 119/2018 hanno consentito di definire le liti tributarie pendenti con riduzione delle sanzioni. Se sono in corso controversie con l’Agenzia, il giornalista va valutare se può chiudere la partita con tali condoni (se ancora in vigore) o con una conciliazione giudiziale (art. 48 DPR 600/73 consente di chiudere il giudizio in appello con versamenti agevolati, a certe condizioni).

Mediazione obbligatoria: dal 2002 è in vigore l’obbligo di provare a conciliare la lite prima di ricorrere in Commissione Tributaria (art. 17-bis D.Lgs. 546/1992). In pratica, per ricorrere occorre avere tentato la mediazione (anche tramite istanza presso la stessa Commissione Tributaria). Questo “filtro” può portare a chiudere laccertamento senza giudizio o a ridimensionarlo. Il giornalista e il suo difensore quindi dovranno valutare tempestivamente se tentare la mediazione (magari suggerendo transazione), prima di depositare il ricorso.

Ricorso tributario: in caso di avviso confermato, si può impugnare con ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale entro 60 giorni dalla notifica . Il ricorso deve essere depositato per via telematica e firmato digitalmente. Nel ricorso si illustrano le ragioni di fatto e di diritto per cui l’accertamento è errato. Ad es. si può invocare la violazione dello Statuto (mancato contraddittorio, motivazione insufficiente), far valere la prescrizione, dimostrare l’esistenza di elementi non valutati, mostrare le spese giustificative. Se la Commissione respinge il ricorso, si può fare appello alla CTR (Reggio Calabria, Roma, ecc.), e infine Cassazione entro ulteriori 60 giorni.

Esempio pratico di difesa: ipotizziamo che il giornalista Mario riceva un avviso in cui l’Agenzia ha applicato il redditometro sul suo 2023. L’atto ricostruisce un reddito di €40.000 basandosi sui consumi (es. acquisti di un’auto nel 2023 e pagamenti col bancomat). Mario ha dichiarato un reddito di €20.000. Per difendersi, Mario raccoglie le ricevute di vendita della sua vecchia auto (usata prima di acquistare la nuova) per provare che l’acquisto è stato finanziato dalla vendita del vecchio veicolo e non da un reddito non dichiarato. Allegando tali documenti ai difensori di Mario nel ricorso, si spezza la presunzione e si potrebbe ottenere l’annullamento dell’accertamento redditometrico, dimostrando che gli elementi usati dall’Ufficio non erano reddituali.

8. Sanzioni e interessi

Se dall’accertamento risulta che il giornalista ha pagato meno imposte di quanto dovuto, l’Agenzia applicherà interessi di mora (al tasso legale) sulla differenza dal giorno successivo alla scadenza originaria della dichiarazione fino al pagamento effettivo. Inoltre scattano le sanzioni tributarie (art. 13 D.Lgs. 472/1997). In linea di massima:

  • Omesso versamento o tardivo pagamento delle imposte comporta sanzioni dal 30% al 90% (riducibili con ravvedimento fino al 1/15 o 1/10);
  • Omessa presentazione della dichiarazione IRPEF (se non c’è attività fraudolenta) dall’120% al 240%.
  • Errata compilazione della dichiarazione può portare a sanzioni ridotte.

Il giornalista può limitare le sanzioni con il ravvedimento operoso (pagamento spontaneo entro 90 giorni riduce la sanzione al 1/10 dell’importo base). Inoltre, in caso di accertamento con adesione o conciliazione giudiziale (CTR), le sanzioni possono essere scontate fino a 1/6 o addirittura abolite per ridotto importo contestato.

Oltre alle sanzioni tributarie, il giornalista rischia sanzioni contributive se emergono omissioni contributive INPGI (che vanno contestate separatamente dall’ente previdenziale). Il mancato versamento INPGI, come l’omissione IRPEF, può portare a contenzioso e sanzioni aggiuntive (art. 3 e 5 D.Lgs. 471/97).

Infine, se nell’ambito degli accertamenti emergessero ipotesi di reato (es. frode fiscale dolosa), la Guardia di Finanza può trasmettere gli atti alla Procura. Per questo motivo è importante collaborare con l’Agenzia prima che sorga una contestazione penale. In pratica, un’azione fiscale si concentra sulla differenza di imposta mentre l’eventuale quadro penale (ad es. conguagli occultati, distrazione di fatture) entra in gioco solo con evidenze di dolo.

9. Aspetti previdenziali e contributivi

Come detto, il giornalista freelance versa contributi INPGI. A differenza di altre libere professioni che possono aderire alla gestione separata INPS, l’iscrizione alla cassa giornalisti è obbligatoria se si è iscritti all’Albo . I contributi si dividono in:

  • Contributo soggettivo: pari al 12% del reddito netto (14% sopra 24.000 € annui) . È versato dal giornalista in minima forma (minimale di reddito e contributi minimi che si adeguano annualmente). Anche in regime forfettario si calcola sulla base del reddito forfettario lordo.
  • Contributo integrativo: 4% del compenso lordo (es. in fattura il giornalista aggiunge 4% che poi versa all’INPGI) . Questo contributo si calcola sul fatturato lordo totale (comprensivo di eventuali rimborsi a piè di lista ).

Procedura di dichiarazione redditi: ogni anno il giornalista deve comunicare all’INPGI online i compensi percepiti (compilando il modello 6) entro il 30 settembre . Questo serve a determinare i contributi dovuti e la futura anzianità pensionistica. L’INPGI invia poi avvisi in caso di discrepanze tra quanto dichiarato al Fisco e quanto comunicato all’ente.

Inps Gestione Separata: una volta che si è dentro Inpgi, generalmente non si versa contemporaneamente all’Inps. Tuttavia, se il giornalista ha anche redditi non giornalistici (es. co.co.co. non giornalistico, o altre libere professioni), questi sono soggetti a contribuzione INPS Gestione Separata secondo le aliquote vigenti. L’attività “a libero professionista giornalista” obbliga alla Gestione separata INPGI per quella quota di reddito . È importante quindi distinguere la parte di reddito di natura giornalistica (versata a INPGI) da quella derivante da altre attività (versata a INPS GS).

Verifiche contributive: come visto, l’INPGI controlla annualmente tramite dati fiscali. Per il giornalista, in pratica: le somme fatturate in qualità di giornalista devono risultare dichiarate sia al Fisco che all’INPGI. Se l’INPGI scopre compensi non denunciati, invierà richieste e, in mancanza di spiegazioni, recupererà i contributi dovuti (con sanzioni amministrative specifiche). Per es., se Mario ha fatturato €20.000 di prestazioni giornalistiche nel 2021 ma all’INPGI ha dichiarato solo €10.000, l’ente chiederà spiegazioni e, se insoddisfatto, imporrà il versamento della differenza contributiva e una sanzione. È quindi fondamentale riportare al Fisco e all’INPGI le stesse cifre di reddito.

10. Domande frequenti – Q&A

  • D: Quali sono i miei diritti se l’Agenzia mi avvia una verifica fiscale?
    R: Il giornalista ha diritto alle garanzie dello Statuto del contribuente (L. 212/2000). In pratica, il Fisco deve informarvi per iscritto delle motivazioni della verifica e indicarvi quali periodi e imposte riguardano. Durante l’accesso e il contraddittorio avete il diritto di essere assistiti da un professionista (commercialista/avvocato) . Potete presentare memorie e documenti, che devono essere verbalizzati dagli ispettori. Inoltre, prima di formulare l’avviso definitivo, l’Ufficio deve interloquire con voi (“contraddittorio”), soprattutto se usa presunzioni statistiche . Se tali fasi mancano, l’atto potrebbe essere annullato.
  • D: Cosa posso fare se ricevo un questionario dell’Agenzia?
    R: Rispondete entro i termini (solitamente 30 giorni) fornendo tutte le informazioni richieste. Preparate la documentazione a supporto (contratti, fatture, ricevute). Se il quesito vi sembra poco chiaro, potete chiedere per iscritto una specifica. Evitate di ignorare la richiesta: la mancata risposta può esporvi a rettifiche presuntive. Una buona prassi è inoltrare una relazione difensiva allegando documentazione giustificativa (ad es. note spese per le trasferte contestate).
  • D: Devo presentare ricorso subito dopo l’avviso di accertamento?
    R: Prima di ricorrere in Commissione Tributaria, è obbligatorio tentare la mediazione fiscale (conciliazione), secondo gli ultimi aggiornamenti normativi. Se la mediazione fallisce o non si applica, potete impugnare l’avviso con ricorso entro 60 giorni dalla notifica . È consigliabile raccogliere subito tutta la documentazione e predisporre il ricorso con un legale. Un’alternativa alla via giudiziaria è l’accertamento con adesione, che può abbattere le sanzioni pagate (da un sesto a un decimo) in cambio dell’adesione al maggior reddito contestato.
  • D: Posso rateizzare le somme richieste?
    R: Sì. Se l’avviso diventa definitivo, potete chiedere la rateazione del pagamento all’Agenzia delle Entrate. Le somme di imposta, sanzioni e interessi possono essere dilazionate (tipicamente fino a 72 rate mensili) purché si siano versate almeno il primo anno di imposta. La rateazione non interrompe l’esecuzione e richiede la presentazione del modello F24 secondo le scadenze pattuite.
  • D: Cosa succede se contesto le sanzioni?
    R: In Commissione Tributaria potete chiedere l’annullamento o la riduzione delle sanzioni denunciando la violazione dello Statuto (es. mancata verbalizzazione) o l’inesistenza del dolo. Se riuscite a dimostrare buona fede e correttezza delle scritture, la Commissione potrebbe ridurre le sanzioni fino al minimo legale (1%-10% dell’imposta evasa). In assenza di dolo, spesso si applicano sanzioni minime (1,5%-3% mensili con ravvedimento).
  • D: Quali aspetti previdenziali devo verificare?
    R: Controllate di aver comunicato all’INPGI entro il 30 settembre di ogni anno tutti i redditi giornalistici percepiti (anche cumulati con più committenti) . Il mancato invio comporta solleciti e possibili maggiorazioni. Assicuratevi di aver versato correttamente i contributi soggettivi (12-14%) e integrativi (4%) dovuti sui compensi fatturati come freelance. Se avete redditi da altre attività, versate per essi i contributi INPS GS separatamente. In caso di contenzioso INPGI, potete proporre reclamo o opposizione tributaria analogamente a quanto avviene per il Fisco.
  • D: Esempio pratico – mi contestano un ricavo con ritenuta d’acconto.
    R: Se vi arriva un avviso in cui l’Ufficio chiede di tassare un compenso incassato con ritenuta come reddito in capo al percettore (come se fosse assimilato dipendente), controllate se si tratta di rapporti occasionali (dipendenti non giornalisti) o di prestazioni professionali con ritenuta. Spesso la ritenuta si applica solo a collaborazioni occasionali o lavoro dipendente; se invece il rapporto era di libera professione (e avreste dovuto emettere fattura con IVA), potete far presente l’inquadramento corretto del vostro rapporto (esibendo contratti o circolari che distinguono le prestazioni giornalistiche). Oppure, se si tratta davvero di un lavoro subordinato, potrebbero aver trascurato di trattarlo come tale.
  • D: Collaborazioni con clienti esteri, come gestirle?
    R: I compensi percepiti da committenti esteri (sia come libero professionista che come diritto d’autore) vanno inseriti nella dichiarazione dei redditi italiani e sono tassati in Italia come tutti gli altri (principio del reddito mondiale). Se all’estero è stata applicata una ritenuta o imposta, potete ottenere un credito d’imposta nel modello REDDITI per non essere tassati due volte. Per provare il versamento estero, conservate le ricevute delle trattenute. Le convenzioni internazionali contro la doppia imposizione stabiliscono generalmente che i royalties (canoni di diritto d’autore) sono imponibili solo nello Stato di residenza (Italia) , ma in ogni caso dovete dichiarare anche quei redditi in Italia e poi chiedere il credito. In tema di IVA, se la prestazione è resa a un soggetto estero (che fornisce i dati di partita IVA comunitaria, o Nazione extra-UE), in genere si applica l’inversione contabile (iva a debito del cessionario estero) o l’esenzione. In caso di dubbi, conviene rivolgersi a un esperto di fiscalità internazionale.

Hai ricevuto un avviso dall’Agenzia delle Entrate perché, come giornalista freelance, ti vengono contestati compensi non dichiarati o spese non inerenti? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Hai ricevuto un avviso dall’Agenzia delle Entrate perché, come giornalista freelance, ti vengono contestati compensi non dichiarati o spese non inerenti?
Vuoi sapere cosa rischi e come predisporre una difesa efficace?

👉 Prima regola: dimostra la trasparenza delle collaborazioni e delle fatture emesse, la tracciabilità dei pagamenti e l’inerenza delle spese legate all’attività giornalistica.


⚖️ Quando scattano le contestazioni

  • Compensi da collaborazioni editoriali non fatturati o non dichiarati;
  • Diritti d’autore o royalties percepiti e non registrati;
  • Accrediti da piattaforme digitali o collaborazioni online non contabilizzati;
  • Spese dedotte (attrezzatura, viaggi, abbonamenti, corsi) considerate non inerenti;
  • Scostamenti dai parametri ISA o dai redditi medi della categoria.

📌 Conseguenze della contestazione

  • Recupero delle imposte sui compensi ritenuti non dichiarati;
  • Indeducibilità dei costi giudicati non pertinenti;
  • Sanzioni fiscali per dichiarazione infedele o omessa fatturazione;
  • Interessi di mora sulle somme accertate;
  • Rischio di contestazioni contributive INPS (Gestione separata).

🔍 Cosa verificare per difendersi

  • Ogni collaborazione giornalistica è stata fatturata e registrata?
  • I compensi percepiti erano redditi imponibili o rimborsi spese documentati?
  • Le spese dedotte erano effettivamente necessarie all’attività (attrezzature, fonti, viaggi)?
  • Le differenze derivano da articoli non pubblicati o compensi non riscossi?
  • L’accertamento si basa su prove concrete o su presunzioni?

🧾 Documenti utili alla difesa

  • Contratti e lettere di incarico con editori e testate;
  • Fatture elettroniche e ricevute fiscali emesse;
  • Estratti conto bancari e accrediti da piattaforme digitali;
  • Documentazione delle spese dedotte (viaggi, strumenti di lavoro, abbonamenti a banche dati);
  • Dichiarazioni fiscali e registri IVA.

🛠️ Strategie di difesa

  • Dimostrare la regolarità della contabilità e la tracciabilità dei compensi;
  • Contestare ricostruzioni presuntive basate su parametri statistici;
  • Evidenziare la natura effettivamente professionale delle spese dedotte;
  • Eccepire errori di calcolo o motivazioni insufficienti negli atti di accertamento;
  • Richiedere l’annullamento in autotutela se la documentazione era già agli atti;
  • Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro i termini.

🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

📂 Analizza i compensi e i costi contestati al giornalista freelance;
📌 Verifica la fondatezza delle contestazioni e individua i margini difensivi;
✍️ Redige memorie difensive e ricorsi tributari;
⚖️ Ti rappresenta davanti alla Corte di Giustizia Tributaria e, se necessario, anche in sede penale;
🔁 Suggerisce strategie preventive per una gestione fiscale sicura e trasparente della professione giornalistica.


🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in contenzioso tributario e fiscalità dei liberi professionisti;
✔️ Specializzato in difesa contro contestazioni fiscali a giornalisti, autori e freelance;
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.


Conclusione

Gli accertamenti fiscali ai giornalisti freelance non sempre sono fondati: spesso derivano da presunzioni, errori documentali o interpretazioni restrittive delle spese.
Con una difesa mirata puoi dimostrare la correttezza della tua posizione, ridurre drasticamente sanzioni e interessi ed evitare conseguenze penali.

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  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
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