Hai ricevuto una contestazione dall’Agenzia delle Entrate per compensi corrisposti a praticanti e non dichiarati? In questi casi, l’Ufficio presume che i pagamenti effettuati ai collaboratori in formazione siano stati gestiti “in nero”, senza regolare contratto e senza l’applicazione delle ritenute fiscali e contributive previste. Le conseguenze possono essere molto pesanti: recupero delle imposte, sanzioni elevate e, nei casi più seri, contestazioni penali per lavoro irregolare ed evasione fiscale. Tuttavia, non sempre la contestazione è fondata: con una difesa adeguata è possibile dimostrare la correttezza delle somme erogate o ridurre sensibilmente le pretese del Fisco.
Quando l’Agenzia delle Entrate contesta compensi ai praticanti
– Se sono stati erogati compensi senza emissione di fattura o ricevuta fiscale
– Se non è stato stipulato alcun contratto o convenzione formativa ufficiale
– Se i movimenti bancari evidenziano pagamenti non giustificati contabilmente
– Se le somme corrisposte non sono state dichiarate dal praticante né dal professionista
– Se l’Ufficio presume che le somme rappresentino lavoro subordinato occulto
Conseguenze della contestazione
– Recupero a tassazione dei compensi ritenuti non dichiarati
– Obbligo di versamento delle ritenute d’acconto non operate né versate
– Applicazione di sanzioni fino al 200% delle somme accertate
– Interessi di mora sulle somme dovute
– Nei casi più gravi, denuncia penale per dichiarazione infedele ed eventuale lavoro nero
Come difendersi dalla contestazione
– Dimostrare che i compensi corrisposti erano rimborsi spese documentati e non redditi imponibili
– Produrre contratti di tirocinio, convenzioni con ordini professionali o enti formativi
– Presentare ricevute, fatture e dichiarazioni del praticante a giustificazione dei pagamenti
– Contestare la qualificazione come lavoro subordinato se trattasi di collaborazione formativa
– Evidenziare errori di calcolo, difetti istruttori o vizi di motivazione nell’accertamento
– Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per ottenere la riduzione o l’annullamento della pretesa
Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare i flussi finanziari e i contratti di tirocinio o pratica professionale
– Verificare la legittimità della contestazione e la corretta qualificazione giuridica dei rapporti
– Predisporre un ricorso basato su prove documentali e giurisprudenza favorevole
– Difendere il professionista davanti ai giudici tributari e, se necessario, anche in sede penale
– Tutelare il patrimonio personale e professionale da conseguenze fiscali sproporzionate
Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale della contestazione
– La riduzione delle sanzioni e degli interessi applicati
– La regolarizzazione della posizione fiscale e contributiva con effetti limitati nel tempo
– Il riconoscimento della natura non reddituale delle somme corrisposte
– La certezza di pagare solo quanto realmente previsto dalla legge
⚠️ Attenzione: i compensi ai praticanti sono tra le voci più frequentemente contestate dal Fisco, specialmente quando mancano contratti scritti o documentazione fiscale. È fondamentale predisporre una difesa solida e documentata per evitare conseguenze economiche e legali pesanti.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e del lavoro – spiega come difendersi in caso di contestazione per compensi ai praticanti non dichiarati e quali strategie adottare per tutelare i tuoi interessi.
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Introduzione
Negli studi professionali e nelle imprese è frequente la verifica dell’Ispettorato del Lavoro e dell’INPS sull’impiego di praticanti/formatori. La normativa italiana definisce il tirocinio formativo (legge 24/6/1997 n.196) e professionale (legge 31/12/2012 n.247 per il praticantato forense) come percorsi formativi che non costituiscono di per sé un rapporto di lavoro subordinato . In altre parole, salvo casi di abuso, l’internato non deve essere trattato come un normale dipendente, e non è prevista retribuzione obbligatoria minima (sono dovuti al massimo il rimborso spese e, per i praticanti avvocati, un eventuale compenso dopo il primo semestre solo a discrezione del professionista ).
Tuttavia, poiché spesso il tirocinio viene utilizzato impropriamente per coprire mansioni produttive, gli organi di controllo (Fisco, INPS, INL) possono contestare abbagli che configurino lavoro nero o rapporti di lavoro subordinato celati. Le contestazioni possono riguardare sanzioni fiscali e contributive, recupero di imposte su compensi non dichiarati, contributi previdenziali arretrati e ammende (anche penali) per reati di lavoro irregolare . Di seguito una guida avanzata (con leggi aggiornate a settembre 2025, giurisprudenza recente e orientamenti ufficiali) su come orientarsi in tali casi dal punto di vista del datore di lavoro (prospettiva del debitore), con esempi pratici, tabelle e domande frequenti.
Quadro normativo di riferimento
- Tirocini formativi e di orientamento (legge 24/6/1997 n.196): il tirocinio formativo è disciplinaticamente distinto dal rapporto di lavoro subordinato. L’art.18 co.1 lett. d) stabilisce che un tirocinio è “rapporto non costituente rapporto di lavoro”, della durata massima di 12 mesi (24 per portatori di handicap) . In particolare, la convenzione di tirocinio non genera diritti lavoristici come ferie retribuite, indennità di malattia, TFR, ecc. Vige l’obbligo assicurativo INAIL (convenzione obbligatoria) e il tirocinante deve avere un tutore formativo .
- Tirocinio professionale (es. praticantato forense, legge 247/2012): per i praticanti avvocati l’art.41 co.11 L.247/2012 ribadisce che “il tirocinio professionale non determina di diritto l’instaurazione di rapporto di lavoro subordinato” . Nello stesso comma si prevede l’obbligo di rimborso spese sostenute dal praticante (sempre dovuto) e – soltanto negli enti pubblici o presso l’Avvocatura dello Stato – la possibilità di riconoscere con contratto un’indennità dopo i primi 6 mesi . Il regolamento attuativo (D.M. 70/2016) conferma queste regole, prevedendo un “patto formativo” formalizzato e controlli periodici del Consiglio dell’Ordine. Importante: la legge non fissa compensi minimi obbligatori o percentuali fisse .
- Lavoro subordinato: contrapposto al tirocinio, il lavoro subordinato (normato dal codice civile e d.lgs. 81/2015, ex Legge Biagi) implica assunzione formale, busta paga, contributi Inps/Inail, tutele (Tfr, ferie, malattia, ecc.). In caso di sospetta equiparazione da tirocinio a lavoro, l’ispettorato applica le stesse regole previste per il lavoro nero, con pesanti sanzioni contributive e amministrative .
- Nuove disposizioni 2022/2025: la Legge di Bilancio 2022 (L.234/2021, commi 721-723) ha ribadito che “il tirocinio non costituisce rapporto di lavoro e non può essere utilizzato in sostituzione di un rapporto di lavoro dipendente” . In caso di tirocinio svolto “in modo fraudolento” (ovvero solo per sostituire lavoratori), il datore rischia sanzioni penali: una ammenda di 50 euro al giorno per ogni tirocinante coinvolto . Inoltre, le linee guida ministeriali (nota MI-GIUST. del 2023) hanno chiarito che, per i tirocini ministeriali (titolati dall’art.37 DL 98/2011), non è dovuta alcuna regolarizzazione contributiva né retributiva . Analoghe indicazioni provengono dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro (nota 21/3/2022) che ha fornito istruzioni operative su come considerare abusi e frodi nell’ambito dei tirocini .
Di seguito una tabella riepilogativa che confronta i principali profili normativi dei tirocini (formativi e professionali) rispetto al lavoro subordinato:
Aspetto | Tirocinio formativo (L.196/97) | Tirocinio professionale (L.247/2012) | Lavoro subordinato |
---|---|---|---|
Durata massima | 12 mesi (24 per disabili) | 18 mesi (16 per laureati a luglio 2020 ) | Nessuna durata prefissata |
Contratto/Iscrizione | Convenzione fra promotore e datore (firmata anche dal tirocinante e ente formativo) | Iscrizione a registro prat. Ordine; “patto formativo” e convenzione con lo studio | Contratto di assunzione formale; comunicazioni obbligatorie (DM 10/2009) |
Retribuzione | Non obbligatoria (solo eventuale indennità a carico enti promotori; rimborso spese obbligatorio se previsto) | Non obbligatoria (solo rimborso spese; possibile compenso dopo 6 mesi con contratto pubblico) | Obbligatoria secondo CCNL/legge; deve garantire minimi tabellari e art.36 Cost. sulla “retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro” |
Contributi previdenziali | Nessun contributo obbligatorio (solo copertura INAIL obbligatoria) | Generalmente Inps “Gestione Separata” o versamenti di apprendistato se applicato (attuale orientamento INPS/Consiglio Stato: contributi a INPS, non alla Cassa professionale ) | Contributi INPS/INAIL/gestione separata obbligatori (quota a carico datore e lavoratore) |
Inquadramento fiscale | Nessun reddito “da lavoro”, tipicamente non imponibile (o indennità di partecipazione, in ogni caso non retribuzione); obbligo ibridi IVA/ritenute per autonomi solo se pattuito | Per il praticante avvocato liberalizzazione: paga irpef normale su eventuali compensi (il praticantato non genera imposta separata) | Reddito da lavoro dipendente soggetto a Irpef con ritenuta, contributi, e relative addizionali |
Diritti del lavoratore | Non spettano indennità (malattia, maternità, TFR ecc.); spetta tutela assicurativa INAIL, codice etico/promozioni formative. | Spetta rimborso spese; codice deontologico (art.40 CDF) riconosce diritto a “compenso adeguato” dopo 6 mesi ; assieme a gestione previdenziale (ad es. Inps Gestione Sep.) | Spettano tutte le tutele lavoristiche (ferie, maternità, pensione, previdenza, salute) e assistenza INAIL |
Sanzioni per abusi | Se il tirocinio è “in sostituzione” di lavoro vero, violazione L.234/2021: ammenda di 50€/giorno per ogni tirocinante + azioni giudiziarie (eventuale ricostruzione rapporto) | Idem come sopra ; in più, per i praticanti avvocati si può segnalare all’Ordine e alla Cassa di previdenza forense per eventuali violazioni deontologiche | Lavoro in nero: maxi-sanzioni amministrative e penali; versamenti contributivi integrali; obblighi fiscali; procedimento penale possibile in caso di violazioni gravi |
Fonte: elaborazione da L. 196/1997, L. 247/2012 (art.41) , D.M. 70/2016, sentenza CdS 5182/2025 , note ministeriali e dottrina .
Motivi di contestazione comuni
Le contestazioni all’imprenditore/debitore possono provenire da diversi fronti:
- Accertamenti fiscali: l’Agenzia delle Entrate può ricostruire i redditi dei praticanti o collaboratori “non inquadrati” e pretendere il versamento di Irpef + sanzioni. Nella pratica forense, se al praticante è stato corrisposto (anche impropriamente) un compenso o rimborso, potrebbe essere considerato imponibile . Tuttavia, la prassi ministeriale sui tirocinanti (es. tirocinio ministeriale) esclude obbligo contributivo e retributivo . In caso di contratti co.co.co. non registrati o “fatture false”, scatteranno accertamenti IRPEF e IVA , come per qualsiasi lavoro non documentato.
- Accertamenti INPS/INAIL: l’INPS può contestare l’omesso versamento contributivo se qualifica il tirocinio come rapporto parasubordinato o subordinato mascherato. Ad esempio, nei tirocini commercialisti la giurisprudenza amministrativa ha ribadito (CdS 5182/2025) che i praticanti versano i contributi alla Gestione Separata INPS, non alla cassa ordinistica . Se un ispettore ritiene che un “tirocinante” svolgesse lavoro di fatto, potrà ordinare l’iscrizione retroattiva nella Gestione Separata e imporre sanzioni contributive e amministrative (ad es. 10% sul dovuto) .
- Ispezioni lavoro (INL): l’Ispettorato nazionale del Lavoro controlla il rispetto delle normative anti-lavoro nero. Nel settore professionale (studi legali/commerciali/tecnici), se trova persone senza regolare inquadramento, le regole sono analoghe ai casi aziendali . Il rischio è la riqualificazione del tirocinio in lavoro subordinato di fatto, con maxi-sanzioni (20-40% della retribuzione + contributi) . L’ispettorato tiene conto degli specifici requisiti: esistenza di progetto formativo, coerenza delle mansioni con l’apprendimento, presenza di un tutor, libertà di orario per il tirocinante, ecc. Se il tirocinante svolge soprattutto compiti operativi sotto vincoli rigidi, l’INL potrebbe contestare l’abuso . L’ultima normativa (L.234/21) inasprisce sanzioni e reintrod. sanzione penale di ammenda se il tirocinio è usato per “sostituire” un dipendente .
- Contenzioso civile: il praticante (o collaboratore a partita IVA) potrebbe citare in giudizio il professionista per il riconoscimento del lavoro subordinato e il pagamento del retribuzione e contributi arretrati . In tali cause l’onere della prova grava su chi rivendica lo status di lavoratore . Secondo la Cassazione, se il praticante dimostra di aver svolto mansioni tipiche di un dipendente (orario fisso, ordini gerarchici, compenso fisso) e l’assenza di reale attività formativa, il giudice può riconoscere il rapporto di lavoro . Ma la giurisprudenza tende a tutelare il tirocinio: serve prova chiara di abuso marcato perché il giudice riconosca il lavoro “mascherato” . Numerose sentenze (anche isolate) hanno riqualificato in dipendenti avvocati praticanti usati come segretari o “apprendisti falsi” .
- Responsabilità professionali: se il praticante commette errori, la difesa può ricollegare la responsabilità allo studio ospitante (ad es. avvocato responsabile del tirocinante ). Ciononostante, ciò non solleva il datore di lavoro dalle contestazioni contributive/fiscali, ma è un ulteriore motivo di contenzioso potenziale.
Strategie di difesa (punto di vista del debitore)
In caso di contestazione ai compensi/praticanti non dichiarati, il datore di lavoro (o studio professionale) deve preparare un’immediata linea difensiva. Ecco alcuni principi e azioni chiave:
- Documentare il rapporto formativo: conservare copia del patto formativo, convenzione di tirocinio e ogni documento interno (registro attività, relazioni tutor, permessi di studio) che attesti la natura formativa del percorso. Tali elementi dimostrano che il praticante era inserito per apprendere, non per sostituire un lavoratore. Ad esempio, il praticantato forense prevede obbligatoriamente un “progetto formativo” approvato dall’Ordine ; in fase ispettiva va mostrato come prova principale.
- Distanziarsi da un rapporto subordinato: illustrare che il praticante non aveva orari fissi né compiti esclusivi. Come difesa, sottolineare testimonianze di tutor/colleghi che confermino libertà di studio al di fuori dell’attività in studio . Un contratto di collaborazione con partita IVA (ove esistente) può aiutare a dimostrare autonomia (pagamento a cottimo, più commesse, orari flessibili) . Se il praticante è presente part-time o su chiamata, evidenziare che ciò contrasta con un ordinario rapporto di lavoro.
- Rimborso spese vs compenso: ribadire che in caso di studente/praticante il rimborso documentato (vitto, trasporto) non equivale a stipendio. La Corte Costituzionale e la normativa interpretativa chiariscono che l’indennità di tirocinio è un contributo marginale a fini formativi, non un salario. In risposta a contestazioni fiscali, contestare che certe somme erano rimborso (non imponibile) o contributo spese retribuito in altro titolo.
- Tempistica e ammontare dei pagamenti: se è stata riconosciuta qualche “borsa di studio” al praticante, verificare se è avvenuta nei tempi previsti dalla legge (oltre 6 mesi) e in quale misura. Laddove dovuto, sottolineare l’insufficienza di fondi o l’assenza dell’obbligo di legge di retribuire . In ogni caso, dimostrare che il pagamento (se avvenuto) era rapportato alla mera indennità prevista dalla legge (o addirittura inferiore).
- Contestare l’interpretazione degli accertatori: nell’atto di contestazione (INPS, Agenzia Entrate, INL) spesso vi sono errori di calcolo o di qualificazione dei compensi. Verificare attentamente il conteggio dei contributi/retribuzioni, contestando ad es. se l’ispettore ha assunto redditi non documentati o non imponibili. Ad esempio, se si afferma che «tutto il rimborso spese è reddito», può contrastarsi dimostrando con documenti contabili l’effettivo costo delle trasferte sostenute dal praticante (dimostrando che non era retribuzione).
- Negoziazione e rateazione: se la contestazione riguarda somme ingenti (imposte e contributi arretrati), considerare di negoziare con gli enti (accolta sanatoria con ravvedimento operoso, rateazione). In sede tributaria/tributo contributiva, come difensore si può presentare un’istanza conciliativa (per esempio con l’Agenzia delle Entrate) basata sulla buona fede e l’inesperienza gestionale, chiedendo l’applicazione delle sanzioni minori o la definizione agevolata.
- Far leva sull’onere della prova: se i praticanti stessi intraprendono causa (come ipotizzato), ricordare che la Cassazione pone l’onere della prova sull’attore che reclama il rapporto di lavoro . Ciò significa che, in giudizio, il praticante deve dimostrare gli elementi tipici del lavoro (ordini, subordinazione, stipendio mensile fisso, obbligo di timbratura, ecc.). Se la difesa può documentare qualsiasi forma di autonomia (es. clausole di libera uscite, orario scarso, didattica), il giudice tenderà a dare più credito al percorso formativo.
- Utilizzare consulenze tecniche: se necessario, nominare in giudizio un CTU in materia contabile/lavoristica per ricostruire il valore del tirocinio svolto, dimostrando che l’apporto effettivo del praticante era marginale rispetto alle attività complessive dello studio.
- Difesa in sede penale (lavoro nero): in caso di procedimento penale (omissione contributiva grave, etc.), occorre far leva sulla novità normativa: per l’abuso del tirocinio ora è prevista solo l’ammenda pecuniaria (art. 1, comma 723 L.234/2021) e non più la reclusione. Si potrà comunque contestare lo “svolgimento in modo fraudolento” (quindi nega impostazione dolosa) e invocare eventuale patteggiamento delle sanzioni pecuniarie previste. In pratica, argomentare che non vi era volontà di eludere il fisco ma semmai di sostenere il tirocinante (mancanza di dolo), anche esibendo progetti formativi.
Tabelle riepilogative
Oltre alla precedente, possono risultare utili ulteriori tabelle comparative per orientarsi. Ad esempio:
Tabella 1: Confronto tra rimborso spese e compenso
Elemento | Rimborso spese | Compenso/Trattenuta |
---|---|---|
Definizione | Rimborso diretto di spese documentate (trasporti, vitto, alloggio) | Pagamento fisso (borsa di studio, stipendio) mensile |
Tassazione | Di solito non imponibile (se provata) | Sempre imponibile come reddito di lavoro |
Contributi | No contributi diretti (di norma) | Contributi previdenziali e INAIL dovuti in base alla natura del rapporto (subordinato o parasubordinato) |
Prova | Deve essere documentato (ricevute, ordini) | De fatto risulta da buste paga o contratti scritti |
Uso in contestazione | Difficile da riqualificare (se correttamente impiegato) | Se occultato può essere contestato come lavoro in nero |
Tabella 2: Passaggi tipici dell’accertamento vs difesa
Fase | Ipotesi di accertatori | Linea difensiva (datore) |
---|---|---|
Raccolta prove ispettiva | Praticanti senza contratto → “lavoratori in nero” | Mostrare documenti formativi; convenzioni, curricula |
Contestazione contributiva | Assume contributi su tutto il periodo di tirocinio | Evidenziare che il tirocinio è esente da contribuzione obbligatoria , tutt’al più riconosciuta come forma di collaborazione autonoma |
Determinazione imponibile | Dichiarano qualsiasi pagamento come retribuzione | Dimostrare natura di rimborso o indennità di frequenza (non reddituale) |
Calcolo sanzioni | Applicano sanzione minima legale (fino al 180% IRPEF) | Contestare errori di conteggio, chiedere riduzione o sanatoria parziale |
Queste tabelle aiutano a vedere subito i punti chiave di confronto (p.es. il rimborso spese non è retribuzione , mentre il compenso fisso generalmente sì).
Domande e risposte frequenti (Q&A)
- Domanda: Il praticante in uno studio legale ha diritto a un compenso minimo?
Risposta: No, secondo la normativa vigente il compenso non è obbligatorio . L’unica indennità prevista è il rimborso spese documentato. Dopo 6 mesi il professionista può scegliere (o decidere di non) riconoscere un compenso secondo il principio di “apporto effettivo” . L’art.40 del Codice deontologico impone un “compenso adeguato” dopo 6 mesi , ma la violazione di tale dovere deontologico espone solo a sanzioni disciplinari (dell’Ordine) e non a obblighi civilistici/tributari diretti. - Domanda: Posso ricevere una multa se impiego il praticante come segretario non retribuito?
Risposta: Sì, se l’ispettorato valuta che il tirocinio è stato svolto “in modo fraudolento” per coprire mansioni ordinarie, scatta l’ammenda di €50 al giorno per ogni praticante coinvolto . Inoltre, il praticante potrebbe chiedere in giudizio l’accertamento del rapporto di lavoro e il pagamento degli arretrati. Per difendersi, bisogna dimostrare che le mansioni affidate erano compatibili con il percorso formativo e che il praticante manteneva autonomia (p.es. nessun obbligo di presenza fissa, attività di studio a casa, ecc.) . - Domanda: Il praticante presta servizio per 3 anni senza contratto: può chiedere la riqualificazione in lavoro dipendente?
Risposta: Teoricamente sì, ma in pratica il tirocinio forense ha durata legale fissata (18 mesi ridotti a 16 in alcune fattispecie ) e al termine non si rinnova automaticamente. Un praticante che resti “senza contratto” per anni non è più in tirocinio regolare. Se ha lavorato effettivamente oltre quel periodo, può far valere i suoi diritti come lavoratore subordinato. Tuttavia, occorre considerare l’onere probatorio: deve provare di aver agito come dipendente (rigide mansioni, ritmi fissi, ecc.). Al tempo stesso, lo studio difenderà la natura formativa dei compiti svolti. Ogni situazione va valutata nel dettaglio, ma la legge non riconosce un tirocinio prolungato oltre i limiti normativi . - Domanda: Come si fa ricorso contro un verbale INPS/Inps per omessi contributi su tirocinio?
Risposta: In primo luogo, verificare preliminarmente se la contestazione è legittima: ad es. se riguarda tirocini davvero formativi (che non richiedono contributi) o rapporti parasubordinati. Se ritieni che non sussista obbligo contributivo, si può presentare al datore un’istanza di autotutela o ricorso amministrativo (entro 30 giorni dalla notifica) indirizzato all’INPS o eventualmente al giudice del lavoro. Il ricorso deve contenere: prove documentali di assenza di vero rapporto di lavoro (convenzione, progetto formativo, orari variabili), argomenti normativi (art.18 L.196/97; art.41 L.247/12; art.723 L.234/2021) e giurisprudenza (es. sentenze C.d.S. su tirocini ). Spesso si allega anche una memoria difensiva con schema logico (vedi Simulazione sotto). Il punto è far valere il principio che su un tirocinio non si devono calcolare contributi INPS come per un dipendente normale, a meno di prova del contrario. - Domanda: Il praticante ha partita IVA e paga la Gestione Separata: devo comunque dichiararlo?
Risposta: L’Agenzia Entrate e l’INPS considerano rilevante la reale fattispecie. Se un praticante con partita IVA è in tirocinio forense (magari svolge solo compiti di studio e affiancamento), in linea di principio non è obbligatorio considerarlo come collaboratore continuativo ai fini contributivi. Tuttavia, il Consiglio di Stato (sent. 5182/2025) ha precisato che se il praticante svolge effettivamente attività autonoma, versa contributi in Gestione Separata . In ogni caso, bisogna dimostrare che non c’era subordinazione: la partita IVA agevola la tesi dell’autonomia. L’Ordine degli avvocati (Codice Deontologico) li considera “coadiutori liberi”, ma se in realtà il praticante collabora full-time esclusivamente per lo studio (es. orari fissi), l’INL potrebbe contestare la subordinazione anche nel regime autonomo .
Simulazioni pratiche (esempi)
- Studio legale con praticante “sfruttato”: l’INPS notifica allo studio un avviso di addebito per contributi INPS arretrati (Gestione Separata) riferiti a un praticante rimasto 2 anni in tirocinio non retribuito. In difesa, lo studio presenta: a) copia del patto formativo e del regolamento di studio che dimostrano l’assenza di un rapporto di lavoro; b) dichiarazioni di colleghi che certificano i limiti dell’attività svolta (ad es. praticante libero di studiare da casa, non obbligato a firmare cartellino) ; c) ricorso giustificato sulla base del “tirocinio non lavoro” (L.196/97, L.247/12, Art.723 L.234/21) e della sentenza CdS 5182/2025 (che conferma contributi INPS, non obbligo lavorativi extra) . Si chiede la riduzione o annullamento della contestazione in quanto infondata.
- Praticante contestato dall’Agenzia Entrate: l’ufficio tributario contesta 5.000 € di IRPEF non versati sul “rimborso spese” del praticante. Lo studio risponde che quelle somme erano esclusivamente rimborso documentato di trasporti e pasti, non corrispettivo per attività lavorativa. Presenta fatture e ricevute come prova, sottolinea che la letteratura tributaria esclude ritenuta come se fosse reddito (in assenza di vera paga) , ed evidenzia che la normativa non definisce l’indennità di tirocinio come reddito tassabile. Chiede l’annullamento parziale dell’accertamento (al massimo imponibile = 0) secondo giurisprudenza sulle convenzioni di stage, oppure sanatoria con sanzioni ridotte.
- Praticante denuncia lavoro: un ex praticante fa causa allo studio pretendendo stipendio e TFR per il periodo di tirocinio. Come difesa, lo studio allega: a) convenzione di tirocinio (dimostrazione scritta della natura formativa) ; b) regolamento interno che definisce l’orario flessibile e la mansione “studio legale tirocini”; c) testimonianze di tutor/colleghi che affermano che il praticante era presente solo saltuariamente e sotto supervisione. La difesa sottolinea che la Cassazione richiede prova chiara di abbandono del tirocinio e che la giurisprudenza tende a tutelare il tirocinio formativo. In alternativa, può offrire un transazione (es. piccolo rimborso forfettario) per chiudere l’azione a costi minori di un giudizio.
Modelli di memorie e atti difensivi (indicazioni)
In caso di contenzioso formale (giudiziario o stragiudiziale), è utile predisporre memorie difensive con i seguenti punti:
- Premesse fattuali: descrivere il percorso formativo, la durata e le modalità del tirocinio (partecipazione, orari, mansioni). Indicare ogni documento (convenzione, piano formativo, attestati, registri) che definisce la qualifica di tirocinante e il progetto didattico.
- Questa qualifica giuridica: citare le norme applicabili (es. art.18 L.196/97; art.41 L.247/2012) e i principi ministeriali (Nota INL 2022) che escludono un rapporto di lavoro vero e proprio. Aggiungete la giurisprudenza in tema di stage (se disponibile), come sentenze Cassazione o pronunce del Ministero .
- Consistenza della contestazione: analizzare punto per punto l’avviso (calcolo contributi o imposte). Segnalare eventuali vizi (es. omissione applicazione di aliquote ridotte, erronea ricostruzione del reddito imponibile).
- Richiesta finale: chiedere l’annullamento totale o parziale dell’atto di accertamento/verbale, oppure la sua riqualificazione (p.es. trattare i compensi come rimborso spese, non come reddito di lavoro). Se pertinente, chiedere l’esclusione della responsabilità penale (art. 633 c.p. sul lavoro nero), vista la novità dell’ammenda e l’assenza di dolo intenzionale.
Ad esempio, un paragrafo di una memoria difensiva potrebbe recitare:
“In base all’art.18 L.196/97, il tirocinio pratico-orientativo non costituisce rapporto di lavoro subordinato. Il praticante X era regolarmente iscritto e svolgeva attività in formazione, come da convenzione stipulata. I rimborsi percepiti dal praticante sono stati esclusivamente relativi a documentate spese di trasferta (DM 142/98, art.5) e non vanno qualificati come reddito da lavoro. Si chiede pertanto di disapplicare l’accertamento contributivo che erroneamente equipara tali rimborsi a compensi imponibili.”
Conclusioni
In sintesi, la difesa del debitore di fronte a contestazioni sui praticanti non dichiarati si basa su una combinazione di argomentazioni giuridiche (norme, sentenze, orientamenti ministeriali) e prove fattuali (contratti di tirocinio, regolamenti interni, testimonianze). Il passaggio cruciale è dimostrare la reale natura formativa del rapporto ed evitare l’ombra del lavoro subordinato. Le sanzioni per un abuso fraudolento sono oggi severe (ammende penali), ma non automatiche: la legge richiede prova del dolo e dell’uso improprio del tirocinio . Presentarsi preparati con una difesa documentata può spesso ridurre o eliminare completamente l’onere richiesto.
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👉 Prima regola: dimostra la corretta natura dei rapporti con i praticanti e la tracciabilità dei pagamenti, distinguendo tra borse di studio, rimborsi spese e veri compensi professionali.
⚖️ Quando scattano le contestazioni
- Pagamenti a praticanti qualificati come rimborsi ma considerati compensi;
- Utilizzo di praticanti con attività continuative non regolarmente inquadrate;
- Omissione della certificazione dei compensi (CU) o della ritenuta d’acconto;
- Pagamenti non tracciabili effettuati in contanti;
- Differenze tra i contratti di pratica professionale e i flussi finanziari effettivi.
📌 Conseguenze della contestazione
- Recupero delle imposte sui compensi ritenuti non dichiarati;
- Sanzioni fiscali per omessa o infedele dichiarazione;
- Interessi di mora sulle somme accertate;
- Rischio di contestazioni contributive INPS;
- Possibili contestazioni penali per utilizzo di lavoro irregolare.
🔍 Cosa verificare per difendersi
- I pagamenti ai praticanti erano compensi o semplici rimborsi spese?
- Sono stati rispettati i limiti normativi per i rapporti di tirocinio?
- Le somme erano tracciabili e documentate?
- Sono state correttamente rilasciate le certificazioni fiscali?
- L’accertamento si basa su prove documentali o su presunzioni?
🧾 Documenti utili alla difesa
- Contratti di pratica professionale e regolamenti interni;
- Ricevute, fatture o note spese dei praticanti;
- Estratti conto bancari che attestano i pagamenti;
- Eventuali CU e modelli F24 relativi alle ritenute;
- Dichiarazioni fiscali e registrazioni contabili.
🛠️ Strategie di difesa
- Dimostrare la natura non retributiva dei rimborsi spese;
- Contestare la riqualificazione automatica come compensi imponibili;
- Evidenziare la buona fede e la conformità alle norme sui tirocini;
- Eccepire errori di calcolo o difetti di motivazione nell’accertamento;
- Richiedere annullamento in autotutela se la documentazione era già disponibile;
- Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro i termini previsti.
🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
📂 Analizza i rapporti di pratica e i pagamenti effettuati;
📌 Valuta la fondatezza della contestazione e i margini difensivi;
✍️ Predispone memorie difensive e ricorsi tributari;
⚖️ Ti rappresenta davanti alla Corte di Giustizia Tributaria e, se necessario, in sede penale;
🔁 Suggerisce strategie preventive per una gestione regolare dei praticanti e dei relativi compensi.
🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in contenzioso tributario e diritto del lavoro;
✔️ Specializzato in difesa contro contestazioni su compensi e rapporti di tirocinio;
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Le contestazioni per compensi ai praticanti non dichiarati non sempre sono fondate: spesso derivano da errori di qualificazione dei rapporti o da carenze documentali.
Con una difesa mirata puoi dimostrare la reale natura delle somme erogate, ridurre drasticamente sanzioni e interessi ed evitare conseguenze penali.
📞 Contatta subito l’Avv. Giuseppe Monardo per una consulenza riservata: la tua difesa contro le contestazioni fiscali sui praticanti inizia qui.