Contestazione Per Canoni Di Locazione Non Registrati: Come Difendersi

Hai ricevuto una contestazione dall’Agenzia delle Entrate per canoni di locazione non registrati? In questi casi, l’Ufficio presume che i redditi da locazione percepiti non siano stati dichiarati, perché i contratti non risultano registrati nei termini previsti o perché i canoni incassati superano quelli riportati nell’atto registrato. Le conseguenze possono essere molto pesanti: recupero delle imposte, sanzioni elevate e, nei casi più gravi, contestazioni penali. Tuttavia, non sempre la contestazione è fondata: con una difesa ben documentata è possibile dimostrare la correttezza della posizione o ridurre sensibilmente le pretese del Fisco.

Quando l’Agenzia delle Entrate contesta canoni di locazione non registrati
– Se il contratto di locazione non è stato registrato entro 30 giorni dalla stipula
– Se i canoni percepiti sono maggiori rispetto a quelli dichiarati nel contratto registrato
– Se i versamenti bancari o i movimenti finanziari non coincidono con i redditi dichiarati
– Se vi sono segnalazioni da parte degli inquilini o da controlli incrociati con altre banche dati
– Se l’Ufficio presume la presenza di affitti “in nero” o parzialmente dichiarati

Conseguenze della contestazione
– Recupero a tassazione dei redditi da locazione non dichiarati
– Applicazione di sanzioni dal 120% al 240% delle maggiori imposte accertate
– Interessi di mora sulle somme dovute
– Possibile nullità del contratto di locazione non registrato e obbligo di registrazione d’ufficio
– Nei casi più gravi, denuncia penale per dichiarazione infedele o evasione fiscale

Come difendersi dalla contestazione
– Dimostrare la regolarità dei contratti di locazione con registrazioni effettuate anche tardivamente
– Produrre ricevute di pagamento, bonifici bancari e quietanze a giustificazione delle somme percepite
– Contestare la presunzione di affitto “in nero” se il canone era inferiore per ragioni specifiche (abitazioni degradate, affitti concordati, contratti agevolati)
– Evidenziare errori di calcolo, difetti istruttori o vizi di motivazione nell’accertamento
– Richiedere la riduzione delle sanzioni tramite adesione o definizione agevolata
– Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per chiedere l’annullamento totale o parziale della pretesa

Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare i contratti di locazione e i flussi finanziari oggetto di contestazione
– Verificare la legittimità della contestazione e la corretta qualificazione dei redditi locativi
– Predisporre un ricorso fondato su prove concrete e giurisprudenza favorevole
– Difendere il proprietario davanti ai giudici tributari e, se necessario, anche in sede penale
– Tutelare il patrimonio immobiliare e personale da conseguenze fiscali sproporzionate

Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale della contestazione
– La riduzione di sanzioni e interessi applicati
– La sospensione delle richieste di pagamento già notificate
– Il riconoscimento della correttezza delle dichiarazioni rese
– La certezza di pagare solo quanto realmente previsto dalla legge

⚠️ Attenzione: i canoni di locazione non registrati sono una delle aree più attenzionate dal Fisco, che incrocia i dati catastali, le utenze domestiche e i flussi finanziari. È fondamentale predisporre una difesa tempestiva e ben documentata per evitare conseguenze economiche e legali pesanti.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e immobiliare – spiega come difendersi in caso di contestazione per canoni di locazione non registrati e quali strategie adottare per tutelare i tuoi interessi.

👉 Sei un proprietario e hai ricevuto una contestazione per canoni di locazione non registrati? Richiedi in fondo alla guida una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo la tua posizione, verificheremo la legittimità della contestazione e costruiremo la strategia difensiva più efficace per proteggere i tuoi interessi.

Introduzione

I contratti di locazione non registrati – i cosiddetti affitti “in nero” – rappresentano una violazione sia delle norme civilistiche sia di quelle fiscali. La legge italiana impone la registrazione obbligatoria di ogni contratto di locazione immobiliare entro 30 giorni dalla stipula (se la durata supera i 30 giorni complessivi annui), a pena di nullità del contratto stesso. Questo obbligo è volto a contrastare l’evasione fiscale sui canoni di affitto e a garantire trasparenza nel mercato immobiliare. In particolare, l’art. 1, comma 346, della Legge 311/2004 (Finanziaria 2005) stabilisce che «i contratti di locazione […] comunque stipulati, sono nulli se […] non sono registrati».

La mancata registrazione di un contratto di affitto comporta conseguenze civili e fiscali rilevantissime. Sul piano civilistico, il contratto è colpito da nullità assoluta (sebbene orientata a tutela dell’inquilino), il che pone problemi in merito all’esigibilità dei canoni, alla possibilità di sfratto e alla validità stessa del rapporto locatizio. Sul piano fiscale, il locatore (proprietario) diviene passibile di sanzioni amministrative pesanti, sia per l’imposta di registro evasa sia per le imposte sui redditi non dichiarati. Inoltre, l’Agenzia delle Entrate può presumere l’esistenza di una locazione “in nero” anche per gli anni precedenti a quello accertato (fino a 4 anni a ritroso), imputando un canone forfetario pari al 10% del valore catastale dell’immobile, salvo prova contraria.

Questo vademecum aggiornato a settembre 2025 analizza in dettaglio la normativa italiana vigente, gli orientamenti giurisprudenziali più recenti (con particolare riguardo alle sentenze di legittimità e costituzionali), nonché le possibili strategie di difesa dal punto di vista del debitore. Saranno esaminati i profili civilistici (nullità del contratto, diritti del conduttore e del locatore, simulazioni di canone) e quelli fiscali (accertamenti dell’Agenzia delle Entrate e sanzioni tributarie).

Nota sulla prospettiva adottata: si esamineranno le tutele possibili per la parte che si trova “in difetto” apparente (il debitore). In un contratto di affitto “in nero”, il conduttore è debitore del canone non dichiarato e potrebbe voler opporre la nullità per difendersi da richieste di pagamento o sfratto; specularmente, il locatore inadempiente è debitore verso l’Erario delle imposte evase e potrebbe doversi difendere da accertamenti fiscali o da richieste di restituzione di somme da parte dell’inquilino. La guida considera entrambe le situazioni, con l’obiettivo di illustrare come difendersi dalle contestazioni relative a canoni di locazione non registrati.

(Di seguito, “locatore” indica il proprietario che concede in affitto l’immobile; “conduttore” o “inquilino” indica chi lo occupa in locazione).

Obbligo di forma scritta e registrazione del contratto di locazione

Per comprendere le conseguenze della mancata registrazione, occorre partire dagli obblighi legali in materia di locazioni immobiliari. Due adempimenti fondamentali gravano sulle parti (in primis sul locatore) al momento di stipulare un contratto di affitto: la forma scritta e la registrazione fiscale.

  • Forma scritta obbligatoria: per gli immobili ad uso abitativo la legge richiede espressamente la forma scritta del contratto, a pena di nullità. L’art. 1, comma 4, della Legge 431/1998 dispone infatti che per le locazioni abitative “i contratti sono stipulati in forma scritta” e la giurisprudenza ha qualificato la nullità derivante dalla mancanza di forma come nullità di protezione a favore dell’inquilino . Ciò significa che un contratto verbale di affitto di una casa è in linea di principio nullo, ma la sua nullità può essere fatta valere solo dal conduttore (parte debole) e non dal locatore, secondo la Cassazione . Il locatore dunque non può invocare la nullità di un contratto verbale/non registrato per sfrattare l’inquilino o per sottrarsi ai propri obblighi – si tratta di una nullità relativa posta a tutela dell’inquilino. Diversa è la situazione per le locazioni commerciali o industriali: formalmente la legge 392/1978 non imponeva espressamente la forma scritta per i contratti di durata entro 9 anni, ma nella prassi qualsiasi locazione d’uso diverso viene conclusa per iscritto. In ogni caso, il requisito fiscale della registrazione (vedi oltre) rende di fatto necessaria la forma scritta anche per queste locazioni. Un contratto verbale di locazione commerciale non registrato è anch’esso soggetto a nullità, e anche in tal caso la giurisprudenza tende a considerarla a tutela del conduttore (nullità rilevabile solo a istanza di quest’ultimo) .
  • Obbligo di registrazione fiscale: tutti i contratti di locazione di beni immobili (abitativi e non) di durata superiore a 30 giorni complessivi annui devono essere registrati presso l’Agenzia delle Entrate entro 30 giorni dalla stipula (o dalla decorrenza, se anteriore). Tale obbligo discende dal D.P.R. 131/1986 (Testo Unico dell’Imposta di Registro), art. 17 e 5, e dall’art. 13 della legge 431/1998 per le locazioni abitative come modificato nel 2016. La registrazione serve a pagare l’imposta di registro dovuta sul contratto (2% del canone annuo, salvo opzione per la cedolare secca) e a dare data certa all’atto. Fino al 2015 la legge prevedeva la responsabilità solidale di entrambe le parti (locatore e conduttore) nell’obbligo di registrare, ma la Legge di Stabilità 2016 (L. 208/2015) ha posto tale obbligo in capo esclusivo al locatore per le locazioni abitative. In dettaglio, la L. 208/2015 art. 1 comma 59 (entrata in vigore dal 1º gennaio 2016) ha modificato l’art. 13 L. 431/98 imponendo al locatore di provvedere alla registrazione entro 30 giorni e di darne comunicazione all’inquilino entro i successivi 60 giorni. Rimane comunque ferma, a livello fiscale, la solidarietà passiva di entrambi per il pagamento dell’imposta di registro (art. 57 DPR 131/86); ciò significa che, in caso di inadempimento, l’Erario potrebbe teoricamente rivalersi su entrambi. Nella pratica, tuttavia, le sanzioni colpiscono quasi esclusivamente il proprietario (il quale aveva l’onere di attivarsi) e nessuna sanzione diretta è normalmente irrogata all’inquilino . È importante notare che l’eventuale nullità civilistica del contratto non elimina l’obbligo tributario: l’art. 38 DPR 131/1986 specifica che la nullità o annullabilità di un atto non dispensa le parti dal registrarlo e pagare le imposte dovute.

Eccezione: sono esenti da registrazione (perché non soggetti) solo i contratti di durata fino a 30 giorni complessivi nell’anno, tipicamente affitti turistici brevissimi o comodati brevi. In tutti gli altri casi (contratti annuali, 4+4, 6+6 commerciali, transitori superiori a 30 giorni, ecc.) la registrazione è obbligatoria. Va registrato anche un comodato d’uso gratuito se supera i 30 giorni, sebbene non preveda canone (l’imposta in tal caso è fissa); spesso i comodati vengono usati fittiziamente per mascherare affitti in nero, ma sono situazioni facilmente smascherabili in sede fiscale.

In sintesi, per essere in regola: (a) redigere il contratto in forma scritta; (b) registrarlo all’AdE entro 30 giorni. La violazione di questi obblighi espone a conseguenze serie, come vedremo in dettaglio. Nei paragrafi successivi analizzeremo dapprima il profilo civilistico (validità/nullità del contratto e tutele delle parti) e successivamente il profilo fiscale (accertamenti e sanzioni).

Nullità del contratto di locazione non registrato: evoluzione normativa e giurisprudenziale

L’inadempimento dell’obbligo di registrazione comporta la nullità civilistica del contratto di locazione, in forza di una norma imperativa introdotta nel 2005 e tuttora vigente. Esamineremo come si è affermato questo principio, le interpretazioni giurisprudenziali e le possibilità di “sanatoria” tardiva del contratto.

La regola introdotta dalla Finanziaria 2005: nullità ex lege per omessa registrazione

Il punto di partenza è l’art. 1, comma 346, della Legge 311/2004 (legge finanziaria 2005), che ha elevato l’obbligo di registrazione a norma imperativa la cui violazione determina nullità del contratto. La disposizione recita: “i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari […] sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati”. Si tratta di una nullità testuale prevista espressamente dal legislatore per sanzionare ogni forma di elusione fiscale in materia di affitti. La Corte Costituzionale ha confermato la legittimità e la natura imperativa di questa norma (sent. n. 420/2007), rimarcando che il legislatore fiscale ha volutamente introdotto una nullità civilistica funzionale a contrastare il nero. Dunque, dal 2005 in avanti un contratto di locazione non registrato entro i termini è radicalmente nullo (nullità ex art. 1418 c.c. per violazione di norma imperativa).

Questa nullità opera trasversalmente su tutte le locazioni di immobili, indipendentemente dalla tipologia (abitativa, commerciale, uso diverso). Il tenore della legge (“unità immobiliari ovvero loro porzioni, comunque stipulati”) è generale. Pertanto, un affitto di un negozio o capannone non registrato è nullo al pari di un affitto di appartamento non registrato. Non rileva nemmeno la causa: anche un leasing immobiliare o una locazione finanziaria rientrano nella previsione se configurabili come locazione non registrata (nei casi dubbi, prevale l’obbligo fiscale). In definitiva, la registrazione tempestiva è condicio iuris per l’efficacia del contratto: senza registrazione, il contratto non produce effetti giuridici vincolanti tra le parti.

Va evidenziato che inizialmente vi è stata incertezza interpretativa sul tipo di vizio: alcune pronunce distinguevano tra nullità e semplice inefficacia temporanea del contratto non registrato. Un primo orientamento riteneva infatti che la mancata registrazione rendesse il contratto inefficace finché non registrato, ma non nullo in via definitiva – la registrazione sarebbe stata vista come una condizione sospensiva di efficacia, che una volta avverata “convalidava” il contratto retroattivamente. Secondo questa tesi, il contratto in nero rimaneva valido sub iudice, e l’inquilino comunque tenuto a pagare un’indennità per l’occupazione dell’immobile (corrispettivo per la detenzione) anche in assenza di efficacia.

L’orientamento opposto, più aderente al dato letterale, sosteneva invece che la legge avesse introdotto una vera nullità “testuale”: il contratto in nero è nullo ab origine, e la registrazione omessa nei termini non è una mera irregolarità sanabile, ma un vizio invalidante insanabile, con la conseguenza che nessun obbligo di canone sorge validamente a carico del conduttore. Tale interpretazione punitiva era coerente con la finalità antievasione, ma poneva il problema di cosa accadesse se le parti registravano tardivamente il contratto. La norma del 2005 in sé non contemplava esplicitamente la registrazione tardiva come rimedio alla nullità.

La “sanatoria” tramite registrazione tardiva: orientamento attuale della Cassazione

Col tempo, la giurisprudenza di legittimità ha composto il contrasto, riconoscendo che la nullità da mancata registrazione – pur essendo originariamente configurata come nullità assoluta – può essere sanata attraverso la registrazione tardiva del contratto, con efficacia retroattiva (ex tunc). Questo indirizzo si è affermato definitivamente con due sentenze delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nel 2017.

In particolare, la Cassazione a Sezioni Unite n. 23601/2017 ha statuito che: “in tema di locazione immobiliare […], la mancata registrazione del contratto […] ne determina la nullità ex art. 1, comma 346, L. 311/2004, che […] è sanata con effetti ex tunc dalla tardiva registrazione del contratto”. Analogamente Cass. Sez. Unite n. 10498/2017 ha affermato che la possibilità di sanatoria con efficacia retroattiva è coerente con l’impianto normativo sull’obbligo di registrazione e con la presenza di istituti come il ravvedimento operoso in ambito tributario. In altre parole, pur confermando la nullità del contratto non registrato (violazione di norma imperativa ai sensi dell’art. 1418 c.c.), la Suprema Corte ha qualificato tale nullità come “atipica” o “funzionale”, proprio perché la legge fiscale consente la regolarizzazione tardiva (pagamento dell’imposta di registro con sanzioni ridotte) e mira a preservare la stabilità dei rapporti contrattuali una volta sanato l’inadempimento.

Dunque, ad oggi il principio vigente è: se le parti procedono a registrare il contratto in un momento successivo (ancorché oltre i 30 giorni previsti), il contratto cessa di essere nullo e produce i suoi effetti come se fosse stato validamente stipulato fin dall’inizio (sanatoria per adempimento con effetto retroattivo). Questo orientamento concilia l’esigenza sanzionatoria con quella di evitare effetti eccessivamente destabilizzanti: si punisce il locatore inadempiente sul piano fiscale (multa), ma se egli regolarizza la sua posizione pagando il dovuto, il rapporto contrattuale viene “ripristinato” legalmente. Si noti che la tardiva registrazione è considerata implicitamente ammessa dalla normativa tributaria (in quanto è sempre possibile registrare un contratto pagando sanzioni) e, una volta avvenuta, rimuove la causa di nullità.

Va sottolineato che tale sanatoria opera solo se il contratto viene effettivamente registrato (anche in ritardo). Fino a quel momento, il contratto resta affetto da nullità e l’inquilino può legittimamente rifiutarsi di pagare i canoni pattuiti (vedremo infra le tutele del conduttore). Ma se il locatore, ad esempio all’avvio di una causa, corre ai ripari e registra il contratto, egli potrà rivendicare gli effetti del contratto stesso, canoni compresi, fin dall’origine. La Cassazione ha infatti chiarito che il contratto non registrato “può comunque produrre i suoi effetti con decorrenza ex tunc” a seguito di registrazione tardiva.

Esempio pratico: Tizio locatore e Caio conduttore stipulano un contratto il 1° gennaio ma non lo registrano. A luglio Caio smette di pagare, invocando la nullità. Se Tizio registra il contratto in agosto (magari tramite ravvedimento), il contratto viene con ciò sanato retroattivamente: Tizio potrà esigere i canoni arretrati da gennaio e promuovere sfratto per morosità. Se invece il contratto non viene mai registrato, Caio potrà opporre definitivamente la nullità e non pagare nulla per il periodo di occupazione (salvo un’indennità di occupazione eventualmente dovuta, come si dirà).

Le Sezioni Unite del 2017 hanno quindi risolto ogni dubbio: la registrazione è una condizione legale di efficacia del contratto, il cui mancato avveramento genera nullità ma il cui tardivo avveramento la cura. Questa interpretazione è stata confermata anche da pronunce successive, ad es. Cass. Sez. III n. 34156/2019, che ha applicato il principio al caso concreto ribadendo la sanatoria ex tunc in presenza di registrazione tardiva. Si noti che resta fermo l’assoggettamento del locatore alle sanzioni fiscali per il ritardo: la registrazione tardiva “sana” gli effetti civili ma non evita le multe tributarie (si pagherà l’imposta evasa + sanzione ridotta se spontaneo, v. § Profili fiscali). In ogni caso, l’ordinamento incentiva la regolarizzazione: ad esempio, mediante ravvedimento operoso il locatore può registrare in ritardo volontariamente, versando sanzioni molto mitigate, ottenendo sia il ripristino del contratto sul piano civile sia la riduzione delle penalità sul piano fiscale (vedi oltre).

Attenzione: la sanatoria per registrazione tardiva non si estende a eventuali patti occulti sul canone. Se le parti, oltre a un contratto registrato a canone ridotto, avevano un accordo segreto per un canone maggiore non registrato, quest’ultimo patto è considerato insanabilmente nullo – anche se in teoria venisse registrato successivamente – in quanto volto a frodare la legge sul canone concordato o a evadere imposte. Le Sezioni Unite 2017 hanno infatti distinto due ipotesi: (a) contratto unico non registrato (nullità sanabile con registrazione tardiva); (b) contratto regolarmente registrato a canone inferiore + accordo integrativo “in nero” per aumento canone (l’accordo integrativo è nullo ab origine e non può essere convalidato dopo). In tal caso, resta valido solo il contratto principale al canone inferiore. Analogamente, la Legge 431/1998 art. 13 comma 1, applicabile alle locazioni abitative, dichiara nulla ogni pattuizione che determini un canone superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato. Il conduttore, entro 6 mesi dalla riconsegna dell’immobile, può chiedere la restituzione di quanto pagato in più rispetto al canone registrato. In definitiva, il locatore non trae alcun beneficio da giochi di scritture separate: qualsiasi patto occulto di maggiorazione del canone è nullo e il conduttore può recuperare le somme indebitamente versate in eccedenza. Questa nullità dei patti in nero è considerata nullità di protezione non sanabile: non può essere fatta valere dal locatore e resta definitiva per il patto fraudolento.

La disciplina speciale delle locazioni abitative dopo il 2016: riconduzione a congruità del contratto in nero

Un capitolo a parte meritano le locazioni ad uso abitativo, oggetto di interventi normativi ad hoc per contrastare gli affitti in nero. Abbiamo visto che la legge 311/2004 già sanzionava con nullità i contratti non registrati. Nel 2011 il governo, con il D.Lgs. 23/2011, tentò di introdurre una misura ancora più incisiva: in caso di mancata registrazione entro 30 giorni, il conduttore poteva denunciare il contratto e ottenerne una registrazione d’ufficio con condizioni drasticamente ridotte (canone legale pari a triplo della rendita catastale, durata 4+4 anni). Questa sorta di “conversione coatta” del contratto a canone irrisorio costituiva una forte sanzione per il locatore evasore e un premio per l’inquilino denunciante. Tuttavia, tali disposizioni (art. 3 commi 8-9 D.Lgs. 23/2011) furono dichiarate incostituzionali dalla Corte Costituzionale (sent. n. 50/2014) per eccesso di delega. Successivi tentativi transitori di salvare gli effetti prodotti (decreto “Piano Casa” 2014) sono stati anch’essi bocciati dalla Consulta per violazione del giudicato costituzionale. Il risultato, verso fine 2015, era un vuoto normativo: caduta la disciplina premiale del 2011, restava formalmente la nullità ex L. 311/2004.

Il legislatore è intervenuto nuovamente con la Legge di Stabilità 2016 (L. 208/2015), che ha riscritto l’art. 13 L. 431/98 integrandolo con una procedura simile (ma meno penalizzante) a quella del 2011. Dal 1° gennaio 2016, se un contratto abitativo non è registrato entro 30 giorni, il conduttore può adire l’Autorità Giudiziaria per far dichiarare l’esistenza del contratto e ottenerne la riconduzione alle condizioni legali previste dalla L. 431/98. In pratica, l’inquilino può chiedere al giudice di “regolarizzare” il rapporto: il tribunale, accertato che vi è stata una locazione di fatto, stabilirà una durata contrattuale di legge (tipicamente 4 anni +4 di rinnovo) e un canone di mercato “congruo” ma non superiore ai parametri normativi. La legge prevede infatti che il canone determinato dal giudice non possa eccedere il valore minimo definito per contratti a canone concordato (o comunque il minimo definito dall’art. 2 L. 431/98). Ciò significa che il canone legale sarà quello calmierato dagli accordi territoriali (se disponibili) o, nei contratti liberi 4+4, comunque non superiore al minimo di mercato riscontrabile. È una forma di riconduzione a equità: l’inquilino non resterà nell’immobile gratis, ma pagherà un affitto equo stabilito secondo legge, generalmente inferiore a quello originariamente preteso dal locatore in nero.

Questa azione giudiziaria è stata introdotta come strumento di tutela dell’inquilino onesto: anziché sfruttare la nullità per non pagare nulla (col rischio però di perdere la casa), il conduttore può scegliere di far emergere il contratto e assicurarsi una locazione stabile a condizioni favorevoli. Da notare che, a differenza della norma del 2011, qui il canone legale non è il simbolico “triplo della rendita catastale” (spesso irrisorio), ma il minimo contrattuale previsto dalla legge – che in zone con accordi territoriali equivale al canone concordato minimo, mentre altrove richiede un criterio equitativo del giudice. In ogni caso il locatore evasore è punito: perde l’eventuale canone elevato pattuito in nero e deve accontentarsi del minimo di legge, oltre a vedersi imposto un contratto di lunga durata.

Importante: la Cassazione ha chiarito che questa norma del 2016 non ha effetto retroattivo sui contratti conclusi prima (per quelli, vale la disciplina previgente). Per i contratti successivi al 2016, invece, il conduttore può avvalersi della riconduzione giudiziale. La nullità per omessa registrazione nelle locazioni abitative attuali si configura dunque come “nullità di protezione” a favore del conduttore: può essere fatta valere dal solo inquilino, sia come eccezione (per resistere a richieste del locatore) sia come azione (per ottenere la regolarizzazione in giudizio) . Il locatore non può invocarla attivamente (ad es. non può sfruttare la propria omissione per far dichiarare nullo il contratto e cacciare l’inquilino). La Sentenza Cass. 9475/2021 ha appunto affermato che il contratto abitativo verbale e non registrato è affetto da nullità relativa azionabile dal solo conduttore, specie per contratti anteriori alla riforma del 2016 .

In pratica, oggi un inquilino che viva in un immobile in forza di un accordo non registrato ha due opzioni principali: (1) smettere di pagare e opporre la nullità se il proprietario lo cita in giudizio (con il rischio di dover lasciare l’immobile dopo la lite); oppure (2) promuovere un’azione di riconduzione ex art. 13 L.431 per farsi riconoscere un contratto 4+4 a canone legale, continuando così a godere dell’immobile legalmente e a un affitto più basso. La seconda opzione è spesso preferibile se l’inquilino intende restare nell’abitazione, perché gli garantisce un titolo valido e impedisce al proprietario di sfrattarlo a breve. Naturalmente, dovrà iniziare a pagare il canone determinato dal giudice. In ogni caso, qualsiasi somma versata in passato sopra il canone legale risultante (o addirittura tutte le somme, se il contratto era integralmente in nero) potrà essere restituita al conduttore, su richiesta, in quanto indebito ex lege.

Riassumendo il quadro civilistico: un contratto di locazione non registrato è nullo, ma – a seconda dei casi – tale nullità:

  • può essere sanata se il contratto viene successivamente registrato (effetto ex tunc: il contratto rivive come se sempre valido);
  • può essere fatta valere dal conduttore per non pagare canoni non dovuti o per riottenere somme pagate in nero;
  • non può essere strumentalizzata dal locatore a proprio vantaggio (nullità di protezione) ;
  • nelle locazioni abitative, permette al conduttore di ottenere un contratto regolare d’ufficio a condizioni eque (riconduzione giudiziale);
  • i patti simulatori sul canone (affitto “fuori contratto”) sono nulli in via definitiva e non sanabili – il conduttore paga solo quanto risultante dal contratto registrato, e può ripetere gli importi extra corrisposti.

Nei paragrafi seguenti analizzeremo gli effetti concreti di queste regole sulle posizioni di conduttore e locatore, fornendo una prospettiva pratica su come difendersi in caso di contestazione di canoni in nero.

Effetti e tutele dal punto di vista del conduttore (inquilino)

Il conduttore che si trovi in un rapporto di affitto non registrato (o parzialmente in nero) ha dalla sua parte una serie di strumenti di difesa previsti dall’ordinamento. Il legislatore e i giudici riconoscono infatti il conduttore come parte “debole” in queste situazioni, spesso ricattabile dal locatore evasore. Ecco le principali tutele e strategie difensive per l’inquilino:

  • Eccezione di nullità per mancata registrazione: se il locatore agisce contro l’inquilino (per es. chiedendo il pagamento di canoni arretrati o intimando sfratto per morosità basato su un contratto non registrato), il conduttore può eccepire in giudizio la nullità del contratto per violazione dell’art. 1 co.346 L.311/2004. Trattandosi di nullità derivante da norma imperativa, il giudice deve rilevarla d’ufficio se emergono gli elementi (ad es. se risulta che il contratto non è stato registrato) – ma in concreto è il conduttore a dover sollevare la questione per tutelarsi. L’eccezione di nullità, se accolta, comporta che nessun canone è giuridicamente dovuto per il periodo in cui il contratto è stato in nero. La Cassazione ha affermato chiaramente che un contratto nullo “non produce alcun effetto e quindi alcun pagamento è dovuto” dal conduttore, e se pagamenti vi sono stati essi integrano un indebito oggettivo da restituire. Dunque, l’inquilino trascinato in tribunale per morosità potrà difendersi dimostrando la mancata registrazione: ciò blocca la pretesa di pagamento del locatore (che non può invocare un titolo nullo) e impedisce l’emissione di un decreto di sfratto per morosità fondato su quel contratto. Attenzione: l’eccezione di nullità è efficace fino a quando il contratto resta non registrato. Se il locatore provvede a registrarlo durante il giudizio (sanando il vizio retroattivamente), l’inquilino potrebbe vedersi opporre dal locatore la ritrovata validità del contratto e la debenza dei canoni maturati. In tal caso, la difesa dell’inquilino consisterà nell’evidenziare la tardività e mala fede della registrazione (effettuata solo dopo essere stato scoperto) e nell’insistere sul fatto che per il periodo antecedente il pagamento non era dovuto. Tuttavia, la sanatoria ex tunc riconosciuta dalla Cassazione potrebbe far sì che il giudice condanni comunque l’inquilino a corrispondere i canoni arretrati (essendo venuta meno la nullità). È dunque cruciale per l’inquilino agire prontamente: se intende far leva sulla nullità, idealmente dovrebbe farlo prima che il locatore sani la situazione.
  • Autosospensione del pagamento dei canoni illegittimi: grazie a questa nullità, il conduttore può rifiutarsi di pagare il canone pattuito in nero senza esporsi a conseguenze legali, almeno finché il contratto è irregolare. Giuridicamente il rifiuto trova fondamento nell’exceptio nullitatis: un contratto nullo non può essere eseguito né può giustificare pretese di adempimento. La legittimità di questa condotta è confermata dalla Cassazione: nell’affermare che “nessun pagamento è dovuto” se il contratto non è registrato, implica che l’inquilino può sospendere i pagamenti dei canoni senza che ciò costituisca inadempimento (perché l’obbligo stesso non esiste validamente). L’inquilino deve però essere consapevole che smettere di pagare probabilmente innescherà una reazione del proprietario – tipicamente un’intimazione di sfratto per morosità – alla quale dovrà poi opporre formalmente la nullità in giudizio. In altri termini, l’autosospensione è un passo conflittuale che porta quasi certamente a una causa: prima di intraprenderlo, il conduttore dovrebbe considerare la possibilità di soluzioni alternative (come la riconduzione legale, v. infra) se intende mantenere l’alloggio. In ogni caso, qualora il locatore si attivi, l’inquilino ha solide basi legali per difendersi (nessun giudice convaliderà uno sfratto basato su un contratto nullo, una volta eccepita la nullità).
  • Azione per la riconduzione a condizioni legali (solo per abitativo): se l’inquilino vuole continuare ad abitare l’immobile ma a condizioni legittime, può attivare l’azione di cui all’art. 13 co.5 L. 431/98 (introdotto nel 2016) chiedendo al giudice di dichiarare la sussistenza di un rapporto di locazione e di stabilirne durata e canone secondo legge. Questa azione è esperibile anche in corso di causa di sfratto (come domanda riconvenzionale) oppure separatamente. In pratica, l’inquilino dovrà dimostrare l’esistenza di un accordo di locazione (anche se verbale) e la mancata registrazione entro i termini. Il giudice, accertato ciò, pronuncerà una sentenza che funge da “contratto” formalizzato: di solito verrà imposto un contratto 4 anni +4 (o 3+2 se il conduttore lo preferisce e ne ha diritto, ad esempio in zone ad canone concordato) con decorrenza dalla data della sentenza o dalla domanda, e un canone mensile determinato in base ai criteri di equo canone o canone concordato minimo (mai superiore al minimo delle tabelle locali). Ad esempio, se l’inquilino pagava €800 in nero e il canone concordato minimo per quell’immobile sarebbe €500, il giudice fisserà €500. L’inquilino a quel punto sarà tenuto a pagare regolarmente quel canone “ufficiale” da quel momento in avanti, ma non dovrà corrispondere differenze per il passato (salvo forse il canone legale per i mesi precedenti, ma su ciò la legge non è chiara – tendenzialmente per il periodo precedente si applica la nullità, quindi nulla era dovuto). L’azione va valutata attentamente: è efficace solo per contratti nati dopo il 2016 (per quelli prima non si applica retroattivamente); inoltre, una volta ottenuta la riconduzione, l’inquilino perde la possibilità di andarsene a piacimento – sarà vincolato da un contratto regolare. Tuttavia, mantiene anche il diritto di recesso per gravi motivi ex art. 3 L.431/98 se previsto. In sintesi, questa strada istituzionalizza il rapporto alle migliori condizioni possibili per l’inquilino e mette fine al regime di illegalità. È consigliabile quando l’inquilino ha necessità di stabilità abitativa e può dimostrare le condizioni per la riconduzione (ad esempio tramite testimoni, ricevute di pagamenti, dichiarazione di domicilio, ecc.).
  • Richiesta di restituzione dei canoni “in nero” già pagati: il conduttore che in passato abbia versato somme non dovute (perché derivanti da un contratto nullo o da un patto occulto) ha il diritto di chiederne la restituzione al locatore. Per le locazioni abitative, questo diritto è formalizzato dall’art. 13 L. 431/98 comma 2: “il conduttore, entro sei mesi dalla riconsegna dell’immobile, può chiedere la restituzione delle somme corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto e registrato”. Ciò copre sia i casi di doppio contratto (differenza tra quanto pagato e quanto registrato) sia i casi di contratto del tutto in nero (in cui risultante dal contratto scritto registrato è zero, quindi tutte le somme sono restituibili). La giurisprudenza ha peraltro esteso la tutela anche fuori dall’ambito strettamente abitativo facendo leva sul principio dell’indebito oggettivo: se un contratto è nullo, i pagamenti eseguiti senza valida causa devono essere restituiti dal ricevente (artt. 2033 e 1422 c.c.). Ad esempio, Cass. 25503/2016 ha confermato che i canoni versati in base a un contratto nullo vanno restituiti al conduttore, senza possibilità per il locatore di trattenerli a diverso titolo. Dunque, dal punto di vista pratico, l’inquilino: (a) può sospendere i pagamenti futuri; e (b) può anche recuperare quelli passati. Per far ciò, in genere dovrà agire giudizialmente (a meno che il locatore non accetti spontaneamente di restituire). Nell’azione di ripetizione, l’onere della prova di quanto indebitamente versato grava sul conduttore, che dovrà provare l’esistenza del contratto in nero (tramite testimoni, ammissioni, documenti) e i pagamenti effettuati (ricevute, bonifici, o anche qui testimoni se in contanti). Superato questo, la vittoria è quasi certa perché il patto di pagamento in nero è nullo ex lege. Limite temporale: nel settore abitativo vige la decadenza di 6 mesi dalla fine del rapporto, pensata per evitare azioni tardive (dopo anni) magari opportunistiche. Se il conduttore lascia l’immobile, deve dunque valutare di inviare subito una richiesta scritta di rimborso e, in mancanza, avviare causa entro 6 mesi. Trascorso tale termine (per le locazioni abitative), perde il diritto di rimborso ex lege. Rimarrà eventualmente una pretesa di arricchimento senza causa generale, ma di difficile successo visto il principio “in pari delicto turpitudine non succedit action” (non si accorda tutela a chi ha volontariamente partecipato a un atto illecito). Pertanto, tempestività è la parola d’ordine: far valere i propri diritti quando ancora freschi.
  • Nullità relativa e “non sfrattabilità” ad iniziativa del locatore: un altro aspetto difensivo implicito è che il locatore, essendo in difetto lui per primo (non ha registrato), non può utilizzare la nullità a proprio favore. In pratica, il locatore non può agire per sfratto dichiarando lui stesso nullo il contratto per cacciar via l’inquilino: se prova a farlo (magari sostenendo che essendo nullo non esiste un titolo e chiedendo rilascio), il giudice probabilmente qualificherà la domanda come una di restituzione per occupazione senza titolo. Ma in tali casi la giurisprudenza, specialmente per l’abitativo, è attenta a non avallare comportamenti opportunistici del proprietario. Si parla di nullità di protezione: solo l’inquilino può farla valere . Così, se un locatore intimasse all’inquilino di andar via sostenendo “il vostro contratto è nullo perché non l’ho registrato”, l’inquilino potrebbe opporsi eccependo che quella nullità è posta nel suo interesse e che comunque, avendolo il locatore tollerato fino a quel momento, va riconosciuto un rapporto di fatto tutelato. In ogni caso il locatore, per ottenere legalmente il rilascio, dovrà quantomeno registrare il contratto o, se insiste sulla nullità, dovrà seguire la via ordinaria (vedi § successivo sulle tutele del locatore). Sotto questo profilo, il conduttore può sentirsi protetto: la legge non consente al proprietario di “sfruttare” la situazione irregolare creata da lui stesso per buttare fuori l’inquilino a proprio piacimento.
  • Assenza di conseguenze fiscali per il conduttore: infine, vale la pena chiarire che il conduttore che ha pagato affitti in nero non commette reato o illecito fiscale per il solo fatto di aver corrisposto somme non registrate. L’obbligo di dichiarare quel reddito ricadeva sul proprietario, non sull’inquilino. L’inquilino rischia semmai di perdere eventuali benefici fiscali (es: detrazioni canone per studenti universitari o lavoratori fuori sede) perché non potrà documentare un contratto registrato, ma non è soggetto a sanzioni tributarie. Le sanzioni amministrative per mancata registrazione colpiscono il locatore (e formalmente entrambi per l’imposta di registro, ma come visto l’AdE le imputa al locatore) . Dunque il conduttore non deve temere, nell’agire in giudizio o nel denunciare il nero, di incorrere in multe a proprio carico: l’Agenzia delle Entrate, anzi, vede di buon occhio le segnalazioni degli inquilini, poiché portano all’emersione di imponibili evasi. In passato sono esistiti anche “incentivi” per il conduttore denunciante (il canone ridotto di cui al D.Lgs. 23/2011, poi invalidato). Oggi tali incentivi non ci sono più, ma rimane il fatto che l’inquilino denunciante può regolarizzare la propria posizione abitativa e smettere di pagare somme non dovute.

Sintesi per il conduttore: Se sei un inquilino in nero, puoi difenderti smettendo di pagare l’affitto illegittimo e, se il proprietario ti fa causa, invocare la nullità del contratto. Puoi anche attivarti tu per primo, chiedendo al giudice di trasformare il tuo affitto in nero in un contratto regolare a canone ridotto. Eventuali pagamenti extra o interamente in nero che hai fatto ti possono essere restituiti, purché tu agisca in tempi brevi. Non rischi sanzioni statali: la legge punisce il proprietario evasore, non l’inquilino (a meno che tu abbia concorso in reati fiscali attivamente, cosa rara). La legge sta dalla tua parte: la nullità del contratto è pensata per proteggerti e scoraggiare gli affitti in nero.

Effetti e tutele dal punto di vista del locatore (proprietario)

Dal lato del locatore, ossia colui che non ha registrato il contratto, la situazione è delicata. Egli è la parte “inadempiente” rispetto alla legge e subisce quindi sia lo svantaggio civile di avere un contratto nullo (non può far valere facilmente i propri diritti contrattuali) sia lo svantaggio fiscale di eventuali sanzioni e accertamenti. Ciononostante, esistono alcune possibilità di difesa e rimedio anche per il locatore che voglia regolarizzare la situazione o tutelare i propri interessi.

  • Registrazione tardiva spontanea (ravvedimento operoso): la prima e più efficace “difesa” per il locatore è regolarizzare di propria iniziativa il contratto prima di essere scoperto o trascinato in giudizio. Come visto, la registrazione tardiva (anche molto tardiva) del contratto è sempre possibile pagando l’imposta dovuta e una sanzione amministrativa ridotta grazie all’istituto del ravvedimento operoso. Il ravvedimento è disciplinato dall’art. 13 D.Lgs. 472/1997 e consente di sanare volontariamente omissioni fiscali con sanzioni ridotte proporzionalmente alla tempestività del ravvedimento. Per la mancata registrazione di un contratto di locazione, le soglie sono indicativamente: se si registra entro 30 giorni di ritardo la sanzione è ridotta al 6% (1/20 del 120%); entro 90 giorni ~12%; entro 1 anno ~13,33%; oltre l’anno ed entro 2 anni ~15% (1/8 del minimo) e così via, fino a 20% circa massimo se oltre 2 anni ma prima di accertamento (queste percentuali possono leggermente variare con le modifiche normative, ma rendono l’idea). Ciò significa che, ad esempio, se l’imposta di registro annuale dovuta era €100, e ci si ravvede dopo 10 mesi, si pagheranno €100 + €13 di sanzione + interessi modestissimi. Benefici civili: oltre a evitare sanzioni ben più alte in caso di accertamento (che arriverebbero almeno al 120% dell’imposta, quindi €120 di multa, vedi oltre), questa mossa rende valido il contratto ex tunc, come detto dalle Sezioni Unite. Così il locatore riacquista pieni poteri contrattuali: può riscuotere canoni arretrati, aumentare ISTAT se previsto, e soprattutto può attivare le tutele giudiziarie ordinarie (ingiunzione per i canoni non pagati, sfratto per morosità, sfratto per finita locazione a termine, ecc.) che richiedono un contratto valido. Infatti, i tribunali attualmente richiedono la prova della registrazione del contratto per concedere uno sfratto per morosità: la legge 208/2015 ha imposto al locatore di esibire l’attestazione di avvenuta registrazione in sede di intimazione. Un contratto non registrato, come visto, non è azionabile in sede di sfratto. Il locatore che sanando tardivamente ottiene la registrazione può invece procedere. In sintesi: se sei un proprietario e hai affittato in nero, ravvediti e registra prima possibile – limiterai i danni economici e potrai far valere il tuo contratto legalmente.
  • Reazione a morosità dell’inquilino: se l’inquilino smette di pagare sfruttando il fatto che il contratto è in nero, il locatore si trova con un duplice problema: non incassa e non può neppure usare la via rapida dello sfratto. Come muoversi? Ci sono due approcci: 1) Regolarizzare e poi agire per sfratto per morosità – è la via consigliata se l’obiettivo è recuperare l’immobile o i soldi. Il locatore, appena l’inquilino manifesta l’intenzione di non pagare, può correre a registrare il contratto (magari retrodatandolo alla stipula originaria: l’Agenzia accetta registrazioni tardive con sanzioni). Una volta registrato, il contratto diventa valido retroattivamente e la morosità dell’inquilino risulta giuridicamente fondata: si potranno reclamare i mesi arretrati come canoni dovuti e attivare la procedura di sfratto. L’inquilino potrà certo difendersi sostenendo che il contratto era nullo al momento in cui ha smesso di pagare, ma la sanatoria retroattiva indebolisce questa difesa (di fatto, rende dovuti anche i canoni passati, perché “come se” il contratto fosse stato sempre valido). La giurisprudenza potrebbe valutare caso per caso: ad esempio, se la registrazione avviene dopo che l’inquilino ha già riconsegnato l’immobile, forse non si potrà chiedere il pagamento dei mesi trascorsi – ma se l’inquilino è ancora dentro, la tardiva registrazione legittima la richiesta di tutti i canoni arretrati. Inoltre, il locatore registrando tardivamente si mette in regola per il futuro: anche se l’inquilino volesse avviare l’azione di riconduzione legale (che punisce il locatore), potrebbe farlo solo se il contratto non era registrato entro i termini originari – condizione comunque verificata – ma il giudice potrebbe tener conto della successiva regolarizzazione. È un aspetto non chiarissimo, ma in generale la tardiva registrazione non impedisce all’inquilino di chiedere la riconduzione (poiché il termine per registrare era trascorso), però potrebbe orientare il giudice verso una soluzione più indulgente col locatore (es. confermare il contratto registrato invece di rifarne uno a canone più basso). In ogni caso, registrando, il locatore guadagna la possibilità di un dialogo giudiziario normale, cosa che senza registro non avrebbe (sarebbe totalmente in torto). 2) Agire per rilascio dell’immobile come occupato senza titolo – questa è l’alternativa nel caso in cui il locatore preferisca non regolarizzare il contratto (o non possa, ad es. perché il contratto era orale e l’inquilino nega i termini, ecc.). Il locatore può sostenere: “Non essendoci un contratto valido, l’occupazione dell’inquilino è senza titolo, pertanto chiedo la liberazione dell’immobile e il risarcimento per l’occupazione abusiva”. Si tratta di un’azione di merito (ordinaria, non convalida di sfratto) che può portare, in tempi più lunghi, a una sentenza di rilascio. I rischi qui per il locatore sono: (a) l’inquilino può contestare cercando di far valere comunque l’esistenza di un contratto (magari chiedendo la riconduzione), complicando la causa; (b) il giudice potrebbe vedere questa azione come un tentativo del locatore di approfittare della propria irregolarità per cacciare l’inquilino, e ciò potrebbe non essere ben accolto (specie se l’inquilino è “debole” o se il locatore spera di liberarsi di un inquilino scomodo). Ciononostante, in alcuni casi al locatore conviene questa via: ad esempio, se l’inquilino è inadempiente e poco solvibile, il locatore potrebbe essere più interessato a riottenere l’immobile in fretta piuttosto che registrare e inseguire canoni forse inesigibili. In assenza di contratto registrato, l’unico modo per liberare l’immobile è effettivamente trattare l’inquilino come occupante senza titolo. Una volta ottenuta la riconsegna, il locatore potrà eventualmente contrattaccare chiedendo un’indennità di occupazione per il periodo di permanenza dell’inquilino (vedi punto successivo).
  • Richiesta di indennità di occupazione per il periodo di occupazione “sine titulo”: uno dei timori del locatore in nero è che, dichiarato nullo il contratto, l’inquilino possa aver goduto dell’immobile senza pagare nulla. La domanda è: il proprietario ha diritto a un compenso per quell’uso? La risposta della giurisprudenza è sfumata. In linea di principio, essendoci stata comunque l’utilizzazione di un bene altrui, il locatore può chiedere un’indennità di occupazione per arricchimento senza causa o come risarcimento del danno da mancata disponibilità del bene. Tuttavia, la Cassazione ha escluso che tale indennità possa essere semplicemente pari al canone pattuito in nero: “la somma dovuta per il danno da illegittima occupazione non può coincidere con l’importo del canone pattuito”, ma va provato in concreto il danno. In pratica, il giudice non presume automaticamente che ogni occupazione abusiva generi un danno uguale al canone di mercato (questo approccio automatico in re ipsa è stato superato); richiede invece al proprietario di allegare e provare che, a causa dell’occupazione, ha subito una perdita economica (ad esempio perché avrebbe potuto affittare a terzi a X euro, o ha perso occasioni). La buona notizia per il locatore è che tale prova può essere data anche tramite presunzioni semplici: ad esempio, la Corte ha riconosciuto che la mancata percezione di un reddito dall’immobile può costituire un danno presunto se il proprietario dimostra che l’immobile era potenzialmente affittabile. Di recente, le Sezioni Unite (sent. 12879/2025) hanno stabilito che il danno da occupazione senza titolo non è più considerato “in re ipsa” (automatico), ma può essere dimostrato per presunzioni qualora il proprietario alleghi elementi come la vocazione del bene a produrre reddito. In parole povere: il locatore deve chiedere l’indennità quantificando un importo (spesso coincidente col canone di mercato) e sostenere che quello è il danno subito; l’inquilino potrà contestare ma difficilmente verrà negato ogni indennizzo, specie se l’occupazione è proseguita a lungo senza pagamenti. Limiti normativi: va segnalato che la L. 208/2015 ha introdotto per i contratti tra 2011 e 2015 una regola specifica: “per i conduttori che hanno versato il canone annuo nella misura del D.Lgs 23/2011, l’importo del canone dovuto ovvero dell’indennità di occupazione è pari al triplo della rendita catastale”. Questa norma (sopravvissuta alle censure di incostituzionalità, sent. 87/2017) di fatto predetermina forfettariamente l’indennità dovuta al locatore per i periodi coperti dal contratto “emergente” del 2011: è un residuo storico, ma indica un criterio. Oggi, fuori da quel contesto transitorio, non c’è una predeterminazione rigida; tuttavia, i giudici talora possono utilizzare il triplo della rendita catastale o il canone concordato minimo come base per calcolare un’indennità equa. Ad esempio, se un appartamento ha rendita catastale €1.000 annui, il triplo è €3.000 annui (~€250/mese): questo potrebbe essere riconosciuto come indennità minima. In altri casi, se il canone pattuito in nero era comunque congruo al mercato, il giudice potrebbe assumere quello come parametro del danno (se provato che era il valore locativo). Dunque, il locatore può sperare di recuperare almeno una parte del mancato guadagno attraverso l’indennità di occupazione. Importante: l’indennità è dovuta solo per il periodo di effettiva occupazione senza titolo. Se il contratto è poi regolarizzato, i canoni tornano a essere dovuti (non “indennità”). Se l’inquilino libera spontaneamente l’immobile, cessa l’occupazione e quindi l’eventuale danno successivo è nullo (l’immobile torna nella disponibilità del proprietario).

In concreto, come chiederla? Il locatore può proporla come domanda subordinata: ad esempio, in una causa di sfratto in cui l’inquilino eccepisce nullità, il locatore in via subordinata chiederà, ove il contratto sia ritenuto nullo, la condanna dell’inquilino a un’indennità per ingiusto occupazione per i mesi occupati. Cass. Sez. III n. 33759/2019 ha confermato che il giudice può utilizzare il corrispettivo originariamente pattuito come parametro di riferimento per quantificare l’indennità, purché il danno sia allegato. Insomma, se l’inquilino abitava lì, non pagava nulla e il mercato suggerisce che quell’immobile vale X al mese, il giudice può ben presumere un danno pari a X mensile. Non è automatico, ma altamente probabile se richiesto correttamente.

  • Impedire la restituzione di somme già incassate: se l’inquilino agisce per farsi restituire importi pagati in nero, il locatore può difendersi cercando di far valere decadenze o mancanza di prova. In ambito abitativo, trascorsi 6 mesi dalla fine, l’inquilino è decaduto dal diritto ex lege: il locatore dovrà semplicemente eccepire il decorso del termine. Se la domanda è tempestiva, il locatore potrebbe contestare che non vi sono stati pagamenti in nero o che erano per altre causali. Spesso i pagamenti in nero avvengono in contanti e senza ricevute, quindi l’inquilino si affiderà a testimoni: il locatore potrà controbattere i testimoni, ma se questi sono credibili (es. coinquilini, vicini, ecc.) la difesa è debole. Un’altra strada tentata è di invocare l’“in pari turpitudine” (entrambe le parti sapevano dell’illegalità, quindi nessuna può chiedere tutela). Questo principio però non si applica quando la legge qualifica la nullità come di protezione: la nullità dell’affitto in nero è fatta proprio per proteggere l’inquilino, dunque la sua richiesta di rimborso non è ostacolata dal principio di pari dolo. La Cassazione a Sezioni Unite, nella già citata sent. 18213/2015, ha escluso che l’inquilino che ha pagato somme in nero debba essere considerato “corresponsabile” al punto da negargli la restituzione. Pertanto, l’unica vera chance del locatore per non restituire è che manchi la prova oppure che si sia oltre i termini. Ad esempio, se l’inquilino gli versa €200 in contanti extra ogni mese e non c’è traccia di ciò (nessun testimone, nessun biglietto, solo la parola), il locatore può negare e l’inquilino potrebbe non riuscire a provare. Va detto però che i giudici spesso ammettono presunzioni: se l’affitto ufficiale era manifestamente inferiore ai valori di mercato, potrebbero dedurne l’esistenza di somme extra. Il locatore potrebbe controbattere che ha affittato a prezzo basso per altri motivi (favoritismo, immobile con difetti, etc.). In definitiva, limitare la prova è la difesa principale. Ma attenzione: in alcuni casi l’Amministratore di condominio o i vicini potrebbero sapere quanto effettivamente pagava l’inquilino e testimoniare. Oppure l’inquilino potrebbe aver versato le somme tramite bonifico su conto estero del locatore (accade). In tali casi la prova c’è ed il locatore dovrà restituire. L’unico conforto può essere che l’importo da restituire potrebbe essere compensato con l’indennità di occupazione eventualmente dovuta dall’inquilino (il giudice a volte può fare una compensazione equitativa tra quanto l’inquilino deve per l’uso e quanto deve ricevere indietro).
  • Aspetti penali e prescrizionali: il locatore dovrebbe anche considerare che l’evasione fiscale di importo notevole può avere risvolti penali. In genere l’omessa dichiarazione di redditi da locazione diviene penalmente rilevante se l’imposta evasa supera €50.000 annui (art. 5 D.Lgs. 74/2000). Ciò equivarrebbe, per IRPEF, a non dichiarare circa €200.000 di redditi in un anno (improbabile con soli affitti di uno o due appartamenti). Tuttavia, se il locatore ha molte case in nero o affitti commerciali cospicui, potrebbe – sommando più anni – incorrere in un procedimento penale. Il modo di difendersi da ciò è, anche qui, ravvedersi e dichiarare il dovuto prima che parta un accertamento o comunque prima che scattino segnalazioni. Se l’Agenzia Entrate scopre l’evasione di regola procede sul piano amministrativo; per il penale c’è un’attivazione a parte quando superate soglie e dolo evidente. Non di rado, però, un accertamento fiscale su affitti in nero non sfocia nel penale perché le cifre non sono astronomiche. Sul piano prescrizione, i redditi evasi si possono accertare entro il 5° anno successivo (dichiarazione infedele) o 7° (omessa dichiarazione). Il locatore può difendersi eccependo in Commissione Tributaria la decadenza per annualità troppo vecchie se l’AdE dovesse spingersi oltre il termine. Ad esempio, se nel 2025 gli contestano affitti non dichiarati del 2017, potrebbe essere tardivo (a seconda della normativa, che nel frattempo ha ridotto i termini a 5 anni anche per omessa, dal 2016 in poi). Questi aspetti sono più tecnici e rientrano nella difesa fiscale (vedi oltre).

Sintesi per il locatore: Se sei proprietario e hai affittato in nero, la prima regola per difenderti è regolarizzare prima possibile (pagare tasse dovute e registrare il contratto) per ridurre le sanzioni e riottenere potere contrattuale. In caso di morosità dell’inquilino, non puoi sfruttarlo con lo sfratto finché sei irregolare: quindi o registri e poi sfratti (soluzione migliore) oppure chiedi il rilascio per occupazione abusiva (più lenta e rischiosa). Preparati a dover restituire eventuali somme in nero percepite se l’inquilino le reclama entro i termini. Tuttavia, puoi chiedere anche tu un indennizzo per l’occupazione senza affitto pagato – non è automatico pari al canone pattuito, ma è probabile ottenerne uno vicino al valore di mercato dell’immobile per il periodo di uso. Sul fronte fiscale, che vedremo ora, considera di patteggiare con l’Agenzia Entrate eventuali sanzioni (ad esempio tramite accertamento con adesione) oppure, se la pretesa è infondata (magari ti contestano un affitto inesistente), prepara prove contrarie (utenze disattivate, casa vuota, ecc.). E soprattutto: in futuro, evita di replicare l’errore, perché le normative sono sempre più stringenti e gli inquilini sempre più informati dei loro diritti.

Profili fiscali e sanzionatori: accertamento dell’Agenzia delle Entrate e sanzioni tributarie

Un aspetto cruciale delle locazioni in nero è il profilo fiscale. Il locatore che non registra il contratto tipicamente non versa nemmeno: (a) l’imposta di registro dovuta sul contratto; (b) le imposte sui redditi (IRPEF o cedolare secca) sui canoni percepiti. Queste omissioni costituiscono violazioni tributarie che l’Agenzia delle Entrate può contestare, con recupero delle imposte evase e applicazione di sanzioni amministrative salate. Vediamo in dettaglio quali sono le sanzioni previste e come si svolge l’eventuale accertamento.

Violazioni e sanzioni in materia di imposta di registro

Come detto, la registrazione di un contratto di locazione comporta il pagamento di un’imposta proporzionale (generalmente il 2% annuo del canone, salvo opzione cedolare secca) o un’imposta fissa in caso di comodato. Se il contratto non viene registrato nei termini, si verificano due possibili violazioni: omessa registrazione (se il contratto non è proprio registrato) oppure registrazione tardiva (oltre i termini). Entrambe sono sanzionate dall’art. 69 del DPR 131/1986 e relative norme sanzionatorie (D.Lgs. 471/1997). In particolare, attualmente le sanzioni amministrative previste sono:

  • Omessa o tardiva registrazione del contratto: sanzione dal 120% al 240% dell’imposta di registro dovuta. Il minimo del 120% si applica tipicamente se la violazione è sanata spontaneamente (ravvedimento) o se l’ufficio riconosce attenuanti; il massimo 240% in casi di maggiore gravità (lungo ritardo, scoperta dall’ufficio). Esempio: se l’imposta non pagata era €500, la multa base va da €600 a €1200. Nota: Dal 2024 è stata rivista la sanzione in materia di cedolare secca, ma la regola generale rimane questa (alcune fonti indicano che per cedolare la sanzione è fissata ora al 240% con minimi specifici). In ogni caso siamo nell’ordine di multipli dell’imposta evasa.
  • Occultamento di parte del canone (registrazione con canone inferiore al reale): sanzione dal 200% al 400% della maggiore imposta dovuta sulla differenza. Ad esempio, se si registra dichiarando €600/mese anziché €1000, la differenza annua è €400*12=€4800; imposta evasa su tale differenza €96; la multa va da €192 a €384. Questa sanzione si cumula alla precedente se c’è anche ritardo. In pratica, dichiarare un canone inferiore comporta una penalità ancora più alta in proporzione (perché è considerato un comportamento fraudolento).
  • Omesso/tardivo versamento dell’imposta di registro annuale: ricordiamo che per i contratti pluriennali, dopo la prima registrazione c’è un obbligo di pagamento annuale dell’imposta (salvo cedolare). Il mancato pagamento di una o più annualità successive è sanzionato al 30% dell’imposta versata in ritardo. Ad esempio, se il secondo anno non si versa l’imposta di €100 nei termini, la sanzione è €30 (riducibile se si ravvede). Questa è la sanzione standard per omessi versamenti (art. 13 D.Lgs. 471/97). Va distinta dall’omessa registrazione iniziale: qui parliamo di un contratto registrato regolarmente il primo anno ma poi non si pagano le annualità seguenti. È un caso diverso (spesso chi affitta in nero non ha nemmeno registrato inizialmente, quindi incorrerà piuttosto nella sanzione di omessa registrazione totale).

Le sanzioni suddette possono essere ridotte tramite ravvedimento come spiegato: ad esempio, se il locatore registra con ritardo entro un anno, paga solo il 1/8 del minimo (120%) cioè 15% dell’imposta. La tabella del ravvedimento 2025 riporta: entro 30gg sanzione 1/10 del 120% = 12%; entro 90gg 1/9 ≈13,33%; entro 1 anno 1/8 = 15%; entro 2 anni 1/7 ≈17,14%; oltre 2 anni ma prima di accertamento 1/6 = 20%. Queste percentuali si applicano sull’imposta dovuta. Ad esempio, contratto mai registrato per 3 anni con imposta dovuta €300 totale: se ci si ravvede dopo 2 anni e mezzo, sanzione ≈20% di 300 = €60 invece di un probabile €360 (120%) se scoperto dall’AdE. Conclusione: il ravvedimento conviene enormemente.

Infine, attenzione: la nullità del contratto non esime dal dovere fiscale. Il DPR 131/86 art. 38 è esplicito: la nullità o annullabilità dell’atto non dispensa dalla registrazione e relativo pagamento. Quindi non si può pensare “il contratto è nullo, non pago nulla”: l’Erario pretende comunque la sua imposta. In aggiunta, la Legge 311/2004 stessa (art. 1 co.346) fu accompagnata da una norma (art. 1 co.348) che stabilisce che la nullità ai fini civilistici non incide sul potere dell’Erario di riscuotere l’imposta e sanzionare. Dunque, il locatore non può usare come scusa la nullità per evitare sanzioni tributarie – anzi, è doppiamente punito.

Violazioni e sanzioni in materia di imposte sui redditi (IRPEF o cedolare secca)

Oltre all’imposta di registro, chi percepisce canoni di locazione deve dichiararli come reddito. Se il contratto è in nero, è probabile che tali redditi non vengano dichiarati affatto (omissione) o vengano dichiarati solo in parte (se c’è un contratto fittizio a canone inferiore). Queste condotte costituiscono dichiarazione infedele o omessa dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi (IRPEF per le persone fisiche, IRES per società, e relative addizionali; oppure imposta sostitutiva cedolare secca se vi avevano aderito formalmente per un canone inferiore). Le sanzioni amministrative tributarie previste dal D.Lgs. 471/1997 (come modificato) sono:

  • Omessa indicazione di redditi da locazione in dichiarazione dei redditi: sanzione dal 240% al 480% dell’imposta dovuta sui redditi non dichiarati, con un minimo di €516. Questa è la sanzione per omessa dichiarazione di redditi imponibili (nel caso specifico, redditi fondiari da locazione). Esempio: locatore avrebbe dovuto pagare €1.000 di IRPEF sugli affitti non dichiarati; se scoperto, la sanzione va da €2.400 a €4.800 oltre all’imposta evasa da versare e interessi. Si noti che nel 2023-2024 la normativa sulle sanzioni è stata rivista al ribasso (per favorire la compliance): dal 1/9/2024 la sanzione per infedele è fissa al 240% con min €250 in caso di definizione agevolata per cedolare. Ma in generale, la forbice 240-480% è indicativa della gravità attribuita a chi non dichiara affitti percepiti.
  • Indicazione di un canone inferiore al reale in dichiarazione (dichiarazione infedele): sanzione dal 200% al 400% dell’imposta non versata a causa dell’indicazione inferiore. Ad esempio, se il proprietario dichiarava €6.000 annui di affitto anziché €12.000, e su quei €6.000 evasi l’imposta sarebbe stata €1.200, la sanzione va da €2.400 a €4.800 (oltre all’imposta da versare). Se il contribuente aveva optato per la cedolare secca (aliquota 21% o 10% a seconda dei casi) ma non ha dichiarato alcuni affitti, le sanzioni seguono regole analoghe (anche se recentemente sono state introdotte sanzioni ridotte per ritardata comunicazione di opzione cedolare). In sintesi, dichiarare meno del dovuto comporta comunque una multa pesante, sebbene leggermente minore rispetto all’omissione totale.

Queste sanzioni fiscali sui redditi non beneficiano di riduzioni in caso di adesione all’accertamento. La legge ha previsto espressamente che, per redditi da locazione non dichiarati, le sanzioni in caso di definizione o acquiescenza restano piene, senza riduzioni. Ciò è un’eccezione punitiva: normalmente con l’accertamento con adesione le sanzioni si riducono a 1/3, ma per gli affitti in nero questa possibilità è stata esclusa, per evitare che i locatori trovati in difetto ottengano sconti.

Possibilità di ravvedimento sui redditi: analogamente all’imposta di registro, il locatore può “ravvedersi” presentando una dichiarazione integrativa per includere i redditi omessi, pagando la relativa imposta e le sanzioni ridotte (in materia di dichiarazione infedele, ravvedersi entro 90 giorni comporta sanzione 1/9 del 90%, ecc.). Se lo fa prima di essere contestato, evita i guai peggiori. È certamente opportuno se ci si accorge di aver omesso redditi procedere ad autodenunciarsi fiscalmente, anche pagando a rate, piuttosto che attendere un accertamento. Il ravvedimento però ha tempi stringenti: oltre l’anno successivo è limitato (ma c’è la possibilità di integrativa fino a 5 anni con sanzione ridotta a 1/6).

  • Imposte locali: ricadute su IMU/TASI. Il fatto di avere o meno un immobile locato può incidere sull’IMU (ad esempio, immobili dati in locazione a canone concordato godono di riduzioni IMU del 25% in molti comuni). Se l’affitto è in nero, il comune considera la casa come “a disposizione” e quindi con IMU piena. Il proprietario evasore quindi non beneficia legittimamente di eventuali sconti. Non c’è però una sanzione diretta su questo, se non il dover pagare eventualmente l’IMU non versata. Ma generalmente, i locatori in nero comunque pagano l’IMU come seconda casa (anzi, a volte fanno risultare l’inquilino come residente per avere aliquote agevolate: questa è un’altra irregolarità minore a livello comunale). Non approfondiamo oltre, essendo dettaglio secondario.
  • Accertamento dell’Agenzia delle Entrate: L’AdE può venire a conoscenza degli affitti in nero tramite varie fonti: controlli incrociati (utenze elettriche intestate a persone diverse dal proprietario, comunicazioni di cambio residenza, denunce di inquilini, verifiche sul territorio in località turistiche, segnalazioni qualificate). Una volta individuata una possibile locazione non dichiarata, avvia un accertamento. Esso può includere: recupero dell’imposta di registro evasa (con sanzione) e accertamento dei redditi non dichiarati (con relative imposte e sanzioni). Spesso inizia con un questionario o invito al contraddittorio: il Fisco chiede al proprietario spiegazioni sull’occupazione dell’immobile. Se il proprietario ammette o viene accertato che c’era un affitto, scattano i calcoli.
    • L’AdE applicherà quasi sempre la presunzione di cui all’art. 41-ter DPR 600/73 (come modificato): in caso di omessa registrazione di un contratto di locazione, si presume l’esistenza di una locazione per i quattro periodi d’imposta antecedenti a quello accertato, salvo prova contraria, con canone annuo pari al 10% del valore catastale dell’immobile. Questo significa che se trovano, ad esempio, che nel 2022 c’era un inquilino non dichiarato, possono imputare redditi da locazione anche per il 2021, 2020, 2019, 2018 (quattro anni prima) calcolandoli forfettariamente. Questa presunzione legale fu introdotta nel 2011 (e confermata nel 2019) proprio per punire chi affitta in nero a lungo: il Fisco non deve provare che affittavi da 4 anni, sei tu semmai a dover provare che magari l’immobile prima era vuoto o usato diversamente. Se non hai prove (es. contratto di comodato registrato con un parente, o bollette in tuo nome che mostrano consumo basso), ti tassano d’ufficio. Il canone calcolato come 10% del valore catastale spesso è modesto (potrebbe essere inferiore a mercato), ma comunque genera IRPEF e sanzioni. Il proprietario può difendersi mostrando che in quegli anni l’immobile non era affittato: ad esempio, presentando bollette che attestino consumi nulli o bassissimi (indice che era sfitto), oppure dichiarazioni di terzi che l’immobile era occupato da familiari a titolo gratuito (meglio se c’è stato un comodato registrato, altrimenti è dura).
    • Se invece l’Agenzia riesce ad avere prova del reale canone (magari perché l’inquilino ha prodotto ricevute, o c’è un contratto scritto reperito, o intercettazioni in casi estremi), allora contesterà quell’importo effettivo. In mancanza, applica la presunzione come detto. In ogni caso, formulerà un avviso di accertamento per ogni anno d’imposta non prescritto in cui recupererà: IRPEF evasa + interessi + sanzione 240% (o quella vigente). Emetterà anche (o avrà già emesso) un atto di contestazione per l’imposta di registro evasa con sanzione 120-240%. Questi atti sono impugnabili dal contribuente davanti alla Commissione Tributaria.
    • Difese possibili in sede tributaria: il locatore può far ricorso se ritiene l’accertamento infondato o eccessivo. Ad esempio: se la presunzione dei 4 anni è stata applicata ma in realtà l’immobile era vuoto per due di quegli anni, dovrà portare elementi probatori. Oppure se il Fisco ha sopravvalutato il canone (può capitare in affitti turistici dove fanno controlli a tappeto e stimano incassi), il contribuente può dimostrare con evidenze (calendario delle locazioni brevi, bonifici, etc.) che l’importo era diverso. Inoltre, verificare la tempistica: come detto, c’è un limite di anni accertabili. Ad esempio nel 2025 si possono accertare redditi 2020 (dich. 2021) fino a fine 2025 (5 anni). Se l’accertamento esce oltre, va eccepita la decadenza. Nel caso la norma dei 4 anni a ritroso tenti di coprire anche anni prescritti, il contribuente farà valere che non si può andare oltre i termini di legge.
    • Accertamento con adesione: spesso l’Agenzia, specie in questi casi evidenti, invita il contribuente a definire bonariamente. Con l’accertamento con adesione, il locatore può cercare di ottenere uno sconto sulle imposte (magari riconoscendo deduzioni, o abbassando stime) e sulle sanzioni generiche (che però come detto per redditi locativi non si riducono). L’unico vantaggio certo dell’adesione, se non altro, è evitare il contenzioso e ottenere la rateizzazione standard. Bisogna considerare che andare in giudizio contro l’AdE per affitti in nero raramente porta a un annullamento totale: di solito qualcosa si è evaso e qualcosa va pagato. A meno che il proprietario sia realmente innocente (es. l’inquilino era un occupante abusivo e non c’era affatto un contratto: in tal caso, il proprietario deve assolutamente dimostrare di aver agito per sgomberare l’abusivo, con denunce, cause, ecc., altrimenti l’AdE presume affitto). Un caso peculiare: se l’inquilino afferma “pagavo €X al mese”, l’AdE fa bene a tassare; ma se l’inquilino era un parente a titolo gratuito (comodato), il proprietario deve mostrare che era comodato autentico (idealmente con contratto registrato di comodato; se non registrato, almeno residenza, bollette a nome suo senza transazioni di denaro, ecc.). Diversamente, convincere il fisco è arduo.
    • Profili penali: se l’accertamento rivela imposte evase oltre soglie penali (50k per omessa dichiarazione di tutti i redditi, 100k euro di imposta evasa per dichiarazione infedele, o 30k su singola voce con 10% scostamento), l’AdE può segnalare la cosa alla Procura. Nel contesto di affitti, 50k € di IRPEF evasa equivale, come detto, a incassi in nero enormi (oltre 150-200k € annui di canoni non dichiarati, considerato che l’IRPEF massima è 43% e cedolare 21%). Se parliamo di piccoli proprietari, è improbabile. Più rischioso semmai se il locatore è un’azienda che ha occultato grossi affitti commerciali: allora potrebbe configurarsi reato di infedele o omessa dichiarazione. In tal caso, come difendersi? Bisogna eventualmente dimostrare che l’imposta evasa in realtà è sotto soglia (magari contestare il calcolo) o che non c’era dolo specifico (ma per omessa dich. basta il non aver presentato). Il tutto esula però dall’ambito civilistico e rientra nel penale tributario. In genere, componendo con l’Erario (pagando il dovuto) si può ottenere cause penali più lievi (l’estinzione completa del debito tributario prima della sentenza attenua le pene e in certi casi estingue il reato).

Tabella riepilogativa delle sanzioni fiscali principali:

Violazione fiscaleSanzione amministrativa prevista (range)
Omessa/tardiva registrazione del contratto120% – 240% dell’imposta di registro dovuta. (Ravvedimento: riduzione a 12%-20% circa se spontaneo)
Occultamento parziale del canone (registro)200% – 400% della differenza d’imposta su canone occultato.
Omesso/tardivo versamento imposta di registro annuale30% dell’imposta versata in ritardo. (Ravvedimento: 15% entro 90 gg; 1,67% per ogni mese oltre, ecc.)
Omessa indicazione dei redditi da locazione (IRPEF)240% – 480% dell’imposta evasa, minimo €516.
Indicazione infedele (canone ridotto) nei redditi200% – 400% dell’imposta relativa all’importo non dichiarato.
Riduzioni speciali: Cedolare secca (omessa tardiva registrazione)(Dal 2024) sanzione fissa 240% imposta, min €500. Prima: range 120-240% imposta.
Presunzione fiscale: Locazione non registrataTassazione presunta per 4 anni retroattivi con canone = 10% valore catastale, salvo prova contraria.

*(Fonte: DPR 131/86 art. 69; D.Lgs. 471/97 art. 1-2; L. 311/04 art.1 co.346-347; L. 208/15 art.1 co.59; Corte Cost. 87/2017) *

Suggerimenti difensivi in sede fiscale per il locatore

Per completare, diamo alcuni consigli pratici al locatore che dovesse affrontare un accertamento o volesse prevenirlo:

  • Prevenire è meglio: come ribadito, regolarizzare autonomamente (ravvedimento) è la miglior strategia. Oltre a ridurre drasticamente le sanzioni, evita l’indagine dell’Agenzia e quindi possibili allargamenti di periodo o coinvolgimenti penali. Una volta ravveduto, difficilmente il Fisco approfondirà oltre, a meno che ci siano elementi di maggiore evasione.
  • Documentare i periodi di non locazione: se l’immobile non è affittato per certi periodi, conservare prove di ciò. Bollette con consumi nulli, annunci immobiliari di ricerca di inquilino, fotografie dell’immobile vuoto con data, contratti di altri utilizzi (es. comodato a figlio) registrati, ecc. Così, se un domani contestano retroattivamente affitti presunti, puoi confutare.
  • Attenzione alle detrazioni inquilino: se un inquilino in nero prova a detrarre dalle tasse il canone (ad esempio, giovani sotto 30 anni possono detrarre affitto abitazione principale, ma serve indicare gli estremi di registrazione), ciò potrebbe innescare un controllo incrociato. Conviene al locatore scoraggiare l’inquilino dal fare richieste fiscali che evidenzino il contratto. (Dal lato inquilino, conviene invece denunciare per poter detrarre legalmente, chiaramente).
  • Accordi in sede di accertamento: se comunque arriva un accertamento, valutare un accordo con l’AdE. L’accertamento con adesione permette di discutere l’importo. Si può cercare di ridurre il canone accertato magari dimostrando spese o periodi non affittati. Anche se le sanzioni sui redditi restano piene, a volte l’AdE può chiudere un occhio su qualche anno marginale in cambio di adesione su altri. Con adesione, la sanzione di registro invece resta dentro il range minimo (di solito applicano il minimo 120% se collabori).
  • Rateizzare il dovuto: le somme richieste spesso sono cospicue (imposta+interessi+multe). Si può chiedere la dilazione: l’adesione dà diritto a pagare in 8 rate trimestrali (o 16 se importo grosso). In alternativa, presentare domanda di rateazione per somme in contestazione.
  • Contestare formalmente se ci sono errori: non tutti gli accertamenti sono corretti. Ad esempio, a volte l’Agenzia calcola male gli interessi, o applica il 480% invece del 240% senza giustificazione. O include annualità prescritte. In questi casi fare ricorso può portare almeno a un parziale annullamento. In Commissione può anche tentare una conciliazione riducendo sanzioni (la conciliazione giudiziale consente riduzione del 50% delle sanzioni). Dunque, valutare con un tributarista.
  • Aspettare la definizione agevolata? In anni recenti ci sono stati condoni e “rottamazioni” di cartelle. Non è escluso che in futuro vi siano sanatorie di liti fiscali. Tuttavia, contare su ciò è rischioso. Nel dubbio meglio risolvere prima.
  • Regime della cedolare secca: se il proprietario aveva titolo per optare per la cedolare (persona fisica, residenziale), ma non ha registrato, perde il beneficio di quell’aliquota ridotta. Anche registrando tardivamente, l’opzione cedolare secca doveva essere esercitata contestualmente alla registrazione originaria, quindi si ritiene che non sia applicabile retroattivamente. Ci sono state interpretazioni tolleranti (se registri tardivamente e versi la cedolare con interessi, talora l’AdE ha accettato). Comunque, in accertamento l’AdE in genere non concede la cedolare secca retroattiva: tassano con IRPEF ordinaria (aliquote progressive). È un ulteriore “punizione” per l’evasore: non può dire “ok pago il 21% come se avessi aderito alla cedolare”. Pagherà magari il 38-41% se è in scaglioni alti. Questa è giurisprudenza costante (es. Cass. 4311/2019). Dunque, non c’è scappatoia: il nero fa perdere anche la chance di regime fiscale di favore.

In conclusione, il profilo fiscale degli affitti non registrati è molto severo. Chi li pratica rischia di pagare importi ben superiori a quanto avrebbe pagato dichiarando tutto: per esempio, su €10.000 di affitti annui non dichiarati per 4 anni (40.000 totali), se scoperto potrebbe dover pagare circa €17.200 di IRPEF arretrata (aliquota media 43%), più sanzioni fino a €41.000 (240%), totale circa €58.000, oltre interessi – praticamente l’importo incassato in nero viene azzerato e superato dalla sanzione. Senza contare l’imposta di registro evasa con relative multe. Pertanto, non conviene sotto nessun profilo. Da avvocati, possiamo consigliare a un cliente locatore di valutare sempre il quadro completo: l’evasione può sembrare un guadagno nel breve, ma nel medio-lungo può diventare un incubo economico e legale.

Di seguito risponderemo ad alcune domande frequenti per consolidare quanto esposto, quindi forniremo un elenco sintetico delle fonti normative e giurisprudenziali citate.

Domande e Risposte frequenti (FAQ)

D1: Un contratto di locazione non registrato è valido o nullo?
R: È giuridicamente nullo. La legge italiana prevede la nullità di un contratto di affitto non registrato entro i termini. Ciò significa che, in linea di principio, un tale contratto non produce effetti legali vincolanti tra le parti. In particolare, il locatore non può pretendere i canoni sulla base di quel contratto e il conduttore non può vantare diritti derivanti dal contratto (es. durata garantita). La nullità è stata confermata dalla Corte Costituzionale e dalla Cassazione come nullità per violazione di norma imperativa. Tuttavia, la giurisprudenza ha chiarito che questa nullità è atipica: se il contratto viene in seguito registrato (anche tardivamente), la nullità si “cura” e il contratto diventa valido retroattivamente. Inoltre, nel caso di locazioni abitative, la nullità opera a tutela del conduttore (nullità relativa di protezione) : solo il conduttore può invocarla per trarne beneficio, mentre il locatore non può sfruttarla contro l’inquilino. In breve: senza registrazione entro 30 giorni, il contratto è nullo; ma la tardiva registrazione può renderlo valido ex tunc, e per gli affitti abitativi l’inquilino può scegliere se far valere la nullità o chiedere al giudice di regolarizzare il contratto a norma di legge.

D2: L’inquilino è tenuto a pagare il canone se il contratto non è registrato?
R: No, finché il contratto rimane non registrato (e quindi nullo), l’inquilino non ha un obbligo giuridico di pagare il canone pattuito. Un contratto nullo non genera obbligazioni: qualsiasi pagamento effettuato è considerato indebito e può essere ripetuto (restituito). Dunque l’inquilino, scoperta la mancata registrazione, ha facoltà di sospendere i pagamenti. Deve però essere consapevole che questa situazione può mutare: se il locatore registra tardivamente il contratto, sanandolo, l’obbligo di pagamento dei canoni “rivive” anche per il periodo passato. In pratica: durante la nullità, nessun canone è dovuto; se poi il contratto viene sanato, i canoni arretrati diventano esigibili (perché il contratto è considerato valido da principio). Va detto che, qualora l’inquilino abbia pagato somme in nero e il contratto resti nullo, egli può chiederne la restituzione come indebito. Quindi certamente non è tenuto a pagare canoni futuri finché il contratto è in nero, e anzi potrebbe riavere quelli già pagati. Attenzione però: se intende non pagare, probabilmente si arriverà a una vertenza giudiziaria in cui dovrà eccepire la nullità. È prudente, in tali casi, accantonare eventualmente in un deposito le somme, in attesa dell’evoluzione (così se poi dovrà pagare perché il contratto viene registrato, avrà le risorse pronte). In sintesi: in assenza di registrazione, l’inquilino non è obbligato a corrispondere l’affitto. Lo ha affermato chiaramente la Cassazione: un contratto nullo non produce obblighi di pagamento.

D3: Il proprietario può sfrattare un inquilino se il contratto di affitto non è registrato?
R: Non con la normale procedura di sfratto per morosità. Per avviare uno sfratto per morosità, il locatore deve allegare un contratto di locazione valido e registrato (oggi i tribunali richiedono copia della ricevuta di registrazione). Un contratto non registrato è nullo, quindi non consente di ottenere una convalida di sfratto. Se il locatore tentasse comunque, l’inquilino potrebbe opporsi efficacemente eccependo la nullità per difetto di registrazione. Il giudice, verificato che manca la registrazione, non convaliderà lo sfratto e anzi potrebbe dichiarare nullo il contratto d’ufficio. L’unico modo per il proprietario di sfrattare regolarmente un inquilino è regolarizzare prima il contratto. Registrandolo (anche in ritardo), il contratto diventa valido e il locatore può intimare sfratto per le eventuali morosità accumulate. Se invece il locatore non vuole/potrà regolarizzare, potrà solo agire con una causa ordinaria per ottenere il rilascio dell’immobile per occupazione senza titolo, ma non è una procedura di “sfratto” in senso tecnico e richiede tempi più lunghi e merito. Da notare che, per le locazioni abitative, se il contratto non è registrato l’inquilino può addirittura chiedere al giudice di regolarizzare il contratto a suo nome (4+4 anni) e bloccare così tentativi di sfratto, come da L. 208/2015. Quindi il proprietario inadempiente, prima di poter sfrattare, dovrà sanare la propria posizione. In conclusione: no, con un contratto in nero il proprietario non può utilizzare la procedura di sfratto veloce; deve prima registrare il contratto o, in alternativa, intraprendere un’azione ordinaria di rilascio (che comunque richiede tempo e non dà le stesse garanzie dello sfratto per morosità).

D4: Ci sono sanzioni per il proprietario che non registra un contratto di locazione?
R: Sì, molteplici sanzioni di natura fiscale. Sul piano civile, come visto, la “sanzione” è la nullità del contratto stesso (che tutela l’inquilino). Sul piano amministrativo-fiscale, il locatore incorre in: multa per omessa registrazione (dal 120% al 240% dell’imposta di registro dovuta); multa per imposta di registro evasa sul canone occultato, se dichiara meno (200%-400%); sanzioni per mancata dichiarazione dei redditi da affitto, che vanno dal 240% al 480% dell’IRPEF evasa. Inoltre dovrà pagare tutte le imposte non versate (imposta di registro, IRPEF o cedolare) con interessi. In sintesi, rischia di pagare somme molto elevate – spesso alcune volte l’importo dei canoni stessi percepiti – se viene scoperto. Ad esempio, per €10.000 annui di affitto non dichiarato, potrebbe dover pagare circa €4.300 di IRPEF evasa + minimo €10.320 di sanzione (240%), totale ~€14.620, più imposta di registro evasa €200 + sanzione €240, totale oltre €15.000, su €10.000 incassati. Queste sanzioni possono ridursi se il proprietario si ravvede spontaneamente prima di essere scoperto (pagando in proprio l’imposta e una sanzione ridotta, es. 15%). Ma se ad esempio è l’inquilino a denunciarlo o l’Agenzia delle Entrate a scoprirlo, le sanzioni saranno piene. Non solo: se i redditi evasi superano certi limiti, può scattare anche una denuncia penale (per omessa o infedele dichiarazione, v. supra). Quindi, al proprietario conviene molto poco non registrare: rischia la nullità del contratto (quindi potenziali morosità non recuperabili) e batoste economiche dall’Erario. Per completezza, segnaliamo anche sanzioni minori: se il contratto in nero era con canone concordato avrebbe dovuto attestarlo, ecc., ma questo è secondario rispetto alle principali. Infine, l’ordinamento tributario presume anche che se non hai registrato, stavi affittando magari da anni: quindi il Fisco potrebbe imputarti affitti evasi anche per i 4 anni precedenti a quello in cui vieni scoperto. In conclusione, le sanzioni per il locatore sono molto pesanti e tutte a suo carico (l’inquilino non viene sanzionato) .

D5: Come può difendersi un locatore da un accertamento fiscale sui canoni non dichiarati?
R: In caso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, il locatore ha alcune possibilità di difesa: – Prova contraria e limiti alle presunzioni: se l’Agenzia presuppone affitti per anni in cui in realtà l’immobile era sfitto o in uso gratuito a un parente, il locatore può difendersi fornendo prova contraria. Ad esempio, bollette e consumi a zero per dimostrare che la casa era vuota (quindi contestare la presunzione dei 4 anni). Oppure dimostrare che l’inquilino era un comodante (esibendo un contratto di comodato registrato). Tutto ciò per limitare la base imponibile accertata. – Negoziazione con l’Agenzia (accertamento con adesione): presentandosi all’ufficio, il locatore può cercare di negoziare l’ammontare: magari convincere l’Agenzia ad applicare il canone concordato se l’immobile era in zona con accordi, o a considerare periodi di vacanza. L’adesione non riduce per legge le sanzioni su redditi locativi (che rimangono intere), ma può ridurre la quota di reddito accertato. E comunque evita ulteriori aggravamenti, consente rateazioni ed evita il contenzioso. – Profili formali: verificare sempre la correttezza formale dell’atto: se l’Agenzia ha sforato i termini di decadenza per qualche annualità, quell’annualità va contestata e verrà annullata dal giudice. O se la notifica non è stata valida, ecc. Questi aspetti vanno valutati con un tributarista. – Ravvedimento operoso tardivo: se l’accertamento non è ancora definitivo (magari c’è un processo in corso) il locatore potrebbe ancora presentare dichiarazioni integrative e pagare, chiedendo la chiusura agevolata. Però, dal momento in cui l’ufficio contesta, il ravvedimento ordinario non è più consentito. Ci sono talvolta norme di condono o conciliazione agevolata (ad esempio, nel 2023 c’è stata una “definizione agevolata liti pendenti” con sanzioni ridotte). Il locatore può valutare se rientra in qualche sanatoria prevista dalla legge di bilancio di turno. – Tutela penale: se partisse un procedimento penale (cosa rara per affitti, come detto), il locatore potrà puntare sull’estinguere il debito col Fisco (perché pagare completamente il dovuto prima del dibattimento estingue il reato di omessa dichiarazione, ad esempio, o evita l’aggravante nel patteggiamento). In generale, la miglior difesa è attaccare tempestivamente: non aspettare di essere stanato. Se invece l’accertamento è già arrivato, conviene spesso trovare un accordo (a meno di errori grossolani del Fisco). Il contenzioso tributario potrebbe ridurre alcune sanzioni, ma i fatti parlano: se c’era un inquilino e tu non hai dichiarato, sarà difficile convincere i giudici annullare tutto. Meglio cercare di chiudere la vertenza con il minimo danno (magari ottenendo il minimo edittale di sanzione e rate lunghe per pagare).

D6: È possibile regolarizzare un contratto di locazione “in nero” dopo tempo?
R: Sì, è possibile e consigliabile. Il proprietario può in qualunque momento procedere alla registrazione tardiva del contratto, pagando l’imposta di registro dovuta e le sanzioni ridotte tramite ravvedimento operoso. Non c’è un termine massimo (si sono visti contratti registrati con anni di ritardo). Dal punto di vista civilistico, la registrazione tardiva convalida il contratto con effetto retroattivo (Cass. SS.UU. 2017), sanandone la nullità originaria. Dal punto di vista fiscale, la regolarizzazione riduce molto le pene: se volontaria, la sanzione è minima (es. 15% invece di 120%). Inoltre, registrando, il locatore potrà (se persona fisica) anche optare per il regime cedolare secca per gli anni successivi (l’opzione per gli anni passati di solito non viene ammessa, ma dal momento della registrazione in poi può chiedere di applicare la cedolare per il futuro). Bisogna però ravvedersi prima di ricevere notizie di accertamenti in corso: il ravvedimento è ammesso solo se l’irregolarità non è già stata contestata. Quindi, se il locatore “fiuta” il rischio (es. rapporti tesi con l’inquilino, controlli in zona), è saggio regolarizzare spontaneamente il contratto. L’Agenzia delle Entrate non fa altre domande: incassa l’imposta e la piccola multa, aggiorna i dati, e il contratto da quel momento è a posto (certo, potrebbe segnalare i redditi non dichiarati finora – il locatore dovrebbe anche presentare dichiarazioni integrative per pagare IRPEF arretrata con sanzioni ridotte). In sintesi, sì: si può rimediare a un affitto in nero, trasformandolo in un contratto lecito a tutti gli effetti. Naturalmente, serve la collaborazione dell’inquilino se serve la sua firma su un contratto scritto (ad es. se finora era solo verbale e se ne vuole redigere uno scritto da registrare). Ma in caso di dissidi, il locatore può anche registrare unilateralmente un contratto presentando all’AdE un’autodenuncia con gli estremi (si paga comunque l’imposta). Tecnicamente, per registrare occorre un modulo con i dati delle parti e dell’immobile e l’indicazione del canone: anche senza firma di entrambe su un contratto formale, il locatore può registrare una scrittura privata non firmata o un verbale di locazione dichiarando le condizioni. L’importante, poi, è che paghi il dovuto. Quindi la manovra è fattibile. Col contratto registrato, come detto, si evitano le nullità civilistiche e si acquisisce il diritto di far valere i canoni in giudizio se necessario. Insomma, meglio tardi che mai!

D7: Un contratto di locazione verbale (senza niente di scritto) ha validità?
R: Per le locazioni abitative no, non ha validità: la legge 431/98 impone la forma scritta a pena di nullità. Un contratto verbale di casa è nullo ab origine. Tuttavia, la nullità per mancanza di forma scritta è anch’essa considerata nullità di protezione per il conduttore . Significa che solo l’inquilino può farla valere. Se l’inquilino sta pagando un affitto su base di accordo verbale e gli va bene, il locatore non può sfruttare il fatto che “non c’è scritto niente” per cacciarlo in ogni momento. In caso di lite, però, l’assenza di forma scritta combinata magari alla mancata registrazione pone quel rapporto totalmente fuori legge. Il conduttore potrebbe agire per far dichiarare l’esistenza di una locazione e ottenere un contratto 4+4 giudiziale. Il locatore, dal canto suo, se volesse liberarsi dell’inquilino, potrebbe sostenere che non essendoci contratto scritto l’inquilino non ha titolo; ma un giudice potrebbe eccepire che il locatore stesso è in mala fede non avendo formalizzato. Sulle locazioni commerciali, un contratto verbale potrebbe essere valido se di durata inferiore a 9 anni (il Codice civile non richiede forma scritta salvo durate ultranovennali o patti speciali come prelazione), ma siccome va registrato se >30 giorni, la mancata registrazione lo rende nullo comunque. Dunque, praticamente ogni accordo locatizio verbale che prosegua oltre 30 giorni è da considerare nullo per difetto di registrazione e (nel caso di abitazioni) anche per difetto di forma scritta ex lege. Pertanto, sconsigliamo vivamente i contratti orali. Se uno esiste di fatto, l’inquilino non dovrebbe sentirsi privo di ogni diritto – i giudici proteggono comunque chi abita e paga – ma ha bisogno di far valere le tutele di legge (riconduzione, ecc.) per mettere nero su bianco la situazione.

D8: L’inquilino può recuperare le somme pagate in nero al proprietario?
R: Sì. Se l’inquilino ha versato un canone “in nero” (non risultante da contratto registrato), la legge gli riconosce il diritto di farsi restituire quei soldi. Nelle locazioni abitative, l’art. 13 co. 2 L. 431/98 stabilisce chiaramente che l’inquilino, entro 6 mesi da quando lascia l’alloggio, può richiedere indietro le somme corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto e registrato. Se non c’era affatto contratto scritto registrato, il canone “risultante” è 0, quindi tutto ciò che ha pagato è in più ed è recuperabile. Nelle locazioni non abitative, pur non esistendo questa norma specifica, la giurisprudenza applica il principio generale: un pagamento privo di causa (perché il contratto era nullo) va restituito (azione di indebito arricchimento ex art. 2033 c.c.). Quindi anche per un affitto di negozio in nero l’inquilino può chiedere la restituzione di quanto versato. Naturalmente, dovrà fornire prova dei pagamenti effettuati (ricevute, estratti conto, o testimonianze in mancanza di documenti). Se i pagamenti erano tutti in contanti senza ricevute, l’onere della prova può essere ostico; tuttavia potrà giovarsi di presunzioni (es. dimostrare prelievi regolari dal suo conto corrispondenti ai canoni). Il limite temporale importante è per gli affitti abitativi: l’azione va fatta entro 6 mesi dall’uscita, dopodiché scatta la decadenza e il diritto si perde. Quindi l’inquilino, quando lascia l’immobile, dovrebbe subito valutare di inviare raccomandata di richiesta restituzione e poi eventualmente fare causa entro i 6 mesi. Se rimane oltre, il giudice non potrà più accogliere la domanda (anche se moralmente giusta, la legge impone quel termine per evitare che gente stia 10 anni in nero godendo del basso canone e poi pretenda indietro tutto magari dopo tanto tempo). Da notare: se l’inquilino fa valere la cosa quando ancora abita nell’immobile, potrebbe farlo con azione autonoma o in riconvenzione a una causa del locatore. La legge parla di “dalla riconsegna”: quindi la decadenza formalmente scatta dopo che lascia. Durante la locazione, potrebbe già chiedere restituzione di somme eccedenti ad esempio su patti integrativi (ed alcuni lo fanno, a costo di peggiorare i rapporti col proprietario). In conclusione, sì: l’inquilino ha un forte strumento per recuperare quanto pagato illegalmente. E la Cassazione (SU 2015 n.18213) ha specificato che questo diritto non è inficiato dalla complicità dell’inquilino nell’aver pagato in nero, in quanto la norma è a sua protezione.

D9: Chi è responsabile delle sanzioni per il contratto non registrato? Il locatore o anche l’inquilino?
R: Le sanzioni fiscali sono in pratica tutte a carico del locatore. La normativa sull’imposta di registro prevede (ancora) una solidarietà formale di entrambe le parti nel pagamento dell’imposta e relative sanzioni, ma la Legge 208/2015 ha posto l’obbligo di registrazione a carico esclusivo del locatore. Ciò si riflette nell’enforcement: l’Agenzia delle Entrate quando individua un affitto in nero notifica l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro e le sanzioni al proprietario. Solo in casi davvero eccezionali potrebbe rivolgersi al conduttore (ad esempio se il locatore è irreperibile/nullatenente, in teoria potrebbe chiedere a lui in solido l’imposta). Ma non succede quasi mai, e comunque l’inquilino non subirebbe sanzioni (perché non è lui l’evasore, semmai gli chiederebbero di pagare l’imposta evasa in solido). Riguardo l’IRPEF, è una tassa dovuta dal locatore sui redditi, quindi solo il locatore risponde del relativo evasione. L’inquilino non c’entra con l’IRPEF del proprietario. Pertanto, l’inquilino non incorre in alcuna sanzione amministrativa per il fatto in sé di aver pagato in nero . Nemmeno se smette di pagare: l’unica conseguenza è la disputa col proprietario, ma niente multe statali. L’unico rischio che talvolta spaventa gli inquilini è: “ho anche io violato la legge accettando il nero?” Dal punto di vista penale, il reato di concorso in evasione fiscale per il conduttore che paga in contanti non sussiste: non è punibile, a meno che egli stesso sia un sostituto d’imposta che sta detraendo costi (scenario diverso, es. un’azienda che affitta ufficio in nero sta deducendo un costo fittizio – allora avrebbe problemi). Il privato inquilino non commette illecito. Anzi, se viene a galla la situazione, lo Stato potrebbe chiedergli testimonianza. Quindi si può dire con certezza: tutte le sanzioni tributarie e le conseguenze legali per il “contratto in nero” colpiscono il locatore, mentre l’inquilino ne è esente ed anzi è la parte danneggiata cui il sistema offre rimedi. Questa asimmetria è voluta: l’ordinamento vuole incentivare l’inquilino a denunciare senza paura di punizioni. E infatti è così: l’inquilino non rischia nulla (tranne dover eventualmente lasciare la casa, ma questo è perché il contratto era nullo, non è punizione).

D10: Quali sentenze recenti hanno riguardato affitti in nero e cosa hanno stabilito?
R: Ci sono state diverse pronunce importanti: – La Cassazione Sezioni Unite n. 18213/2015 ha stabilito che se il locatore registra un contratto abitativo a canone inferiore e c’è un patto occulto per maggior canone non registrato, tale patto è nullo in modo insanabile e resta valido solo il canone minore ufficiale. Quindi conferma la linea dura contro i “doppi contratti”. – Le Sezioni Unite 10498 e 23601 del 2017 (già citate) hanno risolto il contrasto affermando la sanabilità con effetti retroattivi della nullità da mancata registrazione. Hanno quindi consentito ai locatori di poter sanare la posizione, ma hanno anche detto espressamente che l’assetto normativo mira a stabilizzare gli effetti contrattuali in caso di adempimento e, allo stesso tempo, a punire l’evasione con sanzioni fiscali. Hanno anche ribadito che resta nulla e insanabile la clausola di extra canone in nero oltre il registrato. – La Corte Costituzionale n. 87/2017 ha convalidato la norma del 2016 (L.208/2015) che predetermina il triplo rendita catastale come importo dovuto per i contratti registrati in ritardo tra 2011-2015. In pratica, ha detto che il legislatore del 2015 non ha reincarnato la norma incostituzionale del 2011 (che imponeva 8 anni a canone basso), ma si è limitato a definire forfettariamente l’indennità dovuta, il che è legittimo. Quindi ha respinto le censure di incostituzionalità. – La Cassazione 25503/2016 (Sez. III) è significativa perché ha chiarito che un contratto di locazione non registrato è nullo e ogni pagamento effettuato dev’essere restituito; inoltre, ha negato che il proprietario possa pretendere dal conduttore di convertire quei pagamenti in “indennità di occupazione” pari al canone pattuito: se vuole un’indennità deve provarne il danno, non basta dire “era il canone”. – La Cassazione 34156/2019 ha ribadito i principi delle SU 2017 applicandoli a un caso concreto di tardiva registrazione: ha confermato che la registrazione tardiva sana ex tunc il contratto e ha citato la possibilità per il locatore ravveduto di avvalersi del ravvedimento operoso nel sistema tributario. – La Cassazione 9475/2021 (Sez. III) ha affrontato il caso di contratto abitativo verbale non registrato risalente a prima del 2016 e ha affermato la teoria della nullità relativa in favore del conduttore. Cioè ha stabilito che tale nullità per omessa forma/registrazione può essere fatta valere solo dall’inquilino e non dal locatore . Di conseguenza ha cassato una decisione d’appello che aveva dichiarato nullo il contratto su istanza del locatore per liberare l’immobile. Questo conferma la protezione data all’inquilino: se questi non eccepisce nulla, il rapporto prosegue di fatto; il locatore non può invocare la nullità a danno dell’inquilino. – La Cassazione 19808/2024 (Sez. III) è una pronuncia recente che ha esaminato il diritto del proprietario all’indennità di occupazione in caso di contratto nullo non registrato. Ha affermato che sì, spetta un’indennità al proprietario per l’occupazione sine titulo, e ha richiamato i limiti di cui all’art.1 co.59 L.208/2015 (triplo RC per certi periodi). Questa sentenza, in linea con altre, sottolinea che il proprietario non resta del tutto privo di tutela economica: può recuperare un’indennità, ma non automaticamente pari a tutti i canoni pattuiti. – Segnalo anche la Cassazione 12879/2025 (Sez. III) che, pur riguardando il danno da occupazione sine titulo in generale, implicitamente coinvolge i casi di affitti in nero: le SU affermano che il danno da occupazione non è in re ipsa (automatico) ma può essere provato per presunzioni semplici (quindi alleggerendo l’onere per il proprietario). Questo orientamento aiuta i locatori a ottenere almeno un risarcimento base quando non hanno potuto affittare regolarmente. In sostanza, la giurisprudenza degli ultimi anni ha definito un sistema equilibrato: punire l’evasione (nullità contrattuale e favor tenant, sanzioni fiscali severe) ma allo stesso tempo consentire rimedi (sanatoria se regolarizzi, indennità per evitare arricchimenti senza causa eccessivi).

Tabelle riepilogative

Tabella 1 – Differenze tra locazione registrata e non registrata (punti chiave)

AspettoContratto regolarmente registratoContratto non registrato (in nero)
Validità contrattualeValido ed efficace erga omnes. L’inquilino è tenuto a pagare il canone pattuito; il locatore può far valere tutte le clausole (sfratto per morosità, ecc.).Nullo civilmente (art. 1 c.346 L.311/04). L’inquilino non è tenuto a pagare il canone (pagamenti indebito); il locatore non può agire per sfratto finché non regolarizza. Nullità invocabile solo dal conduttore (nullità protettiva) .
Forma richiestaNecessaria forma scritta (specie per abitativo) e registrazione fiscale.Spesso solo verbale o scrittura privata non comunicata al Fisco. La mancanza di forma scritta (in abitativo) aggiunge una nullità ulteriore di protezione.
Durata e rinnovoSecondo quanto previsto dalla legge: es. 4+4 anni (libero) o 3+2 (concordato) per abitativo; 6+6 per commerciale, ecc.Formalmente nessuna tutela sulla durata (essendo nullo, potrebbe essere sciolto in ogni momento). Però, per abitativo, il conduttore può ottenere dal giudice la riconduzione a 4+4 o 3+2 alle condizioni legali. Il locatore non può intimare legalmente finita locazione, dovendo prima regolarizzare.
Importo del canoneQuello liberamente pattuito (nei limiti di legge: es. canone concordato se previsto).Il canone “in nero” non è azionabile. Se il conduttore attiva la riconduzione legale, il giudice fisserà un canone non superiore al minimo legale (spesso più basso di quello di mercato). Se il rapporto resta in nero e finisce, l’inquilino può reclamare indietro tutto quanto ha pagato oltre eventuale canone registrato.
Facoltà del conduttore– Pagare canone ed oneri come da contratto.<br/>– Detrazioni fiscali possibili (es. giovani, lavoratori fuori sede, cedolare secca 10%).– Può sospendere i pagamenti (nessun obbligo giuridico finché contratto nullo).<br/>– Può denunciare la situazione al Fisco senza sanzioni a suo carico (stimolato a far emergere il nero).<br/>– Può agire in giudizio per far dichiarare il contratto e regolarizzarlo (4+4, canone legale).<br/>– Può recedere in qualsiasi momento senza preavviso (non essendoci contratto vincolante), anche se opportuno dare comunicazione per evitare contestazioni.
Tutele del locatore– Può agire con sfratto per morosità in tempi brevi, o per fine locazione, ecc.<br/>– Può aggiornare il canone (ISTAT) se previsto.<br/>– Ha titolo esecutivo per eventuali decreti ingiuntivi su canoni non pagati.Prima deve registrare per potersi tutelare. Se non registra: niente sfratto veloce, deve fare causa ordinaria per rilascio (più lunga).<br/>– Può ottenere un’indennità di occupazione per il periodo di uso senza titolo, ma deve chiederla e provarla: non è automatica pari al canone pattuito. Spesso commisurata a valore di mercato o parametri catastali (es. 10% valore immobile/anno).<br/>– Non può esigere penali o interessi di mora sul canone perché il canone stesso non è dovuto legittimamente.
Sanzioni fiscali– Imposta di registro 2% annuale (se no cedolare).<br/>– IRPEF sul 95% del canone (o cedolare secca al 21%/10%).Imposta di registro evasa + sanzione 120-240% (+ interessi).<br/>– IRPEF evasa + sanzione 240-480% (+ interessi).<br/>– Presunzione di affitti non dichiarati per 4 anni retro (10% rendita).<br/>– Esempio: €10k annui evasi per 2 anni → sanzioni potenziali ~ €9.6k registro+IRPEF su €20k evasi (senza ravvedimento).<br/>– (NB: conduttore non sanzionato) .
Regolarizzazione tardiva– Non applicabile (già registrato a suo tempo).Possibile in ogni momento: pagando imposte arretrate + sanzioni ridotte (ravvedimento). <br/>– Effetto: contratto diventa valido ex tunc (retroattivo); da quel momento il locatore può pretendere canoni arretrati e futuri e utilizzare lo sfratto se serve. <br/>– L’inquilino potrebbe perdere i benefici della nullità (dovrà pagare canoni maturati una volta che il contratto è sanato).<br/>– Le sanzioni tributarie sono ridotte molto se è spontaneo il ravvedimento (es. 15% invece di 120%).

Tabella 2 – Principali tutele legali per il conduttore vs locatore in caso di affitto in nero

Punto di vistaTutele e dirittiLimiti e attenuazioni
Conduttore (inquilino)Eccepire nullità del contratto per non pagare canoni.<br/>- Azione di riconduzione giudiziale (abitativo) a 4+4 o 3+2 anni, canone ridotto.<br/>- Ripetizione indebito: chiedere rimborso somme in nero versate (entro 6 mesi da rilascio).<br/>- Sospensione immediata del pagamento affitto, data la nullità (senza costituire inadempimento).<br/>- Nessuna sanzione fiscale a suo carico per il nero .<br/>- Può andarsene quando vuole (nessun vincolo contrattuale, salvo buon senso di avvisare).– Se il locatore registra tardivamente, il contratto si convalida: l’inquilino dovrà allora pagare i canoni arretrati divenuti legittimi.<br/>- Se usufruisce della casa gratis a lungo, il giudice potrebbe riconoscere un’indennità di occupazione al locatore (equità).<br/>- Decadenza breve per rimborso: 6 mesi dalla fine, altrimenti perde diritto.<br/>- Rischia di dover lasciare l’immobile se il locatore intraprende azione di rilascio (perché non ha titolo formale di durata, a meno che non ottenga la riconduzione legale in tempo).<br/>- Se ha depositato cauzione, deve magari fare causa per riaverla (contratto nullo, il locatore scorrettamente potrebbe trattenerla).
Locatore (proprietario)Registrazione tardiva per sanare il contratto e poter agire per sfratto e canoni dovuti.<br/>- Azionare sfratto (solo dopo registrazione; prima non possibile).<br/>- Azione di rilascio dell’immobile come occupato senza titolo (se non vuole sanare).<br/>- Richiesta di indennità di occupazione per l’uso dell’immobile durante il nero (arricchimento senza causa).<br/>- Possibile compensare indennità dovuta con eventuali somme da restituire all’inquilino.<br/>- Difesa in giudizio fiscale: provare periodi non locati, ecc. per ridurre sanzioni/imponibili.<br/>- Rateizzazioni e istituti deflativi (accertamento con adesione) per attenuare esborso fiscale.Nullità di protezione: il locatore non può invocare la nullità a suo favore (es. per liberarsi dell’inquilino senza preavviso) ; deve seguire vie ordinarie.<br/>- Sanzioni tributarie cospicue interamente a suo carico (fino a 240-480% imposta evasa); niente riduzioni in caso di accertamento definito.<br/>- Rischio penale se evasione sopra soglie (non di frequente, ma possibile).<br/>- Impossibilità di beneficiare di regimi fiscali agevolati (es. cedolare secca retroattiva) una volta scoperto il nero – pagherà imposte piene con sovrattasse.<br/>- Se registra tardivamente dopo anni, paga comunque imposta + interessi + sanzioni (anche se ridotte via ravvedimento).<br/>- Non può legalmente cacciare l’inquilino moroso se prima non si mette in regola (lo sfratto per morosità verrà bloccato dal giudice).

Nota: Le tutele e i limiti sopra valgono in generale; ogni caso concreto può presentare varianti (ad es. conduttore partecipe dell’evasione vs conduttore vittima, atteggiamento del giudice, ecc.). La tendenza però è proteggere l’inquilino e punire il locatore, pur riconoscendo al locatore un equo indennizzo e la possibilità di rimediare pagando il dovuto.

Conclusione: la materia delle locazioni non registrate vede un intreccio di norme civilistiche (nullità contrattuale) e tributarie (sanzioni anti-evasione) finalizzate a debellare il fenomeno degli “affitti in nero”. Dal punto di vista del debitore, ossia la parte che si trova ad essere destinataria di richieste (di pagamento, di sanzioni, ecc.) derivanti da tale situazione, è fondamentale conoscere i propri diritti e doveri. L’inquilino-debitore di canoni non dovuti può efficacemente difendersi, arrivando a non pagare nulla e a vedersi restituiti gli esborsi indebiti. Il locatore-debitore verso il fisco può cercare di transigere e regolarizzare per attenuare le conseguenze, ma deve mettere in conto di pagare severamente il passato in nero. In ogni caso, la strada maestra suggerita dall’ordinamento è la trasparenza: registrare sempre i contratti e dichiarare i redditi. Le norme punitive – dalla nullità ex L.311/04 alle sanzioni 4-5 volte l’imposta evasa – mostrano chiaramente che il gioco non vale la candela. Avvocati e consulenti legali devono quindi indirizzare i clienti verso soluzioni di emersione del nero, utilizzando gli strumenti difensivi sopra illustrati non per perpetuare l’illegalità, ma per risolvere le vertenze nel modo meno dannoso possibile e riportare le parti nella legalità. Solo così si evitano diatribe lunghe e costose e si restituisce equilibrio al rapporto locativo.

Hai ricevuto un avviso dall’Agenzia delle Entrate perché ti vengono contestati canoni di locazione non registrati o non dichiarati? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Hai ricevuto un avviso dall’Agenzia delle Entrate perché ti vengono contestati canoni di locazione non registrati o non dichiarati?
Vuoi sapere cosa rischi e come predisporre una difesa efficace?

👉 Prima regola: dimostra la regolarità dei contratti e la tracciabilità dei canoni riscossi, distinguendo tra importi effettivamente percepiti e somme mai incassate.


⚖️ Quando scattano le contestazioni

  • Contratti di locazione non registrati all’Agenzia delle Entrate;
  • Canoni riscossi in misura superiore a quella dichiarata;
  • Omessa dichiarazione dei redditi da locazione nel modello 730 o Redditi;
  • Affitti in nero, scoperti a seguito di segnalazioni degli inquilini;
  • Differenze tra importi accreditati sui conti e quelli riportati nei contratti registrati.

📌 Conseguenze della contestazione

  • Recupero delle imposte sui canoni non dichiarati;
  • Sanzioni fiscali per omessa registrazione del contratto e dichiarazione infedele;
  • Interessi di mora sulle somme accertate;
  • Validità del contratto riqualificata a canone minimo previsto dalla legge;
  • Rischio di ulteriori verifiche fiscali su altri immobili posseduti.

🔍 Cosa verificare per difendersi

  • Il contratto è stato effettivamente registrato o solo parzialmente?
  • I canoni contestati sono stati realmente riscossi o solo pattuiti?
  • Esistono prove di morosità o mancato pagamento da parte dell’inquilino?
  • Gli importi dichiarati coincidono con le ricevute e i bonifici?
  • L’accertamento si fonda su segnalazioni attendibili o su presunzioni?

🧾 Documenti utili alla difesa

  • Contratti di locazione registrati all’Agenzia delle Entrate;
  • Ricevute di pagamento e bonifici bancari;
  • Comunicazioni di morosità o atti di sfratto;
  • Dichiarazioni fiscali relative ai redditi da locazione;
  • Eventuali accordi scritti con gli inquilini.

🛠️ Strategie di difesa

  • Dimostrare la regolare registrazione dei contratti e la dichiarazione dei canoni percepiti;
  • Contestare le somme non incassate come redditi imponibili;
  • Fare valere eventuali morosità con documentazione a supporto;
  • Evidenziare errori di calcolo o motivazioni insufficienti nell’accertamento;
  • Richiedere annullamento in autotutela in caso di documenti già agli atti;
  • Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro 60 giorni.

🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

📂 Analizza i contratti di locazione e i flussi di pagamento;
📌 Valuta la fondatezza delle contestazioni e i margini difensivi;
✍️ Predispone memorie difensive e ricorsi tributari;
⚖️ Ti rappresenta nei giudizi fiscali e, se necessario, in sede civile per le controversie con gli inquilini;
🔁 Suggerisce strategie preventive per una gestione trasparente e sicura degli affitti.


🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto tributario e locazioni;
✔️ Specializzato in difesa contro contestazioni fiscali su affitti in nero e canoni non registrati;
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.


Conclusione

Le contestazioni per canoni di locazione non registrati non sempre sono fondate: spesso derivano da morosità, errori di comunicazione o semplici omissioni formali.
Con una difesa mirata puoi dimostrare la realtà dei canoni percepiti, ridurre drasticamente sanzioni e interessi ed evitare conseguenze più gravi.

📞 Contatta subito l’Avv. Giuseppe Monardo per una consulenza riservata: la tua difesa contro le contestazioni fiscali sugli affitti inizia qui.

Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
Si invita a leggere attentamente il disclaimer del sito.

Torna in alto

Abbiamo Notato Che Stai Leggendo L’Articolo. Desideri Una Prima Consulenza Gratuita A Riguardo? Clicca Qui e Prenotala Subito!