Accertamento Fiscale A Fisioterapisti: Come Difendersi

Hai ricevuto un accertamento fiscale come fisioterapista? In questi casi, l’Agenzia delle Entrate presume che parte dei compensi percepiti per trattamenti riabilitativi, terapie manuali o consulenze non sia stata dichiarata correttamente. I fisioterapisti, come altre professioni sanitarie, sono particolarmente monitorati dal Fisco anche tramite i dati trasmessi al Sistema Tessera Sanitaria. Le conseguenze possono essere molto gravi: recupero delle imposte, applicazione di sanzioni elevate e, nei casi più seri, perfino contestazioni penali. Tuttavia, non sempre la contestazione è fondata: con una difesa ben documentata è possibile ridurre sensibilmente le pretese fiscali o dimostrare la correttezza della propria posizione.

Quando l’Agenzia delle Entrate contesta i redditi di un fisioterapista
– Se i compensi dichiarati non coincidono con il numero di trattamenti effettuati
– Se vi sono incongruenze tra ricevute, fatture e i dati inviati al Sistema Tessera Sanitaria
– Se i movimenti bancari risultano superiori ai ricavi registrati
– Se i pagamenti in contanti non sono stati documentati con ricevuta fiscale
– Se l’Ufficio presume prestazioni “in nero” non fatturate né dichiarate

Conseguenze dell’accertamento fiscale
– Recupero a tassazione dei compensi ritenuti non dichiarati
– Applicazione di sanzioni fino al 200% delle maggiori imposte accertate
– Interessi di mora sulle somme contestate
– Rettifica delle dichiarazioni fiscali e possibili controlli futuri più serrati
– Nei casi più gravi, denuncia penale per dichiarazione infedele o frode fiscale

Come difendersi dall’accertamento
– Dimostrare la corrispondenza tra trattamenti erogati, ricevute emesse e redditi dichiarati
– Produrre documentazione sanitaria, agende appuntamenti, estratti conto bancari e ricevute fiscali
– Contestare ricostruzioni presuntive dei ricavi basate su parametri medi non rappresentativi della propria attività
– Evidenziare errori di calcolo, difetti istruttori o vizi di motivazione nell’accertamento
– Richiedere la riqualificazione della contestazione per ridurre le sanzioni applicabili
– Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per chiedere l’annullamento totale o parziale della pretesa

Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare la documentazione fiscale, bancaria e sanitaria oggetto di contestazione
– Verificare la legittimità della contestazione e l’inquadramento corretto dei redditi percepiti
– Predisporre un ricorso fondato su prove concrete e vizi procedurali dell’accertamento
– Difendere il fisioterapista davanti ai giudici tributari e, se necessario, anche in sede penale
– Tutelare il patrimonio personale e professionale da richieste fiscali sproporzionate

Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale della contestazione
– La riduzione di sanzioni e interessi applicati
– La sospensione delle richieste di pagamento già notificate
– Il riconoscimento della correttezza delle dichiarazioni fiscali rese
– La certezza di pagare solo quanto realmente previsto dalla legge

⚠️ Attenzione: i fisioterapisti sono tra le professioni sanitarie più frequentemente controllate dal Fisco, specie per i pagamenti in contanti e i dati incrociati con il Sistema Tessera Sanitaria. È fondamentale predisporre una difesa tempestiva e ben documentata per evitare conseguenze economiche e legali molto pesanti.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e fiscale sanitario – spiega come difendersi in caso di accertamento fiscale a carico di fisioterapisti e quali strategie adottare per proteggere i tuoi interessi.

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Introduzione

L’accertamento fiscale rappresenta un momento delicato per qualsiasi professionista, fisioterapisti inclusi. Questa guida approfondita (aggiornata a settembre 2025) illustra il quadro normativo italiano di riferimento, i diritti del contribuente (fisioterapista), le procedure di controllo (compresi gli interventi della Guardia di Finanza), nonché le strategie di difesa amministrative e giudiziarie disponibili in caso di contestazioni su IRPEF, IVA, contributi INPS e IRAP. Vengono inoltre presentati esempi pratici con simulazioni di memorie difensive e contenzioso tributario, nonché le fasi successive all’accertamento (cartelle di pagamento, pignoramenti, ecc.). Il linguaggio è tecnico-giuridico ma divulgativo, rivolto ad avvocati, imprenditori e contribuenti avanzati. Le fonti normative e giurisprudenziali più recenti (incluse sentenze delle Corti tributarie e della Cassazione) sono indicate in calce.

Quadro normativo generale

Gli accertamenti fiscali in Italia si fondano su norme primarie che regolano i poteri dell’Amministrazione finanziaria e i diritti del contribuente . In particolare:

  • Statuto del Contribuente (L. 212/2000, art. 12): è la “Carta fondamentale” del contribuente. Garantisce che le verifiche fiscali presso la sede siano effettuate solo per reali esigenze d’indagine, con modalità che arrecano il minor turbamento possibile . Cruciale è il comma 7 dell’art. 12, che garantiva al contribuente il diritto di presentare osservazioni entro 60 giorni dal rilascio del processo verbale di constatazione (PVC), vietando all’ufficio finanziario di emettere l’avviso di accertamento prima di tale termine. Questa norma è stata sostanzialmente riformata: dal 1° gennaio 2024 il comma 7 è stato abrogato dal d.lgs. 219/2023 e sostituito dall’art. 6-bis, che estende l’obbligo di contraddittorio endoprocedimentale a (quasi) tutti gli atti tributari, stabilendo comunque un termine minimo di 60 giorni .
  • D.P.R. 29/9/1973, n. 600: è il Testo Unico delle imposte sui redditi (IRPEF, IRES e parzialmente IVA). Regola il procedimento d’accertamento dei redditi. In particolare, l’art. 33 rinvia alle disposizioni sulla verifica (accessi, ispezioni) del D.P.R. 633/72 (IVA), assicurando le stesse garanzie anche nelle verifiche sui redditi. Il Titolo IV del DPR 600/73 definisce le tecniche di accertamento: l’art. 38 introduce l’accertamento sintetico (c.d. redditometro) e l’art. 39 l’accertamento analitico-induttivo (basato su presunzioni gravi e concordanti in assenza di contabilità attendibile) .
  • D.P.R. 26/10/1972, n. 633: disciplina l’IVA. L’art. 52 (richiamato dal DPR 600) detta le regole per accessi e verifiche. Le prestazioni sanitarie rese da professionisti abilitati sono esenti IVA ai sensi dell’art. 10, n. 18, DPR 633/72 (purché svolte da soggetti legalmente riconosciuti, spesso dietro prescrizione medica) .
  • D.Lgs. 446/1997: istituisce l’IRAP (imposta regionale sulle attività produttive). Secondo la giurisprudenza, il fisioterapista è soggetto IRAP solo se nella sua attività sussiste un’organizzazione autonoma di mezzi e persone (cfr. Cass. SS.UU. n. 9451/2016). Una recente sentenza della CTR Piemonte ha confermato che un fisioterapista privo di “struttura organizzata” (es. unica operatrice con mezzi propri) non è tenuto a versare IRAP .
  • D.Lgs. 546/1992 (Codice del processo tributario): regola il contenzioso tributario. Stabilisce i termini di decadenza per proporre ricorso (60 giorni dall’atto impositivo ), le competenze delle Commissioni tributarie, le fasi procedurali e i vizi di legittimità degli atti.

In sintesi, il fisioterapista deve conoscere questi riferimenti normativi, tenendo conto delle riforme recenti (es. D.Lgs. 219/2023) che hanno rafforzato le tutele del contraddittorio e della trasparenza procedurale .

Regime fiscale e contributivo dei fisioterapisti

Il regime fiscale dei fisioterapisti varia in base alla forma di esercizio dell’attività (libero professionista, convenzionato SSN, dipendente, associazione sportiva, ecc.):

  • Professione libera con Partita IVA: un fisioterapista che opera in proprio deve aprire Partita IVA. Le sue prestazioni sono soggette a IVA ordinaria (attualmente 22%) se rese senza prescrizione medica; se invece sono svolte dietro ricetta medica (valevoli come cure riabilitative), rientrano nell’esenzione IVA prevista dall’art. 10 n. 18 DPR 633/72 . In concreto, “le prestazioni svolte in piena autonomia” sono imponibili IVA ordinaria, mentre quelle “svolte sotto la direzione di un medico” – diagnosi, cura e riabilitazione – sono esenti . Occorre ricordare, inoltre, che l’esenzione spetta solo ai fisioterapisti abilitati con titolo triennale riconosciuto: i cosiddetti massofisioterapisti con titoli non riconosciuti hanno diritto all’esenzione IVA solo se il loro diploma è conseguito in un corso di durata triennale .
  • Contributi previdenziali (INPS): i fisioterapisti non hanno una cassa previdenziale specifica e pertanto sono iscritti alla Gestione Separata INPS. Devono versare contributi calcolati al 26,07% sul reddito netto (nel regime ordinario, ricavi meno spese; nel forfettario, sul 78% dei ricavi, dato il coefficiente di redditività ). Ad esempio, su 20.000€ incassati il reddito imponibile è 15.600€ e i contributi ammontano a circa 4.067€ . I contributi vanno versati tramite F24 (codici tributo INPS) in acconto e saldo (30 giugno e 30 novembre) .
  • IRAP: come sopra, l’IRAP colpisce le spese per lavoro autonomo e mezzi organizzativi. Secondo la Cassazione a Sezioni Unite n. 9451/2016, un professionista (come il fisioterapista) con un solo collaboratore generico (es. segreteria) non è soggetto a IRAP . Analogamente, se l’attività è svolta esclusivamente in forma manuale, senza organi significativi (né sedi organizzate, né attrezzature rilevanti), l’IRAP non è dovuta: la CTR Piemonte 228/2017 ha infatti annullato l’accertamento IRAP su una fisioterapista proprio perché essa si avvaleva solo del proprio lavoro con mezzi personali . Rimane l’obbligo IRAP se invece il fisioterapista è inserito in una “struttura organizzata” (es. presso ASL o equiparata) che fornisce strumenti o personale di fatto.

Dipendenti e convenzionati: un fisioterapista assunto come dipendente (presso Aziende sanitarie, studi medici, palestre, società sportive) subisce l’imposizione IRPEF tramite ritenuta in busta paga, e i contributi previdenziali sono versati dal datore di lavoro secondo il contratto collettivo (in genere nel settore sanità/collaboratori sportivi). Di solito tali redditi non concorrono all’IRAP del professionista, trattandosi di lavoro dipendente. Tuttavia, se un fisioterapista “convenzionato SSN” (medici e sanitari convenzionati non sono propriamente dipendenti, ma titolari di convenzione) svolge altresì attività libero-professionale, deve considerare entrambe le forme: i compensi SSN sono assoggettati a ritenuta e contributi INPS o casse specifiche (se esistenti), mentre i redditi da libera professione seguono IVA/INPS Gestione Separata/IRAP come sopra. In ogni caso, è fondamentale dichiarare correttamente tutti i redditi percepiti (dipendenti + autonomi) e tenere distinti i regimi, poiché ogni fonte di reddito può essere verificata dall’Agenzia delle Entrate.

Accertamenti fiscali nei confronti dei fisioterapisti

Tipi di controlli e ruolo della Guardia di Finanza

Il fisioterapista può essere oggetto sia di verifiche fiscali tradizionali svolte dall’Agenzia delle Entrate (accessi ispettivi presso lo studio, analisi documentale e contabile) sia di indagini svolte dalla Guardia di Finanza (GF). Pur essendo la GF un corpo di polizia economico-finanziaria, essa non “emette” di per sé gli avvisi di accertamento tributario. In pratica, la GF effettua l’attività istruttoria: accede presso il contribuente, acquisisce documenti, analizza conti correnti e registra le violazioni nel Processo Verbale di Constatazione (PVC). Tale verbale viene poi trasmesso all’Agenzia delle Entrate, che formalmente emette l’avviso di accertamento . In altre parole, “la Guardia di Finanza… svolge le indagini e redige il PVC con i rilievi, ma l’atto impositivo finale viene emesso dall’ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente” .

Gli accertamenti a carico di fisioterapisti possono riguardare l’omessa fatturazione (evidenziata da testimonianze o documenti), la ricostruzione del reddito tramite analisi bancaria, l’omessa dichiarazione di IVA o IRAP, o perfino profili di evasione penale (false fatture, dichiarazione fraudolenta). Tipico è il caso delle prestazioni domiciliari: l’Agenzia può sospettare che un fisioterapista che effettua molte visite a domicilio non abbia dichiarato tutte le entrate o non abbia applicato correttamente l’esenzione IVA. Per questo motivo, verifiche fiscali spesso “si concentrano nella valutazione di macchinari ed attrezzature elettromedicali” e nella quantità delle prestazioni domiciliari . Gli accertatori esaminano agende, schede pazienti, attrezzature mobili e anche il consumo di materiali (teli, guanti) per stimare il volume d’affari . Tuttavia, questa ricostruzione è complessa e aleatoria: è quasi impossibile determinare senza dubbio quante sedute ha fatto il professionista, e la durata può variare (10–60 minuti) in base alla patologia . In assenza di dati certi, gli accertatori tuttavia procedono per presunzioni e indizi (ad esempio analizzando gli incassi bancari).

Un valido strumento di tutela del contribuente è il contraddittorio endoprocedimentale: quando si chiude la fase ispettiva sul campo, la GF consegna un verbale finale al professionista (o notifica la conclusione). Da quel momento scatta il termine di 60 giorni (previsto dall’art. 12 L.212/2000 e ora ribadito dal d.lgs. 219/2023, art. 6-bis) per presentare le proprie osservazioni e documentazione. È fondamentale sfruttare questa fase: come suggerito dalla prassi, il fisioterapista dovrebbe contestare nel dettaglio le ipotesi di accertamento (numero di sedute, valore tariffario, compatibilità con la tipologia di prestazioni), presentando memoria difensiva e allegati. La mancata partecipazione o un contraddittorio inadeguato può indebolire la posizione del contribuente, poiché l’amministrazione potrà assumere in giudizio la ricostruzione sommaria operata. Al contrario, una prova documentale puntuale (quaderni clinici, registrazioni video, testimoni medici) può convincere la Commissione tributaria che le pretese del fisco sono troppo generiche .

Accessi e Processo Verbale di Constatazione

Gli accessi della Guardia di Finanza (o degli ispettori dell’Agenzia Entrate) seguono lo schema dell’art. 52 DPR 633/72 e art. 12 Statuto. Al momento dell’accesso, i militari devono esibire al contribuente un ordine di servizio che indichi gli estremi dell’attività (es. verifica IVA e imposte dirette per anni fiscali x-y) . Il fisioterapista ha diritto di prendere visione di tale ordine e, se lo richiede, ottenerne copia . Durante la verifica, la GF può chiedere documenti contabili, contrattuali e fiscali, perquisire l’attività, esaminare computer e archivi, interrogare dipendenti o collaboratori . È consigliabile mantenere un atteggiamento collaborativo ma informato: l’assistenza di un commercialista o tributarista può essere attivata subito per fornire chiarimenti ed evitare fraintendimenti.

Al termine dell’accesso, i finanzieri redigono il Processo Verbale di Constatazione (PVC) . Questo verbale descrive gli esiti della verifica, specificando le violazioni contestate (es. “mancata emissione di fatture per n. 50 prestazioni”; “omessa annotazione di costi”; “utilizzo di fattura per operazioni non reali” etc.). Il PVC, come previsto dalla legge, contiene gli elementi del contraddittorio: adempimenti richiesti (dichiarazioni integrative, versamenti da effettuare, osservazioni da presentare) e il termine di 60 giorni per le osservazioni del contribuente . È fondamentale leggere attentamente il PVC: eventuali imprecisioni od omissioni (per esempio periodi d’imposta non menzionati, errori nei dati) vanno segnalate con urgenza nel contraddittorio.

Contestazioni ricorrenti e criticità

Nella prassi, gli accertatori possono contestare in particolare:

  • Ricostruzione del reddito da conti correnti: come evidenziato da casi reali, l’Agenzia può determinare il reddito sulla base di depositi bancari non giustificati, considerandoli ricavi o finanziamenti personali. La giurisprudenza ricorda che il fisco deve analizzare tutte le movimentazioni e dare piena ragione alla documentazione presentata . In Cass. civ. n. 24784/2015, ad esempio, la Corte ha annullato l’avviso di un fisioterapista perché la Commissione tributaria non aveva confrontato analiticamente i versamenti con le giustificazioni prodotte dal contribuente, limitandosi ad applicare la tassazione integrativa “per via sommaria” . Analogamente, in Cass. 4585/2015 la Suprema Corte ha ridotto l’imposizione, ritenendo che senza prove certe sulla riconducibilità dei movimenti bancari non è possibile considerare tali versamenti come proventi non dichiarati . Questi precedenti sottolineano l’importanza di fornire copia di estratti conto, contratti di prestito, cessioni di assegni, ecc., per ogni somma “sospetta”.
  • Omessa fatturazione e IVA: se il fisioterapista ha effettuato prestazioni libero-professionali senza rilasciare fattura (ad esempio a pazienti privati), può subire un accertamento analitico-induttivo. Occorre dimostrare l’esistenza di giustificativi alternativi (ricevute intestate ad altri, deleghe, copia prescrizioni mediche) o la frequentissima pratica di prestazioni non fatturate (e.g. ad amici/parenti gratuiti o con sconto). Inoltre, come anticipato, se il fisco contesta l’IVA sulle prestazioni esenti (perché rese senza prescrizione), il contribuente deve provare la liceità dell’esenzione (titoli abilitativi, prescrizioni). La motivazione del PVC deve indicare i presupposti per la disapplicazione dell’esenzione (es. “mancata prescrizione del medico” o “assenza di requisiti all’atto dell’erogazione”) .
  • Costi non dedotti o INPS dovuti: nei controlli sull’IRPEF, l’Agenzia può contestare costi personali dedotti o omettere di considerare contributi da versare. Ad esempio, il fisco potrebbe rivalersi sulle somme corrisposte a collaboratori domestici come “costo” non inerente, oppure su contributi IRPEF omessi. Qui la difesa consiste nel dimostrare l’inerenza dei costi (es. spese per materiale sanitario) o nel richiedere conteggio dettagliato dei contributi INPS dovuti (gestione separata, a volte con possibilità di ravvedimento).
  • IRAP su strutture sanitarie: come visto, l’Agenzia talvolta contesta l’IRAP a fisioterapisti convenzionati o con studio, sostenendo che l’ASL o struttura convenzionata conferisce una organizzazione. Tuttavia, il contribuente può contestare questa visione: nel caso CTR Piemonte 228/2017 la contribuente ha dimostrato di non avvalersi realmente di una “struttura organizzata”, ma solo di mezzi propri (automezzo) e del suo lavoro manuale . I giudici le hanno dato ragione, annullando l’IRAP.

Difesa del fisioterapista: strumenti e strategie

Prima fase: contraddittorio endoprocedimentale

Come già sottolineato, il fisioterapista ha diritto di partecipare prima dell’emissione dell’avviso di accertamento. Formalmente, entro 60 giorni dal rilascio del PVC può presentare memorie difensive e documentazione (art. 12, co. 7, L. 212/2000). Con le novità introdotte, ogni atto impositivo (incluso l’avviso d’accertamento) deve essere preceduto dall’invio al contribuente di uno “schema di atto” – una bozza di motivazione – cui il contribuente può rispondere . Questo rafforza il contraddittorio obbligatorio. È quindi indispensabile agire tempestivamente:

  • Verificare l’effettivo rispetto dei termini: se l’ufficio notificasse l’avviso accertamento prima della scadenza dei 60 giorni senza contraddittorio, l’atto sarebbe illegittimo .
  • Preparare una memoria difensiva dettagliata: nel testo vanno elencati tutti i punti contestati (ad esempio: “Errata determinazione del numero di prestazioni”; “Prescrizioni mediche mancanti”; “Applicazione indebita di IVA” ecc.) e vanno fornite le relative argomentazioni giuridiche (richiami normativi, prassi, giurisprudenza) e fattuali (dati, ricevute, verbali). È utile strutturare la difesa in modo schematico: la Commissione tributaria richiede espressamente in ricorso tutti i motivi di fatto e di diritto (ad es. “violazione di legge”, “eccesso di potere”, “mancanza di motivazione”).
  • Produrre documenti probatori: ogni aspetto deve essere comprovato. Per esempio, se si contesta la quantificazione del fatturato, va allegato l’estratto conto bancario con l’evidenza dei versamenti, magari integrato da tabulati presenze. Se si rivendica l’esenzione IVA, va documentato il possesso dei titoli abilitativi e delle prescrizioni mediche corrispondenti . Se il contenzioso riguarda l’IRAP, va dimostrata l’assenza di “organizzazione”: contratti di affitto, bollo auto, spese per collaboratori limitate o nulle .
  • Chiedere chiarimenti e integrazioni: il legislatore prevede che l’ufficio, entro i 60 giorni, possa chiedere ulteriori elementi o incontri di contraddittorio. Va risposto puntualmente a ogni richiesta, mantenendo la documentazione ordinata.

Seconda fase: avviso di accertamento e opzioni stragiudiziali

Se il contraddittorio non risolve la questione, l’Ufficio emette un avviso di accertamento formale, motivato e notificato (DPR 600/73, art. 42). Questo atto indica i tributi contestati e le maggiori imposte richieste. Il contribuente deve verificare subito:
Tempestività: controllare che l’avviso sia stato notificato entro i termini di decadenza (di norma entro il 31/12 del 5° anno successivo all’anno d’imposta, 7° se la dichiarazione non fu presentata) . Ad esempio, per i redditi del 2020, l’Agenzia ha tempo fino al 31/12/2025 per notificare . Se notificato oltre tali termini, il contribuente può eccepire la decadenza del potere accertativo, facendo annullare l’atto.
Validità formale: va valutata la motivazione (deve essere chiara e comprensibile) e la regolarità della notifica . Difetti gravi (carenza del responsabile, errata notifica) possono rendere l’atto nullo o annullabile. In caso di avviso di accertamento notificato oltre i termini o manifestamente carente, è già possibile preparare ricorso basandosi su questi vizi.
Deflazione del contenzioso: anche dopo l’avviso si possono usare strumenti come l’acquiescenza (accettare l’avviso pagando, beneficiando di sanzioni ridotte) o l’accertamento con adesione (negoziare direttamente con l’Agenzia modifiche al contenuto dell’avviso). Queste ipotesi richiedono attenzione: l’acquiescenza annulla definitivamente il contenzioso, mentre l’adesione prevede la stipula di un accordo contrattuale con il fisco. Prima di optare, conviene valutare il margine di successo del ricorso giurisdizionale.

Ricorso tributario

Se il contribuente decide di contestare formalmente l’avviso di accertamento, deve proporre ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale (CTP) competente entro 60 giorni dalla notifica . Il termine è perentorio: decorso inutilmente, l’avviso diventa definitivo e può essere iscritto a ruolo esecutivo . Il ricorso va depositato presso la segreteria della CTP (telematicamente dal 2019) entro il 30° giorno successivo alla notifica alla controparte (Agenzia Entrate) .

Nel ricorso tributario occorre:
– Intestazione precisa (dichiarare Commissione, anno imposta, tributo) e dati del ricorrente (codice fiscale, P.IVA) .
Oggetto del ricorso: ad esempio, “annullamento totale dell’avviso n. X/2024” con specificazione dei tributi (IRPEF, IRAP, IVA) .
Motivi di impugnazione: è qui l’essenza. Ogni contestazione va articolata come motivo. Ad es.: “violazione di legge – eccedenza rispetto ai limiti di decadenza”, “omessa motivazione”, “difetto di contraddittorio” (se mancato), “errore di calcolo”, “violazione dell’art. 38 (redditometro)”, “errata applicazione delle aliquote IVA/IRAP”, “imputazione indebito di ricavi sull’anno giusto”, ecc. Ogni motivo deve essere argomentato e, se possibile, corredato da prove (documenti, estratti conto, tabulati, perizie) . Ad esempio, se si sostiene che un certo versamento bancario è un finanziamento e non reddito, va allegato il contratto di mutuo o quietanza ricevuta. Se si contesta l’autonoma organizzazione ai fini IRAP, va prodotta la documentazione sullo svolgimento manuale dell’attività .
Conclusioni: richiesta dell’annullamento totale o parziale dell’avviso e dell’eventuale ricalcolo del tributo .

Se il ricorso è in regola, la CTP fissa una camera di consiglio, eventualmente ammettendo prove orali o perizie se richieste . L’istruttoria permette alle parti di discutere con i giudici gli aspetti di fatto e di diritto. La Commissione può accogliere interamente o parzialmente il ricorso (annullando o riducendo l’avviso) oppure respingerlo.

Appello e Cassazione

Se la CTP respinge il ricorso (o lo accoglie solo parzialmente), il contribuente può presentare appello alla Commissione Tributaria Regionale (CTR) entro 60 giorni dalla notifica della sentenza di primo grado . Nell’appello vanno di solito esposti solo motivi di diritto, a meno che il contribuente dimostri che nuovi documenti o circostanze erano stati indisponibili in primo grado (art. 58 D.Lgs. 546/92). Anche in sede di secondo grado la motivazione della CTR deve essere esauriente e basarsi su norme; le questioni di fatto sono in gran parte congelate (salvo errori palese). Contro la sentenza della CTR è possibile ricorrere in Cassazione per motivi di diritto (art. 360 c.p.c.), se si ritiene che vi siano stati errori di interpretazione normativa. Ad esempio, si potrebbe impugnare per violazione dei principi sul contraddittorio o sulla motivazione degli atti. Le sentenze di Cassazione tributarie costituiscono importanti precedenti: ad esempio, le Cass. civ. n. 24784/2015 e n. 4585/2015 citate sopra , e la SS.UU. 9451/2016 su IRAP , forniscono principi utili.

Strumenti deflativi del contenzioso

Prima o durante il contenzioso tributario è possibile comunque tentare modalità alternative di definizione:

  • Accertamento con adesione: consente di chiudere la controversia concordando una sorta di patteggiamento con l’Ufficio, con riduzioni delle sanzioni (artt. 6 e 7 D.Lgs. 218/1997). Il contribuente accetta (oltre ai tributi) sanzioni ridotte e interessi, firmando una proposta con l’Agenzia. Conviene valutare attentamente questa opzione con un tributarista.
  • Acquiescenza: è la rinuncia alla controversia, operata versando nel termine previsto (di solito 60 giorni dalla notifica) quanto dovuto indicato nell’avviso . Implica la perdita del diritto a contestare successivamente. Si applicano sanzioni ridotte solo se esplicitamente prevista nell’atto (“escussione”).

Questi strumenti possono avere senso se il rischio di soccombenza è alto o se il contenzioso rischia di trascinarsi a lungo. In ogni caso, la decisione va ponderata caso per caso.

Tassi di interesse e ravvedimento

Se il contribuente riconosce di aver commesso un errore (ad esempio un ritardo nei versamenti), può avvalersi del ravvedimento operoso (art. 13 D.Lgs. 472/1997) per regolarizzare volontariamente le somme dovute con sanzioni ridotte. Questo deve essere fatto prima di qualsiasi verifica fiscale; dopo l’avviso di accertamento tale opportunità decade. Durante il contenzioso tributario, inoltre, gli interessi legali sui tributi (attualmente 2,5%) maturano fino al pagamento. Si consiglia sempre di versare i tributi dovuti (o di impugnare rapidamente) per ridurre gli interessi e le sanzioni complessive.

Fasi successive: riscossione e pignoramenti

Iscrizione a ruolo e cartella di pagamento

Se dopo tutti i gradi di giudizio (o per mancato ricorso) l’accertamento diventa definitivo, il tributo può essere iscritto a ruolo presso l’Agenzia delle Entrate Riscossione (ex Equitalia). L’iscrizione a ruolo è il titolo esecutivo che formalizza l’obbligo di pagamento (capitale, interessi e sanzioni) . Una volta iscritto a ruolo, l’agente della riscossione notifica al contribuente una cartella di pagamento (o avviso di mora) con l’intimazione a versare l’importo dovuto entro 60 giorni .

In particolare, il d.P.R. 602/1973 prevede che la cartella debba essere notificata entro 9 mesi dall’iscrizione a ruolo (pena la decadenza dell’esecutività) . Dal ricevimento, il contribuente ha 60 giorni per pagare o presentare un ricorso al giudice tributario (CTP) contro l’iscrizione a ruolo . Attenzione: secondo la giurisprudenza (Cass. n. 5637/2024), la cartella non “inizia” subito l’espropriazione: è l’atto di pignoramento che dà esecuzione . In ogni caso, nei 60 giorni la riscossione è sospesa. Se si ricorre, conviene chiedere sospensione o rateizzazione in sede di giudizio.

Pignoramenti e misure esecutive

Trascorsi i termini della cartella senza pagamento, l’agente di riscossione può procedere con misure esecutive sui beni del fisioterapista . Le principali azioni sono:

  • Pignoramento presso terzi: mira a recuperare crediti presso terzi a carico del debitore. Ad esempio, fino al 20% dello stipendio (o fino all’80% della pensione) può essere pignorato dall’ente terzo (art. 72-bis DPR 602/73) . Se il fisioterapista riceve stipendio fisso (per attività sportiva o convenzionata), una percentuale può essere sequestrata. Sulle somme in conto corrente, la legge prevede che il quinto stipendiale non sia aggredibile .
  • Pignoramento di beni mobili registrati: come autoveicoli. Il fermo amministrativo (art. 86 DPR 602/73) può essere applicato sui veicoli. Se venduti forzatamente, si iscrive ipoteca legale sull’eventuale ricavato (art. 77 DPR 602/73) .
  • Pignoramento immobiliare: generalmente si possono ipotecare o pignorare immobili di proprietà. Tuttavia, la prima casa di abitazione è in gran parte protetta: l’art. 76 DPR 602/73 prevede che l’abitazione principale non può essere espropriata per i debiti tributari, come recentemente confermato in Cass. 32759/2024 . Quindi l’ufficiale giudiziario non può aggredire la casa principale non di lusso del fisioterapista, se esistente.

Altre misure esecutive includono il fermo amministrativo (auto, moto) e l’ipoteca legale d’ufficio sugli immobili (se debito >5.000€, art. 77 DPR 602/73) . Va però ricordato che il fisioterapista può chiedere sempre la rateizzazione coattiva all’agente della riscossione (o contestualmente ricorso alla CTP) per dilazionare il pagamento, attenuando l’impatto della riscossione.

Opposizione a cartella

In alternativa, il contribuente può impugnare la cartella stessa presentando opposizione avanti alla Commissione tributaria (Cfr. art. 19 D.Lgs. 546/92). Anche in questo caso il termine è di 60 giorni dalla notifica . Le motivazioni dell’opposizione possono essere analoghe a quelle già trattate per l’accertamento (es. decadenza, vizi di forma, errata determinazione del ruolo). Se vinta l’opposizione, la cartella viene annullata e il debito estinto. Durante il giudizio di opposizione, l’esecuzione resta sospesa fino alla sentenza.

Tabelle riepilogative

Scadenza proceduraleTermineRiferimento
Contraddittorio (fase endoprocedimentale)60 giorni dal rilascio del PVCL. 212/2000, art. 12(7) (oggi DLgs 219/2023 art.6-bis)
Notifica avviso di accertamento (IRPEF/IRES/IVA)Entro il 31/12 del 5° anno successivo all’IR, o 7° se omessaDPR 600/73, art.43; DPR 633/72, art.57
Notifica avviso di accertamento (tributi locali)Entro 5 anni da dichiarazione/versamentoL. 296/2006, co.161
Ricorso alla CTP60 giorni dalla notifica dell’avviso accertamentoD.Lgs. 546/92, art. 21; [32]D.Lgs. 546/92 (procedura tribut.)
Deposito ricorso CTP30 giorni dalla notifica del ricorso alla parte resistenteD.Lgs. 546/92, art. 7(4)
Appello alla CTR60 giorni dalla notifica della sentenza della CTPD.Lgs. 546/92, art. 58, c. 2
Iscrizione a ruoloAl termine del contenzioso (accordo o sentenza passata in giudicato)DPR 602/73, art. 10
Notifica cartella di pagamentoEntro 9 mesi dall’iscrizione a ruoloDPR 602/73, art. 25; Cass. 5637/2024
Pagamento/ricorso cartella60 giorni dalla notificaDPR 602/73, art. 25; D.Lgs. 546/92, art. 19
Strumento di difesaDescrizione
Contraddittorio (art. 12, L.212/2000)Fase endoprocedimentale di 60 giorni per osservazioni (prodotti dalla verifica prima dell’avviso) .
Memoria difensivaDocumento scritto (contraddittorio o giudiziario) che espone fatti e leggi a difesa del contribuente .
Accertamento con adesioneAccordo tra contribuente e Fisco per definire il debito con sanzioni ridotte (ex D.Lgs. 218/1997).
AcquiescenzaRinuncia a contestare l’avviso, pagamento entro 60 giorni con sanzioni ridotte (se previsto dall’avviso) .
Ricorso tributarioImpugnazione giudiziaria davanti a CTP/CTR, con argomentazioni di diritto e fatto; obbligo di motivare i vizi dell’avviso .
Rateizzazione (CTP/Agente riscossione)Dilazione del debito richiesto durante o dopo il contenzioso (art. 19, DPR 602/73; art. 15, DPR 602/73) .

Simulazioni pratiche (casi esemplificativi)

  1. Caso IRPEF e movimenti bancari non giustificati: Scenario: Il fisioterapista Dott. Rossi riceve un avviso di accertamento per gli anni 2018-2019, nel quale l’Agenzia ha ricostruito un maggior reddito IRPEF pari a 20.000€, basato su depositi bancari “non giustificati”. Il fiscus contesta che tali versamenti sono proventi da prestazioni occultate. Memoria difensiva simulata: il Dott. Rossi allega gli estratti conto completi e una relazione di chiarimento. Dimostra che i versamenti contestati sono per lo più finanziamenti da parte di amici e pagamenti provenienti da pensioni (giustificati da provvedimenti INPS inviati). Egli riferisce anche di utilizzare conti cointestati con la moglie per spese domestiche. Inoltre, documenta tutte le fatture emesse nel periodo (sottolineando che l’importo dichiarato in dichiarazione IRPEF coincide con il totale fatturato). In ricorso, si contesta il metodo analitico approssimativo dell’Ufficio: come previsto dalla giurisprudenza di Cassazione, se vi sono documenti giustificativi “non si può imputare a tassazione integrativa alcuna somma” . Si chiede l’annullamento dell’avviso per carenza di prova (la CTP deve ricostruire analiticamente ogni movimento, non può limitarsi a presunzioni trascurando le prove fornite ).
    Simulazione di decorso: Il ricorso viene depositato entro 60 giorni; la CTP programma udienza con consulenza tecnica d’ufficio su conti correnti. La CTR in appello conferma che, in assenza di prove certe dei versamenti come ricavi, le somme non conteggiate devono essere escluse da reddito . L’avviso viene annullato o quantomeno ridotto in buona parte.
  2. Caso IVA esente vs. IVA dovuta: Scenario: La Dott.ssa Bianchi, fisioterapista con studio privato, non applica l’IVA alle proprie prestazioni domiciliari, considerandole esenti (sostiene che sono sempre effettuate dietro prescrizione medica). L’Agenzia contesta che molte prestazioni non erano supportate da ricetta, quindi sottrae l’esenzione e richiede IVA a debito. Memoria difensiva simulata: la Dott.ssa raccoglie copie delle ricette mediche e dei piani di cura che la documentano. Spiega che anche quando la prescrizione non è stata materialmente consegnata, le visite erano comunque ordinate da un medico (si motiva con testimonianze di pazienti/medici). Si citano le norme e la prassi (ad es. Risoluzioni Ministeriali) che identificano come “sanitarie” le prestazioni di fisiokinesiterapia, fisioterapia, massoterapia se eseguite da professionisti riconosciuti . Si produce la laurea in Fisioterapia e l’iscrizione all’albo. Se l’Ufficio insiste, si evidenzia la sentenza della CTP di Sondrio secondo cui l’esenzione si applica pienamente se il professionista ha titolo triennale . Se l’Ufficio è di larghe vedute, si può chiedere in autotutela di annullare l’accertamento IVA (ex art. 2-bis DPR 322/98) dimostrando la correttezza dell’esenzione. Altrimenti, il ricorso tributario illustrerà questi punti (possibile accertamento di vizi formali se l’avviso non esplicita gli elementi della contestazione IVA).
    Aspetto pratico: Se il ricorso va avanti, la difesa deve dimostrare l’assoggettabilità o meno all’IVA delle prestazioni, producendo tutte le ricevute fiscali e i certificati medici. In molti casi reali i giudici tributari hanno riconosciuto l’esenzione dei fisioterapisti equiparati a “operatori sanitari” .
  3. Caso IRAP ed organizzazione: Scenario: Il Dott. Verdi, fisioterapista convenzionato con una clinica privata, riceve accertamento IRAP perché l’Ufficio ritiene che la clinica gli fornisca “organizzazione” (sale e macchinari) tali da rendere dovuta l’IRAP. Egli aveva versato regolarmente IRAP e ne chiede il rimborso. Difesa simulata: si produce la convenzione con la clinica (da cui risulta che egli paga un canone fisso e opera in autonomia) e si illustra che nella sostanza egli ha operato come libero professionista con pochi mezzi propri (prova che usa solo strumenti di base e un’auto personale). Si cita il caso esaminato in Commissione trib. Piemonte: l’accertamento è stato annullato perché “non rileva l’attività presso struttura ospedaliera… la fisioterapista aveva dimostrato di non avvalersi di una struttura organizzata di persone e cose, ma esclusivamente del suo lavoro” . Si sottolinea che, a differenza di un’impresa, il professionista non ha collaboratori stabili né sistemi di gestione del personale.
    Esito auspicato: la CTP (o CTR) potrebbe riconoscere che l’organizzazione è trascurabile e giustamente non rivedere l’imposizione IRAP (come in sentenza 228/2017) .
  4. Caso dipendente convenzionato con P.IVA: Scenario: Una fisioterapista è “convenzionata SSN” e percepisce compensi attraverso una convenzione, ma ha anche una Partita IVA per prestazioni private (es. palestre). L’Agenzia contesta l’omessa dichiarazione IRPEF dei compensi SSN o l’omessa versamento di contributi. Possibile approccio: la fisioterapista deve calcolare separatamente i redditi da lavoro dipendente (rilevati da Certificazione Unica del datore pubblico) e i redditi da libero professionista. Anche se i redditi SSN sono soggetti a ritenuta alla fonte, va verificata la corretta imposizione (ad esempio se è stata corretta la deduzione dei contributi obbligatori). Il professionista può opporsi solo se ha prove di errori del fisco (es. calcoli errati delle ritenute). Sul versante contributivo, si controlla l’iscrizione INPS: se era già iscritto come sanitario convenzionato, potrebbe non essere dovuto nulla alla Gestione Separata; viceversa se forniva prestazioni autonome e ha aperto P.IVA, deve iscriversi a Gestione Separata (vedi sopra). In caso di doppia posizione (dipendente e libero prof.), è opportuno chiedere all’INPS un estratto contributivo completo e produrre tale documento nel contraddittorio o nel ricorso. Se il fisco ha iscritto a ruolo contributi INPS già versati, va contestato come pagamento già effettuato.

Domande frequenti (Q&A)

  • Q: Quali sono i termini di decadenza per gli accertamenti fiscali?
    A: In linea generale il Fisco può accertare i redditi e l’IVA non dichiarati entro 5 anni dall’anno d’imposta (prorogati a 7 anni in caso di omessa dichiarazione) . Ad esempio, per redditi 2020 il termine scade il 31/12/2025 . Verificare sempre i termini specifici di legge (DPR 600/73, art.43 per imposte dirette; DPR 633/72, art.57 per IVA).
  • Q: Quando devo impugnare l’avviso di accertamento?
    A: Il termine è di 60 giorni dalla data di notifica dell’avviso . Questo termine è perentorio: scaduto senza ricorso, l’avviso diventa definitivo. Il conteggio dei 60 giorni parte dalla ricezione (non spedizione) . Dopo la notifica alla controparte (Agenzia) il ricorso va depositato entro 30 giorni .
  • Q: Che documenti serve presentare in ricorso?
    A: Occorre allegare tutte le prove a sostegno dei propri motivi. Ciò include estratti conto, fatture e ricevute, ricette mediche, contratti, testimonianze scritte. In pratica, ogni elemento che consenta di confutare le “presunzioni” del Fisco. Ad esempio, copia della laurea e iscrizione all’albo, verbali di chiusura prestazioni, spese sostenute (affitto, bollette) per valutare la marginalità.
  • Q: Sono tenuto a pagare l’IRAP come fisioterapista?
    A: Solo se la tua attività presenta un’organizzazione autonoma di mezzi e personale. Se operi da solo (anche se collabora saltuariamente un segretario) la Cassazione ha chiarito che non si deve versare IRAP . Se, come fisioterapista, svolgi tutto manualmente e con risorse proprie, l’IRAP in genere non è dovuta . Al contrario, se la tua attività è integrata in una struttura organizzata (es. clinica, ambulatorio con più professionisti), potrebbe applicarsi.
  • Q: Che succede se non pago o contesto la cartella di pagamento?
    A: La cartella di pagamento deve essere notificata entro 9 mesi dall’iscrizione a ruolo e intima di pagare entro 60 giorni . Se non paghi né ricorri nei 60 giorni, l’agente di riscossione potrà procedere all’espropriazione (pignoramenti) sui tuoi beni e crediti. Se contestavi l’avviso e lo vincevi in giudizio, il ruolo viene annullato. Se invece ti opponi alla cartella, il contenzioso rimane pendente. Ricordati che la legge protegge la prima casa del contribuente, che di norma non può essere sequestrata per tributi .
  • Q: Cosa succede durante il contraddittorio con la Guardia di Finanza?
    A: Dal 2024 il Fisco è obbligato ad un vero contraddittorio preliminare: vengono comunicati i rilievi all’interessato e gli si concede tempo per replicare. Il fisioterapista deve presentarsi (con consulente di fiducia) e discutere i rilievi (durata e numero delle sedute, tariffe, ecc.). Se questo contraddittorio non avviene o è puramente formale, l’atto emesso può essere annullato per violazione di legge (art.12 L.212/2000) .

Conclusioni

L’accertamento fiscale è un procedimento complesso e spesso invasivo per il fisioterapista. Conoscere a fondo i propri obblighi e diritti è essenziale per difendersi efficacemente. Gli elementi chiave sono il rispetto delle procedure (contraddittorio), una documentazione solida e l’uso consapevole degli strumenti giuridici (ricorso, adesione, ecc.). Grazie alle recenti riforme (es. D.Lgs. 219/2023) e alla giurisprudenza aggiornata, il contribuente gode di tutele più stringenti nelle fasi pre-accertative. Un tributarista esperto potrà guidare nella formulazione della difesa (dalle memorie fino al contenzioso tributario) e nell’eventuale gestione della riscossione coattiva, evitando errori che potrebbero aggravare il debito (come la mancata eccezione di decadenza o la sottovalutazione dei pignoramenti). Questa guida fornisce un quadro esauriente dal punto di vista del contribuente per affrontare un accertamento fiscale relativo alla professione di fisioterapista in Italia, con riferimenti normativi e giurisprudenziali aggiornati fino al 2025.

Fonti normative e giurisprudenziali (istituzionali e aggiornate): L. 212/2000 (Statuto del Contribuente); DPR 600/1973; DPR 633/1972; D.Lgs. 546/1992; D.Lgs. 219/2023; Cass. civ. SS.UU. n. 9451/2016; Cass. civ. Sez. V n. 24784/2015; Cass. civ. Sez. V n. 4585/2015; Cass. civ. n. 5637/2024; Cass. civ. n. 32759/2024; CTR Piemonte n. 228/2017; CTP Sondrio n. 27/2014; Agenzia Entrate – circolari e risoluzioni (es. R.M. 233/1997); codici tributo INPS; d.P.R. 602/1973; Cassazione n. 23991/2024; FAQ d’Agenzia Entrate e Massime CTR su applicazione IRAP e IVA ai sanitari.

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Vuoi sapere cosa rischi e come predisporre una difesa efficace?

👉 Prima regola: dimostra la trasparenza della contabilità, la regolare emissione delle fatture e la conformità delle comunicazioni obbligatorie al Sistema Tessera Sanitaria (STS).


⚖️ Quando scattano le contestazioni

  • Prestazioni fisioterapiche pagate in contanti senza fattura;
  • Differenze tra i dati trasmessi al Sistema Tessera Sanitaria e i redditi dichiarati;
  • Compensi percepiti da cliniche, cooperative o centri medici non dichiarati;
  • Incassi tramite POS o bonifici non registrati in contabilità;
  • Scostamenti rispetto ai parametri ISA o ai redditi medi della categoria.

📌 Conseguenze della contestazione

  • Recupero delle imposte sui compensi ritenuti occultati;
  • Sanzioni fiscali per dichiarazione infedele o omessa certificazione dei compensi;
  • Interessi di mora sulle somme accertate;
  • Possibili contestazioni contributive INPS per attività abituale;
  • Contestazioni penali in caso di evasione fiscale rilevante.

🔍 Cosa verificare per difendersi

  • Ogni prestazione è stata fatturata e registrata correttamente?
  • I dati inviati al STS coincidono con quelli dichiarati?
  • Le differenze derivano da errori di trasmissione, prestazioni gratuite o annullate?
  • I compensi percepiti tramite strutture sanitarie erano già certificati e dichiarati?
  • L’accertamento si basa su prove documentali certe o su presunzioni?

🧾 Documenti utili alla difesa

  • Fatture elettroniche e ricevute emesse;
  • Estratti conto bancari e report POS;
  • Comunicazioni e ricevute di trasmissione al Sistema Tessera Sanitaria;
  • Contratti di collaborazione con cliniche o centri medici;
  • Dichiarazioni fiscali degli anni contestati.

🛠️ Strategie di difesa

  • Dimostrare la regolarità contabile e la tracciabilità dei compensi;
  • Contestare errori di trasmissione o duplicazioni nei dati STS;
  • Evidenziare prestazioni gratuite, sociali o annullate non imponibili;
  • Eccepire errori di calcolo o motivazioni carenti negli atti di accertamento;
  • Richiedere annullamento in autotutela se la documentazione era già disponibile;
  • Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro 60 giorni;
  • Difesa penale mirata in caso di contestazioni rilevanti.

🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

📂 Analizza i compensi e i dati fiscali contestati;
📌 Valuta la fondatezza delle contestazioni e i margini difensivi;
✍️ Predispone memorie difensive e ricorsi tributari;
⚖️ Ti rappresenta davanti alla Corte di Giustizia Tributaria e, se necessario, in sede penale;
🔁 Suggerisce strategie preventive per una gestione fiscale sicura e trasparente della professione fisioterapica.


🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in contenzioso tributario e fiscalità delle professioni sanitarie;
✔️ Specializzato in difesa contro contestazioni fiscali a fisioterapisti e operatori sanitari;
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.


Conclusione

Gli accertamenti fiscali ai fisioterapisti non sempre sono fondati: spesso derivano da errori nei dati inviati al STS o da presunzioni basate su medie di settore.
Con una difesa mirata puoi dimostrare la regolarità delle prestazioni dichiarate, ridurre drasticamente sanzioni e interessi ed evitare conseguenze penali.

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