Hai ricevuto un accertamento fiscale come società di catering? In questi casi, l’Agenzia delle Entrate presume che parte dei compensi percepiti per eventi, matrimoni, congressi o servizi aziendali non sia stata dichiarata correttamente o che vi siano irregolarità nella gestione di fatture e registrazioni contabili. Il settore del catering è particolarmente controllato dal Fisco, sia per l’elevato volume di pagamenti in contanti sia per le difficoltà di tracciamento di tutte le commesse. Le conseguenze possono essere molto gravi: recupero delle imposte, applicazione di sanzioni pesanti e, nei casi più seri, contestazioni penali. Tuttavia, non sempre la contestazione è fondata: con una difesa adeguata è possibile ridurre sensibilmente le pretese fiscali o dimostrare la correttezza della gestione contabile.
Quando l’Agenzia delle Entrate contesta i redditi di una società di catering
– Se i compensi dichiarati non coincidono con i contratti stipulati con clienti e agenzie di eventi
– Se vi sono incongruenze tra fatture emesse, ricevute e pagamenti incassati
– Se i movimenti bancari risultano superiori ai redditi registrati
– Se l’Ufficio presume la presenza di servizi “in nero” non documentati da fatture
– Se emergono scostamenti dagli indici ISA o da parametri medi del settore ristorazione ed eventi
Conseguenze dell’accertamento fiscale
– Recupero a tassazione dei compensi ritenuti non dichiarati
– Applicazione di sanzioni fino al 200% delle maggiori imposte accertate
– Interessi di mora sulle somme contestate
– Possibile rettifica delle dichiarazioni fiscali e inserimento in liste di controllo
– Nei casi più gravi, denuncia penale per dichiarazione infedele o frode fiscale
Come difendersi dall’accertamento
– Dimostrare la corrispondenza tra contratti di catering, fatture e redditi dichiarati
– Produrre documentazione bancaria, ricevute, contratti e corrispondenza commerciale
– Contestare ricostruzioni presuntive basate su parametri standardizzati non rappresentativi della realtà aziendale
– Evidenziare errori di calcolo, difetti istruttori o vizi di motivazione nell’accertamento
– Richiedere la riqualificazione della contestazione per ridurre sanzioni e interessi applicati
– Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per ottenere l’annullamento totale o parziale della pretesa
Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare la documentazione fiscale, bancaria e contrattuale oggetto di contestazione
– Verificare la legittimità della contestazione e la corretta imputazione dei redditi dichiarati
– Predisporre un ricorso fondato su prove concrete e vizi procedurali dell’accertamento
– Difendere la società di catering davanti ai giudici tributari e, se necessario, anche in sede penale
– Tutelare il patrimonio aziendale e dei soci da richieste fiscali sproporzionate
Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale della contestazione
– La riduzione di sanzioni e interessi applicati
– La sospensione delle richieste di pagamento già notificate
– Il riconoscimento della correttezza della contabilità e delle dichiarazioni rese
– La certezza di pagare solo quanto realmente previsto dalla legge
⚠️ Attenzione: le società di catering sono spesso nel mirino del Fisco per la gestione di eventi e matrimoni, contesti nei quali i pagamenti in contanti e gli accordi informali sono frequenti. È fondamentale predisporre una difesa tempestiva e ben documentata per evitare pesanti conseguenze fiscali e penali.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e fiscale per il settore eventi e ristorazione – spiega come difendersi in caso di accertamento fiscale a carico di società di catering e quali strategie adottare per proteggere i tuoi interessi.
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Introduzione
Nel settore della ristorazione e del catering, l’amministrazione finanziaria e la Guardia di Finanza svolgono verifiche approfondite per individuare eventuali irregolarità (come contabilità in nero, mancata emissione di ricevute/fatture, dipendenti “in nero”, fatture false, ecc.). Il presente approfondimento esamina le regole e le prassi attuali (aggiornate a set. 2025), le norme fiscali di riferimento e la giurisprudenza recente di Cassazione, offrendo consigli difensivi avanzati rivolti a imprenditori, professionisti e privati. In fondo sono riassunte le fonti normative e giurisprudenziali principali.
Quadro normativo di riferimento
L’accertamento fiscale è regolato principalmente dal D.P.R. 29/9/1973 n. 600 (t.u. delle imposte sui redditi) e dal D.P.R. 26/10/1972 n. 633 (IVA), integrati da norme ordinarie (L. 212/2000 “statuto del contribuente”, D.Lgs. 546/1992 contenzioso, D.Lgs. 74/2000 reati tributari, L. 689/1981 sanzioni amministrative, ecc.). In particolare:
- Art. 32 e 39, DPR 600/1973 – prevedono l’accertamento analitico-induttivo, basato su presunzioni gravi e concordanti tratte da elementi oggettivi (es. ritrovamento di contabilità occulta, scostamenti costi/ricavi) .
- Art. 51 TUIR (DPR 917/1986) – definisce il reddito di lavoro dipendente come «tutte le somme e i valori in genere… percepiti nel periodo d’imposta» . Tale norma copre anche mance e liberalità erogate al personale dipendente. In effetti, la Cassazione 26512/2021 ha confermato che le mance rientrano nella base imponibile IRPEF dei lavoratori dipendenti .
- Art. 7 L. 212/2000 – impone all’Agenzia delle Entrate l’obbligo di motivazione degli atti impositivi, assicurando al contribuente il diritto di difesa.
- Art. 35 L. 4/1929 – disciplina i poteri della polizia tributaria: gli agenti della Guardia di Finanza possono accedere «in qualsiasi ora» a esercizi pubblici e aziende senza autorizzazione scritta . In pratica, la G.d.F. può eseguire controlli ispezionando direttamente i locali, i registratori di cassa, i sistemi POS e le scritture contabili (memorizzatori fiscali, fatture, libri paga, ecc.) .
- Art. 52-54 DPR 633/1972 – attribuiscono alla G.d.F. poteri di cooperazione con l’Agenzia Entrate per la repressione delle violazioni IVA e accessi (art. 52) e qualificano gli oneri di prova nei casi di fatture inesistenti o costi indebitamente detratti (art. 54, 2° comma) .
- D.Lgs. 74/2000 (reati tributari) – introduce il dolo specifico come elemento costitutivo dei delitti di frode fiscale e finanziaria. In particolare:
- Art. 2 D.Lgs. 74/2000 – reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
- Art. 3 – frode IVA mediante fatture false o omesse.
- Art. 4 – omessa dichiarazione dei redditi oltre certe soglie.
- Art. 10-bis – dispone la confisca dei crediti non spettanti anche se utilizzati in compensazione.
Inoltre sono rilevanti normative sul lavoro (es. L. 689/1981 su lavoro nero, L. 296/2006 incrementata Legge Biagi per il sommerso) e antimafia (per gli affidamenti pubblici di catering, es. proc. sulle mense ospedaliere o carcerarie).
Modalità di accertamento fiscale
I controlli fiscali verso una società di catering possono seguire diverse modalità:
- Accesso e verifica ispettiva: la G.d.F. può intervenire direttamente presso i locali e gli eventi (matrimoni, cerimonie, catering aziendali), anche “in borghese”, per controllare scontrini, ricevute, carte carburante, POS, contabilità. Non è necessaria preventiva autorizzazione. Gli uffici dell’Agenzia Entrate, in sede di controllo desk o per ispezioni, richiedono i documenti in base all’art. 52-53 e 54 del DPR 633/1972 e all’art. 32 DPR 600/73 .
- Verifica analitico-induttiva: se emerge contabilità irregolare (appunti, agende, note spese non contabilizzate), la Finanza può presumere ricavi maggiori ai dichiarati . Ad esempio, la Cassazione ha confermato che la sola ritrovamento di “contabilità parallela” (appunti in nero) costituisce prova grave, precisa e concordante tale da legittimare un calcolo induttivo di ricavi . In questi casi, al contribuente grava l’onere di dimostrare la reale provenienza dei fondi (art. 39 DPR 600/73) .
- Contraddittorio preventivo: la legge garantisce al contribuente il diritto di essere convocato prima dell’atto di accertamento definitivo. L’invito a comparire (art. 12-bis L. 212/2000) permette di presentare osservazioni e documenti (es. fatture, contratti, estratti conto) prima della notifica dell’avviso. Si tratta di un’occasione per contestare rilievi (“memoria difensiva preventiva”) e porre rimedio ad errori formali (es. rettifiche, ravvedimento operoso).
- Formale avviso di accertamento: conclusi i controlli, l’ufficio notifica l’avviso di accertamento con il dettaglio dei maggiori imponibili e la quantificazione di tributi e sanzioni (ad esempio rettifiche di IRPEF/IRES, IVA, IRAP, ritenute non operate, ecc.). L’atto deve contenere la motivazione e i risultati della verifica. Eventuali vizi di notifica o difetti di motivazione possono essere sollevati in sede di ricorso.
All’esito dell’accertamento, se il contribuente non concorda con le pretese dell’Amministrazione, può impugnare l’atto in Commissione Tributaria Provinciale entro 60 giorni dalla notifica (D.Lgs. 546/92). In funzione difensiva è fondamentale preparare una memoria difensiva accurata, con prove documentali che contraddicano le presunzioni dell’Agenzia (es. giustificativi di spesa, estratti conto bancari, contratti di subappalto) e che evidenzino eventuali irregolarità procedurali dell’accertamento.
Irregolarità tipiche nel catering e impatti fiscali
1. Contabilità in nero e mancata registrazione degli incassi. Spesso gli eventi di catering generano pagamenti in contanti (mance, anticipi, incassi su plusvalenze). Se tali incassi non sono fatturati o annotati, si configura una “contabilità in nero”. La Cassazione ha chiarito che ogni documento extra-contabile (appunti su quaderni, file di Excel non ufficiali, ricevute custodite a parte) integra di per sé elemento indiziario grave e preciso: esso giustifica l’utilizzo della rettifica induttiva dei ricavi, a meno che il contribuente non dimostri il contrario . In un caso recente, una società di catering era stata trovata con buste sigillate di denaro consegnate ai dipendenti. La CTR ha considerato quel fatto noto (emolumenti in nero) e ne ha dedotto presuntivamente che esistesse un fatturato occulto di importo proporzionalmente maggiore . Tale deduzione non viola il “divieto di doppia presunzione”: la Suprema Corte ha infatti ribadito che da un fatto noto e comprovato da presunzioni gravi (es. stipendi in nero) si può inferire legittimamente un secondo fatto ignoto (ricavi aggiuntivi non dichiarati) .
2. Fatture e costi inesistenti. L’Amministrazione può contestare costi dedotti o IVA detratta sulla base di forniture inesistenti (per esempio prestazioni di catering “gonfiate” o emesse da imprese cartiere). In tali ipotesi i tribunali tributari richiedono all’ufficio di dimostrare la natura fittizia delle operazioni (art. 39 DPR 600/73, art. 54 DPR 633/72). Dal canto suo, il contribuente deve provare la legittimità del costo/detrazione (fonte di pagamento, elementi contabili) . La Cassazione (sent. 28628/2021) ha confermato che non basta la mera formalità delle scritture: l’onere spetta all’ufficio di fornire fatti o presunzioni attendibili sull’inesistenza, poi al contribuente di dimostrare la genuinità . In ambito penale, l’emissione o utilizzo di false fatture configura reati tributari (art. 2 e 8 D.Lgs. 74/2000). Ad esempio, è punito con reclusione chi, dichiarando operazioni inesistenti, cagiona un’imposta dovuta (IVA o redditi) .
3. Dipendenti “in nero” o lavoro sommerso. L’impiego di personale senza contratto regolare comporta sanzioni amministrative (INPS e Lavoro) ma ha anche rilievi fiscali. La scoperta di dipendenti irregolari è considerata indizio dell’esistenza di operazioni “in nero” (incassi occultati) e può giustificare un accertamento induttivo. Come visto, nel caso citato la presenza di emolumenti in nero è servita a presupporre che ai dipendenti fossero corrisposte entrate non registrate . Sul fronte tributario, le retribuzioni non regolarmente contabilizzate non possono essere dedotte e l’azienda rischia di doverle reintegrare in dichiarazione, con relative sanzioni (art. 8 DPR 74/2000). Inoltre, il datore di lavoro rischia sanzioni dall’Ispettorato del Lavoro (art. 4 L. 689/1981) per omessa comunicazione delle assunzioni e contributi evasi.
4. Utilizzo del POS e scontrini. Dal 2020 è obbligatorio per i commercianti accettare pagamenti elettronici: il mancato collegamento del registratore di cassa al POS può comportare sanzioni pecuniarie (circa 1.000–4.000 €) . La mancata emissione di ricevute o fatture in occasione di incassi è un illecito sanzionato con multe (fino a 2.500 € a scontrino omesso) e aggravato se si tratta di grandi eventi. L’omessa fatturazione verso altri professionisti o aziende (e relativo utilizzo in compensazione dell’IVA non dovuta) integra il reato di dichiarazione fraudolenta (art. 4 e 8 D.Lgs. 74/2000). L’uso scorretto del POS (come non registrare alcuni incassi) si inquadra nella più ampia fattispecie dei proventi non dichiarati. Le sanzioni per mancata emissione variano da contravvenzioni ex art. 2 e 5 del DL 124/2019 (che prevede ammende e sospensioni) a pesanti maggiorazioni in sede contenziosa fiscale.
5. Proventi in nero e mance. Le mance raccolte dai dipendenti (ad esempio camerieri che servono catering) sono ricompense volontarie e non obbligatorie, ma dal punto di vista fiscale sono reddito imponibile per il dipendente. La Cassazione ha affermato che «le erogazioni liberali percepite dal lavoratore dipendente… tra cui le cosiddette mance, rientrano nell’ambito della nozione onnicomprensiva di reddito fissata dall’art. 51… e sono pertanto soggette a tassazione» . Per il datore di lavoro, ciò significa che ogni euro di mancia (registrato magari in contabilità separata) va dichiarato come costo o retribuzione; in caso di controlli, l’evasione sulle mance (non conteggiate) può dar luogo a rettifica del reddito dei dipendenti e dell’IRES/IRPEF aziendale. In sede contenziosa, la presenza di mance ingenti non rendicontate può costituire ulteriore indizio di evasione complessiva (tutti questi proventi avrebbero dovuto transitare da cassa).
Profili penali e sanzionatori
L’accertamento fiscale può avere risvolti penali quando emergono condotte dolose. Le principali fattispecie penali nel catering sono:
- Reati tributari (D.Lgs. 74/2000): omissione dichiarativa, emissione di fatture inesistenti, uso di false fatture, indebita compensazione fiscale, occultamento o distruzione di documentazione contabile. Questi reati richiedono il dolo specifico (volontà di evadere) e possono portare fino a 6-8 anni di reclusione a seconda del caso e della soglia di imposta sottratta. In alcuni casi è possibile applicare la “tenuità del fatto” (art. 5 D.Lgs. 74/2000) se l’evasione è di modica entità. Per esempio, la Cassazione ha di recente negato la tenuità per costi incompleti contabilizzati oltre soglia di punibilità , ma in ipotesi marginali il reato potrebbe essere ritenuto non punibile ai sensi dell’art. 15 D.Lgs. 121/2011. In ogni caso, un avviso di garanzia o un decreto penale di condanna sono rischi concreti in presenza di contabilità false.
- Falso in bilancio e bancarotta (per Srl): se l’azienda è capitalistica, la falsa contabilizzazione di ricavi o costi può integrare i reati di falso in bilancio (Legge 262/2005) o bancarotta fraudolenta, in particolare se vi è intenzione di danneggiare creditori (norma aggravante di reato tributario).
- Lavoro nero: se la condotta è rilevante e reiterata, può configurare illecito penale (art. 514 c.p., “impiego di lavoratori con permesso di soggiorno irregolare”; oppure reati previdenziali e contributivi con pena detentiva). A livello amministrativo, l’ispettorato del lavoro può sospendere l’attività (es. interdizione fino a 6 mesi) se trova lavoratori in nero in misura superiore a 20% del totale.
- Riciclaggio: in casi estremi (ad es. società di catering coinvolte in reti di frode o di appropriazione indebita), i proventi illeciti possono sfociare in reati di riciclaggio o sottrazione fraudolenta al fisco (art. 2 e 4 D.Lgs. 74/2000, e art. 648-bis c.p. per i capitali). Ad esempio, in una recente maxi-inchiesta (Procura di Milano 2024) operatori di catering di lusso sono stati indagati per frode e riciclaggio internazionale con oltre 2.100 lavoratori in nero.
Il rischio penale sottolinea l’importanza di una difesa tempestiva anche in sede amministrativa/tributaria. In presenza di violazioni rilevanti conviene valutare la transazione fiscale (definizione agevolata dei debiti tributari) o il ravvedimento operoso (perde i benefici ma riduce le sanzioni se entro termini), poiché l’adesione all’accertamento o il pagamento tempestivo possono ridurre l’esposizione penale.
Consigli difensivi e contenzioso
Per difendersi efficacemente, si raccomanda di osservare le seguenti linee guida:
- Richiedere sempre il contraddittorio. Se l’ufficio invia un invito a comparire (art. 12-bis L. 212/2000), consegnare una memoria difensiva dettagliata con dati contabili, giustificativi di spese e ogni documento utile a chiarire la posizione (ricevute, fatture, estratti conto bancari, accordi con subfornitori). Segnalare errori palesi nell’avviso e offrire prove a discarico.
- Conservare accuratamente la documentazione. Tenere registro dei rapporti con i clienti (mail ordini, contratti di catering, liste invitati), giustificativi di acquisto (carburante, materie prime, beni strumentali), registri cassa e POS, libro paga aggiornato. In caso di accessi, consegnare sempre copie di documenti corrispondenti a fatti contestati. Eventuali irregolarità formali (ad esempio minuta di fattura mancante di firma) vanno sanate con autocorrezioni tempestive tramite un chiarimento scritto alle Entrate.
- Rivendicare i propri diritti procedurali. Se, ad esempio, l’ispezione è stata condotta senza autorizzazione (solo i dipendenti civili AE necessitano di mandato scritto, non la GdF ) o la notifica dell’avviso è viziata, queste eccezioni devono essere sollevate per vie formali (controricorso). I vizi di notifica sono esclusivamente motivo di nullità dell’atto (se reali), mentre difetti di autorizzazione non invalidano automaticamente gli accertamenti , ma possono essere fatti valere per migliorare la posizione difensiva.
- Costruire la memoria difensiva. La memoria deve esporre i fatti e la normativa contestata, confutare le presunzioni dell’accertamento e documentare gli addebiti con fonti legali e giurisprudenziali aggiornate. Ad esempio, se si è citati per costi non registrati, occorre spiegare la natura delle spese, produrre ricevute legittime e riferimenti a norme (es. art. 39, 54 DPR) e giurisprudenza favorevole (come Cass. 2024 ). In calce possono essere elencate autorità come risoluzioni dell’Agenzia o precedenti di Commissioni tributarie che riconoscono la deducibilità di taluni oneri.
- Supporto legale e tecnico-contabile. Data la complessità, è consigliabile farsi assistere da un avvocato tributarista e da un commercialista esperto in contenzioso. Uno studio congiunto consente di analizzare gli aspetti giuridici e contabili del caso (es. simulazione di bilancio “pulito” senza le poste contestate, calcolo del margine su incassi reali vs dichiarati).
- Valutare soluzioni transattive. Se l’accertamento è sostanzialmente fondato, l’azienda può considerare la definizione agevolata (“rottamazione” cartelle, o accordi di dilazione) e l’adesione all’accertamento (accertamento con adesione) per ridurre sanzioni. Ciò riduce anche l’inquadramento penale (evitando il mantenimento della figura nella lotta alla frode fiscale).
Tabella 1 – Controlli fiscali nel catering (sintesi)
Tipologia di controllo | Autorità | Azioni tipiche | Riferimenti normativi |
---|---|---|---|
Accesso ispettivo in azienda | Guardia di Finanza | Ricerca contanti nascosti, verifica scontrini, confronto contabilità “in nero” vs dichiarato | L.4/1929 art.35; DPR 600/73 art.32; DPR 633/72 art.52 |
Verifica “redidometro” | Agenzia Entrate | Accertamento analitico-induttivo basato su controlli bancari e spese | DPR 600/73 art. 32; art. 51 TUIR |
Verifica IVA | Agenzia/GdF | Controllo fatturato e detrazioni; contestazione fatture inesistenti | DPR 633/72 art. 54; D.Lgs. 74/2000 art. 2 |
Ispettorato del Lavoro | Ministero Lavoro | Ricerca lavoratori non iscritti, accertamento contributi | L. 689/1981; L. 346/90 sul Libro Unico |
Controllo POS e RT | Guardia di Finanza | Verifica collegamento POS, estrazione dati RT | DL 124/2019 art. 2-5; art. 1 L. 205/2017 |
Contraddittorio preventivo | Agenzia Entrate | Invito motivato, audizione del contribuente | L. 212/2000 art. 12-bis |
Tabella 2 – Infrazioni frequenti e sanzioni
Infrazione / Condotta | Sanzioni tributarie (amministrative) | Sanzioni penali |
---|---|---|
Emissione fatture per operazioni inesistenti (art. 8 D.Lgs.74/00) | Sanzione minima 100% dell’imposta evasa; confisca del vantaggio (art. 54 DPR 633/72) | Reclusione 1-4 anni (fino a 8 se molto elevata). |
Dichiarazione fraudolenta (art. 2 D.Lgs.74/00) | Sanzione 90-180% dell’imposta dovuta; interessi e maggiorazione 100% se omissione volontaria; confisca art. 12-bis | Reclusione 2-6 anni (oltre pene per bilancio falso, omesso versamento ecc.) |
Mancata fatturazione / incassi in nero | Omessa fattura: multa fissa da €2.500 a €25.000 (art. 1 DPR 695/66); deducibilità costi negata | Difficilmente previsto reato senza documenti falsi; possibile segnalazione all’UST per Lavoro nero. |
Impiego lavoratori in nero | Ammenda fino a €3.000 per lavoratore (L. 689/1981); sospensione dell’attività se >20% | Se infra prolungata: reato di impiego clandestino (art. 12 D.Lgs.286/1998 per stranieri) o contributivo (art. 2 D.Lgs. 463/96) |
Omesso pagamento IVA | Sanzione 100% imposta (art. 10 D.Lgs. 471/1997) + interessi | In questo caso non è reato, salvo attività dolosa (art. 10-bis D.Lgs.74/00 confisca) |
Falso in bilancio (art. 2621 c.c.) | Sanzioni penali (fino a 8 anni) + civili | Reclusione 3-8 anni (S.p.A.) |
Evasione contributiva (INPS/INAIL) | Sanzioni amministrative + recupero contributi | Reclusione fino a 3 anni (art. 7 D.lgs. 72/2000) |
Simulazioni pratiche
Caso 1 – Contabilità in nero e maggiori ricavi presunti. Una ditta di catering A SRL viene ispezionata dalla G.d.F. durante un evento aziendale: vengono trovate buste sigillate con €10.000 in contanti, intestate a dipendenti. A SRL sostiene siano mance private, ma non le registra. Sulla base di ciò, l’Agenzia ipotizza un’accertamento induttivo: considera i €10.000 come ricavi non dichiarati aggiuntivi e proporziona il risultato al fatturato totale, recuperando maggiori imposte IRPEF e IVA. In sede difensiva, A SRL può contestare la natura delle somme (ad esempio dimostrando che le mance erano effettivamente riscosse e ripartite ai dipendenti con buste paga integrative), ma la Cassazione 2024 conferma che, di regola, la contabilità parallela di tali emolumenti giustifica la rettifica (onere di prova invertito) . Serve quindi documentazione rigorosa per ribaltare la presunzione (es. scontrini/cb intestati ai dipendenti, comunicazioni video delle mance).
Caso 2 – Fatture per operazioni inesistenti. Una società di catering B SRL acquista servizi di trasporto da una società amica C SRL che emette fatture gonfiate. L’Ufficio contesta l’inesistenza del servizio (nessun corrispondente itinerario sui camion) e disconosce i costi (recupero IRAP/IRPEF + IVA). B SRL non riesce a produrre prova di effettivo trasporto e le trasferte degli autisti risultano di durata minima. In controversia, l’onere è sulla banca dati (art. 39, 54) di dimostrare l’inesistenza; B SRL deve provare come avrebbe comunque speso quella somma (es. acquisti di gasolio o manutenzioni illustrate con fatture). In generale la giurisprudenza ribadisce che l’Agenzia deve provare la falsità della fattura mentre l’azienda prova la fonte dei pagamenti . In assenza di ciò, B SRL rischia un danno d’immagine e un contenzioso sfavorevole.
Caso 3 – Dipendenti in nero. La Guardia di Finanza scopre 5 camerieri impiegati regolarmente e altri 2 non iscritti a libro paga. Avendo rilevato contributi evasi per questi ultimi, l’Ufficio presume ulteriori incassi non registrati (altri servizi forniti in nero). Il contenzioso tributario stabilisce che la scoperta del lavoro sommerso rende “inattendibile” la contabilità dichiarata, legittimando maggiori accertamenti. In difesa, l’azienda dovrà produrre paghe, contributi versati e dimostrare che i servizi prestati dai lavoratori non dichiarati rientrano in quelli già fatturati, dimostrando l’infondatezza del nesso con ricavi aggiuntivi nascosti.
Domande e risposte frequenti (FAQ)
- D: Come può tutelarsi una società di catering durante un controllo fiscale?
R: È fondamentale collaborare con l’accertatore ma salvaguardare i diritti: richiedere conferma dell’identità degli ispettori, consegnare i documenti richiesti (libri contabili, fatture, estratti conto POS, cedolini paga), e annotare le contestazioni sul verbale. Se arriva un invito a comparire prima di un accertamento, va predisposta una memoria dettagliata. Qualsiasi criticità deve essere registrata in contraddittorio (eventuali dinieghi o dichiarazioni vaghe degli ispettori, urgenze non annotate, ecc.). È cruciale fare per iscritto ogni evidenza di pressioni indebite o violazioni di forma. In seguito, non firmare nulla di definitivo senza leggere e consultare un legale. - D: Quali documenti devono essere obbligatoriamente conservati?
R: Oltre alle scritture contabili ordinarie (libro giornale, libro IVA, registro acquisti/vendite), la società di catering deve conservare: ricevute fiscali o fatture per ogni servizio fornito (anche i “catering su misura”), i totali incassati per evento (registro incassi giornaliero), le comunicazioni (email/contratti) con i clienti, i documenti di trasporto (DDT, bolle carburante), i POS-cash register logs. Le annotazioni relative alle mance, ai pagamenti a terzi (subappaltatori di animazione, hostess, ecc.) e gli accordi commerciali sono essenziali per provare la corretta gestione. Tutta la documentazione deve essere ordinata cronologicamente e numerata, poiché i tribunali valutano la continuità logica dei registri ai fini della loro attendibilità. - D: Che peso ha il ravvedimento operoso?
R: Se ci si accorge di un’omissione o di un errore prima del controllo, si può sanare mediante il ravvedimento operoso (art. 13 D.Lgs. 472/97): pagando l’imposta dovuta (con interessi) e le sanzioni ridotte (fino a 1/11 del minimo) si estingue la violazione. Va segnalato nell’eventuale ricorso, perché dimostra buona fede. Attenzione: il ravvedimento non elimina la possibilità di accertamenti successivi, ma rende spesso più “benevolo” l’approccio dell’ufficio. Nelle definizioni agevolate (ad.es. rottamazione ter) i termini di decadenza di 48 mesi restano invariati, ma la transazione accertativa (adesione) permette di chiudere con sanzioni minori (per i più recenti controlli). - D: Cosa comporta il ritrovamento di POS non collegati o registrazioni alterate?
R: Dal 2020 il DL 124/2019 impone l’integrazione telematica tra POS e RT. Se la G.d.F. scopre cessioni non registrate (incassi cash non accantonati nel RT), si può incorrere nelle sanzioni del mancato collegamento (1.000-4.000 €) e considerare quegli incassi come “in nero”. Per la difesa, va dimostrato che gli importi in contanti trovati corrispondano a movimentazioni regolarmente annotate (ad es. biglietti emessi senza scontrino visibili, ma registrati successivamente). L’uso scorretto del POS, invece, potrebbe essere vagliato come tentativo di occultare introiti: anche qui il contribuente deve provare la legittimità di ogni importo incassato. - D: In caso di contenzioso tributario, quando conviene arrivare alla Cassazione?
R: I giudizi tributari culminano spesso in due gradi (CTP, CTR). La Cassazione interviene solo su questioni di diritto (non riesame dei fatti). Può valere la pena impugnare in Cassazione se si ritiene che la sentenza di appello abbia violato norme tributarie (es. violazione art. 39 DPR 600/73, difetto di motivazione sostanziale o formale) o abbia travisato aspetti giuridici rilevanti (es. interpretazione della norma sulle scritture contabili ). È utile segnalare nella memoria motivi come la carenza di istruttoria o difetti processuali. Se però la materia è pacifica (es. Cassazione 21936/2024 sul tema “contabilità in nero”), può non essere produttivo proseguire, poiché gli orientamenti più recenti (anche tributaristi) e le sentenze consolidate legittimano l’uso di tali elementi presuntivi . Una strategia potrebbe essere chiedere il rinvio alla Corte Costituzionale se si individuano questioni di legittimità costituzionale (es. art. 53 cost. e tenuta contabilità), ma ciò dipende dal caso concreto. - D: Può essere considerata “tenuità del fatto” l’omissione di un piccolo introito?
R: In ambito tributario e penale l’istituto della tenuità (art. 5, D.Lgs. 74/2000) ammette attenuanti se l’evasione è di modesta entità e viene compensata da ravvedimento o ravvedimento spontaneo. Tuttavia, la giurisprudenza di legittimità è molto cauta nell’applicarla. La Cassazione ha già segnalato che la semplice omessa contabilizzazione di costi di modesto ammontare può superare comunque la soglia di punibilità se il dolo è provato . Quindi, non ci si deve aspettare che il giudice tributario annulli l’avviso per tenuità: semmai una condivisione di parte delle ragioni del contribuente può portare a una riduzione delle sanzioni amministrative (come previsto dal D.Lgs. 472/97 art. 15) ma difficilmente a rimettere i tributi accertati.
Modello di memoria difensiva (esempio)
Oggetto: Memoria difensiva – (Invito/Avviso di accertamento n. …/2025 – Soc. XYZ S.r.l. – CF PIVA …)
1. Premessa e contestazione dei fatti
Illustre Ufficio, con riferimento all’invito (o avviso) in oggetto, la società XYZ S.r.l., nella persona del suo legale rappresentante, intende formulare le seguenti osservazioni difensive circa le presunte irregolarità contestate.
2. Sulle modalità di notifica e accesso
– Si contestano profili formali: a) l’atto è stato notificato in data //2025 mediante servizio postale senza racc., contrariamente a quanto previsto dall’art. 14 L. 890/1982 che richiede l’accertamento del ricevimento. Pertanto si chiede di verificare la validità formale della notifica . b) Durante l’accesso ispettivo del //2024, i Finanzieri non hanno esibito l’ordine di servizio né autorizzazione sottoscritta (infatti, come noto, la G.d.F. non necessita di autorizzazione preventiva ex art. 35 L. 4/1929 ). Tuttavia, la parte offre integrale collaborazione, sottolineando che tutti i rilievi devono basarsi su dati contabili reali.
3. Sulle presunzioni dell’accertamento
– Contabilità in nero: si contesta la legittimità della definizione di presunzione con riguardo agli importi ritrovati in contanti. La Società ha documentato di aver ricevuto mance (registrate nel “Registro Mance” allegato) per un importo complessivo di €X.000, somme regolarmente distribuite ai dipendenti come integrazione salariale. Le voci ritrovate in buste non coincidono con alcuna “contabilità parallela” nascosta ma corrispondono esattamente alle uscite/giri di denaro interno regolarmente rendicontate. Si fa presente che, per Cass. 26512/2021, le mance devono essere tassate come reddito di lavoro ; pertanto, i suddetti importi erano già inclusi nel reddito dei dipendenti e assoggettati a ritenute. L’ufficio non ha invece fornito alcuna prova certa che tali somme rappresentassero incassi occulti di fatturato.
– Costi non contabilizzati: quanto agli addebiti di costi dedotti ma non comprovati (artt. 39 e 54 DPR 600/73), l’Amministrazione deve dimostrare la loro totale irrealizzabilità. La Società allega contratti e DDT relativi agli acquisti (es. materie prime e servizi di catering subappaltati) per i periodi in oggetto, che dimostrano l’effettivo sostenimento delle spese contestate. Solo gli elementi indicati nell’accertamento (il verbale di dichiarazioni testimoniali di terzi) non sono sufficienti a provare l’insussistenza di fatto di tali costi, ex Cass. 28628/2021 .
– Dipendenti in nero: si ribadisce che tutti i dipendenti elencati nei rilievi compaiono regolarmente nel Libro Unico del Lavoro, con relative trattenute contributive e fiscali. Eventuali omissioni formali (correzioni notate in sede ispettiva) verranno regolarizzate immediatamente. Non sussiste dolo nella gestione del personale; pertanto la presunzione di ulteriori ricavi “in nero” non dichiarati è infondata.
4. Questioni probatorie e richiesta
– L’Agenzia ha tratto deduzioni da semplici indizi (presunzione “inversa”) senza valutare la documentazione contabile che la società ora presenta. Si chiede pertanto l’annullamento (o la rettifica) degli addebiti di maggior reddito e IVA, come anche delle sanzioni, in quanto non sorrette da prova piena.
– In via istruttoria, si allegano: libri obbligatori, fatture clienti, estratti conto bancari, contratti, cedolini paga, registro mance. Si riserva di depositare ulteriore documentazione su richiesta del Collegio.
5. Conclusioni
Alla luce di quanto esposto, si chiede che l’avviso/invito in oggetto sia revocato e ogni contestazione annullata, o in subordine rideterminata nella misura effettivamente dovuta. In difetto, la società si riserva di impugnare l’atto dinanzi alla Commissione Tributaria competente, con riserva di ulteriore deduzione di prova.
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Hai ricevuto un avviso dall’Agenzia delle Entrate perché, come società di catering, ti vengono contestati ricavi non dichiarati o irregolarità fiscali? Fatti Aiutare da Studio Monardo
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Vuoi sapere cosa rischi e come predisporre una difesa efficace?
👉 Prima regola: dimostra la trasparenza della contabilità, la corretta emissione delle fatture e la tracciabilità degli incassi derivanti da matrimoni, eventi aziendali e ricevimenti privati.
⚖️ Quando scattano le contestazioni
- Servizi di catering pagati in contanti senza fattura o ricevuta;
- Differenze tra preventivi firmati dai clienti e ricavi dichiarati;
- Acquisti di alimenti e bevande sproporzionati rispetto ai ricavi registrati;
- Ricavi presunti ricostruiti da pubblicità online, social o report fotografici di eventi;
- Costi dedotti (affitto cucine, personale, trasporti) considerati non inerenti.
📌 Conseguenze della contestazione
- Recupero delle imposte su ricavi ritenuti occultati;
- Sanzioni fiscali per dichiarazione infedele o omessa fatturazione;
- Interessi di mora sulle somme accertate;
- Contestazioni contributive per personale non regolarmente contrattualizzato;
- Possibili procedimenti penali in caso di evasione rilevante.
🔍 Cosa verificare per difendersi
- Ogni servizio di catering è stato fatturato e registrato?
- Le differenze derivano da eventi annullati, sconti o prestazioni promozionali?
- I volumi di acquisto di materie prime corrispondono agli effettivi ricavi?
- I costi dedotti erano documentati e strettamente inerenti all’attività?
- L’accertamento si basa su prove oggettive (contratti, bonifici, fatture) o solo su presunzioni?
🧾 Documenti utili alla difesa
- Contratti e preventivi firmati dai clienti;
- Fatture emesse e quietanze di pagamento;
- Estratti conto bancari e report POS;
- Documentazione degli acquisti di alimenti, bevande e attrezzature;
- Registri IVA, bilanci e dichiarazioni fiscali.
🛠️ Strategie di difesa
- Dimostrare la regolarità contabile e la tracciabilità dei ricavi;
- Contestare ricostruzioni induttive basate solo sugli acquisti o sul numero di eventi;
- Evidenziare eventi annullati o non pagati, esclusi dal reddito imponibile;
- Eccepire errori di calcolo o difetti di motivazione nell’accertamento;
- Richiedere annullamento in autotutela se la documentazione era già disponibile;
- Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro 60 giorni;
- Attivare difesa penale in caso di contestazioni per frode fiscale.
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🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in diritto tributario e fiscalità delle imprese di servizi;
✔️ Specializzato in difesa contro contestazioni fiscali a società di catering ed eventi;
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Gli accertamenti fiscali alle società di catering non sempre sono fondati: spesso derivano da presunzioni basate sugli acquisti di materie prime o su ricostruzioni induttive degli eventi organizzati.
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