Accertamento Fiscale A Rider Food Delivery: Come Difendersi

Hai ricevuto un accertamento fiscale come rider del food delivery? In questi casi, l’Agenzia delle Entrate presume che parte dei compensi percepiti tramite piattaforme digitali (Glovo, Deliveroo, Uber Eats, Just Eat, ecc.) non sia stata dichiarata correttamente o che vi siano irregolarità nel regime fiscale applicato. I rider sono sempre più sotto la lente del Fisco, soprattutto per i pagamenti gestiti da piattaforme estere e per le difficoltà di inquadramento fiscale. Le conseguenze possono essere molto gravi: recupero delle imposte, sanzioni e interessi. Tuttavia, non sempre la contestazione è fondata: con una difesa ben documentata è possibile ridurre le pretese fiscali o dimostrare la regolarità della propria posizione.

Quando l’Agenzia delle Entrate contesta i redditi di un rider food delivery
– Se i compensi dichiarati non coincidono con quelli accreditati dalle piattaforme
– Se non sono stati riportati correttamente nel quadro dei redditi di lavoro autonomo o assimilati
– Se vi sono incongruenze tra i dati comunicati dalle piattaforme e la dichiarazione dei redditi
– Se l’Ufficio presume la presenza di somme percepite in contanti non dichiarate
– Se viene contestata la mancata apertura della partita IVA in caso di attività continuativa e abituale

Conseguenze dell’accertamento fiscale
– Recupero a tassazione dei compensi non dichiarati o dichiarati parzialmente
– Applicazione di sanzioni fino al 200% delle maggiori imposte accertate
– Interessi di mora sulle somme contestate
– Possibile riqualificazione del rapporto con obblighi contributivi aggiuntivi
– Nei casi più gravi, denuncia penale per dichiarazione infedele o omessa dichiarazione

Come difendersi dall’accertamento
– Dimostrare la corrispondenza tra accrediti delle piattaforme e redditi dichiarati
– Produrre estratti conto, report scaricati dalle app di delivery e documentazione bancaria
– Contestare ricostruzioni presuntive basate su parametri standardizzati non rappresentativi della propria attività
– Evidenziare errori di calcolo, difetti istruttori o vizi di motivazione nell’accertamento
– Richiedere la riqualificazione del rapporto di lavoro e della contestazione per ridurre sanzioni e interessi
– Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per chiedere l’annullamento totale o parziale della pretesa

Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare i flussi di pagamento provenienti dalle piattaforme digitali
– Verificare la legittimità della contestazione e il corretto inquadramento fiscale del rider
– Predisporre un ricorso fondato su prove concrete e vizi procedurali
– Difendere il rider davanti ai giudici tributari e, se necessario, anche in sede penale
– Tutelare il patrimonio personale da richieste fiscali sproporzionate

Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale della contestazione
– La riduzione di sanzioni e interessi applicati
– La sospensione delle richieste di pagamento già notificate
– Il riconoscimento della correttezza delle dichiarazioni presentate
– La certezza di pagare solo quanto realmente previsto dalla legge

⚠️ Attenzione: i rider del food delivery sono ormai tracciati dal Fisco attraverso i dati comunicati direttamente dalle piattaforme digitali. È fondamentale predisporre una difesa tempestiva e ben documentata per evitare pesanti conseguenze fiscali e contributive.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e lavoro autonomo digitale – spiega come difendersi in caso di accertamento fiscale a carico dei rider food delivery e quali strategie adottare per tutelare i tuoi interessi.

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Introduzione

Il fenomeno dei rider (fattorini delle consegne a domicilio) ha assunto grande rilievo in Italia, con migliaia di lavoratori coinvolti. Tale realtà solleva questioni fiscali complesse: molti fattorini operano con Partita IVA o contratti atipici (co.co.co., false Partite IVA) e possono ricevere rimborsi chilometrici o altro. L’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza monitorano questo settore. Inchieste recenti ipotizzano importi ingenti di tasse e contributi non versati (ad esempio, nel 2021 la GdF di Milano stimava oltre 733 milioni di sanzioni e più di un miliardo di contributi non versati ). Di fronte a un accertamento fiscale o controllo tributario, il rider (debitore verso l’Erario) deve sapere come tutelarsi. Questa guida – aggiornata a settembre 2025 – spiega dal punto di vista del contribuente come affrontare controlli dell’Agenzia delle Entrate, analizzando normative, giurisprudenza recente, strategie difensive, strumenti (ricorsi, autotutela, difesa penale) e casi pratici. Il linguaggio è tecnico ma divulgativo, rivolto a avvocati, imprenditori e privati.

1. Quadro normativo e tipologie contrattuali

I rider possono essere inquadrati come lavoratori subordinati (dipendenti) o autonomi/parasubordinati. In realtà molti lavorano con contratti atipici: co.co.co. (collaborazione coordinata e continuativa) o addirittura con Partita IVA simulata. La distinzione è cruciale ai fini fiscali e contributivi.

  • Lavoro subordinato (dipendente). Il datore trattiene IRPEF e versa contributi INPS. Il compenso è reddito da lavoro dipendente (art. 49 TUIR). Nel caso del dipendente, i rimborsi spese (auto, pasti) non costituiscono reddito se analitici e documentati (e non sono imponibili ai fini IRPEF).
  • Collaborazione coordinata e continuativa (Co.Co.Co.). E’ un lavoro autonomo parasubordinato (art. 409-452 c.p.c.) spesso usato come “falso collaboratore” quando il rider è in realtà subordinato. Il compenso è reddito assimilato a lavoro dipendente (art. 50, lett. c-bis TUIR) e la tassazione avviene come per il dipendente (ritenuta d’acconto), con aliquote IRPEF ordinarie. Al collaboratore parasubordinato competono rimborso spese, ferie, TFR come definito dal CCNL o Accordi collettivi.
  • Lavoro autonomo con Partita IVA (professionista o ditta individuale). Il rider fattura le prestazioni. Può aver optato per il regime forfettario o ordinario. In tal caso paga direttamente l’IRPEF (nella forma di imposta sostitutiva o ordinaria) e l’IVA. L’onere è tenere fatture, ricevute, tenere contabilità. Molti “rider” aprono P.IVA ma svolgono un’attività in realtà subordinata: in questi casi si parla di “falsa partita IVA”. La normativa (Legge Fornero, d.lgs. 81/2015, e decreto semplificazioni DM 166/2022) prevede presunzioni che invertono l’onere della prova: se sussistono indici di subordinazione/etero-organizzazione, il contratto è considerato di lavoro subordinato.

In tema di sicurezza sul lavoro, la Legge 128/2019 (art. 2-bis, convertito dal DL 101/2019) ha previsto tutele a favore dei rider, distinguendo se l’attività rientra o meno nell’ambito dell’etero-organizzazione (ossia subordinazione mascherata) di cui all’art.2 del d.lgs. 81/2015. Anche se queste norme si focalizzano su previdenza e sicurezza, costituiscono elementi che possono emergere in un accertamento fiscale (per esempio la presunzione che collaborazioni co.co.co. “etero-organizzate” siano in realtà rapporti di lavoro dipendente).

Normativa fiscale essenziale. Dal punto di vista tributario, i criteri di qualificazione dell’attività e della retribuzione incidono sull’imponibilità e sulle deduzioni:

  • Art. 51 TUIR: i rimborsi spese per la trasferta (chilometrica) possono essere esclusi dal reddito se analitici e nei limiti di tariffe ACI (o forfettari di legge). La giurisprudenza ribadisce che i rimborsi analitici di trasferte richieste dal datore sono natura risarcitoria e non concorrono a formare reddito .
  • Art. 54 TUIR: prevede la deducibilità integrale dei contributi previdenziali per i parasubordinati e simili.
  • Art. 95 TUIR: disciplina i rimborsi chilometrici di dipendenti/co.co.co (tabella ACI). È spesso richiamato dalle Cassazioni sui rimborso auto .
  • Art. 164 TUIR: limita la deduzione delle spese auto al 20% per veicoli di proprietà dell’impresa; diverse ordinanze (Cass. 4226/2025, 18364/2025) hanno chiarito che non si applica ai rimborsi per mezzi propri degli associati/professionisti .
  • Statuto del Contribuente (Legge 212/2000): stabilisce principi di correttezza e contraddittorio, e dettami su autotutela (art.10-quater) e notifica degli avvisi di accertamento.

Norme su accertamenti. L’Agenzia delle Entrate agisce in base al DPR 600/1973 (accertamento dei redditi) e al DPR 633/1972 (IVA). Il Codice di Procedura Tributaria (D.Lgs. 546/1992, poi D.Lgs. 156/2015) regola il contenzioso: ad esempio l’art. 21 stabilisce che “il ricorso deve essere proposto, a pena di inammissibilità, entro sessanta giorni dalla data di notificazione dell’atto impugnato” . La decorrenza del termine inizia dal giorno dopo la notifica (e si sospende ad agosto). Se il contribuente manca il termine, l’atto diventa definitivo anche se irregolare .

Co.co.co. e false Partita IVA. Se l’Agenzia ritiene che un rider con Partita IVA in realtà svolga lavoro subordinato, potrebbe riallocare la sua posizione contributiva: ad esempio indagare sul presunto reddito da lavoro dipendente non dichiarato (tasse e contributi), anche retroattivamente. Il committente può essere obbligato a rifondere IRPEF e contributi (art. 2, comma 28, L. 92/2012) in caso di falso autonomo. Nel contesto di un accertamento fiscale, quindi, anche lo status contrattuale del rider è cruciale: la giurisprudenza ha da tempo chiarito che i rapporti di falsa prestazione autonoma sono imponibili come lavoro dipendente, con inversione dell’onere della prova a carico del datore.

2. Fasi e termini dell’accertamento fiscale

Un accertamento fiscale coinvolge diverse fasi. Di norma, l’Agenzia delle Entrate inizia con un invito al contraddittorio (prima della notifica dell’atto) o con una comunicazione di irregolarità (per casi più semplici). In ogni caso, se dalle verifiche emergono cospicue differenze imponibili, si giunge all’avviso di accertamento (atto formale). Vediamo i passaggi principali:

  • Contraddittorio preventivo. L’Agenzia può convocare il contribuente a un colloquio (anche online) per chiarire posizioni prima dell’atto. In questa sede il rider può fornire documenti, fatture, ricevute spese, pareri per sanare eventuali errori. È un’arma importante: la giurisprudenza richiede all’Amministrazione di ascoltare il contribuente su fatti e cifre contestate prima di formare l’avviso.
  • Comunicazione di irregolarità (CIR). Nei casi di errori formali (es. omesse ritenute, anni b.c.d) l’Agenzia può inviare una circolare di irregolarità, consentendo al contribuente di regolarizzare (meccanismi bonari ex art. 2, DLgs. 471/1997) evitando sanzioni gravi.
  • Avviso di accertamento fiscale. Se si passa oltre, l’Agenzia invia un avviso motivato di accertamento dell’imposta (reddito, IVA o altro). Deve contenere indicazione degli anni, delle basi imponibili e il calcolo di imposte/sanzioni/maggiorazioni. Da quel momento inizia il vero contenzioso tributario.

Termini per agire. La notifica dell’avviso attiva il termine per ricorrere: come detto, 60 giorni dall’atto . Il contribuente deve notificare il ricorso alla Commissione Tributaria (oggi Corte di Giustizia Tributaria) entro 60 giorni dal ricevimento (termine decadenziale). In parallelo, può depositare documenti e motivazioni. Un eventuale ricorso tardivo è inammissibile e l’accertamento diventa definitivo . La procedura prevede poi l’appello in secondo grado e, in caso di perdite, il ricorso in Cassazione.

Prescrizione e decadenza. L’Agenzia ha di norma 5 anni (10 per reati fiscali o per omessi versamenti IVA) per notificare l’accertamento . Inoltre, il termine feriale (31 luglio-31 agosto) sospende i calcoli. In un ricorso si possono far valere errori di forma (difetto di notifica, decadenza) e di merito (errata determinazione del reddito).

Vizi dell’avviso di accertamento. Il contribuente può eccepire difetti procedurali (mancanza di firma, mancanza dati anagrafici) che ne annullano la validità. Più complessa è muoversi sui vizi di merito (gli errori di calcolo o presunzioni). Si può contestare la mancata considerazione di documenti a favore, presunzioni illegittime, difetto di motivazione. Per esempio, la Corte Costituzionale ha stabilito che l’omissione di dati nella dichiarazione non vale automaticamente addebitare redditi inesistenti (ci vuole elemento colpevole) .

Nel contesto del rider, vanno verificate le specifiche contestazioni: può essere richiesto di dichiarare come reddito compensi percepiti in nero, rimborsi falsi, mancato versamento IVA. A volte l’Agenzia tenta di riqualificare rimborsi forfettari o premi in vesti di “reddito da lavoro dipendente”. Qui entrano in gioco proprio i chiarimenti giurisprudenziali sui rimborsi (vedi §3.1) e gli elementi di collegamento al committente.

3. Principali contestazioni fiscali ai rider

Nei controlli fiscali rivolti ai rider emergono spesso i seguenti profili critici:

  • Redditi non dichiarati. Il Fisco può ritenere che il rider non abbia registrato o abbia sottostimato i compensi reali (es. somme ricevute in nero per consegne, bonus). In caso di Partita IVA, controlla fatture e corrispettivi; in caso di co.co.co., verifica i cedolini o certificazioni uniche. L’omessa o infedele dichiarazione comporta accertamento e sanzioni (20% o 200% della differenza, art. 5-6 DLgs. 74/2000).
  • False Partite IVA e co.co.co. Se l’Agenzia considera che il rider non sia autonomo, può inquadrare i compensi come reddito da lavoro dipendente e pretendere ritenute e contributi non versati, anche per gli ultimi 5 anni. Ad esempio, se si rilevano elementi di subordinazione (orari precisi, vincoli, incombenze organizzate dal committente), il rapporto potrebbe essere rideterminato come co.co.co. o dipendente. Ciò si traduce in conguagli fiscali e contributivi a carico del committente e del lavoratore (vedi art. 2 L. 92/2012). In sede di contenzioso tributario, il contribuente potrebbe tentare di dimostrare la genuina autonomia (più clienti, libertà di orario, contratto scritto per P.IVA, ecc.).
  • Rimborsi spese non documentati. I rider ricevono spesso rimborsi per utilizzo di mezzo proprio o indennità pasti. Tali rimborsi, se analitici (cioè commisurati ai costi realmente sostenuti) e corrispondenti ai limiti di legge, non concorrono a formare reddito . Ad esempio, la Cassazione ha chiarito che i rimborsi chilometrici analitici per spostamenti di servizio intra-giornata, documentati con tariffe ACI, hanno natura risarcitoria e non vanno tassati . Di conseguenza, se il Fisco contesta i rimborsi (ad esempio includendoli nel reddito), il rider può produrre note spese, tabelle ACI e dichiarare che quelle somme servivano solo a coprire i costi anticipati. Le recenti sentenze Cass. 40860/2021 e ord. 18364/2025 ribadiscono il principio dell’integrale non imponibilità dei rimborsi analitici dovuti per funzioni di servizio .
  • Spese deducibili. Per i rider con P.IVA (soprattutto in regime ordinario), sono deducibili spese inerenti all’attività (es. assicurazione moto, carburante, caschi). L’Agenzia può limitare deduzioni auto applicando il 20% (art.164 TUIR), ma la Cassazione ha ribadito che tale limite si applica solo se il mezzo è di proprietà dell’azienda: per il veicolo proprio del libero professionista o collaboratore, il rimborso va trattato come spesa integrale (art. 54 TUIR) . Dunque, se il rider fattura un rimborso forfettario per trasferta e il Fisco lo contesta, va verificato se la normativa (art. 95 TUIR) lo ammette analitico, e se è provato che il mezzo è di proprietà.
  • IRPEF e IVA. Un rider in regime forfettario versa un’imposta sostitutiva al 5%-15% sull’utile; se invece è in contabilità ordinaria, versa IRPEF progressiva. L’Agenzia può contestare l’opzione forfettaria (per esempio, se si superano ricavi + spese parametriche) o verificare l’adeguatezza della fatturazione (es. fatture false). In ogni caso, l’atto di accertamento riepiloga come vengono assoggettate le somme sottratte.
  • Contributi previdenziali. Se co.co.co., il rider dipendente paga i contributi separati (in proprio) e il committente versa la sua parte. Il Fisco collabora con l’INPS: a volte un accertamento tributario parte dagli accertamenti contributivi. Lo stesso principio delle presunzioni di subordinazione (art. 1, D.Lgs. 276/03 e segg.) può scattare. Nel caso di verifiche ispettive (non propriamente fiscali), l’INPS richiede integrazioni contributive retroattive; ma a supporto di un accertamento fiscale IRPEF, può servirsi di tali dati.

4. Strategie difensive del contribuente

Quando si riceve un avviso di accertamento da Agenzia delle Entrate, il rider deve agire prontamente. Le possibili strategie difensive includono:

  • Contraddittorio endoprocedimentale. Se l’Agenzia non lo ha ancora fatto, il contribuente può richiederlo formalmente anche dopo aver ricevuto la comunicazione di irregolarità. In ogni caso, va raccolta tutta la documentazione a supporto (fatture, note spesa, email di incarico, contratti). Il contraddittorio è un diritto ex art. 12 dello Statuto del Contribuente: se è stato precluso, il contribuente può contestare in sede di giudizio il difetto di contraddittorio. In questa fase si chiariscono gli aspetti controversi, fornendo prove (dichiarazioni scritte, registrazioni orari, testimonianze di colleghi, ecc.) per far emergere la vera natura dell’attività.
  • Autotutela tributaria. Il rider può chiedere autotutela all’Agenzia (art. 10-quater L.212/2000). Si presenta un’istanza scritta (anche tramite modello disponibile online) chiedendo l’annullamento o la rettifica dell’atto, con spiegazione di eventuali vizi (errore di calcolo, omissione di documenti, difetto motivazionale). A partire dal 2024, l’Agenzia è tenuta a rispondere entro 90 giorni . L’autotutela è gratuita e può correggere errori palesi, soprattutto prima di investire risorse in un ricorso. Ad esempio, se nell’avviso mancano allegati originali o la motivazione è lacunosa, si può far valere l’“obbligo di riscontro” degli elementi soggettivi del contribuente, che rende nullo l’atto per mancanza di contraddittorio obbligatorio. In certi casi (errori materiali o di calcolo) l’Ufficio può annullare o ridurre autonomamente la pretesa.
  • Ricorso tributario (primo grado). Se si decide di contestare l’avviso di accertamento, occorre presentare ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale entro 60 giorni . Il ricorso deve essere redatto in forma scritta, con esposizione chiara dei fatti, dei motivi di diritto e delle richieste (annullamento o rideterminazione dell’atto). È fondamentale indicare gli estremi dell’atto, il valore della controversia e il contribuente deve notificare il ricorso all’Amministrazione finanziaria e agli eventuali cointeressati (es. INPS se coinvolta). Nel ricorso vanno dettagliati i motivi di opposizione, che possono essere:
  • Errori formali: nullità di notifica, difetto di firma del dirigente, mancanza dati essenziali.
  • Mancanza di motivazione: l’atto deve contenere un’esposizione dei fatti e delle norme applicate. Se la motivazione è generica o assente, si può chiedere annullamento per difetto essenziale.
  • Errori di fatto: vanno rilevati gli errori nei dati (ad es. cifre sbagliate, duplicazioni, riconteggi). Bisogna dimostrare eventuali svista del Fisco con documenti.
  • Violazione diritti di difesa: ad es. se non è stato consentito di depositare prova durante il contraddittorio.
  • Prescrizione/decadenza: far valere la scadenza dei termini legali (es. oltre i 5 anni per IRPEF, feriali interrotti, etc.) .
  • Corrispondenza fra imponibile e documenti: dimostrare che i redditi richiesti sono già stati tassati, o che determinate somme non rientrano nell’imponibile (es. rimborsi analitici) .

La giurisprudenza recente (Cassazioni) offre spunti: ad esempio, sul tema dei rimborsi chilometrici, la Corte ha ribadito che i rimborsi analitici non incidono sul reddito . Sul piano della motivazione, le Sezioni Unite (Cass. n. 642/2023) hanno stabilito che non basta citare una norma, è necessario spiegare perché l’atto si applica al caso concreto. Chi ricorre deve quindi articolare argomenti precisi e allegare certificazioni (es. contratti, ricevute carburante, documentazione trasporto) a sostegno. – Richiesta di sospensione. Nel ricorso si può chiedere la sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato (art. 47-bis DLgs. 546/92) notificando all’Agenzia la motivazione del periculum in mora. Occorre documentare che l’esecuzione immediata causerebbe danni gravi irreversibili (p.es. pignoramenti) mentre il giudizio decide. Se il giudice tributario accoglie tale istanza, l’esecuzione coattiva viene congelata fino alla decisione finale. – Appello e Cassazione. Se il primo grado (Commissione Tributaria) è perduto, si può appellare alla Commissione Tributaria Regionale nei 60 giorni successivi alla sentenza di primo grado. Qui si analizza nuovamente il merito. Dal 2024 vige la riforma Cartabia che limita nuove prove in appello: non si possono aggiungere documenti nuovi (salvo eccezioni inderogabili), quindi vanno già prodotti in primo grado . L’appello deve avere motivazioni circostanziate sulla sentenza di primo grado. Successivamente, contro eventuale sentenza di secondo grado, si può tentare ricorso in Cassazione (giurisdizione “ordinaria”, in sez. trib.). Anche la Cassazione tributaria (in sede disciplinare) non ammette rinnovi probatori se non per fatti sopravvenuti. – Difesa penale. Se l’accertamento tributario individua indizi di reato (omessa dichiarazione, emissione di fatture false, etc.), il contribuente potrebbe essere coinvolto anche in un procedimento penale per reati tributari (DLgs. 74/2000). In tal caso serve un avvocato penalista. È importante ricordare che i procedimenti fiscale e penale sono autonomi: come ribadito dalla Cassazione (sent. 2051/2023), gli esiti dell’accertamento tributario o di un avviso non vincolano il giudice penale, e viceversa . In altre parole, l’eventuale annullamento dell’accertamento in sede tributaria non interrompe il processo penale (e nemmeno l’opposto): ciascun giudizio valuta indipendentemente prove e fatti. Pertanto, nel penalizzazione fiscale il contribuente deve concentrarsi sulla propria difesa processuale (dimostrare buonafede, impossibilità materiale, dottrina contraria o prassi all’epoca).

Esempio pratico di simulazione. Supponiamo che un rider con Partita IVA (regime ordinario) riceva un avviso di rettifica che contesta 5.000€ di rimborsi chilometrici come “reddito” e aggiunge sanzioni. Per prima cosa il contribuente valuta la notifica: verifica se i suoi rimborsi erano stati calcolati con tabelle ACI e documentati. Se sì, prepara le note spese, calcoli e riferimenti normativi (art. 54-95 TUIR) e li allega all’autotutela o al ricorso. Ad esempio, potrebbe argomentare: “I 5.000€ sono fondamentalmente un rimborso analitico come dimostrano le fatture carburante e gli spostamenti, pertanto non concorrono a reddito ”. Se l’atto è viziato in motivazione (non spiega perché quei rimborsi siano retribuzione), lo contesta per vizio formale. In via subordinata chiede la sospensione cautelare e il riesame. In caso si arrivi al giudizio tributario, presenta tutta la documentazione (peritali ACI, copie fatture, contratti di collaborazione). Se il collegio ritiene congrua la prova della destinazione delle spese, potrebbe annullare l’atto per insussistenza del presupposto d’imposta. In subordine, calcola l’eventuale parte davvero eccedente (se ci fosse un piccolo importo fuori norma) e chiede la riduzione della sanzione in considerazione della buona fede (ad es. si può invocare l’esimente di cui all’art.6, comma 2 del D.Lgs. 472/1997 che consente di annullare le sanzioni in caso di interpretazione normativa ragionevole ).

5. Domande e risposte (FAQ)

  • D: Che cos’è un avviso di accertamento fiscale e come viene notificato?
    R: L’avviso di accertamento è l’atto motivato in cui l’Agenzia delle Entrate comunica il ricalcolo delle imposte (redditi, Iva, ecc.) ritenuto dovuto. Deve essere notificato al domicilio fiscale del rider a mezzo posta (raccomandata con ricevuta) o tramite P.E.C. La data di perfezionamento della notifica dà avvio al termine di 60 giorni per impugnarlo . Se l’Agenzia non rispetta la notifica formale (mancano firma o timbri), l’atto è nullo e impugnabile come tale.
  • D: Se sono stato accusato di falsa partita IVA, come mi difendo?
    R: In primo luogo bisogna analizzare gli indici di dipendenza che l’Agenzia contesta (ad es. orari fissi, obblighi di presenza, strumenti dati dal committente). Se tali indici sono circostanziali, il rider può produrre prove (messaggi, email, scontrini o testimonianze) per dimostrare autonomia. Il ricorso può eccepire l’inversione dell’onere della prova, costringendo il committente a provare la reale autonomia. In via giudiziaria (Corte dei Conti o giudice civile) già ci sono state pronunce sul lavoro dei rider, ma in sede fiscale va argomentato il proprio caso. Di norma, il lavoratore chiede la riqualificazione come co.co.co. (con versamenti contributivi regolari) piuttosto che subire oneri fiscali aggiuntivi.
  • D: Cosa succede se ignoro l’avviso di accertamento?
    R: Se non si presenta ricorso entro 60 giorni , l’atto diventa definitivo e non contestabile. Ciò significa che l’erario può esigere le somme (tasse + sanzioni) e procedere coattivamente (pignoramenti, ipoteche). È quindi fondamentale controllare subito la notifica e calcolare i termini. Anche solo un giorno di ritardo causa l’inammissibilità. Se il termine sta per scadere, è consigliabile inviare comunque un ricorso (anche se deve essere motivato) per non perdere ogni difesa.
  • D: In cosa consiste la sospensione feriale dei termini?
    R: In materia tributaria, la legge prevede che nel mese di agosto i termini (calendari) si sospendano (dal 1 al 31 agosto). Questo significa che, se la scadenza dei 60 giorni cade a cavallo di agosto, il conteggio non comprende quei 31 giorni. Ad esempio, se la notifica è del 1° luglio, i 60 giorni scadono il 30 settembre (non il 30 agosto). Il fenomeno è automatico, l’avviso di accertamento stesso può menzionarlo.
  • D: Quali sono le sanzioni principali che possono essere irrogate?
    R: Dipende dal tipo di violazione accertata. In generale, l’omessa o infedele dichiarazione di redditi comporta sanzioni tra 100% e 200% delle imposte dovute, con possibilità di rateizzazione; l’omesso versamento IVA ha sanzioni fisse (es. 30% se dentro 90 giorni). Inoltre, esistono sanzioni procedurali per mancata collaborazione (ad es. omessa risposta ai questionari). In caso di false fatture, le sanzioni sono elevate (art. 8 D.Lgs. 74/2000 prevede multe molto alte). Tuttavia, in giudizio è possibile chiedere la riduzione delle sanzioni per ravvedimento o esimente di buona fede (art.6 D.Lgs. 472/97) .
  • D: Cosa significa autotutela “obbligatoria” e “facoltativa”?
    R: Con le modifiche del 2024 allo Statuto del contribuente, l’autotutela obbligatoria scatta in presenza di vizi formali o palesi nell’atto dell’Amministrazione. In tali casi l’Agenzia deve annullare d’ufficio, anche senza istanza. L’autotutela facoltativa (su istanza di parte) consente di chiedere la revisione dell’atto quando vi sono errori non immediatamente riconoscibili o questioni interpretative complesse. L’Agenzia a sua volta valuta l’istanza e, se ammette il vizio, potrà annullare o rettificare l’atto entro 90 giorni .
  • D: Cosa accade se il procedimento penale è pendente?
    R: L’eventuale processo penale per reati fiscali (ad esempio dichiarazione fraudolenta) procede autonomamente. La Cassazione ha chiarito che gli atti della polizia giudiziaria e gli accertamenti tributari sono indipendenti: il giudice penale non può rimettere in discussione la correttezza degli atti tributari definitivi, e viceversa . In pratica, non si sospendono reciprocamente. Tuttavia, i motivi di contestazione (es. falsità delle fatture) sono simili. Per la difesa penale occorre concentrare la strategia su alibi, documenti probatori e confutazione degli elementi costitutivi del reato (ad es. mancanza di dolo).

6. Tabelle riepilogative

AspettoLavoro subordinatoCollaborazione (Co.Co.Co.)Lavoro autonomo (P.IVA)
Disciplina fiscaleIRPEF tramite trattenuta; rimborsi spese dedotti da datore, non redditoReddito assimilato (ritenuta del 20% alla fonte); diritti assistenziali CCNLRegime forfettario/ordinario; IRPEF su profitto e IVA su fattura
Contributi INPSVersati da datore (dipendenti)Collaboratore paga propri contributi, committente paga quota suaVersati in gestione separata (4%), o INPS commercianti/artigiani se iscritto;
Documentazione speseNote spese analitiche (ACI) non tassateStessi rimborsi di legge (art.95 TUIR), analitici non tassatiRimborsi auto in fattura/nota, deducibili come spesa (nel rispetto di art. 164 TUIR se non di proprietà)
Presunzione di subordinazioneN/A (già dipendente)Se rapporti “etero-organizzati” (art.2 d.lgs. 81/2015), si considerano dipendentiPossibile presunzione se ex-dipendente con P.IVA
Esempio di contrattoContratto a tempo indeterminato/determinato, Co.Co.Pro., CCNLContratto di collaborazione continua; nulla è “a progetto” dopo ForneroProgetto, fattura per prestazione occasionale o continuativa
Strumento di difesaScadenzaAmbitoNote/Normativa
Contraddittorio facoltativoprima dell’accertamentoDialogo con Ufficio su vizi di fatto/provaStatuto del Contribuente, art.12
Autotutela (istanza)90 giorni dall’attoRiesame atto viziato (richiesta di annullamento)Statuto, art.10-quater; Circolare 21/2024
Ricorso in Commissione60 giorniGiudizio tributario 1° gradoD.Lgs. 546/92 art.21; art. 52 TUIR
Appello60 giorni dopo sentenza 1° grado2° grado presso CTRRiforma Cartabia: motivazione stringente, no nuovi documenti
Ricorso in Cassazione60 giorni dopo sentenza 2° gradoGiurisdizione ordinaria (sez. trib.)Art. 360 c.p.c. (gravi motivi di diritto)
Definizione agevolataVaria (entro termini di legge)Sanatoria debiti fiscaliRavvedimento operoso, rottamazioni, ecc.

7. Simulazione pratica

Caso ipotetico. Marco è un rider con Partita IVA (regime forfettario) che fa consegne per più piattaforme. Nel 2024 il suo reddito imponibile (forfettario al 67%) è di 20.000€, con una piccola aliquota sostitutiva. Ad agosto 2025 riceve un avviso di accertamento dell’Agenzia che chiede 5.000€ di IRPEF aggiuntiva (più sanzioni) perché ritiene che 7.000€ di suoi “rimborsi chilometrici” non documentati siano in realtà reddito non dichiarato. L’atto accerta anche 1.000€ di IVA dovuta non versata. Marco procede così:

  1. Verifica dell’atto: controlla la notifica e nota che la firma del dirigente manca (vizio formale). Segnala subito all’ufficio la nullità dell’atto per mancanza di sottoscrizione, inviando un reclamo per avvalersi dell’autotutela obbligatoria. (L’Agenzia deve rispondere entro 90 giorni .)
  2. Raccolta documenti: prepara le ricevute di rifornimento benzina e le percorrenze, calcolando i 7.000€ con tariffe ACI: scopre che in realtà avrebbe potuto rimborsare solo 6.500€. Quindi l’eccedenza contestata è di 500€.
  3. Contraddittorio: chiede un incontro (anche via PEC) con l’ufficio per spiegare. Illustra le note spese e argomenta che i rimborsi analitici, come confermato dalla Cassazione, non sono reddito . L’amministrazione non convoca alcun contraddittorio, né risponde all’istanza entro 90 giorni.
  4. Ricorso tributario: Notifica ricorso alla Commissione Tributaria entro i 60 giorni . Nel ricorso:
  5. Fa valere la nullità formale (mancata firma) in premessa.
  6. Contesta il fatto che i 7.000€ siano reddito, allegando documenti (note spesa e tabella ACI) e richiamando Cass. 40860/2021 .
  7. Riconosce l’inesistenza di 500€ eccedenti, proponendo comunque di pagarli per chiudere lite e chiedendo l’esenzione da sanzioni in base al “dubbio interpretativo” (art. 6, comma 2, D.Lgs.472/97) .
  8. Richiede la sospensione dell’atto in attesa della decisione (pericolo di esecuzione inique).
  9. Decisione ipotetica: il giudice tributario valuta i documenti, accoglie il motivo di difetto di motivazione/nullità (mancanza firma), annulla l’avviso. In subordine riduce l’importo da 7.000€ a 6.500€ e condanna l’Agenzia alle spese. In pratica Marco evita la tassazione di tutti i rimborsi analitici, come indicato dai precedenti giurisprudenziali .

Questa simulazione mostra come, anche in situazioni complesse, la corretta attività difensiva (contraddittorio, motivazione del ricorso, documentazione) può portare all’annullamento o alla radicale riduzione dell’accertamento.

8. Conclusioni

Il rider sottoposto a controllo fiscale deve agire tempestivamente e con strategia. Fondamentale è documentare correttamente la propria posizione (fatture, note spesa, prove) e conoscere a fondo le norme e la giurisprudenza applicabili (ad esempio su rimborsi e false Partite IVA). Gli strumenti difensivi principali sono il contraddittorio con l’Amministrazione, l’autotutela (istanza di riesame) e il ricorso tributario nei tempi di legge. La giurisprudenza più recente offre spunti utili per sostenere che i rimborsi analitici non fanno reddito e che eventuali errori di calcolo consentono la riduzione o l’annullamento delle sanzioni . Se invece dovesse scaturire un procedimento penale, va ricordato che i processi penale e tributario procedono separatamente , ma è sempre cruciale provare la buona fede e la correttezza del proprio comportamento.

In definitiva, la difesa del rider in un accertamento fiscale richiede competenza tecnica (spesso con il supporto di un avvocato tributarista) e piena collaborazione documentale. Conoscere i propri diritti (termini, motivazione dell’atto, disciplina dei rimborsi, ecc.) e avere prontezza di azione può fare la differenza fra un oneroso conguaglio e l’annullamento dell’atto.

Hai ricevuto un avviso dall’Agenzia delle Entrate perché, come rider del food delivery, ti vengono contestati compensi non dichiarati o irregolarità fiscali? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Hai ricevuto un avviso dall’Agenzia delle Entrate perché, come rider del food delivery, ti vengono contestati compensi non dichiarati o irregolarità fiscali?
Vuoi sapere cosa rischi e come difenderti in modo efficace?

👉 Prima regola: chiarisci se i compensi erano percepiti come lavoratore autonomo, collaboratore occasionale o dipendente, e dimostra la corretta dichiarazione dei redditi.


⚖️ Quando scattano le contestazioni

  • Compensi accreditati da piattaforme di food delivery (Glovo, Deliveroo, Uber Eats, Just Eat, ecc.) non dichiarati;
  • Movimenti bancari non coerenti con i redditi dichiarati;
  • Collaborazioni qualificate come occasionali ma riqualificate come attività abituale con partita IVA;
  • Disallineamenti tra CU (certificazioni uniche) rilasciate dalle piattaforme e redditi dichiarati;
  • Omessa dichiarazione di redditi percepiti tramite ritenuta estera.

📌 Conseguenze della contestazione

  • Recupero delle imposte sui redditi non dichiarati;
  • Sanzioni fiscali per dichiarazione infedele o omessa;
  • Interessi di mora sulle somme accertate;
  • Rischio di contestazioni contributive INPS in caso di attività abituale;
  • Possibili contestazioni penali in caso di evasione significativa.

🔍 Cosa verificare per difendersi

  • Tutti i compensi percepiti tramite piattaforme sono stati dichiarati?
  • I pagamenti erano redditi imponibili o rimborsi spese (es. carburante, manutenzione bici/moto)?
  • La collaborazione era realmente occasionale o continuativa?
  • Esistono CU, estratti conto o documenti delle piattaforme che giustifichino i compensi?
  • L’accertamento si basa su prove documentali o solo su presunzioni bancarie?

🧾 Documenti utili alla difesa

  • Certificazioni uniche (CU) rilasciate dalle piattaforme di food delivery;
  • Estratti conto bancari e accrediti ricevuti;
  • Contratti di collaborazione con le piattaforme;
  • Fatture emesse (se in regime di partita IVA);
  • Dichiarazioni fiscali degli anni contestati.

🛠️ Strategie di difesa

  • Dimostrare la corretta dichiarazione dei redditi percepiti;
  • Contestare ricostruzioni presuntive basate su movimenti bancari non imponibili;
  • Fare valere la natura occasionale della collaborazione, se conforme;
  • Evidenziare eventuali rimborsi spese non imponibili;
  • Richiedere annullamento in autotutela se i dati erano già agli atti;
  • Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro 60 giorni;
  • Attivare difesa penale in caso di contestazioni per evasione rilevante.

🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

📂 Analizza i compensi percepiti e la documentazione rilasciata dalle piattaforme;
📌 Verifica la fondatezza della contestazione e costruisce la linea difensiva;
✍️ Predispone memorie difensive e ricorsi tributari;
⚖️ Ti assiste davanti alla Corte di Giustizia Tributaria e, se necessario, in sede penale;
🔁 Suggerisce strategie preventive per una gestione fiscale sicura delle collaborazioni con le piattaforme digitali.


🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto tributario e fiscalità del lavoro autonomo;
✔️ Specializzato in difesa contro contestazioni fiscali a rider e collaboratori delle piattaforme digitali;
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.


Conclusione

Gli accertamenti fiscali ai rider del food delivery non sempre sono fondati: spesso derivano da errori di inquadramento contrattuale o da presunzioni sui movimenti bancari.
Con una difesa mirata puoi dimostrare la regolarità della tua posizione fiscale, ridurre drasticamente sanzioni e interessi ed evitare conseguenze penali.

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La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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