Accertamento Fiscale A Infermieri Liberi Professionisti: Come Difendersi

Hai ricevuto un accertamento fiscale come infermiere libero professionista? In questi casi, l’Agenzia delle Entrate presume che parte dei compensi percepiti per prestazioni sanitarie domiciliari, attività in studi privati o collaborazioni con strutture non sia stata dichiarata correttamente. Il settore sanitario è particolarmente monitorato dal Fisco, anche tramite i dati trasmessi al Sistema Tessera Sanitaria. Le conseguenze possono essere molto gravi: recupero delle imposte, applicazione di sanzioni elevate e, nei casi più seri, contestazioni penali per dichiarazione infedele. Tuttavia, non sempre l’accertamento è fondato: con una difesa ben preparata è possibile dimostrare la regolarità della propria posizione o ridurre sensibilmente le sanzioni.

Quando l’Agenzia delle Entrate contesta i redditi di un infermiere libero professionista
– Se i compensi dichiarati non coincidono con il numero di prestazioni erogate
– Se vi sono incongruenze tra fatture, ricevute fiscali e i dati inviati al Sistema Tessera Sanitaria
– Se i movimenti bancari risultano superiori ai redditi dichiarati
– Se i pagamenti in contanti non sono supportati da documentazione fiscale
– Se l’Ufficio presume la presenza di prestazioni “in nero” non registrate

Conseguenze dell’accertamento fiscale
– Recupero a tassazione dei compensi ritenuti non dichiarati
– Applicazione di sanzioni fino al 200% delle maggiori imposte accertate
– Interessi di mora sulle somme contestate
– Rettifica delle dichiarazioni fiscali e inserimento del professionista in liste di controllo
– Nei casi più gravi, denuncia penale per dichiarazione infedele o frode fiscale

Come difendersi dall’accertamento
– Dimostrare la corrispondenza tra prestazioni effettuate, fatture emesse e redditi dichiarati
– Produrre ricevute, estratti conto bancari e documentazione sanitaria a supporto
– Contestare ricostruzioni presuntive dei ricavi basate su parametri medi non rappresentativi della realtà professionale
– Evidenziare errori di calcolo, difetti istruttori o vizi di motivazione nell’accertamento
– Richiedere la riqualificazione della contestazione per ridurre le sanzioni applicabili
– Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per ottenere l’annullamento totale o parziale della pretesa

Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare la documentazione fiscale, bancaria e sanitaria oggetto di contestazione
– Verificare la legittimità della contestazione e l’inquadramento corretto dei redditi professionali
– Predisporre un ricorso fondato su prove concrete e vizi procedurali dell’accertamento
– Difendere l’infermiere libero professionista davanti ai giudici tributari e, se necessario, anche in sede penale
– Tutelare il patrimonio personale e professionale da richieste fiscali sproporzionate

Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale della contestazione
– La riduzione delle sanzioni e degli interessi applicati
– La sospensione delle richieste di pagamento già notificate
– Il riconoscimento della correttezza della contabilità e delle dichiarazioni rese
– La certezza di pagare solo quanto realmente previsto dalla legge

⚠️ Attenzione: gli infermieri liberi professionisti, come altre figure sanitarie, sono spesso soggetti a controlli incrociati tramite il Sistema Tessera Sanitaria. È fondamentale predisporre una difesa tempestiva e ben documentata per evitare conseguenze fiscali e penali pesanti.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e sanitario – spiega come difendersi in caso di accertamento fiscale a carico di infermieri liberi professionisti e quali strategie adottare per proteggere i tuoi interessi.

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Introduzione

Gli infermieri liberi professionisti (con Partita IVA) sono considerati lavoratori autonomi ai fini fiscali. Devono dichiarare i compensi percepiti, versare IRPEF (in base al proprio scaglione), contributi previdenziali (INPS/ENPAPI) e IVA (ove applicabile), e rispettare obblighi di fatturazione e registrazione. Nel caso di verifica o controllo fiscale, l’Agenzia delle Entrate può effettuare diversi accertamenti per accertare il reddito effettivo e prevenire l’evasione. Dal punto di vista del contribuente (il debitore tributario), conoscere le possibili forme di accertamento e le strategie difensive è essenziale per contestare tempestivamente eventuali atti impositivi.

Accanto ai controlli tradizionali (come le verifiche contabili in studio) sono frequenti oggi: accertamenti sintetici (redditometro) basati su consumi e spese; accertamenti induttivi fondati su presunzioni derivate da elementi oggettivi (es. movimenti bancari o mancati incassi); accertamenti da studi di settore/ISA basati sulla congruità dei dati dichiarati rispetto ai parametri statistici di settore; verifiche sui conti correnti e carte di credito; e controlli mirati su voci particolari (compensi non fatturati, prestazioni domiciliari in nero, non accettazione POS, ecc.). In tutti i casi, l’Amministrazione parte da presunzioni che il contribuente dovrà saper confutare con prove precise. Inoltre, il contribuente deve rispettare le fasi e i termini del contenzioso tributario: prima il contraddittorio preventivo, poi l’eventuale ricorso in Commissione Tributaria, l’appello alla Commissione Regionale, e infine il ricorso in Cassazione (Sezioni tributarie).

Questa guida, aggiornata a settembre 2025, illustra in dettaglio le varie forme di accertamento applicabili agli infermieri liberi professionisti in Italia e i possibili strumenti di difesa del contribuente. Si adottano riferimenti normativi italiani (ad es. DPR 600/1973, DPR 633/1972, D.Lgs. 546/1992, legge 130/2022, ecc.), prassi e giurisprudenza aggiornata (Cassazione e Corte Costituzionale). Vengono proposti anche esempi di calcolo e simulazioni pratiche, tabelle riepilogative e una sezione di Domande e Risposte (FAQ) mirata a risolvere i dubbi più comuni.

1. Normativa di riferimento e principi generali

Fundamento costituzionale e norme fiscali primarie. In base all’art. 53 della Costituzione italiana, «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva». Ciò significa che il reddito tassabile deve riflettere la reale capacità economica del contribuente. In campo tributario, l’accertamento fiscale è l’attività dell’Amministrazione finanziaria volta a verificare la correttezza delle dichiarazioni e a determinare il reddito imponibile quando sospetta incongruenze o omissioni. Le norme chiave per gli accertamenti sui redditi delle persone fisiche sono contenute nel D.P.R. n. 600/1973 (artt. 32, 38‑39, ecc.) e nel TUIR (D.P.R. n. 917/1986) in tema di redditi IRPEF, oltre al D.P.R. n. 633/1972 per l’IVA sui compensi professionali. Le tipologie di imposta interessate possono comprendere IRPEF, addizionali, IVA (se dovuta), IRAP (se configurabile l’autonoma organizzazione) e tributi locali (ma quest’ultimi seguono regole procedurali analoghe).

Obblighi del professionista. Un infermiere libero professionista deve effettuare fatturazione elettronica per ogni prestazione (anche a pazienti privati), emettere documenti fiscali conformi, conservare le fatture emesse e ricevute, registrare eventuali corrispettivi o rimborsi spese. Deve separare, idealmente, i conti correnti tra uso professionale e personale per maggiore trasparenza. L’omessa emissione di fattura o l’uso diffuso del contante non tracciato sono tra i fattori che possono far scattare un controllo. Dal 30 giugno 2022 i professionisti sono obbligati ad accettare pagamenti con POS: in caso contrario scatta una sanzione fissa di €30 aumentata del 4% del valore della transazione rifiutata . Ad esempio, come evidenzia l’Agenzia delle Entrate, «i soggetti che effettuano prestazioni di servizi, anche professionali, dal 30 giugno 2022… dovranno avere il POS e accettare pagamenti elettronici» , pena la sanzione pecuniaria. In presenza di comportamenti poco trasparenti (mancata fatturazione, conti non conservati, mancato POS, ecc.), l’Ufficio dispone indagini più approfondite.

Presunzioni legali e capacità contributiva. Diverse presunzioni favorevoli o sfavorevoli si applicano ai redditi dei professionisti. Ad esempio, l’art. 32, comma 1, n. 2, del DPR 600/1973 stabilisce che «i versamenti bancari non giustificati dal contribuente sono considerati ricavi o compensi non dichiarati»; questa è una presunzione legale che equipara un deposito in banca a reddito occulato, salvo prova contraria. Al contrario, le somme prelevate dal professionista (ad es. pagamenti in contanti) non godono di una presunzione di inclusione nel reddito (a differenza degli imprenditori), come chiarito dalla Corte Costituzionale . In sintesi: versamenti in conto corrente del libero professionista vengono presunti compensi non dichiarati (con onere a carico del professionista di dimostrare l’estraneità) , mentre prelievi personali non danno luogo automaticamente a presunzioni (Cass. cost. 228/2014) . Questo principio è stato ribadito recentemente: ad esempio, la Cassazione ordinanza n.12455/2025 ha confermato che «la presunzione che i versamenti su un conto corrente costituiscano maggior reddito… resta pienamente in vigore per… i professionisti e i lavoratori autonomi» , perciò «spetta al contribuente fornire la prova analitica» che le somme versate non sono imponibili . Invece, i prelievi bancari di un libero professionista non costituiscono in via automatica redditi imponibili (perché non vi è un legame diretto con l’attività) .

2. Tipologie di accertamento fiscale

L’Amministrazione finanziaria dispone di diversi strumenti per determinare il reddito ai fini dell’imposizione. Di seguito le principali metodologie utilizzabili nei confronti dei professionisti (e dunque degli infermieri autonomi). In ciascun caso viene descritta la norma di riferimento, il meccanismo di ricostruzione del reddito e le possibili difese del contribuente.

  • Accertamento redditometrico (sintetico). L’accertamento sintetico (chiamato anche redditometro) si basa sull’analisi dei consumi e degli indici di capacità contributiva del contribuente anziché sui ricavi effettivamente dichiarati. Da maggio 2024 il redditometro era stato «riaperto» con un decreto ministeriale (DM 7 maggio 2024, G.U. 20.5.2024) che introdusse nuovi indici di capacità contributiva . Il meccanismo consiste nel ricavare il reddito presunto da elementi quali la spesa per alimentari, auto, mutuo, carta di credito, ecc. Se il reddito accertato così induttivamente eccede di almeno il 20% quello dichiarato e supera soglie minime (circa €69.700 per il 2024), il Fisco può emettere avviso di accertamento sintetico. Va osservato però che questo DM è stato successivamente sospeso dal Governo a giugno 2024 , lasciando incerta la piena operatività del nuovo redditometro. Tuttavia, in linea di principio l’art. 38, comma 5, del DPR 600/1973 autorizza ancora l’accertamento redditometrico per le imposte dirette, se attuato secondo le regole statistiche elaborate con l’ausilio dell’ISTAT. In pratica, nel 2025 l’uso del redditometro resta un’opzione raramente impiegata, ma resta la norma di riferimento per un possibile accertamento fondato su consumi.

In caso di redditometro, l’Amministrazione deve comunque rispettare i criteri di ragionevolezza. In particolare, la Corte Costituzionale ha stabilito che l’accertamento sintetico dovrebbe accompagnarsi a un contraddittorio (ai sensi del DLgs.193/2016) e a una minima motivazione. Giurisprudenza recente (Cass. ord. 16289/2025) ha precisato che l’avviso redditometrico rientra nel termine ordinario quinquennale di decadenza e ha ribadito che l’onere di prova sulle giustificazioni spetta al contribuente: ad esempio, se il Fisco considera i disinvestimenti (vendita di un immobile, razionalizzazione dei risparmi) come fonte delle spese, il contribuente deve dimostrare con documenti l’effettiva provenienza dei fondi .

Esempio pratico: Un infermiere dichiara redditi annui di €20.000, ma l’Agenzia rileva consumi e spese (e detrazioni) che corrispondono a un reddito presunto di €30.000. Se l’accertamento redditometrico non è stato sospeso, l’Ufficio potrebbe emettere un avviso che rettifica il reddito a €30.000. In tal caso il contribuente dovrà dimostrare che le spese non superano il suo reddito reale (ad es. documentando spese mediche rimborsate o eredità ricevute) . Se riesce a provare che almeno una parte degli investimenti (che hanno generato risparmi) non deriva dal suo reddito professionale, tali somme non verranno ricomprese forfettariamente nel reddito.

  • Accertamento induttivo (contabilità minuta). Molto frequente è l’accertamento induttivo basato sulle risultanze bancarie, sugli incassi non registrati o su presunzioni collegate a costi non dedotti. I professionisti (diversi dagli imprenditori) rispondono in particolare della presunzione di cui all’art. 32 del DPR 600/1973: ogni versamento bancario privo di adeguata giustificazione è considerato compenso occulto . Recenti pronunce della Cassazione hanno confermato pienamente questo principio: per Cass. 21220/2024 e 21214/2024 del 30/7/2024, ordinanze gemelle, «la Corte di Cassazione riafferma la piena applicabilità della presunzione legale bancaria… ai versamenti su conto corrente» anche per i redditi di lavoro autonomo . In sostanza, ogni somma versata sul conto corrente dell’infermiere è presumibilmente un compenso che deve essere dichiarato, a meno che non venga provato analiticamente il contrario.

Contestualmente, la Cassazione ha chiarito che resta fermo il limite ai prelievi: i prelievi personali del professionista non costituiscono compensi, salvo prova contraria, in quanto la Corte Costituzionale 228/2014 aveva escluso la presunzione automatica per i prelievi . Di conseguenza, l’Amministrazione può continuare a usare i prelievi come mero indizio per mettere in discussione l’attendibilità di una contabilità regolare, ma non può imputare automaticamente un reddito con i prelievi del professionista . In pratica: versamenti non giustificati ⇒ presunzione di reddito non dichiarato (onere al contribuente di dimostrare l’estraneità) ; prelievi ⇒ in linea di principio privi di presunzione (salvo eventuale prova iatrogenic) .

Onere della prova. Nelle verifiche induttive sui conti correnti, l’onere della prova grava principalmente sul contribuente. Come ricordato da Cass. n. 12455/2025, «la presunzione legale di cui all’art.32 stabilisce che i versamenti su c/c rappresentano redditi non dichiarati, e spetta pertanto al contribuente fornirne prova contraria analitica» . Ciò significa che, per ogni versamento contestato, l’infermiere dovrà produrre documenti che dimostrino la natura non imponibile di quella somma (ad esempio, rimborso spese già tassate, prestito bancario, donazioni, o ancora prove che il denaro sia già stato incluso in un precedente reddito dichiarato) . Se non è in grado di fornire prove specifiche per ogni singolo versamento, l’Agenzia potrebbe quantificare il maggior reddito in via forfettaria.

Un principio fondamentale ribadito dalla giurisprudenza è che, anche in caso di accertamento induttivo basato su presunzioni bancarie, l’Amministrazione deve tenere conto di una quota di costi deducibili. In pratica, non può applicare le imposte sul 100% dei versamenti contestati come se fossero tutti utile netto. La Cassazione n. 23741/2025, confermando orientamenti precedenti (Cass. 7122/2023, 31981/2024), ha affermato che «nel caso in cui… vengano imputati maggiori ricavi, è obbligatoria la deduzione di una quota forfettaria di costi necessari alla produzione di tali ricavi, anche in assenza di documentazione precisa» . Questo principio discende dal vincolo costituzionale di capacità contributiva (art. 53 Cost.), per cui l’imposizione tributaria deve rispettare i costi effettivamente sostenuti per produrre il reddito, anche se incerti. In pratica, se ad es. in banca compaiono versamenti per €10.000 ritenuti compensi non dichiarati, il Fisco dovrà almeno riconoscere ai fini fiscali una deduzione forfettaria di costi (ad esempio il 22-30% del maggior reddito, a seconda dei professionisti) , e non tassare integralmente quei versamenti.

Esempio pratico: L’infermiere Rossi ha ricevuto nel 2022 diversi versamenti contanti (sui quali ha emesso fattura) per €8.000 e altri €5.000 in nero (che non ha fatturato). In sede di controllo bancario, l’Agenzia scopre tre versamenti non giustificati di €5.000 e lo accerta per questi come «reddito occulto». Se l’Ufficio applicasse la presunzione, considererebbe i €5.000 come integrale compenso professionale. Ma Cass. 23741/2025 obbligherebbe l’Amministrazione a dedurre almeno una quota forfettaria di costi inerenti (ad esempio almeno €1.000-1.500 di costi su quei €5.000) . Rossi dovrà comunque cercare di dimostrare analiticamente le ragioni di ciascun versamento (prestito dalla madre, rimborso lavoro precedente già tassato, ecc.); se non ci riesce per intero, otterrà comunque di pagare l’imposta soltanto sul maggior reddito netto (dopo i costi forfetari riconosciuti dal Fisco) .

  • Accertamento da studi di settore / ISA. Fino al 2017 l’Amministrazione poteva utilizzare gli studi di settore come base per accertare redditi presunti. Oggi questi strumenti sono stati in gran parte sostituiti dagli ISA (Indici Sintetici di Affidabilità) istituiti dall’art. 9-bis del DL 50/2017 (conv. L.96/2017) . Gli ISA sono modelli statistici che attribuiscono un punteggio da 1 a 10 alla gestione fiscale del contribuente sulla base di indicatori di risultato (ricavi, costi, componenti di reddito, ecc.). Dal periodo di imposta 2018 sono in vigore diversi ISA per le categorie di imprese e professionisti individuati annualmente. I professionisti, se rientrano nei parametri (ricavi e attività previste dal decreto), ricevono un punteggio ISA. Se tale punteggio è basso (ad es. inferiore a 6) il contribuente è considerato poco affidabile e può essere oggetto di scrutinio mirato da parte del Fisco; se invece il punteggio è elevato (≥8) si ottengono benefici premiali (riduzione di termini di accertamento, esonero dall’adempimento di visto di conformità in alcuni casi, ecc.) . In ogni caso, gli ISA costituiscono presunzioni semplici basate su dati statistici. In sede di controllo, l’Amministrazione può segnalare anomalie e invitare il contribuente a fornire chiarimenti tramite contraddittorio; successivamente può emettere avviso di accertamento fondato sullo scostamento ISA o sugli elementi dello studio di settore.

Per difendersi da un accertamento fondato su studi/ISA occorre innanzitutto far valere il diritto al contraddittorio preventivo (obbligatorio per legge) e fornire dati oggettivi che spieghino eventuali scostamenti (ad es. giustificare minori ricavi per crisi settoriale, costi inusuali, calo di cliente per maternità/parentale, ecc.). Se l’atto di accertamento non motiva le ragioni dello scostamento o non tiene conto delle controdeduzioni del contribuente, può essere impugnato per vizio di motivazione. In generale, poiché studi e ISA non possono sostituire la realtà del singolo contribuente , un avviso basato solo su questi strumenti è annullabile se non adeguatamente motivato o se ignora dati concreti forniti dal professionista.

Esempio tabellare – Studi di settore vs ISA (semplificato):

CaratteristicaStudi di settoreISA (Ind. Affidabilità)
Normativa di riferimentoD.L. 331/1993 art.62-sexies (dal ’90)D.L. 50/2017 art.9-bis (in vigore dal 2018)
NaturaModelli statistici parametriciPunteggio sintetico da 1 a 10
SoggettiImprenditori e professionistiImprenditori e professionisti (esclusi regimi sostitutivi)
Presunzione di redditoSì (presunzione semplice)Sì (presunzione semplice)
Contraddittorio obbligatorioNo (prima, ma è previsto contraddittorio facoltativo)Sì, sempre obbligatorio (pena nullità)
Benefici per contribuente congruoSì (riduzione termini di 1 anno se congruità)Sì (riduzione termini se punteggio ≥8)
  • Anomalie e controlli incrociati. Oltre alle tipologie sopra, l’Ufficio può rilevare elementi sospetti in altri modi, ad esempio:
  • Documenti mancanti o irregolari. Esempio: utilizzo di ricevute cartacee non fiscali al posto di fatture, mancata conservazione delle fatture elettroniche, tenuta carente della contabilità forfettaria/seminariale. La violazione degli obblighi di conservazione dei documenti consente al Fisco di negare deduzioni e di applicare sanzioni; in caso di accertamento, il contribuente «non potrà esibire i documenti non conservati a norma», aggravando la posizione .
  • Spese senza copertura. Se l’infermiere sostiene spese elevate (acquisto di auto, ristrutturazione casa, viaggi costosi, ecc.) per importi incoerenti con i redditi dichiarati, l’Ufficio può attivare il redditometro o impostare accertamenti sulla base degli elementi patrimoniali (ad es. immobili intestati, passività estinte, saldi bancari). Anche in questo caso la presunzione va contestata con prove (mutui stipulati, eredità, risparmi accumulati in passato, ecc.).
  • Conti correnti / carte di credito. Analisi delle movimentazioni bancarie o di spese con carte estere o conti correnti esteri. Ad esempio, un consistente utilizzo di carte di credito collegato a conti all’estero o la presenza di conti non dichiarati all’Agenzia delle Entrate possono ingenerare accertamenti su redditi nascosti.
  • Prestazioni non tracciate. Se l’infermiere presta servizio a domicilio o presso studi privati e paga spese di trasporto o ottiene compensi in denaro contante non fatturati, il rischio è alto. Il Fisco può ipotizzare ricavi occultati: per difendersi è opportuno tenere ricevute di spese (benzina, medicinali, ecc.), quaderni di appuntamenti, contratti con i pazienti.
  • Operazioni con soggetti correlati. Scambi di servizi o compensi con familiari o altre imprese legate (es. gestione societaria di case di cura) devono essere giustificati con prezzi di mercato.

In ciascuna di queste situazioni, l’onere della prova sulle contestazioni del Fisco è in buona parte al contribuente, che dovrà fornire documentazione e spiegazioni convincenti.

3. Fase contenziosa: ricorso e difesa del contribuente

Dopo la notifica dell’avviso di accertamento (o di rettifica dell’Agenzia delle Entrate), il contribuente dispone di un termine perentorio di 60 giorni per impugnare l’atto . Il ricorso deve essere depositato presso la Corte di Giustizia Tributaria (ex Commissione Tributaria Provinciale) competente per territorio, in forma scritta e con l’assistenza di un difensore abilitato (avvocato tributarista o commercialista), secondo i requisiti di cui al D.Lgs. 546/1992 e alle norme sul processo tributario. Va notificato all’Ufficio che ha emesso l’accertamento entro lo stesso termine. In caso di mancata impugnazione nei 60 giorni, l’avviso diventa definitivo e esecutivo .

Nell’atto di ricorso si devono indicare con precisione i motivi di contestazione: ad es. vizi formali (notifica irregolare, difetto di motivazione, violazione del contraddittorio, uso di presunzioni generiche prive di fondamento), vizi sostanziali (errata applicazione di norme, errata quantificazione del reddito, mancata deduzione di costi, ecc.). È buona prassi nell’esposto introduttivo “anticipare” alcuni documenti o circostanze: ad esempio, lamentare subito la mancata audizione in contraddittorio (come richiesto dalla normativa) o allegare le prime prove che si possiedono (fatture, estratti conto, ricevute). Il ricorso (e il successivo contraddittorio scritto) rappresentano lo strumento principale con cui il contribuente può già ribaltare l’accertamento in partenza.

Nuovi meccanismi difensivi. Importanti riforme recenti (L. 130/2022 e d.lgs attuativi 2023-2024) hanno introdotto nuovi strumenti: il contraddittorio preventivo obbligatorio è esteso a quasi tutti gli atti di accertamento (l’ufficio deve invitare il contribuente a chiarire dubbi prima di emettere l’avviso) . In precedenza, alcune categorie di atti non prevedevano contraddittorio; ora, salvo rare eccezioni di urgenza, quasi tutti gli accertamenti devono essere preceduti da un invito scritto al contribuente. Se il contraddittorio non viene tenuto, l’avviso può essere annullato per violazione di legge. Parallelamente, è stata eliminata per larga parte (sopra il nuovo ‘minimo’ di controversia) la mediazione/reclamo obbligatorio: il contribuente può agire direttamente in giudizio nei termini fissi di legge . Ciò accorcia i tempi, ma rende essenziale impugnare velocemente gli atti. Vanno dunque evidenziati subito nel ricorso i punti contestati: ad esempio, l’inesistenza di una prova documentale dell’incongruenza (art.32), la mancata indicazione della presunzione (art. 39 DPR 600/73), l’illegittimità della quantificazione o la mancata deducibilità di spese.

Iter processuale. Se il ricorso è ammissibile e ben fondato, si apre la fase istruttoria: scambio di memorie difensive, indagini documentali (ad es. richiesta all’Ufficio dei prospetti o delle certificazioni in possesso dell’amministrazione), prove testimoniali, perizia tecnica (ad es. in caso di difficoltà a valutare elementi contabili). Le nuove Corti di Giustizia Tributaria (istitute da D.Lgs. 156/2015) hanno regole processuali proprie: i termini sono spesso di 30 giorni per costituzione dell’Ufficio e di 90 giorni per decisione in appello, con qualche sospensione di termini (ad es. periodo feriale di agosto).

Se la Commissione Tributaria di primo grado accoglie il ricorso, l’avviso viene annullato. Se respinge o limita il ricorso, il contribuente può proporre appello alla Corte Regionale entro 60 giorni dalla notifica della sentenza della Commissione Provinciale. In appello si riprende la controversia su nuovo scrutinio del merito (in teoria senza limitazioni di motivi, salvo eventuali questioni pregiudiziali di giurisdizione).

Dopo l’appello, è possibile il ricorso per Cassazione alle Sezioni tributarie della Corte di Cassazione. In genere serve un ammontare minimo di pretesa (attorno a €30.000 di controversia, salvo modifiche normative) e questioni di diritto rilevanti. La Cassazione non rivede i fatti, ma si pronuncia solo su errori di diritto, vizi motivazionali o vizio di giurisdizione. Ad esempio, possono arrivare in Cassazione questioni come la legittimità di determinati indici di valutazione, l’interpretazione di norme tributarie, o la violazione dei principi di diritto processuale tributario. Nel contesto degli accertamenti fiscali, spesso la Cassazione interviene su punti come l’onere della prova, la deducibilità dei costi nei presunti ricavi non dichiarati , la natura delle presunzioni (art.32) , o la regolarità formale della notifica e motivazione dell’avviso .

Provvedimenti deflativi. Infine, il contribuente può valutare strumenti deflativi del contenzioso. In determinati casi può aderire all’accertamento con riduzione di sanzioni (art.7 DLgs 462/97) o chiedere un’acquisizione (autotutela) se l’atto presenta errori evidenti. Dal 2024 è ammesso anche l’istituto dell’adesione con constatazione immediata dell’errore da parte del Fisco. In alcuni importi sotto soglia esiste l’obbligo di procedere alla conciliazione tributaria (cass., conv. e mediazione). Tuttavia, per un infermiere che intende contestare l’avviso fino in fondo, la via classica del ricorso rimane la più efficace quando si hanno elementi validi di difesa.

Tabella riepilogativa: termini e atti processuali

Fase/attoTermine di impugnazioneOrgano giudicante
Ricorso avviso di accertamento60 giorni dalla notifica dell’avvisoCorte di Giustizia Tributaria (ex CTP) competente per territorio
Appello in Contenzioso Tributario60 giorni dalla sentenza CTPCorte Regionale Tributaria (ex CTR)
Ricorso in Cassazione60 giorni dalla notifica sentenza di appello (cassazione limitata a motivi di diritto)Corte Suprema di Cassazione – Sezioni Tributarie (ammesso soglia minima di valore)

4. Domande frequenti (FAQ)

D.1 – Che cosa si intende per “accertamento sintetico” e quando può applicarsi?
R. L’accertamento sintetico è un accertamento basato sul redditometro: l’Agenzia determina il reddito complessivo del contribuente a partire dai consumi (spese sostenute) anziché dai ricavi dichiarati. È disciplinato dall’art. 38, comma 5, DPR 600/1973 e richiede l’impiego di indici statistici (come da DM economico attuativo). Nel 2024 è stato emanato un DM con nuovi indici , ma tale decreto è stato sospeso . Di conseguenza, al momento non esiste un redditometro “operativo” per gli ultimi anni, se non con vecchi parametri. In generale, questa procedura si applica raramente ai professionisti, anche perché richiede un decreto attuativo aggiornato e perché l’Ufficio preferisce spesso altri strumenti (es. accertamenti induttivi). Inoltre, anche nei redditometri “attivi” il contribuente ha diritto di confutare le ipotesi di spesa (e l’accertamento deve rispettare i principi di ragionevolezza e capacità contributiva) . Se ricevete un avviso redditometrico, verificate la validità normativa e preparate contestazioni puntuali sui dati utilizzati.

D.2 – Possono considerare reddito anche i “versamenti bancari”?
R. Sì. Per i professionisti esiste una presunzione legale che qualunque somma versata sul conto corrente costituisca un ricavo imponibile, salvo prova contraria (art. 32 DPR 600/1973). Recenti ordinanze della Cassazione hanno confermato che tale presunzione vale pienamente anche per i lavoratori autonomi . In pratica, se l’infermiere riceve un acconto in contanti (poi versato in banca) o accrediti di varia natura (es. bonifici da pazienti) non adeguatamente documentati, questi sono considerati compensi in nero. Il contribuente dovrà dimostrare documenti alla mano che ogni versamento «estraneo» non è reddito della prestazione: ad es. dimostrare che si tratta di prestito, rimborso spese già tassate, rimessa di terzi, o somme giù dichiarate in altri periodi . La prova deve essere analitica (per ogni singolo versamento) . In assenza di tale prova, l’Agenzia applica la presunzione.

D.3 – Come difendersi in caso di accertamento basato sui conti bancari?
R. Innanzitutto, conservando ogni documento contabile e giustificativo. In sede di ricorso va contestata qualsiasi presunzione arbitraria: ad esempio, può essere rilevante che le presunzioni bancarie non distinguano tra somme effettivamente reddito e vere passività. In particolare, è obbligatoria la deduzione di costi forfettari proporzionali ai presunti ricavi : ciò significa che, se l’Ufficio accerta un maggior reddito sulla base dei versamenti, deve comunque dedurre una quota di costi (per spese professionali o generali) anche se privi di documentazione completa . Se il Fisco non lo ha fatto, può essere un punto da sollevare nel ricorso.

Nel merito, bisogna fornire al giudice la prova analitica dell’estraneità dei versamenti. Ciò può avvenire presentando ricevute di prestiti, contratti di locazione (per dimostrare i canoni o depositi cauzionali percepiti), conti patrimoniali di familiari (per escludere trasferimenti interni), stralci di dichiarazioni di anni precedenti, dichiarazioni sostitutive da parte di chi ha versato i soldi, ecc. Se possibile, è utile anche dimostrare che alcune somme erano già state incluse in altre tasse (es. nel quadro RW o in anno precedente). Un altro argomento di difesa è far valere che l’uso del denaro può avvenire anche nell’ambito familiare senza generare reddito professionale. In sintesi, bisogna “rottamare” le presunzioni con prove oggettive.

D.4 – Cosa succede se non ho usato il POS o ho preso compensi “extra” in contanti?
R. Dal 30 giugno 2022 chi esercita prestazioni professionali è tenuto a accettare pagamenti con carte. Se l’infermiere rifiuta un pagamento POS senza giustificazione (ad es. perché non ha il POS), rischia la sanzione pecuniaria di €30 più il 4% dell’importo rifiutato . Inoltre, sistematicamente accettare solo contanti può far scattare un sospetto di incassi in nero. Se il Fisco sospetta che l’infermiere riceva parti dei compensi in nero (senza fattura), potrà avviare verifiche tramite segnalazioni di banche (movimentazioni ingiustificate) o da terzi (denunce). La difesa consiste nell’evidenziare l’uso legittimo del contante (rimborso spese, prestiti, ecc.) e nel regolarizzare eventuali posizioni dichiarando spontaneamente o dimostrando che i compensi in contanti erano già regolari (rimborsi documentati, carte d’identità spese, firme dei pazienti sulle ricevute). È anche possibile versare il contante presso organi specifici (es. modello F24) per ristabilire la tracciabilità (purché avvenuto prima di un atto impositivo).

D.5 – Quali sono i termini per impugnare un avviso di accertamento?
R. Il termine ordinario è di 60 giorni dalla notifica dell’avviso . Entro questa scadenza il ricorso deve essere depositato presso la Corte tributaria provinciale competente e notificato all’Ufficio. Durante il periodo feriale (1‑31 agosto) i termini di decadenza possono essere sospesi, e se il termine cade nel fine settimana slitta al giorno lavorativo successivo . Il giudice tributario stesso ricorda che «il contribuente ha 60 giorni di tempo per decidere… entro questo termine può chiedere chiarimenti all’Ufficio, valutare i motivi di ricorso… [in caso contrario] trascorsi i 60 giorni senza ricorso… l’avviso diviene definitivo» . È fondamentale non perdere questo termine perentorio: anche un atto manifestamente viziato diventa inoppugnabile se non impugnato in tempo.

D.6 – Quale è l’onere della prova nel giudizio tributario?
R. Nel processo tributario il contribuente ha l’onere di provare i fatti che afferma (art. 2697 c.c.), mentre l’Amministrazione deve provare la sussistenza dell’elemento costitutivo del tributo (ad es. l’imposta non versata). In pratica: l’Agenzia deve dimostrare le operazioni o gli elementi che ritiene tassabili (come un versamento sui conti) o l’esistenza di scritture false; il contribuente deve dimostrare la reale natura dei fatti (ad es. che un determinato incasso era un rimborso, un prestito, ecc.). In molti casi, però, la legge rovescia parzialmente l’onere con presunzioni di legge: ad esempio, l’art.32 DPR 600/73 sposta sul contribuente la prova che ogni versamento non è reddito . In tal senso si dice che «l’onere della prova spetta interamente al contribuente», soprattutto quando le contestazioni si basano su riscontri bancari . Quindi nel ricorso tributario si devono argomentare con prove e normative perché il documento impositivo è infondato.

D.7 – Cosa fare se viene ignorato il contraddittorio preventivo?
R. Fino al 2023, l’obbligo del contraddittorio preventivo (art.7-bis DL 193/2016) si applicava a certe verifiche. Oggi è stato esteso a gran parte degli accertamenti . Se l’avviso di accertamento non era preceduto da un regolare invito al contraddittorio (con indicazione di osservazioni, dati e tempi), il contribuente può impugnare l’atto lamentando questo vizio formale. In particolare, la Corte di Cassazione ha ribadito che la mancanza di contraddittorio è causa di nullità dell’atto, a meno che non ricorra una delle eccezioni previste dalla legge (es. motivata urgenza). Nel ricorso bisogna far valere di non essere stati messi nelle condizioni di produrre chiarimenti obbligatori prima dell’atto: questo può portare all’annullamento dell’avviso per difetto di procedura.

D.8 – Cosa succede dopo il ricorso vinto?
R. Se la CTP accoglie il ricorso, l’avviso di accertamento viene annullato e il contribuente è sollevato dai pagamenti richiesti. Se l’Ufficio ha già iscritto a ruolo (cioè inviato cartelle esattoriali), queste devono essere sgravate. Se invece la CTP respinge il ricorso, il contribuente può decidere se proporre appello. In ogni caso, finché il giudizio è pendente i pagamenti coattivi (fermi amministrativi, ipoteche) sono sospesi se richiesto in giudizio (sospensione che la CTP può concedere fino a 60 giorni). Se la sentenza di appello conferma o modifica, può subentrare il ricorso in Cassazione. È importante, dopo la decisione definitiva, conservare tutta la documentazione in caso di controllo successivo (si pensi alla regola di decadenza quinquennale o decennale).

5. Tabelle riepilogative

5.1. Differenze tra tipi di accertamento

Tipo di accertamentoBase normativaModalità di determinazione del redditoOnere della prova
Redditometro (sintetico)Art. 38 DPR 600/1973 e decreto MEFRicostruisce il reddito complessivo in base ai consumi e agli indicatori di risparmio . Si applica ove il redditom. presunto supera del 20% quello dichiarato e una soglia minima (su redditi fino dal 2016).Il contribuente deve dimostrare che i consumi e i patrimoni scostati derivano da fonti non imponibili (eredità, prestiti, ecc.).
Induttivo (conti correnti)Art. 32 DPR 600/1973Presunzione legale sui movimenti bancari: versamenti in conto vengono considerati ricavi non dichiarati; non si presume automaticamente nulla sui prelievi (per i professionisti) .L’onere di prova è a carico del contribuente : deve fornire una prova analitica (fatture, ricevute, documenti) per ogni somma contestata, dimostrandone la natura non reddituale.
Studi di settore / ISADL 50/2017 art. 9-bis (ISA)Confronto fra dati dichiarati e modelli statistici (studi di settore) o punteggio affidabilità (ISA). Se scostamento rilevante, può nascere un accertamento basato su incongruenza tra ricavi dichiarati e ‘standard’ di settore.Al contribuente spetta giustificare gli scostamenti: fornire dati, contratti, bilanci che spiegano le differenze. In mancanza di controdeduzioni efficaci, l’atto può essere annullato per mancata motivazione.
Redditi da altri indicatoriArt. 39 DPR 600/1973, art. 62-sexies DL331/93Presunzioni semplici su dati dichiarati (es. ricavi < costi indeducibili, componenti sintetiche, parametri fiscali minimi). Ad es., il costo di un bene strumentale (art. 39 DPR 600) o il mancato inserimento del reddito nei limiti IRPEF genera rettifica.Il contribuente prova che la condizione non sussiste o è giustificata (es. acquisto beni usati, spesa non inerente, errore materiale)

5.2. Vizi formali dell’avviso di accertamento

Vizio formaleConseguenze
Notifica irregolare (ad es. domicilio errato)Nullità dell’atto (Cass. 10211/2025). Atto da rifare; termine di impugnazione parte da nuova notifica .
Mancanza di motivazione (o motivazione generica)Nullità per difetto di motivazione (Cass. 19273/2025). L’avviso deve indicare le ragioni specifiche della rettifica.
Omessa indicazione termini per ricorsoNullità dell’atto (art. 7 DL 546/92). L’avviso deve contenere l’avvertimento sui 60 giorni e l’organo. Mancanza comporta inefficacia.
Contraddittorio preventivo violatoNullità dell’atto (DL 193/2016, L.130/2022). Se non è stato aperto il contraddittorio previsto, l’avviso è annullabile.
Dati utilizzati errati/incompletiVizio di fatto; se dimostrabile, esclusione di efficacia della rettifica. Possibilità di prova di fatto fornita dal contribuente.

6. Simulazioni pratiche

Per chiarire i concetti, vediamo brevi esempi pratici (numerici) riferiti a situazioni ipotetiche di un infermiere libero professionista.

  • Caso redditometrico: l’infermiera Maria dichiara nel 2023 un reddito professionale di € 18.000. Dall’analisi delle sue spese l’Agenzia ricostruisce un reddito presunto di € 25.000 (sulla base di mutuo della casa, spesa alimentare familiare, acquisti casa, ecc.). Se il redditometro fosse applicabile, la maggior tassazione si baserebbe sui € 25.000. Maria contesta l’accertamento: dimostra che parte di quelle spese (€ 5.000) erano dovute a rimborsi dell’azienda per lavoro di staff effettuato precedentemente, e che ha ereditato somme giù tassate per altri € 2.000. Dopo le prove, l’Agenzia riduce il redditometrico da €25k a €18k + €2k = €20k, sottraendo i costi forfettari (almeno il 22% di €7k € = €1.540 dedotti), e dichiara un maggior reddito netto di circa €5.460 anziché €7.000 iniziali.
  • Caso accertamento bancario: l’infermiere Luca ha emesso fattura per €15.000 nel 2022, ma versa in banca €20.000 totali da pazienti (quindi €5.000 in più senza fattura). L’Agenzia analizza il conto e accerta i €5.000 come ricavi non dichiarati. Luca deve ora giustificare quei €5k. Presenta contratti e scritture: €3.000 risultano da anticipi di un paziente come rimborso spese (documentato), €2.000 sono somme date in prestito da un parente (con accordo scritto). Presenta estratti conto del parente che provano il prestito. La Commissione Tributaria ritiene fondata la prova analitica di Luca, e annulla l’accertamento. In alternativa, anche senza prove precise, la Cassazione impone almeno una deduzione forfettaria: se i €5k fossero stati accertati, l’Agenzia avrebbe dovuto riconoscere almeno il 22% (€1.100) di costi, tassando solo €3.900. Luca quindi pagherebbe al massimo sul netto.
  • Caso usura POS: l’infermiera Giulia rifiuta ripetutamente pagamenti con bancomat. Un paziente denuncia il fatto. La Guardia di Finanza accerta il rifiuto e infligge la sanzione prevista: €30 + 4% dell’importo richiesto con carta. Se, per esempio, il paziente aveva tentato di pagare €100 con POS, Giulia dovrà pagare €30 + €4 = €34 di multa . Questa sanzione è a carico del professionista e può essere notificata insieme agli altri verbali di accertamento o separatamente.
  • Caso studi di settore/ISA: l’infermiera Carla rientra in un’attività per la quale esiste uno ISA specifico. Nel 2021 dichiara €40.000 di ricavi, ma secondo l’ISA “standard” avrebbe dovuto fatturare €50.000 a parità di dimensione dell’attività. Dato lo scostamento, l’Agenzia le invia un invito al contraddittorio e, non trovando giustificazioni adeguate (in effetti Carla non fornisce documenti oggettivi), emette un avviso di accertamento che rettifica i suoi ricavi a €50.000 e calcola imposte aggiuntive sulle €10.000 di differenza. Nel ricorso, Carla prova che il basso fatturato del 2021 era dovuto a riduzione volontaria delle prestazioni (scelta di orari ridotti) documentata da turni aziendali, e che il 2020 era stato un anno anomalo in ragione della pandemia. Contro i riscontri positivi presentati, l’ufficio non ha ulteriori elementi; il giudice tributario cassa l’avviso per carenza di motivazione concreta e per mancata considerazione del contraddittorio.

7. Conclusioni

In conclusione, l’accertamento fiscale nei confronti di un infermiere libero professionista può basarsi su diverse metodologie (sintetica, induttiva, statistica, bancaria). In ogni caso, il contribuente deve essere pronto a fornire la propria versione dei fatti con documenti e spiegazioni circostanziate. È fondamentale non trascurare gli obblighi formali (fatturazione, conservazione documenti, uso del POS) e contestare immediatamente qualsiasi abuso procedurale (mancata motivazione, assenza di contraddittorio, termini scaduti). Per ogni tipo di accertamento, la strategia difensiva comune è analizzare le motivazioni, produrre prove di fonte delle entrate e motivazione delle spese, e dimostrare i costi inerenti. In caso di errata quantificazione del reddito, va sempre richiamato il principio costituzionale della capacità contributiva e la necessità di dedurre i costi minimi (come chiarito dalla Cassazione ). Infine, conoscere bene il processo tributario – ricorso, appello, Cassazione – è essenziale: il termine di 60 giorni per impugnare non può essere superato, ed eventuali rimedi deflattivi (adesione, mediazione) possono essere valutati caso per caso.

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👉 Prima regola: dimostra la correttezza della fatturazione delle prestazioni sanitarie, la tracciabilità dei pagamenti e la conformità delle comunicazioni al Sistema Tessera Sanitaria (STS).


⚖️ Quando scattano le contestazioni

  • Prestazioni infermieristiche pagate in contanti senza emissione di fattura;
  • Differenze tra i dati inviati al Sistema Tessera Sanitaria e quelli dichiarati;
  • Incassi non registrati nei registri IVA o nella contabilità;
  • Compensi da cooperative, cliniche o enti non dichiarati correttamente;
  • Scostamenti dai parametri ISA o dai redditi medi di categoria.

📌 Conseguenze della contestazione

  • Recupero delle imposte su compensi ritenuti occultati;
  • Sanzioni fiscali per dichiarazione infedele o omessa certificazione dei compensi;
  • Interessi di mora sulle somme accertate;
  • Rischio di contestazioni contributive INPS se l’attività è continuativa;
  • Possibili contestazioni penali in caso di evasione fiscale rilevante.

🔍 Cosa verificare per difendersi

  • Ogni prestazione è stata fatturata e registrata regolarmente?
  • I dati trasmessi al Sistema Tessera Sanitaria coincidono con quelli dichiarati?
  • Le differenze derivano da errori di trasmissione o prestazioni gratuite?
  • I compensi percepiti tramite cooperative o enti erano già certificati e dichiarati?
  • L’accertamento si basa su prove oggettive o su presunzioni induttive?

🧾 Documenti utili alla difesa

  • Fatture elettroniche e ricevute emesse;
  • Estratti conto bancari e report POS;
  • Comunicazioni e ricevute di invio al Sistema Tessera Sanitaria;
  • Contratti di collaborazione con cooperative o strutture sanitarie;
  • Dichiarazioni fiscali degli anni contestati.

🛠️ Strategie di difesa

  • Dimostrare la regolarità della contabilità e la tracciabilità dei compensi;
  • Contestare errori di trasmissione dei dati al Sistema Tessera Sanitaria;
  • Evidenziare prestazioni gratuite, volontarie o non imponibili;
  • Eccepire vizi di motivazione o calcoli errati negli atti di accertamento;
  • Richiedere annullamento in autotutela se la documentazione era già agli atti;
  • Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro 60 giorni;
  • Difesa penale mirata in caso di contestazioni per importi rilevanti.

🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

📂 Analizza i compensi dichiarati e i dati fiscali contestati;
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🔁 Suggerisce strategie preventive per una gestione fiscale sicura e trasparente della libera professione infermieristica.


🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in contenzioso tributario e fiscalità delle professioni sanitarie;
✔️ Specializzato in difesa contro contestazioni fiscali a infermieri liberi professionisti;
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.


Conclusione

Gli accertamenti fiscali agli infermieri liberi professionisti non sempre sono fondati: spesso derivano da errori nei dati STS o da presunzioni statistiche.
Con una difesa mirata puoi dimostrare la regolarità delle prestazioni dichiarate, ridurre drasticamente sanzioni e interessi ed evitare conseguenze penali.

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