Accertamento Fiscale A Osteopati: Come Difendersi

Hai ricevuto un accertamento fiscale come osteopata? In questi casi, l’Agenzia delle Entrate presume che parte dei compensi percepiti per trattamenti, visite e consulenze non sia stata dichiarata correttamente. Gli osteopati, come altri professionisti sanitari e del benessere, sono spesso sotto la lente del Fisco per l’elevata frequenza di pagamenti in contanti e l’assenza di sistemi di tracciamento. Le conseguenze possono essere molto gravi: recupero delle imposte, applicazione di sanzioni e, nei casi più seri, contestazioni penali per dichiarazione infedele. Tuttavia, non sempre la contestazione è fondata: con una difesa ben documentata è possibile ridurre sensibilmente le pretese fiscali o dimostrare la correttezza della propria posizione.

Quando l’Agenzia delle Entrate contesta i redditi di un osteopata
– Se i compensi dichiarati risultano sproporzionati rispetto al numero di pazienti trattati
– Se vi sono incongruenze tra ricevute rilasciate e importi incassati
– Se i movimenti bancari non coincidono con i ricavi contabilizzati
– Se i pagamenti in contanti non sono stati supportati da ricevute fiscali
– Se l’Ufficio presume la presenza di prestazioni “in nero” non registrate

Conseguenze dell’accertamento fiscale
– Recupero a tassazione dei compensi ritenuti occultati
– Applicazione di sanzioni fino al 200% delle maggiori imposte accertate
– Interessi di mora sulle somme contestate
– Rettifica delle dichiarazioni fiscali e possibili controlli successivi più frequenti
– Nei casi più gravi, denuncia penale per dichiarazione infedele o frode fiscale

Come difendersi dall’accertamento
– Dimostrare la corrispondenza tra pazienti trattati, prestazioni erogate e redditi dichiarati
– Produrre ricevute fiscali, estratti conto bancari e documentazione gestionale dello studio
– Contestare ricostruzioni presuntive dei ricavi basate su parametri standardizzati non rappresentativi dell’attività reale
– Evidenziare errori di calcolo, difetti istruttori o vizi di motivazione nell’accertamento
– Richiedere la riqualificazione delle contestazioni per ridurre le sanzioni applicabili
– Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per ottenere l’annullamento totale o parziale della pretesa

Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare la documentazione fiscale e bancaria oggetto di contestazione
– Verificare la legittimità della contestazione e l’inquadramento corretto dei redditi professionali
– Predisporre un ricorso fondato su prove concrete e vizi procedurali dell’accertamento
– Difendere l’osteopata davanti ai giudici tributari e, se necessario, anche in sede penale
– Tutelare il patrimonio personale e professionale da richieste fiscali sproporzionate

Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale della contestazione
– La riduzione di sanzioni e interessi applicati
– La sospensione delle richieste di pagamento già notificate
– Il riconoscimento della correttezza della contabilità e dei redditi dichiarati
– La certezza di pagare solo quanto realmente previsto dalla legge

⚠️ Attenzione: gli osteopati sono considerati dal Fisco una categoria a rischio, per la gestione di pagamenti in contanti e la mancanza di un sistema di tracciabilità delle prestazioni. È fondamentale predisporre una difesa tempestiva e ben documentata per evitare conseguenze fiscali e penali pesanti.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e fiscale per professionisti sanitari – spiega come difendersi in caso di accertamento fiscale a carico di osteopati e quali strategie adottare per proteggere i tuoi interessi.

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Introduzione

Introduzione al contesto professionale. L’osteopata in Italia è ormai riconosciuto come professione sanitaria: la Legge 3/2018, art.7, ha infatti individuato l’osteopata (insieme al chiropratico) nell’ambito delle professioni sanitarie . Ciò significa che in linea di principio le sue attività rientrano nelle “prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione” esenti da IVA ai sensi dell’art.10, comma 1, n.18, D.P.R. 633/1972 . Tuttavia, senza un regolamento attuativo puntuale, resta aperta la possibilità che l’Agenzia delle Entrate ritenga obbligatorio assoggettare all’IVA alcune prestazioni osteopatiche. Di recente la Corte di Cassazione ha colmato questa lacuna: con sentenze del 2024 (n. 18361 e n. 12320) ha affermato che l’esenzione IVA spetta anche in assenza di un albo professionale, valutando caso per caso la qualità delle cure e le qualifiche del professionista . In pratica, si deve dimostrare un’effettiva natura sanitaria della prestazione e un’adeguata formazione, come già indicato dalla giurisprudenza UE (sent. C‑597/17) e nazionale (Cass. 21108/2020, Cass. 6868/2021) .

Quadro normativo generale sull’accertamento. Gli accertamenti fiscali sono disciplinati principalmente dai DPR 600/1973 e DPR 633/1972 (rispettivamente per imposte sui redditi e IVA). In particolare, l’art.39 del DPR 600/73 prevede che l’Ufficio può rettificare i redditi dei professionisti quando rilevi elementi “incompleti, falsi o inesatti” nelle dichiarazioni . Questa norma autorizza il Fisco a fare ricorso anche a presunzioni semplici gravi e concordanti per ricostruire redditi non dichiarati . In casi ancora più estremi (assenza di contabilità o dichiarazione nulla) l’amministrazione può persino ignorare totalmente i registri contabili e determinare il reddito in via induttiva . In questo ambito l’Agenzia delle Entrate – spesso con l’ausilio della Guardia di Finanza – esamina fatture, estratti conto bancari, spese effettuate e ogni dato utile a “mettere in croce” i numeri dichiarati dal contribuente. Se emergono “redditi non dichiarati, fatture false, omissioni IVA, costi fittizi” o altre irregolarità, scattano le contestazioni e le rettifiche . Per il contribuente si aprono diversi scenari: da un normale accertamento amministrativo con sanzioni alle fattisone può arrivare fino a contestazioni penali (reati tributari per omessa dichiarazione o dichiarazione infedele) se le somme evase superano determinate soglie.

Regime fiscale degli osteopati: ordinario e forfettario

Gli osteopati esercitano la libera professione (codice ATECO 86.90.29 “altre attività paramediche” ) e possono scegliere fra il regime fiscale ordinario o il regime forfettario agevolato. Il regime ordinario prevede l’IVA (22%) sulle fatture emesse, deduzioni di costi e contributi INPS calcolati sul reddito effettivo. Il regime forfettario (L. 190/2014 e successive modifiche) è invece un regime “flat tax”: non si applica l’IVA, non si operano ritenute d’acconto e si paga un’imposta sostitutiva (dal 5% al 15% sul reddito forfettizzato con coefficienti di redditività). Dal 2023 il limite di ricavi per accedere al forfettario è 85.000 € annui , indipendentemente dall’ATECO. Chi supera di poco questa soglia in più anni consecutivi esce dal regime . Vi sono poi altre cause di esclusione (ricavi esteri, lavoro dipendente pregresso oltre €35.000, rapporti familiari o partecipazioni in società commerciali, etc.) . Per un osteopata, come per altri professionisti, il forfettario comporta rilevanti semplificazioni (no IVA, contabilità ridotta, aliquota agevolata), ma richiede attenzione a non violare limiti reddituali o requisiti.

Tabella 1 – Confronto fra regime ordinario e forfettario:

  • Regime ordinario: applicazione IVA 22% sulle prestazioni; deduzione dei costi reali; aliquote IRPEF progressive sul reddito netto; contribuzione INPS sul reddito effettivo; obblighi di fatturazione elettronica, dichiarazione IVA, dichiarazione redditi.
  • Regime forfettario: zero IVA (nessuna rivalsa), nessuna ritenuta in fattura, imposta sostitutiva 15% (o 5% per prime att.) su un reddito virtuale ottenuto moltiplicando i compensi per il coefficiente di redditività (per Osteopati generalmente 78%); nessuna dichiarazione IVA; tenuta obbligatoria di registri semplificati .

Accertamenti sui compensi non dichiarati

Quando l’Amministrazione sospetta ricavi occultati, può usare l’accertamento induttivo. Ciò avviene ad esempio se un osteopata dichiara ripetutamente utili molto bassi e costi elevati (situazione antieconomica), oppure se dispone in modo incongruente di liquidità sul conto. L’ufficio, in base all’art.39 DPR 600/73, può integrare i ricavi omessi con presunzioni “gravi, precise e concordanti” . Esempi tipici: analisi estratti conto (più prelievi di quelli giustificati), esami di comparazione (ricavi “medi” di categoria), o riscontri di clientela non fatturata. Se in sede di controllo emergono risultati macro-incoerenti, può scattare l’accertamento d’ufficio che determina maggiori redditi imponibili per IRPEF/IRAP e, se del caso, maggior IVA. Tali atti sono notificati con il classico avviso di rettifica (o avviso di accertamento), motivato con i dati raccolti dall’ufficio (banche, fatture, pos, pubblicità, testimonianze, ecc.).

Come difendersi: al contribuente spetta l’onere di confutare le presunzioni. Conviene documentare puntualmente la propria contabilità: conservare fatture ricevute, registri di incassi, scontrini fiscali, registri delle prestazioni e inventari delle attrezzature. In caso di contestazione è fondamentale cogliere i vizi formali dell’avviso (scadenze, firme, motivazione). In sede di ricorso tributario si potrà proporre, ad esempio, che le presunzioni del Fisco siano arbitrarie o non sufficientemente corroborate da dati concreti . Se si dimostra che le errate risultanze derivano da normali fluttuazioni aziendali o circostanze indipendenti dalla volontà (es. investimenti, deviazioni patologiche, ecc.), il giudice tributaro può annullare o ridurre l’ulteriore imponibile.

Uso improprio del regime forfettario

Una questione molto frequente riguarda l’applicazione sbagliata del forfettario. Ad esempio, un osteopata che supera i 85.000 € di ricavi o non rispetta altre cause di esclusione (es. lavoro dipendente eccessivo) e continua a emettere fatture “in regime” commette violazioni. Infatti chi applica indebitamente il regime forfettario «commette una serie di violazioni IVA», quali l’omesso addebito dell’IVA nelle fatture, l’omesso versamento dell’IVA in liquidazione e l’omessa dichiarazione IVA . In pratica, in un caso del genere l’Agenzia delle Entrate ricostruisce l’IVA non versata e la rivalsa non incassata, applicando sanzioni pecuniarie dal 90% al 180% dell’imposta dovuta . Inoltre, per i redditi relativi a detti compensi “occultati” va versata l’IRPEF ordinaria anziché l’imposta sostitutiva. In sede di controllo si dovranno quindi calcolare i redditi al netto dei costi forfettari corretti e del coefficiente di redditività, versare l’IVA dovuta (con interessi e sanzioni) e provvedere alla regolarizzazione.

Correzione spontanea: le fatture emesse (o le parcelle) possono essere rettificate tramite note di variazione IVA. Come chiarito dall’Agenzia (Interpello 267/2020), il cliente può comunque detrarre l’IVA successivamente fatturata con nota d’addebito . In pratica, si riemettono le fatture corrette con IVA (codice TD05/TD09 in fattura elettronica) e si espone la ritenuta se dovuta. Per le violazioni commesse è possibile avvalersi del ravvedimento operoso: pagando IVA e sanzioni ridotte (fino ad un diciottesimo del minimo) si sanano irregolarità di fatturazione o omessa dichiarazione IVA . Se l’errore emerge prima di un accertamento formale, è consigliabile provvedere rapidamente alla correzione integrativa; in presenza di contestazioni massicce, taluni consigliano di attendere l’atto ufficiale (dove spesso le sanzioni IVA vengono ridotte) . Tuttavia, poiché l’omessa fattura (o non applicazione della rivalsa IVA) genera comunque un debito verso Erario, è bene effettuare i versamenti dovuti all’atto della correzione o in sede di ravvedimento.

Tabella 2 – Sanzioni tipiche per errata applicazione del forfettario:

  • Omissione addebito IVA (fattura emessa senza IVA, quando dovuta): sanzione dal 90% al 180% dell’imposta . (Riducibile con ravvedimento.)
  • Omissione versamento IVA (in periodica o annuale): sanzione normalmente simile (omessa dichiarazione IVA 120–240%, se dichiarazione omessa) . Non rientra nel “ravvedimento speciale”.
  • Omessa dichiarazione IVA: sanzione dal 120% al 240% dell’IVA dovuta, con un minimo fisso di €250 (ridotta a 60–120% se la dichiarazione viene presentata tardivamente entro l’anno successivo) .
  • Sanzione minima per omessa fatturazione (senza effetto IVA sulla liquidazione): €500 .

Omesso versamento IVA e osteopatia

Molti osteopati si chiedono se le prestazioni osteopatiche siano esenti da IVA. La questione è controversa: gli orientamenti preliminari dell’Agenzia (Circolare 11/E/2014 e risposta Fiscooggi del 2021) ne limitavano l’applicazione ai casi regolamentati . Tuttavia, dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale emerge che, a certe condizioni, osteopati preparati possono offrire trattamenti che concorrono alla salute e pertanto rientrare nell’esenzione IVA . La Corte di Giustizia UE (sent. C‑597/17) ha chiarito che chi pratica osteopatia svolge “senz’altro prestazioni sanitarie” finalizzate alla cura , fermo restando che lo Stato deve verificare la qualità della formazione e il titolo del professionista . La Cassazione italiana (sent. 21108/2020, 6868/2021 e più recentemente 18361/2024, 12320/2024) ha adeguato l’interpretazione italiana a quella europea : oggi l’esenzione può essere riconosciuta anche in assenza di apposito albo, purché le prestazioni siano di natura sanitaria e rese da soggetti con adeguata formazione riconosciuta e qualificate . In pratica, per ottenere l’IVA esente è utile raccogliere documenti che attestino il titolo (es. percorsi formativi accreditati MIUR, direzioni sanitarie, esperienze professionali certificate), in modo da soddisfare i requisiti indicati dalla giurisprudenza .

Criticità in un accertamento. Se l’Agenzia contesta che “l’osteopata” ha omesso IVA sui compensi (per esempio considerandolo paramedico non vigilato), l’accertamento di IVA può nascere dall’assunto che tali prestazioni non dovrebbero essere esenti. In tal caso scattano le violazioni: l’osteopata avrebbe commesso “omesso versamento dell’IVA” se non ha registrato e versato l’imposta sulle parcelle. In concreto, il Fisco calcola l’IVA dovuta su tali compensi e applica sanzioni dal 90% al 180% . La difesa in questo caso consiste nel dimostrare la natura sanitaria delle cure prestate. Si dovrà ricostruire la documentazione clinica (cartelle, anamnesi, modulistica terapeutica) e l’inquadramento professionale del contribuente (iscrizioni a registri professionali o corsi riconosciuti). In appello tributario si potrà richiamare esplicitamente le recenti sentenze Cass. e CGUE: se si dimostra che l’attività è assimilabile a quelle mediche esenti, il giudice annullerà la pretesa di IVA .

Procedura di accertamento e contenzioso tributario

Un accertamento fiscale si articola in più fasi: spesso inizia con l’attività ispettiva (accessi, ispezioni, incrocio dati) condotta da Agenzia Entrate o Guardia di Finanza. Al termine, se ci sono rilievi il contribuente riceve un Processo Verbale di Constatazione (PVC) (nel caso di intervento della GdF) o direttamente l’avviso di accertamento. Quest’ultimo è l’atto formale in cui l’amministrazione espone i motivi dell’aumento di reddito/imposta richiesti. Deve essere motivato e notificato entro i termini di legge (in genere entro 4 anni dalla dichiarazione). Il contribuente ha il diritto di conversare con gli uffici prima dell’atto finale: nei 60 giorni successivi alla notifica del PVC (o alla chiusura del contraddittorio endoprocedimentale) si possono inviare osservazioni scritte difensive . Durante questo contraddittorio va tentato di risolvere le criticità (anche con adesione o mediazione) prima che sia troppo tardi.

Se l’avviso di accertamento è emesso, il contribuente può presentare ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale entro 60 giorni. La Commissione valuta sia vizi formali (ad es. difetto di motivazione, termini non rispettati) sia di merito (fondatezza delle presunzioni, correttezza dei calcoli). È fondamentale in appello produrre ogni prova utile: contratti, fatture, documenti contabili, estratti conto bancari, ecc. In caso di esito negativo, si può fare appello alla Commissione Tributaria Regionale e infine ricorrere in Cassazione, ma solo su questioni di diritto. Durante il contenzioso possono anche essere proposti istituti deflativi (accertamento con adesione, avvalersi di concordato fiscale, procedura di mediazione tributaria) per limitare sanzioni e interessi.

Tabella 3 – Strumenti di difesa fiscale:

  • Osservazioni difensive (entro 60 giorni dall’avviso/PVC): possibilità di contestare i rilievi prima della chiusura dell’istruttoria .
  • Accertamento con adesione: accordo con l’Agenzia su parte dell’imposta richiesta, con riduzioni di sanzioni e interessi.
  • Mediazione tributaria (legge 130/2022): negoziazione semplificata con l’ufficio su questioni interpretative e somme dovute.
  • Ricorso in commissione tributaria: entro 60 giorni dall’avviso, per chiedere annullamento o riduzione dell’accertamento.
  • Ravvedimento operoso: pagamento spontaneo di imposte/sanzioni ridotte se si regolarizza prima dell’accertamento. (Per fatturazione/IVA solo ordinario, non speciale nel caso di omesso versamento) .

Aspetti penali-tributari

Al di là delle sanzioni amministrative, determinati comportamenti fiscali possono configurare reati tributari. Due dei più rilevanti sono:

  • Omessa dichiarazione (art.5 D.Lgs. 74/2000): è reato chi, al fine di evadere tasse, non presenta alcuna dichiarazione fiscale dovuta (IRPEF/IVA) e l’imposta evasa supera i 50.000 € per singola imposta . La pena prevista è la reclusione da 2 a 5 anni. (La dichiarazione inoltrata entro 90 giorni è considerata valida ai fini penali .)
  • Dichiarazione infedele (art.4 D.Lgs. 74/2000): chi sottostima redditi o sopravvaluta costi indica in dichiarazione elementi passivi inesistenti o attivi inferiori al reale. È punito con reclusione da 2 a 4 anni e 6 mesi se, congiuntamente, l’imposta evasa supera 100.000 € e i ricavi non dichiarati superano il 10% di quelli dichiarati o 2 milioni complessivi . Differenze inferiori al 10% sono esenti da penale .

Per l’osteopata questo significa che una sostanziale occultazione dei compensi (soprattutto ingenti) può sfociare in procedimenti penali. È quindi cruciale tenere la contabilità corretta: inadempienze gravi (es. non emettere fattura per lunghi periodi, distruggere registri, usare false fatture di altre attività) rischiano di essere interpretate come frode fiscale. Se vi è un avviso di garanzia (per indagini penali), occorre attivare subito un difensore penalista specializzato in reati tributari. Spesso un errore grave o reiterato può comportare contestazioni sia amministrative (liquidazione d’imposta) che penali (art.4-5 sopra citati). Tuttavia, in ambito giudiziario la Cassazione ha precisato che l’elemento soggettivo (dolo) è essenziale: si punisce chi dichiara infedele “al fine di evadere”. Quindi una difesa comune è dimostrare buona fede (ad es. errori contabili involontari) o regolarizzare con ravvedimento (talvolta escludendo così il dolo penale).

Tabella 4 – Reati tributari e soglie di punibilità:

  • Omessa dichiarazione (art.5): reclusione 2–5 anni se l’imposta evasa > 50.000 € per ciascuna imposta .
  • Dichiarazione infedele (art.4): reclusione 2–4½ anni se imposta evasa > 100.000 € e elementi sottratti >10% del totale o > 2 milioni .
  • Differenze inferiori (soglie non superate o meno del 10%) non sono sanzionate penalmente .

Domande frequenti (FAQ)

  1. Cosa fare se mi contestano compensi non dichiarati? Preparare subito tutta la documentazione (fatture/quietanze, estratti conto, registri professionali) che giustifichi gli incassi. Verificare se l’avviso segue il giusto iter formale. Se le motivazioni si basano su presunzioni di spesa, valutare di produrre documenti alternativi (contratti d’affitto, fornitori) che dimostrino l’antieconomicità come eccezione. In ogni caso contestare le presunzioni, magari con un professionista fiscale, per ottenere una riduzione del maggior reddito.
  2. Se esercito come osteopata, devo applicare l’IVA al 22%? Non necessariamente. La legislazione considera l’osteopata figura sanitaria : se può dimostrare la propria formazione e che la prestazione è sanitaria, la giurisprudenza consente l’esenzione IVA come per i medici . In assenza di certezza normativa, occorre valutare caso per caso. In molti casi pratici è consigliabile inquadrare fiscalmente l’osteopatia come prestazione sanitaria esente, ma l’Agenzia può contestarlo. In caso di dubbio, occorre raccogliere titoli di studio, certificazioni e attestati che comprovino i requisiti qualitativi richiesti dalla Corte .
  3. Quali sanzioni rischio se sbaglio regime forfettario? Se i tuoi ricavi superano i limiti per il forfettario, continuerai invece ad usufruire indebite agevolazioni. Ciò comporta il recupero dell’IVA non applicata sulle fatture (più interessi) e pesanti sanzioni IVA (90–180% ). Inoltre, in sede di contabilità dovrai rifare i calcoli IRPEF/INPS come se fossi rimasto in regime ordinario, con aggravio d’imposte. È possibile correggere le fatture tramite note di variazione (addebitando l’IVA) ed eventualmente beneficiare delle riduzioni con ravvedimento operoso . Il consiglio è di consultare subito un commercialista per verificare la regolarità e regolarizzare spontaneamente prima di un accertamento.
  4. Che differenza c’è fra omessa dichiarazione e dichiarazione infedele? Nell’omessa dichiarazione (art.5 D.Lgs.74/2000) non si presenta proprio la dichiarazione dovuta; è reato se la tassa evasa supera 50.000 € . Nella dichiarazione infedele (art.4) si presenta la dichiarazione, ma con dati attivi falsi o sottostimati; è reato se l’imposta evasa supera 100.000 € e i ricavi occultati superano il 10% del totale o 2 milioni . In pratica, piccoli errori commessi in buona fede restano penalmente irrilevanti, ma falsificazioni rilevanti o volontarie possono portare a conseguenze penali.
  5. Cosa prevede il contraddittorio endoprocedimentale? Dopo il Verbale di Constatazione (o comunicazione di irregolarità), si hanno 60 giorni per inviare osservazioni difensive . È il momento per chiarire direttamente con l’ufficio le eventuali incongruenze (ad esempio, spiegare operazioni atipiche o esibire documenti integrativi). Non va ignorato: presentare tempestivamente osservazioni può evitare l’avviso formale di accertamento. In questa fase si può anche chiedere un incontro o avvalersi di istituti deflativi (adesione, conciliazione, ecc.), in modo da contenere le contestazioni prima del contenzioso tributario.
  6. Come posso regolarizzare omesso versamento dell’IVA? Se l’accertamento contesta un’omissione IVA (per esempio avete dimenticato di versare IVA di un trimestre), potete regolarizzare con ravvedimento ordinario: versando l’IVA dovuta, gli interessi legali e la sanzione ridotta (1/10 del minimo, o meno a seconda di quando vi accorgete) entro i termini. Tuttavia, se si trattava del passaggio da regime forfettario a ordinario, ricordatevi di rettificare la detrazione IVA degli anni precedenti . Nel caso più grave di omessa dichiarazione IVA, la sanzione resta molto alta (120–240%) , ma anche qui il ravvedimento (entro l’anno successivo) riduce la pena al 60–120% dell’imposta.

Simulazioni pratiche

  • Caso 1 – Redditi non dichiarati: Mario, osteopata in regime ordinario, dichiara un reddito annuo irrisorio non giustificato dai suoi costi. L’Agenzia si accorge che ha speso più di quanto dichiara (basandosi su movimenti bancari e costi standard di settore) e invia un avviso che include ulteriori ricavi per €50.000 e maggiori imposte IRPEF/IVA. Mario raccoglie i documenti (contratti di affitto dello studio, ricevute di acquisto materiale medico) e contesta l’antieconomicità sostenendo di aver sostenuto ingenti spese straordinarie per ampliamento studio e formazione. In Commissione Tributaria (ricorso entro 60 giorni), presenta ricevute, ordini e giustifica le discrepanze. Se il giudice ritiene le prove convincenti, riduce l’imponibile o annulla l’accertamento .
  • Caso 2 – Regime forfettario superato: Lucia, osteopata in regime forfettario, raggiunge ricavi di €95.000 nel 2024 (limite 85k). Non si accorge di dover uscire dal forfettario nel 2025 e continua ad emettere fatture senza IVA. Nel 2025 l’Agenzia, incrociando dati, scopre l’eccedenza e invia un avviso per i redditi 2024: determinano i ricavi effettivi a €95k (anziché 85k), calcolano IVA su €10k e IRPEF su tutto come se fosse in ordinario. Lucia dovrà versare l’IVA relativa (€2.200) più sanzioni IVA (90% di €2.200 = €1.980) e ricalcolare l’IRPEF sostitutiva a 15% come IRPEF normale (versando la differenza). Potrà però sanare parte delle sanzioni con ravvedimento .
  • Caso 3 – Dubbi sull’IVA sanitaria: Fabrizio, osteopata su appuntamento, offre pacchetti terapeutici. Emesso fattura, ha applicato l’IVA 22%. L’Agenzia contesta che dovrebbe essere esente (poiché osteopata riconosciuto). Fabrizio raccoglie attestati di formazione, diplomi abilitanti e testimonianze di pazienti curati. In commissione tributaria argomenta che l’attività è assimilabile a quella dei fisioterapisti (esenti). Fa notare che la Corte UE e la Cassazione recente auspicano l’esenzione per osteopati qualificati . Se convince il giudice sulle sue credenziali, otterrà l’annullamento della pretesa IVA.

Conclusioni

La difesa dell’osteopata in sede di accertamento fiscale richiede una buona conoscenza del quadro normativo e giurisprudenziale. Bisogna muoversi con strategia, adottando gli strumenti previsti (contraddittorio, adesione, ravvedimento, ricorso tributario) e sfruttando ogni evidenza documentale. In particolare, per questioni come l’esenzione IVA e l’uso del regime forfettario, è fondamentale far valere i diritti del contribuente alla luce delle ultime sentenze (Cass. e UE). Infine, occorre grande attenzione ai limiti formali e sostanziali: presentare tempestivamente osservazioni, cogliere gli errori procedurali dell’avviso e, se necessario, rivolgersi a professionisti (commercialisti e avvocati tributaristi) per trasformare un “avviso di accertamento oneroso” in un atto risolvibile con il minor danno fiscale possibile.

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👉 Prima regola: dimostra la correttezza della contabilità, la regolare emissione delle fatture e la tracciabilità dei pagamenti ricevuti dai pazienti.


⚖️ Quando scattano le contestazioni

  • Prestazioni osteopatiche pagate in contanti senza rilascio di fattura;
  • Differenze tra i compensi dichiarati e i movimenti bancari o POS;
  • Disallineamenti tra gli appuntamenti registrati e i ricavi dichiarati;
  • Costi dedotti (affitto studio, attrezzature, formazione) ritenuti non inerenti;
  • Scostamenti rispetto ai parametri ISA o ai redditi medi di categoria.

📌 Conseguenze della contestazione

  • Recupero delle imposte su compensi considerati occultati;
  • Sanzioni per dichiarazione infedele fino al 90% della maggiore imposta accertata;
  • Interessi di mora sulle somme dovute;
  • Rischio di controlli contributivi INPS per attività continuativa;
  • Possibili contestazioni penali se i compensi non dichiarati superano determinate soglie.

🔍 Cosa verificare per difendersi

  • Ogni prestazione è stata fatturata e registrata regolarmente?
  • I pagamenti erano tracciabili (bonifico, POS, assegni) o solo in contanti?
  • Le differenze derivano da sedute gratuite, promozionali o annullate?
  • Le spese dedotte erano effettivamente inerenti e documentate?
  • L’accertamento si basa su prove concrete o su semplici presunzioni statistiche?

🧾 Documenti utili alla difesa

  • Fatture elettroniche e registri IVA;
  • Estratti conto bancari e report POS;
  • Agenda appuntamenti e registri interni dei pazienti;
  • Contratti di locazione, spese per attrezzature e corsi di formazione;
  • Dichiarazioni fiscali degli anni contestati.

🛠️ Strategie di difesa

  • Dimostrare la trasparenza contabile e la corretta emissione delle fatture;
  • Contestare le presunzioni basate su appuntamenti o agende non ufficiali;
  • Evidenziare che alcune prestazioni erano gratuite o promozionali;
  • Eccepire errori di calcolo o carenze di motivazione nell’accertamento;
  • Richiedere annullamento in autotutela se la documentazione era già agli atti;
  • Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro 60 giorni;
  • Attivare difesa penale mirata in caso di contestazioni rilevanti.

🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

📂 Analizza la contabilità e i compensi dichiarati;
📌 Verifica la fondatezza della contestazione e i margini difensivi;
✍️ Predispone memorie difensive e ricorsi tributari;
⚖️ Ti assiste nei procedimenti davanti alla Corte di Giustizia Tributaria e, se necessario, in sede penale;
🔁 Suggerisce strategie preventive per una gestione fiscale sicura e trasparente della professione osteopatica.


🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in contenzioso tributario e fiscalità delle professioni sanitarie;
✔️ Specializzato in difesa contro contestazioni fiscali a osteopati e operatori sanitari;
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.


Conclusione

Gli accertamenti fiscali agli osteopati non sempre sono fondati: spesso derivano da presunzioni, da errori di ricostruzione dei compensi o da omissioni formali.
Con una difesa mirata puoi dimostrare la regolarità della tua attività, ridurre drasticamente sanzioni e interessi ed evitare conseguenze penali.

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La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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