Hai ricevuto una contestazione dall’Agenzia delle Entrate per spese di manutenzione straordinaria? In questi casi, l’Ufficio presume che i costi sostenuti per interventi edilizi, ristrutturazioni o lavori su immobili non siano deducibili o detraibili, oppure che siano stati imputati in maniera non corretta. Le conseguenze possono essere molto gravi: recupero delle imposte, applicazione di sanzioni e interessi, e nei casi più complessi contestazioni penali per dichiarazione infedele. Tuttavia, non sempre la contestazione è fondata: con una difesa ben strutturata è possibile dimostrare la correttezza delle spese o ridurre sensibilmente le sanzioni.
Quando l’Agenzia delle Entrate contesta le spese di manutenzione straordinaria
– Se le spese non sono supportate da fatture, bonifici parlanti o altra documentazione idonea
– Se i lavori non rientrano tra quelli agevolabili ai fini delle detrazioni fiscali
– Se i costi sono stati imputati a conto economico invece che capitalizzati correttamente
– Se l’importo risulta sproporzionato rispetto al valore dell’immobile
– Se l’Ufficio presume che le spese abbiano finalità diverse da quelle dichiarate
Conseguenze della contestazione
– Recupero a tassazione delle somme ritenute indeducibili o non detraibili
– Applicazione di sanzioni fino al 200% delle imposte accertate
– Interessi di mora sulle somme contestate
– Rettifica delle dichiarazioni fiscali e del bilancio
– Nei casi più gravi, contestazioni penali per dichiarazione infedele
Come difendersi dalla contestazione
– Dimostrare con documentazione tecnica e fiscale la reale natura straordinaria dei lavori eseguiti
– Produrre fatture, contratti, perizie e relazioni di professionisti abilitati
– Contestare la qualificazione dei lavori come ordinari se effettivamente straordinari
– Evidenziare errori di calcolo, difetti istruttori o carenze di motivazione nell’accertamento
– Richiedere la riqualificazione delle spese per ottenere un diverso trattamento fiscale più favorevole
– Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per ottenere l’annullamento totale o parziale della pretesa
Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare la documentazione fiscale e tecnica relativa ai lavori contestati
– Verificare la legittimità della contestazione e la corretta qualificazione delle spese
– Predisporre un ricorso fondato su prove concrete e vizi procedurali dell’accertamento
– Difendere il contribuente davanti ai giudici tributari e, se necessario, anche in sede penale
– Tutelare il patrimonio personale e familiare da conseguenze fiscali sproporzionate
Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale della contestazione
– La riduzione o cancellazione di sanzioni e interessi
– La sospensione delle richieste di pagamento già notificate
– Il riconoscimento della corretta natura delle spese di manutenzione straordinaria
– La certezza di pagare solo quanto realmente previsto dalla legge
⚠️ Attenzione: le spese di manutenzione straordinaria sono tra le voci più frequentemente contestate dal Fisco, soprattutto in materia di detrazioni edilizie. È fondamentale predisporre una difesa tempestiva e ben documentata per evitare conseguenze economiche e legali pesanti.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e edilizio – spiega come difendersi in caso di contestazione di spese di manutenzione straordinaria e quali strategie adottare per proteggere i tuoi interessi.
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Introduzione
La gestione delle spese di manutenzione straordinaria è spesso motivo di conflitto tra proprietari di immobili, condòmini, inquilini e amministratori. In ambito condominiale, decisioni su lavori straordinari – come il rifacimento del tetto, la sostituzione dell’ascensore o importanti ristrutturazioni – possono generare contestazioni circa la ripartizione dei costi e la legittimità delle delibere assembleari. Allo stesso modo, nei contratti di locazione sorge frequentemente la domanda se l’inquilino debba farsi carico di tali oneri o se gravino invece sul proprietario. Dal punto di vista di chi deve pagare (il debitore), è fondamentale conoscere gli strumenti giuridici per difendersi da richieste ingiuste o illegittime, sia contestando le delibere condominiali, sia opponendosi a decreti ingiuntivi per spese non dovute, sia resistendo a richieste del locatore nel caso di inquilini.
Questa guida, aggiornata a settembre 2025, fornisce un’analisi approfondita delle normative italiane e della giurisprudenza più recente in materia. Si rivolge tanto ad avvocati quanto a privati cittadini e imprenditori proprietari di immobili, offrendo spiegazioni dettagliate, domande e risposte comuni, esempi pratici, tabelle riepilogative e riferimenti a sentenze recenti e disposizioni di legge. L’obiettivo è di chiarire quali siano le spese straordinarie, come vengano approvate e ripartite, e quali rimedi abbia a disposizione il debitore per contestarle efficacemente – ad esempio attraverso l’impugnazione delle delibere condominiali, l’opposizione a decreti ingiuntivi, azioni di rimborso o altre azioni giudiziarie. Particolare attenzione è dedicata ai casi dei condòmini dissenzienti (anche in contesti industriali o commerciali), degli inquilini che si vedono addebitare spese non dovute, nonché agli aspetti procedurali (come la mediazione obbligatoria nelle cause condominiali) e alle differenze tra nullità e annullabilità delle decisioni contestate. Alla fine della guida, una sezione raccoglie tutte le fonti normative e giurisprudenziali citate, per consentire ulteriori approfondimenti e per verificare i riferimenti in modo diretto.
Iniziamo definendo cosa si intende per manutenzione straordinaria e come distinguerla dalla manutenzione ordinaria, per poi esaminare chi è tenuto a pagarne i costi nelle varie situazioni e quali sono le tutele previste dall’ordinamento per chi ritiene di aver ricevuto addebiti ingiusti.
Nota: Per semplicità espositiva useremo spesso l’esempio del condominio (disciplina degli articoli 1117 e seguenti del Codice Civile) e faremo riferimento al condòmino che contesta spese deliberate dall’assemblea. Molte considerazioni valgono però anche in contesti analoghi (come consorzi tra proprietari di capannoni industriali o centri commerciali in multiproprietà). Ugualmente, tratteremo la posizione dell’inquilino (conduttore) nei confronti del proprietario (locatore) per quanto concerne le spese straordinarie dell’immobile locato.
Cosa sono le spese di manutenzione straordinaria?
In generale, le spese di manutenzione straordinaria sono quegli oneri relativi ad interventi non ricorrenti, di particolare entità economica o complessità tecnica, effettuati per conservare o migliorare un immobile. Si distinguono dalle spese ordinarie, che invece riguardano la gestione corrente e gli interventi di routine. In un condominio, ad esempio, rientrano tra le spese ordinarie i costi periodici come la pulizia delle scale, la corrente elettrica per le parti comuni o la manutenzione di routine dell’ascensore; viceversa, le spese straordinarie si riferiscono a interventi non ricorrenti e di maggiore entità, spesso legati a lavori necessari per la conservazione, la sicurezza o l’ammodernamento dell’edificio. In altre parole, le spese straordinarie riguardano opere eccezionali, come riparazioni urgenti e indispensabili (ad esempio per rimediare a un pericolo imminente), grandi riparazioni strutturali, sostituzione di impianti o realizzazione di innovazioni non previste in precedenza.
Nel Codice Civile non esiste una definizione puntuale di “manutenzione straordinaria”, ma la distinzione con l’ordinaria manutenzione emerge da varie norme e dall’interpretazione giurisprudenziale. Alcuni esempi tipici di spese straordinarie in condominio includono: il rifacimento del tetto o della facciata, la sostituzione integrale dell’ascensore o dell’impianto di riscaldamento centralizzato, il consolidamento strutturale dell’edificio, l’installazione di un nuovo impianto (es. un sistema di videosorveglianza condominiale, un impianto fotovoltaico sul tetto comune) o interventi di efficientamento energetico e miglioramento sismico (spesso intrapresi sfruttando bonus fiscali). Sono straordinarie anche le spese per innovazioni deliberate dall’assemblea, cioè opere che introducono una modifica o un miglioramento rispetto allo stato originario (ad esempio la costruzione di un ascensore in un edificio che ne era privo). Le spese urgenti disposte dall’amministratore (di cui diremo in seguito) rientrano anch’esse nelle straordinarie se riguardano interventi di natura eccezionale.
Di contro, sono generalmente considerate spese ordinarie quelle volte alla manutenzione corrente e all’uso quotidiano dei beni comuni o dell’immobile: ad esempio, piccoli lavori di riparazione (sostituzione di lampadine nelle scale, riparazione di una serratura o di una tubatura condominiale minore), la verniciatura periodica degli elementi esposti, la manutenzione ordinaria degli impianti (tagliando annuale della caldaia centralizzata, controlli periodici ascensore), la pulizia e il giardinaggio, ecc. In ambito locatizio (affitti), sono in genere a carico dell’inquilino le spese di piccola manutenzione e quelle ordinarie di esercizio (pulizia, servizio di portierato, luce scale, piccole riparazioni interne), mentre restano a carico del proprietario quelle straordinarie e le riparazioni di maggiore portata, salvo patto diverso (vedremo in dettaglio più avanti).
È importante sottolineare che la distinzione tra ordinario e straordinario non dipende solo dall’importo economico ma anche dalla natura dell’intervento: un intervento può essere straordinario anche se di costo non elevatissimo, qualora comporti una sostituzione o un rinnovamento di un impianto o di una parte importante dell’immobile, oppure se non era prevedibile nell’ordinaria gestione (es. riparazione strutturale urgente a seguito di un guasto improvviso). Ad esempio, la riparazione di una tubatura condominiale rotta improvvisamente potrebbe configurarsi come straordinaria (se richiede opere murarie significative), anche se il costo non è enorme, perché è un evento eccezionale; viceversa, la manutenzione periodica programmata di un impianto può essere considerata ordinaria anche se comporta un esborso non trascurabile.
Dal punto di vista normativo, le spese di manutenzione straordinaria condominiali trovano disciplina indiretta in varie disposizioni del codice civile e delle leggi speciali. L’art. 1123 c.c. fornisce i criteri generali di ripartizione delle spese tra condomini (in proporzione al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione) e vale sia per le spese ordinarie sia per quelle straordinarie. L’art. 1135 c.c. attribuisce all’assemblea dei condomini il potere di deliberare le opere di manutenzione straordinaria e le innovazioni, e – come vedremo – dopo la riforma del 2012 impone di costituire un apposito fondo speciale prima di eseguire tali lavori. L’art. 1137 c.c., inoltre, disciplina l’impugnazione delle delibere assembleari (prevedendo la possibilità di annullarle in caso di vizi, su ricorso dei dissenzienti o assenti, entro termini rigorosi). Nel contesto degli affitti, invece, rilevano gli artt. 1576 e 1577 c.c. (obblighi di manutenzione a carico del locatore e modalità d’intervento in caso di riparazioni urgenti), nonché la normativa speciale sulle locazioni: ad esempio, la Legge n. 392/1978 (equo canone) prevedeva all’art. 23 che le riparazioni straordinarie fossero a carico del locatore, mentre una distinta disposizione (art. 9 L.392/78) elencava gli oneri accessori ponendo solo quelli ordinari a carico del conduttore; oggi quella norma speciale è parzialmente superata, ma rimane il principio generale che le spese straordinarie spettano al proprietario, salvo diversa pattuizione ammessa nei limiti di legge.
In sintesi, possiamo definire le spese di manutenzione straordinaria come quelle spese non ricorrenti destinate a interventi eccezionali, di conservazione o miglioramento di un immobile, che per legge in condominio vanno suddivise tra tutti i condomini (di regola in base ai millesimi, salve eccezioni), mentre nei contratti di locazione gravano sul proprietario-locatore (salvo accordi diversi consentiti). Queste spese seguono procedure deliberative specifiche (in condominio richiedono una delibera assembleare con determinati quorum) e attivano particolari tutele giuridiche in caso di contestazione, come vedremo dettagliatamente nei paragrafi successivi.
Chi deve pagare le spese straordinarie: condomini, inquilini e altri soggetti
Una volta chiarito cosa si intende per manutenzione straordinaria, occorre affrontare un quesito cruciale: a chi spetta pagarne i costi? La risposta varia a seconda della situazione giuridica in cui ci si trova. Analizziamo separatamente il caso del condominio (ripartizione fra condomini) e quello della locazione (ripartizione tra proprietario e inquilino), senza dimenticare casi particolari come immobili commerciali o industriali.
Spese straordinarie in condominio (proprietari)
Nel condominio, il principio generale stabilito dal codice civile è che tutti i condomini contribuiscono alle spese, sia ordinarie che straordinarie, in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione. Ciò è sancito dall’art. 1123, comma 1 c.c., il quale prevede che le spese necessarie per la conservazione e il godimento delle parti comuni, per i servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate, vadano ripartite tra i condomini in proporzione ai millesimi di proprietà di ciascuno . Dunque, ad esempio, se viene deliberato un lavoro straordinario sulle parti comuni (rifacimento facciata, installazione di pannelli solari comuni, ecc.), ogni proprietario dovrà pagarne una quota in base ai millesimi posseduti, a meno che tutti abbiano concordato un criterio diverso.
Tuttavia, l’art. 1123 c.c. contiene anche due importanti eccezioni al criterio proporzionale generale, applicabili sia alle spese ordinarie che a quelle straordinarie:
- Criterio dell’uso differenziato (art. 1123, comma 2 c.c.): se certe cose o servizi comuni sono destinati a servire i condomini in misura diversa, le relative spese vanno ripartite in proporzione all’uso che ciascuno può farne (uso potenziale) . Un esempio tipico è l’ascensore: i condomini ai piani alti potenzialmente ne usufruiscono di più rispetto a quelli al piano terra, quindi spesso per le spese di manutenzione straordinaria dell’ascensore si adottano criteri che tengano conto di questo uso differenziato (ad es. combinando millesimi e piani). Allo stesso modo, se vi è un cortile o un giardino condominiale a servizio principalmente di alcuni edifici, si può modulare la spesa sull’uso. Questo principio garantisce equità quando il beneficio tratto dalle parti comuni non è uguale per tutti.
- Criterio del condominio parziale (art. 1123, comma 3 c.c.): se un intervento riguarda beni o impianti destinati a servire solo una parte dell’edificio (scale, cortili, lastrici solari, tetti a uso esclusivo di alcuni, ecc.), le spese vanno a carico solo di quel gruppo di condomini che ne trae utilità . Ad esempio, in un supercondominio con più palazzine, se si rifà il tetto della palazzina A, contribuiranno solo i proprietari di quella palazzina; oppure, se un complesso ha più scale con ascensori indipendenti, ciascuna scala pagherà le spese del proprio ascensore. Questo è il principio del “condominio parziale”, che evita di far pagare a tutti lavori che non li riguardano.
Oltre a queste regole legali, è possibile che esistano deroghe contrattuali: il codice fa salva una “diversa convenzione” (ad esempio nel regolamento condominiale contrattuale approvato all’unanimità). Dunque, se tutti i condomini hanno concordato un criterio di riparto differente (ad esempio, che certe spese straordinarie vengano divise in parti uguali, oppure per unità immobiliare e non per millesimi), tale accordo è vincolante. Va però chiarito che tali deroghe richiedono unanimità: l’assemblea non può, a maggioranza, modificare i criteri legali o convenzionali di riparto delle spese, né per le future spese né, secondo la giurisprudenza prevalente, per il caso singolo (su questo torneremo parlando di nullità delle delibere) . Se lo fa, la delibera è affetta da invalidità (nullità o annullabilità a seconda dei casi, come vedremo). In assenza di unanimità, valgono sempre i criteri di legge (art. 1123 c.c. e seguenti).
In sintesi, in condominio le spese straordinarie vanno pagate dai proprietari delle unità, ciascuno secondo la propria quota millesimale, a meno che: – si tratti di beni comuni goduti diversamente (allora si ripartisce in base all’uso potenziale); – oppure di beni o impianti a servizio solo di alcuni condomini (pagano solo quelli); – oppure vi sia un diverso criterio approvato all’unanimità (es. regolamento contrattuale).
Un esempio pratico: se l’assemblea delibera il rifacimento del tetto condominiale, tutti i condomini dovranno contribuire alla spesa proporzionalmente ai millesimi di proprietà. Se però nel condominio vi sono negozi al piano terra che non usufruiscono del tetto (perché magari sotto un portico indipendente), si potrebbe sostenere che, essendo il tetto destinato a servire solo i piani superiori, i negozi non debbano contribuire (applicazione analogica dell’art. 1123 comma 3). In mancanza di previsione specifica però, di regola tutti pagano, perché il tetto è parte comune necessaria per la struttura dell’edificio. In caso di installazione di un ascensore nuovo in un edificio che ne era privo (innovazione), i condomini contrari potrebbero invocare l’art. 1121 c.c., che consente di non partecipare alla spesa delle innovazioni voluttuarie o gravose se possono rinunciare a farne uso – ma per installare un ascensore oggi basta la maggioranza in seconda convocazione perché rientra nelle innovazioni agevolate (barriere architettoniche). I condomini dei piani bassi, pur dovendo contribuire, potranno beneficiare di un criterio integrato (p.es. una parte in base ai millesimi e una in base ai piani) per equità, se previsto.
Parti di proprietà esclusiva: un discorso a parte meritano le spese riguardanti parti che non sono comuni ma sono di proprietà esclusiva di un singolo condomino (o di alcuni). L’assemblea condominiale non può deliberare a maggioranza interventi straordinari su beni di proprietà esclusiva di un condomino, vincolando i dissenzienti a sostenerne le spese. Ad esempio, se si tratta di riparare la soletta divisoria tra due appartamenti (che per metà è di proprietà di uno e per metà dell’altro, ex art. 1125 c.c.), l’assemblea non può decidere a maggioranza di imporre la riparazione a spese dei proprietari, soprattutto se attribuendo colpe. Dovranno essere i proprietari interessati a provvedere, oppure il condominio potrà agire giudizialmente se quella parte, pur esclusiva, minaccia danni anche alle parti comuni. In sostanza, l’assemblea ha competenza sulle parti comuni; se un elemento non è comune, i relativi lavori non possono essere decisi dall’assemblea senza il consenso del proprietario. La Cassazione ha affermato, ad esempio, che è nulla la delibera che dispone a maggioranza la manutenzione o ricostruzione di parti di proprietà individuale . Inoltre, sempre Cassazione ha precisato che è nulla la delibera che, violando i criteri legali di riparto delle spese, imputi a uno o più condomini la responsabilità di danni e le relative spese senza passare dal giudice: l’assemblea non può farsi “giustizia” da sé attribuendo colpe e costi, poiché gli obblighi risarcitori devono essere accertati in sede giudiziaria e non a maggioranza . Ciò significa che, se vi è un danno (es. infiltrazione) causato dal comportamento di un condomino, l’assemblea non può semplicemente deliberare che “Tizio paga tutto perché colpevole”; potrà deliberare l’intervento a carico del condominio secondo le regole ordinarie, lasciando eventualmente a Tizio il rimborso dopo accertamento, ma non può derogare ai criteri di riparto per punire un condomino. Una delibera siffatta sarebbe affetta da nullità insanabile .
Riassumendo per il condominio: – Chi paga? Tutti i proprietari delle unità immobiliari facenti parte del condominio, ciascuno in proporzione ai millesimi di proprietà (salvo uso diverso o beni parziali). – Eccezioni: accordi unanimi diversi (p.es. regolamento contrattuale); spese riferite solo ad alcuni (pagano solo loro); spese per innovazioni voluttuarie (i dissenzienti possono astenersi ex art. 1121 c.c., rinunciando all’uso dell’innovazione). – Divieti: l’assemblea non può addossare spese di parti esclusive senza consenso né alterare a maggioranza i criteri di legge o di regolamento contrattuale (ogni delibera che modifica i criteri generali di riparto senza unanimità è nulla ).
Spese straordinarie nei contratti di locazione (proprietario vs inquilino)
Nel rapporto di locazione, la ripartizione delle spese tra proprietario (locatore) e inquilino (conduttore) segue regole differenti rispetto al condominio, poiché qui si tratta di obblighi contrattuali derivanti dal contratto di affitto e dalle norme speciali in materia. In linea generale, il codice civile (art. 1576 c.c.) stabilisce che il locatore deve eseguire, durante la locazione, tutte le riparazioni necessarie, eccetto le piccole riparazioni a carico del conduttore derivanti dall’uso (che rientrano nell’ordinaria manutenzione). In altri termini, le spese di manutenzione straordinaria dell’immobile locato fanno capo al proprietario, mentre all’inquilino spettano le spese di mantenimento ordinario e le piccole riparazioni . Ad esempio, se in un appartamento in affitto si rompe la caldaia e va sostituita (evento straordinario), la spesa dovrebbe gravare sul proprietario; se invece c’è da tinteggiare ogni 5 anni le pareti o sostituire un vetro rotto, spese considerate ordinarie, è di norma l’inquilino a doverle sostenere.
Occorre però considerare la presenza di normative speciali e la possibilità di pattuizioni differenti nel contratto di locazione, specie per le locazioni non abitative o quelle abitative “libere”. Storicamente, la Legge n. 392/1978 (c.d. equo canone) prevedeva alcune norme protettive: l’art. 23 L.392/78 imponeva al locatore di eseguire le riparazioni straordinarie (dando al conduttore la facoltà, se il locatore non provvedeva, di farle lui stesso previa autorizzazione del giudice e poi detrarre le spese dal canone); l’art. 79 L.392/78 dichiarava nulle le clausole che pongano a carico del conduttore oneri che per legge sarebbero a carico del locatore o che comunque mirino a eludere la legge in danno dell’inquilino. Inoltre l’art. 9 L.392/78 elencava gli oneri accessori a carico dell’inquilino, tra cui solo spese di manutenzione ordinaria e servizi comuni (ascensore, pulizia, luce scale, ecc.), ma non le spese di manutenzione straordinaria delle parti comuni, che quindi restavano in capo al proprietario. Tuttavia, questa disciplina è cambiata per le locazioni abitative: la Legge 431/1998 ha abrogato buona parte della L.392/78 (compreso il citato art. 23), liberalizzando i contratti cosiddetti “liberi” (4+4 anni) mentre per quelli a canone concordato o agevolato ha previsto l’adozione di apposite tabelle oneri accessori tramite decreti ministeriali (l’ultima è il DM Infrastrutture 16/01/2017). In sintesi, oggi occorre distinguere:
- Locazioni abitative libere (e locazioni commerciali): in questi contratti, non vige più un divieto assoluto di porre spese straordinarie a carico dell’inquilino. La Cassazione ha chiarito che un accordo contrattuale che ponga a carico del conduttore anche le spese di manutenzione straordinaria non è nullo ai sensi dell’art. 79 L.392/78, almeno per le locazioni non abitative, in quanto l’art. 23 (che tutelava l’inquilino sulle riparazioni straordinarie) non si applica ai locali commerciali e comunque è stato abrogato . In pratica, per affitti commerciali (negozi, uffici, capannoni) è ritenuto lecito pattuire liberamente che anche le spese straordinarie siano a carico dell’inquilino, non essendoci una norma imperativa che lo vieti. Questa logica, afferma Confedilizia citando Cass. 9019/2005, può oggi estendersi anche alle locazioni abitative di tipo libero, dato che l’art. 23 L.392/78 non è più in vigore e non vi sono tetti legali sul canone che tali pattuizioni aggirerebbero . Dunque, in un contratto di affitto abitativo 4+4, le parti potrebbero (teoricamente) accordarsi che l’inquilino paghi anche, poniamo, la sostituzione degli infissi o altri interventi straordinari, senza incorrere in nullità della clausola. Molti autori e sentenze ritengono valide queste clausole favorevoli al locatore nelle locazioni abitative libere (mentre in passato, sotto il regime di equo canone, sarebbero state nulle) . Resta naturalmente che, se il contratto nulla prevede in merito, si applica il principio generale: straordinarie al locatore, ordinarie al conduttore.
- Locazioni abitative a canone concordato o agevolato (regolate dalla L. 431/98 e da accordi locali): in questi contratti vi sono delle regole predeterminate. Il DM 16/1/2017 con la Tabella oneri accessori stabilisce precisamente quali spese sono a carico dell’inquilino e quali a carico del proprietario. E tale tabella (che è allegata obbligatoriamente al contratto concordato) attribuisce all’inquilino solo le spese di manutenzione ordinaria relative all’interno dell’appartamento, mentre rimangono a carico del locatore quelle straordinarie . Ne consegue che, per questo tipo di contratti, una clausola che ponesse a carico del conduttore anche oneri straordinari sarebbe nulla, perché in contrasto con le disposizioni imperative di legge e di regolamento. In pratica, nei contratti a canone concordato l’inquilino paga le stesse cose che pagherebbe in equo canone: luce, pulizie, ascensore, riscaldamento ordinario, manutenzione ordinaria, ma non può essergli chiesto di pagare la sostituzione dell’ascensore o il rifacimento del tetto – che rimane al proprietario.
- Altre locazioni particolari (es. locazioni turistiche, immobili vincolati, comodati): per contratti non abitativi che esulano da disciplina speciale (ad es. affitti brevi turistici, contratti d’affitto di immobili storici), si applica semplicemente il codice civile, e la ripartizione delle spese è rimessa all’autonomia delle parti. Quindi le parti possono liberamente decidere chi paga cosa, e in mancanza di patto, valgono i principi generali (locatore straordinarie, conduttore ordinarie) .
In definitiva, dal punto di vista del conduttore (inquilino): – Se il contratto NON prevede nulla di specifico sulle spese straordinarie: allora per la legge italiana le spese di manutenzione straordinaria spettano al locatore (proprietario). L’inquilino ha diritto di rifiutare richieste di contributo per tali spese, ricordando al proprietario che secondo art. 1576 c.c. le riparazioni straordinarie sono a carico suo. Ad esempio, se in condominio viene deliberata una costosa riparazione dell’ascensore, l’amministratore chiederà il pagamento al proprietario dell’appartamento; il proprietario non può “girare” questa spesa all’inquilino, se non c’è accordo in tal senso, perché è una spesa straordinaria e quindi di sua competenza . Qualsiasi tentativo di addossarla al conduttore può essere legittimamente respinto dall’inquilino.
- Se il contratto prevede espressamente che l’inquilino paghi anche certe spese straordinarie: occorre verificare se una tale pattuizione è lecita. In un contratto commerciale o in un contratto abitativo libero, come detto, la clausola è tendenzialmente valida (non contraria a norme imperative) . L’inquilino in questi casi ha meno margine: avendo sottoscritto un contratto in cui si impegnava a pagare anche, poniamo, le spese straordinarie condominiali, sarà tenuto a farlo secondo l’accordo. Nella pratica, molti contratti di locazione prevedono genericamente che l’inquilino rimborsi al locatore “le spese condominiali”; ci si chiede se tale dicitura includa anche spese straordinarie. Di solito, in mancanza di specificazione, si interpreta che l’inquilino debba rimborsare al proprietario solo le spese condominiali ordinarie (quelle di esercizio e manutenzione ordinaria) e non le straordinarie, a meno che la clausola contrattuale non sia molto chiara nel dire il contrario. Questo perché, anche laddove ammesse, le pattuizioni che derogano al codice trasferendo oneri straordinari sull’inquilino devono essere esplicite. Quindi, se sei inquilino e nel contratto c’è scritto solo “l’inquilino paga gli oneri condominiali”, puoi ragionevolmente sostenere che ciò non comprenda quote per rifacimenti straordinari (che resteranno a carico del proprietario).
- Se il contratto è a canone concordato (o comunque soggetto a tabelle oneri): l’inquilino ha la forza della legge dalla sua parte nel rifiutare qualsiasi addebito di spesa straordinaria. Qualunque clausola contraria sarebbe nulla. Ad esempio, in un contratto concordato 3+2 se il proprietario tentasse di far pagare all’inquilino la quota per il cappotto termico deliberato dal condominio, l’inquilino può opporsi: quella spesa, secondo la tabella ministeriale, è onere del proprietario e qualsiasi patto in deroga sarebbe nullo. L’inquilino potrebbe persino, dopo aver eventualmente pagato per evitare conseguenze, agire per farsi restituire tali somme indebitamente pagate (come vedremo nelle azioni di ripetizione).
Infine, va menzionata un’ulteriore norma di tutela per il proprietario: in caso di spese condominiali non pagate dall’inquilino che era tenuto a pagarle (secondo il contratto), il codice civile art. 1587 consente al locatore di agire per morosità. In effetti, la morosità dell’inquilino nel pagamento degli oneri accessori (spese condominiali ordinarie, tipicamente) può portare allo sfratto per morosità, analogamente al mancato pagamento del canone, se l’importo supera un certo ammontare (almeno due mensilità di canone, ex art. 5 L.392/78, e previa costituzione in mora). Questo però riguarda di solito le spese ordinarie che l’inquilino avrebbe dovuto versare. Se l’inquilino rifiuta di pagare spese straordinarie non dovute, ciò non dovrebbe costituire morosità rilevante, proprio perché non dovute: il locatore non potrebbe sfrattarlo validamente per una somma che in realtà egli non era tenuto a corrispondere. In caso di controversia, il giudice verificherà il titolo: se la spesa non era a suo carico, non potrà essere considerato in mora per essa. È sempre consigliabile per l’inquilino, comunque, documentare per iscritto le proprie contestazioni (ad esempio, rispondendo formalmente alla richiesta del proprietario che la spesa X non è dovuta perché di natura straordinaria, citando le norme applicabili o il contratto). Se invece la spesa era effettivamente a suo carico secondo contratto valido, il mancato pagamento potrà costituire inadempimento.
Riepilogo inquilino vs proprietario: normalmente le spese di manutenzione straordinaria di un immobile locato restano a carico del proprietario-locatore. Inquilino e proprietario possono però accordarsi diversamente nei limiti di legge (accordo consentito per contratti liberi, non per quelli regolamentati dove le straordinarie restano inderogabilmente al locatore). Dal punto di vista pratico, se sei un inquilino e ricevi la richiesta di contribuire a spese straordinarie condominiali (es. rifacimento facciata): – verifica il tuo contratto e la tipologia di locazione; – se nulla è previsto (o se sei in canone concordato), puoi legittimamente rifiutare di pagarle: spiega magari all’amministratore che il pagamento lo deve eseguire il proprietario; – se il contratto lo prevede e sei in un regime in cui è lecito (contratto libero o uso diverso), valuta col tuo legale se quella clausola è chiara e valida; in caso affermativo, sarai contrattualmente obbligato a pagarle, altrimenti potrai contestare la richiesta come non dovuta o la clausola come nulla.
Va segnalato inoltre l’art. 1577 c.c.: se occorrono riparazioni urgenti nell’immobile locato, l’inquilino deve darne prontamente avviso al locatore; se il locatore non vi provvede, l’inquilino può eseguirle di sua iniziativa, ma ha diritto al rimborso (salvo il diritto di trattenere eventuali spese straordinarie dal canone, previa autorizzazione, in casi particolari). Questo articolo tutela l’inquilino nel caso inverso: quando è il proprietario a non voler affrontare spese straordinarie necessarie. Non riguarda la contestazione di spese, ma è utile ricordare che il conduttore può agire in proprio per eseguire lavori urgenti e poi esigere il rimborso.
Tabella riepilogativa – Chi paga le spese straordinarie?
Situazione | Spese straordinarie a carico di… | Riferimenti |
---|---|---|
Condominio (proprietari tra loro) | Proprietari (condòmini) in base ai millesimi, salvo uso parziale o diverso (solo interessati) o accordi unanimi differenti. | Art. 1123 c.c. |
Proprietario vs Inquilino – contratto libero | Proprietario (locatore), a meno che il contratto preveda chiaramente che paga l’inquilino (clausola valida per locazioni libere e commerciali) . In assenza di patti: il locatore. | Art. 1576 c.c.; Cass. 9019/2005 |
Proprietario vs Inquilino – contratto concordato/agevolato | Proprietario (locatore). Clausole contrarie nulle. L’inquilino paga solo oneri ordinari secondo tabella ministeriale (DM 2017) . | Art. 1576 c.c.; art. 9 L.392/78; DM 16/1/17 |
Caso di clausola nulla (inquilino) | Se una clausola contrattuale pone spese straordinarie a carico dell’inquilino in violazione di norme (es. in contratto concordato): clausola nulla, l’inquilino può rifiutare e farsi restituire quanto eventualmente pagato. | Art. 79 L.392/78 (tutela conduttore) |
(Legenda: per “contratto libero” si intende locazione abitativa 4+4 o comunque non a canone vincolato; per “commerciale” si intende locazione uso diverso dall’abitativo.)
Approvazione delle spese straordinarie in condominio: procedure e maggioranze
Per comprendere come contestare delle spese straordinarie condominiali, è essenziale conoscere prima il percorso decisionale con cui tali spese vengono approvate e poste a carico dei condomini. In condominio, infatti, la regola generale è che i lavori di manutenzione straordinaria devono essere deliberati dall’assemblea (salvo urgenze, di cui si dirà a parte) e che ciascun condomino diventa obbligato alla spesa solo in forza di tale delibera assembleare. Dunque, molte contestazioni nascono proprio sulla validità o meno della delibera che approva i lavori e ripartisce i costi. Vediamo come funziona il processo di approvazione:
- Convocazione dell’assemblea e ordine del giorno: L’amministratore, o i condomini che ne abbiano diritto, convocano un’assemblea straordinaria (o trattano in assemblea ordinaria) inserendo all’ordine del giorno la proposta di eseguire determinati lavori straordinari. Devono essere indicati, possibilmente, la natura dei lavori, i preventivi o almeno una stima dei costi, e la necessità di costituire il fondo speciale previsto per legge. Ogni condomino dev’essere convocato regolarmente (pena l’annullabilità delle decisioni prese, ex art. 1137 c.c.).
- Maggioranze richieste: La legge prevede che, per approvare opere di manutenzione straordinaria, salvo che esse costituiscano innovazioni particolari, si applichi la maggioranza ordinaria qualificata dell’art. 1136 c.c. In seconda convocazione, ciò significa maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno 1/3 del valore millesimale. In prima convocazione, addirittura, servirebbe la maggioranza degli tutti i condomini che rappresenti almeno 2/3 del valore – quorum spesso non raggiungibile, per cui usualmente le delibere passano in seconda convocazione. Fanno eccezione alcune tipologie di innovazioni: ad esempio, per innovazioni di particolare rilevanza voluttuarie o gravose (art. 1120 c.c., comma 2) servirebbe la maggioranza dei 2/3, mentre per innovazioni “agevolate” (barriere architettoniche, contenimento energetico, sicurezza) basta la maggioranza semplice. La maggior parte dei lavori straordinari di manutenzione rientra però nella categoria gestibile con la maggioranza standard (1136 c.c.), non essendo considerati vere e proprie innovazioni radicali ma opere di conservazione. Ad esempio, la ristrutturazione dell’impianto fognario, il rifacimento del prospetto, la coibentazione del tetto, sono deliberabili con maggioranza “semplice” (metà +1 degli intervenuti, 1/3 del valore). Se invece si deliberasse, poniamo, di realizzare una piscina nel giardino condominiale (innovazione voluttuaria), i contrari possono opporsi e chiedere di essere esentati dalla spesa (art. 1121 c.c.), ed è comunque richiesta una maggioranza più elevata. In pratica, chi intende contestare una deliberazione di spese straordinarie può verificare se è stato rispettato il quorum richiesto dalla legge: se non lo è, la delibera è annullabile per violazione di legge. Ad esempio, se un lavoro richiedeva 2/3 e si è passato con 1/3, la delibera è viziata. Questo vizio però, come vedremo, va fatto valere nei termini di legge (30 giorni) perché attiene a una irregolarità annullabile e non a una nullità insanabile.
- Fondo speciale ex art. 1135 c.c.: un requisito obbligatorio – La riforma del condominio (L. 220/2012) ha introdotto all’art. 1135, comma 1 n. 4 c.c., l’obbligo per l’assemblea che delibera lavori di manutenzione straordinaria (o innovazioni) di costituire un fondo speciale di importo pari all’ammontare dei lavori. Questa è una novità importante: la finalità è assicurare che i fondi per pagare l’opera siano disponibili, evitando problemi di morosità e tutelando i creditori (imprese esecutrici) che altrimenti potrebbero rivalersi sui condomini in regola pro quota (art. 63 disp. att. c.c.). Dunque, ogni delibera di approvazione di lavori straordinari deve prevedere contestualmente la creazione di un fondo pari alla spesa deliberata . La norma consente che, se i lavori sono pagati per stati di avanzamento (SAL) secondo contratto d’appalto, il fondo possa essere costituito gradualmente in relazione ai singoli pagamenti dovuti . Ma in assenza di pagamenti rateali concordati, il fondo va creato integralmente. Che succede se l’assemblea non costituisce questo fondo? Secondo la giurisprudenza più recente, la mancanza del fondo speciale rende la delibera invalida. In particolare, la Cassazione civile, sez. II, 5 aprile 2024 n. 9388 ha statuito che l’obbligo di allestire il fondo ex art. 1135 c.c. rappresenta una vera e propria condizione di validità della delibera di approvazione dei lavori straordinari, e il giudice deve verificarne la sussistenza in caso di impugnazione . Ciò significa che un condomino dissenziente potrebbe far annullare la delibera se questa non ha previsto il fondo come richiesto. Non basta, ad esempio, tenere una “contabilità separata” o dire che si farà pagare a rate: la Cassazione sottolinea che la tenuta di una contabilità separata non equivale all’effettiva costituzione anticipata del fondo, e che quest’ultima è una misura volta a garantire le risorse prima ancora di assumere l’obbligazione verso i terzi . Dunque, contestare una delibera per omessa costituzione del fondo speciale è oggi una strada potenzialmente vincente, se fatta valere tempestivamente. (Va notato che non tutti i giudici di merito in passato ritenevano invalida la delibera senza fondo: alcuni parlavano di “fondo contabile” potendo anche solo tenere separate le somme , ma la Cassazione del 2024 ha chiarito l’interpretazione più rigorosa). In pratica: se l’assemblea delibera lavori per 100.000€, deve anche deliberare il fondo da 100.000€ e le modalità con cui i condomini verseranno le loro quote (anche rate, se l’appalto lo consente). Se deliberano i lavori senza menzionare il fondo o prevedendo un fondo inferiore (es. raccolgono solo 30.000€ iniziali senza specificare il resto), la delibera è vulnerabile ad impugnazione.
- Ruolo dell’amministratore e lavori urgenti: L’amministratore di condominio, senza previa delibera assembleare, non ha il potere di disporre lavori straordinari, salvo che si tratti di lavori urgenti necessari a evitare danni imminenti o per la sicurezza dell’edificio (art. 1135 comma 2 c.c.). In caso di urgenza, l’amministratore può intervenire direttamente e poi deve riferirne nella prima assemblea, che valuterà l’operato e potrà ratificare la spesa. Questa è una facoltà importante per fronteggiare emergenze (ad esempio, una perdita d’acqua copiosa che necessita immediata riparazione onde evitare allagamenti, o la messa in sicurezza di un cornicione pericolante). Ma cosa accade se l’amministratore esegue lavori straordinari dichiarandoli urgenti e poi chiede i soldi ai condomini, e qualcuno contesta che non fossero realmente urgenti? In tal caso decide l’assemblea e, in ultima analisi, il giudice. Una recente sentenza della Cassazione (Cass. civ. sez. II, 21 luglio 2025 n. 20541) è intervenuta proprio su questo tema, chiarendo i limiti dei poteri dell’amministratore in caso di lavori urgenti. La Corte ha affermato che l’urgenza non muta la natura straordinaria dei lavori: l’amministratore può e deve intervenire subito, ma le spese sono rimborsabili dai condomini solo se c’è ratifica assembleare e approvazione della spesa . In altre parole, l’amministratore non può bypassare l’assemblea definendo un intervento “urgente” per poi imporne il costo ai condomini senza delibera: deve comunque sottoporre la spesa all’assemblea appena possibile. Se l’assemblea (o alcuni condomini) contestano la reale urgenza, e quindi contestano l’obbligo di pagare, la questione può finire in tribunale. La Cassazione nel caso citato ha colto l’occasione per ribadire che l’amministratore non può far eseguire lavori straordinari discrezionali senza autorizzazione; può fare solo quelli strettamente indispensabili per evitare danni imminenti, e comunque i condomini hanno diritto di sindacare l’urgenza e la congruità dei costi in sede assembleare . Se l’assemblea non ratifica la spesa, l’amministratore potrebbe trovarsi nell’impossibilità di recuperare quanto anticipato, a meno di adire le vie legali dimostrando che l’intervento rientrava nei suoi poteri di urgenza. Dunque, come “difesa” per il condomino: se vengono eseguiti lavori straordinari senza delibera e vi vengono chiesti i soldi, valutate se effettivamente c’era urgenza. Se ritenete di no (ad es. lavori non indifferibili o eccessivamente onerosi rispetto al necessario), potete in assemblea rifiutare la ratifica o contestare l’operato dell’amministratore. È bene però agire con prudenza: se l’urgenza c’era davvero e l’amministratore ha agito correttamente, rifiutare di pagare esporrebbe il condominio a vertenze e possibili ingiunzioni. Se invece l’amministratore ha abusato della qualifica di “urgente” per evitare di passare dall’assemblea, i condomini dissenzienti hanno buoni argomenti per opporsi al pagamento.
In sintesi, per la validità di una delibera di spese straordinarie: – Deve essere stata regolarmente convocata e votata con le maggioranze prescritte. – Deve prevedere il fondo speciale pari all’importo (o ai SAL) come da art. 1135 c.c. – Deve riguardare parti comuni e non ledere diritti su proprietà esclusive senza consenso. – Non deve alterare i criteri di riparto di legge o di regolamento senza unanimità (pena nullità). – Se riguarda innovazioni, rispettare gli eventuali quorum speciali o dare facoltà di non partecipare se voluttuarie (art. 1121 c.c.). – L’amministratore non può agire in autonomia salvo urgenze reali, e comunque serve ratifica.
Conoscere questi aspetti è importante perché molte contestazioni nascono proprio da vizi di queste delibere. Come vedremo, impugnare la delibera nei termini di legge è il primo modo di “difendersi” contro una spesa straordinaria che si ritiene illegittima. Nei prossimi paragrafi affronteremo nel dettaglio le azioni di impugnazione e di opposizione al decreto ingiuntivo, ma prima riepiloghiamo le differenze cruciali tra delibere nulle e delibere annullabili, concetti da cui dipendono strategie e tempistiche di difesa.
Tabella riepilogativa – Delibera di lavori straordinari: requisiti e vizi
Requisito delibera straordinaria | Descrizione | Possibile vizio se mancante |
---|---|---|
Regolare convocazione di tutti i condomini | Tutti i condomini devono essere convocati e informati (es. avviso nei termini, indicazione lavori O.d.G.). | Annullabilità (impugnabile entro 30 gg per vizio di convocazione). |
Quorum deliberativo adeguato | Maggioranza richiesta dall’art. 1136 c.c. (o 1120 c.c. se innovazione particolare). Esempio: seconda convocazione, maggioranza semplice e 1/3 millesimi per manutenzioni ordinarie/straordinarie. | Annullabilità (delibera presa con quorum insufficiente va impugnata entro 30 gg). |
Oggetto di competenza (parti comuni) | La decisione riguarda parti comuni dell’edificio. L’assemblea non può decidere su parti esclusive senza consenso. | Nullità (se delibera dispone opere su proprietà esclusiva senza base contrattuale). |
Rispetto criteri legali di riparto | La spesa è ripartita secondo legge/regolamento vigente (millesimi salvo diversa convenzione unanime). | Nullità (se la delibera modifica o deroga i criteri generali di riparto senza unanimità) . Se invece applica male i criteri a quel caso senza mutarli per il futuro, per Cassazione è annullabile entro 30 gg . |
Costituzione del fondo speciale (art. 1135) | La delibera deve prevedere un fondo pari all’importo dei lavori (o progressivo per SAL) finanziato dai condomini. | Annullabilità (Cass. 9388/2024: mancanza del fondo = condizione di validità, impugnabile entro 30 gg) . (Possibile nullità secondo alcuni, ma orientamento prevalente: vizio da far valere tempestivamente). |
Urgenza (se lavori già eseguiti dall’amm.re) | Se l’amministratore ha già fatto eseguire lavori urgenti, l’assemblea deve valutare e approvare la spesa. L’urgenza non giustifica evitare la delibera. | L’assemblea può rifiutare la ratifica se non ritiene urgente: l’amministratore dovrà eventualmente agire per accertare la necessità. (Non è un vizio della delibera, ma un possibile contenzioso separato.) |
Impugnazione delle delibere condominiali di spesa straordinaria (annullabilità e nullità)
Supponiamo ora che l’assemblea abbia deliberato una spesa di manutenzione straordinaria che un condomino ritiene ingiusta o illegittima. Dal punto di vista del condomino dissenziente (o assente all’assemblea), il primo strumento di difesa è l’impugnazione della delibera dinanzi all’autorità giudiziaria. L’art. 1137 c.c. prevede infatti che le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento condominiale possano essere impugnate dai condomini assenti, dissenzienti o astenuti, entro 30 giorni dalla data della delibera (per i dissenzienti o astenuti) o dalla data di comunicazione del verbale (per gli assenti). Trascorso tale termine, le delibere annullabili non possono più essere contestate e diventano definitive e vincolanti per tutti. Vi sono però alcune deliberazioni che sono affette da nullità radicale, e queste possono essere fatte valere in giudizio senza limiti di tempo (da chiunque vi abbia interesse), non essendo soggette alla decadenza di 30 giorni.
È dunque cruciale distinguere se la delibera “incriminata” sia nulla oppure semplicemente annullabile, perché da ciò dipende la strategia di difesa: – Se il vizio è di quelli che comportano nullità, il condomino può anche rifiutarsi di dare esecuzione alla delibera e aspettare, sollevando la nullità come eccezione in un eventuale procedimento di recupero crediti (decreto ingiuntivo, causa, ecc.), oppure agire in ogni tempo per far dichiarare la nullità. – Se invece il vizio comporta annullabilità, il condomino deve agire attivamente entro 30 giorni con un’azione di impugnazione in tribunale; non può limitarsi a non pagare pensando di far valere il vizio in seguito, poiché se lascia decorrere i 30 giorni la delibera diviene incontestabile e dovrà pagare comunque.
Quali sono i vizi che rendono nulla una delibera e quali la rendono annullabile? La giurisprudenza ha elaborato vari criteri. Possiamo sintetizzare così: – Nullità (inesistenza o nullità radicale): riguardano deliberazioni che hanno un oggetto impossibile o illecito, che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini (eccedendo i poteri dell’assemblea), oppure che modificano le quote di partecipazione o i criteri di riparto delle spese in assenza di unanimità . Esempi: una delibera che dispone un intervento su proprietà privata di Tizio contro la sua volontà (oltre i poteri dell’assemblea); una delibera che stabilisce per il futuro che le spese si divideranno non più per millesimi ma “a testa” (criterio “capitario”); una delibera che priva un condomino del suo diritto di usare un bene comune; oppure una delibera che approva lavori chiaramente estranei all’interesse condominiale (es. spesa per attività non inerenti l’edificio). In tali casi l’atto è nullo ab origine. Rientra nella nullità anche la deliberazione che a maggioranza modifica i criteri legali o convenzionali di riparto delle spese: ad esempio se l’assemblea decidesse che, contrariamente all’art. 1123, la spesa X sarà ripartita in parti uguali (criterio capitario) senza unanime consenso, questa delibera è nulla secondo costante giurisprudenza . La Cassazione ha confermato che la nullità per questo motivo è assoluta e insanabile e non soggetta a 30 giorni . In generale, l’assemblea può decidere come ripartire le spese solo entro i limiti di legge: se esce da quei limiti, l’oggetto è “giuridicamente impossibile” e la deliberazione è nulla . Anche deliberare senza competenza (es. decide di vendere un bene comune senza l’unanimità richiesta dalla legge, o deliberare lavori su proprietà esclusiva come sopra) dà nullità.
- Annullabilità: sono la gran parte dei vizi “comuni”, ovvero le violazioni di regole procedurali o deliberative che non intaccano però i diritti individuali oltre i limiti, né l’oggetto essenziale. Ad esempio: irregolarità nella convocazione (convocazione mancata ad un condomino, o fuori termine); mancanza di quorum costitutivi o deliberativi (mancato raggiungimento delle maggioranze richieste); delibere che violano il regolamento condominiale su questioni gestionali; errori nell’applicare i criteri di riparto nel caso concreto (senza però volerli modificare in via generale). Un caso tipico di annullabilità in tema di riparto spese è quando l’assemblea applica male i millesimi o il criterio previsto per una spesa: ad esempio, ripartisce la spesa di riparazione ascensore tra tutti i condomini in parti uguali soltanto per quella volta, ma senza dichiarare di voler cambiare il criterio per il futuro. Secondo le Sezioni Unite della Cassazione, deliberazioni che decidono una ripartizione una tantum scorretta (in violazione dei criteri) sono meramente annullabili, e vanno impugnate entro 30 giorni . Se invece stabilissero un nuovo criterio permanente, sarebbero nulle . Dunque la linea di confine a volte è sottile e va valutata caso per caso.
Per fare un esempio: l’assemblea delibera che la spesa per rifare la facciata (100.000€) verrà pagata per il 50% in base ai millesimi e per il 50% in parti uguali tra i 10 condomini, senza unanimità. Questo è un criterio non previsto dalla legge né dal regolamento: sta modificando i criteri legali per quella spesa. La giurisprudenza più recente direbbe che è annullabile (visto che riguarda quella spesa specifica), ma un altro orientamento dice che è nulla perché comunque deroga ai criteri legali senza unanimità. In ogni caso, è altamente consigliabile impugnarla entro 30 giorni, così da non correre rischi: il giudice deciderà se era nulla o annullabile, ma intanto l’avremo impugnata tempestivamente.
Procedura di impugnazione: L’impugnazione si propone con atto di citazione davanti al tribunale competente (quello ove è sito il condominio), entro il termine di decadenza. Prima di avviare la causa, è però necessaria la mediazione civile obbligatoria: le controversie condominiali rientrano tra quelle soggette a mediazione obbligatoria (D.Lgs. 28/2010 e successive modifiche). Questo significa che il condomino impugnante deve prima depositare un’istanza presso un organismo di mediazione e invitarvi il condominio (amministratore munito di delibera assembleare di autorizzazione a conciliare, di solito) . Solo se la mediazione fallisce (mancato accordo) potrà proseguire la causa. Il termine di 30 giorni per impugnare si ritiene rispettato se entro tale termine viene avviata la mediazione (la legge attuale prevede che la presentazione della domanda di mediazione interrompe la decadenza e ne sospende gli effetti).
Nell’atto di citazione il condomino impugnante deve indicare i motivi per cui chiede l’annullamento (o l’accertamento di nullità) della delibera. Ad esempio: “violazione dell’art. 1123 c.c., delibera che ripartisce spese in deroga ai millesimi senza unanimità (nullità)”, oppure “violazione art. 1135 c.c. per mancata costituzione fondo obbligatorio (annullabilità)”, oppure “vizio di convocazione, condomino non invitato” ecc. È possibile chiedere anche provvedimenti cautelari, ad esempio la sospensione dell’esecuzione della delibera nelle more del giudizio, se vi è pericolo di danno (art. 1137 c.c. ultimo comma prevede che l’autorità giudiziaria può sospendere l’esecuzione della delibera impugnata, su istanza di parte, per gravi motivi). Questo può essere utile se il condominio sta per iniziare i lavori e ripartire le spese, o addirittura escutere i morosi, mentre la causa di annullamento è pendente: ottenendo la sospensiva, si “congela” l’obbligo di pagamento finché il giudizio non chiarisce la validità della delibera.
Se l’impugnazione ha successo, la delibera viene annullata (o dichiarata nulla). L’effetto è retroattivo: la delibera si considera come mai esistita e cessa di produrre effetti vincolanti. Quindi, se un condomino aveva già pagato, potrà chiedere restituzione di quanto versato in esecuzione di quella delibera (come pagamento indebito, vedremo dopo). Se invece l’impugnazione viene rigettata (magari perché il vizio dedotto non sussiste o non è così grave), la delibera resta valida e il condomino dovrà rispettarla.
E se uno non impugna nei 30 giorni? Allora la delibera annullabile non potrà più essere contestata e neanche opposta in sede di decreto ingiuntivo. Infatti, secondo le Sezioni Unite, in sede di opposizione a ingiunzione il condomino non può limitarsi a eccepire l’annullabilità della delibera oltre i termini, ma doveva farla annullare tempestivamente . Potrà solo sperare di far valere eventuali profili di nullità che siano rilevabili d’ufficio. Per questo è fondamentale non trascurare il rimedio dell’impugnazione immediata se ci sono vizi seri.
Nullità in sede di opposizione: come anticipato, la nullità essendo insanabile può essere fatta valere anche successivamente. Ad esempio, se la delibera ripartiva spese in parti uguali (criterio capitario) e nessuno l’ha impugnata nei 30 giorni, un condomino moroso potrebbe comunque, una volta ingiunto, sostenere in giudizio che la delibera è nulla e chiedere che il giudice la disapplichi. La Cassazione (Sez. Unite 2021 n. 9839) ha confermato che in un’opposizione a decreto ingiuntivo per oneri condominiali il giudice può sindacare la validità della delibera posta a base del credito, sia quanto a nullità (rilevabile anche d’ufficio) che quanto ad annullabilità . In quest’ultimo caso, però, l’opponente deve aver agito con domanda riconvenzionale di annullamento entro i termini per non essere dichiarato decaduto . Detto altrimenti: se la delibera aveva un vizio annullabile e il condomino moroso non l’ha impugnata in tempo, in sede di opposizione non potrà più sfruttarlo come semplice eccezione (verrebbe dichiarata inammissibile l’eccezione di annullabilità tardiva) . Diverso invece se era nulla: la nullità può sempre essere fatta valere.
Riassunto pratico per il condomino debitore che vuole difendersi: 1. Analizzare la delibera che ha generato la spesa contestata. Identificare eventuali vizi: errori di convocazione, maggioranza mancante, criteri di riparto stravolti, opere non urgenti fatte senza delibera, ecc. 2. Entro 30 giorni: se rilevi un vizio, impugna la delibera in tribunale (dopo aver avviato mediazione). Questo ti mette al sicuro per far valere il tuo diritto. 3. Se credi il vizio sia nullità assoluta (es. ti hanno cambiato i millesimi o imputato spese non tue arbitrariamente), comunque è prudente impugnare, ma sappi che potrai usarlo anche successivamente. 4. Se non impugni in tempo e arriva una richiesta di pagamento o ingiunzione: potrai difenderti solo su eventuali nullità o su motivi estranei alla delibera (es. pagamento già eseguito, prescrizione, ecc.), mentre i vizi annullabili non più azionabili ti lasceranno senza difesa sulla validità del deliberato.
In conclusione, impugnare la delibera condominiale è la prima linea di difesa contro spese straordinarie illegittime. Nel prossimo capitolo vedremo cosa succede quando, malgrado tutto, il condominio procede con il recupero forzoso delle somme e come opporsi a un decreto ingiuntivo, scenario tipico per i condomini morosi.
Opposizione a decreto ingiuntivo per spese straordinarie condominiali
Quando un condomino non paga le quote relative a spese condominiali (incluse quelle straordinarie deliberate), l’amministratore ha facoltà – anzi, l’obbligo – di agire per il recupero forzoso. Lo strumento normalmente utilizzato è il decreto ingiuntivo, un provvedimento ottenuto in via monitoria (cioè senza contraddittorio iniziale) su cui spesso la legge prevede anche l’esecutorietà provvisoria per i crediti condominiali. In particolare, l’art. 63 delle Disposizioni di Attuazione del c.c. consente all’amministratore di chiedere decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo contro i condomini morosi, basandosi sullo stato di ripartizione approvato (bilancio o delibera che quantifica le quote dovute). Ciò significa che, una volta deliberata la spesa straordinaria e ripartita tra i condomini, se un condomino non paga la sua quota, l’amministratore potrà senza ulteriore indugio ottenere un decreto ingiuntivo nei suoi confronti. Di solito, per maggiore prudenza, gli amministratori attendono che la delibera diventi definitiva (ovvero trascorrano i 30 giorni senza impugnazione) prima di procedere, salvo nei casi in cui c’è estrema urgenza di cassa.
Dal punto di vista del debitore (il condomino moroso che si vede notificare un decreto ingiuntivo), la ricezione dell’ingiunzione non è la fine della strada: egli ha diritto a presentare opposizione entro 40 giorni dalla notifica del decreto (termine ordinario ai sensi dell’art. 641 c.p.c.). L’opposizione si propone con atto di citazione davanti al tribunale che ha emesso il decreto, dando così avvio a un giudizio a cognizione piena in cui si discuterà se il credito del condominio è dovuto oppure no. In altre parole, il decreto ingiuntivo non concluso dal debitore apre un processo di merito in cui il condomino può far valere le sue ragioni.
Attenzione: L’eventuale esecutorietà immediata ex art. 63 disp. att. c.c. fa sì che, anche dopo l’opposizione, il decreto resti provvisoriamente esecutivo salvo che il giudice, su istanza del debitore, sospenda l’esecuzione per gravi motivi. In pratica, il condominio può iniziare a pignorare beni, stipendio o casa del moroso anche se questi ha proposto opposizione, a meno che quest’ultimo ottenga un provvedimento di sospensione. Di solito, se il condomino opponente solleva questioni serie (ad es. l’ingiunzione si basa su una delibera impugnata o nulla) può chiedere al giudice di sospendere l’efficacia esecutiva finché non si decide il merito.
Nell’opposizione a decreto ingiuntivo, quali difese può far valere il condomino?
Si torna a quanto detto nel capitolo precedente: la difesa principale consisterà nel contestare la validità ed efficacia della delibera assembleare su cui il credito si fonda. Infatti, il titolo che legittima il condominio a chiedere i soldi è la delibera (o il piano di riparto) approvato dall’assemblea. Se cade quello, cade la pretesa. Quindi il condomino potrà: – Allegare la nullità della delibera condominiale, se vi sono motivi (ad es. delibera affetta da nullità per oggetto impossibile, vizi radicali nei criteri di riparto, ecc.). La nullità, come detto, è opponibile senza termini, quindi anche se sono passati più di 30 giorni. Il giudice dell’opposizione può rilevarla d’ufficio o su eccezione di parte . Se la ritiene fondata, dovrà dichiarare che il decreto ingiuntivo non aveva base valida (difetto di titolo) e quindi revocarlo. – Contestare l’annullabilità della delibera: qui però deve fare estrema attenzione. Se l’opponente non ha già impugnato la delibera nei termini, non può limitarsi a eccepirne l’annullabilità in opposizione. Secondo la Cassazione, l’annullabilità di una delibera condominiale non può essere fatta valere come semplice eccezione passivamente, ma solo proponendo domanda riconvenzionale di annullamento all’interno del giudizio di opposizione, e comunque entro il residuo termine di 30 giorni dall’assemblea . Cosa significa? Se l’ingiunzione arriva entro i 30 giorni dalla delibera (capita raramente, ma ipotizziamo), il condomino opponente può, nella citazione in opposizione, chiedere al giudice anche l’annullamento della delibera (domanda riconvenzionale) rispettando il termine. Se sono già passati più di 30 giorni, vuol dire che quell’azione non è stata intrapresa: il condomino in opposizione è decaduto dalla possibilità di far annullare la delibera. Pertanto, una eccezione di annullabilità sollevata tardivamente sarà dichiarata inammissibile . In buona sostanza: se non hai impugnato in tempo, in opposizione non puoi far valere quei vizi “minori”; puoi solo sperare in nullità o altre difese.
- Altre difese sul merito del credito: Oltre ai vizi della delibera, il condomino potrebbe contestare questioni di merito del credito. Ad esempio: “non devo questa somma perché ho già pagato una parte” (prova pagamento parziale), oppure “la delibera approvava 5.000€ ma l’amministratore mi ha ingiunto 6.000€ erroneamente” (errore di calcolo), oppure “la spesa non è mai stata effettivamente sostenuta e quindi non ve n’era diritto” (questo se, ad esempio, la delibera era condizionata a un lavoro poi non eseguito – caso particolare). Un’altra difesa tecnica è l’eccezione di prescrizione: i crediti condominiali per contributi si prescrivono in 5 anni (in quanto obbligazioni periodiche, ex art. 2948 c.c.). Quindi, se il condominio attiva un ingiunzione per quote molto vecchie (oltre 5 anni), il moroso può eccepirne la prescrizione. Tuttavia, di solito per lavori straordinari l’amministratore procede in tempi rapidi. Ma se, poniamo, uno si era impegnato a pagare a rate e poi non l’ha fatto e il condominio si sveglia dopo tanti anni, la prescrizione può essere rilevante.
- Eccezione di compensazione: può capitare che il condomino vantasse a sua volta dei crediti verso il condominio (casi rari: ad esempio, ha pagato di tasca propria lavori comuni urgenti, oppure gli sono state addebitate somme che poi una sentenza stabilisce non dovute). In via di principio potrebbe opporre in compensazione tali crediti. Però attenzione: spesso i crediti del condomino necessitano anch’essi di essere accertati in sede giudiziaria, quindi non è una difesa semplice.
- Irregolarità formali del decreto: raramente sono risolutive. Ad esempio, contestare che l’amministratore non avesse la delibera assembleare di autorizzazione a procedere (serve di solito una delibera per fare causa) – ma la mancanza di autorizzazione è sanabile e difficilmente porta all’annullamento del decreto a meno che il condominio stesso non ratifichi.
In pratica, lo scenario tipico di opposizione è questo: il condomino opponente dirà “il decreto ingiuntivo si basa sulla delibera del [data] che è invalida per i seguenti motivi… pertanto nulla mi è dovuto” oppure “pertanto va rideterminata la somma”. Il condominio (amministratore) si costituirà sostenendo che la delibera è valida e che comunque l’opponente è decaduto dall’impugnazione. Si discuterà quindi primariamente di validità della delibera. Se il giudice ritiene la delibera: – Nulla: allora l’ingiunzione viene revocata, perché manca un titolo legittimo. Attenzione: se è per nullità, la delibera non è mai stata efficace, quindi il condominio potrebbe trovarsi a dover restituire eventuali somme nel frattempo incassate. – Annullabile ma non impugnata in tempo: il giudice non può più sindacarla, deve considerarla efficace e valida. Dunque rigetterà l’opposizione e confermerà il decreto ingiuntivo, salvo che emergano altre ragioni di merito per ridurlo. – Annullabile e l’opponente ha proposto domanda di annullamento valida: il giudice potrà annullare la delibera in quel giudizio (accorpando di fatto l’impugnazione alla causa di opposizione) e conseguentemente revocare o ridurre l’ingiunzione. – Valida: ovviamente, se ritiene la delibera pienamente valida (nessun vizio), respingerà l’opposizione; il condomino dovrà pagare quanto dovuto più interessi e spese legali.
Si noti che, secondo la giurisprudenza, l’amministratore non può eseguire deliberazioni nulle neppure se non impugnate . Quindi, teoricamente, se una delibera era nulla, l’amministratore non avrebbe dovuto neanche chiederle le somme (perché un atto nullo non obbliga nessuno). Tuttavia, spesso l’amministratore non è un giurista e procede lo stesso, demandando al giudice la valutazione. L’opposizione serve anche a questo: far valere che l’amministratore non poteva pretendere quel pagamento poiché l’atto era radicalmente invalido.
Ricordiamo anche qui la mediazione obbligatoria: l’opposizione a decreto ingiuntivo, una volta instaurata, ricade in materia condominiale, quindi il giudice – dopo la prima udienza – dovrà ordinare alle parti di esperire il tentativo di mediazione se non l’hanno già fatto spontaneamente . Solitamente, poiché il decreto si ottiene senza mediazione (per espressa esenzione nella fase monitoria), sarà solo dopo l’opposizione che si dovrà attivare la mediazione. C’è dibattito su chi debba attivarla: alcuni tribunali ritengono sia onere del condominio opposto (cioè il creditore, che inverte la posizione processuale diventando convenuto-opposto) , altri dicono sia l’opponente (il condomino che ha proposto la causa di opposizione, in quanto tecnicamente “attore in senso sostanziale” volendo far cadere il decreto) . L’orientamento più recente, anche a seguito della Riforma Cartabia, sembra propendere che sia il condominio a doversi attivare (essendo la parte che vuole far valere la pretesa economica), ma di fatto spesso i giudici specificano nell’ordinanza di rinvio chi deve attivarsi. In ogni caso, se la mediazione fallisce, si torna in tribunale.
Conclusione pratica: se sei un condomino che ha ricevuto un decreto ingiuntivo per spese straordinarie che non hai pagato, puoi opporti entro 40 giorni. Nella tua opposizione: – Argomenta se possibile che la delibera è nulla (motivi forti: es. deliberato criteri non conformi alla legge, manca unanimità su riparto, oggetto illegittimo, ecc.) . – Se avevi impugnato la delibera per tempo, allegalo e chiedi la sospensione del decreto in attesa dell’esito. – Se non l’avevi impugnata e i motivi sono solo “annullabili” (es. vizio di convocazione, quorum), sappi che è dura: il giudice dichiarerà inammissibile la tua contestazione perché tardiva . – Puoi anche far valere eventuali altri errori (pagamenti effettuati, prescrizione, ecc.). – Chiedi eventualmente la sospensione dell’esecuzione se il condominio sta procedendo con pignoramenti o ipoteche: dovrai dimostrare che hai fondati motivi (la nullità di prima, ad esempio, o che altrimenti subisci un danno grave).
L’opposizione a decreto ingiuntivo è quindi una sorta di seconda chance di difesa, ma funziona bene quasi esclusivamente per eccepire i vizi più gravi della delibera (nullità) o per far valere ragioni di merito sul quantum. Non è un sostituto dell’impugnazione: se una spesa straordinaria è stata deliberata e tu semplicemente non volevi pagarla ma senza vizi legali, l’opposizione difficilmente potrà evitarti la condanna, giacché il giudice non può disapplicare una delibera valida ed efficace (l’esistenza della delibera costituisce prova del credito condominiale).
Azioni di rimborso e risarcitorie per spese straordinarie indebite
Oltre alle azioni difensive “in negativo” (impugnare delibere, opporsi a richieste di pagamento), il condomino o l’inquilino che abbia pagato delle somme per spese straordinarie e successivamente scopra che non erano dovute ha a disposizione strumenti per ottenere il rimborso. Inoltre, in alcune situazioni più complesse, potrebbe sorgere il diritto a un risarcimento di danni subiti. Esaminiamo queste ipotesi.
Ripetizione di indebito (restituzione di somme non dovute)
Se un soggetto (condomino o inquilino) ha eseguito un pagamento che non era dovuto, la legge gli riconosce il diritto di chiederne la restituzione. La norma di riferimento è l’art. 2033 c.c., sull’indebito oggettivo: “Chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato”. Ha inoltre diritto agli interessi dal giorno del pagamento, se chi ha ricevuto la somma era in malafede (sapeva il pagamento non dovuto), oppure dal giorno della domanda se chi ha ricevuto era in buona fede .
Questa regola si applica classicamente al caso in cui uno paga per errore qualcosa che non deve. Ma nel nostro contesto, l’indebito può assumere forme più particolari. Ad esempio: – Il condomino paga la sua quota di spese straordinarie deliberata, ma poi la delibera viene annullata dal giudice (o dichiarata nulla). A quel punto, viene meno il titolo giustificativo del pagamento. Si configura un indebito sopravvenuto: inizialmente il pagamento era dovuto in base a una delibera valida, ma poi tale delibera è caducata con efficacia retroattiva. In tal caso, chi ha pagato ha diritto alla restituzione di quanto versato, perché la “causa” del pagamento è venuta meno . La giurisprudenza ha affermato chiaramente che se una delibera condominiale di spesa viene annullata o sospesa, i pagamenti effettuati in base ad essa devono essere restituiti, in applicazione dei principi dell’indebito e degli effetti retroattivi dell’annullamento degli atti . Anche la sospensione, se prolungata, può giustificare la restituzione (ma di solito si attende l’esito finale). Quindi, se hai fatto causa e hai vinto annullando la delibera, puoi esigere indietro dal condominio (o compensare con altre spese) ciò che avevi già pagato per quei lavori. – Il condominio ha deliberato lavori straordinari e raccolto anticipazioni dai condomini (accantonamenti), ma i lavori non vengono mai eseguiti. Magari l’assemblea successivamente decide di non farli più, oppure per circostanze varie l’opera sfuma. In questo caso, la ragione del pagamento (eseguire quei lavori) è venuta meno, pur senza un atto formale di annullamento della delibera. Si parla di indebito sopravvenuto perché inizialmente l’obbligo c’era (la delibera per lavori), ma poi quell’obbligo si è estinto per venir meno dello scopo. È logico che i condomini abbiano diritto a vedersi restituire gli importi accantonati e non utilizzati. Devono essere restituiti gli accantonamenti per lavori straordinari che non sono mai stati eseguiti , a meno che l’assemblea unanime decida di destinarli ad altro (cosa che comunque richiederebbe accordo di tutti, poiché la destinazione originaria è cessata). Se l’assemblea tarda a restituirli, il singolo condomino può chiedere giudizialmente la ripetizione di indebito, provando che quei soldi erano per uno scopo non realizzato. Su questo tema si è pronunciato, ad esempio, il Tribunale di Palermo in una sentenza del 25 maggio 2022, in cui un ex condomino chiedeva la restituzione delle somme versate a titolo di fondo per lavori deliberati ma mai iniziati . In quel caso, però, l’attore non è riuscito a fornire prova sufficiente (non aveva prodotto la delibera che istituiva il fondo, né la prova che i lavori non erano stati fatti e che agli altri condomini erano stati restituiti) , e quindi la sua domanda è stata respinta per mancanza di prova . Questo ci insegna che, per ottenere la ripetizione, bisogna provare: a) il pagamento effettuato; b) l’assenza (originaria o sopravvenuta) di un debito che lo giustificava, ovvero che la causa debendi è venuta meno . Nel caso specifico, la prova poteva essere data esibendo il verbale che deliberava il fondo e certificava che sarebbe stato destinato a certi lavori, più il verbale successivo che decideva di non farli e restituiva agli altri le quote. L’ex condomino non avendoli, ha perso. Quindi, se siete in situazione analoga (avete pagato per lavori poi cancellati), raccogliete la documentazione: delibere, bilanci, estratti conto che mostrano le somme accantonate e non spese, ecc., per sostenere la richiesta di rimborso.
- Inquilino vs proprietario: se l’inquilino ha pagato al proprietario somme per spese straordinarie che non erano a suo carico, può chiedere la restituzione come indebito. Ad esempio, proprietario e inquilino non avevano un patto valido sulle straordinarie, ma il proprietario ha comunque preteso dall’inquilino 1000€ per l’ascensore nuovo e l’inquilino li ha pagati. In seguito, l’inquilino si informa e scopre che quella clausola era nulla o inesistente: potrà chiedere la ripetizione citando art. 2033 c.c. (pagamento indebito) e la norma imperativa violata (art. 1576 c.c. o art. 9 L.392/78) come causa della non debenza. Anche qui, dovrà provare di aver pagato e che quella somma non era dovuta. Potrebbe prima tentare una conciliazione o negoziazione col proprietario, ma in difetto l’azione legale è possibile (tenendo presente che tra privati non c’è mediazione obbligatoria se non per locazioni, materia che la contempla in certi casi – in realtà le locazioni non sono più materia di mediazione obbligatoria dal 2013, mi correggo: la mediazione obbligatoria oggi include contratti di locazione non abitativa ma esclude quelle abitative, se ben ricordo; comunque può sempre farsi su base volontaria).
- Caso del condominio che incassa somme non dovute: può capitare per errore, ad esempio doppio pagamento, o un condomino paga quote anche dopo aver venduto l’appartamento (capita quando i conteggi non sono aggiornati). Se chi paga non era tenuto (es. il venditore paga spese straordinarie deliberate dopo la vendita che spettavano all’acquirente), anche qui si configura indebito. Spesso, però, tra venditore e acquirente valgono i patti e comunque il condominio può pretendere da entrambi. L’ex proprietario che abbia pagato spese deliberate dopo il rogito potrebbe chiedere rimborso all’acquirente secondo gli accordi.
- Termini di prescrizione per la ripetizione: l’azione di indebito si prescrive in 10 anni dal giorno del pagamento (termine ordinario contrattuale). Se il pagamento è indebito per nullità dell’atto, alcuni hanno discusso se sia imprescrittibile come l’azione di nullità; in genere si applica il decennale da quando si scopre l’indebito o da quando l’atto è annullato. Ad esempio, se una delibera viene annullata oggi, da oggi hai 10 anni per ripetere quanto pagato in base ad essa.
Danni risarcibili
Oltre alla semplice restituzione delle somme, ci si può chiedere: posso chiedere un risarcimento danni per una spesa straordinaria illegittima? In linea di massima, i danni risarcibili potrebbero sorgere se la condotta di qualcun altro (il condominio, l’amministratore, un condomino, il proprietario, ecc.) ti ha causato un pregiudizio ulteriore rispetto all’esborso economico. Alcuni possibili scenari: – Danno da illegittima iscrizione di ipoteca o azioni esecutive: se il condominio (o il proprietario nel caso di inquilino) ti hanno aggredito legalmente per una spesa non dovuta, potresti aver subito danni di immagine o patrimoniali (es. iscrizione di ipoteca sulla tua casa, con difficoltà a venderla; segnalazione in centrali rischi; spese legali sostenute). Se si dimostra che la pretesa era infondata (delibera nulla o clausola nulla) e che l’altra parte ha agito con colpa, potresti chiedere il risarcimento di quei danni. Esempio: condominio iscrive ipoteca per 10.000€ di spese X, poi si scopre che la delibera era nulla e tu non dovevi pagarle; l’ipoteca ti ha fatto perdere una vendita, puoi provare a chiedere danni. Sono casi però non semplici, perché spesso finché non c’è la sentenza la pretesa era opinabile. – Danni per difetti dei lavori straordinari: se i lavori straordinari eseguiti (es. rifacimento facciata) sono fatti male e causano danni (infiltrazioni, vizi, ecc.), i condomini o anche i singoli che ne subiscono le conseguenze possono agire contro l’impresa appaltatrice per danni o risarcimento (garanzia decennale, art. 1669 c.c. per gravi difetti). Ma questo è un altro ambito (rapporti con terzi). – Danno da cattiva amministrazione: se un amministratore ha deliberatamente violato la legge (es. ha speso soldi senza delibera nonostante non fosse urgente) e ciò ha causato un danno alle casse condominiali o al singolo, l’amministratore potrebbe rispondere di responsabilità. Ad esempio, amministratore fa lavori non urgenti senza autorizzazione, alcuni condomini non pagano, ne nasce causa e il condominio spende soldi in spese legali: i condomini potrebbero lamentare che è colpa dell’amministratore se hanno subito quelle spese. Di solito però il rimedio è la revoca dell’amministratore e l’eventuale richiesta di risarcimento se c’è stato danno quantificabile.
- Danno all’inquilino: se un inquilino ha dovuto lasciare l’immobile a causa di mancati lavori straordinari (p.es. edificio dichiarato inagibile perché il proprietario non riparava il tetto), potrebbe chiedere danni al locatore per inadempimento contrattuale.
In buona sostanza, l’aspetto risarcitorio è secondario in questo tema: la principale preoccupazione di chi contesta spese straordinarie è non pagarle o farsi restituire i soldi. Il risarcimento subentra solo in casi particolari e va provato caso per caso.
Vendita dell’immobile e recupero spese straordinarie tra venditore e acquirente
Un ultimo scenario pratico: il caso di un appartamento venduto mentre sono in ballo spese straordinarie condominiali. Chi paga, tra venditore e acquirente? Abbiamo già accennato che secondo giurisprudenza prevalente fa fede la data della delibera: se la delibera di lavori straordinari è anteriore alla vendita (rogito), ne risponde il venditore; se è successiva, ne risponde l’acquirente , salvo diversi accordi in sede di vendita. In pratica, il venditore dovrebbe pagare tutte le spese straordinarie già deliberate prima del rogito (anche se i lavori si fanno dopo), mentre l’acquirente pagherà quelle deliberate dopo che è divenuto proprietario. Per evitare confusioni, è buona norma mettere per iscritto queste cose nel contratto di vendita . Infatti spesso venditore e acquirente si accordano diversamente (es. riducono il prezzo se ci sono lavori in vista e se li accollerà l’acquirente, o viceversa).
Dal punto di vista del condominio, però, c’è una norma: l’art. 63 disp. att. c.c. dice che chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo per i contributi dell’anno in corso e quello precedente. Quindi il condominio può legalmente chiedere i soldi sia al venditore sia all’acquirente (solidalmente) per le spese già deliberate ma non ancora pagate al momento del rogito. Tra loro poi ci sarà il regresso secondo gli accordi o i principi detti sopra. Quindi, se siete un acquirente e il condominio vi chiede soldi per lavori deliberati prima dell’acquisto, potreste dover pagare per evitare problemi col condominio, ma avrete diritto a rivalervi sul venditore in base alla legge (perché quell’obbligo era suo) . Questo ovviamente se non avete pattuito diversamente nel rogito.
In ogni caso, eventuali azioni di rimborso possono intercorrere tra venditore e acquirente: es. acquirente che paga una spesa straordinaria decisa prima della vendita può chiedere rimborso al venditore (se non già sistemato in sede di prezzo). Viceversa, un venditore che paga tutto anticipatamente e poi scopre che alcuni di quei soldi si riferivano a cose successive la vendita, potrebbe chiedere indietro all’acquirente. Questi rimborsi tra privati esulano un po’ dal tema della “difesa” verso il condominio, ma sono da tener presente.
Esempi pratici di contestazione (simulazioni)
Di seguito presentiamo alcuni casi pratici con le possibili soluzioni, per chiarire l’applicazione concreta dei principi esposti.
Caso 1: Delibera di lavori straordinari con riparto contestato – Il condominio “Alfa” delibera la ristrutturazione della facciata per €100.000. La delibera prevede, senza unanimità, che il 30% della spesa sia diviso in parti uguali tra i 20 condomini e il restante 70% secondo i millesimi, per “agevolare” i proprietari degli appartamenti piccoli. Il signor Rossi, proprietario di un grande appartamento (maggiori millesimi), vota contro. Cosa può fare Rossi? Questa delibera ha modificato i criteri legali di riparto (millesimi) senza accordo unanime, introducendo un criterio “capitario” pro quota. Tale delibera è nulla secondo la Cassazione . Rossi può non pagare la quota e impugnare immediatamente la delibera per farne dichiarare la nullità. Anche trascorsi i 30 giorni, Rossi potrebbe eccepire la nullità come difesa se il condominio agisse contro di lui, ma è meglio agire subito. Nel giudizio, con alta probabilità la delibera sarà dichiarata nulla (in linea con Cass. 5258/2023). Il condominio dovrà ripartire la spesa secondo legge (millesimi) o cercare un accordo diverso unanime.
Caso 2: Delibera approvata regolarmente ma spesa ritenuta superflua – Condominio “Beta”, 10 condomini, delibera rifacimento integrale del giardino condominiale con spesa di €20.000 (non urgente, più un abbellimento). Tutto regolare in convocazione e quorum (8 su 10 favorevoli). Il condomino Verdi, che aveva votato contro ritenendo la spesa voluttuaria e non necessaria, non impugna la delibera entro 30 giorni. Quando riceve la richiesta di pagamento, rifiuta sostenendo che “non era un lavoro necessario”. Ha chance di evitare il pagamento? Probabilmente no. Se la delibera non presenta vizi formali o di competenza (rifacimento giardino rientra nei poteri dell’assemblea, è un miglioramento e decoro), la scelta discrezionale dell’assemblea – anche se Verdi la giudica non necessaria – non costituisce un vizio impugnabile. Trascorsi i 30 giorni, la delibera è definitiva. Verdi dovrà pagare, altrimenti l’amministratore potrà agire ingiungendo la quota. In opposizione, Verdi non avrebbe argomenti legali (non può dire “era superfluo” come eccezione valida, la discrezionalità dell’assemblea non è sindacabile se non illogica o eccedente poteri). Morale: se si è in disaccordo su una spesa straordinaria ma non ci sono violazioni di legge, la via giudiziaria difficilmente la annullerà. Era meglio tentare di convincere in assemblea o chiedere di non partecipare se configurabile come innovazione voluttuaria (art. 1121 c.c., ma in questo caso rifacimento giardino probabilmente migliora il decoro ed è utilità comune, non una piscina extra-lusso, quindi l’opposizione ex 1121 non era applicabile). Verdi dovrà pagare, magari rateizzando se possibile.
Caso 3: Lavori urgenti contestati – Nel condominio “Gamma” l’amministratore, senza convocare l’assemblea, fa riparare d’urgenza il muro di cinta pericolante spendendo €5.000. Alcuni condomini (tra cui Bianchi) ritengono che non fosse così urgente e che si poteva deliberare con calma in assemblea scegliendo un preventivo più economico. L’assemblea viene comunque convocata dopo e ratifica a maggioranza la spesa, malgrado il voto contrario di Bianchi e altri due. Bianchi deve pagare la sua quota? In questo caso i lavori erano presumibilmente urgenti (pericolo crollo muro). L’amministratore era autorizzato a intervenire, e l’assemblea ha ratificato. Anche se Bianchi è contrario, la delibera di ratifica è valida (maggioranza sufficiente per manutenzione). Bianchi potrebbe impugnarla sostenendo che la spesa non fosse urgente (violazione art. 1135) – ma l’urgenza è un apprezzamento di fatto, il giudice difficilmente annullerà la delibera se una maggioranza l’ha approvata, a meno di dimostrare abuso. Bianchi dovrebbe provare che l’amministratore ha agito senza reale necessità, ma intanto c’era la ratifica. Direi che Bianchi dovrà pagare. Se invece l’assemblea non avesse ratificato la spesa, l’amministratore per recuperare i €5.000 avrebbe dovuto agire in giudizio contro tutti i condomini, cercando di dimostrare che c’era effettiva urgenza e quindi una gestione di affari per loro conto. In sede di quella causa, Bianchi e altri avrebbero potuto sostenere che non era urgente (es. muro non in imminente rovina, c’era tempo per deliberare). Sarebbe dipeso dalle perizie e valutazioni concrete. Ma con la ratifica, il condomino dissenziente ha poche carte: l’assemblea sovrana ha convalidato.
Caso 4: Inquilino e spese straordinarie – Tizio è inquilino di un appartamento; il contratto di locazione (4+4 libero) prevede genericamente “Tizio rimborsa al locatore le spese condominiali”. Nel 2025 il condominio delibera il rifacimento del tetto, quota di competenza dell’appartamento €8.000. Il proprietario (locatore) chiede a Tizio di contribuire con €8.000 oltre al solito affitto, citando la clausola. Tizio è perplesso: €8.000 per un tetto non è manutenzione ordinaria! Come si può difendere? Qui la clausola non esplicita “anche spese straordinarie”. In caso di controversia, un giudice potrebbe interpretare che la frase “spese condominiali” includa solo quelle ordinarie, soprattutto in ambito abitativo (dove per consuetudine le straordinarie restano al proprietario). Dunque Tizio può rifiutarsi di pagare i €8.000, spiegando al proprietario che trattasi di spesa straordinaria a carico suo. Se il proprietario insisterà ed eventualmente minacciasse sfratto per morosità, Tizio potrà opporre che non c’è morosità su canoni o oneri dovuti, avendo pagato tutto il dovuto tranne ciò che per legge non deve. Tizio farebbe bene a mettere per iscritto la sua posizione (magari con l’assistenza di un avvocato), citando art. 1576 c.c. e magari la tabella oneri (se fosse concordato; qui è libero ma comunque la prassi). Se il proprietario volesse, potrebbe portare la questione in tribunale come richiesta di pagamento: con buona probabilità la spunterebbe Tizio, data l’ambiguità della clausola che si interpreta in senso a lui favorevole su un punto non chiarito e la norma di base. Se il contratto invece avesse detto chiaramente “Tizio paga anche le spese straordinarie deliberate durante la locazione”, la clausola in un contratto libero è valida; Tizio si troverebbe contrattualmente obbligato. In tal caso, se aveva dubbi, doveva trattare diversamente all’inizio. Ma col contratto in mano, non avrebbe margine: dovrebbe pagare, al limite cercando un accordo (es. spalmare su più mensilità).
Caso 5: Vendita dell’appartamento e spese straordinarie – Caio vende il suo appartamento a Mevia in data 30 giugno 2025. A marzo 2025 il condominio aveva deliberato lavori di manutenzione straordinaria delle colonne montanti dell’acqua per €30.000 complessivi, con rate da luglio 2025. Nel rogito, Caio e Mevia non menzionano nulla di specifico sulle spese straordinarie. A settembre 2025, l’amministratore chiede a Mevia (nuova proprietaria) la prima rata lavori di €5.000 per il suo appartamento. Mevia sostiene che doveva pagarla Caio perché la delibera è antecedente all’acquisto. L’amministratore però dice che Mevia è proprietaria ora e la obbliga lo stesso. Chi ha ragione e cosa fare? Giuridicamente, Caio (venditore) era obbligato verso il condominio fino al 30 giugno. Mevia subentra ed è obbligata solidalmente per l’anno in corso e precedente (quindi anche per marzo 2025). Il condominio può escutere Mevia, sì, ma Mevia può poi rifarsi su Caio. Dato che non avevano pattuizioni contrarie, vale la regola giurisprudenziale: spesa deliberata prima della vendita = a carico di chi era proprietario allora (Caio) . Quindi Mevia dovrebbe pagare al condominio (per evitare mora), ma poi chiedere rimborso a Caio. Se Caio rifiuta, Mevia può portarlo in giudizio mostrando la data della delibera e chiedendo quella somma. Idealmente, Mevia avrebbe dovuto ottenere subito da Caio l’importo al rogito o uno sconto. Forse c’è stata negligenza. In una situazione simile, di solito il notaio allega una dichiarazione dell’amministratore sullo stato delle spese e delle delibere in corso . Se Caio avesse nascosto la delibera, Mevia può anche dire che c’è stato inadempimento contrattuale post-vendita (dichiarazioni non veritiere sullo stato debiti condominiali) e pretendere il rimborso immediato. Quindi la difesa di Mevia è verso Caio, non verso il condominio: col condominio conviene che paghi per non subire ingiunzioni (che potrebbe colpire lei in primis essendo proprietaria attuale). Poi agirà contro Caio.
Questi esempi mostrano come, a seconda del contesto, il debitore deve mettere in atto differenti strategie: dall’impugnare tempestivamente una delibera viziata, al resistere in giudizio evidenziando nullità, al far valere accordi o norme a suo favore. Passiamo ora a riepilogare sotto forma di domande e risposte alcune questioni frequenti.
Domande frequenti (FAQ)
D: Quali interventi rientrano nelle spese di manutenzione straordinaria?
R: Sono considerati straordinari gli interventi non routinari, di notevole entità o eccezionalità. Ad esempio: rifacimento completo di tetti e facciate, sostituzione integrale di impianti comuni (ascensore, caldaia centralizzata), opere di consolidamento strutturale, impermeabilizzazioni importanti, installazione di nuovi impianti o servizi (es. installare videocitofono centralizzato ex novo), adeguamenti a nuove normative (antincendio, antisismico) che comportino lavori significativi. Rientrano anche le innovazioni deliberate (purché migliorative e non mera manutenzione ordinaria). In generale, la differenza è che la manutenzione ordinaria riguarda riparazioni di routine o prevedibili e la gestione corrente (es. pulizie, piccole riparazioni, tinteggiatura periodica), mentre la straordinaria riguarda interventi eccezionali o non frequenti, spesso su larga scala. Non c’è un elenco tassativo in legge, ma ci si basa su entità e natura non periodica dell’opera . Anche un intervento urgente può essere straordinario se è di natura non ordinaria (es. messa in sicurezza urgente di un cornicione pericolante: è straordinario perché non rientra nella manutenzione di routine, ancorché urgente).
D: Chi paga le spese straordinarie in condominio?
R: Tutti i condomini proprietari delle unità, ciascuno in proporzione ai millesimi di proprietà, salvo casi particolari. La regola base (art. 1123 c.c.) è il criterio millesimale . Fanno eccezione: se il bene serve solo alcuni condomini (pagano solo loro, proporzionalmente – art. 1123 co.3) ; se alcuni ne fruiscono di più (si può ripartire in base all’uso potenziale – art. 1123 co.2) ; oppure se c’è un diverso criterio contrattuale (es. da regolamento approvato all’unanimità) . In nessun caso l’assemblea a maggioranza può imporre criteri diversi da quelli legali o da quelli pattuiti all’unanimità: una delibera che ripartisse diversamente senza consenso di tutti è nulla . Quindi, normalmente, se vi rifanno il tetto condominiale e avete 100 millesimi su 1000, pagherete il 10% della spesa. Se però ad esempio quel tetto copre solo una scala su due del condominio, è possibile che per “condominio parziale” paghino solo i condomini di quella scala.
D: L’inquilino deve pagare le spese straordinarie condominiali?
R: Di norma no, spettano al proprietario. L’inquilino paga solo gli oneri accessori ordinari (manutenzione ordinaria e servizi comuni di consumo) salvo patto contrario. In contratti di locazione abitativa a canone concordato non è ammessa alcuna deroga che metta spese straordinarie a carico dell’inquilino – sarebbe nulla . Nei contratti abitativi liberi o commerciali, è possibile pattuire diversamente: se nel contratto c’è scritto chiaramente che l’inquilino assume anche certe spese straordinarie, quella clausola è valida (specie per i commerciali) . Senza una chiara pattuizione, le straordinarie restano a carico del locatore (art. 1576 c.c.). Quindi, se sei inquilino e ti arrivano da pagare quote di rifacimento facciata o altri lavori condominiali grossi, verifica il contratto: nella maggior parte dei casi, non devi pagarle tu ma il proprietario. Una sottigliezza: se il contratto dice genericamente “l’inquilino rimborsa tutte le spese condominiali”, di solito si interpreta che quelle straordinarie escluse dalle tabelle non siano incluse (quindi restano al proprietario). Meglio sempre chiarire per iscritto. Se hai pagato spese non dovute, puoi chiederne la restituzione.
D: L’assemblea ha approvato un lavoro straordinario che considero inutile o eccessivamente costoso. Posso rifiutarmi di pagare?
R: Puoi provare a impugnare la delibera entro 30 giorni se pensi vi siano motivi di illegittimità (es. non c’era il quorum giusto, la spesa è voluttuaria e doveva darti diritto di esenzione ex art. 1121 c.c., ecc.). Ma se la delibera è stata presa regolarmente, la mera “non necessità” o il costo alto di per sé non bastano per annullarla: l’assemblea ha un potere discrezionale sulle scelte di gestione. Il giudice non entrerà nel merito dell’opportunità se la delibera rispetta la legge. Quindi se non emergono vizi legali, la delibera è valida e dovrai pagare, anche se eri contrario. Rifiutare di pagare in quel caso ti espone a decreto ingiuntivo e a dover pagare anche spese legali. Puoi tentare di far mettere a verbale il tuo dissenso e chiedere magari una dilazione, ma non puoi bloccare un lavoro solo perché non lo ritieni necessario, a meno di convincere la maggioranza in una nuova assemblea.
D: La delibera di spesa straordinaria presenta irregolarità (es: non mi hanno convocato, o hanno usato criteri di riparto sbagliati). Come mi muovo?
R: In questi casi hai probabilmente un caso di annullabilità (mancata convocazione, vizio di forma) o di nullità/annullabilità (criterio di riparto errato). Devi agire entro 30 giorni con impugnazione ex art. 1137 c.c. per annullarla. Se il problema è la ripartizione illegittima delle spese, la Cassazione distingue: se hanno proprio cambiato criterio generale senza unanimità (es. millesimi -> parti uguali), è nullità assoluta ; se hanno solo applicato male in quella occasione, è annullabile . In entrambi i casi, la cosa prudente è impugnare entro 30 giorni chiedendo in giudizio l’annullamento (o declaratoria di nullità) della delibera. Nel ricorso evidenzia il vizio: es. “non convocazione”, oppure “violazione art. 1123 c.c. – criterio non conforme”. Se ti muovi tempestivamente, hai buone chance di far valere il tuo diritto. Non aspettare: se lasci passare i 30 giorni e il vizio era solo annullabile, perdi la possibilità e dovrai pagare comunque. Se era nullo, potrai ancora farlo valere, ma spesso la distinzione è tecnica e contestata – meglio non rischiare.
D: Sono passati più di 30 giorni e non ho impugnato; posso almeno oppormi quando mi chiedono i soldi?
R: Se la delibera aveva un vizio di nullità (es. oggetto illecito, modifica criteri di riparto senza unanimità, materia non di competenza assembleare), sì: la nullità può essere fatta valere in ogni momento, anche come difesa contro un decreto ingiuntivo . Puoi farlo notare all’amministratore e, se insiste, sollevarlo davanti al giudice. Se invece il vizio era di annullabilità (convocazione, quorum, ecc.) e tu non hai impugnato entro 30 gg, purtroppo no: quella delibera ormai è definitiva. In un’eventuale opposizione a decreto ingiuntivo, l’eccezione di annullabilità tardiva sarebbe inammissibile . Potresti tentare di far valere comunque la questione, ma la giurisprudenza è chiara: il giudice non potrà più togliere efficacia alla delibera su eccezione tardiva. Quindi pagherai. Eccezioni: se la delibera era inficiata da un vizio talmente grave da potersi qualificare come nullità (spesso la linea tra annullabile e nullo è sottile), potresti provare ad argomentare nullità. Ma è rischioso. In sintesi: oltre i 30 gg, se non c’è nullità, conviene cercare un accordo di pagamento perché in giudizio è probabile perderesti.
D: Cos’è la differenza tra delibera nulla e annullabile, in parole semplici?
R: Una delibera nulla è come se non esistesse, perché ha un vizio fondamentale (l’assemblea ha deciso qualcosa che non poteva proprio decidere, oppure senza le condizioni base di un atto valido). Puoi ignorarla e far valere questa invalidità in ogni momento; anche il giudice può rilevarla d’ufficio . Una delibera annullabile invece è valida finché qualcuno non la annulla: ha un vizio meno grave (procedurale o di maggioranza), deve essere impugnata entro un termine per farla cadere. Se nessuno la impugna tempestivamente, resta valida per sempre come se fosse regolare. Esempio: delibera che viola un tuo diritto di proprietà esclusiva (ti impone di fare lavori in casa tua) – è nulla, non occorre nemmeno impugnarla entro 30 gg, puoi far valere in qualsiasi causa che è nulla. Delibera approvata senza convocarti – è annullabile, devi impugnarla entro 30 gg o poi non potrai più lamentarti.
D: Il condominio mi ha fatto decreto ingiuntivo per spese straordinarie che non intendo pagare. Cosa devo fare?
R: Devi presentare opposizione al decreto ingiuntivo entro 40 giorni dalla notifica, tramite un avvocato. Nell’opposizione dovrai spiegare al giudice perché il decreto non doveva essere emesso. Le difese principali sono: invalidità della delibera su cui il decreto si basa (vedi sopra: se nulla o annullabile ancora impugnabile, chiedi annullamento in via riconvenzionale) ; oppure errori nel calcolo o prescrizione del credito; oppure che hai già pagato in tutto o in parte. In pratica, l’opposizione è un processo vero e proprio contro il condominio. Attenzione: il decreto ingiuntivo ex art. 63 disp. att. c.c. è provvisoriamente esecutivo, quindi il condominio potrebbe nel frattempo procedere a pignorare (conto corrente, stipendio, ecc.) anche se hai fatto opposizione. Puoi chiedere al giudice della causa di opposizione di sospendere la provvisoria esecuzione del decreto, se hai seri motivi (es. delibera nulla, somma contestata significativa) e il giudice ritiene fondate le tue argomentazioni. Durante l’opposizione, sarete inviati in mediazione obbligatoria (materia condominiale). Se la mediazione non risolve, il giudizio andrà avanti fino alla sentenza. Se vinci, il decreto è revocato (e il condominio, se aveva già incassato, dovrà restituire, con interessi). Se perdi, il decreto è confermato e dovrai pagare (di solito con spese aggiuntive).
D: Ho pagato una spesa straordinaria, ma poi ho scoperto che non era dovuta (o la delibera è stata annullata). Posso riavere indietro i soldi?
R: Sì, puoi chiederli indietro come ripetizione di indebito ex art. 2033 c.c. (pagamento non dovuto) . Se, ad esempio, hai versato 2.000€ per dei lavori mai realizzati, hai diritto al rimborso perché manca la causa del pagamento . Se hai pagato in base a una delibera che poi è stata annullata, hai diritto a rimborso perché l’annullamento fa venir meno retroattivamente l’obbligo . Dovrai fare una richiesta formale al condominio (o al proprietario, se sei inquilino e li avevi dati a lui) e, in mancanza di riscontro, potrai agire per via giudiziale. Assicurati di avere le prove del pagamento effettuato e della circostanza che lo rende indebito (sentenza di annullamento, verbale assemblea che revoca i lavori, etc.) . Il condominio potrebbe nel frattempo compensare quelle somme con altre dovute (ad es. spesso se vengono restituiti fondi non usati, li scalano dalle successive spese). Se invece è il proprietario a doverti restituire spese straordinarie che hai anticipato tu inquilino, fagli una formale richiesta citando il contratto e la legge; se rifiuta, valuta causa civile (per importi alti ne vale la pena).
D: L’amministratore ha tenuto i nostri soldi versati per lavori straordinari non fatti. Come farceli restituire?
R: Prima di tutto, l’assemblea dovrebbe deliberare di restituire gli accantonamenti non utilizzati. Se l’amministratore tergiversa, sollecitatelo con lettera dall’avvocato. In casi estremi, l’amministratore che trattiene indebitamente somme dei condomini potrebbe incorrere in responsabilità anche gravi (perfino penali se li distrae). Quindi come condomini avete diritto di riavere i soldi. Se l’assemblea non viene convocata, un condomino può diffidare l’amministratore o convocare direttamente un’assemblea (su richiesta di almeno 2 condomini che rappresentino 1/6 del valore, art. 66 disp. att.). In assemblea si voterà la restituzione. Se nonostante ciò nulla accade, ciascun condomino può agire singolarmente per la propria quota con azione di indebito verso il condominio. La citata sentenza Trib. Palermo 2022, però, insegna che bisogna portare in giudizio le prove di quei versamenti e del fatto che dovevano essere restituiti . Il giudice non può condannare “a sensazione”: servono delibere, estratti conto, verbali ecc. Quindi organizzate la documentazione prima.
D: In caso di vendita dell’appartamento, come ci si regola con le spese straordinarie?
R: Giuridicamente paga chi era proprietario al momento della delibera che le ha approvate . Ma poiché il condominio può chiedere anche all’acquirente in via solidale (entro l’anno precedente e corrente all’acquisto, ex art. 63 disp. att.), conviene sempre regolare la cosa nel rogito. La prassi è che il venditore dichiara se ci sono lavori straordinari già deliberati e, in genere, o li paga fino alla data del rogito, oppure decurtano qualcosa dal prezzo. Esempio: se so che il 10 luglio ci sarà una delibera per lavori, posso pattuire che se deliberano entro 4 mesi dalla vendita paga il venditore, etc. Insomma, tutto è negoziabile tra le parti. Se nulla è scritto, vale la regola: delibera prima del rogito = spese a carico venditore; dopo = a carico acquirente . In caso di contestazioni, spesso l’amministratore fornisce un resoconto allegato all’atto e sulla base di quello si decide. Quindi, venditore e compratore dovrebbero chiarire per iscritto chi paga cosa (quote di lavori già deliberati ma non ancora pagati, lavori futuri già discussi ecc.) . Se siete acquirente, chiedete sempre questa informazione prima di concludere, per evitare sorprese di dovervi sobbarcare rate di lavori deliberati prima (che però, se succede, potrete rifare sul venditore legalmente).
D: Quali sono i termini di prescrizione per le spese straordinarie?
R: Le quote condominiali (ordinarie o straordinarie) si prescrivono in 5 anni dal giorno in cui sono esigibili, ai sensi dell’art. 2948 c.c. (essendo contributi periodici dovuti in base a un regolamento o deliberazione) – secondo prevalente giurisprudenza. Quindi, se il condominio non vi chiede nulla per oltre 5 anni, potreste eccepire prescrizione. Attenzione però: ogni sollecito scritto o parziale pagamento interrompe la prescrizione e fa decorrere da capo i 5 anni. Nel dubbio, non fate troppo affidamento su questo: difficilmente spese straordinarie ingenti vengono lasciate non riscosse così a lungo. Per l’azione di rimborso (ripetizione) da parte vostra, invece, vale il termine ordinario di 10 anni dal pagamento.
D: L’amministratore può fare lavori straordinari senza delibera se urgenti?
R: Sì, se veramente urgenti e indifferibili, l’amministratore può intervenire subito (art. 1135 comma 2 c.c.). Deve però riferirne nella prima assemblea e far approvare la spesa . I condomini hanno diritto di verificare se l’urgenza c’era. Se secondo loro no, possono anche rifiutare la ratifica: si aprirà un potenziale contenzioso. La Cassazione ha ribadito che l’urgenza non trasforma il lavoro in ordinario e non esautora l’assemblea: le spese straordinarie vanno comunque sottoposte all’assemblea appena possibile . Quindi l’amministratore non può abusare di questa facoltà per saltare il confronto coi condomini. Se lo fa, e i condomini contestano, rischia di dover giustificare davanti a un giudice il suo operato. Dal lato del condomino: se vi presentano il conto di un lavoro “urgente” fatto senza delibera e secondo voi non lo era, manifestate per iscritto il dissenso, votate contro la ratifica e (se di importo rilevante) preparatevi a far valere la non dovutezza della spesa. Ma se effettivamente c’era un pericolo o un’urgenza, difficilmente vi esonererete dal pagare, perché la legge lo consente proprio in quei casi.
D: È obbligatorio il fondo speciale per i lavori straordinari?
R: Sì, la legge lo prevede espressamente: l’assemblea che delibera opere straordinarie deve costituire un fondo speciale di importo pari all’ammontare dei lavori (art. 1135 c.1 n.4 c.c.) . Se i lavori sono con pagamento a stati di avanzamento, il fondo può essere costituito gradualmente per ciascuno stato . Questo è obbligatorio dal 2013. Lo scopo è garantire la solvibilità verso l’impresa. Se un’assemblea non istituisce il fondo, la delibera è viziata. La Cassazione ha di recente detto che la costituzione del fondo è “condizione di validità” della delibera : quindi un condomino può impugnare la delibera per farla annullare sulla base che manca il fondo deliberato. Alcune pronunce di merito in passato erano più flessibili (bastava una contabilità separata) , ma l’orientamento attuale è stringente: ci vuole proprio il fondo concreto . Dunque sì, è obbligatorio, a tutela di tutti. Per il condomino, questo significa che dovrà versare in anticipo la sua quota intera (o per SAL) dei lavori deliberati. Se l’assemblea deliberasse i lavori ma dicesse “pagheremo man mano senza fondo”, potete impugnarla perché contraria alla legge.
Conclusioni
La contestazione di spese di manutenzione straordinaria richiede una buona conoscenza sia delle norme condominiali sia degli strumenti processuali a disposizione. Dal punto di vista del debitore (sia esso condomino, inquilino o altro), il messaggio principale è: non subire passivamente richieste che ritenete ingiuste o illegittime, ma reagire nei tempi giusti e con i mezzi appropriati. In condominio, ciò significa impugnare subito le delibere viziate (entro 30 giorni, previa mediazione) e, se del caso, opporvi ai decreti ingiuntivi sollevando i vizi più gravi. Nel rapporto di locazione, significa conoscere i propri diritti per rifiutare addebiti non dovuti e, eventualmente, agire per il rimborso di somme indebitamente pagate.
Abbiamo visto come la legge e la giurisprudenza offrano varie tutele: dalla pronuncia che dichiara nulla una delibera che altera i criteri di riparto delle spese , alla possibilità di ottenere la restituzione di fondi versati per lavori non eseguiti , fino alla conferma che le spese straordinarie in affitto competono di regola al locatore, a meno di chiare pattuizioni contrarie . Tuttavia, far valere tali diritti richiede iniziativa e cognizione di causa. Spesso, purtroppo, i termini per agire sono brevi e non conoscere la distinzione tra nullità e annullabilità può portare a perdere una contestazione sacrosanta.
Per questo, la prevenzione è fondamentale: partecipate alle assemblee, fate mettere a verbale i vostri dissensi motivati, informatevi (anche con un legale) appena sorge la questione. Nel caso di delibere potenzialmente illegittime, la tempestività nell’impugnazione è decisiva. Nel caso di richieste economiche del proprietario all’inquilino, leggere bene il contratto ed eventualmente rivolgersi a organizzazioni di inquilini o consulenti può chiarire subito la spettanza.
Infine, ricordiamo che esiste la via della mediazione e della negoziazione che, specie in ambito condominiale, può spesso ricomporre la lite senza trascinare tutti in tribunale (dove i rapporti di vicinato potrebbero ulteriormente guastarsi). Ad esempio, un condomino che ha ragione nel merito ma è solo contro tutti, in mediazione può ottenere un compromesso (magari una rateizzazione lunga, o la rinuncia a interessi e sanzioni) evitando una guerra legale. Allo stesso modo, un inquilino e un proprietario possono trovare un accordo economico transattivo su spese borderline (ad es. dividere a metà una certa spesa, in cambio di altri benefici).
Questa guida ha fornito un quadro avanzato e dettagliato; in appendice trovate un elenco delle fonti normative e delle principali sentenze citate, per approfondire singoli aspetti o verificare gli orientamenti giurisprudenziali menzionati. Ricordate: ogni caso concreto può presentare sfumature particolari, quindi in situazioni importanti è consigliabile farsi assistere da un professionista. Con la giusta strategia, il debitore può efficacemente difendersi dalle pretese indebite riguardanti spese straordinarie, garantendo il rispetto dei propri diritti e, al contempo, contribuendo solo a ciò che realmente gli compete.
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👉 Prima regola: dimostra la natura effettiva e documentata delle spese, distinguendo tra interventi ordinari e straordinari, e chiarisci se erano realmente deducibili o detraibili.
⚖️ Quando scattano le contestazioni
- Interventi edilizi qualificati come straordinari ma considerati ordinari dall’Agenzia;
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- Spese per immobili portate in detrazione (bonus ristrutturazioni, ecobonus, sismabonus) giudicate non ammissibili;
- Documentazione incompleta (assenza di fatture, bonifici parlanti, permessi edilizi);
- Contestazioni sui criteri di imputazione (in un’unica annualità invece che ripartite).
📌 Conseguenze della contestazione
- Indeducibilità totale o parziale delle spese sostenute;
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- Rischio di contestazioni penali in caso di fatture ritenute false o gonfiate;
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🔍 Cosa verificare per difendersi
- L’intervento era effettivamente di manutenzione straordinaria e non ordinaria?
- Sono state rispettate le norme per accedere a detrazioni e bonus edilizi?
- I pagamenti sono stati effettuati con bonifico parlante e correttamente documentati?
- La spesa era inerente all’attività d’impresa o alla gestione immobiliare?
- L’accertamento si basa su prove oggettive o su presunzioni?
🧾 Documenti utili alla difesa
- Fatture e ricevute dei lavori effettuati;
- Bonifici parlanti e tracciabilità dei pagamenti;
- Contratti d’appalto e preventivi;
- Permessi edilizi, CILA, SCIA o altre autorizzazioni comunali;
- Relazioni tecniche e certificazioni di conformità.
🛠️ Strategie di difesa
- Dimostrare la natura straordinaria degli interventi con documentazione tecnica;
- Contestare la riqualificazione come spese ordinarie o non inerenti;
- Evidenziare errori di calcolo o carenze di motivazione nell’accertamento;
- Richiedere annullamento in autotutela se i documenti erano già agli atti;
- Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro 60 giorni;
- Difesa penale mirata in caso di contestazioni per fatture false.
🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
📂 Analizza la documentazione tecnica e fiscale relativa alle spese;
📌 Verifica la fondatezza della contestazione e costruisce la linea difensiva;
✍️ Predispone memorie difensive e ricorsi tributari;
⚖️ Ti assiste nei giudizi fiscali e, se necessario, nei procedimenti penali;
🔁 Suggerisce strategie preventive per una corretta gestione delle spese edilizie e aziendali.
🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in diritto tributario e bonus edilizi;
✔️ Specializzato in difesa contro contestazioni su spese di manutenzione straordinaria e ristrutturazioni;
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Le contestazioni sulle spese di manutenzione straordinaria non sempre sono fondate: spesso derivano da errori di classificazione o da mancanza di documentazione completa.
Con una difesa mirata puoi dimostrare la legittimità delle spese, salvaguardare i benefici fiscali ed evitare sanzioni e interessi.
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