Controlli Fiscali A Consulenti Digital Marketing: Come Difendersi

Hai ricevuto un accertamento fiscale come consulente di digital marketing? In questi casi, l’Agenzia delle Entrate presume che parte dei compensi percepiti da clienti italiani o esteri non sia stata dichiarata correttamente, oppure che vi siano errori nell’inquadramento fiscale delle prestazioni rese online. Le conseguenze possono essere molto gravi: recupero delle imposte, sanzioni pesanti e, nei casi più complessi, contestazioni legate al monitoraggio dei redditi esteri. Tuttavia, non sempre l’accertamento è legittimo: con una difesa ben strutturata è possibile dimostrare la correttezza della dichiarazione o ridurre sensibilmente le sanzioni.

Quando l’Agenzia delle Entrate contesta i redditi di un consulente digital marketing
– Se vi sono incongruenze tra i compensi dichiarati e i movimenti bancari o PayPal
– Se non sono state emesse tutte le fatture per i servizi resi online
– Se i pagamenti ricevuti da clienti esteri non sono stati dichiarati correttamente in Italia
– Se l’Ufficio presume che l’attività sia continuativa e richieda l’apertura di partita IVA
– Se emergono scostamenti rispetto agli indici ISA o ai parametri medi di settore

Conseguenze dei controlli fiscali
– Recupero a tassazione dei compensi non dichiarati o dichiarati parzialmente
– Applicazione di sanzioni fino al 200% delle maggiori imposte accertate
– Interessi di mora sulle somme contestate
– Possibile obbligo di regolarizzare la posizione previdenziale e contributiva
– Nei casi più gravi, denuncia penale per dichiarazione infedele o omessa dichiarazione

Come difendersi dai controlli fiscali
– Dimostrare la corrispondenza tra i contratti con i clienti, le prestazioni rese e le fatture emesse
– Produrre estratti conto, ricevute PayPal, Stripe o altre piattaforme di pagamento digitale
– Contestare ricostruzioni presuntive basate su parametri standardizzati non rappresentativi della realtà lavorativa
– Evidenziare errori di calcolo, carenze istruttorie o difetti di motivazione nell’accertamento
– Richiedere la riqualificazione della contestazione per ridurre sanzioni e interessi
– Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per ottenere l’annullamento totale o parziale della pretesa

Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare i flussi di pagamento digitali e la documentazione fiscale contestata
– Verificare la legittimità della contestazione e l’inquadramento corretto dell’attività professionale
– Predisporre un ricorso fondato su prove concrete e vizi procedurali dell’accertamento
– Difendere il consulente davanti ai giudici tributari e, se necessario, anche in sede penale
– Tutelare il patrimonio personale e professionale da richieste fiscali sproporzionate

Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale della contestazione
– La riduzione delle sanzioni e degli interessi applicati
– La sospensione delle richieste di pagamento già notificate
– Il riconoscimento della correttezza della dichiarazione dei redditi
– La certezza di pagare solo quanto realmente previsto dalla legge

⚠️ Attenzione: i consulenti di digital marketing sono sempre più nel mirino del Fisco, soprattutto per i redditi percepiti tramite piattaforme estere e pagamenti elettronici. È fondamentale predisporre una difesa tempestiva e ben documentata per evitare conseguenze economiche e legali pesanti.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e fiscalità internazionale – spiega come difendersi in caso di controlli fiscali a carico di consulenti digital marketing e quali strategie adottare per tutelare i tuoi interessi.

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Introduzione

Negli ultimi anni l’attività di consulente di digital marketing – ovvero di professionista autonomo che fornisce servizi di promozione online, campagne pubblicitarie su piattaforme digitali, social media management, SEO e simili – ha conosciuto una forte espansione. Con essa è cresciuto l’interesse del Fisco verso questa “economia digitale”, soprattutto in presenza di fatturati rilevanti, ricavi esteri o operazioni svolte tramite grandi piattaforme (Google, Meta, Amazon ecc.). Anche senza dipendenti, il consulente con partita IVA individuale è considerato un soggetto d’impresa o di lavoro autonomo, ed è tenuto ad adempiere a tutti gli obblighi tributari: IRPEF (o imposte sostitutive in regime agevolato), IVA (se non in regime esente come il forfettario) e contributi previdenziali. Il principio del «worldwide income» fa sì che tutti i compensi ottenuti da attività svolta professionalmente, ovunque prodotti, concorrono a formare il reddito imponibile . Per esempio, se un consulente riceve compensi da clienti esteri (o da piattaforme cross-border), anche questi vanno dichiarati e tassati in Italia, osservando le regole di fatturazione e IVA estera (reverse charge, fuori campo IVA, intrastat, etc.) . Va altresì tenuto conto che benefici in natura (es. prodotti o servizi gratuiti ricevuti in cambio di visibilità) sono considerati reddito imponibile al valore normale .

Criticità comuni: Le contestazioni più frequenti riguardano in genere l’omessa dichiarazione di ricavi e l’errata qualificazione dei compensi. Ad esempio, molti consulenti nascondono compensi esteri o li qualificano come «prestazioni occasionali» per evitare IVA o aliquote ordinarie . Le autorità possono inoltre verificare l’inerenza delle spese (evitare costi personali spacciati per professionali) e la correttezza delle deduzioni. Con l’introduzione (dal 2025) di un codice ATECO dedicato al «marketing digitale» e nuove circolari, l’attenzione è altissima: ne è esempio il recente caso in cui la Guardia di Finanza ha scoperto oltre 11 milioni di euro non dichiarati da un gruppo di professionisti/digital creator . In sintesi, è fondamentale conoscere tutti i propri obblighi fiscali (dichiarazione dei redditi, IVA, INTRASTAT/esterometro per estero, ecc.) e mantenere la documentazione contabile ben ordinata, onde evitare contestazioni formali o redditometriche .

Quadro normativo di riferimento

Il consulente digital marketing con partita IVA è soggetto alle seguenti regole (tra le più rilevanti):

  • Reddito imponibile (IRPEF o sostitutiva): in linea generale, l’attività professionale continua si configura come reddito di lavoro autonomo (art. 53 TUIR) o come reddito d’impresa (art. 55 ss. TUIR) se presenta abitualità e organizzazione tipica di un’impresa. Al contrario, prestazioni sporadiche senza partita IVA sono redditi diversi (art. 67 TUIR) tassati con ritenuta d’acconto del 20%. Superare €5.000 di compensi annui fa però presumere la continuità dell’attività e l’obbligo di aprire partita IVA e iscriversi alla Gestione Separata INPS .
  • IVA: in regime ordinario il consulente deve fatturare con IVA al 22% per i servizi pubblicitari o di consulenza resi a clienti in Italia . Per prestazioni verso clienti UE titolari di partita IVA si applica l’inversione contabile (reverse charge) – la fattura va emessa senza IVA (come “inversione contabile”) . Per clienti extra-UE si emette invece fattura fuori campo IVA (con dicitura es. “operazione non soggetta”); in ogni caso tali operazioni estere (sia UE sia extra-UE) vanno segnalate tramite gli adempimenti previsti (elenchi INTRASTAT per il B2B intracomunitario o esterometro/comunicazioni fatture estere) .
  • Contributi previdenziali: il professionista deve iscriversi alla Gestione Separata INPS (aliquote ca. 26-27% nel 2025) e versare contributi sul reddito imponibile, come qualsiasi lavoratore autonomo senza albo . Chi supera €5.000 annui da prestazioni occasionali deve comunque versare contributi sulla parte eccedente (gestione separata). Questi oneri previdenziali sono deducibili e in genere scaricabili dall’imponibile IRPEF.
  • Obblighi di documentazione: fatture elettroniche (salvo forfettari), registri IVA, contabilità semplificata (nel regime ordinario). Per operazioni estere non serve fattura elettronica, ma bisogna conservare copia delle fatture ricevute.
  • Obblighi formali: Il mancato rispetto degli obblighi, ad esempio l’omessa emissione di fattura (specie per compensi esteri) o l’omessa comunicazione intrastat/esterometro, può scatenare accertamenti. Vanno anche osservate le norme sul divieto di pubblicità occulta (Cod. Consumo e Regole AGCM) quando si promuovono prodotti online.

Le violazioni tipiche nel settore includono: – omessa o ritardata dichiarazione di compensi esteri da piattaforme digitali;
– mancata apertura di partita IVA nonostante attività abituale ;
– indebita qualificazione di proventi da lavoro autonomo come occasionali;
– mancata fatturazione verso committenti esteri (o errore di regimi IVA) ;
– sottofatturazione di incassi ricevuti;
– mancato riconoscimento di benefit e costi in natura come redditi imponibili .

Segnali di controllo e modalità di accertamento

Il Fisco effettua controlli sia a campione che mirati. Utilizza sofisticati incroci di dati (dichiarazioni IRPEF/IVA, spesometro/esterometro, movimenti bancari, segnalazioni di agenzie e piattaforme digitali quali quelle previste dalla direttiva DAC7) per scoprire incongruenze. Segnali di allerta includono fatturati dichiarati inferiori alla media di settore, spese bancarie ingiustificate, elevato uso di rimborsi IVA e detrazioni al limite, mancata fatturazione di bonus/corrispettivi o posizioni IVA “apri e chiudi” rapide .

Fasi di accertamento:
1. Comunicazione di verifica / questionario (art. 32 DPR 600/1973): l’Agenzia può inviare un modulo con domande su dichiarazioni e operazioni recenti. Il contribuente deve rispondere entro 30 giorni, allegando documenti giustificativi richiesti.
2. Accesso e verifica documentale: se emergono dubbi, gli ispettori (anche della Guardia di Finanza) possono accedere agli uffici o controllare i libri contabili. Nel corso di un accesso può essere redatto un processo verbale di constatazione (PVC), in cui si rilevano irregolarità (es. redditi non dichiarati). Il contribuente ha diritto di essere presente, di controfirmare il verbale o contestarlo per iscritto e di ottenerne copia . 3. Contraddittorio endo-procedimentale: dal 18/1/2024 è obbligatorio un contraddittorio preventivo (art. 6-bis Legge 212/2000 introdotto dal DLgs. 219/2023) prima di qualsiasi atto impositivo . In sostanza, l’Ufficio deve notificare al contribuente lo “schema di atto” (bozza di avviso di accertamento) e assegnare almeno 60 giorni per osservazioni e raccolta documenti . L’atto definitivo non può essere emesso prima del termine e deve motivare le ragioni del rigetto delle osservazioni. Se non è stato garantito questo contraddittorio obbligatorio, l’atto di accertamento è invalido e annullabile . Rimangono escluse dall’obbligo di contraddittorio alcune categorie di atti “automatizzati” (cartelle, intimazioni fiscali, esiti controllo formale, ecc.) . 4. Avviso di accertamento (art. 36-bis DPR 600/73 e art. 54-bis DPR 633/72): è il provvedimento formale con cui l’Agenzia contesta imposte aggiuntive (IRPEF/IVA), applica sanzioni e interessi. Deve contenere i criteri di calcolo e i motivi di contestazione. Una volta notificato, scattano i termini per impugnare. Spesso l’avviso include già un invito al contraddittorio endo-coatativo (ex art. 7 DLgs. 218/97) o la possibilità di definizione bonaria. In assenza di attività spontanea da parte del contribuente entro i termini, si procede alla liquidazione coattiva (cartelle esattoriali).

Tempi dell’accertamento: di norma entro 5 anni dall’anno di imposta (8 anni per omessa dichiarazione; 10 anni in caso di frode) . Dopo la notifica dell’avviso, il contribuente ha 60 giorni per impugnare il provvedimento in Commissione Tributaria.

Strumenti di difesa in fase pre-contenziosa

  • Risposta all’invito / contraddittorio: se si riceve un invito a comparire o la comunicazione del progetto di accertamento, è opportuno predisporre controdeduzioni documentate. Si consiglia di farsi assistere da un commercialista o avvocato tributarista. In sede di contraddittorio si possono allegare fatture, estratti conto, perizie, contratti e ogni documento a sostegno della propria posizione, cercando di dimostrare la correttezza della contabilità o l’assenza di maggiore reddito. (Ad esempio, se si fatturano costi Facebook/Google, mostrare le fatture pubblicitarie e la corretta contabilizzazione in “reverse charge” ). In questa fase l’Agenzia deve tener conto delle osservazioni del contribuente prima di emettere l’avviso .
  • Regolarizzazione spontanea: se durante il contraddittorio (o prima di qualsiasi verifica) emergono errori, si può sanare la posizione con un versamento integrativo (ravvedimento operoso). Spesso conviene utilizzare i termini del ravvedimento (riduzione di sanzioni) anziché arrivare all’accertamento.
  • Accertamento con adesione (DLgs. 218/1997): è la procedura di transazione col fisco che permette di chiudere amichevolmente la vertenza pagando una quota (ridotta) delle imposte contestate. Il contribuente può presentare spontaneamente istanza di adesione entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso di accertamento (anche senza aver ricevuto invito), o entro 30 giorni dal ricevimento dello “schema di atto” in contraddittorio . Se l’adesione va a buon fine, le imposte (e le sanzioni) vengono ridotte di almeno un terzo. Ciò è raccomandato se i presupposti per l’accertamento sono evidenti e si preferisce non rischiare l’impugnazione.
  • Tentativo di conciliazione (D. Lgs. 47/2014 – accordo bonario): talvolta è possibile chiedere una conciliazione ex lege, specie per questioni interpretative o calcoli controversi (soggetti passivi, basi imponibili, ecc.).
  • Tutela formale: in ogni fase preliminare, conservare copia di tutte le comunicazioni, verificare i termini e osservare la forma. Alcuni vizi (notifica irregolare, mancanza requisiti formali) possono condurre all’annullamento dell’atto “indipendentemente dal merito” . Ad esempio, in passato la Cassazione ha ribadito che in certe ipotesi anche il solo vizio formale di notifica può invalidare l’avviso.

Strumenti di difesa in giudizio

Se si riceve un avviso di accertamento definitivo, il contribuente può ricorrere in Commissione Tributaria Regionale (CTR) entro 60 giorni . In ricorso si contesta l’invalidità dell’atto o si confutano nel merito le determinazioni dell’Ufficio (es. riallineamento delle spese, rifiuto di deduzioni). Se anche in CTR si ottiene un esito sfavorevole, è possibile portare la questione in Cassazione su punti di diritto (casi rari, es. violazioni di legge procedurali). In ogni caso è fondamentale muoversi nei termini per non perdere i diritti, poiché un atto non impugnato nei termini diventa definitivo e può trasformarsi in ruolo di riscossione forzata (es. pignoramento). Nei giudizi tributari è possibile impugnare sia l’accertamento fiscale (contro fisco) sia l’avviso di addebito contributivo INPS (contro Inps) se contestato. Il contribuente può rappresentarsi da solo o con avvocato; va ricordato che le sentenze delle Commissioni Tributarie sono appellabili in Cassazione solo se si solleva questione di diritto rilevante e previa verifica dei requisiti procedurali.

Nel giudizio tributario restano applicabili i rimedi d’urgenza: ad esempio il risarcimento da pregiudizio grave (art. 15 Statuto del contribuente) in caso di notifica irregolare, o l’istanza di sospensione del pignoramento in sede cautelare, se l’atto appare gravato da vizi palese. L’assistenza di un legale tributarista esperto è spesso indispensabile per predisporre un valido ricorso e cogliere tutte le possibili eccezioni (prescrizione, decadenza, errori materiali, onere della prova a carico dell’Amministrazione, ecc.).

Tabelle riepilogative

Fase del controlloAttività dell’AmministrazioneDiritti e difese del contribuente
1. Comunicazione di verifica/questionarioInvio di questionari art.32 DPR 600/73 o richiesta di documenti inizialiRispondere nei termini, fornire documenti giustificativi richiesti
2. Accesso e verifica/PVCAccesso ispettori, controllo libri, indagini bancarie; eventuale redazione del PVCEssere presente, sottoscrivere o contestare il verbale, ritirarne copia
3. Contraddittorio preventivoNotifica schema di atto (art.6-bis L.212/2000); 60 giorni per osservazioni e controdeduzioniPresentare controdeduzioni documentali entro i termini (anche con avvocato)
4. Avviso di accertamentoEmissione atto motivato con maggiori imposte e sanzioni finaliImpugnazione nei 60 gg presso la Commissione Tributaria
Accertamento con adesioneDisponibile proposta di chiusura bonaria; Ufficio valuta osservazioni e atti fornitiPresentare istanza di adesione entro 60 gg; accordarsi su riduzione di imposte e sanzioni
Principali atti fiscaliDescrizioneStrumenti di difesa
Invito a comparireConvocazione fiscale ex DLgs. 218/97; contraddittorio endo-ufficioPartecipare al contraddittorio, predisporsi con consulenza legale
Avviso bonarioProposta di definizione (art.2 D.Lgs. 462/97), senza PVCValutare definizione agevolata, pagarne solo parte in via bonaria
Avviso di liquidazione (IVA/IRPEF)**Conto di imposta notificato per liquidazione differenziale; quota pagata in più/menoVerificare corrispondenza con documenti e dichiarazioni
Cartella di pagamentoTitolo esecutivo con riscossione coatta; emissione di ruolo da Agenzia Entrate RiscossioneOpposizione in sede cautelare, impugnazione del ruolo entro 40 gg
Tipo di cliente/operazioneFattura IVAObblighi e note fiscali
Cliente italiano (B2B)Con IVA 22%Normale fatturazione nazionale; IVA a debito/credito in dichiarazione
Cliente UE titolare P.IVA (B2B)Senza IVA (inversione contabile)Indicare “inversione contabile” in fattura; comunicare in elenco INTRASTAT UE
Cliente UE privato (B2C)Con IVA italiana o OSS (1)Applicare IVA italiana (o regime OSS se previsto dall’EU)
Cliente extra-UE (B2B/B2C)Fuori campo IVANessuna IVA italiana; registrare su esterometro/Com. fatture estere; possibili obblighi IVA nel paese estero
Esecuzione su piattaforma digitale (es. AdSense, Amazon)Varia a seconda del regolamentoControllare fatture emesse dalla piattaforma (spesso MGA/Co. Irlanda), applicare reverse-charge se richiesto, considerare ritenute o trattati fiscali esteri

(1) Regime OSS: per prestazioni digitali a consumatori UE (es. servizi B2C), dal 2021 è possibile (o obbligatorio sopra soglia) dichiarare l’IVA con procedura semplificata OSS nel Paese di registrazione (ma il consulente raramente rientra in questo caso se rivolge a clienti professionisti).

Domande & Risposte (FAQ)

  • D: Ho ricevuto un invito a comparire dall’Agenzia delle Entrate. Come mi devo comportare?
    R: L’invito a comparire di solito precede l’esercizio del potere d’accertamento. È obbligatorio presentarsi (oppure farsi rappresentare) e fornire i documenti richiesti (fatture, estratti conto, contratti, ecc.). In sede di contraddittorio potrà esporre le sue ragioni e produrre prove per spiegare eventuali incongruenze. La mancata risposta può peggiorare la situazione. Se ritiene che l’invito sia infondato, è comunque consigliabile partecipare e annotare le proprie controdeduzioni per iscritto.
  • D: Cosa succede durante un accesso/visita della Guardia di Finanza?
    R: Durante un accesso (verifica), gli ispettori possono controllare libri, registri contabili e computer. Possono richiedere l’esibizione di fatture e contratti. Alla fine, la Finanza redige un processo verbale di constatazione (PVC) con le irregolarità riscontrate. Lei ha diritto di leggerlo, firmarlo o contestarne i rilievi, e di ricevere una copia . Le osservazioni formulate nel PVC possono essere utilizzate in seguito nel contraddittorio. In questa fase è cruciale evitare di negare o nascondere documenti. In presenza di dubbi, chieda un termine per chiedere consulenza legale prima di firmare.
  • D: Come si fattura correttamente a Google, Meta, Amazon?
    R: Se acquista servizi da questi operatori, di solito riceve fattura da una società estera (es. Google Ireland) senza IVA. In contabilità, secondo l’art. 7-ter DPR 633/72 il costo si registra in inversione contabile (reverse charge) : si annota IVA sia a debito che a credito per lo stesso importo (residuo nullo). Se emette fattura verso clienti stranieri, attenzione: a clienti UE titolari di P.IVA emetta senza IVA e segnali l’inversione sul documento ; a clienti extra-UE emetta fuori campo IVA (riportando l’operazione come estracomunitaria) . In ogni caso, queste fatture estere vanno comunicate all’Agenzia con appositi elenchi INTRA o con l’esterometro . L’omessa o errata tenuta di tali adempimenti è spesso oggetto di contestazione: dunque, registri sempre con cura le operazioni internazionali.
  • D: Cosa fare se trovo errori nella mia dichiarazione dopo che il periodo di accertamento è iniziato?
    R: Se si accorge di errori (ad es. omissione di redditi o fatture), è meglio correggersi subito con una dichiarazione integrativa e ravvedersi. Ciò consente di ridurre sanzioni e interessi. Se invece è già iniziata la verifica, può cercare di sanare gli errori durante il contraddittorio o con l’adesione. È sempre preferibile anticipare l’Agenzia piuttosto che trovarsi sorpresi in un controllo.
  • D: Qual è la differenza tra contraddittorio e accertamento con adesione?
    R: Il contraddittorio è un dialogo obbligatorio (prima di emettere l’atto) tra contribuente e fisco dove si scambiano osservazioni sui rilievi. L’accertamento con adesione è invece un accordo proposto dal contribuente (o Ufficio) dopo l’avviso: consente di chiudere la vertenza con il pagamento di imposte (ridotte) concordate. In altre parole, il contraddittorio mira a evitare o migliorare l’avviso, mentre l’adesione è un compromesso post-atto per definire la controversia.
  • D: Posso oppormi a un avviso di accertamento che non è stato preceduto da contraddittorio?
    R: Sì, da gennaio 2024 il contraddittorio preventivo è obbligatorio per tutte le imposte (art.6-bis L. 212/2000), e la sua mancata esecuzione invalida gli atti impositivi . Se l’avviso contesta imposte dirette, IVA ecc., ma non è stato preceduto dall’invito e schema, potrà chiedere la nullità dell’atto in giudizio. Ovviamente ci sono eccezioni (ad es. cartelle esattoriali ex incroci banche, accertamenti catastali, atti di subito pagamento, etc.), ma per la generalità degli accertamenti ordinari il contraddittorio è indispensabile.
  • D: Quali sanzioni rischio in caso di verifica?
    R: Le sanzioni tributarie variano dal 90% al 240% (o più in caso di frode) sulle imposte evase . Tuttavia, la collaborazione (contraddittorio svolto) e il ravvedimento riducono drasticamente le sanzioni. Ad esempio, se si ammettono gli errori e si paga entro i termini del ravvedimento, le sanzioni scendono ad un sesto del minimo. L’accertamento con adesione permette poi di abbatterle ulteriormente (minimo ridotto di 1/3). In generale, le norme tributarie prevedono aliquote sanzionatorie in misura fissa o proporzionale in base alla violazione (artt. 13, 14, 15 D.Lgs. 472/1997). È quindi fondamentale agire tempestivamente: molto spesso una definizione agevolata costerà meno di affrontare un contenzioso.

Conclusione

Il consulente di digital marketing con partita IVA si trova ad operare in un ambiente fiscale complesso e sottoposto a strette verifiche incrociate di dati. Per difendersi efficacemente dai controlli fiscali è essenziale: mantenere una contabilità dettagliata delle proprie attività, adempiere scrupolosamente agli obblighi (fatturazione corretta, dichiarazioni delle operazioni estere, versamenti periodici IRPEF/IVA, registrazioni dei costi professionali), e consultare tempestivamente un professionista al minimo dubbio. In caso di accertamento, bisogna reagire prontamente: partecipare al contraddittorio, valutare l’adesione bonaria e, se necessario, impugnare gli atti nei tempi previsti. Grazie al nuovo obbligo di contraddittorio preventivo e ad eventuali procedure alternative (ravvedimento, adesione), il contribuente ha oggi maggiori strumenti per limitare sanzioni e correggere la propria posizione prima dell’esito definitivo. Infine, è consigliabile conoscere le recenti evoluzioni normative (DLgs. 219/2023 sul contraddittorio, DLgs. 32/2023 sull’obbligo di comunicazione delle piattaforme digitali, norme INPS su contributi, circolari fiscali aggiornate) per gestire proattivamente la propria posizione fiscale.

Fonti e normative di riferimento: Legislazione nazionale (artt. 32, 36-bis e 38 DPR 600/1973; art. 6-bis L. 212/2000; D.Lgs. 218/1997; D.Lgs. 219/2023; D.Lgs. 32/2023 – direttiva DAC7; D.M. 24/4/2024; circolare INPS n.44/2025), prassi amministrativa (circ. ed interpelli Agenzia Entrate), documenti ufficiali e giurisprudenza tributaria. Guide e commenti di esperti (studi tributaristi, siti specializzati) hanno fornito approfondimenti pratici (vedi citazioni nel testo come esempio).

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👉 Prima regola: dimostra la tracciabilità dei compensi e la correttezza delle operazioni con clienti italiani ed esteri, spesso paganti tramite piattaforme digitali.


⚖️ Quando scattano le contestazioni

  • Compensi incassati tramite PayPal, Stripe o piattaforme online non dichiarati;
  • Omessa o irregolare fatturazione dei servizi resi a clienti esteri;
  • Differenze tra i movimenti bancari e i redditi dichiarati;
  • Ricavi non coerenti con i parametri degli Indici Sintetici di Affidabilità (ISA);
  • Errata applicazione del regime fiscale (forfettario, ordinario, partita IVA estera).

📌 Conseguenze della contestazione

  • Recupero delle imposte sui redditi ritenuti non dichiarati;
  • Sanzioni per dichiarazione infedele fino al 90% della maggiore imposta;
  • Interessi di mora sulle somme accertate;
  • Rischio di contestazioni per stabile organizzazione in Italia se si lavora con società estere;
  • Possibili contestazioni penali se gli importi sono particolarmente rilevanti.

🔍 Cosa verificare per difendersi

  • I compensi ricevuti tramite piattaforme digitali sono stati fatturati correttamente?
  • I redditi derivavano da attività imponibili in Italia o da prestazioni non soggette a IVA?
  • I pagamenti esteri erano soggetti a ritenute o già tassati in altri Paesi?
  • L’Agenzia delle Entrate si basa su dati concreti (flussi bancari, PayPal, contratti) o solo su presunzioni?
  • Sono stati rispettati i termini di notifica dell’accertamento?

🧾 Documenti utili alla difesa

  • Contratti e accordi con i clienti (italiani ed esteri);
  • Estratti conto bancari e report da PayPal, Stripe e piattaforme di pagamento;
  • Fatture elettroniche e registri IVA;
  • Dichiarazioni fiscali degli anni contestati;
  • Documentazione delle spese inerenti (advertising, tool digitali, collaborazioni).

🛠️ Strategie di difesa

  • Dimostrare la trasparenza dei flussi di pagamento e la regolare fatturazione;
  • Contestare la riqualificazione automatica dei movimenti PayPal come redditi imponibili;
  • Evidenziare la corretta applicazione delle convenzioni contro le doppie imposizioni;
  • Richiedere annullamento in autotutela in caso di errori di calcolo o vizi di motivazione;
  • Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro 60 giorni;
  • Difesa penale mirata se l’accertamento riguarda importi elevati con ipotesi di evasione.

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🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto tributario e fiscalità dell’economia digitale;
✔️ Specializzato in difesa contro contestazioni su compensi da consulenza online;
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.


Conclusione

I controlli fiscali ai consulenti di digital marketing non sempre sono fondati: spesso derivano da presunzioni errate su flussi PayPal, movimenti bancari o rapporti con clienti esteri.
Con una difesa mirata puoi dimostrare la regolarità della tua contabilità, ridurre drasticamente sanzioni e interessi ed evitare conseguenze penali.

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La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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