Accertamento Fiscale A Sviluppatore‐Programmatore: Come Difendersi

Hai ricevuto un accertamento fiscale come sviluppatore o programmatore? In questi casi, l’Agenzia delle Entrate presume spesso che parte dei compensi percepiti per lo sviluppo di software, app, siti web o attività di consulenza IT non sia stata dichiarata correttamente. Le conseguenze possono essere molto gravi: recupero delle imposte, sanzioni elevate e, nei casi più seri, contestazioni penali per dichiarazione infedele. Tuttavia, non sempre l’accertamento è legittimo: con una difesa ben organizzata è possibile ridurre le pretese del Fisco o dimostrare la correttezza della propria posizione.

Quando l’Agenzia delle Entrate contesta i redditi di uno sviluppatore‐programmatore
– Se i compensi dichiarati risultano incongruenti rispetto ai movimenti bancari o PayPal
– Se i pagamenti provenienti da clienti esteri non sono stati correttamente riportati in dichiarazione
– Se parte delle prestazioni è stata pagata in contanti senza regolare fattura o ricevuta
– Se l’Ufficio presume che l’attività svolta richieda partita IVA mentre è stata dichiarata come prestazione occasionale
– Se emergono scostamenti dagli indici ISA o da parametri medi del settore informatico

Conseguenze dell’accertamento fiscale
– Recupero a tassazione dei compensi non dichiarati o dichiarati parzialmente
– Applicazione di sanzioni fino al 200% delle maggiori imposte accertate
– Interessi di mora sulle somme contestate
– Possibile obbligo di apertura della partita IVA e regolarizzazione della posizione previdenziale
– Nei casi più gravi, denuncia penale per dichiarazione infedele o omessa dichiarazione

Come difendersi dall’accertamento
– Dimostrare la corrispondenza tra i contratti stipulati, i progetti consegnati e le fatture emesse
– Produrre documentazione bancaria, estratti conto e ricevute di piattaforme digitali (es. Stripe, PayPal)
– Contestare ricostruzioni presuntive basate su parametri standardizzati non rappresentativi dell’attività svolta
– Evidenziare eventuali errori di calcolo, difetti istruttori o vizi di motivazione nell’accertamento
– Richiedere la riqualificazione dell’attività in modo corretto per ridurre sanzioni e interessi
– Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per ottenere l’annullamento totale o parziale della pretesa

Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare la documentazione fiscale e contrattuale relativa ai progetti di sviluppo contestati
– Verificare la legittimità della contestazione e l’inquadramento corretto dell’attività professionale
– Predisporre un ricorso fondato su prove concrete e vizi procedurali dell’accertamento
– Difendere lo sviluppatore davanti ai giudici tributari e, se necessario, anche in sede penale
– Tutelare il patrimonio personale e professionale da richieste fiscali sproporzionate

Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale della contestazione
– La riduzione delle sanzioni e degli interessi applicati
– La sospensione delle richieste di pagamento già notificate
– Il riconoscimento della correttezza della dichiarazione dei redditi presentata
– La certezza di pagare solo quanto realmente previsto dalla legge

⚠️ Attenzione: gli sviluppatori e programmatori freelance sono spesso oggetto di accertamenti fiscali, soprattutto per i compensi provenienti da clienti esteri o tramite piattaforme digitali. È fondamentale predisporre una difesa tempestiva e ben documentata per evitare conseguenze economiche e legali pesanti.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e fiscalità internazionale – spiega come difendersi in caso di accertamento fiscale a carico di sviluppatori e programmatori e quali strategie adottare per proteggere i tuoi interessi.

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Introduzione

Il programmatore/sviluppatore che opera come libero professionista o imprenditore in Italia può trovarsi soggetto a controlli fiscali analitici, induttivi o sintetici. Negli ultimi anni l’Agenzia delle Entrate (AdE) ha intensificato gli accertamenti anche su attività “digitali” e professionali, grazie a incroci di banche dati (redditometro 4.0, indagini finanziarie, software basati su AI) e a nuove norme (es. sulle criptovalute). Di seguito forniamo una guida aggiornata (settembre 2025) sulle forme di accertamento più rilevanti per gli sviluppatori-programmatori, sulle norme di riferimento e sulle tecniche di difesa del contribuente debitore. Vengono considerate diverse situazioni (libero professionista in regime forfettario o ordinario, società di persone o SRL unipersonale, collaboratore, operatore su marketplace, pagamenti in criptovalute, ecc.), ponendo sempre al centro il punto di vista del contribuente. Sono incluse tabelle riepilogative, domande frequenti (FAQ) e casi pratici simulati, oltre a riferimenti a leggi, circolari e sentenze aggiornate .

1. Profilo fiscale dello sviluppatore‐programmatore

Lo sviluppatore/programmatore può esercitare l’attività in forme diverse, che hanno riflessi fiscali e di contabilità:

  • Persona fisica in regime forfettario: professionista o piccolo imprenditore individuale che rispetta i requisiti di fatturato (soglia attuale 85.000€ annui, con meccanismo transitorio tra 85k e 100k ) e assenza di cause ostative (ad es. ridotto utilizzo di collaboratori, adeguati costi per lavoro, ecc.). Beneficia di una tassazione agevolata sostitutiva (aliquota del 15% o 5% per le startup) e di coefficiente di redditività prefissato in base al codice ATECO . In tal regime non si applica l’IVA (art. 1, c. 54‑89 L. 190/2014), ma il contribuente deve comunque dichiarare i compensi e può vedere controllati gli adempimenti. Gli obblighi contabili sono ridotti (non vi sono registri IVA o libro giornale, ma il contribuente deve conservare fatture, documenti e prova di spese e incassi).
  • Persona fisica in regime ordinario (regime semplificato o ordinario): esercita come libero professionista o impresa individuale con contabilità semplificata o ordinaria. Tiene la contabilità completa (registri IVA, libro giornale, ecc.) e può dedurre i costi effettivi sostenuti. Paga imposte IRPEF progressive (e IRAP se dovuta). In presenza di contabilità formale, l’accertamento fiscale avviene di norma analiticamente, ricontrollando voci su prove documentali .
  • Società (es. SRL unipersonale): se il programmatore ha costituito una società di capitali, essa è assoggettata a IRES (24%) e IRAP (3,9%), con contabilità ordinaria. In tal caso il controllo fiscale si inquadra come per qualsiasi impresa: verifica analitica dei documenti, o in presenza di anomalie gravi può scattare l’accertamento induttivo extra‐contabile (art. 39 DPR 600/1973) o, più raramente, quello sintetico sul reddito degli amministratori (art. 38 DPR 600/73).
  • Collaborazioni (co.co.co., contratti a progetto, ecc.): se lo sviluppatore è formalmente dipendente o co.co.co., si consideri il rischio di falsa partita IVA se i requisiti della collaborazione autonoma non sono realmente rispettati (lavoro con vincoli di orario, subordinazione, organizzazione strutturale del cliente). In tal caso, oltre ai profili previdenziali, può intervenire il fisco accertando retribuzioni da lavoro dipendente non denunciate.
  • Attività su marketplace internazionali e redditi esteri: molti sviluppatori vendono app o software tramite piattaforme (Apple App Store, Google Play, piattaforme di game, servizi cloud, ecc.), ottenendo compensi dall’estero, spesso trattenuti al netto di commissioni. Tali ricavi devono comunque essere dichiarati in Italia, tenendo conto delle regole IVA UE (OSS/IOSS) e del cambio valuta. Allo stesso modo, progetti realizzati per committenti esteri richiedono di definire il trattamento IVA (“servizi digitali” con luogo di tassazione del cliente) e di verificare eventuali convenzioni internazionali. L’AdE controlla che i redditi esteri appaiano coerentemente in dichiarazione e, se necessario, può integrare per omessa dichiarazione di parte del reddito (accertamento induttivo o redditometro) .
  • Pagamenti in criptovalute o asset digitali: se il programmatore viene pagato in criptovaluta (bitcoin, ethereum, stablecoin, token NFT, ecc.), tali somme costituiscono comunque reddito imponibile. La giurisprudenza e la prassi assimilano le cripto-valute alle valute estere: vanno convertite in euro al cambio di mercato e dichiarate (art. 53 TUIR, lettere c-sexies) . Le plusvalenze da compravendita di cripto con finalità di investimento sono tassate al 26% (oltre franchigia eliminata dal 2025) . Devono inoltre essere indicate nel quadro RW (monitoraggio fiscale) se detenute su wallet o exchange esteri . In caso di accertamento, l’Amministrazione può avvalersi dei dati degli exchange e segnalazioni internazionali: fino a che si è in fase di pre-istruttoria (“lettera di compliance”), il contribuente può correggere dichiarazioni integrative; se si arriva all’avviso di accertamento, le difese devono puntare sul calcolo corretto delle plusvalenze e sulla prova di fonti lecite .

Di seguito riassumiamo i requisiti e le principali caratteristiche di questi profili in una tabella:

TipologiaRegime ForfettarioRegime Ordinario (PF)SRL Unipersonale
RequisitiRicavi/compensi annuali ≤85.000€ (100k negli anni transitori). Nessuna prevalenza con ex-datore, spese limitate.Nessun limite di fatturato; contabilità semplificata o ordinaria.Costituzione di società, conferimento capitale min. 1€ (ord. 10.000). Attività d’impresa.
Aliquota fiscale15% (5% per startup nei primi 5 anni) su reddito forfettarioIRPEF progressiva (aliquote da 27% a 43%) sul reddito effettivo, più addizionali e IRAP se dovuta.IRES 24% + IRAP 3,9% sul reddito di impresa. Eventuali dividendi tassati in capo a soci.
Determinazione redditoReddito imponibile = ricavi x coefficiente (varia per Ateco). Esempio: consulente coe.78% su 30.000€ → redd. impon. 23.400€. Costi esclusi (non deducibili).Reddito imponibile = ricavi – costi effettivi. Deduzioni/amortamenti regolari, costi personali e contributivi deducibili.Reddito imponibile = utile societario (ricavi – costi). Ammortamenti, retribuzioni soci, costi aziendali deducibili.
IVAEsente (soggetta a disciplina opzionale: senza rivalsa IVA, art. 1 L. 190/2014) . Quando decade il regime, scatta IVA retroattiva sugli acquisti.IVA al 22% (o minore se aliquote ridotte) su tutte le cessioni/servizi imponibili. Gestione fatturazione elettronica obbligatoria.IVA al 22% su cessioni/servizi. Società soggetta ad adempimenti IVA (F24 liquidazioni, dichiarazioni IVA).
ContabilitàSemplificata: solo fatture emesse/conservate, documenti di spesa. Nessun libro giornale/IVA richiesto .Obbligo registri IVA (corrispettivi, acquisti) e contabilità minima (semplificata). Se fatturato elevato, contabilità ordinaria.Contabilità ordinaria completa: Libro giornale, Libro inventari, registri IVA, bilancio.
Contributi INPSGestione Separata INPS (aliquota ~26%) su reddito imponibile. Eccezione: artigiani e commercianti se iscritti a CCIAA, Aliquota ordinarie (24% o 25%).Stessa Gestione Separata (26% fino a soglie prefissate) o obbligo a casse professionali.Gestione separata se amministratore senza cassa. Altrimenti INPS commercianti/artigiani se attività artigiana o commerciale.
Sanzioni/controlliPossibile controllo formale (compliance, inviti, accessi) o puntuale (P.v.c.) ai fini di verifica requisiti. Rischio di retrocessione a ordinario, IVA, sanzioni per dichiarazione infedele .Controllo analitico-contabile mirato. In presenza di irregolarità contabili gravi, può scattare accertamento induttivo o redditometro sui redditi personali.Controllo in sede di verifica/accertamento (analitico). In caso di frodi/gravi anomalie: accertamento induttivo (art.39) su imponibile o su redditi d’amministratori.
Note operativeAssicurarsi la correttezza del coefficiente Ateco e dei requisiti (p.e. mancata simultaneità con lavoro dip., limiti su collaboratori) . Conservare estratti conto, fatture. Gestire scostamenti ricavi/spese con attenzione.Tenere documenti giustificativi (contratti, fatture) ordinati. Compilare quadro RS/RE (per redditi vari). Attenzione a redditometro personale in presenza di spese elevate rispetto a redditi dichiarati .Organizzare sede/attività correttamente (es. registro soci). Redigere un bilancio regolare. Valutare la congruità di emolumenti pagati a soci‐dipendenti. Un incongruo passaggio di redditi può innescare accertamenti.

2. Tipi di accertamento fiscale e presupposti

L’accertamento fiscale può assumere varie forme, in base ai dati disponibili e all’effettiva affidabilità della contabilità del contribuente . I principali metodi sono:

  • Accertamento analitico‐contabile: metodo ordinario usato quando la contabilità è regolare e completa. L’Ufficio rettifica singole voci sulla base di documenti certi (fatture, estratti conto, contratti), senza presunzioni. Ogni maggiore imponibile deve derivare da fatto certo (es. ricavi non fatturati rilevati dai magazzini) . Normativa di riferimento: art. 39, c.1, DPR 600/1973 (redditi) e art. 54 DPR 633/1972 (IVA). Il contribuente è ritenuto assolto dall’onere della prova delle sue scritture contabili quando esse risultano formali e coerenti .
  • Accertamento analitico‐induttivo (extracontabile parziale): applicato quando vi sono irregolarità contabili limitate. L’ufficio accetta la base contabile esistente ma la integra con presunzioni semplici (indizi logici) coerenti con gli standard del settore . La giurisprudenza e la dottrina richiedono che le presunzioni siano gravi, precise e concordanti (art. 2729 c.c.). Ad es., se dai dati contabili emerge un margine di profitto anomalo (molto più basso di quello medio del settore), il Fisco può dedurre che sono presenti ricavi non dichiarati e ricostruirli applicando un ricarico “congruo” . Riferimento normativo: art. 39, comma 1, lett. d) DPR 600/1973 .
  • Onere della prova: in analitico‐induttivo il contribuente ha diritto a fornire prova contraria e a far valere i costi correlati ai ricavi presunti . Recentemente la Corte Costituzionale n.10/2023 e la Cassazione (2023-2025) hanno affermato che anche nel redditometro e nell’analitico‐induttivo si devono riconoscere forfettariamente i costi di produzione relativi ai maggiori ricavi accertati . Di conseguenza il contribuente può richiedere di applicare un margine di costi convenzionali sul volume d’affari ricostruito (nella misura coerente con il proprio settore) .
  • Accertamento induttivo puro (analitico extracontabile totale): è il metodo più rigoroso e si applica quando la contabilità è gravemente inattendibile o assente (art. 39, c.2, DPR 600/1973). Esempi tipici: completa omissione di dichiarazione; tenuta di contabilità in nero; gravi falsità documentali; mancata esibizione dei libri richiesti; scostamenti IBS/ISA oltre i limiti (15% o €50.000) . L’Amministrazione in questo caso può ignorarle totalmente e ricostruire il reddito d’impresa da zero, basandosi su ogni elemento indiziario disponibile (movimenti bancari, indici di settore, consumi familiari) . Le presunzioni usate in via induttiva pura non richiedono (dottrina parla di “supersemplici”) gli usuali requisiti di gravità e precisione. Il contribuente, se ricorre, deve dimostrare l’infondatezza delle ricostruzioni.
  • Accertamento sintetico (redditometro): riguarda principalmente le persone fisiche senza reddito d’impresa/autonomo (lavoratori dipendenti, pensionati) . Nel redditometro l’Agenzia confronta il reddito dichiarato con spese di consumo/patrimonio del contribuente. Attualmente il redditometro scatta se lo “spending raising” supera il 20% e il reddito presunto è almeno 10 volte l’assegno sociale (c.a. 70.000€) . Importante: lo strumento NON si applica ai titolari di partita IVA con reddito d’impresa o professionale (questi vengono già coperti dagli altri metodi) . Pertanto, in linea di principio, un sviluppatore che dichiari correttamente i propri compensi fuori regime forfettario non può essere inquadrato in un redditometro. Tuttavia, in pratica il Fisco potrebbe applicare un accertamento sintetico controllando le spese personali del professionista (ad esempio acquisti di beni di lusso superiori alle capacità dichiarate): in tal caso il professionista dovrà spiegare le fonti di quelle spese (risparmi, donazioni, etc.) .

In sintesi, il Fisco possiede un ventaglio di poteri: dal controllo documentale puntuale su specifiche voci (rettifica analitica) all’accertamento induttivo sui maggiori redditi con indagini finanziarie e redditometro. Ogni tipo di accertamento presuppone diversi oneri probatori e diritti per il contribuente .

3. Modalità del controllo e diritti del contribuente

L’Agenzia delle Entrate, spesso coadiuvata dalla Guardia di Finanza, può attivare i controlli attraverso diverse fasi e atti preparatori:

  • Accesso ai dati e inviti formali: l’Ufficio consulta banche dati fiscali (Anagrafe Tributaria, PRA auto, Cerved, Ufficio Studi), incrocia dichiarazioni (modelli 730/Redditi, CU, IVA, RW, ISA) e segnalazioni (ad es. EBD o segnalazioni bancarie UIF). In caso di anomalie, invia al contribuente lettere di compliance o inviti a esibire documenti. Ad esempio può richiedere fatture emesse, contratti, estratti conto bancari, prova dei compensi e delle spese, documentazione di eventuali cessazioni di rapporti di lavoro . Spesso l’invito accenna alla norma violata (ad es. citando il DPR 633/1972 per suggerire irregolare IVA) .
  • Contraddittorio: per legge (art. 38, co.7 DPR 600/1973) prima di procedere con un accertamento sintetico l’ufficio è tenuto a convocare il contribuente a un incontro di contraddittorio preventivo . Sebbene non sia sempre obbligatorio in senso tecnico per tutti i tipi di accertamento, è prassi consolidata che l’Amministrazione conceda uno spazio di audizione (anche orale) al contribuente . Il contribuente può richiedere contraddittorio endoprocedimentale per chiarire fatti, porre domande e prevenire errori. Sul piano operativo è consigliabile rispondere sempre alle richieste di invito nella forma scritta (via PEC o raccomandata con ricevuta) e chiedere eventualmente più tempo per raccogliere la documentazione . Non rispondere significa, di fatto, rinunciare al contraddittorio ed esporsi più direttamente all’accertamento d’ufficio.
  • Accessi e verifiche in situ: in casi di profili particolarmente significativi (volume d’affari consistente, sospetto di frode, ecc.), gli ispettori della Guardia di Finanza o dell’AdE possono effettuare un accesso senza preavviso presso la sede dell’attività o domicilio fiscale del contribuente. Durante l’accesso viene verbalizzato quanto accertato: si possono verificare fatture, magazzino, giacenze, esplorare l’eventuale discrepanza tra entrate/uscite bancarie e dichiarato, ecc. Al termine, i verificatori redigono un Processo Verbale di Constatazione (PVC) nel quale riportano rilievi e discrepanze riscontrate .
  • Avviso di accertamento: se le irregolarità rimangono inesplorate o non vengono sanate, l’Ufficio notifica un avviso di accertamento. Questo atto formale contiene la ricostruzione del reddito e il calcolo delle imposte dovute (più sanzioni e interessi). Può essere un unico atto di rettifica della dichiarazione (art. 41‑bis DPR 600/73 per irregolarità formali, o art. 39 per rettifica in presenza di controlli sostanziali) oppure un avviso in caso di omessa dichiarazione .
  • Tempi e termini di decadenza: l’Agenzia dispone di termini di decadenza per notificare l’accertamento (art. 43 DPR 600/73). Attualmente il limite ordinario è di 5 anni dalla presentazione della dichiarazione (es.: dichiarazione 2022 può essere rettificata entro il 31/12/2027) . Se la dichiarazione è omessa o nulla, il termine si estende a 7 anni. Dunque, l’atto di accertamento deve essere notificato entro tali scadenze. Trascorsi 60 giorni dalla notifica senza impugnazione, l’atto diventa definitivo (“formale acquiescenza”).

Durante queste fasi il contribuente ha diritti di difesa fondamentali: accesso agli atti, contraddittorio, termine per produrre documenti e motivazioni, assistenza di un professionista (avvocato o commercialista) negli incontri, richiesta di motivazioni dell’atto.

4. Contenuto delle contestazioni comuni

Quando scatta un accertamento per uno sviluppatore‐programmatore, l’Agenzia può formulare vari rilievi, tra cui i più frequenti sono:

  • Presunto superamento dei limiti del regime forfettario. Se il contribuente operava in regime agevolato, il Fisco verifica i limiti di ricavi/compensi (≤85k, con valutazione pro-rata nel caso di subentro a regime ordinario) e delle spese per lavoro dipendente/collaboratori (≤20.000€). Se si rileva il superamento o l’esistenza di cause ostative (prevalenza di fatturato verso ex-datori di lavoro, partecipazione a società, ecc.), l’Agenzia può dichiarare il regime non spettante. In tal caso l’accertamento contestualizza il reddito come se fosse in regime ordinario (inclusi IVA e irpef progressive) . Può quindi essere richiesto il recupero dell’IVA non versata e delle maggiori imposte ordinarie sugli anni di regime forfettario, con sanzioni per infedele dichiarazione.
  • Redditi non dichiarati (omessi). Se manca dichiarazione o sono state omesse fatture attive, l’Ufficio può ricostruire i ricavi tramite accertamento analitico-induttivo o induttivo puro . Ad esempio, versamenti bancari non giustificati, conferme dei clienti (attestanti compensi non fatturati), o scontrini/fatture spese incongruenti, possono innescare la presunzione di reddito occulto.
  • Falsa partita IVA / lavoro dipendente travestito. In alcuni casi l’AdE può sostenere che il programmatore non svolge un’attività autonoma, ma è di fatto un lavoratore subordinato privo di regolare contratto. Per motivi di prova, il Fisco può analizzare continuità, coordinazione, controllo del committente sulla prestazione, orari fissi, ecc. Nel momento in cui viene ritenuto applicabile art. 2094 c.c. per lavoro subordinato, il committente può dover integrare tutti i contributi e tasse come se avesse assunto il collaboratore . La difesa in tal caso punta a dimostrare autonomia gestionale, pluricommittenza e mancanza di vincoli di orario/organizzazione.
  • Redditi esteri / criptovalute non dichiarati. Con riferimento a committenti stranieri o pagamenti in valuta criptografica, l’AdE incrocia dati internazionali. Se risulta che è stato erogato un compenso non dichiarato (ad esempio pagamento in crypto non convertito in euro in dichiarazione, o plusvalenza da cessione di cripto non indicata in RW/RT), l’Ufficio emette avviso di accertamento basato sui dati segnalati . Recentemente, la Cassazione ha stabilito che i proventi da NFT e da servizi in criptovalute costituiscono redditi professionali imponibili (art.53 TUIR) e che i pagamenti in criptovalute vanno tassati convertendoli in euro . Il contribuente dovrà quindi dichiarare il controvalore in euro e può impugnare l’atto contestando gli elementi di fatto (ad es. valore di cambio, costi di acquisto) .
  • Spese personali e redditometro. Anche se formalmente non applicabile, in alcuni casi l’Amministrazione potrebbe indagare sul tenore di vita. Ad esempio, se uno sviluppatore forfettario dichiara ricavi molto bassi ma presenta spese personali ingenti (acquisto di auto di lusso, viaggi costosi, ecc.), può scattare un richiamo redditometrico . Il contribuente deve allora dimostrare con documenti e motivazioni ragionevoli (risparmi, eredità, vendite di beni, redditi di altri componenti della famiglia, ecc.) come ha finanziato tali uscite.
  • Altri profili di rischio: compilazione errata degli ISA/studi di settore (scostamenti oltre il 15% attivano indagini); omessa fatturazione elettronica quando dovuta; mancato monitoraggio fiscale (Quadro RW) di asset esteri; omissioni IVA su operazioni intra-UE o digitali, ecc. L’Agenzia può segnalare irregolarità anche di natura formale (errori di conversione, omissioni, ecc.) e offrire un avviso bonario (art. 36-bis/36-ter DPR 600/73) con sanzioni ridotte, prima di emettere l’avviso definitivo .

In generale, l’atto di contestazione (invito, pvc, avviso) deve contenere indicazione dei rilievi, della normativa violata e dei dati di fatto: esso deve essere specifico e motivato. Il contribuente può esaminare le motivazioni, raccogliere le prove contrarie e inserire le proprie osservazioni e deduzioni (nel contraddittorio o nel ricorso tributario).

5. Strategie di difesa del contribuente

Di fronte a un accertamento fiscale, lo sviluppatore-programmatore deve adottare un approccio difensivo proattivo. Alcune buone pratiche sono:

  • Rispondere agli inviti e fornire documentazione: quando si riceve una lettera di compliance o un invito a esibire documenti, non ignorare mai l’atto. Entro i termini indicati, inviare tutta la documentazione richiesta (estratti conto bancari evidenziati, fatture elettroniche, contratti, etc.) . È opportuno corredare i documenti con una nota esplicativa che chiarisca punto per punto le contestazioni. Ad esempio, se viene rilevato un reddito da lavoro dipendente oltre i limiti del forfettario, allegare copia del contratto di licenziamento o certificazioni che provano l’interruzione del rapporto prima dell’apertura di partita IVA .
  • Partecipare al contraddittorio: chiedere un incontro orale con i funzionari (contraddittorio endoprocedimentale) può essere decisivo per chiarire malintesi e mostrare trasparenza . In questo colloquio è utile porre domande precise sull’algoritmo o sui dati utilizzati dall’Amministrazione, e cogliere l’occasione per fornire spiegazioni aggiuntive che non sempre emergono dai documenti scritti.
  • Prova contraria e contestazione delle presunzioni: in caso di accertamento analitico-induttivo o redditometro, il contribuente può contestare le presunzioni poste alla base dell’accertamento. Deve farlo con prove concrete (contratti, fatture escluse, pagamenti alternativi come prestiti o donazioni) o con argomentazioni logiche (es. spiegazione di spese eccezionali). Ad esempio, se il reddito ricostruito appare basso rispetto ai consumi, il contribuente deve dimostrare possibili fonti lecite di finanziamento (risparmi, premi, plusvalenze su immobili) .
  • Verificare la correttezza dei dati del Fisco: a volte l’Anagrafe Tributaria può recare dati errati (es. doppia certificazione di un reddito di lavoro o attribuzione di rivalsa INPS non dedotta). È consigliabile controllare CU, 770 e altri documenti dei clienti: se vi sono errori, chiedere direttamente al cliente di correggerli o ottenerne dichiarazione integrativa .
  • Utilizzo dell’autotutela e del ravvedimento: se l’esame preliminare rivela errori oggettivi a carico del contribuente (p.es. superamento involontario del tetto forfettario nell’anno precedente, mancata indicazione di redditi esteri), può essere opportuno porgere con l’ufficio la regolarizzazione spontanea. Mediante dichiarazione integrativa e ravvedimento operoso, si possono versare imposte e sanzioni ridotte (ad esempio cambiando il regime forfettario in ordinario tramite modifica di quadro RF a LM ). Questo a volte evita l’emissione di un avviso definitivo. L’Agenzia spesso accetta la soluzione del “ravvedimento guidato” se l’errore è chiaro e il contribuente mostra collaborazione .
  • Ricorso tributario e mediazione: se non si ottiene una soluzione favorevole con l’ufficio, il contribuente può impugnare l’avviso di accertamento davanti alle Commissioni tributarie entro 60 giorni dalla notifica (art. 19 D. Lgs. 546/92). In tale sede, è possibile far valere tutte le obiezioni già sciorinate (mancanza di presupposti dell’accertamento, errori nei calcoli, violazione di termini) e richiedere l’accoglimento. In alcuni casi conviene valutare la mediazione tributaria (DLgs 5/2003), che riduce le spese legali. In ogni caso, vista la complessità tecnica, è fortemente consigliata la consulenza di un avvocato tributarista, in particolare per stendere un ricorso ben motivato e raccogliere prove efficaci.
  • Prudenza e collaborazione: mantenere una documentazione ordinata già in via preventiva è la migliore difesa. In sede di controllo, la collaborazione e la buona fede (ad es. risposta tempestiva, chiarezza nelle risposte) possono far sì che l’ufficio applichi sanzioni più miti o accetti riduzioni. Viceversa, il silenzio o il rifiuto di fornire elementi tende a peggiorare la posizione.

6. Domande frequenti (FAQ)

D. 1: Che differenza c’è tra un accertamento analitico e induttivo?
R. L’accertamento analitico si basa esclusivamente sui documenti contabili presentati: l’Ufficio rettifica voci specifiche solo se accerta errori in base a prove certe (fatture, contratti, estratti conto) . L’accertamento induttivo entra in gioco quando la contabilità è difettosa o inesistente: l’Amministrazione ricostruisce il reddito presunto usando indizi esterni (movimenti bancari, indici di settore, consumi) . Mentre nell’analitico le presunzioni non si usano, nell’induttivo puro l’ufficio può del tutto ignorare i registri contabili e tassare sulla base di qualsiasi elemento acquisito . Nel caso intermedio (analitico‐induttivo), l’ufficio integra la contabilità con presunzioni semplici (es. ricalcolo dei ricavi omessi) . In ogni caso il contribuente ha diritto a provare il contrario (ad es. fornendo fatture non contabilizzate) e, come chiarito dalla recente giurisprudenza, deve potergli essere riconosciuto il giusto margine di costi correlati ai ricavi aggiunti induttivamente .

D. 2: Sono in regime forfettario: quali sono i controlli a cui devo fare più attenzione?
R. Il forfettario è semplificato, ma non immune da verifiche. Controlli tipici riguardano: (1) limiti di fatturato – il regime è ammesso solo fino a 85.000€ (2025) di ricavi/compensi; tra 85k e 100k si decade l’anno successivo; oltre 100k decade immediatamente con recupero IVA ; (2) cause ostative – ad es., redditi dipendenti superiori a 35.000€ l’anno precedente (nuovo limite 2025), oppure predominanza di fatturato verso ex‐datore; (3) spese per lavoro e collaboratori – se si supera il tetto di 20.000€ annuo di compensi a terzi (anche familiari) scatta l’esclusione; (4) adeguata tenuta della documentazione – anche se non ci sono registri formali, bisogna conservare fatture attive/passive, contratti, estratti conto e annotazioni; (5) utilizzo improprio delle agevolazioni – p.es. emissione di autofattura priva dei requisiti, applicazione indebita di aliquota 5% startup, mancato rispetto dei divieti di regimi speciali . Se l’AdE ritiene non spettante il regime agevolato, emetterà un avviso per redditi in ordinario (es. imponibile forfettario riqualificato IRPEF e IVA) . Per difendersi, oltre a quanto già detto, è fondamentale dimostrare la correttezza del regime: produrre documenti che confermino i ricavi dichiarati, contratti che delineino reali rapporti professionali, e memorie che chiariscano l’assenza di criteri ostativi (p.es. certificati di cessazione del lavoro dipendente) .

D. 3: Posso essere accertato con il redditometro se dichiaro redditi d’impresa o da professione?
R. Formalmente il redditometro (accertamento sintetico ex art. 38 DPR 600/73) riguarda le persone fisiche senza reddito di impresa/autonomo . Tuttavia, in pratica l’Amministrazione può verificare anche il tenore di vita di un professionista: se emerge uno scostamento tra spese personali elevate e reddito professionale dichiarato, può avviare un contraddittorio. In un caso di esempio, un forfettario dichiara 20.000€ lordi ma compra un’auto da 50.000€: il Fisco potrebbe chiedere spiegazioni sul finanziamento dell’acquisto . Nella difesa occorre dimostrare le fonti (risparmi pregressi, prestiti, entrate di un coniuge, ecc.) e far notare che nel redditometro il reddito del contribuente è calcolato al netto di imposta sostitutiva (quindi, per un forfettario, non è vero reddito “pulito” ). In ogni caso, il principio è che il redditometro non si sostituisce ai controlli analitici, ma integra la verifica complessiva.

D. 4: Cosa succede se l’Agenzia contesta una parte del reddito come derivante da valuta estera o cripto?
R. I compensi ricevuti in valuta estera (anche cripto-valuta) devono essere convertiti in euro ai fini dichiarativi. Circa le criptovalute, l’Agenzia delle Entrate le considera analoghe alle valute estere: va compilato il quadro RW per wallet/exchange esteri e il controvalore in euro delle operazioni (plusvalenze) va indicato nei quadri RT/RT . La Corte di Cassazione penale ha ribadito che i pagamenti in criptovaluta non escludono l’imposizione fiscale: “il valore va convertito in euro e dichiarato” . Se si riceve una richiesta di chiarimenti su operazioni cripto, conviene: verificare gli importi, calcolare plusvalenze/minusvalenze corrette (ad es. applicando LIFO come indicato da AdE), presentare un’integrazione o ravvedimento se possibile . Il contribuente può anche sostenere la liceità delle fonti (p.es. mostrare che l’incremento di euro sul conto non è plusvalenza ma rimborso di un precedente prestito, ecc.).

D. 5: Ho superato i limiti di fatturato del forfettario nell’anno scorso, come mi regolo?
R. Se nel 2024 hai dichiarato un ammontare di ricavi/compensi compreso tra 85.001€ e 99.999€, decadrai dal regime a partire dal 2025 . Se hai oltrepassato 100.000€, il regime decade già nell’anno 2024 e devi considerare l’applicazione dell’IVA sulle operazioni che hanno generato lo sforamento . In entrambi i casi devi regolarizzarti: pagare l’IVA dovuta (anche con possibile ravvedimento) e versare imposte ordinarie (IRPEF/IRAP) sui redditi del 2024. Se l’errore è stato involontario, potrebbe convenire definire con l’Agenzia l’errore commesso piuttosto che attendere l’accertamento. Se ricevi comunque un accertamento, potrai contestarlo dimostrando, ad esempio, la corretta data di pagamento o riconducendo il superamento a cause oggettive (es. più fatture registrate nell’anno ma pagate nell’anno successivo).

D. 6: Vale la pena chiedere un interpello o aderire a meccanismi di compliance?
R. Gli interpelli (tax ruling) servono per ottenere una risposta vincolante su questioni di diritto tributario prima di compiere un’operazione. Possono essere utili se si vogliono chiarimenti su operazioni transfrontaliere complesse (es. sviluppo software con contrattualistica internazionale), sul trattamento fiscale delle criptovalute, o su inquadramento di nuove forme di ricavo. Tuttavia, molti professionisti non vi ricorrono per mancanza di abitudine o per i costi. Invece, l’adesione a modalità di adempimento collaborativo (nuovo istituto dal 2023) è consigliata solo a chi dispone di sistemi di controllo fiscale avanzati (per programmatori da società grandi). Più fattibile è aderire spontaneamente alla compliance: quando arriva una lettera di compliance dall’AdE, rispondere in modo esauriente può evitare accertamenti più onerosi.

D. 7: Se ricevo l’avviso di accertamento, cosa posso fare subito?
R. Entro 60 giorni dalla notifica puoi: (1) proporre istanza di autotutela all’Agenzia (art. 2 DPR 462/1979), chiedendo l’annullamento per vizi formali o materiali; (2) aderire con bonario accordo (art. 5 D.Lgs. 218/1997) se offre sanzioni ridotte e ti conviene chiudere; (3) presentare ricorso in Commissione tributaria (entro il termine) con l’assistenza di un professionista. Nell’immediato, consigliamo di (a) leggere attentamente i rilievi dell’atto, (b) preparare tutta la documentazione necessaria per comprovare le tue argomentazioni, (c) valutare se riconoscere alcune contestazioni evidenti pagando subito (ravvedimento) per ridurre sanzioni. Ricorda che è fondamentale non pagare né presentare ricorso prima di aver analizzato a fondo l’atto con un consulente, in modo da non porre in conflitto le proprie difese successive.

7. Casi pratici simulati

Caso 1: Programmatore forfettario con mancata adesione ai requisiti. Fatto: Mario apre partita IVA (codice ATECO consulenza software, coeff. 78%) e aderisce al forfettario. Nel 2023 ha ricavi di 70.000€ e nessun dipendente. Nel 2024 inaugura 2 nuove collaborazioni occasionali per 12.000€. Nel 2024 dichiara 85.000€ e continua forfettario nel 2025. Tuttavia, nel 2025 riceve un avviso di accertamento: l’Agenzia ritiene che nel 2024 abbia superato 85k e quindi nel 2025 non potesse più restare in forfettario . Il contribuente subirebbe applicazione di IRPEF ordinaria e IVA retroattiva. Difesa: Mario deve dimostrare anzitutto l’esatta quantificazione dei ricavi. Se le fatture a nuovi clienti sono state tutte emesse entro 2024, deve spiegare perché l’impatto sul limite non è automatico (ad es. alcune fatture incassate nel 2025). Può eccepire che il limite da considerare per il 2024 era 85.000€ e non 100.000€. Se invece ha davvero superato 85.000€, può provare che le prestazioni dei collaboratori (12.000€) rientrano nella soglia dei 20.000€ (quindi non escludono il regime) e chiedere che l’ufficio valuti il pagamento dell’IVA sulle operazioni che hanno ecceduto oltre 85k nell’anno. Qualora il forfettario fosse decaduto dal 2025, Mario può proporre la regolarizzazione spontanea: integrazione 2024 con IVA e versamento della differenza d’imposta, diminuendo così sanzioni.

Caso 2: Sviluppatore pagato in criptovaluta. Fatto: Giulia è freelance e sviluppa smart contract blockchain. Nel 2023 stipula un contratto con un’azienda estera che le paga 10 BTC (bitcoin). La paga al cambio medio del giorno della transazione. Non dichiara nulla nel quadro RW né in RT/RT. Nel 2024 riceve un avviso di accertamento: l’AdE ha incrociato dati exchange (o ha segnalazione UIF) e contesta una plusvalenza di 30.000€ in euro da 10 BTC (al guadagno in euro). Difesa: Giulia si avvale dei chiarimenti del paragrafo 6: deve convertire ogni operazione in euro usando il cambio di mercato (come richiesto da Cass. n.8269/2023 ). Potrebbe contestare la quantificazione del reddito accertato: se ad es. parte dei BTC erano pagamenti parziali di licenza software (non da plusvalenza), può argomentarlo. In generale però la Corte ha stabilito che i pagamenti in cripto non sfuggono all’imposizione fiscale . Le resterebbe da spiegare eventuali minusvalenze o costi deducibili legati a quell’incasso, e da regolarizzare tramite dichiarazione integrativa con pagamento dell’IC (imposta cripto 0,2%) o dell’aliquota 26% su plusvalenza (ora senza franchigia).

Caso 3: Programmatore ordinario con accertamento induttivo sui redditi. Fatto: Luca ha partita IVA in ordinario e nel 2021 dichiara reddito di 50.000€. Nel 2024, a seguito di una verifica, l’Agenzia contesta entrate per ulteriori 20.000€ non dichiarate (basandosi su versamenti bancari “sospetti” nel quinquennio) e ordina la rettifica analitico-induttiva. L’accertamento induttivo liquida, senza riconoscere alcun costo, i 20k come reddito aggiuntivo, applicando tasse su 70.000€. Difesa: Luca presenta ricorso. Sottolinea che l’AdE, pur essendo in accertamento induttivo (art. 39, c.1), deve riconoscergli almeno i costi fissi medi del settore correlati a quei ricavi presunti (come richiesto da Cass. cost. 10/2023) . Calcola quindi il margine netto ragionevole (ad es. settore IT circa 10% di utile netto) e chiede che l’ulteriore imponibile di 20k sia scomputato di 2.000€ di costi ipotizzati. Inoltre presenta prove che parte dei versamenti erano prestiti da parenti o capitali accumulati. Chiede inoltre di vedere copia delle indagini bancarie (richiesta di atti) e solleva questioni sull’onere della prova delle presunzioni . Potrebbe anche eccepire che per voci di spesa contabili o ricavi (fatture parziali) mancanti doveva attivarsi un contraddittorio preventivo (art. 38 DPR 600/73) prima dell’avviso, se applicabile .

Questi esempi illustrano come in concreto si debba reagire contestando gli importi e producendo prove. Il contribuente deve sempre ragionare da professionista legale: ogni rilievo va argomentato per iscritto nel ricorso tributario con riferimenti normativi e documentali.

8. Tabelle riepilogative

Tabella 1: Tipi di accertamento tributario

AccertamentoRequisitiMetodo di ricostruzioneOnere della prova
Analitico contabileContabilità formale regolare, nessuna irregolaritàRettifica puntuale delle voci con evidenze documentali (art.39(1)(a), art.54 IVA) .Non spostato; l’ufficio provve a dimostrare l’errore in atti.
Analitico‐induttivoPresenza di irregolarità contabili parziali (falsi, omissioni limitate)Parte dai dati contabili noti e li integra con presunzioni semplici (indizi) per ricostruire maggiori redditi (art.39(1)(d)) .Contribuente può portare prova contraria e i costi correlati (diritto riconosciuto da Cass./Cost.) .
Induttivo puroContabilità inaffidabile o assente (omissione dichiarazione, scritture “in nero”, omissione IVA)L’Ufficio ignora contabilità e valuta il reddito solo su dati esterni e presunzioni anche “supersemplici” (art.39(2) DPR 600/1973) .Sovraccarico probatorio spostato sul contribuente, che deve fornire dati alternativi se vuole evitarlo.
Sintetico (redditometro)Persona fisica (no impresa) con spese/consumi molto superiori al reddito dichiaratoCalcola reddito presunto basandosi su spese (tabelle ISTAT, coefficienti) e confronta con reddito dichiarato .Contribuente può portare prova delle fonti di spesa (risparmi, donazioni) e si può difendere con contraddittorio obbligatorio (art.38(7)) .

Tabella 2: Procedura dell’accertamento

FaseDescrizioneRiferimenti normativi
Raccolta dati preliminareL’Amministrazione esamina banche dati, studi di settore/ISA, segnalazioni anti-riciclaggio. Se emergono elementi sospetti (spese elev., versamenti anomali), segnala il contribuente.
Invito/lettera di complianceComunicazione formale che richiede documentazione integrativa o chiarimenti. Non è ancora un atto definitivo, ma consente al contribuente di fornire spiegazioni e correggere errori.Art. 12 D.Lgs. 218/1997 (invito facoltativo), legge n. 178/2020 per redditometro.
Contraddittorio/preliminareConvocazione (eventuale) del contribuente in ufficio o video-collegamento per illustrare i rilievi e ricevere osservazioni (previsto per accertamenti sintetici , buona prassi comunque per altri).Art. 38, comma 7, DPR 600/1973 (redditometro).
Accesso/Verifica fiscaleIspettori entrano in azienda/sede del contribuente, esaminano contabilità e scritture. Rilascio di Processo Verbale di Constatazione (PVC) con i rilievi riscontrati. Consegna al contribuente che ha 60 gg per osservazioni scritte .Artt. 52‐54 DPR 633/1972; 33,32 DPR 600/1973 (accesso, inviti, p.v.c.).
Emissione avviso di accertamentoNotifica dell’atto ufficiale di rettifica (liquidazione imposte, sanzioni e interessi). Può riguardare più anni (entro i termini di decadenza quinquennali ).Art. 43 DPR 600/1973 (decadenza); art. 41-bis c.1 DPR 600/1973; art. 5 DPR 633/1972.
Accertamento con adesione/definizione agevolataSe proposta dal contribuente, possibile chiusura concordata con pagamento sanzioni ridotte (DLgs 218/97).D.Lgs. 218/1997.
Ricorso tributarioImpugnazione in Commissione Tributaria entro 60 gg. Contestazione dei rilievi. Eventuale mediazione. In caso di ricorso, rimangono in piedi le ragioni a favore del contribuente esposte in memoria e provate con documenti.Art. 19 D.Lgs. 546/1992; art. 17 L. 212/2000 (diritto di difesa).

9. Fonti normative e giurisprudenziali

Fonti primarie e prassi citate (normative, circolari, sentenze):

  • Normativa italiana: DPR 600/1973 (imposte sui redditi), artt. 32, 38, 39, 43; DPR 633/1972 (IVA) art. 54; DPR 917/1986 (TUIR) art. 53 (redditi professionali); L. 190/2014, commi 54-89 (istituisce il regime forfettario); L. 208/2015, L. 178/2020, L. 197/2022, 197/2023 (novità fiscali e crypto); DLgs 546/1992 (processo tributario); L. 197/2023 (disciplica le cripto-attività, art. 67 TUIR); Artt. 2729 e 2723 cod. civ. (presunzioni in sede civile).
  • Circolari e risposte AE: Circolare AdE 30/E/2023 (crittovalute); Risposta a interpello 788/2021 (cripto nel quadro RW); Risposte dell’Agenzia su forfettario e compliance; Circolare 38/E/2013 (monitoraggio fiscale).
  • Giurisprudenza recente: Cassazione Penale, Sez. III, sent. n. 8269/2023 (pagamenti in criptovaluta – NFT come redditi professionali) ; Corte Cost. sent. n. 10/2023 (diritti dell’imprenditore in accertamento induttivo); Cassazione Civile 22 ottobre 2015 (C-264/14) sui bitcoin (no IVA); Cass. Pen. Sez. III 15/01/2025 n.1760 (beni in bitcoin non automaticamente profitto di reato) ; Cassazione sezione tributaria 20166/2020 (principi redditometro); Cassazione 5586/2023 (su crediti IVA e ricavi).
  • Fonti amministrative: Agenzia Entrate – provvedimenti e istruzioni (es. disciplina del regime forfettario e criteri di controllo); UIF (normative antiriciclaggio per cripto); Direttiva 2006/112/CE (territorialità IVA, citata da Cass.), Regolamento UE MiCA (mercati cripto).

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Vuoi sapere cosa rischi e come predisporre una difesa efficace?

👉 Prima regola: dimostra la tracciabilità dei pagamenti, la regolare emissione di fatture e la corretta applicazione del regime fiscale (forfettario, ordinario o internazionale).


⚖️ Quando scattano le contestazioni

  • Compensi ricevuti tramite piattaforme online o bonifici dall’estero non dichiarati;
  • Fatture mancanti o non registrate in contabilità;
  • Differenze tra movimenti bancari e redditi dichiarati;
  • Collaborazioni continuative qualificate come attività d’impresa e non come lavoro autonomo;
  • Errata applicazione dell’IVA nei rapporti con clienti UE o extra-UE.

📌 Conseguenze della contestazione

  • Recupero delle imposte su redditi non dichiarati;
  • Sanzioni per dichiarazione infedele fino al 90% della maggiore imposta;
  • Interessi di mora sulle somme accertate;
  • Rischio di riqualificazione del rapporto con il cliente come lavoro subordinato;
  • Possibili contestazioni penali per evasione se gli importi superano le soglie di legge.

🔍 Cosa verificare per difendersi

  • I compensi ricevuti sono stati fatturati correttamente?
  • I clienti esteri rientravano nelle regole del reverse charge o fuori campo IVA?
  • Le somme accreditate sui conti personali erano ricavi imponibili o rimborsi/costi anticipati?
  • Il regime fiscale scelto (forfettario, ordinario) è stato applicato in modo corretto?
  • L’accertamento si fonda su prove concrete o su presunzioni?

🧾 Documenti utili alla difesa

  • Contratti con clienti italiani ed esteri;
  • Fatture elettroniche e note di pagamento;
  • Estratti conto bancari e documentazione PayPal/Stripe;
  • Dichiarazioni fiscali degli anni contestati;
  • Prove della natura non imponibile di eventuali somme ricevute.

🛠️ Strategie di difesa

  • Dimostrare la correttezza delle dichiarazioni e la tracciabilità dei compensi;
  • Contestare la presunzione che ogni accredito costituisca reddito imponibile;
  • Evidenziare la buona fede in caso di errori di interpretazione sulle regole IVA internazionali;
  • Richiedere annullamento in autotutela se la documentazione era già disponibile;
  • Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro 60 giorni;
  • Difesa penale mirata in caso di contestazioni per evasione fiscale rilevante.

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✔️ Avvocato esperto in fiscalità delle professioni digitali e contenzioso tributario;
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Conclusione

Gli accertamenti fiscali agli sviluppatori e programmatori non sempre sono fondati: spesso derivano da presunzioni errate, errori di calcolo o incertezze sulla normativa internazionale.
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