Agenzia Delle Entrate Rileva Ricavi Non Fatturati Da Farmacie: Come Difendersi

Hai ricevuto una contestazione dall’Agenzia delle Entrate per presunti ricavi non fatturati nella tua farmacia? In questi casi, l’Ufficio presume che parte delle vendite – di farmaci, parafarmaci o altri prodotti – non siano state registrate né fatturate, con lo scopo di ridurre il reddito imponibile e l’IVA dovuta. Le conseguenze possono essere molto pesanti: recupero delle imposte, applicazione di sanzioni elevate e, nei casi più gravi, contestazioni penali per dichiarazione infedele o frode fiscale. Tuttavia, non sempre l’accertamento è legittimo: con una difesa ben documentata è possibile dimostrare la correttezza della contabilità o ridurre sensibilmente le sanzioni.

Quando l’Agenzia delle Entrate contesta ricavi non fatturati alle farmacie
– Se vi sono incongruenze tra gli acquisti di farmaci e i corrispettivi dichiarati
– Se i dati trasmessi al Sistema Tessera Sanitaria non coincidono con quelli riportati in contabilità
– Se vengono rilevate differenze tra le giacenze di magazzino e le vendite fatturate
– Se i versamenti bancari risultano superiori ai ricavi dichiarati
– Se l’Ufficio presume la presenza di vendite in nero non registrate

Conseguenze della contestazione
– Recupero a tassazione dei ricavi ritenuti occultati
– Applicazione di sanzioni fino al 200% delle maggiori imposte accertate
– Interessi di mora sulle somme contestate
– Rettifica del bilancio e possibili rilievi sulla gestione contabile
– Nei casi più gravi, denuncia penale per dichiarazione fraudolenta o infedele

Come difendersi dalla contestazione
– Dimostrare la correttezza delle scritture contabili e dei corrispettivi registrati
– Produrre documentazione fiscale, estratti del Sistema Tessera Sanitaria e registri di magazzino
– Contestare le ricostruzioni presuntive dei ricavi effettuate dall’Agenzia
– Evidenziare vizi di motivazione, difetti istruttori o errori di calcolo nell’accertamento
– Richiedere la riqualificazione della contestazione per ridurre l’impatto delle sanzioni
– Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per ottenere l’annullamento totale o parziale della pretesa

Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare i flussi contabili e fiscali della farmacia
– Verificare la legittimità della contestazione e la corretta applicazione delle norme tributarie
– Redigere un ricorso fondato su prove concrete e vizi procedurali
– Difendere la farmacia e i suoi titolari davanti ai giudici tributari e, se necessario, anche in sede penale
– Tutelare il patrimonio personale e aziendale da conseguenze fiscali sproporzionate

Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale della contestazione
– La riduzione delle sanzioni e degli interessi applicati
– La sospensione delle richieste di pagamento già notificate
– Il riconoscimento della correttezza della contabilità e dei ricavi dichiarati
– La certezza di pagare solo quanto realmente previsto dalla legge

⚠️ Attenzione: le farmacie sono tra le attività più controllate dal Fisco, grazie all’incrocio dei dati con il Sistema Tessera Sanitaria. È fondamentale predisporre una difesa tempestiva e documentata per evitare conseguenze fiscali e penali molto pesanti.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e penale tributario – spiega come difendersi in caso di contestazioni per ricavi non fatturati nelle farmacie e quali strategie adottare per proteggere i tuoi interessi.

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Introduzione

Le farmacie sono tra le attività più frequentemente sottoposte a controlli fiscali da parte dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza, in quanto gestiscono elevati volumi di incassi (spesso in contanti) e presentano margini di ricarico relativamente prevedibili . In anni recenti, grazie all’incrocio di banche dati elettroniche, il Fisco ha intensificato le verifiche individuando possibili ricavi non fatturati o non registrati dalle farmacie. Ciò significa vendite effettuate senza emissione di scontrino fiscale o fattura, i cui corrispettivi non vengono dichiarati ai fini IVA e delle imposte sui redditi. Quando l’Amministrazione finanziaria contesta ricavi “in nero” a una farmacia, il titolare (contribuente) si trova di fronte a un accertamento fiscale potenzialmente oneroso, accompagnato da sanzioni tributarie e, nei casi più gravi, dal rischio di sanzioni penali e provvedimenti accessori (come la sospensione della licenza).

Questa guida, aggiornata ad agosto 2025, fornisce un quadro avanzato e dettagliato degli strumenti normativi italiani in materia tributaria applicabili alle farmacie, con un linguaggio tecnico-giuridico ma dal taglio divulgativo. Saranno illustrate le norme e le procedure (sia pre-contenziose che di contenzioso tributario), affiancate da pronunce giurisprudenziali recenti, esempi pratici e tabelle riepilogative.

Obblighi fiscali delle farmacie e motivi frequenti di accertamento

Prima di analizzare come contrastare un accertamento, è utile riepilogare gli obblighi fiscali specifici delle farmacie e le ragioni per cui queste attività sono spesso nel mirino del Fisco. In Italia le farmacie, al pari di qualunque esercizio commerciale al dettaglio, sono tenute a:

  • Certificare ogni vendita con documenti fiscali (scontrino o ricevuta fiscale, e se richiesto fattura). Dal 2019 vige l’obbligo dello scontrino elettronico, emesso tramite un registratore telematico che memorizza e trasmette giornalmente all’Agenzia delle Entrate i dati dei corrispettivi . Omessa memorizzazione o trasmissione di tali dati configura un’infrazione.
  • Tenere la contabilità regolare: registro dei corrispettivi, registri IVA acquisti e vendite, libro giornale e registri degli inventari di magazzino. Devono risultare tutte le operazioni effettuate.
  • Trasmettere al Sistema Tessera Sanitaria (STS) le informazioni sulle vendite di medicinali detraibili dal cliente: ogni volta che un cliente fornisce il codice fiscale per la detrazione, la farmacia invia l’importo al sistema centralizzato. Anomalie nei dati STS (ad esempio scontrini “parlanti” comunicati per detrazione che superano i ricavi dichiarati) possono far emergere discrepanze e avviare controlli .
  • Dichiarare correttamente IVA, reddito d’impresa e altri tributi: il fatturato della farmacia va indicato nelle dichiarazioni annuali (dichiarazione IVA, Redditi, IRAP). Scostamenti significativi tra acquisti di merci e vendite dichiarate, o indici di bilancio anomali, costituiscono segnali di allarme. Ad esempio, se una farmacia acquista in un anno quantità di prodotti che normalmente genererebbero vendite per 1.000.000 €, ma ne dichiara solo 600.000 €, l’ufficio fiscale sospetterà ricavi non registrati per la differenza.

Perché il Fisco controlla spesso le farmacie? I motivi ricorrenti di accertamento verso le farmacie includono:

  • Differenze tra acquisti e vendite dichiarate: se il costo del venduto (acquisti di farmaci e altri prodotti) risulta incompatibile col volume d’affari dichiarato, l’Agenzia Entrate presume che una parte delle vendite non sia stata scontrinata . Ad esempio, acquisti ingenti a fronte di ricavi insolitamente bassi suggeriscono vendite occultate.
  • Incongruenze tra contabilità e flussi finanziari: gli ispettori confrontano gli incassi registrati col denaro effettivamente transitato sui conti bancari. Versamenti sul conto maggiori dei corrispettivi battuti in cassa indicano che esistono fonti non dichiarate (vendite in nero) usate poi per versamenti . Analogamente, un saldo di cassa contabile negativo (uscite in contanti superiori alle entrate registrate) è un’anomalia che presume ricavi occulti almeno pari al disavanzo .
  • Elevato utilizzo di contante o incassi non giustificati: le farmacie operano molto in contanti; se i prelievi o le spese personali del titolare appaiono elevati rispetto all’utile dichiarato, il Fisco può attivare un accertamento sintetico sul tenore di vita (cosiddetto redditometro). Ad esempio, ingenti investimenti o acquisti personali a fronte di un reddito netto esiguo segnalano capacità contributiva non spiegata, potenzialmente dovuta a redditi non dichiarati.
  • Scostamenti dagli indici ISA o altri parametri: oggi l’Agenzia dispone degli Indici Sintetici di Affidabilità (ISA), evoluzione degli studi di settore, che attribuiscono un punteggio al contribuente in base ai dati dichiarati. Punteggi ISA molto bassi o deviazioni marcate dai valori medi di settore (margine lordo, ricarico medio, redditività percentuale) possono far presumere condotte antieconomiche o evasive, inducendo un controllo . Ad esempio, una farmacia che dichiara margini dimezzati rispetto alla media nazionale delle farmacie potrebbe essere selezionata per verifica.
  • Anomalie nei corrispettivi telematici o nel registratore di cassa: l’Agenzia incrocia i dati trasmessi giornalmente dal registratore telematico con la dichiarazione annuale IVA. Omessa o infedele trasmissione dei corrispettivi (es. giornate mancanti, reset del registratore) dà luogo ad accertamenti e sanzioni . La Guardia di Finanza, nei controlli sul campo, presta attenzione a possibili manomissioni del registratore di cassa (ad es. azzeramenti non giustificati a metà giornata, utilizzo di modalità “training” per non memorizzare scontrini reali, ecc.). Tali espedienti, se scoperti, costituiscono gravi violazioni.
  • Irregolarità nella gestione del personale: anche aspetti extrafiscali possono avere riflessi fiscali. Un esempio è l’impiego di personale in nero in farmacia: la Cassazione ha di recente affermato che la presenza di lavoratori irregolari può di per sé costituire un indizio grave e preciso di ricavi non dichiarati, tale da giustificare un accertamento induttivo . L’idea è che pagare stipendi “in nero” implica disporre di liquidità non contabilizzata, ossia vendite occultate utilizzate per remunerare quei dipendenti.

Riassumendo, i controlli fiscali in farmacia scattano di solito quando ci sono scostamenti o anomalie contabili che fanno sospettare evasione di ricavi: vendite non scontrinate, doppi corrispettivi, divergenze tra acquisti e vendite, indicatori gestionali inattendibili. Vediamo ora in che modo la legge permette al Fisco di ricostruire i ricavi non dichiarati (metodi di accertamento) e quali sono i limiti legali e le possibili difese per il contribuente.

Metodi di accertamento tributario applicabili alle farmacie

Gli accertamenti fiscali sono gli atti con cui l’Amministrazione finanziaria rettifica il reddito o il volume d’affari dichiarato dal contribuente, sulla base di prove o presunzioni di evasione. In Italia esistono diversi metodi di accertamento, con gradi variabili di analisi e di utilizzo di presunzioni, disciplinati dal D.P.R. 600/1973 (per le imposte sui redditi) e dal D.P.R. 633/1972 (per l’IVA). Di seguito descriviamo le tipologie principali – analitico, analitico-induttivo, induttivo “puro”, sintetico (redditometrico) – evidenziando quando possono essere applicate e con quali criteri, specie nel contesto di una farmacia.

  • Accertamento analitico (ordinario) – È il metodo base: l’ufficio controlla analiticamente le scritture contabili e i documenti fiscali del contribuente, individuando eventuali scostamenti o errori da correggere . Ai sensi dell’art. 39, comma 1 del D.P.R. 600/1973, se emergono incompletezze, falsità o inesattezze nei dati dichiarati (ad esempio omissione di alcune fatture, incongruenze nei registri IVA, ecc.), l’Amministrazione può “rettificare” il reddito sulla base dei dati attendibili risultanti dalle scritture e dai documenti certi . In pratica, l’accertamento analitico integra il reddito dichiarato utilizzando elementi concreti: ad esempio verbali ispettivi che scoprano vendite non scontrinate o fatture d’acquisto non contabilizzate, registrazioni contabili errate, ecc. Nel contesto di una farmacia, un caso tipico è la rettifica IVA se vengono rinvenute ricevute fiscali non registrate: avendo prova documentale della vendita (scontrino trovato, o segnalazione di un cliente), l’ufficio può aggiungere i corrispondenti ricavi e imporre le relative imposte. Garanzia difensiva: in accertamento analitico l’onere della prova di dimostrare le violazioni spetta al Fisco, dato che la contabilità in linea generale è tenuta regolarmente. Il contribuente può comunque contraddire le singole contestazioni, esibendo documenti giustificativi o evidenziando errori di calcolo.
  • Accertamento analitico-induttivo – Questo metodo, previsto dall’art. 39, comma 1, lett. d del D.P.R. 600/1973, viene utilizzato quando la contabilità, pur formalmente tenuta, è ritenuta inattendibile in parte, ossia presenta gravi incongruenze o lacune tali da giustificare il ricorso a presunzioni per ricostruire il reddito . L’ufficio combina l’analisi dei dati contabili disponibili con metodi induttivi per stimare i ricavi non dichiarati. Nelle farmacie, l’accertamento analitico-induttivo si concretizza spesso nell’uso delle percentuali di ricarico: i verificatori selezionano un campione di prodotti venduti (farmaci, parafarmaci, cosmetici, ecc.), ne confrontano il prezzo di acquisto con quello di vendita, e calcolano il margine medio di ricarico applicato. Proiettando questo margine sul totale degli acquisti (costo del venduto) dichiarati dalla farmacia, stimano quali sarebbero i ricavi teorici – confrontandoli poi col fatturato dichiarato per individuare una eventuale eccedenza non contabilizzata . Ad esempio, se da acquisti annui per 500.000 € e considerando un ricarico medio del 40% si attenderebbero vendite per 700.000 €, ma la farmacia ne dichiara 600.000, la differenza (100.000 €) viene considerata ricavo non dichiarato. Limiti legali: l’accertamento induttivo analitico è consentito solo se vi sono elementi concreti che facciano dubitare dell’attendibilità della contabilità (registrazioni mancanti, errori gravi, comportamenti antieconomici evidenti) e se le presunzioni usate sono gravi, precise e concordanti , come richiesto dall’art. 2729 c.c. e confermato dalla giurisprudenza. La Cassazione ha più volte chiarito che non basta un semplice raffronto matematico su un campione casuale di articoli: se l’azienda tratta migliaia di prodotti differenti, il campione di beni utilizzato per calcolare il ricarico deve essere rappresentativo per categoria merceologica e valore, e il calcolo deve preferibilmente basarsi su medie ponderate e non su mere medie aritmetiche semplici . In una farmacia, ciò significa ad esempio che i farmaci da banco, i cosmetici e gli integratori – che hanno margini diversi – non possono essere tutti mischiati in un unico calderone statistico. Principio giurisprudenziale chiave: la Corte di Cassazione (sent. n. 4312/2015 e altre) ha ritenuto illegittimo un accertamento fondato sulla sola media semplice dei ricarichi se i beni venduti sono molto eterogenei; in tal caso va utilizzata una media ponderata che tenga conto dei diversi mix di prodotti . Il contribuente, in sede di difesa, potrà quindi contestare la metodologia dell’ufficio (ad esempio dimostrando che il campione di articoli scelto dal Fisco era troppo limitato o non rappresentativo) e fornire proprie analisi alternative dei margini, evidenziando eventuali cause lecite di riduzione del ricarico (sconti particolari, merci invendute o scadute, furti di magazzino, promozioni, convenzioni con ASL a margine ridotto, ecc.). Se le presunzioni del Fisco perdono gravità, precisione o concordanza, l’accertamento induttivo può essere annullato o ridimensionato dal giudice. (Si noti che l’accertamento analitico-induttivo viene talvolta chiamato anche “accertamento induttivo parziale”, da non confondere con l’accertamento parziale ex art. 41-bis DPR 600, che è semplicemente una forma di accertamento limitata ad alcuni redditi senza attendere la scadenza di fine anno).
  • Accertamento induttivo “puro” (o extra-contabile) – È lo strumento più radicale, previsto dall’art. 39, comma 2 del DPR 600/1973 (per le imposte sui redditi) e dall’art. 55 DPR 633/1972 (per l’IVA). Si applica solo in situazioni estreme, ad esempio quando il contribuente non ha presentato la dichiarazione fiscale, oppure quando le scritture contabili sono completamente inattendibili o inesistenti (tenuta assolutamente irregolare, distruzione/occultamento di documenti, ecc.). In tali casi l’Ufficio può prescindere in toto dalle risultanze contabili e determinare il reddito d’impresa (o il volume d’affari) sulla base di qualsiasi elemento informativo disponibile, anche presunzioni semplici prive dei requisiti di gravità-precisione-concordanza. Nel contesto di una farmacia, un accertamento induttivo puro potrebbe scattare qualora venisse scoperto che il titolare non ha tenuto alcun registro fiscale o ha nascosto volutamente intere parti di attività: ad esempio vendite completamente “in nero” con doppia contabilità. In tal caso il Fisco potrebbe ricostruire i ricavi indirettamente, ad esempio partendo dai movimenti bancari, dalle quantità di prodotti acquistati, dal tenore di vita del titolare, ecc., applicando margini standard o ricarichi noti del settore. Questo metodo però non è discrezionale: la legge richiede precisi presupposti per legittimarlo (omessa dichiarazione, contabilità totalmente falsa o mancante). Difese possibili: essendo un accertamento basato su dati extrabilancio, per il contribuente è difficile contrapporre elementi certi; tuttavia si può eccepire l’insussistenza delle condizioni per l’induttivo puro (ad es. se la contabilità in realtà c’era ed era affidabile, l’accertamento sarebbe nullo per violazione di legge) oppure contestare specificamente le stime dell’Ufficio (p.es. dimostrando che certe somme in banca non erano ricavi ma prestiti, ecc.). Nel caso delle farmacie, l’accertamento induttivo puro è raro, perché di norma le farmacie presentano le dichiarazioni annuali (anche se infedeli) e tengono registri, pur con possibili irregolarità parziali.
  • Accertamento sintetico (redditometro) – È un metodo rivolto a determinare sinteticamente il reddito complessivo della persona fisica titolare dell’impresa, prescindendo dalle scritture aziendali, quando c’è un’evidente sproporzione tra il reddito dichiarato e le spese sostenute o gli incrementi patrimoniali osservati. In pratica, ai sensi dell’art. 38 del DPR 600/1973, se un contribuente dichiara, ad esempio, 20.000 € annui di reddito ma nel medesimo periodo ha effettuato spese personali (mutui, acquisti, viaggi, auto, ecc.) per 50.000 €, l’Agenzia può presumere che il suo reddito reale fosse almeno pari a 50.000 € e procedere a tassare la differenza come reddito non dichiarato . Applicazione alle farmacie: se la farmacia è gestita in forma di ditta individuale (molte lo sono) o se il reddito di lavoro autonomo del farmacista appare troppo basso rispetto al suo tenore di vita, scatta il redditometro. Ad esempio, negli anni di boom alcuni farmacisti hanno acquisito seconde case, imbarcazioni o effettuato ingenti investimenti finanziari a fronte di dichiarazioni dei redditi modeste: questi casi sono tipici bersagli dell’accertamento sintetico. Dal 2010 in avanti l’accertamento sintetico è stato affinato e reso più garantista: è richiesto uno scostamento significativo e ripetuto tra reddito dichiarato e capacità di spesa (inizialmente +20% per due anni, ora una nuova formulazione). Novità 2024: il decreto legislativo 5 agosto 2024 n. 108 (attuativo della riforma fiscale) ha introdotto una “doppia soglia” per il redditometro: oltre a mantenere la condizione che il reddito accertabile superi di almeno il 20% quello dichiarato, si richiede che esso ecceda anche un valore assoluto pari a 10 volte l’assegno sociale annuo . Dato che l’assegno sociale è circa 7.000 € annui, ci vuole una differenza di almeno ~70.000 € di reddito non giustificato perché scatti l’accertamento sintetico. Questa modifica tende a escludere dall’ambito del redditometro i casi di scostamenti piccoli in valore assoluto (proteggendo contribuenti a basso reddito). Procedura garantista: l’accertamento sintetico richiede obbligatoriamente un contraddittorio preventivo con il contribuente . L’ufficio deve notificare un invito a comparire esponendo i calcoli del reddito presunto e gli elementi spesa considerati, dando almeno 60 giorni di tempo per presentare osservazioni e giustificazioni (ad es. il contribuente può provare che talune spese sono state finanziate con redditi esenti o risparmi accumulati negli anni precedenti) . Solo dopo aver valutato queste controdeduzioni l’ufficio può emettere l’avviso di accertamento sintetico, motivando in modo specifico l’eventuale mancato accoglimento delle prove contrarie fornite dal contribuente. In caso di giudizio, il giudice verificherà sia la correttezza formale della procedura (rispetto del contraddittorio, indicazione chiara degli indici utilizzati) sia la sostanza (ragionevolezza delle spese attribuite e adeguatezza delle giustificazioni non accolte).
  • Altri metodi (parametri e indici di settore) – Prima dell’introduzione degli ISA, esistevano i “studi di settore” e, ancora prima, i “parametri” per le piccole imprese, che fornivano ricavi o redditi presunti in base a dati strutturali dell’azienda. Oggi gli ISA (Indici sintetici di affidabilità) attribuiscono un punteggio da 1 a 10: un punteggio basso (ad es. 3 su 10) segnala un’attività fiscalmente poco “affidabile”. È importante chiarire che uno scostamento dagli indici non costituisce di per sé prova di evasione né può determinare in automatico un accertamento . Tuttavia, l’Agenzia può utilizzarlo come spunto: ad esempio, una farmacia il cui ISA mostri ricavi molto inferiori alla media territoriale potrebbe ricevere un questionario o un invito a verifica per approfondimenti. Qualora in seguito si proceda ad accertamento, l’ufficio dovrà comunque fondarlo su elementi concreti e motivarlo adeguatamente (indicando ad esempio che, a parità di condizioni, l’azienda ha margini inspiegabilmente più bassi dei colleghi). In fase difensiva, il contribuente potrà giustificare il punteggio ISA basso adducendo cause specifiche (lavori di ristrutturazione che hanno comportato chiusure temporanee, apertura recente, particolare struttura dei costi, furti o danneggiamenti di merci, ecc.). In sintesi, gli indici ISA sono un campanello d’allarme ma non costituiscono essi stessi una base legale per quantificare ricavi non dichiarati; servono piuttosto ad orientare i controlli.

Tabella riepilogativa – Tipologie di accertamento fiscale e loro caratteristiche (focus sul settore farmacie):

Tipo di accertamentoBase normativaQuando si applicaCaratteristicheLimiti e difese
Analitico (ordinario)DPR 600/1973, art. 39, c.1 (lett. a-c) e DPR 633/1972, art.54Irregolarità documentali puntuali in contabilità altrimenti regolare (es. fatture non contabilizzate, errori nei registri IVA).Rettifica basata su dati certi: l’ufficio integra il reddito solo dove trova errori o omissioni concrete (verbali, fatture, scontrini mancanti). Onere della prova delle violazioni a carico del Fisco.Difesa: contestare eventuali errori di calcolo, fornire documenti giustificativi che spieghino le anomalie (es. una fattura non registrata perché emessa a cavallo d’anno già inclusa altrove). Se la contabilità nel complesso è buona, l’ufficio non può estendere arbitrariamente l’accertamento oltre i rilievi provati.
Analitico-induttivo <br>(con percentuali di ricarico)DPR 600/1973, art. 39, c.1, lett. d <br> (anche art. 54, c.5 DPR 633/72 per IVA)Contabilità parzialmente inattendibile: riscontrate gravi incongruenze o mancanze (vendite non registrate, margini irragionevoli, scorte inattendibili).Ricostruzione dei ricavi tramite indici e presunzioni: si applicano margini medi (mark-up) ai costi noti per stimare il fatturato reale. Spesso usato il ricarico medio su campioni di prodotti. Ammesso solo con presunzioni gravi, precise e concordanti .Difesa: verificare se i presupposti legali ci sono (contabilità davvero inattendibile?) e contestare la metodologia. Ad es., dimostrare che il campione di prodotti usato non è rappresentativo della varietà di merci in farmacia. La Cassazione richiede campioni adeguati e medie ponderate se beni eterogenei . Si possono produrre calcoli alternativi più accurati. Se mancano indizi forti o il metodo è viziato, l’accertamento va annullato o ridotto.
Induttivo “puro” <br>(extracontabile)DPR 600/1973, art. 39, c.2 <br> DPR 633/1972, art. 55Contabilità inesistente o totalmente inaffidabile. Casi estremi: omessa dichiarazione, scritture volutamente distrutte o false in toto.Reddito e volume d’affari determinati a tavolino su base di qualsiasi elemento (dati bancari, spese note, rapporti terzi, ecc.). Presunzioni libere.Difesa: eccepire l’insussistenza delle condizioni (es. se la dichiarazione esisteva, l’induttivo puro è illegittimo). In giudizio, puntare su prove contrarie analitiche per ogni elemento contestato (es: versamenti bancari dimostrati essere finanziamenti non tassabili ). In mancanza di evidenze, questo accertamento è difficilmente ribaltabile, ma il suo utilizzo improprio può essere sanzionato dal giudice.
Sintetico (redditometro)DPR 600/1973, art. 38 (c.4-7) <br> D.Lgs. 108/2024 (riforma art.38)Persona fisica con spese sproporzionate rispetto al reddito dichiarato. Frequente per titolari che mostrano un tenore di vita molto alto nonostante utili modesti.Calcolo del reddito presunto in base alle spese effettive sostenute (esborsi rilevati su conti, acquisti immobiliari, vetture, ecc.). Doppia soglia 2024: scostamento >20% e spese >10× assegno sociale . Contraddittorio obbligatorio prima dell’atto .Difesa: nel contraddittorio portare prove che le spese sono state finanziate con redditi esenti o risparmi pregressi (donazioni, indennità esenti, utilizzo patrimonio accumulato). L’onere della prova in questa fase è a carico del contribuente. Verificare il rispetto della procedura (invito a comparire, motivazione adeguata): la mancanza del contraddittorio rende nullo l’atto . In giudizio, contestare eventuali voci di spesa imputate erroneamente o doppioni, e sostenere la tesi che il maggior reddito non esiste perché le spese sono state coperte con risorse lecite già tassate o non imponibili.
Indici di settore (ISA)Vari (Provvedimenti AE; L. 212/2000 art.10-bis su compliance)Scostamento significativo dai parametri medi di settore (ad es. margine lordo molto inferiore alla media delle farmacie simili).Non è un accertamento automatico: l’ISA <5 funge da allerta, l’ufficio può invitare a contraddittorio per capire le cause. Se poi procede ad accertare, deve usare uno dei metodi sopra (analitico o induttivo) con motivazioni proprie.Difesa: spiegare le ragioni dello scostamento (costi eccezionali, zona con bassa redditività, furti, errore nella compilazione dell’ISA, ecc.). Ricordare che un punteggio ISA basso non equivale a prova di evasione , come confermato anche dallo Statuto del contribuente: serve comunque una motivazione ad hoc nell’eventuale avviso. In mancanza di altri elementi, un accertamento basato solo sugli ISA sarebbe impugnabile per difetto di motivazione o carenza probatoria.

Procedura di verifica fiscale in farmacia: fasi e garanzie

Quando viene avviato un controllo fiscale nei confronti di una farmacia, si snoda un iter procedimentale disciplinato sia da norme tributarie sia dallo Statuto del Contribuente (L. 212/2000). Di seguito esaminiamo le principali fasi di tale iter – dall’accesso dei verificatori fino all’eventuale processo tributario – evidenziando per ciascuna i diritti del contribuente e i vincoli per l’Amministrazione. Conoscere la procedura è fondamentale per poter far valere le proprie ragioni tempestivamente e in modo efficace.

  • Accesso e verifica in loco: L’accesso presso i locali della farmacia è solitamente il primo atto di una verifica fiscale “sul campo”. Ufficiali della Guardia di Finanza (spesso in collaborazione con funzionari dell’Agenzia delle Entrate) si presentano presso la sede dell’attività muniti di ordine di accesso (autorizzazione interna nominativa) e di un tesserino di riconoscimento. Possono eseguire controlli nei locali adibiti all’attività (la zona vendita, il magazzino, l’ufficio) durante l’orario di apertura e, se necessario, estendere la ricerca anche ad altri locali aziendali. Diritti del contribuente: il titolare della farmacia o il suo rappresentante ha diritto a verificare l’identità e l’autorizzazione degli agenti, può farsi assistere da un professionista di fiducia (commercialista o avvocato) già durante l’accesso, e può chiedere che eventuali operazioni particolarmente invasive vengano svolte entro i limiti di orario di lavoro (lo Statuto del contribuente impone che le verifiche nei locali dell’azienda si svolgano con modalità tali da arrecare la minima turbativa all’attività e di norma non oltre 30 giorni lavorativi, salvo proroghe in casi complessi). Obblighi durante l’accesso: i verificatori possono richiedere l’esibizione di documenti fiscali (registri IVA, documenti di trasporto, fatture) e possono porre domande al titolare o ai dipendenti. Il contribuente non è obbligato a rispondere immediatamente a ogni domanda a bruciapelo: è lecito prendersi il tempo necessario, eventualmente concordando di fornire in seguito chiarimenti o documenti. Ogni dichiarazione resa durante l’accesso potrà essere riportata a verbale e utilizzata contro il contribuente; pertanto, è consigliabile rispondere con precisione e sincerità, evitando affermazioni di cui non si è sicuri. Il titolare può rifiutarsi di firmare il verbale di accesso o aggiungervi note di dissenso (“firme con riserva”), per segnalare eventuali contestazioni sul modo in cui si è svolto l’accesso.
  • Verifica di cassa e documentazione immediata: Spesso, durante l’accesso, la GdF effettua una verifica a sorpresa sul registratore di cassa (per vedere se viene emesso lo scontrino ai clienti presenti) e un conteggio del denaro in cassa confrontandolo con le chiusure di cassa. Inoltre, può procedere a un inventario del magazzino per controllare le giacenze di farmaci e prodotti parafarmaceutici, in cerca di discrepanze con le scritture contabili. Se ad esempio risultano in magazzino meno medicinali di quanti dovrebbero essercene in base agli acquisti dichiarati e alle vendite registrate, i verificatori ipotizzano che la differenza sia stata venduta in nero. In questa fase vengono anche acquisite copie dei supporti informatici (dati del registratore, file telematici dei corrispettivi) e dei documenti cartacei rilevanti. Il titolare deve consentire l’accesso e l’esame dei documenti, pena una sanzione per mancata collaborazione; tuttavia, ha diritto ad assistenza di un difensore e a chiedere che sia rilasciata copia di ogni documento portato via dai verificatori (per legge, di norma, i verificatori non possono asportare i documenti originali ma solo farne copia, tranne casi eccezionali di possibile sottrazione fraudolenta).
  • Processo Verbale di Constatazione (PVC): Al termine della verifica sul posto, i funzionari redigono un verbale denominato Processo Verbale di Constatazione (PVC), in cui elencano tutti i rilievi riscontrati. Ad esempio, il PVC potrebbe riportare che “in data X sono state riscontrate n. 5 operazioni di vendita non documentate da scontrino per un importo di € Y” oppure “si è riscontrato un margine medio del 50% su campione prodotti, confrontato col 30% dichiarato: da ciò derivano ricavi non dichiarati per € Z”. Il PVC contiene la descrizione dei fatti accertati (anomalie di cassa, differenze di inventario, discordanze contabili) e spesso una quantificazione provvisoria delle maggiori imposte dovute. Al contribuente viene richiesto di firmare per ricevuta il PVC. Diritti del contribuente sul PVC: può formulare osservazioni scritte sul verbale, anche allegando documenti (ad es. nel verbale può far inserire una dichiarazione tipo: “il titolare contesta la ricostruzione delle giacenze in quanto non sono stati considerati i resi farmaci scaduti, documentati da…”, oppure “si riserva di produrre memoria difensiva entro i termini di legge”). È molto importante conservare copia del PVC: sarà la base su cui costruire la difesa, dato che l’eventuale avviso di accertamento successivo non potrà discostarsi dai fatti contestati nel PVC senza nuovi elementi. Inoltre, lo Statuto del Contribuente (art. 12, c.7 L.212/2000) prevede che tra la consegna del PVC e l’emissione dell’avviso di accertamento debbano trascorrere almeno 60 giorni, durante i quali il contribuente può presentare memorie e osservazioni (salvo casi di particolare urgenza per evitare decadenze) . Questo lasso di tempo serve proprio a garantire un primo contraddittorio: il titolare potrà, con l’assistenza di un tributarista, preparare una memoria difensiva indirizzata all’Ufficio, per confutare punto per punto i rilievi del PVC (ad esempio allegando registri corretti, spiegazioni tecniche, perizie di parte sui margini, ecc.). L’Agenzia delle Entrate dovrà esaminare tali memorie prima di procedere oltre.
  • Contraddittorio endoprocedimentale (invito a comparire): Una delle novità più importanti degli ultimi anni è l’introduzione generalizzata dell’obbligo di contraddittorio preventivo prima dell’emissione di qualsiasi avviso di accertamento. Dal 18 gennaio 2024, infatti, è in vigore l’art. 6-bis dello Statuto del Contribuente, introdotto dal D.Lgs. 30 settembre 2023 n. 119 (riforma del procedimento accertativo) . Tale norma dispone che tutti gli atti impositivi (avvisi di accertamento, avvisi di rettifica, etc.) devono essere preceduti da un contraddittorio “informato ed effettivo”, a pena di annullabilità dell’atto, salvo poche eccezioni (controlli formali automatizzati o casi di particolare urgenza per rischio per la riscossione) . In pratica, dopo il PVC (o anche in assenza di PVC, per controlli da ufficio), l’Agenzia delle Entrate invia al contribuente un “invito a comparire” o comunicazione di avvio del procedimento, che contiene una sorta di schema di atto di accertamento: vengono elencati i rilievi (violazioni) contestati, l’ammontare dei maggiori tributi e sanzioni proposti e le motivazioni di fatto e di diritto. Al contribuente sono concessi almeno 60 giorni per presentare controdeduzioni scritte e/o comparire di persona (anche in video-conferenza) presso l’Ufficio per discutere la questione . Questa fase è cruciale per la difesa: è l’ultima occasione per convincere l’ufficio a non emettere l’accertamento oppure a ridurne la portata. Bisogna sfruttarla presentando memorie difensive dettagliate con tutti gli argomenti a favore. Ad esempio, nel contraddittorio il titolare può: fornire registri integrativi che spiegano eventuali incongruenze (come registri di carico/scarico di magazzino per giustificare differenze inventariali), esibire prospetti di ricalcolo dei ricavi basati su dati più completi rispetto a quelli usati dal Fisco (come un calcolo del ricarico ponderato sull’intero inventario, se l’ufficio ha usato solo pochi articoli), documentare con estratti conto che taluni versamenti bancari contestati provenivano in realtà da fonti non imponibili (es. un finanziamento familiare), evidenziare errori materiali commessi dai verificatori (ad esempio doppia conteggiatura di un acquisto). L’ufficio è tenuto a valutare queste osservazioni e, se decide comunque di procedere, dovrà motivare nell’avviso definitivo perché ha ritenuto di non accoglierle . Inoltre, se tra la data di chiusura del contraddittorio e la scadenza dei termini di decadenza per l’accertamento vi fossero meno di 120 giorni, la legge prevede che il termine di decadenza sia automaticamente prorogato di 120 giorni per garantire un adeguato spazio temporale al contraddittorio .
  • Emissione dell’Avviso di Accertamento: Esaurito il contraddittorio, se l’Agenzia ritiene fondate (in tutto o in parte) le contestazioni, procede alla notifica dell’Avviso di Accertamento al contribuente (in genere tramite PEC all’indirizzo digitale dell’impresa, oppure tramite ufficiale giudiziario o raccomandata). L’avviso di accertamento è l’atto fiscale “impugnabile” che quantifica definitivamente le maggiori imposte dovute (IVA, IRPEF o IRES, IRAP, eventuali addizionali) e le relative sanzioni amministrative applicate, oltre agli interessi. Esso deve contenere, a pena di nullità, una motivazione chiara e completa: deve spiegare i presupposti di fatto (es. le vendite in nero rilevate, i calcoli effettuati) e le ragioni di diritto (norme violate, metodo accertativo utilizzato) che giustificano la pretesa . Lo Statuto del Contribuente, art. 7, impone che la motivazione non sia generica né apodittica: non basta dire “ricavi non dichiarati perché applicata percentuale di ricarico maggiore”, ma vanno indicati i dati specifici (costo del venduto, margine applicato, fonti normative) . L’avviso deve anche dare atto dell’avvenuto contraddittorio, menzionando le osservazioni difensive presentate e indicando perché eventualmente non sono state accolte (altrimenti vi è vizio di motivazione). Termini di notifica (decadenza): la legge fissa rigidi termini entro cui l’accertamento va emesso. In generale, per le imposte dirette e l’IVA, il termine ordinario è il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (ad es., per l’anno d’imposta 2020, il 31/12/2025) . In caso di omessa dichiarazione, il termine diventa il 31 dicembre del settimo anno successivo. Tali termini possono essere prorogati in particolari circostanze (ad esempio, adesione a protocolli di cooperative compliance, sospensioni per indagini penali in corso, oppure – come detto – proroga di 120 gg per il contraddittorio). Se l’avviso viene notificato oltre il termine di decadenza, è nullo per decadenza e il debito fiscale si estingue. Viceversa, dal lato del contribuente, c’è un termine di 60 giorni dalla notifica per poter impugnare l’avviso mediante ricorso (vedi oltre) .

In sintesi, la fase amministrativa pre-contenziosa offre vari momenti in cui il contribuente può far valere le proprie ragioni: il PVC e i 60 giorni successivi per le memorie, il contraddittorio obbligatorio prima dell’avviso, e la necessità di motivazione dell’atto finale. Queste garanzie, se ben utilizzate, possono portare l’ufficio a rivedere almeno in parte la propria pretesa (non di rado, in contraddittorio si ottiene uno sgravio parziale, ad esempio riconoscendo spese deducibili inizialmente ignorate, o riducendo i ricavi presunti). Da ricordare che l’assenza del contraddittorio quando dovuto rende annullabile l’avviso in giudizio . Inoltre, la recente giurisprudenza ha evidenziato profili di tutela ulteriori: ad esempio, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con sentenza del 6 febbraio 2025 ha ritenuto che un potere di verifica fiscale troppo ampio e senza adeguati contrappesi possa violare il diritto alla riservatezza (art. 8 CEDU), sottolineando quindi la necessità che i controlli siano proporzionati e che il contribuente possa difendersi efficacemente . Questo clima giurisprudenziale spinge verso controlli più trasparenti e rispettosi delle garanzie.

Come difendersi efficacemente: strategie e prove a favore del contribuente

Affrontare un accertamento fiscale con successo richiede un mix di organizzazione preventiva, reattività tecnica e conoscenza dei propri diritti. Dal momento in cui inizia una verifica (o arriva un questionario/invito), il titolare della farmacia deve operare in modo strategico per costruire la propria difesa. Ecco i punti chiave e i consigli pratici:

1. Mantenere ordine nei documenti e nelle scritture: La miglior difesa inizia prima del controllo. Una farmacia dovrebbe avere sempre in ordine i registri IVA, i documenti di acquisto, le fatture di vendita (nel caso di forniture a enti o grossisti), i registri di magazzino per i farmaci (carico/scarico, anche se non obbligatori per legge possono essere tenuti per gestione interna) e i prospetti di chiusura giornaliera del registratore telematico. In caso di verifica, poter esibire immediatamente documentazione completa e coerente ispira fiducia e può scoraggiare approfondimenti eccessivi. È opportuno conservare anche documenti relativi a eventi straordinari che possano aver inciso sull’attività (es. documentazione di lavori di ristrutturazione che abbiano comportato la chiusura temporanea della farmacia, elenco dei farmaci scaduti e resi al grossista, denunce di furto o smarrimento di merce): queste evidenze potrebbero tornare utili per spiegare eventuali flessioni di fatturato o buchi di inventario. Gestione del contante e appunti interni: se il titolare effettua prelievi di cassa per esigenze personali o familiari (es. per pagare bollette private o spese mediche), dovrebbe annotare a parte tali movimenti e, se possibile, effettuarli dopo aver emesso uno scontrino di prelievo (battendo uno scontrino di importo pari al prelievo, operazione consentita per registrare i prelevamenti del titolare, così che il registratore giustifichi l’uscita di cassa). Questo evita che in fase di controllo risultino saldi di cassa negativi, i quali – come visto – fanno presumere ricavi occultati .

2. Rispondere con precisione durante la verifica: Nel corso delle domande poste dai verificatori, mantenere un atteggiamento collaborativo ma prudente. Bisogna evitare sia di mostrarsi ostruzionisti (atteggiamento che potrebbe irrigidire gli ispettori), sia di cadere in ingenuità dicendo più del necessario. Ad esempio, se un finanziere chiede “Come mai questi importi sul conto bancario?”, una risposta affrettata e non verificata (tipo: “saranno incassi in contanti”) potrebbe poi essere usata contro, mentre sarebbe meglio chiedere tempo per controllare l’estratto conto e poi fornire una spiegazione documentata (es. “erano bonifici da un parente, come da dichiarazione che fornirò”). Assistenza del consulente: è altamente consigliabile chiamare subito il proprio commercialista o avvocato tributarista non appena inizia la verifica, perché potrà interfacciarsi tecnicamente con i verificatori, chiarire alcuni punti ed evitare malintesi. Se la verifica è complessa, si può anche valutare di non firmare immediatamente il PVC al termine, chiedendo qualche ora per rileggerlo con calma assieme al difensore prima di sottoscriverlo (anche se la firma non è obbligatoria, far aspettare per la firma è un diritto – al limite si può firmare con riserva scritta “salvo invio di memorie entro 60 gg”). Ogni affermazione resa al Fisco deve essere ponderata: ad esempio, se viene chiesto “Qual è il ricarico medio sui prodotti cosmetici?”, è opportuno rispondere solo se si è sicuri del dato, altrimenti meglio dire: “dovrei verificare sui miei listini, fornirò questo dato nelle memorie”.

3. Sfruttare al meglio il contraddittorio preventivo: Quando arriva l’invito al contraddittorio (lo schema di atto con i rilievi), è il momento di mettere in campo tutta la difesa tecnica. Occorre preparare una memoria difensiva scritta robusta, con allegati. In questa memoria si dovranno affrontare tutti i punti contestati. Qualche esempio di strategie difensive efficaci: – Ricavi da ricarico presunti: se l’ufficio ha applicato una percentuale di ricarico media del 50% sulle vendite di parafarmaco, contestate fornendo il dettaglio reale dei margini: magari i farmaci etici hanno ricarico fisso basso (circa 22% per legge sui SSN), i cosmetici hanno ricarichi variabili ma spesso si fanno sconti, ecc. Citare giurisprudenza (Cass. 4312/2015) che vieta di usare medie semplici su beni eterogenei . Proponete voi un calcolo alternativo, ad esempio calcolando il ricarico effettivo su tutto il venduto (magari risulta 35%, in linea col dichiarato) e allegate l’analisi. – Differenze di inventario: se vi contestano che “mancano” prodotti (quindi vendite in nero), verificate se quei prodotti in realtà sono stati distrutti o resi. Spesso i farmaci scaduti vengono resi ai grossisti o smaltiti: esibite le bolle di reso o le fatture di smaltimento rifiuti speciali. Questo giustifica il calo di magazzino senza vendite. – Movimenti bancari non giustificati: un classico è la presunzione (ex art. 32 DPR 600) per cui ogni versamento sul c/c bancario del titolare si presume ricavo tassabile salvo prova contraria. Preparate un prospetto analitico di tutti i versamenti dell’anno, indicando per ciascuno la fonte: es. 5.000 € il 10/3 = bonifico da parenti (allegate copia bonifico con causale “regalia”), 2.000 € il 5/5 = vendita auto usata (allegare atto di vendita), ecc. La legge richiede una prova analitica per ogni versamento : non basta dire “in totale versai 50k ma avevo risparmi”, occorre documentare voce per voce. Se riuscite a coprire con giustificazioni lecite la gran parte dei versamenti, la pretesa su ricavi occulti crolla. – Spese personali nel redditometro: contro un accertamento sintetico, fornite ogni prova che le spese contestate non sono indice di maggior reddito. Ad esempio: 20.000 € di viaggi pagati con carta di credito – provate che metà erano pagati dal coniuge (allegate estratti conto del coniuge) oppure erano regali di un fornitore. 15.000 € di bonifici per un mutuo casa – dimostrate che è cointestato con un familiare che versa la sua quota (allegate copia contabile). Qualsiasi somma non proveniente dal reddito personale va evidenziata. Inoltre, nel 2025 il legislatore ha ampliato le possibili giustificazioni (D.Lgs. 108/2024) includendo esplicitamente anche i redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte come fonti per finanziare spese : ad esempio, se avete usato per spese i proventi di titoli di Stato esenti da IRPEF o somme già tassate alla fonte, specificatelo. – Vizi procedurali: non dimenticate di verificare se l’ufficio ha commesso passi falsi procedurali: ad esempio, omesso contraddittorio (in casi in cui era obbligatorio) o motivi dell’avviso generici. Se individuate questi vizi, sottolineateli subito nella memoria e poi eventualmente nel ricorso: sono motivi di nullità dell’atto. Ad esempio, se l’avviso di accertamento si limita a rimandare al PVC senza aggiungere nulla (“per le motivazioni si rinvia al PVC”), può esserci un difetto di motivazione per relationem non corretta . Oppure se l’invito a contraddittorio non vi è mai arrivato e non ricadete in eccezioni, l’atto è annullabile.

4. Accertamento con adesione e altre definizioni stragiudiziali: Ricevuto l’avviso di accertamento, prima di lanciarsi nel ricorso è opportuno valutare le opzioni di definizione agevolata. Lo strumento principale è l’accertamento con adesione (D.Lgs. 218/1997): il contribuente può presentare istanza di adesione entro 60 giorni dall’avviso (questo sospende nel frattempo i termini per ricorrere), aprendo una trattativa con l’ufficio. In sede di adesione, l’ufficio spesso è disponibile a ridurre parzialmente la pretesa pur di chiudere la questione senza contenzioso. Si discute sulle cifre e se si raggiunge un accordo, si formalizza un atto di adesione in cui il contribuente accetta un certo importo di maggior imposta e sanzioni ridotte. Vantaggi: intanto le sanzioni sono ridotte a 1/3 di quelle minime previste per legge, e inoltre si evita l’incertezza e i costi del processo. Per la farmacia può essere conveniente aderire se le violazioni contestate sono effettivamente fondate ma c’è margine di strappare uno sconto. Ad esempio, a fronte di 100.000 € di ricavi non dichiarati, con adesione magari l’ufficio accetta di tassarne 60.000 € riconoscendo alcune giustificazioni, e sulle sanzioni (normalmente 90% dell’imposta, quindi 54.000 €) se ne pagherà solo 18.000 € (1/3) . Svantaggi: l’adesione comporta rinuncia al ricorso, quindi va fatta solo se realmente si ritiene di non poter vincere in giudizio o se l’accordo è molto favorevole. È bene farsi assistere dal proprio consulente durante la negoziazione.

Un’altra strada, per gli avvisi di importo modesto (quando era vigente), era il reclamo-mediazione tributaria: fino al 2023 era obbligatorio tentare la mediazione per le liti sotto €50.000, presentando un reclamo con eventuale proposta di riduzione sanzioni. Tuttavia, questa procedura è stata abolita dal 2024 con la riforma del contenzioso (D.Lgs. 220/2023): l’art. 17-bis D.Lgs. 546/92 sul reclamo è stato abrogato dal 4 gennaio 2024 . Ciò significa che oggi si può ricorrere direttamente anche per le piccole liti, ma il vantaggio è che sono stati potenziati gli strumenti di conciliazione in giudizio. Oggi, durante il processo tributario, è possibile raggiungere in ogni momento un accordo conciliativo col Fisco, su proposta del contribuente o anche del giudice, ottenendo robuste riduzioni delle sanzioni (fino al 50% o più, a seconda del grado e della tempestività). In particolare la “conciliazione giudiziale” in primo grado comporta – se si trova l’accordo – la sanzione ridotta al 1/3 del minimo (simile all’adesione) e ulteriori benefici. Inoltre, il giudice può invitare le parti a conciliarsi formulando egli stesso una proposta equa: questa è una novità del 2023 che mira a deflazionare il contenzioso. Strumenti straordinari: va citato che in anni recenti il legislatore ha varato anche definizioni agevolate straordinarie (condoni, definizione liti pendenti, “ravvedimenti speciali”) – ad esempio, nel 2023 il DL 34/2023 ha previsto la definizione agevolata dei PVC pagando il 15% di sanzioni. Queste misure però sono temporanee e da valutare caso per caso con un esperto.

5. Ricorso in Commissione Tributaria (oggi Corte di Giustizia Tributaria): Se non si aderisce né si concilia, l’ultima via è il ricorso al giudice tributario contro l’avviso di accertamento. Il ricorso va presentato entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso (termine perentorio) , tramite deposito telematico presso la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado competente (ex Commissione Tributaria Provinciale). Nel ricorso si devono indicare i motivi di impugnazione, cioè le ragioni per cui l’accertamento è illegittimo o infondato. È fondamentale allegare già tutte le prove documentali utili e chiedere eventualmente una CTU (consulenza tecnica) se servono perizie sui calcoli. All’atto del deposito, a norma di legge, non è più richiesto di versare un importo a garanzia (fino a qualche anno fa bisognava pagare 1/3 del tributo per evitare l’iscrizione a ruolo immediata); oggi la riscossione dell’accertamento è sospesa ope legis fino alla decisione di primo grado, ma bisogna comunque presentare istanza di sospensione se c’è pericolo (in realtà la legge prevede che dopo l’emissione dell’atto esecutivo – l’avviso stesso – trascorsi 60 giorni l’AdE potrebbe iscrivere a ruolo un terzo, ma di prassi attende l’esito di primo grado, oppure su istanza concede sospensione). Per sicurezza, molti contribuenti preferiscono versare spontaneamente il 20% delle imposte accertate entro i 60 giorni, poiché ciò sospende la riscossione coattiva per la parte versata . In effetti, secondo l’art. 15 del D.Lgs. 218/1997 (come modificato), il pagamento del 20% in pendenza di giudizio impedisce all’Agente della Riscossione di attivarsi. In ogni caso, nel ricorso si può anche formulare istanza di sospensione al giudice, qualora vi sia il rischio di subire danni gravi dalla riscossione immediata (ad es. se la farmacia rischia il pignoramento dei conti prima che il giudice si pronunci).

Il giudizio tributario si articola su due gradi di merito (primo grado e appello) più l’eventuale ricorso in Cassazione per motivi di legittimità. Nel processo, è bene farsi rappresentare da un avvocato tributarista esperto o un commercialista abilitato, data la tecnicità della materia. La difesa in giudizio può far valere ogni vizio dell’atto: sia i profili formali (errori di notifica, violazione del contraddittorio, motivazione carente) sia quelli sostanziali (assenza o debolezza delle prove dei maggiori ricavi). Spesso la giurisprudenza di legittimità (Cassazione) offre spunti preziosi: ad esempio, Cassazione ha sancito che le medie di settore non sono prove assolute di evasione , oppure che la presenza di un saldo di cassa negativo legittima presunzioni di ricavi in nero , e così via. Citare in ricorso le sentenze più pertinenti (specie quelle di Sezioni Unite o di principi consolidati) può orientare il giudice di merito a valutare con rigore le tesi del Fisco. Inoltre, si possono chiamare testimoni documentali (ad es. clienti che attestino di aver ricevuto gli scontrini per certe operazioni contestate) o presentare perizie di parte (ad esempio una perizia contabile che ricalcoli correttamente i ricavi della farmacia tenendo conto di tutti gli elementi). Il giudice tributario deciderà se confermare, annullare o ridurre l’accertamento. In caso di vittoria del contribuente, l’atto viene annullato (in toto o in parte) e se c’è stato pagamento si ha diritto al rimborso. In caso di soccombenza, si può appellare entro 60 giorni alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado (ex CTR) e successivamente, eventualmente, alla Corte di Cassazione. Da notare che dal 2023 in poi il contenzioso tributario ha giudici togati specializzati e regole riviste per favorire l’imparzialità, quindi vi è maggiore fiducia in una decisione equilibrata. Va anche segnalato che, in base alle nuove norme, chi vince può ottenere la rifusione delle spese legali e, in alcune circostanze, un indennizzo se l’Amministrazione ha agito senza minima fondatezza (responsabilità aggravata).

Sanzioni e conseguenze in caso di ricavi non dichiarati

Un accertamento per ricavi non fatturati comporta non solo il pagamento delle imposte evase, ma anche una serie di sanzioni amministrative e possibili conseguenze ulteriori. Vediamo le principali:

  • Imposte dovute: la farmacia dovrà versare l’IVA non assolta sulle vendite occultate, nonché le imposte sui redditi relative ai maggiori ricavi (IRPEF se ditta individuale o società di persone, IRES se società di capitali) e l’IRAP. Il calcolo viene fatto dall’ufficio nell’avviso: ad esempio, per 100 € di ricavi non dichiarati, se il ricarico riguarda vendita di prodotti 22% IVA, ci saranno 22 € di IVA evasa, più diciamo 24 € di imposta sui redditi (ipotizzando aliquota marginale 24% IRES o scaglione IRPEF), più IRAP 3,9% circa. Queste imposte vengono recuperate. Su di esse maturano interessi moratori dal giorno in cui erano dovute (generalmente a saldo dell’anno contestato) fino al pagamento: il tasso è quello legale (attualmente attorno al 5% annuo nel 2025, ma variabile di anno in anno).
  • Sanzioni amministrative tributarie: sono pecuniarie e proporzionali al tributo evaso. La sanzione principale è per “dichiarazione infedele” (art. 1, c.2 D.Lgs. 471/1997), applicabile se nella dichiarazione annuale sono stati indicati meno ricavi di quelli effettivi. La misura ordinaria è il 90% della maggiore imposta dovuta (con un minimo di 500 €) . Quindi, ad esempio, per 10.000 € di IVA evasa e 10.000 € di IRES evasa, la sanzione base sarebbe 9.000 € + 9.000 €. In caso di frodi più gravi (es. utilizzo di fatture false) si applicano altre sanzioni più pesanti, ma nel caso di ricavi non fatturati di solito si tratta di infedele dichiarazione semplice. Sono previste attenuanti: se l’ammontare non dichiarato è entro il 5% di quanto dichiarato (o comunque inferiore a 2 milioni €) la sanzione può essere ridotta di un terzo. Inoltre, la sanzione può essere ridotta in fase di adesione (come detto, ad 1/3 del minimo) o conciliazione. Sanzione per omessa fatturazione/scontrino: a questa si aggiunge la sanzione per la violazione formale dell’obbligo di emissione dello scontrino/fattura (art. 6, D.Lgs. 471/97): anch’essa è pari al 90% dell’IVA corrispondente all’importo non documentato, con minimo 500 € per ogni operazione non certificata . In pratica, spesso l’ufficio contesta sia la dichiarazione infedele (sul totale annuo) sia tante piccole violazioni per ogni scontrino non emesso. Tuttavia, in caso di cumulo si applicano regole di cumulo giuridico e continuazione, evitando somma eccessiva di sanzioni (si applica in sostanza la sanzione più grave aumentata da 1/4 al doppio).
  • Sanzioni accessorie (chiusura temporanea): per la mancata emissione di scontrini, la legge prevede anche la sospensione della licenza in caso di recidiva. In particolare, se nell’arco di 5 anni vengono contestate 4 violazioni di mancata emissione scontrino (in giorni diversi) definitive, l’Ufficio può disporre la chiusura della farmacia da 3 giorni fino a 1 mese (e da 1 a 6 mesi se l’importo complessivo evaso supera 50.000 €) . Di solito, per attività essenziali come la farmacia, si tende ad applicare la sospensione nel periodo più breve possibile, ma è una conseguenza molto seria da evitare. Va detto che l’Agenzia può applicare la sospensione anche senza attendere 4 violazioni, in presenza di comportamenti particolarmente gravi (ad esempio, se durante un controllo a sorpresa la GdF scopre che non viene quasi mai emesso scontrino ai clienti, può proporre la chiusura immediata per alcuni giorni come sanzione cautelare). Nei casi di accertamenti di grandi evasioni, il provvedimento di chiusura è quasi automatico per dare un segnale.
  • Responsabilità penale tributaria: L’evasione fiscale in Italia diventa reato oltre certe soglie. Per i ricavi non dichiarati, il reato configurabile è quello di “dichiarazione infedele” (art. 4 D.Lgs. 74/2000), che scatta se: a) l’imposta evasa (sommando imposte sui redditi e IVA) supera 100.000 € annui, e b) i ricavi non dichiarati superano 2.000.000 € annui . Se entrambe le soglie sono superate, il titolare (o il legale rappresentante) rischia la reclusione da 2 a 5 anni . Nel caso delle farmacie, evasioni di tale entità sono possibili solo per farmacie molto grandi o per molti anni di occultamento; per la piccola/media farmacia è più facile che si resti sotto tali soglie, ricadendo solo nell’illecito amministrativo. Esempio: ricavi non dichiarati per €500.000 con IVA evasa ~€50.000 e IRES evasa ~€120.000 comportano imposta evasa totale €170.000 > 100k e ricavi occultati 500k < 2M? In questo esempio, l’imposta evasa è sopra soglia, ma gli “elementi attivi sottratti” (ricavi) sono 0,5M che è sotto 2M: quindi non c’è reato (perché servono entrambe le condizioni). Viceversa, occultare 3 milioni € di ricavi con 500k € di imposte evase integra il reato. Da notare: se la farmacia è gestita da una società, la responsabilità penale ricade sugli amministratori che hanno sottoscritto la dichiarazione infedele. Oltre al reato di dichiarazione infedele, altri reati tributari potrebbero emergere in casi estremi: ad esempio, se per occultare i ricavi si sono tenute doppie scritture o distrutto documenti contabili, si configura il reato di occultamento/distruzione di documenti contabili (art.10 D.Lgs 74/2000, soglia penale nessuna, pena 3-7 anni) . Oppure, se sono state emesse fatture false per coprire prelievi, ci sarebbe la dichiarazione fraudolenta (ma scenario improbabile in una farmacia). Nella prassi, quando l’evasione contestata è molto elevata, la Procura della Repubblica viene informata tramite notizia di reato dal fisco, ed eventualmente partirà un’indagine penale parallela. Difesa penale: conviene, al superarsi delle soglie, valutare un patteggiamento o una definizione agevolata del procedimento penale (la normativa prevede che pagando integralmente il debito tributario prima del dibattimento si possa ottenere una causa di non punibilità o attenuanti significative nei reati minori).

In conclusione, le conseguenze principali per ricavi non fatturati sono finanziarie (imposte + interessi + sanzioni amministrative pecuniarie), ma non vanno sottovalutate le conseguenze accessorie (chiusura temporanea, segnalazione penale). Una difesa efficace punta non solo ad abbattere o annullare il maggior imponibile, ma anche – se questo rimane – a ridurre le sanzioni il più possibile (tramite ravvedimento, adesione, conciliazione) e ad evitare guai peggiori (ad esempio mantenendo l’evasione sotto le soglie penali).

Di seguito, una tabella riassume diritti e doveri delle parti nel corso del procedimento, e una tabella con i principali termini da ricordare in materia di accertamenti:

Diritti e doveri nel corso del controllo fiscale

Diritti del contribuente (farmacista)Obblighi e limiti per l’Amministrazione finanziaria
Essere informato sui motivi della verifica e sull’identità dei verificatori (Statuto art.12).Svolgere la verifica nei limiti di legge e dell’autorizzazione di accesso (no perquisizioni arbitrarie, rispetto orari di lavoro, durata limitata ecc.).
Essere sentito e poter presentare controdeduzioni prima dell’emissione di un avviso (diritto al contraddittorio).Motivare ogni rilievo contestato e non emettere atti prima di aver valutato le difese del contribuente .
Farsi assistere da un difensore di fiducia (avvocato/commercialista) durante la verifica e il contraddittorio.Redigere verbali chiari di ogni operazione compiuta e consentire al contribuente di averne copia (Statuto art.7, diritto di accesso agli atti).
Proseguire l’attività durante la verifica (il controllo deve interferire il meno possibile con la gestione della farmacia).Usare mezzi proporzionati: le ispezioni non devono eccedere ciò che è necessario (ad es. durata massima 30 giorni, salvo proroghe motivate; rispetto della privacy dei locali non pertinenti all’attività).
Impugnare l’avviso di accertamento davanti al giudice (entro 60 giorni dalla notifica).Rispettare i termini di decadenza per notificare gli atti (pena nullità; es. avviso entro il 5° anno) .
Definire la pretesa in via agevolata (adesione, conciliazione) se conveniente.– (L’Amministrazione deve prendere atto dell’adesione se richiesta e concludere eventuale accordo, ma non ha un obbligo di ridurre la pretesa se non ravvede errori).

Nota: la tabella evidenzia come il contribuente possa far valere, ad esempio, il diritto al contraddittorio e alla motivazione, mentre l’Ufficio ha l’onere di condurre le operazioni con buona fede e trasparenza. Ogni violazione procedurale significativa da parte del Fisco (ad es. salto del contraddittorio quando dovuto) può portare all’annullamento dell’atto in sede di ricorso.

Principali termini da ricordare in materia di accertamento

Evento/AttoTermine (scadenza)Riferimento normativo
Notifica avviso di accertamento (anno d’imposta N)Entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a N (se dichiarazione presentata; settimo anno se dichiarazione omessa).Art. 43 DPR 600/1973 (decadenza accertamento)
Invito al contraddittorio (termine per memorie)Minimo 60 giorni concessi al contribuente per controdedurre dall’invito a comparire.Art. 6-bis L. 212/2000 (Statuto)
Proroga termine di decadenza per effetto del contraddittorio+ 120 giorni (aggiuntivi al termine di decadenza ordinario) se tra la data di invito e la scadenza ordinaria vi sono meno di 120 giorni.Art. 6-bis L. 212/2000
Ravvedimento operoso (pentimento attivo)Possibile prima che l’ufficio contesti formalmente la violazione. Riduzione sanzioni variabile (da 1/10 a 1/5 del minimo) a seconda di quanto ci si ravvede tempestivamente. Dopo un PVC o comunicazione già ricevuti, ravvedimento solo parziale (sanzione 1/6 o 1/4 del minimo)Art. 13 D.Lgs. 472/1997 (come modificato da DLgs 24/2019 e succ.)
Istanza di accertamento con adesioneEntro 60 giorni dalla notifica dell’avviso (sospende per 90 gg il termine ricorso).Art. 6, c.2 D.Lgs. 218/1997
Pagamento in pendenza di ricorso (sospensione)Versamento spontaneo di almeno 1/5 (20%) delle maggiori imposte accertate entro 60 gg dalla notifica = sospensione automatica riscossione fino sentenza I grado. (Se si ricorre in appello o Cassazione, va integrato fino al 100% per sospendere ulteriore).Art. 15 D.Lgs. 218/1997 e Art. 17-bis D.Lgs. 546/1992
Ricorso in primo grado (Corte Giust. Trib.)60 giorni dalla notifica dell’atto (accertamento, o provvedimento qualsiasi impugnabile).Art. 19 e 21 D.Lgs. 546/1992
Appello in secondo grado (C.G. Tributaria reg.)60 giorni dalla notifica della sentenza di primo grado (o 6 mesi se non notificata).Art. 51 D.Lgs. 546/1992 (termini appello)
Durata massima verifica in locale del contribuente30 giorni lavorativi (o 15 per imprese minori) continuativi, prorogabili in casi eccezionali fino a 60 (o 30).Art. 12, c.5 L. 212/2000

(I termini sopra indicati sono quelli vigenti al 2025; notare la recente introduzione del contraddittorio obbligatorio con proroga di 120 gg e l’abolizione del reclamo/mediazione obbligatorio.)

Domande frequenti (Q&A)

Domanda: Cosa succede se la Guardia di Finanza entra in farmacia per un controllo fiscale inaspettato? Devo chiudere il negozio durante la verifica?
Risposta: In caso di accesso a sorpresa della Guardia di Finanza, gli ispettori si presenteranno durante l’orario di apertura esibendo un ordine di servizio. La farmacia può rimanere aperta al pubblico, ma è probabile che uno o più finanzieri si mettano alla cassa in osservazione (ad esempio per verificare che ogni cliente riceva lo scontrino) mentre altri esamineranno i documenti nel retro. Il titolare ha il diritto di sapere il motivo del controllo (ad esempio: verifica generica, segnalazione di incongruenze, ecc.) . Si può continuare a servire i clienti, salvo brevi interruzioni se i verificatori chiedono spiegazioni o documentazione. È importante mantenere la calma, collaborare mostrando i registri richiesti e – se possibile – farsi assistere dal proprio consulente. Non è necessario (né consigliabile) chiudere l’attività, a meno che gli agenti stessi non lo chiedano per ragioni logistiche (di solito cercano di evitare di intralciare le vendite). Alla fine dell’accesso, verrà redatto un verbale: il titolare può leggerlo con attenzione prima di firmare, e ha diritto a inserire dichiarazioni a verbale o riserve (ad esempio: “mi riservo di presentare documenti integrativi”) . Dopo l’accesso, la farmacia potrà proseguire normalmente l’attività, ma dovrà prepararsi a fornire ulteriori chiarimenti nell’ambito del contraddittorio che seguirà.

Domanda: Che cos’è il contraddittorio preventivo introdotto nel 2024 e come posso sfruttarlo a mio favore?
Risposta: Il contraddittorio preventivo obbligatorio è un passaggio procedurale in cui l’Agenzia delle Entrate, prima di emettere l’accertamento, è tenuta a comunicare al contribuente i rilievi e ad ascoltare le sue difese . In pratica, riceverai un “invito a comparire” con allegata una proposta di accertamento (importi e motivi). Hai 60 giorni di tempo per presentare una memoria scritta e/o per discutere oralmente la questione con l’ufficio. Questo è il momento migliore per far valere le tue ragioni: puoi correggere errori materiali dell’ufficio, fornire documenti che prima non erano stati esaminati e proporre tu un eventuale compromesso. Sfruttalo in modo proattivo: ad esempio, se contestano ricavi in nero basati su ricarichi medi, prepara tabelle dettagliate che dimostrano che il tuo margine era inferiore per cause specifiche (sconti, prodotti scaduti…). Se contestano spese personali, produci estratti conto e documenti che provano la provenienza dei fondi. Tutto ciò va presentato prima che l’avviso sia emesso, così che l’Ufficio debba prenderlo in considerazione e replicare. Il contraddittorio è dunque un’opportunità per ridurre o eliminare l’accertamento prima che diventi definitivo, e da gennaio 2024 è un tuo diritto in quasi tutti i casi (se l’Agenzia lo salta ingiustificatamente, l’atto successivo è annullabile) .

Domanda: L’accertamento dell’Agenzia mi contesta maggiori ricavi basati sulle percentuali di ricarico. Come posso difendermi da questa presunzione?
Risposta: La difesa in questo caso si concentra su due aspetti: contestare i presupposti e contestare il metodo. Primo, verifica se l’ufficio aveva davvero motivo di applicare il metodo induttivo: la tua contabilità presentava irregolarità sostanziali? Se no, puoi eccepire che l’accertamento è illegittimo in radice (la Cassazione non ammette accertamenti induttivi se la contabilità è regolare e non ci sono gravi indizi) . Secondo, entra nel merito del calcolo del ricarico: chiedi quali prodotti sono stati considerati e con che criteri. Spesso l’Agenzia prende un campione limitato (magari solo i prodotti con margini alti) e fa una semplice media. Tu puoi replicare che quel campione non rappresenta l’intera gamma di articoli della farmacia . Ad esempio, se hanno usato 10 prodotti cosmetici con ricarico 100%, ma il grosso del tuo fatturato è farmaco etico con ricarico 22%, la media va ponderata. Cita la giurisprudenza (es. Cass. 4312/2015) che stabilisce l’uso della media ponderata su beni eterogenei . Puoi inoltre preparare un inventario completo con margini effettivi e dimostrare che, facendo i conti giusti, i ricavi dichiarati sono coerenti. In sede di ricorso, il giudice dovrà verificare se il criterio adottato dal Fisco è logico e congruo: se dimostri che è basato su un campione distorto o su ipotesi irrealistiche, hai buone chance di far cadere (o ridurre) l’accertamento.

Domanda: Quali sono i termini da rispettare per fare ricorso contro un avviso di accertamento?
Risposta: Dal momento in cui ricevi l’avviso di accertamento, hai 60 giorni di tempo per predisporre e notificare il ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado (ex Commissione Tributaria) . Il termine decorre dalla data in cui l’atto ti viene notificato (attenzione: se ti arriva via PEC, fa fede la data di consegna nella casella PEC). Se lasci trascorrere i 60 giorni senza agire, l’atto diventa definitivo e non più impugnabile. È possibile ottenere una proroga solo se presenti istanza di accertamento con adesione entro quei 60 giorni: in tal caso, il termine per ricorrere viene sospeso per 90 giorni (tempo della trattativa) e riprende poi per eventuali residui 30 giorni se non c’è accordo. Ricorda anche che entro lo stesso termine (60 gg) puoi chiedere sospensione giudiziale se l’importo è elevato e temi l’attivazione di misure cautelari (ipoteche, fermi) da parte del Fisco – il giudice può sospendere l’esecuzione fino alla decisione se ritiene il ricorso non infondato e c’è pericolo di grave danno. Dopo la sentenza di primo grado, se sfavorevole, hai altri 60 giorni dalla notifica della sentenza per proporre appello in secondo grado. Idem poi per l’eventuale ricorso in Cassazione.

Domanda: Posso regolarizzare la mia posizione o definire la vertenza senza arrivare in giudizio?
Risposta: Sì, ci sono vari strumenti deflattivi del contenzioso. In ordine temporale: finché non ti è arrivato un avviso formale, puoi utilizzare il ravvedimento operoso – ad esempio se, durante o prima della verifica, ti rendi conto di qualche omissione, puoi presentare dichiarazioni integrative e pagare spontaneamente le imposte dovute con sanzioni ridotte. Una volta ricevuto l’avviso, la strada è l’accertamento con adesione: presenti un’istanza all’Agenzia Entrate e avvii un dialogo con l’ufficio per trovare un accordo. Se si chiude l’adesione, pagherai di solito tutte le imposte accertate ma con un abbattimento significativo delle sanzioni (ridotte ad 1/3 del minimo) . Ad esempio, potresti ottenere di qualificare come imponibili solo una parte dei ricavi contestati, oppure discutere su alcune spese deducibili per abbassare il totale. L’adesione inoltre permette pagamento rateale (fino a 8 rate trimestrali se l’importo supera 50 mila €). Se la vertenza è già in fase di ricorso, esiste la conciliazione giudiziale: puoi proporla tu o accettare una proposta dell’Ufficio o del giudice per chiudere la causa con reciproche concessioni (tipicamente pagando il tributo ma con sanzioni dimezzate o meno). Fino al 2023 c’era il reclamo-mediazione obbligatorio per le liti piccole, ma come detto non è più obbligatorio; ciò non toglie che anche per le liti di modesto valore tu possa comunque trovare un accordo transattivo con l’ufficio prima della sentenza (che in sostanza è una conciliazione preventiva). Infine, tieni presente eventuali sanatorie o definizioni agevolate offerte dal legislatore: ad esempio, nel 2023 c’era la definizione agevolata delle liti pendenti (pagando il 90, 40, 15 o 5% a seconda degli esiti in primo/secondo grado). Queste misure straordinarie vanno valutate con il proprio consulente quando ci sono, perché possono far risparmiare molto se applicabili al tuo caso.

Domanda: In un eventuale contenzioso, quali principi giuridici a tutela del contribuente si possono invocare?
Risposta: Oltre a contestare i fatti e i calcoli, è importante far valere i principi generali dell’ordinamento tributario che tutelano il contribuente. Ad esempio, lo Statuto del Contribuente (Legge 212/2000) è un riferimento costante: l’art. 12 sancisce il diritto alla correttezza nel corso delle verifiche (durata limitata, non intralcio dell’attività), l’art. 7 impone la motivazione chiara e l’allegazione degli atti richiamati, l’art. 6-bis (nuovo) impone il contraddittorio preventivo. Se l’ufficio viola questi principi (ad es. non ti ha fatto fare contraddittorio, oppure la motivazione dell’avviso è fumosa), fallo presente al giudice . Un altro principio è quello di ragionevolezza e capacità contributiva (art. 53 Cost.): accertamenti basati su presunzioni abnormi, che ignorano l’evidenza economica (ad es. ti attribuiscono ricavi che richiederebbero vendite impossibili per la tua struttura) possono essere censurati perché non rispettano la capacità contributiva reale. In tema di prova, invoca sempre l’art. 2697 c.c.: spetta al Fisco provare i fatti costitutivi della maggior pretesa, e a te quelli esimenti. Quindi, se loro si basano su presunzioni deboli, sottolinea che non hanno fornito prove “gravi, precise e concordanti” a norma di legge. Richiama le sentenze di Cassazione rilevanti: i giudici di merito spesso le seguono. Ad esempio, cita Cass. n. 477/2017 se vuoi far presente che un solo indizio debole non basta; oppure Cass. 10958/2016 per affermare che il contraddittorio è principio cardine anche oltre i casi obbligatori; oppure Cass. 21984/2015 che dice che anche in accertamento parziale valgono le regole del contraddittorio . Infine, un tocco “europeo”: puoi menzionare la Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU) che con varie pronunce (ad esempio la sentenza 2025 citata prima) ha evidenziato come l’assenza di garanzie nel procedimento fiscale può violare diritti umani (privacy, equo processo) . Pur non essendo essa direttamente vincolante sui dettagli fiscali, serve a dare un quadro in cui le garanzie procedurali vanno interpretate estensivamente a favore del contribuente.

Domanda: Un accertamento per ricavi non dichiarati può avere conseguenze penali o portare alla chiusura della farmacia?
Risposta: Dipende dalla gravità e dalla recidiva. Sul piano penale, come spiegato, il reato di dichiarazione infedele scatta solo se l’evasione supera certe soglie (oltre 100.000 € di imposta evasa e oltre 2 milioni € di ricavi occultati in un anno) . Se sei sotto queste soglie – come avviene nella maggioranza dei casi di piccole e medie farmacie – non verrai denunciato penalmente; subirai “solo” le sanzioni amministrative pecuniarie. Se invece le soglie sono superate, allora sì, l’Agenzia trasmetterà la notizia di reato alla Procura: in tal caso ti ritroveresti indagato (o imputato) in un procedimento penale per evasione. La miglior strategia in quel caso è pagare il dovuto (imposte e sanzioni) prima possibile: la legge prevede cause di non punibilità se si estingue il debito tributario prima del processo (ad es. per il reato di infedele dichiarazione si applicano attenuanti importanti in caso di pagamento integrale del debito tributario, e per alcuni reati scatta proprio la non punibilità per tenuità se pagato) . In sintesi, per importi sotto soglia: niente penale; per importi sopra soglia: sì, ma con possibilità di evitare condanna saldando il fisco. Sul piano amministrativo, la chiusura temporanea della farmacia può avvenire se vengono contestati ripetutamente mancati scontrini. In particolare, come detto, 4 mancati scontrini in 5 anni comportano la sospensione della licenza da 3 giorni fino a un mese . Anche un singolo caso eclatante (evasione molto ingente scoperta, o reiterazione sistematica in pochi mesi) può portare a una sospensione ex art. 12 D.Lgs. 471/97. La chiusura viene notificata dall’Agenzia e deve essere esposta al pubblico (è un provvedimento afflittivo anche per l’immagine). Si può evitare? L’unico modo è non arrivare a quelle violazioni ripetute – ad esempio, se ti coglie la GdF una volta senza fare scontrino, assicurati di non sbagliare più nei 5 anni successivi. In casi estremi, si può chiedere un provvedimento d’urgenza al giudice per sospendere la chiusura, ma è difficile perché la legge considera la chiusura una sanzione accessoria automatica per tutelare l’interesse fiscale. Dunque, se hai avuto contestazioni di mancato scontrino, presta massima attenzione: alla prossima potresti ritrovarti con la serranda abbassata coattivamente per alcuni giorni. In conclusione: sotto soglie penalmente rilevanti, no reato; per i piccoli scontrini, sì rischio chiusura se recidivo. In ogni caso, mantenere un comportamento regolare successivo all’accertamento (emettere sempre tutti gli scontrini, regolarizzare dipendenti, ecc.) è fondamentale per non aggravare le conseguenze.

In definitiva, affrontare un’accusa di ricavi non fatturati richiede di giocare su due tavoli: da un lato, dimostrare nei fatti la propria correttezza o almeno ridimensionare le pretese fiscali (con dati, documenti, calcoli alternativi); dall’altro, far valere ogni garanzia procedurale e giuridica prevista dall’ordinamento, perché un accertamento, per quanto motivato dal recupero di gettito, deve rispettare le regole. La posizione del “debitore” (il contribuente) non è senza speranza: la legge offre strumenti di difesa importanti e la giurisprudenza recente mostra attenzione ai diritti del contribuente. Preparazione, documentazione accurata e assistenza professionale sono gli alleati principali per difendersi con successo da un accertamento di questo tipo, arrivando magari all’annullamento totale o a una definizione molto più lieve della contestazione iniziale. Conoscere i propri diritti – e sapere come sono stati applicati in casi analoghi dai tribunali – è essenziale per riequilibrare le forze in campo e tutelare la continuità e la reputazione della propria farmacia.

Fonti normative e giurisprudenziali citate:

  • D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, art. 38 (accertamento sintetico) e art. 39 (accertamenti analitici e induttivi per redditi d’impresa) e D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, art. 54 e 55 (rettifiche IVA).
  • D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 471, art. 6 (mancata emissione scontrini, sanzione 90% IVA, min €500) e D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472, art. 13 (ravvedimento operoso).
  • Legge 27 luglio 2000 n. 212 (Statuto del Contribuente): art. 7 (obbligo di motivazione e trasparenza atti), art. 12 (garanzie del contribuente verificato), art. 6, comma 5 (termine 60 gg post-PVC per memorie), art. 6-bis (introdotto da D.Lgs. 119/2023, obbligo generalizzato di contraddittorio preventivo) .
  • D.Lgs. 5 agosto 2015 n. 128 (ha modificato l’art. 10-bis Statuto sul’abuso di diritto e consolidato il contraddittorio in alcuni casi), e D.Lgs. 30 settembre 2023 n. 119 (riforma procedimento, obbligo contraddittorio dal 2024).
  • D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 (processo tributario) – termini di ricorso art. 19 e 21, reclamo-mediazione (abrogato art. 17-bis dal 2024 ), conciliazione giudiziale art. 48,48-bis.
  • D.Lgs. 74/2000 (reati tributari): art. 4 (dichiarazione infedele, soglie €100k imposta e €2M elementi attivi ), art. 5 (omessa dichiarazione, soglia €50k imposta ), art. 10 (occultamento documenti), art. 2 e 3 (dichiarazione fraudolenta).
  • Sentenze di Corte di Cassazione: Cass. civ. Sez. Trib. n. 4312/2015 (accertamenti a farmacie: illegittimo usare medie semplici su merci diverse, serve media ponderata) ; Cass. ord. n. 19622/2025 (presenza lavoratore in nero = indizio sufficiente per ricavi non dichiarati, onere al contribuente di provarne l’assenza) ; Cass. ord. n. 25627/2024 (saldo di cassa negativo = presunzione di ricavi in nero almeno pari al deficit; chiarito onere probatorio su contribuenti per versamenti bancari) ; Cass. SS.UU. n. 21271/2025 (diritto al contraddittorio preventivo rafforzato anche per tributi “armonizzati” come l’IVA – principio di carattere generale); Cass. n. 21984/2015 (accertamento parziale segue stesse regole di accertamento ordinario, contraddittorio compreso) ; Cass. n. 673/2015 (ribadisce criteri su ricarichi farmacie, citata in motivazioni).

Hai ricevuto un avviso dall’Agenzia delle Entrate perché ti viene contestata la presenza di ricavi non fatturati nella gestione della farmacia? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Hai ricevuto un avviso dall’Agenzia delle Entrate perché ti viene contestata la presenza di ricavi non fatturati nella gestione della farmacia?
Vuoi sapere cosa rischi e come predisporre una difesa efficace?

👉 Prima regola: dimostra la correttezza delle registrazioni contabili e fiscali, l’allineamento con i dati del Sistema Tessera Sanitaria (STS) e la reale tracciabilità degli incassi.


⚖️ Quando scattano le contestazioni

  • Presunti incassi in contanti non registrati in prima nota o nei registratori di cassa;
  • Differenze tra i dati trasmessi al Sistema Tessera Sanitaria e quelli dichiarati;
  • Disallineamenti con le fatture elettroniche inviate o con i corrispettivi giornalieri;
  • Ricavi ritenuti incongrui rispetto agli acquisti o alle giacenze di magazzino;
  • Utilizzo di indicatori di rischio (redditometro, studi di settore, ISA) che segnalano anomalie.

📌 Conseguenze della contestazione

  • Ripresa a tassazione dei ricavi ritenuti occultati;
  • Sanzioni per dichiarazione infedele fino al 90% della maggiore imposta;
  • Interessi di mora sulle somme accertate;
  • Rischio di procedimenti penali per dichiarazione fraudolenta o occultamento di ricavi;
  • Responsabilità personale del titolare e, nei casi più gravi, dei collaboratori.

🔍 Cosa verificare per difendersi

  • Gli incassi giornalieri sono stati correttamente registrati e trasmessi?
  • I dati del Sistema Tessera Sanitaria erano corretti o presentavano errori tecnici?
  • Le differenze derivano da errori formali (ritardi, doppie registrazioni, malfunzionamenti software)?
  • Il magazzino è stato gestito con criteri corretti e documentabili?
  • L’accertamento si basa su prove effettive o su semplici presunzioni induttive?

🧾 Documenti utili alla difesa

  • Estratti dei registratori di cassa e corrispettivi giornalieri;
  • Dati trasmessi al Sistema Tessera Sanitaria (STS) e ricevute di invio;
  • Estratti conto bancari e documentazione dei flussi di incasso;
  • Inventari e scritture di magazzino;
  • Dichiarazioni fiscali e bilanci della farmacia.

🛠️ Strategie di difesa

  • Dimostrare la completezza delle registrazioni contabili e la correttezza degli invii al STS;
  • Contestare le presunzioni di ricavi occultati con prove tecniche e contabili;
  • Evidenziare la natura di errori meramente formali o tecnici;
  • Eccepire vizi di motivazione o errori di calcolo dell’accertamento;
  • Richiedere annullamento in autotutela se la documentazione era già agli atti;
  • Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro 60 giorni;
  • Difesa penale mirata in caso di contestazioni per frode o occultamento di ricavi.

🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

📂 Analizza la contabilità della farmacia e i dati STS;
📌 Verifica la fondatezza della contestazione e i margini difensivi;
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⚖️ Ti assiste in giudizio e nei procedimenti penali collegati;
🔁 Suggerisce strategie preventive per una gestione sicura e trasparente dei ricavi.


🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in contenzioso tributario e fiscalità delle farmacie;
✔️ Specializzato in difesa contro contestazioni su ricavi non fatturati e dati STS;
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.


Conclusione

Le contestazioni dell’Agenzia delle Entrate sui ricavi non fatturati dalle farmacie non sempre sono fondate: spesso derivano da errori formali, malfunzionamenti software o presunzioni non supportate da prove.
Con una difesa mirata puoi dimostrare la correttezza della gestione contabile, evitare la riqualificazione come occultamento di ricavi e ridurre drasticamente sanzioni e interessi.

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