Contestazioni Su Crowdfunding Non Dichiarato Come Reddito: Come Difendersi

Hai ricevuto una contestazione dall’Agenzia delle Entrate per somme incassate tramite crowdfunding non dichiarate come reddito? In questi casi, l’Ufficio presume che i proventi raccolti attraverso piattaforme di finanziamento collettivo costituiscano reddito imponibile non dichiarato, soprattutto se legati ad attività continuative o professionali. Le conseguenze possono essere molto gravi: recupero a tassazione delle somme, sanzioni elevate e possibili accertamenti anche di natura penale. Tuttavia, non sempre la contestazione è corretta: con una difesa adeguata è possibile dimostrare la natura non reddituale delle somme o ridurre l’impatto delle sanzioni.

Quando l’Agenzia delle Entrate contesta il crowdfunding non dichiarato
– Se le somme ricevute derivano da attività d’impresa o professionali non dichiarate
– Se i progetti finanziati tramite crowdfunding hanno finalità economiche e generano utili
– Se le erogazioni sono considerate corrispettivi mascherati e non semplici donazioni
– Se vi sono incongruenze tra le somme incassate e quanto riportato nelle dichiarazioni fiscali
– Se l’Ufficio presume un uso strumentale del crowdfunding per occultare ricavi

Conseguenze della contestazione
– Recupero a tassazione delle somme raccolte tramite crowdfunding
– Applicazione di sanzioni fino al 100% delle imposte accertate
– Interessi di mora sulle somme non dichiarate
– Rischio di accertamenti bancari e fiscali più approfonditi
– Possibile denuncia penale per dichiarazione infedele o omessa

Come difendersi dalla contestazione
– Dimostrare la natura liberale delle somme raccolte (donazioni senza obbligo di controprestazione)
– Produrre regolamenti, contratti e documentazione della piattaforma di crowdfunding utilizzata
– Contestare la qualificazione come reddito imponibile se le somme non costituiscono compensi o ricavi
– Evidenziare eventuali errori di calcolo, difetti di motivazione o vizi di notifica dell’accertamento
– Richiedere la riqualificazione della contestazione in termini meno gravosi per ridurre sanzioni e interessi
– Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per ottenere l’annullamento totale o parziale della pretesa

Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare la tipologia di crowdfunding (donation, reward, lending, equity) e il relativo trattamento fiscale
– Verificare la legittimità della contestazione in base alla natura delle somme percepite
– Predisporre un ricorso basato su prove concrete e vizi formali dell’accertamento
– Difendere il contribuente davanti ai giudici tributari e, se necessario, anche in sede penale
– Tutelare il patrimonio personale e professionale da conseguenze sproporzionate

Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale della contestazione
– La riqualificazione delle somme raccolte come non imponibili
– La riduzione o cancellazione delle sanzioni e degli interessi
– La sospensione delle richieste di pagamento già notificate
– La certezza di pagare solo quanto realmente previsto dalla legge

⚠️ Attenzione: il crowdfunding è un settore in crescita ma ancora sotto osservazione fiscale. È essenziale gestire correttamente la documentazione e predisporre una difesa tecnica per evitare accertamenti ingiustificati.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e societario – spiega come difendersi in caso di contestazioni per crowdfunding non dichiarato come reddito e quali strategie utilizzare per proteggere i tuoi interessi.

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Introduzione

Negli ultimi anni il Fisco italiano ha posto crescente attenzione sulle nuove forme di finanziamento online come le donazioni tramite piattaforme e il crowdfunding. Grazie anche a strumenti di monitoraggio bancario e a normative europee recenti (es. la direttiva DAC7 del 2020, operativa dal 2023, che impone alle piattaforme digitali di comunicare i redditi generati dagli utenti alle autorità fiscali ), l’Agenzia delle Entrate è in grado di rilevare flussi di denaro verso privati, content creator o imprenditori derivanti da campagne online. Tali somme, se non correttamente inquadrate e dichiarate, possono dar luogo a contestazioni da parte del Fisco per redditi non dichiarati.

Molti contribuenti si chiedono se i fondi raccolti tramite campagne di crowdfunding o le donazioni ricevute online siano da considerare reddito tassabile oppure no. La risposta dipende dalla natura delle somme: liberalità genuine (donazioni a spirito di liberalità, senza nulla in cambio) tipicamente non costituiscono reddito imponibile, mentre contributi legati a un’attività o a una controprestazione sono considerati proventi tassabili . La distinzione tra donazione e corrispettivo è dunque fondamentale: può fare la differenza tra il dover pagare migliaia di euro di tasse (più sanzioni) o nulla .

In questa guida – aggiornata ad agosto 2025 – forniremo un’analisi avanzata ma dal taglio divulgativo degli aspetti normativi italiani riguardanti le somme raccolte via crowdfunding, con riferimenti a leggi e sentenze aggiornate. Ci rivolgeremo a un pubblico di avvocati, imprenditori e privati cittadini, adottando un linguaggio giuridico accurato ma comprensibile. Esamineremo dapprima il quadro civilistico e fiscale delle donazioni e altre liberalità (incluse quelle indirette o “informali”), per poi focalizzarci sulla tassazione dei proventi da crowdfunding nelle sue varie forme (donation-based, reward-based, equity e lending crowdfunding). Dal punto di vista del debitore (ossia del contribuente che riceve i fondi e subisce una contestazione), illustreremo le strategie difensive in caso di accertamento: come dimostrare la natura non imponibile delle somme quando legittimo, quali strumenti giuridici utilizzare per ridurre sanzioni e interessi, e come gestire il contenzioso tributario.

Non mancheranno esempi pratici, tabelle riepilogative e una sezione finale di Domande & Risposte, per chiarire i dubbi più frequenti. L’obiettivo è fornire gli strumenti necessari per difendersi in modo efficace e legittimo dalle pretese fiscali indebite, facendo valere eventuali esenzioni o errori nell’accertamento, e riducendo al minimo le conseguenze in termini di sanzioni amministrative, responsabilità civili e (nei casi estremi) implicazioni penali.

1. Donazioni tra privati: nozione e inquadramento giuridico

Prima di addentrarci nelle particolari fattispecie del crowdfunding, è utile richiamare brevemente cosa si intende per donazione e quali tipi di atti liberali riconosce l’ordinamento italiano, dato che molte somme raccolte online vengono presentate come donazioni. Sul piano civilistico, la donazione è definita dall’art. 769 del Codice Civile come il contratto con cui, per spirito di liberalità (animus donandi), una parte arricchisce un’altra trasferendo un bene o un diritto senza corrispettivo . In altre parole, la donazione è un atto gratuito in cui chi dona (donante) intende beneficare l’altro (donatario) senza ricevere nulla in cambio.

Non tutte le liberalità seguono però la forma tipica del contratto di donazione. Il Codice Civile prevede requisiti formali stringenti per la donazione diretta (quella tipica): atto pubblico notarile alla presenza di due testimoni, a pena di nullità (art. 782 c.c.) . Tale formalità può essere evitata solo per le donazioni di modico valore (art. 783 c.c.), ovvero quelle di importo contenuto rispetto alle condizioni economiche del donante. Per le liberalità di modesto valore è sufficiente la tradizione (la consegna del bene o del denaro) senza bisogno di atto notarile . La legge non fissa una soglia numerica rigida per definire “modico valore”: la valutazione è caso per caso, ma in generale si considera modico ciò che non impoverisce in modo significativo il donante, tenuto conto del suo patrimonio . Ad esempio, qualche migliaio di euro da un genitore benestante a un figlio può rientrare nel modico valore (donazione valida anche senza notaio), mentre una somma che incide pesantemente sul patrimonio del donante richiederebbe l’atto pubblico.

Oltre alla donazione diretta formale e a quella di modico valore, la prassi e la giurisprudenza riconoscono altre figure atipiche di liberalità: le donazioni indirette e le donazioni informali (talvolta dette anche “liberalità non formali”). Nella donazione indiretta, si persegue l’effetto di arricchimento gratuito di un beneficiario mediante un negozio diverso dalla donazione tipica . Un caso classico è quello dei genitori che pagano, in tutto o in parte, il prezzo di un immobile intestato al figlio: qui il figlio si arricchisce per liberalità dei genitori, ma l’atto stipulato è una compravendita (tra il venditore e il figlio) e non una donazione diretta . Altri esempi di donazione indiretta sono elencati dalla Cassazione a Sezioni Unite n. 18725/2017 : il contratto a favore di terzo (es. versare denaro su un conto cointestato così da arricchire l’altro cointestatario); il pagamento di un debito altrui (es. pagare le rate del mutuo intestato a un terzo); la vendita a prezzo simbolico/irrisorio (dove la differenza tra valore e prezzo è una liberalità); la rinuncia a un credito verso qualcuno, ecc. In tutti questi casi l’effetto economico è simile a una donazione, ma realizzato per via indiretta.

La donazione informale è una sottocategoria delle donazioni indirette, caratterizzata dall’assenza di qualsiasi forma solenne o atto scritto per documentare la liberalità. In concreto, consiste nello svolgimento di un’attività materiale che trasferisce ricchezza a titolo gratuito, come ad esempio un trasferimento di denaro tramite bonifico (o consegna in contanti) senza alcun contratto o scrittura privata . Anche intestare un conto o un titolo finanziario a nome altrui, o consegnare un assegno intestato al beneficiario, possono costituire donazioni informali . L’ordinamento civile considera nulle le donazioni che superano il modico valore se effettuate senza atto pubblico (art. 782 c.c.), e quindi in teoria una grossa donazione informale è nulla e suscettibile di restituzione su richiesta del donante o dei suoi eredi . Tuttavia, ai fini pratici e soprattutto fiscali, queste liberalità informali avvengono continuamente (basti pensare ai comuni bonifici di regalo tra parenti e amici) e pongono questioni specifiche sul piano tributario.

Prima di passare al fisco, riepiloghiamo le principali tipologie di donazione/liberalità:

  • Donazione formale diretta: stipulata con atto pubblico notarile (richiesto per somme/non modico valore). È un contratto vero e proprio, valido ed efficace.
  • Donazione di modico valore: liberalità di importo contenuto, valida anche senza atto pubblico (basta la consegna del bene/somma). L’art. 783 c.c. esonera queste dall’atto notarile.
  • Donazione indiretta: si realizza con atti diversi dalla donazione, producendo ugualmente un arricchimento per liberalità (esempi: pagamento di beni intestati al beneficiario, adempimento di un debito altrui, contratto a favore di terzo, ecc.).
  • Donazione informale: liberalità attuata con meri atti materiali o trasferimenti di denaro senza forma scritta. È un caso di donazione indiretta “pura” (es. bonifico, contanti) in assenza di documenti. Civilmente nulla se di valore non modico, ma spesso efficace di fatto.

La distinzione tra queste categorie ha rilevanza fiscale, specialmente riguardo all’applicazione dell’imposta sulle donazioni e alla possibilità per il Fisco di contestare importi ricevuti come possibili redditi non dichiarati, come vedremo nelle sezioni seguenti.

2. Tassazione delle donazioni e liberalità: imposta di donazione e profili fiscali

Dal punto di vista tributario, le donazioni rientrano nell’ambito dell’Imposta sulle successioni e donazioni (ripristinata in Italia dal 2006). Occorre però distinguere tra la tassazione tipica delle donazioni (imposta sulle donazioni) e la possibile rilevanza come reddito ai fini IRPEF. In generale, una donazione genuina non costituisce un reddito imponibile per il beneficiario (non essendo frutto di attività produttiva o rendimento di capitale, ma semplice trasferimento di ricchezza). Pertanto le somme ricevute a titolo di liberalità non vanno inserite nella dichiarazione dei redditi IRPEF, perché escluse dal reddito imponibile . Ad esempio, se un padre dona 50.000€ al figlio con atto notarile, il figlio non deve pagare IRPEF su quella somma – non è un reddito, ma un trasferimento patrimoniale.

Ciò non significa però che siano sempre esenti da ogni prelievo: può applicarsi l’imposta sulle donazioni (tributo diverso dall’IRPEF). L’ammontare di tale imposta dipende dal grado di parentela e dall’importo donato. Di seguito una tabella riepilogativa delle aliquote e franchigie dell’imposta di donazione in vigore in Italia (art. 2, D.Lgs. 346/1990 e succ. mod.):

Beneficiario (rapporto col donante)AliquotaFranchigiaNote/Esenzioni
Coniuge; Parenti in linea retta (figli, genitori, nipoti)**4%€1.000.000 per donatarioNessuna imposta dovuta sotto €1M (franchigia per ogni beneficiario). Se beneficiario portatore di handicap grave: franchigia elevata a €1.500.000 .
Fratelli e sorelle6%€100.000 cadaunoSotto €100.000: esente. Oltre, 6% sull’eccedenza.
Altri parenti fino al 4° grado; Affini fino al 3° grado6%NessunaNessuna franchigia (tassato da 1€). Eccezione: se beneficiario disabile grave, franchigia €1.500.000 anche se estraneo .
Soggetti estranei (qualsiasi altra persona)8%NessunaEsempio: donazione a un amico non parente, o a un convivente non sposato. Aliquota 8% sull’intero valore (franchigia 0), salvo franchigia €1.5M se beneficiario disabile grave .
Liberalità escluse da imposta (art. 1 D.Lgs. 346/90)Esenti da imposta: spese ed elargizioni d’uso (es. mantenimento, educazione, nozze, assistenza); donazioni di modico valore (valutato in rapporto al patrimonio del donante); donazioni indirette collegate ad atti già soggetti ad altra imposta (es. acquisto casa); liberalità informali non formalizzate in atti pubblici .

N.B.: L’aliquota si applica sul valore eccedente la franchigia. L’imposta è pagata dal beneficiario (di regola) al momento della registrazione dell’atto di donazione. In caso di beni immobili, si applicano anche imposte ipotecarie/catastali (2% + 1%) salvo agevolazioni “prima casa”.

Come si vede, il legislatore tutela i trasferimenti di ricchezza in ambito familiare entro certi limiti (franchigie elevate per parenti stretti), mentre prevede tassazione piena per donazioni a persone estranee oltre importi minimi. Va però sottolineato un aspetto cruciale: l’imposta sulle donazioni è dovuta solo in presenza di un atto formale registrabile (o se la donazione viene “dichiarata” espressamente). Donazioni informali o indirette, in assenza di un atto pubblico, in genere non scontano l’imposta . La Corte di Cassazione, con una recente sentenza (Sez. Trib. n. 7442 del 20/03/2024), ha chiarito che le liberalità attuate con meri atti materiali – come un bonifico o una consegna di denaro senza un atto scritto – non sono soggette a imposta di donazione finché non vi sia un atto giuridico formalizzato da registrare . In altri termini, il presupposto dell’imposta è l’esistenza di un atto documentabile: se io regalo informalmente 5.000€ a un amico con un bonifico indicante “regalo”, il Fisco non può automaticamente esigere l’8% su quella somma perché manca un atto registrato che configuri giuridicamente la donazione . Questa interpretazione, confermata dalla Cassazione, riflette una realtà pratica: le molte piccole donazioni informali (specie se di modico valore) sfuggono all’imposta in virtù dell’art. 1 del Testo Unico Successioni e Donazioni, che esclude le liberalità d’uso, i regali di modico valore e quelle non formalizzate .

Naturalmente, se il donante o il beneficiario decidono di formalizzare la liberalità, l’imposta si applicherà. Ad esempio, se nel nostro caso l’amico preferisse redigere un atto notarile di donazione per quei 5.000€ (magari per ragioni di certezza del diritto), allora andrebbe registrato e, pur essendo modico, formalmente sarebbe soggetto a imposta (anche se poi, essendo 5.000€ tra estranei, l’8% sarebbe 400€, ma probabilmente rientra comunque tra liberalità d’uso esenti). Viceversa, se una donazione informale è di importo molto elevato, l’Agenzia delle Entrate potrebbe accertarla a posteriori e, se il beneficiario ammette che si trattava di donazione, tentare di applicare l’imposta in sede di accertamento. A tal proposito, l’art. 56-bis del TUS (D.Lgs. 346/90) prevede che se, nel corso di un accertamento fiscale, emergono elementi indicativi di una donazione non registrata, l’Ufficio può procedere a tassarla. In pratica, se il Fisco scopre un bonifico di €100.000 da un amico al contribuente e quest’ultimo, incalzato, dichiara che era un regalo, l’Agenzia potrebbe liquidare l’8% (circa €8.000) di imposta di donazione, più sanzioni per omesso pagamento . Tuttavia, la Cassazione 7442/2024 ha affermato un principio favorevole al contribuente: se non c’è un atto pubblico, la liberalità informale non è automaticamente tassabile come donazione . Dunque l’Agenzia, per esigere l’imposta, dovrebbe quantomeno ottenere un riconoscimento esplicito della natura donativa o altri elementi probanti durante il controllo .

In sintesi, ricevere una donazione non comporta mai IRPEF per il donatario (non è un reddito), mentre può far scattare l’imposta sulle donazioni solo in certe condizioni formali. Questo vale a maggior ragione per le piccole liberalità occasionali: in genere, un bonifico o una somma modesta ricevuta da un amico/parente non va dichiarata nei redditi e non sconta imposta alcuna . È comunque prudente conservare evidenza documentale della causale (“regalo”, “aiuto familiare”, ecc.) e dell’intento liberale, specialmente se gli importi non sono trascurabili, in modo da poter giustificare la natura della somma in caso di futuri controlli .

Nota bene sul rapporto col Fisco: Il fatto che le donazioni in sé non siano redditi e spesso sfuggano all’imposta donativa non significa che l’Amministrazione finanziaria rinunci a controllare flussi di denaro significativi. Soprattutto quando i trasferimenti avvengono tra soggetti non legati da stretta parentela, o quando sono frequenti/rilevanti, il Fisco può nutrire sospetti che dietro la veste di “donazione” si celi in realtà un pagamento per qualche servizio o una forma di reddito in nero . Come vedremo nella sezione difensiva, è importante poter dimostrare la natura non imponibile (liberale) di quanto ricevuto, laddove effettivamente di ciò si tratti, per evitare che ogni entrata sul conto venga trattata come reddito occulto.

3. Crowdfunding: tipologie e principi di base (donation, reward, equity, lending)

Veniamo ora al crowdfunding, termine che indica la “raccolta di fondi dalla folla” tramite piattaforme online. In Italia il crowdfunding non ha una disciplina civilistica unitaria, ma viene inquadrato – a seconda dei casi – nei paradigmi giuridici esistenti (donazione, vendita, investimento, prestito, ecc.) . Dal punto di vista fiscale, non esistendo regole ad hoc specifiche, si applicano le norme generali in base alla sostanza economica della singola operazione . È dunque fondamentale capire la tipologia di crowdfunding utilizzata, perché da essa derivano differenti trattamenti tributari.

Le forme principali di crowdfunding sono comunemente classificate come segue :

  • Donation-based crowdfunding: raccolta di fondi a titolo di pura donazione, senza ricompensa per i finanziatori. È spesso utilizzata per progetti personali, iniziative sociali, cause benefiche o umanitarie.
  • Reward-based crowdfunding: i finanziatori ricevono in cambio del contributo una ricompensa, generalmente non in denaro ma sotto forma di beni o servizi (ad esempio un gadget, un prodotto futuro, l’inserimento del nome nei credits di un film, ecc.) . Si tratta dunque di una promessa di prestazione a fronte del denaro ricevuto.
  • Equity-based crowdfunding: chi finanzia il progetto investe in esso, ottenendo in cambio una quota di partecipazione nel capitale (azioni/quote) dell’entità finanziata . In pratica è un conferimento di capitale di rischio: tipico nel finanziamento di startup e PMI innovative, regolato da normative Consob in Italia.
  • Lending-based crowdfunding: i finanziatori effettuano un prestito al beneficiario (persona o impresa) tramite la piattaforma, ottenendo la restituzione del capitale + interessi secondo i termini concordati . È il modello anche detto di peer-to-peer lending.
  • (Ulteriori varianti meno diffuse: royalty-based crowdfunding, in cui il finanziatore riceve una parte dei futuri profitti o ricavi dell’iniziativa ; debt crowdfunding con emissione di obbligazioni/minibond da parte dell’azienda finanziata, ecc. Queste varianti seguono logiche assimilabili all’equity o al lending.)*

Dal punto di vista fiscale, ogni tipologia di crowdfunding va ricondotta al corretto trattamento tributario in base alla sua natura:

  • Donation-based: è l’ipotesi in cui i fondi raccolti sono effettivamente donazioni liberali senza nulla in cambio. Fiscalmente, per il beneficiario privato queste somme non costituiscono reddito imponibile IRPEF, analogamente a qualsiasi donazione . Non vanno dunque dichiarate tra i redditi (se la natura donativa è genuina). Anche l’IVA non si applica, mancando una cessione di beni o servizi. Potrebbe semmai teoricamente applicarsi l’imposta sulle donazioni su ciascun contributo, ma nei contesti di crowdfunding le somme provengono tipicamente da molti donatori con piccoli importi ciascuno, che rientrano nelle liberalità di modico valore o comunque in forme informali non soggette a imposta . Ad esempio, se Tizio avvia una raccolta fondi online per un proprio progetto personale e ottiene €10.000 da 200 persone diverse, nessuna singola erogazione supera soglie tassabili e nessun atto formale è stipulato: il risultato è nessuna imposta di donazione dovuta e nessun reddito da dichiarare . Attenzione: l’Agenzia delle Entrate potrebbe eccezionalmente contestare il carattere “liberale” qualora la raccolta fondi assuma dimensioni o frequenza tali da far dubitare che sia solo un’occasione isolata. In casi di raccolte molto ingenti o ripetute, rivolte a un privato, il Fisco potrebbe tentare di qualificare le somme come redditi diversi occasionali (oltre una certa soglia) , specie se ritiene che dietro vi sia un’attività organizzata. Si tratta tuttavia di situazioni limite: in generale, un crowdfunding donation-based genuino per un progetto personale non è tassato come reddito .
  • Reward-based: qui i contributi non sono liberalità pure ma corrispettivi per una promessa di beni/servizi futuri. Di fatto, sotto il profilo fiscale il progetto promotore sta vendendo qualcosa ai finanziatori (anche se la consegna avverrà in futuro) . Pertanto, le somme raccolte costituiscono ricavi imponibili per chi le riceve. La qualificazione dipende dal soggetto:
  • Se il promotore è una persona fisica non imprenditore, potrebbe configurarsi reddito di lavoro autonomo occasionale se l’operazione è isolata ed entro certi limiti (max €5.000 circa) . Più realisticamente, se si raccolgono importi significativi per produrre e distribuire un bene, si deve aprire partita IVA e dichiarare quei proventi come reddito d’impresa (o di lavoro autonomo) . L’Agenzia delle Entrate, nella risposta a interpello n. 137/2018, ha chiarito che i fondi ricevuti tramite crowdfunding reward e i successivi proventi dalla commercializzazione del prodotto vanno tassati secondo le regole del lavoro autonomo o dell’attività d’impresa, a seconda di come l’attività viene strutturata . In ogni caso, fiscalmente sono equivalenti a compensi/ricoavi derivanti da un’attività economica.
  • Se il promotore è già un’impresa (es. una società o ditta individuale), le somme sono a tutti gli effetti ricavi dell’attività da registrare in contabilità e su cui pagare IRES/IRPEF e (se dovuta) IRAP, al pari di vendite/prestazioni ordinarie .
  • IVA: trattandosi di cessioni di beni o prestazioni di servizi promesse ai finanziatori, l’operazione rientra nel campo IVA. Occorre quindi applicare l’IVA (22% salvo aliquote ridotte sul bene specifico) ed emettere fattura o ricevuta fiscale per ogni finanziatore che riceve qualcosa in cambio . Se il promotore è nel regime forfettario (startup individuale, ecc.), non addebiterà l’IVA ma dovrà comunque emettere documentazione fiscale. La gestione IVA può essere complessa, specie perché si tratta di vendite “su promessa”: generalmente l’IVA diviene esigibile al momento della consegna del bene o prestazione del servizio, oppure sull’anticipo incassato a seconda dei casi . L’Agenzia Entrate ha comunque precisato che, per il reward crowdfunding, la tassazione scatta solo se e quando il progetto raggiunge l’obiettivo e i fondi non vengono restituiti (cioè la campagna ha successo) . Se la raccolta fallisce e i contributi tornano ai mittenti, non vi è materia imponibile né ai fini IVA né redditi .

In sintesi, chi raccoglie fondi con ricompensa deve “mettersi in regola” fiscalmente: aprire la partita IVA (salvo casi di modestissimo importo episodico), emettere fatture verso i finanziatori e dichiarare le somme come ricavi . Ignorare questi obblighi significa esporsi a contestazioni per evasione d’imposta (omessa fatturazione IVA e omessa dichiarazione di redditi). Un esempio pratico: Caio lancia una campagna reward e raccoglie €30.000 offrendo un gadget tecnologico ai backers; Caio dovrà considerare quei €30k come corrispettivo di vendita, quindi magari aprire una ditta individuale, emettere fatture con IVA su ciascun importo e poi dichiarare il reddito netto. Se Caio non lo fa e il Fisco lo scopre, dovrà pagare l’IRPEF (o IRES) evasa su 30k, l’IVA evasa e relative sanzioni .

  • Equity crowdfunding: qui i finanziatori diventano soci del progetto finanziato, acquistando quote/azioni dell’azienda. Per il soggetto offerente (di solito una startup innovativa, PMI, impresa sociale, ecc.), i fondi raccolti rappresentano un apporto di capitale proprio. Non costituiscono reddito imponibile: sono iscritti a bilancio come capitale sociale o riserva sovrapprezzo azioni, ma non generano ricavi tassabili né IVA (non c’è cessione di beni/servizi al finanziatore, bensì un’emissione di partecipazioni) . Dunque, dal punto di vista delle imposte sul reddito, raccogliere €100k via equity crowdfunding è neutrale come qualsiasi aumento di capitale. Tuttavia, bisogna rispettare la specifica normativa di settore: in Italia l’equity crowdfunding è consentito solo tramite portali autorizzati e per determinate categorie di offerenti (startup innovative, PMI, ecc., secondo il regolamento Consob e il Crowdfunding Regulation UE 2020/1503). Fiscalmente, spesso vi sono incentivi per chi investe: ad esempio, attualmente un privato che investe in una startup innovativa può godere di una detrazione IRPEF del 30% dell’importo investito (fino a €30k annui) , mentre un investitore società può dedurre il 30% (fino al 10% del reddito) . Questi benefici però spettano a chi paga, non a chi riceve il denaro. Dal lato del beneficiario, l’unica tassazione indiretta può essere l’imposta di registro sull’aumento di capitale (che comunque è fissa o esente per startup innovative) o bolli sui contratti. In pratica, è difficile avere “contestazioni per crowdfunding equity non dichiarato come reddito”, perché non è reddito da dichiarare. Semmai, se le somme raccolte non vengono destinate effettivamente a capitale ma distratte a fini personali, potrebbero sorgere problemi di abuso o requalificazione (ad esempio, se un socio preleva per sé parte di quei fondi senza giustificazione, potrebbe configurarsi distribuzione di utili occulti). Ma questo esula dal crowdfunding in sé. In sintesi: per l’equity crowdfunding il focus è più sugli adempimenti societari e di vigilanza (trasparenza, informativa ai soci, ecc.) che non su profili di reddito imponibile. Dal punto di vista del singolo investitore, invece, rileveranno gli eventuali dividendi futuri (tassati al 26% come redditi di capitale) o le plusvalenze in caso di cessione della quota (anch’esse al 26% se partecipazione non qualificata, altrimenti in dichiarazione). Ma queste sono tassazioni “successive”, non inerenti alla fase di raccolta.
  • Lending crowdfunding (P2P lending): nel modello del prestito, chi riceve i fondi contrae di fatto un debito verso una pluralità di finanziatori. Il beneficiario del prestito non realizza un arricchimento definitivo (deve restituire il capitale), perciò la somma ottenuta non è un reddito imponibile. Non va dichiarata come entrata imponibile, analogamente a un mutuo bancario. Anche qui niente IVA (un prestito non è cessione di beni né servizio). Le implicazioni fiscali riguardano piuttosto i finanziatori: gli interessi percepiti sui prestiti costituiscono per loro un reddito di capitale, soggetto di regola a ritenuta d’imposta del 26% . La Legge di Bilancio 2018 ha assimilato i proventi del peer-to-peer lending agli interessi da obbligazioni, prevedendo appunto la tassazione fissa al 26% a titolo d’imposta (quindi imposta sostitutiva definitiva) se la piattaforma è gestita da un operatore finanziario autorizzato . In pratica, sulle piattaforme italiane qualificate, gli interessi vengono tassati direttamente al 26% per le persone fisiche non imprenditori, senza entrare nell’IRPEF ordinaria . Se però la piattaforma non soddisfa i requisiti di intermediario vigilato (es. alcune piattaforme estere o non iscritte albo ex art. 106 TUB), non può applicare la ritenuta d’imposta; in tal caso gli interessi sono comunque tassabili come redditi di capitale ma il contribuente dovrà inserirli in dichiarazione dei redditi e saranno soggetti a tassazione ordinaria (in quanto la ritenuta eventualmente applicata è solo a titolo di acconto) . Questo significa che, se uno presta denaro via una piattaforma estera non autorizzata, potrebbe dover pagare più del 26% se il suo scaglione IRPEF è più alto, oppure dichiarare e conguagliare eventuali ritenute di acconto. In ogni caso, i rendimenti da lending vanno dichiarati in quadro RL/RM, a meno che non siano stati già tassati a titolo definitivo. Chi investe deve quindi stare attento alla natura della piattaforma e alle relative certificazioni fiscali .

Per il debitore (chi raccoglie il prestito), gli interessi pagati ai finanziatori possono essere deducibili se è un soggetto d’impresa (interessi passivi deducibili secondo le regole ordinarie del TUIR per le imprese). Se il debitore è persona fisica privata, gli interessi sono a suo carico senza rilevanza fiscale (non deducibili, salvo il caso di interessi su prestiti agrari o altre ipotesi particolari). Ma soprattutto, il debitore deve restituire il prestito: se non lo fa, i finanziatori potranno agire per vie legali (profili civili di inadempimento). Ai fini di questo discorso, comunque, il punto chiave è che il crowdfunding lending non genera “redditi non dichiarati” in capo a chi riceve i soldi, trattandosi di debiti.

In conclusione, riassumiamo in una tabella il trattamento fiscale delle varie tipologie di entrate connesse a donazioni e crowdfunding, dal punto di vista di chi riceve le somme (beneficiario):

Tipologia di entrataIRPEF (imposte dirette)IVAImposta donazioneNote
Donazione diretta formale (es. atto notarile di donazione)Esente da IRPEF (non è reddito)Fuori campo IVA (nessuna prestazione)Dovuta secondo aliquote/franchigie (vedi Tabella 1) se il valore eccede la franchigia. Pagamento a cura del donatario tramite notaio.Esempio: Padre dona €200.000 al figlio con atto pubblico. IRPEF: nessun reddito imponibile. Donazione: imposta 0 perché entro franchigia €1M .
Donazione indiretta formalizzata (es. menzionata in atto di compravendita)Esente IRPEFFuori campo IVADovuta solo se risulta da atto registrato. Se la natura liberale non è dichiarata nell’atto, in genere non si tassa .Esempio: Genitore paga la casa intestata al figlio (donazione indiretta). Se nell’atto non si menziona la liberalità, niente imposta; se invece è dichiarata, imposta 4% sull’eccedenza oltre franchigia .
Donazione informale (liberalità non formale)modico valoreEsente IRPEFFuori campo IVANon dovuta (esclusa ex art. 1 TUS come liberalità d’uso/modico valore) .Esempio: Bonifico di €5.000 indicato come “regalo” da uno zio al nipote. Tasse: nessuna (valore modico, nessun atto registrato) .
Donazione informalevalore rilevante (oltre modico)Esente IRPEFFuori campo IVAIn teoria dovuta (8% se estranei, ecc.), ma solo se il Fisco la scopre e la contesta nel termine di legge. Cassazione 7442/2024: se non c’è atto pubblico, l’imposta non è esigibile automaticamente .Esempio: Bonifico €100.000 da un amico (nessun atto). Donazione: franchigia 0, imposta teorica €8k. L’Agenzia potrebbe richiederla se individua l’operazione e il contribuente conferma che era donazione (art. 56-bis TUS) . In difesa si potrebbe eccepire che era prestito o altra causale.
Proventi da Patreon/supporteroccasionaliImponibili IRPEF come redditi diversi (prestazione occasionale). Se unico reddito ≤ €4.800, no IRPEF dovuta (no tax area) .Fuori campo IVA (attività non abituale, esclusa da IVA) .Non configurano donazione civilistica (sono compensi).Esempio: Creator incassa €3.000 in un anno dai fan. Dovrà dichiararli come “redditi diversi” (esenti IRPEF perché sotto €4.800 unica fonte) . Nessuna IVA.
Proventi da Patreonregolari/professionali (es. abbonamenti con contenuti)Imponibili IRPEF come reddito di lavoro autonomo o d’impresa (in base al caso). Va aperta Partita IVA; possibile regime forfettario 15%. Dichiarazione in quadro RE/LM .Soggetti a IVA (22% in genere) se attività abituale. Fatturazione obbligatoria. Nota: Patreon applica IVA agli utenti e la versa (OSS), ma il creator deve avere P.IVA e regolarizzare i ricavi .Non applicabile (non sono liberalità ma corrispettivi per servizi) .Esempio: Creator con P.IVA guadagna €20k/anno su Patreon. Deve fatturare gli incassi (Patreon emette ricevute ai clienti ma il creator deve registrare i ricavi), applicare IVA sui compensi salvo esenzione forfettari, dichiarare il reddito e pagarci imposte . Se omette di farlo, si configura evasione.
Crowdfunding donation-based (raccolta fondi gratuita, es. fundraiser personale)In generale non imponibile IRPEF, trattandosi di liberalità. Attenzione: se chi raccoglie è una persona fisica e la raccolta diventa abituale o di importo ingente, l’Agenzia Entrate potrebbe tentare di riqualificare le somme come redditi diversi occasionali (specie oltre €4.800) . Ma se è davvero liberalità, nessun reddito tassabile.Non soggetto a IVA (manca presupposto oggettivo: nessuna prestazione) .Ogni singola donazione potrebbe in teoria ricadere nell’imposta di donazione, ma se sono contributi modici/informali da tanti donatori, di fatto non si applica .Esempio: Raccolti €10k da 200 donatori online senza contropartita. IRPEF: nessun reddito imponibile per chi riceve . IVA: no. Donazione: non applicata (nessun singolo dono sopra soglia, atti informali) .
Crowdfunding reward-based (raccolta con promessa di beni/servizi)Imponibile: per persona fisica proponente = reddito di lavoro autonomo o d’impresa (come qualsiasi corrispettivo commerciale); per società = ricavo d’impresa . Se l’ammontare è modesto ed episodico, potrebbe forse essere trattato come reddito diverso occasionale, ma tendenzialmente è attività commerciale a tutti gli effetti .Soggetto a IVA: trattandosi di cessione di beni o servizi. L’IVA è dovuta sulla consegna dei beni o esecuzione dei servizi. Necessaria P.IVA e fatturazione verso i finanziatori (vendita di “cosa futura”) .Non applicabile (il rapporto è sinallagmatico, non liberalità).Esempio: Campagna raccoglie €30k offrendo gadget ai backers. Il proponente apre P.IVA, emette fatture con IVA su €30k, dichiara il ricavo e paga imposte relative . Se non lo fa e viene scoperto, pagherà IRPEF/IRES evasa + IVA evasa + sanzioni.
Equity crowdfunding (finanziamento in cambio di partecipazioni societarie)Somme escluse da IRPEF/IRES: trattasi di apporto capitale, non reddito. Il beneficiario (società) non ha reddito tassabile dall’emissione di quote.Fuori campo IVA (operazione su capitali, non cessione beni/servizi).Non configurabile (gli investitori non donano, ma investono per avere una quota).Esempio: Startup raccoglie €500k emettendo nuove quote ai finanziatori. Niente redditi per la startup (ma aumento di capitale). Investitori beneficiano di detrazione 30% se startup innovativa.
Lending crowdfunding (prestito P2P) – per chi riceveNon imponibile: il prestito ricevuto non è reddito (capitale da restituire). Eventuali interessi pagati non sono redditi per il debitore; se impresa, deducibili come oneri finanziari secondo regole TUIR.Fuori campo IVA (operazione finanziaria esente).Non applicabile (non è liberalità ma mutuo).Esempio: PMI raccoglie €100k in prestiti da privati tramite piattaforma. Redditi: la PMI non dichiara 100k come ricavo (è debito); dedurrà gli interessi passivi pagati. I privati dichiareranno gli interessi attivi (26% sostitutiva se piattaforma abilitata).
Mance / offerte spontanee (es. donazioni a performer, youtuber fuori piattaforma)Caso dubbio: formalmente sarebbero liberalità, ma l’AdE tende a vederle come redditi se correlate a un’attività svolta. Ad es. le mance ai musicisti di strada sono considerabili compensi di lavoro occasionale. Consiglio: dichiararle comunque (come redditi diversi occasionali) se ripetute/frequenti .Se totalmente occasionali e casuali, no IVA. Se invece rientrano in un’attività organizzata o continuativa (es. uno streamer che riceve “donations” regolarmente), andrebbero trattate come proventi professionali con P.IVA, analogamente al caso Patreon .Nessuna imposta donazione applicata (sarebbe assurdo tassare una mancia come donazione; e nessuno le formalizza come atto) .Esempio: Uno streamer Twitch riceve €200/mese di “donations” dagli utenti. Il Fisco li considera redditi da lavoro autonomo (abbonamenti/donazioni su Twitch equivalgono a Patreon) e richiede la regolarizzazione con P.IVA se abituale .

(Le casistiche sopra sono semplificate e generali: la qualificazione concreta può variare secondo le circostanze specifiche. In caso di dubbio è sempre opportuno consultare un professionista fiscale.)

Da quanto sopra emerge chiaramente che, quando vi è uno scambio economico (un bene, un servizio, un vantaggio) alla base della raccolta di fondi, le somme sono reddito e vanno trattate come tali; viceversa, quando c’è puro spirito di liberalità, quelle somme non sono redditi. L’Agenzia delle Entrate negli ultimi anni tende spesso ad assumere una posizione “estensiva”, considerandoli redditi imponibili in molti casi dubbi . Spetta al contribuente, in sede di eventuale verifica, dimostrare la natura delle somme ricevute per evitare tassazioni improprie. Nei prossimi paragrafi analizzeremo proprio come avvengono i controlli fiscali e quali strumenti di difesa ha il contribuente.

4. Accertamenti fiscali su crowdfunding e donazioni non dichiarate

Quando si può ricevere una contestazione o un accertamento fiscale riguardante somme da crowdfunding o donazioni online? I casi tipici includono :

  • Somme considerate reddito professionale o d’impresa non dichiarato: ad esempio, l’Agenzia riscontra che i contributi ricevuti su una piattaforma (Patreon, YouTube, Kickstarter ecc.) in realtà configurano compensi per un’attività artistica o commerciale, non dichiarati tra i redditi .
  • Mancata indicazione nella dichiarazione annuale: se il contribuente ha incassato fondi e non li ha riportati nel modello Redditi/730, e l’Agenzia ne ha evidenza (per dati comunicati da banche, piattaforme digitali, segnalazioni, ecc.), può partire l’accertamento per omessa/infedele dichiarazione .
  • IVA non applicata su operazioni imponibili: tipicamente nel reward crowdfunding o nei servizi online (es. abbonamenti Patreon), se il Fisco ritiene che quelle entrate fossero operazioni soggette ad IVA e il contribuente non aveva partita IVA né ha versato l’imposta, può contestare l’omessa fatturazione e versamento IVA .
  • Origine delle somme non giustificata o tracciata: se mancano pezze giustificative (ricevute, documentazione) che spieghino perché si sono ricevuti quei soldi, l’Ufficio può presumere che siano redditi in nero. Questo è frequente con tanti bonifici o pagamenti PayPal con causali generiche (“donation”, “regalo”) da soggetti estranei . L’onere di provare che non sono redditi spetta poi al contribuente (vedi presunzioni bancarie in seguito).
  • Raccolte fondi fatte al di fuori di enti tracciati/no profit: l’Agenzia è più propensa a controllare quando le campagne sono svolte da privati anziché da associazioni o enti riconosciuti. Ad esempio, una ONLUS o un’APS che raccoglie donazioni fornisce in genere ricevute fiscali ai donatori e redige rendiconti, mentre un privato che raccoglie su un conto personale è meno “trasparente” e quindi nel mirino .

Le fonti informative a disposizione del Fisco per individuare redditi non dichiarati sono sempre più ampie: oltre alle tradizionali verifiche sui conti correnti (l’anagrafe dei conti e l’art. 32 DPR 600/73 consentono di analizzare movimenti bancari alla ricerca di accrediti sospetti), ora vi sono segnalazioni dalle stesse piattaforme digitali. Come accennato, dal 2023 è in vigore la direttiva DAC7, recepita in Italia, che obbliga i gestori di piattaforme a comunicare all’Agenzia delle Entrate i redditi percepiti da venditori, locatori e altri utenti che guadagnano tramite piattaforme digitali. Ciò include i creator che incassano tramite Patreon, YouTube (da donazioni o abbonamenti), i gestori di campagne crowdfunding, ecc. . Infatti, già a partire dal 2024 molti utenti italiani hanno ricevuto le cosiddette “lettere di compliance” relative a redditi 2023 da PayPal, Patreon e simili, dove l’Agenzia invitava a verificare e regolarizzare (vedi FAQ D7). Questo scenario fa sì che sia diventato più difficile “passare inosservati”: anche i micro-ricavi online prima o poi emergono.

Vediamo ora cosa accade una volta che scatta un accertamento fiscale per crowdfunding/donazioni non dichiarate, e quali sono le possibili conseguenze:

  • Applicazione di imposte, sanzioni e interessi: L’atto di accertamento quantificherà l’IRPEF (o IRES, IVA) dovuta sulle somme non dichiarate, aggiungendovi le sanzioni amministrative per dichiarazione infedele/omessa e gli interessi di mora maturati . Le sanzioni possono essere molto pesanti: di base la sanzione per omessa/infedele dichiarazione va dal 90% al 180% dell’imposta evasa (100% medio) , e per l’omessa fatturazione IVA dal 5% al 10% dei corrispettivi non fatturati (minimo €500) o, se l’IVA è dovuta ma non dichiarata, dal 90% al 180% dell’imposta non versata (minimo €500) ai sensi del D.Lgs. 471/1997. Inoltre, gli interessi (attualmente tasso legale 5% annuo nel 2023, 6% nel 2024) vengono calcolati dal momento in cui le imposte sarebbero state dovute. Il risultato finale può anche raddoppiare rispetto al solo tributo evaso.
  • Iscrizione a ruolo e cartella esattoriale: Se l’accertamento diventa definitivo (per mancata impugnazione o dopo sentenza), le somme vengono iscritte a ruolo ed Equitalia (ora Agenzia Entrate-Riscossione) emetterà la cartella di pagamento. Questo aggiunge ulteriori oneri (3% aggio riscossione, ecc.) .
  • Blocco rimborsi o crediti fiscali: In pendenza di un accertamento, l’Agenzia può sospendere eventuali crediti d’imposta o rimborsi spettanti al contribuente, compensandoli eventualmente con il debito accertato .
  • Misure cautelari e riscossione coattiva: Per importi rilevanti, l’Erario può adottare misure cautelari a tutela del credito: ad esempio l’ipoteca su immobili del debitore, il fermo amministrativo su autoveicoli, o persino il pignoramento dei conti correnti se la cartella non viene pagata e si procede forzosamente . Queste azioni aggravano la posizione del contribuente e vanno prevenute (vedi oltre difese e sospensive).
  • Segnalazioni penali (reati tributari): Nei casi più gravi, se dall’accertamento risultano superate certe soglie di imposta evasa, l’ufficio deve segnalare la notizia di reato alla Procura della Repubblica per i reati tributari previsti dal D.Lgs. 74/2000 . Ad es., se viene accertato che Tizio ha evaso oltre €50.000 di IRPEF, scatterà la denuncia per omessa dichiarazione ex art. 5 D.Lgs. 74/2000 . Approfondiremo nel paragrafo successivo i profili penali, ma basti qui dire che l’apertura di un procedimento penale comporta ulteriori conseguenze (spese legali, rischio di misure cautelari personali o reali, ecc.), sebbene spesso l’estinzione del debito tributario prima del processo possa estinguere anche il reato .

Riassumendo, un accertamento fiscale su somme da crowdfunding/donazioni non dichiarate può trasformarsi in un problema molto serio: non solo bisogna pagare le imposte dovute retroattivamente, ma si accumulano sanzioni elevate e interessi, con potenziale arrivo di cartelle esattoriali, aggravio di spese e perfino rischi penali in situazioni estreme. È quindi fondamentale, se si riceve una contestazione, agire tempestivamente e mettere in campo tutte le strategie di difesa per contenere o annullare la pretesa.

Nel prossimo capitolo vedremo come difendersi efficacemente: dalla fase iniziale (lettere di compliance, inviti) fino al ricorso in Commissione Tributaria, passando per gli strumenti deflattivi (adesione, mediazione) e le prove da raccogliere a supporto della propria posizione.

5. Strategie difensive: come difendersi da una contestazione fiscale

Di fronte a un avviso di accertamento o anche a una semplice “comunicazione di irregolarità” riguardante crowdfunding o donazioni non dichiarate, è importante non farsi prendere dal panico ma agire in modo lucido e organizzato. Ecco i passi e gli strumenti chiave per difendersi :

  • Consulenza esperta e analisi del caso: Prima di tutto, è opportuno far esaminare la contestazione da un professionista esperto (un avvocato tributarista o un commercialista specializzato) . Questi valuterà la fondatezza dell’accusa e la normativa applicabile. Ad esempio, se l’Agenzia contesta IRPEF su somme che voi ritenete donazioni esenti, occorre verificare se la legge e la giurisprudenza vi danno ragione e in che modo articolare la difesa. Una lettura attenta dell’atto può rivelare eventuali errori formali o di calcolo dell’ufficio, aprendo spazi per annullamento.
  • Accesso agli atti e documentazione: È un diritto del contribuente chiedere copia di tutti i documenti e dati su cui si basa l’accertamento . Ad esempio, se l’Agenzia cita movimenti PayPal segnalati, potete richiedere il dettaglio di tali segnalazioni. Questo è importante per verificare che non vi siano fraintendimenti (magari un bonifico identificato come “incasso” era in realtà trasferimento da conto personale estero, ecc.). Conoscere le prove in mano all’ufficio permette di predisporre le controdeduzioni più efficaci.
  • Prova della natura non imponibile delle somme: Questo è il cuore della difesa nel caso di donazioni contestate. Bisogna dimostrare, con prove documentali, la natura di liberalità di quei flussi . Ciò può includere: estratti conto con causali esplicite (“donazione”, “regalo”); eventuali dichiarazioni scritte dei donatori che confermano di non aver ricevuto nulla in cambio; documentazione sul progetto se era raccolta per scopo specifico (es. raccolta fondi per cure mediche, con pubblicazione online che spiegava la richiesta di aiuto). Se c’era un rapporto personale coi maggiori donatori (parentela, amicizia stretta), evidenziarlo. In sostanza, creare un dossier di prove che supporti la tesi: “Queste somme non sono il corrispettivo di una mia attività, ma erogazioni gratuite da parte di terzi”.
  • Difesa in sede amministrativa (istanze e memorie): Prima di arrivare al ricorso giudiziale, spesso c’è spazio per interlocuzione con l’ufficio. Si possono presentare memorie difensive entro 60 giorni dal ricevimento del PVC (processo verbale di constatazione) o dell’avviso di accertamento . Nelle memorie si illustrano per iscritto le proprie ragioni e si possono allegare le prove raccolte. L’Agenzia ha l’obbligo di valutare tali memorie prima di emettere la decisione finale. Inoltre, se l’accertamento è preceduto da invito al contraddittorio (ora obbligatorio in certe materie), è possibile discutere direttamente con i funzionari, fornendo spiegazioni e magari convincendoli a rettificare o annullare in autotutela la pretesa.
  • Definizione agevolata o adesione se conviene: Se la pretesa fiscale, in tutto o in parte, risulta effettivamente dovuta (ad es. davvero erano redditi non dichiarati), può essere saggio valutare gli strumenti di definizione agevolata per ridurre le sanzioni. L’accertamento con adesione consente di trovare un accordo col Fisco pagando una sanzione ridotta a 1/3 del minimo ; la acquiescenza (accettare e pagare entro 60 gg) riduce anch’essa le sanzioni a 1/3 . In questi casi di solito ci si avvale se l’errore è palese e difficilmente difendibile, così da chiudere presto la vertenza con sanzione ridotta del 66%. Nel 2023-2024 sono inoltre in vigore misure di “tregua fiscale” (definizione agevolata degli atti del 2019-2021 con sanzioni ridotte al 3% ad esempio) che potrebbero eventualmente applicarsi a certe liti pendenti, se il vostro caso rientra. Va fatta una valutazione costo/beneficio: definire conviene se la chance di vincere in giudizio è bassa e si risparmia molto sulle sanzioni.
  • Rateazione e misure per il pagamento: Qualora comunque rimanga un importo da versare, si possono negoziare piani di rateizzazione o sfruttare strumenti come la rottamazione delle cartelle (se si è già in fase di ruolo) . In adesione, ad esempio, la legge consente fino a 8 rate trimestrali (o 16 se l’importo supera €50.000) , evitando così un esborso immediato insostenibile. Anche dopo la cartella, la rateazione ordinaria fino a 72 rate è un diritto se si dimostra difficoltà finanziaria. L’importante è non lasciar scadere i termini, altrimenti decadde dai benefici.

Attuando queste strategie, con la giusta assistenza, è possibile ottenere risultati significativi :

  • L’annullamento totale o parziale della pretesa tributaria, se si dimostra che le somme contestate non erano redditi tassabili o se vi sono vizi procedurali nell’atto . Ad esempio, facendo valere l’orientamento Cassazione sulle donazioni informali, si potrebbe eliminare una parte di imposta richieste indebitamente.
  • La riduzione di sanzioni e interessi: attraverso adesione o ravvedimento operoso, si può abbattere molto l’importo delle sanzioni . In alcuni casi, evidenziando che l’errore è scusabile, si può ottenere in giudizio la sanzione al minimo o addirittura l’esenzione per obiettiva incertezza normativa.
  • La sospensione di cartelle e procedure esecutive: presentando ricorso e istanza di sospensione al giudice tributario, oppure ottenendo una sospensiva in autotutela dall’AdE, si può congelare momentaneamente la riscossione, guadagnando tempo e proteggendo i beni nell’attesa del verdetto .
  • La tutela del patrimonio personale: con le adeguate mosse (sospensioni, garanzie, piani di rientro) si evita che arrivino pignoramenti, ipoteche o fermi amministrativi che ledono il patrimonio e l’attività d’impresa .
  • La regolarizzazione della posizione fiscale futura: risolvendo questa contestazione e capendo gli errori, si potrà impostare correttamente il futuro (aprire P.IVA se serviva, dichiarare i proventi occasionali etc.) per evitare altri problemi .

Un concetto chiave ribadito dagli esperti è che la distinzione tra donazione e compenso è fondamentale e può fare la differenza tra pagare tanto o nulla . Il Fisco spesso tende a qualificare tutto come reddito, ma non sempre ha ragione. Se il contribuente agisce tempestivamente e fornisce difese documentali e legali adeguate, può far valere i propri diritti ed evitare pretese indebite . Ad esempio, la Cassazione ha affermato che non è legittimo presumere un reddito occulto dietro ogni versamento, specie se ci sono situazioni lecite di esenzione come i regali familiari: tassare come reddito un bonifico genitore-figlio di importo ragionevole e con giustificazione affettiva è un abuso, se mancano ulteriori elementi . Far valere questo principio “con rispetto ma con fermezza” è il fulcro della difesa dal punto di vista del contribuente .

5.1 Presunzioni fiscali e onere della prova

È utile spendere qualche parola sul meccanismo delle presunzioni bancarie, dato che spesso gli accertamenti su crowdfunding/donazioni partono proprio dall’analisi dei conti correnti. L’art. 32 del DPR 600/1973 prevede che, per i soggetti esercenti attività d’impresa o lavoro autonomo, tutti gli accrediti sul conto si presumono componenti positivi di reddito salvo prova contraria . Ciò significa che un imprenditore individuale o un professionista che abbia entrate non giustificate sul proprio conto aziendale (o personale promiscuo) deve dimostrare che non sono ricavi, altrimenti verranno tassati . Per i privati non imprenditori, questa presunzione legale non si applica automaticamente; tuttavia, la Cassazione ha ammesso che il Fisco possa utilizzare presunzioni semplici: se un disoccupato o comunque un privato senza attività nota presenta flussi finanziari ingenti e inspiegabili, l’Agenzia può presumere l’esistenza di un reddito occulto, spostando sul contribuente l’onere di provare il contrario . In pratica, in sede di verifica il contribuente ha diritto di fornire giustificazione per ogni somma: se dimostra, ad esempio, che un certo accredito deriva da uno storno di un investimento, da risparmi prelevati, da un prestito bancario o da una donazione familiare, quell’importo deve essere escluso dal calcolo del reddito recuperato . Il problema è che se le prove fornite non sono convincenti o sufficienti, prevale la presunzione dell’ufficio . Pertanto, è cruciale sin da subito (anche al di fuori di controlli) mantenere evidenze e tracciabilità delle entrate straordinarie sul conto, specie se non derivano da attività tipiche (stipendi, pensioni, etc.) . Ad esempio, se ricevete tanti piccoli versamenti PayPal con causale “donation” da sconosciuti, può essere saggio conservare screenshot delle comunicazioni con queste persone dove magari affermano di sostenervi gratuitamente, oppure predisporre una sorta di liberatoria. In mancanza, l’Agenzia potrebbe assumere il peggio (reddito nero) .

5.2 Aspetti penali in caso di evasione rilevante

Come accennato, quando le imposte evase superano determinate soglie scatta il penale. In tema di imposte dirette e IVA, il D.Lgs. 74/2000 punisce vari comportamenti fraudolenti e omissivi. Nel contesto del crowdfunding/donazioni non dichiarate, lo scenario potrebbe configurare:

  • Omessa dichiarazione (art. 5 D.Lgs. 74/2000): se il contribuente non presenta proprio la dichiarazione dei redditi pur avendone l’obbligo, ed evade imposta oltre €50.000, commette reato . Questo potrebbe capitare se, ad esempio, qualcuno senza altri redditi incassa 200.000€ di contributi considerati redditi e non presenta dichiarazione: l’IRPEF evasa potrebbe superare 50k (sopra circa 150k di base imponibile, a seconda delle aliquote), integrando il reato. La pena è reclusione 2 a 5 anni .
  • Dichiarazione infedele (art. 4): se la dichiarazione è presentata ma con elementi attivi sottratti per oltre €2 milioni o imposta evasa oltre €100.000, c’è il reato di infedele. Questo potrebbe riguardare un caso estremo di omessa indicazione di proventi crowdfunding molto alti all’interno di una dichiarazione presentata. Pena: reclusione da 2 a 4 anni e 6 mesi.
  • Omesso versamento IVA (art. 10-ter): se nel reward crowdfunding l’IVA dovuta (annualmente) supera €250.000 e non viene versata entro i termini, scatta reato (reclusione fino a 2 anni). Soglia alta, difficile da superare in queste fattispecie a meno di grossi volumi.
  • Altri reati (frode fiscale, false fatture, ecc.) di solito non sono attinenti salvo uno si inventi fatture false per giustificare entrate o simili.

È importante notare che i reati tributari non riguardano l’imposta di donazione. Anche se uno non paga 1 milione di euro di imposta sulle donazioni, non c’è un reato penale tributario perché i reati del D.Lgs. 74/2000 coprono solo imposte dirette, IVA e simili, non i tributi su trasferimenti patrimoniali . Quindi, un’eventuale evasione dell’imposta donativa resta illecito amministrativo (sanzioni, interessi) ma non comporta mai denuncia penale .

La buona notizia è che la legge prevede delle cause di non punibilità se il contribuente si ravvede e paga il dovuto: ad esempio, per l’omessa dichiarazione (reato art.5) e la dichiarazione infedele (art.4), l’art. 13 del D.Lgs. 74/2000 stabilisce che se il contribuente paga integralmente prima dell’apertura del dibattimento (primo grado) le imposte, le sanzioni amministrative e gli interessi, il reato è estinto . In pratica, mettere mano al portafoglio e saldare quanto richiesto (o definito in adesione) entro le fasi iniziali del procedimento penale evita la condanna. Questo incentiva a regolarizzare tempestivamente. Anche l’eventuale patteggiamento in sede penale può beneficiare di attenuanti se c’è stato pagamento del dovuto.

In definitiva, i profili penali sono un rischio reale solo per evasioni molto consistenti legate al crowdfunding (casi rari, visto che difficilmente un singolo individuo raccoglie centinaia di migliaia di euro senza struttura). Per la stragrande maggioranza dei casi, le conseguenze resteranno in ambito amministrativo (sanzioni pecuniarie). Ad ogni modo, è bene esserne consapevoli e, se si intravede la soglia penale, attivarsi subito per evitare di oltrepassarla.

5.3 Profili civilistici e responsabilità verso terzi

Oltre al rapporto col Fisco, certe situazioni di crowdfunding possono comportare conseguenze civili da tenere presenti:

  • Rapporti con i finanziatori/donatori: se nel reward crowdfunding il proponente non rispetta le promesse (es. non consegna i beni promessi), i finanziatori hanno diritti di natura contrattuale: possono chiedere il rimborso delle somme o fare causa per l’adempimento, essendoci un vero contratto sinallagmatico. In alcuni casi eclatanti, potrebbe configurarsi anche una truffa contrattuale se la raccolta era fin dall’inizio ingannevole. Nel donation crowdfunding puro, invece, chi dona non ha un diritto alla controprestazione, ma potrebbe agire se scopre un uso distorto dei fondi rispetto allo scopo dichiarato (difficile, a meno di frodi conclamate).
  • Nullità delle donazioni informali e tutele eredi: come visto, una grossa donazione fatta senza atto è nulla civilmente. Questo significa che, ad esempio, se Tizio ha raccolto 100k in donazioni informali da vari sostenitori e poi muore, i suoi eredi potrebbero dover restituire quei soldi se qualcuno li rivendica in quanto donazione nulla (situazione rara però, chi ha donato difficilmente li richiede indietro se era genuino). Più rilevante è il caso intra-familiare: se un genitore anziano “regala” ingenti somme a un estraneo via crowdfunding o a un figlio, gli altri figli potrebbero contestare in sede civile la lesione della legittima. Questi però sono aspetti civilistici che esulano dall’argomento fiscale, ma è bene esserne consci.
  • Associazioni non riconosciute e responsabilità personali: se la raccolta è svolta tramite un’associazione priva di personalità giuridica, i responsabili dell’associazione (es. presidente) potrebbero essere chiamati in causa personalmente sia dal fisco sia dai donatori scontenti. Anche qui, un inquadramento corretto (ad esempio costituire un’APS o ONLUS che limita la responsabilità) aiuta.

In sintesi, dal punto di vista del “debitore” (colui che si trova a dover giustificare somme al Fisco), la miglior difesa è a monte: inquadrare correttamente la propria attività di raccolta fondi fin dall’inizio. Se è un’attività continuativa, dotarsi di P.IVA o usare veicoli adeguati (es. un’ETS per scopi solidaristici) e tenere una contabilità trasparente. Se è un’occasione isolata, raccogliere quanta più documentazione possibile sul carattere liberaledei contributi. Se comunque arriva l’accertamento, non farsi trovare impreparati: conoscere i propri diritti, le norme e le sentenze di Cassazione più aggiornate può fare la differenza tra soccombere o far valere le proprie ragioni .

Nei prossimi paragrafi finali, proponiamo alcune Domande & Risposte frequenti e degli esempi concreti per consolidare i concetti esposti finora, in modo da chiarire ogni dubbio residuo.

Domande frequenti (FAQ)

D1: Una donazione di denaro tra parenti stretti va dichiarata al Fisco?
R: No, le donazioni in quanto tali non vanno indicate nella dichiarazione dei redditi, poiché non costituiscono reddito imponibile. Ad esempio, se ricevi una somma da un genitore, non devi riportarla nel 730/Redditi. Tuttavia, per donazioni di importo elevato può sorgere l’obbligo dell’imposta di donazione. Se la donazione avviene con atto notarile, sarà il notaio a registrarla e a liquidare l’eventuale imposta (tenendo conto delle franchigie esenti). Se avviene in modo informale (es. con bonifico), e l’importo non supera la franchigia prevista per quel grado di parentela (es. €1.000.000 tra genitore e figlio), non c’è imposta da pagare. Anche oltre soglia, se la liberalità non è formalizzata con atto pubblico, la Cassazione ha escluso che l’imposta sia esigibile automaticamente . È comunque prudente, per somme molto alte, formalizzare l’atto (andare da un notaio) per evitare problemi civilistici e futuri accertamenti – e in tal caso si paga l’imposta dovuta, se dovuta.

D2: Ho ricevuto €5.000 via bonifico dal mio migliore amico come regalo. Devo pagare tasse su questa somma?
R: In linea di principio no. Una somma del genere rientra nelle liberalità di modico valore e non sconta imposta di donazione, non essendoci un atto pubblico e trattandosi di cifra relativamente modesta. Non è nemmeno un reddito imponibile IRPEF, essendo un regalo occasionale . Ti consigliamo però di conservare traccia della causale del bonifico (es. indicare “regalo” o “prestito infruttifero” se preferisci) e magari farti scrivere due righe dall’amico in cui conferma che si tratta di una liberalità senza obblighi da parte tua. Questo per tutelarti nel malaugurato caso di un controllo: la banca potrebbe segnalare se ricevessi molti bonifici analoghi; se ciò avvenisse e il Fisco chiedesse chiarimenti, sarà sufficiente spiegare (meglio con prove) che si trattava di un aiuto amichevole e non di un compenso .

D3: I contributi che ricevo dai sostenitori su Patreon o piattaforme simili sono considerati “donazioni” esenti o redditi tassabili?
R: Anche se comunemente li chiamiamo “donazioni” o “tip”, fiscalmente sono redditi tassabili a tutti gli effetti . Nella gran parte dei casi, infatti, i tuoi sostenitori ottengono in cambio qualcosa – fosse pure l’accesso ai tuoi contenuti creativi o il semplice fatto che tu continui a creare – e il versamento avviene in relazione alla tua attività di creator. Non è una liberalità pura nel senso giuridico, ma un corrispettivo sia pur volontario. Pertanto, tali somme vanno dichiarate e ci si paga l’IRPEF (o la cedolare sostitutiva se sei in regime forfettario). In concreto: se gli importi sono saltuari e modesti, puoi inquadrarli come redditi diversi da attività occasionale; se invece sono regolari o consistenti, devi aprire partita IVA e trattarli come reddito professionale (da lavoro autonomo). Non sono equiparabili alle erogazioni liberali verso ONLUS od enti benefici (che danno detrazioni a chi dona ma il beneficiario non paga tasse): qui chi ti “dona” lo fa per sostenerti come creatore individuale, quindi per il Fisco è un tuo provento da attività continuativa . Ricorda inoltre che dal 2023 piattaforme come Patreon comunicano all’Agenzia delle Entrate i guadagni dei creator UE (DAC7), per cui queste entrate sono già tracciate .

D4: Guadagno circa €3.000 l’anno su Patreon in modo discontinuo (qualche mese sì, altri no). Devo aprire la Partita IVA?
R: Non necessariamente. Se l’attività è occasionale – cioè non hai organizzato un lavoro abituale, ma svolgi questa attività in modo sporadico – puoi qualificare quei €3.000 come redditi diversi da lavoro autonomo occasionale . In tal caso, fino a €4.800 annui, tali redditi non scontano IRPEF (rientrano nella no tax area per redditi occasionali) e non vi è obbligo di dichiararli se non hai altri redditi (anche se è consigliabile farlo per trasparenza) . Attenzione però: valuta bene la reale occasionalità. Se incassi ogni mese, anche piccole somme, l’Amministrazione potrebbe considerarla attività continuativa. Una regola empirica: sotto ~€5.000 annui e senza impegno costante, la P.IVA generalmente non è richiesta. Sopra tale soglia, o se l’attività diventa periodica (es. ricevi pagamenti mensili regolari), conviene aprirla – sia perché lo impone la normativa IVA sia perché potresti usufruire del regime forfettario (5% startup o 15%) e dedurre eventuali costi, oltre a regolarizzare la posizione previdenziale . In sintesi: €3.000/anno in modo saltuario rientrano nell’occasionale, ma tieni monitorato il trend.

D5: Ho lanciato una campagna di crowdfunding e raccolto €8.000 senza offrire ricompense (donazione pura). Devo dichiarare questa somma come reddito?
R: In genere no, se effettivamente è donation-based pura. Quei fondi non costituiscono reddito tassabile IRPEF perché non derivano da un’attività economica, ma da liberalità dei donatori . Non hai obbligo di inserirli nei redditi. Presta però attenzione a due aspetti: (a) assicurati di poter dimostrare che i donatori non hanno ricevuto nulla in cambio e che la somma è stata destinata al progetto dichiarato (tenere magari un rendiconto dell’utilizzo, per correttezza e trasparenza); (b) dal punto di vista dell’imposta di donazione, €8.000 provenienti da tanti piccoli contributi di estranei non fanno scattare nulla, perché ogni singolo dono è modico e informale, quindi niente imposta . Se tra quei €8.000 c’è però un singolo donatore che ha dato, poniamo, €5.000 da solo, tecnicamente quella è una donazione rilevante da un “soggetto terzo” – anche lì, se non c’è atto pubblico, non paghi l’8%, ma il Fisco potrebbe chiederti conto in sede di controllo: basterà mostrare che era un sostenitore generoso e non una transazione mascherata . In breve: niente tasse su €8k donation-based, ma conserva la documentazione dei versamenti e delle eventuali comunicazioni con i donatori per sicurezza.

D6: Nel crowdfunding con ricompensa (reward-based), quali sono i miei obblighi fiscali?
R: Se hai fatto un crowdfunding reward (cioè hai promesso beni o servizi in cambio dei contributi), fiscalmente stai vendendo quei beni/servizi. Devi quindi, a meno che l’operazione sia davvero minimale e isolata, aprire una Partita IVA (si tratta di un’attività commerciale vera e propria) . Devi poi emettere fattura o ricevuta fiscale per ciascun finanziatore che riceve qualcosa , applicando l’IVA secondo il tuo regime (22% normale se ordinario, oppure se sei in regime forfettario usufruisci dell’esonero IVA ma devi comunque documentare con ricevuta). I proventi li considererai ricavi dell’attività: se sei persona fisica andranno tra i redditi d’impresa (o lavoro autonomo), se sei una società andranno a bilancio come ricavi . Ad esempio, se un finanziatore ti ha dato €100 per avere il tuo prodotto futuro, fiscalmente è come se avesse pagato €100 per acquistare quel bene. Dovrai quindi dichiarare quell’importo tra i redditi. Se la campagna non raggiunge l’obiettivo e rimborsi i soldi ai backers, allora nessun obbligo dichiarativo né IVA perché di fatto non c’è stata cessione (l’operazione si annulla) . Nota pratica: l’Agenzia Entrate ha esplicitato che per il reward crowdfunding l’imponibilità scatta solo a obiettivo raggiunto e fondi incassati definitivamente (non restituiti) . Dunque dovrai regolarizzare tutto nel momento in cui hai la certezza dei fondi e inizi a consegnare i beni. Vista la complessità di questi aspetti (ricavi anticipati, IVA su beni futuri, ecc.), fatti assistere da un commercialista per gestire correttamente il momento di fatturazione e versamento IVA: di solito, per le vendite di cosa futura, l’IVA si esige al momento della consegna del bene o pagamento del servizio, ma con incasso anticipato via crowdfunding c’è da coordinare bene le tempistiche .

D7: Ho ricevuto una “lettera di compliance” dall’Agenzia che mi chiede di dichiarare redditi percepiti tramite PayPal/Patreon nel 2023. Cosa devo fare?
R: Le lettere di compliance (o “comunicazioni di anomalie”) non sono accertamenti formali, ma inviti bonari a sistemare spontaneamente la situazione . Significa che l’Agenzia ha evidenze (es. dai dati DAC7 o dai movimenti bancari) che hai percepito certe somme nel 2023 che non risultano nella tua dichiarazione . In questo caso, il consiglio è: rispondi e regolarizza. Puoi presentare una dichiarazione dei redditi integrativa per il 2023 (redditi 2022, immagino, o se riferito all’anno precedente) includendo quei redditi non dichiarati, e contestualmente versare le imposte dovute con ravvedimento operoso. Il ravvedimento ti consente di pagare sanzioni ridotte: ad esempio, se fai l’integrativa entro un anno dall’omissione, la sanzione è 1/8 del 30%, cioè il 3,75% dell’imposta dovuta, più interessi giornalieri . Molto meno del 90% che applicherebbero in accertamento. Nella risposta all’Agenzia, potrai comunicare di aver presentato l’integrativa e pagato il dovuto. Se invece ritieni che l’Agenzia sbagli – ad esempio perché quei ricavi li avevi dichiarati ma in un altro quadro, oppure erano esenti – allora fornisci una risposta spiegando dettagliatamente la situazione e allegando documenti probatori . Non ignorare la lettera: è la scelta peggiore. Se non reagisci, quasi certamente dopo qualche mese arriverà un avviso di accertamento vero e proprio, con sanzioni piene . Molto meglio chiarire o ravvedersi subito.

D8: Ricevere frequenti “donazioni” via PayPal da persone sconosciute può farmi rischiare un accertamento?
R: Sì, può succedere. Se sul tuo conto PayPal (o bancario) arrivano molti pagamenti da estranei con causali tipo “donation”, “gift” ecc., il Fisco potrebbe insospettirsi e presumere che tu stia in realtà vendendo qualcosa o svolgendo un’attività in nero . Questo soprattutto se le somme complessive non sono trascurabili. In caso di controlli, starà a te provare che erano effettivamente regali senza controprestazione. Non è una prova semplice se i donatori non ti conoscono personalmente: l’Agenzia infatti penserà subito a un’attività camuffata (es. vendita di beni online mascherata da “donations”) . Il nostro ordinamento non prevede un regime specifico per le mance/donazioni liberali generalizzate verso privati estranei – al di fuori del contesto familiare o delle donazioni tipiche, contributi ripetuti da sconosciuti destano sospetto per definizione . Quindi valuta caso per caso: se sei un creator o comunque un professionista, ti conviene inquadrare correttamente quei pagamenti (magari come vendite di servizi, abbonamenti, ecc., con relative ricevute e dichiarazioni); se invece sono davvero liberalità (es. raccogli fondi per una causa benefica personale), conserva tutta la traccia possibile e magari fai sottoscrivere ai donatori che nulla riceveranno in cambio, così da poterlo esibire all’occorrenza . In definitiva: sì, ricevere molte somme etichettate “donation” può far scattare controlli, perché il Fisco vorrà verificare che non siano redditi camuffati .

D9: Qual è la soglia oltre la quale l’evasione fiscale diventa reato penale?
R: Dipende dal tipo di violazione, ma nel caso più comune – omessa dichiarazione di redditi – la soglia è di €50.000 di imposta evasa (per periodo d’imposta) . Ciò significa che se non dichiari (in tutto o in parte) redditi e l’IRPEF evasa supera 50mila €, scatta il reato (art. 5 D.Lgs. 74/2000) punito con reclusione da 2 a 5 anni . Nel caso di dichiarazione infedele (dichiarata ma con dati falsi), la soglia è imposta evasa >100mila € o base sottratta >2 milioni. Per l’IVA, soglia 250k per infedele, 50k per omesso versamento (quest’ultimo art. 10-ter) . Nel contesto Patreon/crowdfunding, il penale si profila solo per cifre davvero alte: per evadere €50k di IRPEF occorre non dichiarare almeno ~€150k di redditi (dipende dalle aliquote progressive) . Nota: l’imposta di donazione evasa non genera reato tributario – i reati del D.Lgs. 74/2000 riguardano solo imposte sui redditi, IVA, ecc., non quelle sui trasferimenti . Quindi omettere di pagare l’imposta donativa, anche per importi grandi, resta illecito amministrativo (con sanzioni elevate, ma niente pene detentive). In ogni caso, esiste la possibilità di estinzione del reato pagando: ad esempio, per omessa dichiarazione, se versi integralmente imposte, interessi e sanzioni prima dell’apertura del dibattimento penale, il reato è estinto per speciale causa di non punibilità (art. 13 D.Lgs. 74/2000) . Ciò incentiva a sistemare la posizione il prima possibile se si teme di rientrare nel penale.

D10: Il Fisco può presumere che tutti i versamenti sul mio conto corrente siano redditi?
R: Non tutti in modo indiscriminato: solo entro certi limiti e condizioni. La norma (art. 32 DPR 600/73) prevede una presunzione legale per i titolari di reddito d’impresa o di lavoro autonomo: i movimenti bancari non giustificati si considerano ricavi o compensi . Quindi, se hai una ditta individuale o sei un freelance e sul tuo conto professionale (o anche personale, se promiscuo) l’Agenzia trova accrediti non spiegati, essi verranno trattati come ricavi occulti a meno che tu non fornisca prova contraria . Per i privati non imprenditori, questa presunzione automatica non vale; tuttavia la Cassazione ha stabilito che si possono utilizzare presunzioni semplici: in pratica, se un disoccupato o un dipendente ha entrate extra inspiegabili, l’Ufficio può presumere un reddito occulto e starà al contribuente provare che non lo è . In ogni caso, il contribuente ha diritto di fornire una giustificazione puntuale per ogni somma: se dimostra che un certo versamento derivava da una fonte non tassabile (es. rimborso di un prestito, disinvestimento di risparmi, regalo di famiglia), quell’importo va escluso dal reddito ricostruito . Quindi, no, il Fisco non può tout court tassare ogni entrata sul conto come reddito: deve darti modo di provare l’origine. Il problema pratico è che se le tue prove non sono convincenti, la presunzione vincerà. Nel dubbio, è buona norma conservare contratti, ricevute, lettere o qualsiasi evidenza per spiegare le fonti delle tue entrate atipiche, specialmente se non si tratta di stipendio o attività palesi .

D11: In caso di avviso di accertamento, devo pagare subito le somme richieste?
R: No, non immediatamente. Quando ti notificano un avviso di accertamento, hai 60 giorni per presentare ricorso (o istanza di adesione) e in questo periodo la riscossione è sospesa . Se decidi di non impugnare e vuoi pagare, puoi usufruire della riduzione delle sanzioni a 1/3 (adesione per acquiescenza) pagando entro 60 giorni . Se invece fai ricorso in Commissione Tributaria, l’obbligo di pagamento è sospeso fino alla sentenza di primo grado, ma attenzione: dopo 60 giorni dalla notifica, l’Agenzia può comunque iscrivere a ruolo provvisoriamente 1/3 delle imposte accertate (nei casi di importi alti) . Dovresti allora chiedere una sospensione al giudice tributario se ritieni di aver ragione, per bloccare anche quel terzo . In caso di accertamento con adesione avviato, la notifica dell’atto è sospesa e se firmi l’accordo avrai 20 giorni per pagare (unica soluzione o prima rata) . Puoi anche rateizzare come detto: di solito fino a 8 rate trimestrali per importi < €50k, fino a 16 rate se superiore (e oltre in casi eccezionali). In sintesi, non è necessario né consigliabile pagare subito appena arriva la lettera: hai strumenti per congelare o diluire il pagamento . Però attenzione alle scadenze per attivarli: se lasci decorrere i 60 giorni senza far nulla, l’atto diventa definitivo e a quel punto dovrai pagare, magari con cartella e aggiuntivi.

D12: Posso difendermi da solo in un accertamento o mi serve un avvocato/esperto?
R: Dipende dalla complessità e dall’importo in gioco. Per la fase iniziale (es. risposta a una lettera di compliance o un primo contraddittorio informale), se te la senti e il caso è semplice (ad esempio spiegare un bonifico familiare), potresti gestirla da solo, magari facendoti dare un parere veloce dal tuo commercialista . Però, se si arriva a un vero avviso di accertamento con importi significativi in ballo, è altamente consigliato affidarsi a un professionista qualificato (un dottore commercialista o un avvocato tributarista) . Le materie trattate (donazioni, IVA, imposte dirette, procedure) sono insidiose; un esperto saprà individuare vizi formali dell’atto, interpretare correttamente le norme e soprattutto conoscere la giurisprudenza più aggiornata (sentenze di Cassazione rilevanti) che spesso fa la differenza in giudizio . Inoltre, va ricordato che dal 1° luglio 2023 il processo tributario vede l’obbligo del patrocinio difensivo per controversie sopra €3.000 di valore: quindi se l’accertamento supera tale cifra, in Commissione devi per legge avere un difensore abilitato . Anche nelle procedure di adesione o mediazione tributaria, un professionista può negoziare condizioni migliori e assicurarsi che non firmi accordi sfavorevoli. Considera infine che spesso, grazie all’intervento tecnico, si ottengono riduzioni dell’imposta o delle sanzioni ben superiori al costo dell’assistenza, rendendo l’investimento conveniente .

Conclusione

L’universo delle donazioni private e dei guadagni online (Patreon, crowdfunding, ecc.) è un terreno ibrido e relativamente nuovo, a cavallo tra atti di generosità spontanea e attività economiche innovative. Questo ha creato inizialmente incertezze normative ed equivoci, di cui talvolta l’Amministrazione finanziaria ha approfittato adottando interpretazioni aggressive. Oggi, tuttavia, grazie a chiarimenti ufficiali e a importanti pronunce giurisprudenziali recenti, abbiamo linee guida più definite: le liberalità autentiche (soprattutto se modeste e informali) non possono essere trasformate in redditi imponibili per mera sfiducia, e le attività di crowdfunding vanno inquadrate ciascuna nella corretta categoria fiscale, con i relativi obblighi ma anche con la possibilità per il contribuente di pianificare le cose in regola sin dal principio.

Dal punto di vista del debitore (il contribuente che riceve somme e poi subisce contestazioni), il messaggio finale è duplice:

  • Prevenzione: Se intendi avviare una raccolta fondi, informati prima sul corretto trattamento fiscale. Meglio investire un po’ di tempo/risorse a regolarizzare subito (aprire un’ASD/ETS per scopi solidaristici, una partita IVA per vendere prodotti via reward crowdfunding, ecc.) piuttosto che navigare nell’incertezza e rischiare accertamenti dopo. Mantieni sempre la tracciabilità: incassa tramite canali ufficiali, annota cause e destinazioni delle spese, fai firmare dichiarazioni ai donatori importanti. Ciò ti fornirà un “paracadute” documentale in caso di controlli futuri.
  • Difesa attiva: Se nonostante tutto arriva un accertamento, non subire passivamente. Hai a disposizione strumenti normativi e difensivi: esercitali. Lo Stato di diritto ti consente di far valere le tue ragioni di fronte al Fisco, soprattutto quando sono supportate da norme e sentenze autorevoli. Come abbiamo visto, la Cassazione di recente (sent. 7442/2024) ha rimarcato limiti precisi all’azione del Fisco su donazioni informali , e altri precedenti tutelano i contribuenti in buona fede. Una difesa ben impostata può annullare o ridurre drasticamente le pretese illegittime.

In conclusione, crowdfunding e fisco possono convivere serenamente a patto di rispettare le regole giuste e, quando serve, farle rispettare all’Amministrazione. Questa guida ha fornito un quadro completo e aggiornato (agosto 2025) per orientarsi tra normativa italiana, prassi dell’Agenzia Entrate e ultime sentenze in materia. Dotati di queste conoscenze, privati, professionisti e imprenditori potranno sia evitare errori nella gestione fiscale delle proprie campagne di raccolta fondi, sia difendersi efficacemente qualora ricevano contestazioni su redditi non dichiarati legati al crowdfunding. Con consapevolezza, trasparenza e l’assistenza di esperti quando necessario, è possibile perseguire i propri progetti finanziati dalla “folla” senza inciampare in spiacevoli conseguenze tributarie.

Fonti utilizzate: Normativa vigente (DPR 917/1986 TUIR; D.Lgs. 346/1990 TUS; D.Lgs. 74/2000; DPR 600/1973 art.32; Direttiva UE 2021/514 DAC7); Prassi dell’Agenzia Entrate (Risp. interpello n. 137/2018 ; n. 196/2024 – peer-to-peer lending ); Giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. Trib. n. 7442/2024 ; Cass. n. 13133/2016 ; Cass. SS.UU. n. 18725/2017 ); nonché contributi dottrinali e articoli specialistici aggiornati , da cui sono tratte analisi e dati riportati.

Hai ricevuto un avviso dall’Agenzia delle Entrate perché ti viene contestata la mancata dichiarazione delle somme raccolte tramite crowdfunding? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Hai ricevuto un avviso dall’Agenzia delle Entrate perché ti viene contestata la mancata dichiarazione delle somme raccolte tramite crowdfunding?
Vuoi sapere cosa rischi e come difenderti in modo efficace?

👉 Prima regola: chiarisci la natura delle somme raccolte (donazioni, prestiti, ricavi commerciali) e dimostra l’uso corretto del crowdfunding.


⚖️ Quando scattano le contestazioni

  • Somme ricevute tramite piattaforme di crowdfunding non dichiarate come reddito;
  • Raccolte fondi qualificate come ricavi commerciali e non come semplici donazioni;
  • Inquadramento come attività d’impresa occulta in caso di progetti continuativi;
  • Utilizzo di reward (ricompense) che trasformano la raccolta in corrispettivo di vendita;
  • Crowdfunding immobiliare o equity considerato come reddito da capitale non dichiarato.

📌 Conseguenze della contestazione

  • Recupero delle imposte non versate con sanzioni e interessi;
  • Possibili accertamenti per evasione fiscale;
  • Riqualificazione come attività imprenditoriale con obblighi IVA e contributivi;
  • Rischio di contestazioni penali in caso di somme rilevanti e dichiarazioni mendaci;
  • Responsabilità patrimoniale personale del promotore della raccolta.

🔍 Cosa verificare per difendersi

  • Qual era la tipologia di crowdfunding (donation, reward, lending, equity)?
  • Le somme raccolte erano vere donazioni senza controprestazione o corrispettivi?
  • L’attività era occasionale o costituiva impresa abituale?
  • Sono state rilasciate ricevute, fatture o documenti contabili?
  • La contestazione si basa su prove concrete (flussi bancari, piattaforme) o solo su presunzioni?

🧾 Documenti utili alla difesa

  • Estratti conto della piattaforma di crowdfunding;
  • Documentazione bancaria con causali dei versamenti;
  • Contratti o regolamenti della campagna;
  • Eventuali ricevute o comunicazioni inviate ai sostenitori;
  • Bilanci, scritture contabili e dichiarazioni fiscali connesse.

🛠️ Strategie di difesa

  • Dimostrare che le somme avevano natura di donazioni non tassabili;
  • Contestare la riqualificazione come ricavi quando non c’è controprestazione;
  • Evidenziare la buona fede e la mancanza di obbligo dichiarativo in assenza di utilità economica;
  • Richiedere la riduzione delle sanzioni se vi è stata solo un’irregolarità formale;
  • Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro 60 giorni;
  • Difesa penale mirata in caso di contestazioni per evasione fiscale.

🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

📂 Analizza la natura giuridica delle somme raccolte;
📌 Verifica la legittimità della contestazione e i margini difensivi;
✍️ Predispone memorie difensive e ricorsi tributari;
⚖️ Ti assiste in giudizio e, se necessario, nei procedimenti penali;
🔁 Suggerisce strategie preventive per gestire correttamente campagne future.


🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in fiscalità dell’economia digitale e contenzioso tributario;
✔️ Specializzato in difesa contro contestazioni su crowdfunding e nuove forme di raccolta capitali;
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.


Conclusione

Le contestazioni dell’Agenzia delle Entrate sul crowdfunding non dichiarato non sempre sono fondate: spesso derivano da un’errata qualificazione della raccolta o da interpretazioni troppo estensive.
Con una difesa mirata puoi dimostrare la natura delle somme, evitare la riqualificazione come reddito imponibile e ridurre drasticamente sanzioni e interessi.

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  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
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La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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