Hai ricevuto un accertamento dall’Agenzia delle Entrate perché ti è stato contestato l’utilizzo del bonus casa antisismico (Sismabonus) non spettante? In questi casi, l’Ufficio presume che i lavori non rispettino i requisiti tecnici o normativi richiesti per accedere all’agevolazione, oppure che la documentazione presentata sia incompleta o non corretta. Le conseguenze possono essere molto pesanti: recupero delle detrazioni già fruite, applicazione di sanzioni, interessi e, nei casi più gravi, contestazioni di natura penale. Tuttavia, non sempre l’accertamento è legittimo: con una difesa mirata è possibile dimostrare la validità degli interventi o ridurre sensibilmente l’impatto delle sanzioni.
Quando l’Agenzia delle Entrate contesta il bonus casa antisismico
– Se i lavori non rientrano tra quelli agevolabili previsti dalla normativa sul Sismabonus
– Se la documentazione tecnica (asseverazioni, certificazioni, titoli edilizi) risulta incompleta o irregolare
– Se le spese sostenute non sono correttamente documentate con fatture e pagamenti tracciabili
– Se vengono riscontrate incongruenze tra la dichiarazione dei redditi e i dati comunicati all’ENEA
– Se l’Ufficio presume un utilizzo fraudolento del bonus per ottenere indebiti vantaggi fiscali
Conseguenze della contestazione
– Recupero immediato delle detrazioni fiscali indebitamente fruite
– Applicazione di sanzioni fino al 200% delle imposte contestate
– Interessi di mora sulle somme da restituire
– Blocco della possibilità di utilizzare altre agevolazioni edilizie
– Possibile denuncia penale per indebita compensazione o truffa ai danni dello Stato
Come difendersi dalla contestazione
– Dimostrare la regolarità urbanistica e fiscale degli interventi edilizi effettuati
– Produrre asseverazioni, perizie e certificazioni tecniche a supporto del diritto al bonus
– Contestare la qualificazione di “non spettante” se si tratta di meri errori formali o di comunicazione
– Evidenziare eventuali vizi di notifica, difetti istruttori o carenze di motivazione nell’accertamento
– Richiedere la riqualificazione della contestazione per ridurre le sanzioni applicabili
– Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per ottenere l’annullamento totale o parziale della pretesa
Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare la normativa di riferimento e la documentazione tecnica e fiscale presentata
– Verificare la legittimità dell’accertamento e la corretta applicazione delle norme sul Sismabonus
– Redigere un ricorso fondato su prove concrete e vizi procedurali
– Difendere il contribuente davanti ai giudici tributari e, se necessario, anche in sede penale
– Tutelare il patrimonio personale e familiare da conseguenze economiche sproporzionate
Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale della contestazione
– La conferma della spettanza del bonus antisismico e delle relative detrazioni
– La riduzione delle sanzioni e degli interessi accessori
– La sospensione delle richieste di pagamento già notificate
– La certezza di beneficiare solo delle agevolazioni effettivamente riconosciute dalla legge
⚠️ Attenzione: i bonus edilizi, e in particolare il Sismabonus, sono sotto stretta vigilanza dell’Agenzia delle Entrate. È fondamentale predisporre una difesa tecnica accurata per evitare la perdita del beneficio e pesanti conseguenze fiscali o penali.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e edilizio – spiega come difendersi in caso di contestazioni per bonus casa antisismico non spettante e quali strategie adottare per proteggere i tuoi interessi.
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Introduzione e contesto attuale
Il Sismabonus è un’agevolazione fiscale che consente di detrarre una parte delle spese sostenute per interventi di messa in sicurezza antisismica degli edifici. Negli ultimi anni, specialmente con l’introduzione del Superbonus 110%, si è assistito a un massiccio utilizzo di bonus edilizi. Ciò ha comportato un’intensificazione dei controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate, al fine di prevenire abusi e verificare il rispetto dei requisiti normativi . Nel 2025 l’Agenzia ha annunciato l’invio di migliaia di lettere di compliance ai beneficiari di Superbonus e altri bonus, seguite da numerosi avvisi di accertamento per recuperare i crediti d’imposta ritenuti indebitamente fruiti .
Quando l’Agenzia delle Entrate accerta che un bonus casa antisismico (Sismabonus) non spettava al contribuente, può emettere un atto di recupero o un avviso di accertamento per riprendersi il beneficio fiscale. Questo può avvenire a distanza di anni dai lavori, dato che il Fisco ha termini di decadenza fino a 8 anni in alcuni casi (come vedremo) . Le contestazioni tipiche riguardano sia irregolarità formali (es. errori nella documentazione o nei pagamenti) sia violazioni sostanziali (es. lavori non conformi, immobili abusivi, mancanza dei requisiti oggettivi) .
Esempi di motivi di contestazione: lavori realizzati senza le dovute autorizzazioni edilizie, mancato invio di comunicazioni obbligatorie (come quella all’ENEA per Ecobonus), assenza di comunicazione preventiva ASL per i cantieri, utilizzo di un pagamento non tracciato o senza “bonifico parlante”, fatture mancanti o intestate a soggetti diversi, immobili con abusi edilizi non sanati, mancato possesso delle necessarie asseverazioni tecniche, ecc. . In tutti questi casi l’Ufficio può ritenere che la detrazione “decade” e procedere al recupero dell’imposta risparmiata.
Importante: Non tutte le irregolarità comportano automaticamente la perdita del bonus. La normativa e la prassi distinguono tra violazioni sanabili e non sanabili. Inoltre, diverse sentenze hanno chiarito quali omissioni non fanno decadere l’agevolazione (ad es. la mancata comunicazione ENEA, come vedremo, non pregiudica il diritto alla detrazione ). È quindi essenziale analizzare la contestazione nel merito e far valere le proprie ragioni, supportate da documenti e precedenti favorevoli.
Questa guida fornisce gli strumenti per capire cosa viene contestato, valutare se effettivamente il bonus non spettava, e soprattutto come difendersi per evitare (o ridurre) la revoca delle detrazioni e il conseguente esborso. Inizieremo con una panoramica dei vari bonus edilizi e dei loro requisiti, per poi esaminare le cause di decadenza, il procedimento di accertamento fiscale e i mezzi di difesa (dall’autotutela al ricorso tributario). Il tutto dal punto di vista del contribuente, fornendo anche esempi pratici e modelli di atti.
Panoramica sui bonus casa e sul Sismabonus
In Italia esiste un ampio ventaglio di bonus fiscali per la casa, cioè detrazioni d’imposta per spese edilizie. È utile inquadrare brevemente i principali, in quanto molte regole difensive si applicano in modo simile:
- Bonus ristrutturazioni (50%) – Detrazione ordinaria per lavori di recupero edilizio (manutenzione straordinaria, restauro, ristrutturazione). Consente il 50% di detrazione su max 96.000 € di spese per unità immobiliare, ripartiti in 10 anni . È stabilizzata nell’art. 16-bis TUIR, ma dal 2025 tornerà al 36% su 48.000 € salvo proroghe .
- Ecobonus (risparmio energetico) – Detrazioni dal 50% al 65% (fino al 75% per condomìni) per interventi di efficientamento energetico (isolamenti, infissi, caldaie, fotovoltaico, ecc.) con tetti di spesa variabili e ripartizione in 10 anni . Prorogato più volte, anch’esso confluirà a regime nel 36% su 48.000 € post-2024 se non prorogato .
- Sismabonus (miglioramento sismico) – Detrazione dal 50% fino al 70-85% per interventi antisismici su edifici in zone sismiche 1, 2, 3 (rischio medio-alto) . La percentuale base è 50%, ma sale al 70% (75% nei condomìni) se i lavori riducono di 1 classe il rischio sismico, e all’80% (85% in condominio) se riducono di 2 classi . Il massimale di spesa è in genere 96.000 € per unità per anno (importo cumulabile su più anni per lo stesso immobile) . La detrazione va in 5 anni (oppure 10 anni per spese dal 2017 in certi casi) e la misura è stata prorogata di anno in anno fino al 2024 . Nota: esiste anche il Sismabonus Acquisti (detrazione 75-85% fino a 96.000 €) per chi acquista immobili antisismici in zona 1-2-3 da imprese che hanno demolito e ricostruito l’edificio.
- Superbonus 110% – Introdotto nel 2020 (art. 119 D.L. 34/2020) come potenziamento temporaneo di Ecobonus e Sismabonus con aliquota fino al 110% (spese 2020-2022) poi gradualmente ridotta (90% per la maggior parte dei soggetti sulle spese 2023, 70% per il 2024, 65% previsto per il 2025) . Ha regole complesse: interventi “trainanti” energetici o antisismici, più eventuali interventi “trainati”, con rigidi adempimenti (asseverazioni tecniche, visto di conformità) e possibilità di sconto in fattura/cessione del credito. Ha prodotto un volume enorme di detrazioni, ma anche abusi, motivo per cui è stato al centro di controlli serrati .
- Bonus facciate – Detrazione speciale al 90% (2020-21) poi 60% (2022) per il recupero delle facciate esterne visibili in centro urbano (zone A o B) . Nessun massimale specifico, ripartita in 10 anni. Non più attivo dal 2023, ma restano controlli sulle pratiche pregresse data l’aliquota elevata e le frodi riscontrate .
- Bonus barriere 75% – Introdotto 2022 (L. 234/2021) e prorogato fino al 2025: 75% di detrazione in 5 anni per lavori di eliminazione barriere architettoniche (es. ascensori, rampe) con massimali di spesa (50.000 € unifamiliari, 40.000 € per unità in condomìni fino 8 unità, 30.000 € oltre) . Richiede il rispetto di alcune condizioni (DURC regolare, applicazione CCNL edilizia – vedi oltre) ma può essere usato anche da imprese come credito d’imposta.
- Altri bonus minori – Es. Bonus mobili (50% su mobili/elettrodomestici legati a una ristrutturazione, tetto 8.000 € nel 2023, 5.000 € 2024), Bonus verde (36% su max 5.000 € per giardini), Bonus idrico (contributo 1.000 € per sanitari a risparmio idrico, scaduto 2023), Bonus colonnine (50% fino 3.000 € per installare ricariche elettriche, se fatte con Ecobonus/Superbonus) .
Ciascuna agevolazione ha requisiti specifici di legge e relative istruzioni (decreti attuativi, circolari interpretative) . In questa guida ci concentreremo soprattutto sul Sismabonus (e bonus analoghi) perché i controlli fiscali e le contestazioni sono particolarmente frequenti su questo fronte. Le difese del contribuente però si fondano su principi generali applicabili a tutti i bonus casa: per esempio, l’obbligo di tracciare i pagamenti con bonifico speciale, il divieto di beneficiare di detrazioni su opere abusive (art. 49 D.P.R. 380/2001) , la necessità di conservare ed esibire a richiesta tutta la documentazione tecnica e fiscale relativa ai lavori.
In sintesi, il Sismabonus standard permette notevoli risparmi (fino all’85% delle spese) ma impone precisi adempimenti. Il mancato rispetto di tali adempimenti può portare l’Agenzia delle Entrate a ritenere il bonus “non spettante” e ad attivare un’azione di recupero. Vediamo ora quali sono questi requisiti e quali errori o omissioni fanno perdere il diritto alla detrazione.
Requisiti e adempimenti per usufruire del Sismabonus (e altri bonus edilizi)
Per ottenere e conservare il Sismabonus e gli altri bonus casa è necessario rispettare una serie di condizioni di legge. Alcune sono di carattere sostanziale (riguardano la natura dei lavori e dell’immobile), altre sono formali/documentali (procedure e comunicazioni richieste). Una violazione sostanziale comporta la perdita definitiva del beneficio, mentre una mancanza formale talvolta può essere sanata entro certi termini. Di seguito elenchiamo i principali requisiti e obblighi, distinguendo tra quelli inderogabili e quelli sanabili:
- Regolarità urbanistica dell’immobile e dei lavori: l’immobile oggetto di intervento deve essere in regola con le norme edilizie, oppure eventuali abusi devono essere sanati. L’art. 49 del Testo Unico Edilizia (D.P.R. 380/2001) infatti esclude bonus fiscali per opere realizzate in assenza di titolo abilitativo o in difformità sostanziale da esso . Se però l’opera è solo difforme in modo lieve (ad es. si sarebbe dovuto presentare una SCIA invece di CILA, ma l’intervento è conforme alle norme urbanistiche), la detrazione non decade purché si ottenga la sanatoria amministrativa e la si esibisca in caso di controlli . Invece, lavori totalmente abusivi e non sanabili comportano la decadenza dal beneficio fiscale .
- Titolo edilizio abilitativo appropriato: prima di iniziare i lavori occorre aver presentato e ottenuto il corretto titolo abilitativo (CILA, SCIA, permesso di costruire, ecc.) se richiesto dalla natura dell’intervento. Interventi di edilizia libera (che non richiedono titolo) devono comunque rientrare fra quelli agevolati e spesso richiedono un’autocertificazione con data inizio lavori da conservare . Un titolo mancante o errato (non sanato) fa perdere il diritto al bonus.
- Notifica preliminare ASL (sicurezza cantieri): nei cantieri soggetti (presenza di più imprese esecutrici, o lavori oltre 200 uomini-giorno), la normativa sulla sicurezza impone una comunicazione preventiva all’ASL competente. Ai fini fiscali, la mancata comunicazione ASL obbligatoria non è sanabile e comporta il diniego della detrazione . In pratica, se il lavoro richiedeva quella notifica e non è stata fatta, l’Agenzia considera non spettante il bonus su quelle spese.
- Documentazione tecnica (asseverazioni, attestati): per il Sismabonus è richiesta l’asseverazione sul rischio sismico che certifichi la classe di rischio pre e post-intervento. In particolare, per avere le aliquote maggiorate (70-80% singole unità, 75-85% condomìni) è obbligatorio far predisporre da un professionista e depositare prima dell’inizio dei lavori il cosiddetto Modello B (asseverazione di riduzione del rischio sismico, ai sensi del DM 58/2017). In passato, la mancata presentazione tempestiva di tale asseverazione precludeva del tutto il Sismabonus maggiorato . Dal 2023 però il legislatore ha introdotto la remissione in bonis per rimediare a quest’omissione: è ora consentito presentare tardivamente il Modello B pagando una sanzione di 250 €, purché la violazione non sia già stata contestata e l’asseverazione tardiva avvenga entro il termine della prima dichiarazione dei redditi in cui si utilizza la detrazione . Ciò ha “salvato” molti contribuenti che avevano iniziato lavori senza l’asseverazione: ora possono sanare l’omissione ed evitare la decadenza del Sismabonus . Analoghe certificazioni tecniche (es. APE post intervento per l’Ecobonus, attestato di congruità costi, ecc.) vanno prodotte secondo le norme: la loro mancanza sostanziale rende non spettante il bonus, salvo casi in cui sia ammessa regolarizzazione.
- Comunicazioni obbligatorie (ENEA, opzioni di cessione): per l’Ecobonus è prevista la comunicazione all’ENEA dei dati dei lavori entro 90 giorni dalla fine lavori. Tuttavia la Cassazione ha chiarito che si tratta di un adempimento non sostanziale ma solo statistico: la tardiva od omessa comunicazione non fa decadere il diritto alla detrazione . Ordinanze recenti (Cass. nn. 12422 e 12426 del 10/05/2025) confermano che l’omissione/ritardo ENEA non comporta perdita dell’agevolazione, in quanto l’obbligo non è assistito da sanzione di decadenza . Anche l’Agenzia ha recepito questo orientamento, consentendo di sanare il mancato invio ENEA tramite remissione in bonis (sempre €250) entro la prima dichiarazione utile . – Nota: la remissione in bonis per ENEA era già prassi; ora è espressamente prevista per Ecobonus e, come detto, per l’asseverazione Sismabonus . Inoltre, se si opta per cessione del credito o sconto in fattura, occorre inviare all’Agenzia Entrate la relativa comunicazione (modello opzione) entro i termini stabiliti: la mancata comunicazione in tempo fa perdere la possibilità di cedere, ma non il diritto alla detrazione in dichiarazione (se ancora fruibile).
- Pagamenti tracciati con “bonifico parlante”: per fruire delle detrazioni, le spese devono essere pagate con bonifico bancario/postale specifico per ristrutturazioni (detto bonifico parlante), da cui risultino causale con riferimento normativo, codice fiscale del beneficiario della detrazione e partita IVA/codice fiscale del fornitore . L’uso di altri mezzi (assegno, carta, contanti) o di bonifici ordinari privi dei dati richiesti è una violazione formale grave. Tradizionalmente ciò determinava il rigetto del bonus. La circolare 17/E del 26/6/2023 però ha ammesso una sanatoria: se il contribuente non ha usato un bonifico parlante ma può ottenere dalla ditta esecutrice una dichiarazione in cui attesta che le somme sono state regolarmente contabilizzate e incluse nell’imponibile IVA, allora l’agevolazione non viene negata . In altri termini, la mancanza del bonifico specifico può essere sanata ex post con questa attestazione dell’impresa, che prova la tracciabilità economica dell’operazione . Attenzione però: questo rimedio vale se il pagamento è comunque tracciabile (es. bonifico ordinario o assegno); se invece si è pagato addirittura in contanti, la Cassazione ha ritenuto legittimo il recupero del bonus perché manca completamente il requisito di tracciabilità (in un caso del 2025, spese pagate cash sono state disconosciute). Dunque, mai pagare in contanti lavori agevolati.
- Fatture e ricevute delle spese: il contribuente deve possedere ed esibire, a richiesta, tutte le fatture o ricevute comprovanti le spese effettuate. Se in sede di controllo non si esibiscono documenti di spesa (perché persi o mai avuti), l’amministrazione recupererà la detrazione come non spettante . Anche fatture intestate a persona diversa (non beneficiaria della detrazione) possono creare problemi: la detrazione spetta solo a chi effettivamente sostiene la spesa e figura come pagatore.
- Adempimenti introdotti dal 2022 (“Decreto Anti-frodi”): per Superbonus e altri bonus con cessione, sono obbligatori il visto di conformità fiscale e l’asseverazione di congruità delle spese da parte di tecnici abilitati. La mancanza di questi adempimenti rende il credito non utilizzabile. Tuttavia, per violazioni formali di questo tipo, sono stati previsti procedimenti di sanatoria (es. possibilità di apporre il visto tardivo entro certi termini pagando 250 €). È fondamentale verificare caso per caso se tali obblighi sono stati rispettati o possono essere regolarizzati.
- Obblighi in materia di lavoro e sicurezza: dal 2022, per lavori oltre €70.000 iniziati dopo il 27/5/2022, è richiesto il DURC di congruità (regolarità contributiva e congruità della manodopera) e l’indicazione in contratto che l’impresa applica i CCNL edilizia . La mancanza del DURC comporta la revoca della detrazione , mentre la mancata indicazione del CCNL in fattura è sanabile tramite dichiarazione sostitutiva dell’impresa che attesti quale contratto applica . Inoltre, dal 2023 per cantieri sopra €516.000 è obbligatoria la qualificazione SOA dell’impresa esecutrice : l’assenza di SOA per lavori che la richiedono può far perdere il diritto al bonus (previa disciplina transitoria per contratti stipulati prima).
- Uso personale dell’immobile e altri requisiti soggettivi: alcuni bonus richiedono che l’immobile sia a disposizione o utilizzato dal beneficiario. Ad es., il Bonus ristrutturazioni 50% spetta anche all’inquilino o comodatario che sostiene la spesa, ma cessa se l’immobile viene venduto (le quote residue non trasferite all’acquirente). Un caso particolare: la Cassazione ha negato il bonus ristrutturazione all’erede locatore – cioè l’erede che ha ereditato un immobile e lo ha dato in affitto – poiché l’agevolazione spetta solo se il beneficiario utilizza direttamente l’immobile (in quell’occasione la Corte ha ritenuto mancante il “presupposto dell’uso diretto” per l’erede che non abita l’immobile) . È un principio specifico ma da tener presente: il profilo soggettivo (chi può detrarre) va sempre verificato.
Come si vede, le cause di potenziale decadenza dal Sismabonus/bonus casa spaziano da questioni urbanistiche a adempimenti fiscali e di pagamento. Riassumiamo le principali violazioni e la loro incidenza sul diritto al bonus:
<table> <thead> <tr><th>Requisito/Obbligo</th><th>Violazione</th><th>Effetto sul Bonus</th><th>Rimedi possibili</th></tr> </thead> <tbody> <tr><td>Regolarità edilizia (nessun abuso non sanato)</td><td>Lavori eseguiti in immobili con abusi insanabili, o senza titolo</td><td>Decadenza dal bonus (art.49 DPR 380/01) </td><td>Nessuno, salvo ottenimento di sanatoria se possibile </td></tr> <tr><td>Notifica preliminare ASL (se dovuta)</td><td>Omessa comunicazione ASL</td><td>Decadenza dal bonus </td><td>Nessuno (omissione non sanabile) </td></tr> <tr><td>Asseverazione rischio sismico (Modello B)</td><td>Omiss. presentazione prima dei lavori</td><td>(Prima) Decadenza totale Sismabonus; <br>(Ora) decadenza salvabile</td><td>Remissione in bonis (presentaz. tardiva con sanz. €250) </td></tr> <tr><td>Comunicazione ENEA fine lavori (Ecobonus)</td><td>Omiss./ritardo invio (oltre 90gg)</td><td>Nessuna decadenza (obbligo solo statistico) </td><td>Remissione in bonis (€250) per regolarizzare </td></tr> <tr><td>Bonifico parlante per pagamenti</td><td>Pagamenti con mezzi non tracciati o bonifici incompleti</td><td>Decadenza se pagamento non tracciabile (es. contanti) ; <br>Se bonifico non parlante ma tracciato, non decadenza ma irregolarità formale</td><td>Dichiarazione impresa su contabilizzazione somme (sanatoria) . Nessun rimedio se pagato cash.</td></tr> <tr><td>Fatture e documenti di spesa</td><td>Assenza di fatture o ricevute a supporto delle spese</td><td>Decadenza (spesa non provata) </td><td>Nessuno, se i documenti non esistono. Se smarriti, tentar di recuperarne copie autentiche.</td></tr> <tr><td>Visto di conformità e asseverazioni congruità (bonus con cessione)</td><td>Omissione visto/asseverazione</td><td>Credito non utilizzabile finché non regolarizzato</td><td>Remissione in bonis se prevista dalle norme transitorie (es. DL 11/2023) con sanz. €250.</td></tr> <tr><td>DURC congruità (lavori > €70k da 2022)</td><td>Imprese senza DURC regolare</td><td>Decadenza dal bonus </td><td>Nessuno: bonus fruibile solo con DURC in regola.</td></tr> <tr><td>CCNL edilizia applicato (lavori > €70k da 2022)</td><td>Impresa non indica CCNL in fattura</td><td>Violazione formale</td><td>Sanabile con dichiarazione sostitutiva impresa (attesta CCNL applicato) </td></tr> <tr><td>Attestazione SOA (lavori > €516k dal 2023)</td><td>Impresa priva di attestazione SOA</td><td>Decadenza dal bonus, salvo regime transitorio</td><td>Regolarizzazione entro termini transitori (se contratto ante 2023 prevedeva); altrimenti nessun rimedio.</td></tr> </tbody> </table>
Nota: alcune violazioni “formali” se non corrette entro termini diventano sostanziali. Ad esempio, il nuovo art. 13 D.Lgs. 471/1997 (modificato nel 2023) stabilisce una sanzione fissa di €250 per chi utilizza un credito senza aver adempiuto a obblighi strumentali non previsti a pena di decadenza, purché poi l’adempimento mancante sia eseguito entro la prima dichiarazione utile . Se invece non si rimedia entro tale termine, l’utilizzo del bonus avviene “in difetto dei prescritti adempimenti” e il credito si considera non spettante, sanzionato con la percentuale ordinaria (vedremo oltre le sanzioni) . Ciò evidenzia l’importanza di attivarsi tempestivamente per sanare eventuali omissioni formali.
In conclusione, prima di affrontare il contenzioso, il contribuente deve verificare se l’irregolarità contestata dall’Ufficio rientra tra quelle insanabili (es. abusi, assenza requisiti) oppure se è un vizio formale rimediabile (es. comunicazioni tardive, bonifico non parlante). Questa distinzione sarà spesso centrale nella strategia difensiva: ad esempio, se un vizio è sanabile, si potrà eccepire che la decadenza dal bonus non è legittima perché il contribuente ha adempiuto (anche se in ritardo) secondo le previsioni di legge.
Controlli fiscali e accertamenti sui bonus edilizi: il procedimento
Vediamo ora come l’Agenzia delle Entrate procede praticamente a contestare un bonus casa (Sismabonus o altri) e quali sono i termini e le forme di tali accertamenti. Comprendere il procedimento consente di individuare eventuali vizi (ad es. mancato contraddittorio) da far valere in difesa e di sapere fino a quando il Fisco può agire.
1. Lettere di compliance e controlli preliminari: spesso l’iter inizia con una comunicazione bonaria o richiesta di documenti. Ad esempio, l’Agenzia può inviare una “comunicazione di irregolarità” (ex art. 36-ter DPR 600/73) segnalando anomalie sulla dichiarazione dei redditi in cui è stata fruita la detrazione, oppure una lettera che invita a verificare alcuni dati (c.d. invito al ravvedimento operoso). In questa fase non c’è ancora un atto impositivo, ma è cruciale cooperare: il contribuente dovrebbe rispondere entro i termini (in genere 30 giorni) fornendo la documentazione richiesta e spiegazioni . È possibile, attraverso il dialogo, chiarire malintesi o sanare vizi formali. Ad esempio, se l’ufficio segnala “mancata comunicazione ENEA”, si potrà replicare citando le pronunce di Cassazione che escludono la decadenza per tale omissione ; se contesta l’assenza del bonifico parlante, si potrà allegare la dichiarazione dell’impresa che attesta la contabilizzazione (come suggerito dalla Circ. 17/E/2023) . Mostrarsi collaborativi e fornire prove può spesso indurre l’ufficio a chiudere la verifica senza sanzioni, specie se l’irregolarità è lieve e sanabile . In questa fase, se ci si accorge di un errore effettivo non rimediabile (es. ci si dimenticò completamente di fare la notifica ASL), si può valutare il ravvedimento operoso: in teoria il contribuente può autonomamente versare la maggiore imposta dovuta prima che arrivi un atto formale, beneficiando di sanzioni ridotte. Nel caso di detrazioni già utilizzate in anni passati però il ravvedimento è atipico (non si può “restituire” un importo detratto se non versando spontaneamente quanto indebitamente fruito più interessi e una sanzione minima) . È una strada percorribile se si intende chiudere bonariamente la posizione prima che scatti l’accertamento, ma va ponderata con un fiscalista.
2. Invito al contraddittorio: dal 2020 lo Statuto del Contribuente (L. 212/2000) prevede, salvo casi di particolare urgenza, il diritto del contribuente al contraddittorio preventivo anche per accertamenti “a tavolino” (ossia senza accesso in loco) . Ciò significa che, prima di emettere un avviso di accertamento vero e proprio, l’Agenzia dovrebbe inviare un invito a comparire o un Processo Verbale di Constatazione (PVC), esponendo le risultanze del controllo e dando modo al contribuente di replicare. Nella prassi, per i recuperi di bonus fiscali questa fase è talvolta omessa o compressa; altre volte avviene informalmente con una convocazione presso l’ufficio. Se il contraddittorio viene concesso, è un’opportunità per presentare memorie, portare ulteriore documentazione e magari raggiungere un accordo (ad esempio, il contribuente può rinunciare a parte delle detrazioni contestate in cambio dell’archiviazione delle sanzioni) . Attenzione: la mancata attivazione del contraddittorio obbligatorio, ove previsto, può costituire un vizio procedurale dell’accertamento, da far valere in ricorso (la giurisprudenza considera l’omissione del contraddittorio causa di nullità dell’atto in determinati ambiti, specie dopo la novella del 2020).
3. Emissione dell’atto di recupero/accertamento: se dai controlli l’ufficio ritiene che il bonus sia stato fruito indebitamente (in tutto o in parte), emette un atto formale. A seconda dei casi, questo può assumere la forma di un “Atto di recupero di credito d’imposta non spettante” oppure di un Avviso di accertamento (con eventuale irrogazione di sanzioni). La differenza dipende dalla modalità con cui il bonus è stato utilizzato e dalla qualificazione giuridica della violazione:
- Quando il contribuente ha utilizzato il bonus come credito d’imposta in compensazione (ad es. pagando meno IRPEF in F24 o cedendo il credito), l’Agenzia emette di norma un Atto di recupero ai sensi dell’art. 1, co. 421 L. 311/2004 e successive modifiche. Questo atto ingiunge la restituzione del credito indebito, paragonabile a un accertamento, ed è impugnabile davanti al giudice tributario.
- Se invece il bonus era una detrazione dall’IRPEF in dichiarazione, l’ufficio potrebbe emettere un avviso di accertamento sull’anno d’imposta interessato, recuperando a tassazione l’importo detratto in più. Spesso tuttavia, anche in tal caso si parla di “recupero del credito” poiché la detrazione pluriennale viene assimilata a un credito d’imposta utilizzato annualmente.
Indipendentemente dalla forma, l’atto contiene: gli anni d’imposta coinvolti, l’importo della detrazione disconosciuta, i motivi (violazioni riscontrate) e la quantificazione di imposta, interessi e sanzioni dovuti . Viene inoltre indicato il termine per pagare o per presentare ricorso, e l’eventuale possibilità di definizione agevolata (es. adesione).
Termini di decadenza: entro quando l’Agenzia può notificare questi atti? La risposta dipende dalla natura della violazione, distinguendo tra crediti non spettanti e crediti inesistenti. In passato mancava una definizione normativa chiara, ma la Cassazione a Sezioni Unite (sent. 34419 e 34452 dell’11/12/2023) ha fatto luce: ha stabilito che per crediti “inesistenti” si applica il termine “lungo” di 8 anni (previsto dall’art. 27, c.16, D.L. 185/2008), mentre per crediti “non spettanti” vale il termine ordinario di accertamento . La differenza tra le due categorie è concettuale: un credito inesistente è quello che manca dei presupposti sostanziali (ad es. lavori mai eseguiti, credito fittizio) e che non sarebbe rilevabile con i normali controlli automatizzati, mentre un credito non spettante è un credito vero quanto a esistenza della spesa ma fruito in violazione della legge (es. oltre il tetto, o senza seguire le modalità) e riscontrabile nei controlli formali . Approfondiremo a breve questa distinzione. Ad ogni modo, nel 2024 il legislatore delegato ha recepito queste indicazioni: il nuovo art. 38-bis DPR 600/1973 (introdotto dal D.Lgs. 13/2024) fissa che l’atto di recupero debba essere notificato entro il 31 dicembre dell’8° anno successivo a quello di utilizzo del credito se trattasi di credito inesistente, ed entro il 31 dicembre del 5° anno successivo a quello di utilizzo se il credito è non spettante . In pratica: per un bonus utilizzato nel 2020, il termine sarebbe il 31/12/2028 se ritenuto “inesistente”, oppure il 31/12/2025 se “non spettante”. Questa tempistica è importante da verificare: se l’Agenzia notifica oltre i termini, l’atto è decaduto e va annullato.
Nota pratica: se ricevete una contestazione su un bonus a distanza di più di 5 anni, controllate bene la terminologia usata: l’Ufficio, per giustificare l’azione tardiva, potrebbe definirlo credito “inesistente”. Se però voi avete effettivamente effettuato la spesa (magari con qualche vizio formale), potrete obiettare in ricorso che si tratta al più di un credito non spettante, eccependo quindi la decadenza dell’azione accertatrice perché notificata oltre il quinto anno .
Sanzioni amministrative: insieme al recupero dell’imposta (o del credito), l’atto notifica le sanzioni pecuniarie applicate. Queste dipendono dalla violazione contestata:
- Per utilizzo di crediti non spettanti (ossia importi indebitamente detratti/compensati, ma che derivano da spese effettive anche se non conformi), la sanzione ordinaria era il 30% dell’importo . La riforma fiscale 2023 l’ha leggermente ridotta al 25% per violazioni dal 1/9/2024 in poi, ma per i casi precedenti resta il 30%. Questa sanzione del 25-30% si applica tipicamente quando, ad esempio, il contribuente ha davvero svolto i lavori ma non aveva diritto al bonus (perché non aveva titolo abilitativo, oppure ha superato i limiti di spesa, etc.). Come detto, se la violazione consiste solo in adempimenti formali non rispettati (non a pena di decadenza) poi sanati entro i termini, allora si applica solo la sanzione fissa di €250 in luogo del 25-30% .
- Per utilizzo di crediti inesistenti (quindi operazioni fittizie o documenti falsi), la sanzione era dal 100% al 200% dell’importo . La riforma l’ha ridotta al 70% fisso, elevabile però dal 105% fino al 140% se il credito deriva da condotte fraudolente (documenti falsi, artifici) . Questo riguarda i casi gravi di frode. Inoltre, se il credito inesistente è stato compensato oltre una certa soglia, scattano anche sanzioni penali (si veda l’art. 10-quater D.Lgs. 74/2000: indebita compensazione > €50.000 annui, punita con la reclusione fino a 5 o 7 anni a seconda che il credito sia inesistente o semplicemente non spettante).
L’atto di accertamento indica l’ammontare della sanzione e gli articoli di legge applicati (D.Lgs. 471/1997 per le sanzioni tributarie amministrative). Ad esempio, in un recupero per “Bonus non spettante” troveremo riferimenti all’art. 13 commi 4 e 5 D.Lgs. 471/97 (30%); in uno per “credito inesistente” all’art. 13 commi 5 e 5-bis (100-200%, ora 70%). Queste sanzioni possono essere ridotte se il contribuente aderisce o concilia la vertenza (si riducono a 1/3) , oppure se si paga entro 60 giorni dall’accertamento in acquiescenza (riduzione a 1/3, salvo diverse definizioni agevolate vigenti). In ogni caso, contestando l’atto si contesteranno spesso anche le sanzioni, soprattutto se si riesce a riclassificare il credito da “inesistente” a “non spettante” (ciò ridurrebbe la sanzione dal 100% al 30% per gli anni pre-riforma).
Interessi: vanno aggiunti anche gli interessi legali maturati sulle imposte non versate, calcolati dall’anno di utilizzo della detrazione indebitamente fruita fino alla data di pagamento.
Esempio: Caio ha fruito nel 2018-2019 di €10.000 di detrazioni Sismabonus, ma secondo l’Agenzia non ne aveva diritto (es: immobile con abuso edilizio insanato). Nel 2024 riceve avviso di accertamento: l’atto recupera €10.000 di IRPEF (5.000 per 2018 e 5.000 per 2019), più interessi dal 2019 ad oggi (circa 1.000 €), più sanzione 30% = 3.000 €. Totale ~14.000 €. Se Caio aderisce subito, paga solo 1/3 della sanzione (1.000 €) quindi ~12.000 €. Se fa ricorso e vince, paga zero; se perde, dovrà pagare il tutto (salvo eventuale riduzione dal giudice).
4. Notifica e riscossione: l’avviso di accertamento o atto di recupero viene notificato al contribuente (PEC o raccomandata). Esso costituisce titolo esecutivo dopo 60 giorni: significa che, trascorsi 60 giorni senza pagamento né impugnazione, l’importo diventa definitivamente dovuto ed è iscritto a ruolo per la riscossione coattiva (cartella esattoriale). Dunque è fondamentale non ignorare l’atto: occorre decidere come reagire entro tale termine.
Riassumendo i punti chiave di questa fase procedimentale:
- Il Fisco controlla i bonus sia con automatismi (incroci dati catastali, ENEA, banca, ecc.) sia su segnalazioni (es. banche che non convalidano crediti) . Se qualcosa non torna, invia richieste di chiarimenti.
- È importante rispondere ai primi rilievi: spesso le contestazioni nascono da dati incompleti o mal interpretati, risolvibili fornendo spiegazioni e documenti .
- Prima dell’accertamento definitivo, andrebbe garantito il contraddittorio: se non avvenuto, valutare di eccepirlo come vizio.
- L’atto finale può essere accertamento o atto di recupero; in entrambi i casi si può impugnare in Commissione (ora Corte di Giustizia Tributaria).
- Decadenza: verificare l’anno più vecchio contestato e la natura del credito (inesistente vs non spettante) per vedere se l’azione era entro i termini .
- Sanzioni: distinguere se è 30% (25%) o 100% (70%) e se riducibili; considerare se si può invocare la buona fede o l’assenza di colpevolezza per chiedere al giudice una riduzione ulteriore (le sanzioni possono essere annullate dal giudice se errore scusabile, secondo l’art. 6 co.2 D.Lgs. 472/1997, ad es. in caso di incertezza normativa).
- Penale: casi estremi di bonus fittizi oltre 50k €/anno possono sfociare in parallelo in un procedimento penale per indebita compensazione o truffa. In tal caso occorre coordinare la difesa tributaria con quella penale.
Fatte queste premesse, passiamo alla difesa del contribuente: quali strumenti ha chi si vede recapitare un accertamento sui bonus casa, e come impostare una strategia vincente.
Strategie di difesa del contribuente: come reagire alle contestazioni
Dal punto di vista di un contribuente (debitore) che riceve una contestazione sul Sismabonus (o altro bonus casa) esistono diverse strategie difensive. È utile distinguere la fase pre-contenziosa (quando siamo ancora al controllo, prima che l’atto diventi definitivo) dalla fase contenziosa (dopo la notifica dell’atto impositivo).
Prima della notifica dell’accertamento: cooperazione e autotutela
Se ci si trova ancora nella fase di controllo (lettere di irregolarità, inviti a comparire, PVC), l’obiettivo è evitare che si arrivi all’accertamento formale. Come già detto, fornire subito i documenti e le spiegazioni può risolvere molti casi . Oltre a ciò, se il funzionario risulta intransigente su un aspetto formale, è utile citare la prassi o la giurisprudenza favorevole: ad esempio, segnalare che la Circ. Ag. Entrate 17/E/2023 stessa ammette la sanatoria per il bonifico errato , oppure produrre copia di una sentenza di Cassazione pertinente (come quella che afferma la non decadenza per l’omessa comunicazione ENEA ).
Un’altra strada, se si ravvisa che l’ufficio è in errore o non ha considerato elementi a vostro favore, è presentare un’istanza di autotutela prima che l’accertamento venga emesso. L’autotutela è la richiesta all’amministrazione di correggere o annullare il provvedimento (in questo caso, la possibile emissione dell’atto) per errori palesi o elementi nuovi. In fase pre-emissione, è informale: si può scrivere all’ufficio una memoria evidenziando che, ad esempio, “la detrazione non può essere revocata perché l’immobile aveva solo difformità minori poi sanate, come da sanatoria in allegato, in base alla Circ. 17/E”, oppure “la contestazione sulla mancata asseverazione sismica è superata dall’avvenuta remissione in bonis ex DL 11/2023, come documentato”. Se le argomentazioni sono solide, l’ufficio potrebbe decidere di non procedere con l’accertamento o di limitarne l’oggetto. L’autotutela, va ricordato, è discrezionale per l’amministrazione: non sospende i termini né garantisce l’annullamento, ma tentarla con buoni argomenti a volte porta a un archivio della pratica.
Dopo la notifica: adesione, ricorso e altri strumenti
Una volta notificato l’avviso di accertamento o l’atto di recupero, il contribuente ha generalmente 60 giorni di tempo per reagire (il termine è perentorio). Le opzioni principali a questo punto sono:
- Accertamento con adesione: è uno strumento deflattivo del contenzioso. Entro 60 giorni dal ricevimento dell’atto, il contribuente può presentare un’istanza di adesione all’ufficio, chiedendo un incontro per discutere e definire la questione in via amministrativa. La presentazione dell’istanza sospende il termine per fare ricorso per un periodo di 90 giorni . Durante l’adesione si avvia una trattativa con l’Agenzia: si espongono le proprie ragioni e si può cercare un compromesso. Nel caso di bonus edilizi, spesso l’adesione si traduce in una riduzione delle sanzioni e, talvolta, in un riconoscimento parziale del bonus. Ad esempio, se erano contestati €20.000 di detrazioni, l’ufficio potrebbe concordare di recuperarne solo €10.000 se emergono elementi a favore del contribuente, o se c’è incertezza, applicando sanzioni ridotte di 1/3 sul dovuto . L’adesione conviene quando la posizione del contribuente è effettivamente debole in giudizio e si vuole “limitare il danno” . Vantaggi: sanzioni ridotte a un terzo (30% diventa 10%, 100% diventa ~33%) ; nessuna spesa di giudizio; definizione rapida. Svantaggi: bisogna comunque pagare l’imposta contestata (il Fisco difficilmente rinuncia al principio del recupero, offre sconti solo sulle penalità) . Inoltre, con l’adesione si “chiude” la questione senza possibilità di appello: occorre essere sicuri di voler rinunciare al contenzioso prima di firmare l’accordo. In materia di Sismabonus, l’adesione potrebbe essere utile ad es. se c’è un abuso edilizio insanabile: difficile ottenere ragione dal giudice in tal caso, meglio puntare a togliere le sanzioni via adesione .
- Ricorso alle Corti di Giustizia Tributaria: se si ritiene l’accertamento infondato (in toto o in parte) o viziato da errori di forma, si può proporre ricorso al giudice tributario (Corte di Giustizia Tributaria di primo grado, ex Commissione Tributaria Provinciale) entro 60 giorni. Come detto, se si è tentata l’adesione, il termine di ricorso è sospeso per massimo 90 giorni e riprende a decorrere dall’eventuale mancato accordo. Nel ricorso occorre articolare i motivi di opposizione all’atto impugnato, contestando sia gli aspetti procedurali sia il merito della pretesa . Ad esempio, motivi tipici di ricorso in queste materie:
- Errata qualificazione del credito: sostenere che l’Ufficio ha sbagliato a considerare “inesistente” un credito che era semmai “non spettante”, con conseguente decadenza dell’accertamento se oltre i termini brevi .
- Decadenza dei termini: eccepire che l’avviso è tardivo (oltre il 5° o 8° anno) e va annullato per decadenza.
- Mancata valutazione di sanatorie: es. l’atto disconosce il bonus per difformità edilizia, ma si produce prova che è stata rilasciata sanatoria prima dell’accertamento – dunque il bonus spettava in base alla Circ. 17/E/23.
- Omessa considerazione di documenti: se avevate fornito in fase precontenziosa documenti che l’Ufficio finge di ignorare.
- Violazione di legge sostanziale: es. l’ufficio applica retroattivamente una norma sfavorevole entrata in vigore dopo (principio di irretroattività); oppure contesta formalità che la legge non prevede a pena di decadenza.
- Vizi procedurali: omesso contraddittorio obbligatorio, difetto di motivazione dell’atto, errore nell’individuare il destinatario, ecc.
Nel ricorso si devono allegare le prove a proprio favore (contratti, fatture, bonifici, foto dei lavori, certificati, perizie, ecc.) perché, davanti al giudice tributario, in linea di massima il contribuente ha l’onere di dimostrare il diritto all’agevolazione . Essendo una agevolazione fiscale, chi la invoca deve provarne i presupposti (principio generale). Ciò significa ad esempio: provare che i lavori sono stati effettuati (contratti d’appalto, stati di avanzamento, foto prima/dopo, collaudi), che i pagamenti sono avvenuti regolarmente, che l’immobile aveva i requisiti (mostrare il titolo edilizio, la visura catastale per categoria corretta, ecc.). L’Agenzia, dal canto suo, dovrà provare eventuali contestazioni di falsità o frode: se sostiene che i lavori in realtà non sono mai stati eseguiti (operazione solo cartolare), deve portare elementi concreti a supporto, altrimenti le fatture e i bonifici del contribuente fanno presumere che i lavori ci siano stati . In altre parole, nei casi di contestazioni puramente formali è il contribuente a dover provare di aver adempiuto correttamente; nei casi di contestazioni di fraudolenza, è il Fisco a dover dimostrare il carattere fittizio delle operazioni.
Davanti al giudice è fondamentale richiamare i precedenti giurisprudenziali favorevoli . Ad esempio, allegare e citare le sentenze di Cassazione che affermano principi utili al caso: Cass. 12426/2025 su ENEA (nessuna decadenza) , Cass. 18768/2025 sul bonifico (in quel caso sfavorevole, ma distinguere se il vostro pagamento era comunque tracciato) , Cass. SS.UU. 34419/2023 su termini accertamento, Cass. 8500/2021 SS.UU. sul criterio di imputazione delle detrazioni per anno di spesa , eventuali Cass. 25812/2019 su requisiti soggettivi (eredi), ecc. Le massime di legittimità hanno un forte peso persuasivo. Si possono citare anche Circolari e Risoluzioni dell’Agenzia Entrate stessa – se favorevoli – perché in teoria impegnano l’amministrazione alla coerenza interpretativa . Nel nostro caso, ad esempio, citare la Circ. 17/E/2023 che ammette la sanatoria del bonifico o la non decadenza per difformità sanabili è utile a sostenere che persino la prassi ministeriale dà ragione al contribuente.
Procedura del ricorso: va notificato all’Agenzia (a mezzo PEC o raccomandata) e poi depositato presso la Corte tributaria, preferibilmente tramite il Processo Tributario Telematico (PTT). Dal 2023, le Commissioni Tributarie sono denominate Corti di Giustizia Tributaria e sono previsti giudici monocratici per le liti fino a €3.000. Inoltre, la riforma ha introdotto che se il contribuente vince in primo grado, l’Agenzia deve rimborsargli le spese e non può pretendere il pagamento provvisorio in pendenza di appello . Ciò rafforza la posizione del contribuente vittorioso almeno in primo grado.
- Sospensione della riscossione: se l’importo accertato è elevato e il contribuente fa ricorso, può chiedere al giudice una sospensione dell’esecuzione dell’atto, dimostrando sia il fumus boni iuris (ragioni fondate del ricorso) sia il periculum (danno grave e irreparabile dal pagamento immediato). La sospensione evita che, durante il processo, il contribuente subisca iscrizioni a ruolo o pignoramenti. Per importi derivanti da bonus, spesso il periculum sussiste per via delle cifre ingenti; quanto al fumus, basta evidenziare uno dei motivi di ricorso robusti (es. rischio di decadenza dei termini, interpretazione controversa delle norme, ecc.).
- Reclamo/Mediazione obbligatoria: va ricordato che per le liti di valore fino a €50.000 è prevista la fase di reclamo-mediazione (art. 17-bis D.Lgs. 546/92): prima che la causa venga esaminata dal giudice, l’ufficio valuta il reclamo e può proporre una mediazione (riduzione delle sanzioni o dell’importo). Spesso, comunque, nelle contestazioni su bonus edilizi di solito il valore supera tale soglia, ma se così non fosse, è un’ulteriore opportunità di definizione.
In alternativa (o in parallelo) al ricorso, ci sono altri strumenti post-accertamento da considerare:
- Acquiescenza agevolata: se non si intende litigare, pagando entro 60 giorni dall’avviso si ottiene la sanzione ridotta ad 1/3 (simile all’adesione, ma senza trattativa) e si chiude la partita. A volte, in concomitanza con norme di “tregua fiscale”, possono essere concesse ulteriori riduzioni (es. sanatorie speciali previste da leggi di bilancio).
- Definizioni liti pendenti: va tenuto presente se il legislatore introduce, come talvolta accade, sanatorie per le cause tributarie pendenti (nel 2023 ad esempio c’è stata la possibilità di definire le liti con sconti su sanzioni e interessi). Un contribuente in contenzioso sul bonus potrebbe valutare tali opportunità se disponibili.
- Transazione o conciliazione giudiziale: anche dopo aver fatto ricorso, è possibile in ogni stato del giudizio tentare una conciliazione con l’Agenzia, con reciproche concessioni (in appello si parla di conciliazione giudiziale). Ciò può portare a un abbattimento delle sanzioni e a chiudere la causa con una sentenza di cessata materia del contendere.
In sintesi, la difesa post-accertamento richiede di:
- Valutare la forza delle proprie ragioni: se sono solide, propendere per il ricorso; se ci sono effettive irregolarità insanabili, considerare adesione o accordi per ridurre danni.
- Prestare attenzione ai termini: 60 giorni per ricorso o adesione; non perderli.
- Redigere atti ben motivati, citando leggi (anche europee se del caso), prassi e sentenze rilevanti.
- Eventualmente, farsi assistere da un avvocato tributarista o da un commercialista esperto di contenzioso, data la tecnicità della materia (soprattutto per importi rilevanti, dove un errore procedurale può compromettere il diritto di difesa).
Giurisprudenza recente in materia di bonus edilizi contestati
La giurisprudenza – specialmente della Corte di Cassazione – ha avuto un ruolo cruciale nel definire i confini delle contestazioni sui bonus casa. Vediamo alcune pronunce chiave (aggiornate al 2024-2025) che possono essere invocate in sede difensiva o che chiariscono punti controversi:
- Cass. SS.UU. 8500/2021: sebbene riguardi un diverso credito d’imposta (bonus ricerca), le Sezioni Unite hanno affermato un principio generale: nelle detrazioni/crediti pluriennali, la verifica della spettanza va riferita all’anno di maturazione della spesa, ma l’eventuale utilizzo indebito può essere contestato nei singoli periodi d’imposta . Questo ha implicazioni sul termine di decadenza: le quote annuali di detrazione non aprono autonomi termini decennali, ma si guarda all’origine del credito. Principio poi ripreso per i bonus edilizi.
- Cass. SS.UU. 34419 e 34452/2023 (11 dicembre 2023): queste sentenze gemelle delle Sezioni Unite hanno colmato un vuoto definitorio distinguendo tra crediti non spettanti e crediti inesistenti, come già accennato. Hanno stabilito i requisiti cumulativi per qualificare un credito come “inesistente”: a) mancanza dei presupposti costitutivi previsti dalla legge (credito artificioso o già estinto), e b) non riscontrabilità dell’inesistenza tramite controlli automatizzati o formali . Se manca il (a) ma la difformità sarebbe emersa da controlli formali, allora è non spettante . Hanno quindi indicato gli 8 anni per inesistenti e 5 per non spettanti. Queste pronunce sono fondamentali da citare se la disputa verte sul termine applicabile o sulla natura della violazione.
- Cass. 25848/2022: ha affermato che il mancato invio della comunicazione ENEA per l’ecobonus non comporta la perdita del diritto alla detrazione, confermando un orientamento già espresso nel 2020. La motivazione è che l’obbligo ENEA ha finalità statistiche e nessuna norma prevede espressamente la decadenza per l’omissione. Questo orientamento è stato poi ribadito nelle più recenti pronunce del 2024-25 seguenti.
- Cass. 7657/2024: in questa sentenza la Suprema Corte ha espressamente dichiarato che il termine di 90 giorni per la comunicazione all’ENEA non è perentorio, poiché la comunicazione ha scopi meramente conoscitivi. Dunque, anche un invio tardivo o omesso non incide sul diritto all’ecobonus . Viene così superata la precedente impostazione rigida di certa giurisprudenza di merito.
- Cass. 12422/2025 e 12426/2025 (ord. depositate il 10 maggio 2025): con queste due decisioni ravvicinate la Cassazione ha consolidato definitivamente l’orientamento pro-contribuente sulla comunicazione ENEA. Ha spiegato che tale adempimento serve a monitorare il risparmio energetico ottenuto dagli interventi, ma non è un requisito costitutivo del diritto alla detrazione . Pertanto, eventuali omissioni o ritardi nella trasmissione all’ENEA non determinano la perdita dell’agevolazione ecobonus . Queste ordinanze sono molto importanti da menzionare se l’Agenzia contesta ancora la mancata comunicazione come motivo di revoca (evenienza ormai rara dopo queste pronunce, ma possibile in atti emessi precedentemente).
- Cass. 18768/2025 (ordinanza): caso riguardante pagamenti in contanti di spese portate in detrazione. La Corte ha confermato l’orientamento rigoroso per cui l’agevolazione fiscale non spetta se il pagamento non avviene nelle forme tracciate prescritte (bonifico parlante o simili) . In particolare, in questo giudizio un contribuente aveva pagato parte dei lavori in contanti (o comunque senza bonifico) e sosteneva che l’effettiva esecuzione dei lavori fosse provata e dovesse prevalere. La Cassazione ha invece affermato che il rispetto delle modalità di pagamento è condizione legale per la detrazione, quindi la sua omissione comporta il legittimo recupero dell’imposta . Ciò sottolinea come i giudici supremi, se da un lato accettano la sanabilità di alcuni vizi formali (ENEA), dall’altro su altri (pagamenti) restano intransigenti. Tuttavia, questa pronuncia riguardava pagamenti addirittura in contanti . In situazioni meno estreme – ad es. pagamento con assegno bancario non trasferibile – alcuni giudici di merito hanno dato ragione al contribuente ritenendo sufficiente la tracciabilità e buona fede (specie se l’impresa ha incassato e dichiarato quelle somme) . Quindi, la difesa potrebbe comunque distinguere il proprio caso se il pagamento è avvenuto con mezzi comunque rintracciabili (assegno, bonifico ordinario).
- Cass. 29164/2019: interessante sentenza su un tema particolare, ovvero i lavori “fai da te”. Ha stabilito che se un contribuente esegue in proprio dei lavori (acquistando materiali), le spese per i materiali sono detraibili solo se pagate con bonifico parlante al venditore. Se invece acquista materiali pagando in contanti o con carta, queste spese non possono essere portate in detrazione perché manca l’uso del bonifico dedicato . La Cassazione sottolineò la necessità del bonifico parlante anche verso i rivenditori di materiali, non solo verso imprese esecutrici, per avere la ritenuta d’acconto e la tracciabilità. Questo per dire che anche chi fa lavori in economia deve comunque rispettare le regole di pagamento se vuole il bonus.
- Cass. 3680/2022: ha ammesso, in favore del contribuente, che una lieve difformità tecnica rispetto ai requisiti non comporti necessariamente la perdita totale del bonus. Nel caso, un isolamento termico non raggiungeva di poco il parametro di legge per l’ecobonus. La Corte ha ritenuto che, se l’intervento comunque rientra tra quelli agevolabili come ristrutturazione ordinaria, il contribuente possa semmai fruire della detrazione minore (es. 50%) invece di perderla completamente . Questo apre alla possibilità, in casi borderline, di chiedere in via subordinata che venga riconosciuto almeno il bonus “base” (ristrutturazione 50%) qualora il bonus specifico maggiore (ecobonus 65% o sismabonus 80%) venga negato per questioni tecniche. Ovviamente non è un automatismo previsto dalla legge, ma in equità alcuni giudici di merito l’hanno concesso.
- CTR Lombardia n. 944/2021: caso di omessa comunicazione ASL. La Commissione Regionale rigettò l’appello del contribuente, confermando la decadenza dal bonus ristrutturazioni 50% per la mancata notifica preliminare ASL, ritenendo che la normativa sulla sicurezza cantieri fosse chiara e non derogabile. È un precedente sfavorevole, che avvalora quanto dice l’Agenzia (irretrievabilità di quell’omissione).
- Cass. Penale, sez. III, n. 9075/2022: sul fronte penale, questa sentenza ha affermato che il cessionario di un credito d’imposta inesistente, anche se in buona fede, non può evitare le conseguenze negative. In particolare, ha escluso che la buona fede “convalidi” un credito inesistente . In pratica, se un contribuente acquista da terzi un credito edilizio che in realtà era fittizio, quel credito va eliminato e chi lo ha utilizzato deve restituire quanto compensato, a prescindere dalla sua buona fede . Però, dopo questa pronuncia, il legislatore è intervenuto (DL 11/2023, conv. L. 38/2023) limitando la responsabilità solidale del cessionario: oggi, chi ha acquistato un credito edilizio poi rivelatosi inesistente non subisce la sanzione del 100% se prova di aver agito con diligenza, senza dolo o colpa grave . Resta la perdita del credito stesso (deve restituire l’importo indebitamente compensato), ma può evitare sanzioni amministrative e penali dimostrando di aver verificato la documentazione a supporto del credito (visto di conformità, attestazioni, ecc.). Questo aspetto è importante per gli imprenditori o altri soggetti che hanno comprato crediti: in caso di accertamento, la linea di difesa sarà evidenziare la propria buona fede e chiedere di essere esentati da sanzioni (come peraltro previsto dall’art. 14, c.1, DL 50/2022 per i cessionari non colposi).
La panoramica giurisprudenziale mostra come alcuni orientamenti siano oramai consolidati (ENEA, termini accertamento) mentre altri aspetti sono ancora rigidi (ASL, tracciabilità pagamenti). La difesa del contribuente dovrà dunque far leva sulle sentenze positive e nel contempo conoscere quelle negative per anticipare le tesi avverse e provare a distinguerne il caso. Spesso la partita in giudizio si gioca citando correttamente un principio affermato in Cassazione a proprio favore: molti giudici tributari di merito ne tengono conto e si allineano.
Casi pratici: simulazioni di contestazioni e possibili esiti
Per dare un taglio concreto, proponiamo alcune simulazioni pratiche di situazioni comuni in cui l’Agenzia contesta un bonus casa e vediamo come ci si può difendere e quale potrebbe essere l’esito, sulla base delle norme e dei precedenti visti.
Caso 1: Pagamento non con bonifico parlante. Mario ha effettuato lavori antisismici (Sismabonus 50%) pagando l’impresa con assegni bancari perché, a suo dire, la ditta non voleva attendere i tempi di accredito del bonifico speciale. In dichiarazione Mario ha detratto 10.000 €. Nel 2024 l’Agenzia glieli contesta perché i pagamenti non risultano eseguiti con bonifico parlante. Difesa: Mario può produrre copia degli assegni e degli estratti conto, dimostrando che i pagamenti sono tracciati e che la ditta li ha regolarmente incassati. Inoltre, otterrà dalla ditta una dichiarazione sostitutiva in cui l’amministratore attesta che le somme sono state contabilizzate e dichiarate ai fini IVA . In base alla Circolare 17/E/2023, tale documentazione dovrebbe sanare il vizio formale. Mario citerà anche sentenze o risoluzioni che valorizzano la buona fede e la sostanza economica sulla forma. Possibile esito: se il giudice riconosce la sanabilità, potrebbe confermare il diritto alla detrazione (magari con sanzione minima di €250 per violazione formale). Se invece il giudice fosse molto formalista (come Cass. 18768/2025 lo è stata per i contanti), potrebbe dare ragione al Fisco e far decadere il bonus, ma questo appare meno probabile trattandosi di assegno bancario (già Cass. 18768/25 distingueva l’assegno come tracciabile e quindi discutibile) .
Caso 2: Comunicazione ASL non inviata. Carla ha ristrutturato casa con due diverse imprese ma, ignorando l’obbligo, non ha inviato la notifica preliminare all’ASL. Ha detratto 5 anni di bonus ristrutturazione 50%. L’Agenzia accerta il tutto come non spettante. Difesa: purtroppo Carla non ha appigli normativi: l’obbligo ASL è chiaro e non sanabile. Potrebbe puntare su argomenti di equità, ma è difficile. Forse l’unica via è cercare un vizio procedurale (es. accertamento tardivo?) oppure chiedere clemenza sanzionatoria. Possibile esito: molto probabilmente Carla perderebbe il bonus in giudizio; meglio per lei cercare un accordo in adesione per almeno ridurre le sanzioni (da 30% a 10%).
Caso 3: Asseverazione sismica tardiva (remissione in bonis). Luigi avvia lavori antisismici nel 2022 ma il tecnico non presenta il Modello B prima dell’inizio. Nel 2023, grazie al DL 11/2023, Luigi invia tardivamente l’asseverazione e paga 250 € di sanzione. Nel 2025 l’Agenzia gli contesta comunque il Sismabonus 70% fruito, magari perché la comunicazione tardiva è avvenuta dopo la cessione del credito. Difesa: Luigi esibirà la ricevuta dell’asseverazione depositata e il modello F24 della sanzione pagata, sostenendo che ha validamente remediato all’omissione in base alla norma sopravvenuta . Se l’Agenzia obietta che la remissione non vale retroattivamente, Luigi argomenterà che la legge di conversione 38/2023 è entrata in vigore prima che il suo controllo fosse concluso, quindi applicabile pro futuro agli anni non definitivi, e comunque invocabile in virtù del principio di favor rei (trattandosi di sanzione). Esito: presumibilmente favorevole al contribuente; le Commissioni hanno iniziato a recepire la remissione in bonis estesa al sismabonus, quindi Luigi dovrebbe conservare il bonus.
Caso 4: Abuso edilizio parziale. Un condominio ha ottenuto il Superbonus 110% per consolidamento antisismico e efficientamento. Dopo, emerge che sul lastrico vi era una veranda abusiva non condonata. L’Agenzia contesta l’intero bonus per “immobile con abuso”. Difesa: il condominio evidenzierà che l’abuso (veranda) è del tutto estraneo alle parti strutturali oggetto di intervento e che si tratta di opera eventualmente rimovibile. In base alla prassi (Circ. 17/E) e ad alcune sentenze di merito, solo gli abusi sostanziali e non rimovibili precludono i bonus , mentre piccole irregolarità urbanistiche tollerabili o sanabili no. Se nel frattempo la veranda è stata demolita o sanata, lo si documenterà. Esito: incerto ma con buone chance di mantenere il bonus. L’Agenzia spesso in primo grado è inflessibile (“tolleranza zero” verso ogni abuso), ma in appello o Cassazione il contribuente potrebbe spuntarla se dimostra che l’intervento agevolato rispettava comunque la normativa e l’abuso era periferico. Possibile esito intermedio: mantenimento del bonus per la quota parte riferita alle unità prive di abuso, e perdita per l’unità dove insisteva l’abuso (soluzione equitativa talora adottata).
Caso 5: Cessione del credito fraudolenta e cessionario in buona fede. La ditta Alfa ha finto lavori mai eseguiti e ha generato falsi crediti Sismabonus, che il contribuente Beta (estraneo) ha acquistato tramite una piattaforma. L’Agenzia scopre la frode e annulla i crediti, recuperandoli da Beta. Difesa (Beta): Beta insiste di essere acquirente in buona fede, presentando il visto di conformità e i documenti che gli erano stati forniti (poi risultati falsi). Chiede di non essere sanzionato né perseguito penalmente, ai sensi dell’art. 14 DL 50/2022, avendo agito senza colpa grave. Esito: Beta dovrà comunque restituire il credito utilizzato (perché il credito era fittizio e va espunto ), ma con buona probabilità potrà evitare il 100% di sanzione se prova la diligenza (come da nuove norme). Inoltre, penalmente verrà prosciolto se non ha concorso nella frode. Resta per lui la possibilità di rivalersi civilmente contro chi gli ha venduto il credito inesistente, ma spesso questi soggetti risultano nullatenenti o falliti.
Questi esempi pratici mostrano come ogni situazione abbia peculiarità: la difesa va calibrata sui fatti concreti, sfruttando ogni spiraglio normativo o giurisprudenziale. Il punto di vista del contribuente deve essere quello di chi cerca di dimostrare la propria buona fede e il rispetto sostanziale della legge, evidenziando errori dell’Ufficio se presenti. Nei casi dove il contribuente è invece in fallo (errori gravi), la strategia migliore è contenere i danni (adesione, accordi).
Modelli di atti difensivi (fac-simili)
Di seguito forniamo uno schema indicativo di come potrebbe essere strutturato un ricorso tributario avverso un atto di recupero del Sismabonus e una possibile istanza di autotutela da presentare all’Agenzia. Ovviamente vanno adattati al caso specifico, ma servono da riferimento:
Fac-simile Ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria (primo grado):
Ricorrente: Sig. XXX (C.F. …), residente in …, elettivamente domiciliato presso lo Studio … (codice destinatario PEC …), rappresentato e difeso dall’Avv. … (C.F. …), come da procura in calce.
Resistente: Agenzia delle Entrate, Ufficio di …
Oggetto: Ricorso ex art. 18 D.Lgs. 546/92 avverso Atto di Recupero Credito d’Imposta n. … notificato in data …
***Fatti:***
– Il ricorrente ha eseguito interventi di miglioramento sismico sull’immobile sito in …, ottenendo i benefici fiscali del Sismabonus (detrazione 70%) per le spese sostenute negli anni … (documentate dalle fatture allegate).
– In data … l’Agenzia delle Entrate notificava l’atto impugnato, contestando che la detrazione sarebbe “non spettante” in quanto … [esporre sinteticamente la motivazione dell’Ufficio, ad es. “non sarebbe stata presentata l’asseverazione nei termini” oppure “l’immobile presentava difformità edilizie”].
– Si premette che tale provvedimento è illegittimo e infondato, per i motivi di seguito illustrati.
***Motivi di ricorso:***
1. **Violazione di legge – insussistenza dei presupposti per la decadenza dal beneficio.** L’atto impugnato è emanato in palese violazione dell’art. … [indicare norme rilevanti]. In particolare l’Ufficio ha ritenuto decaduto il diritto alla detrazione per … [es. omessa asseverazione], quando invece tale omissione risulta sanata mediante remissione in bonis ex art. … DL 11/2023, come da documentazione prodotta (All. X). La normativa vigente e la prassi (Circolare 17/E/2023) confermano che l’omissione in parola non comporta la perdita dell’agevolazione .
2. **Travisamento dei fatti – spese effettivamente sostenute e intervento conforme.** L’Ufficio assume (implicitamente) che il credito d’imposta sia inesistente, mentre i lavori sono stati realmente eseguiti, come provato da fatture, bonifici e certificato di collaudo (All. Y1-Y3). Ogni ipotesi di inesistenza/frode è smentita: grava peraltro sull’Amministrazione l’onere di provare eventuali fatti simulatori, onere non assolto (cfr. Cass. n. …, All. Z1) .
3. **Errata qualificazione giuridica – termine decadenziale spirato.** L’atto motiva l’intervento oltre il quinto anno evocando la nozione di “credito inesistente”. Tuttavia, nel caso di specie, il credito è semmai “non spettante” poiché l’asserita irregolarità (difetto di titolo edilizio) era rilevabile dagli atti e non frutto di artificio occulto. Ne consegue che l’accertamento doveva avvenire entro il 5° anno successivo all’utilizzo (dichiarazione 2018), termine ormai decorso (Cass. SS.UU. 34419/2023) . L’odierno atto è quindi tardivo e **decaduto**.
4. **Violazione del diritto di difesa – omesso contraddittorio endoprocedimentale.** L’Ufficio non ha attivato il contraddittorio preventivo obbligatorio (art. 5-ter D.Lgs. 218/97, Statuto contrib.), precludendo al ricorrente di chiarire la propria posizione prima dell’emissione dell’avviso. Tale omissione, non ricorrendo motivi di urgenza, integra un vizio procedimentale che ha inciso sulla legittimità dell’atto (cfr. Cass. …).
[… altri motivi eventualmente …]
***Provvedimenti richiesti:***
Alla luce di tutto quanto sopra esposto, il Sig. XXX chiede:
– In via principale, l’annullamento totale dell’atto impugnato perché emesso in violazione di legge e oltre i termini decadenziali, con conseguente riconoscimento del diritto del ricorrente alla detrazione fiscale per l’intero importo.
– In via subordinata, qualora fosse rilevata solo una parziale difformità, disporre l’annullamento parziale del recupero, riconoscendo al ricorrente quantomeno il diritto alla detrazione nella misura minima del 50% ex art. 16-bis TUIR (considerato che gli interventi realizzati rientrano comunque tra quelli di ristrutturazione edilizia incentivati).
– In ogni caso, la disapplicazione/riduzione delle sanzioni amministrative in ragione della buona fede e dell’incertezza oggettiva sulla portata degli obblighi (art. 6 co.2 D.Lgs. 472/97), come desumibile dalla stessa prassi ministeriale.
– Con vittoria di spese del giudizio.
Si allegano: documenti di cui sopra [elenco allegati].
Luogo, Data.
(firma Avvocato/Contribuente)
Nota: il ricorso va personalizzato: i motivi elencati sono esemplificativi (in un caso reale magari se ne includeranno di più specifici). È importante citare le fonti normative (leggi, circolari) e le sentenze rilevanti a supporto di ogni motivo, come mostrato nell’esempio.
Fac-simile Istanza di Autotutela (pre-accertamento o post-accertamento):
Oggetto: Richiesta di annullamento/revisione in autotutela – Accertamento n. … del …
Il sottoscritto Sig. XXX, C.F. …, in relazione all’atto indicato in oggetto, espone quanto segue.
– In data … ha ricevuto comunicazione/avviso con cui codesto Ufficio contesta la fruizione della detrazione Sismabonus per €…, relativamente all’immobile sito in …, per asserita mancanza dei requisiti (segnatamente, “immobile con difformità edilizie”).
– Si ritiene che il provvedimento in questione sia infondato. Infatti, l’immobile in oggetto, sebbene presentasse una lieve difformità edilizia (una veranda non autorizzata), è stato integralmente regolarizzato mediante pratica di accertamento di conformità rilasciata dal Comune di … in data … (copia allegata). Pertanto, ai sensi dell’art. 49 DPR 380/2001 e della Circolare AE 17/E/2023, la presenza di abusi *sanabili e sanati* **non** comporta decadenza dalle agevolazioni fiscali .
– Inoltre, tutti i lavori antisismici sono stati eseguiti conformemente alle norme tecniche e sono documentati. Si allegano nuovamente le fatture, i bonifici parlanti e l’asseverazione sismica depositata (All.1-5).
– Si evidenzia anche che la Corte di Cassazione ha chiarito come omissioni formali o difformità minori non determinino la perdita del diritto alle detrazioni, laddove l’intervento sia nella sostanza conforme (cfr. Cass. 3680/2022).
– Alla luce di quanto sopra, **si chiede** a codesto spett.le Ufficio, in via di autotutela, di riesaminare la posizione ed annullare/rettificare l’atto impugnato, riconoscendo la spettanza del Sismabonus al sottoscritto. In subordine, qualora si ravvisino comunque irregolarità, si chiede di voler applicare la più lieve sanzione prevista (€250) ex art. 13 D.Lgs. 471/97 come modificato, trattandosi di violazioni di carattere formale successivamente regolarizzate.
Restando a disposizione per eventuale contraddittorio e ulteriori chiarimenti, si porgono distinti saluti.
Firma
Allegati: […]
Questa istanza va inviata all’ufficio che ha emesso l’atto (via PEC o raccomandata). Come si nota, è impostata in modo persuasivo: richiama norme e circolari che l’ufficio stesso dovrebbe applicare, facendo leva sulla possibilità di evitare un contenzioso. Non sempre otterrà l’annullamento, ma può indurre l’ente a riesaminare con più attenzione (specie se l’atto ha evidenti errori di valutazione).
Domande frequenti (FAQ)
D: L’Agenzia delle Entrate può davvero revocare un bonus fiscale dopo molti anni?
R: Sì, può. Per i bonus casa, l’Agenzia ha in generale fino a 5 anni dal momento in cui si è utilizzato il bonus (dichiarazione dei redditi o compensazione) per controllare e contestare eventuali indebiti. Se però ritiene che il credito sia inesistente (fittizio), il termine si estende a 8 anni . Ad esempio, un bonus fruito nel 2018 può essere contestato fino al 31/12/2023 (5° anno) se non spettante, o fino al 31/12/2026 (8° anno) se qualificato come inesistente. Dopo questi limiti, scatta la decadenza e l’accertamento non è più legittimo. In ogni caso, l’accertamento deve essere motivato e impugnabile: il contribuente può difendersi mostrando di aver diritto al bonus.
D: Qual è la differenza tra credito d’imposta “non spettante” e “inesistente”?
R: Un credito non spettante è un bonus/detrazione utilizzato in violazione di qualche regola, ma su presupposti reali. Ad esempio: ho fatto davvero i lavori ma non avevo il titolo edilizio corretto, oppure ho detratto più del massimo consentito. Un credito inesistente, invece, è qualcosa di ancora più grave: o il credito è totalmente fittizio (lavori mai eseguiti, fatture false) oppure manca dei requisiti essenziali previsti dalla legge ed è frutto di artifici non rilevabili a un controllo automatizzato . La distinzione è importante perché: – per il “non spettante” si applicano i termini brevi (5 anni) e la sanzione del 25-30% ; – per l’“inesistente” termini lunghi (8 anni) e sanzione più pesante (70% post-riforma, era 100-200%) . Esempi: omettere la comunicazione ENEA rende il bonus formalmente non spettante ma certamente non inesistente (spesa reale, violazione formale); cedere crediti per lavori mai iniziati configura crediti inesistenti (frode). In sede difensiva, spesso il contribuente cercherà di far ricadere il proprio caso nella categoria del “non spettante” per eccepire decadenza e ridurre sanzioni .
D: Ho dimenticato di inviare la comunicazione ENEA per l’ecobonus: perderò la detrazione?
R: No, non la perdi. La giurisprudenza ha affermato chiaramente che la comunicazione all’ENEA non è un requisito obbligatorio per il diritto all’ecobonus . Serve solo a fini statistici e monitoraggio, quindi la detrazione non decade se ti scordi di inviarla nei 90 giorni. Puoi comunque rimediare inviandola tardivamente attraverso la remissione in bonis (invia la comunicazione il prima possibile e paga 250 € di sanzione) . In caso di contestazione da parte di funzionari non aggiornati, nel ricorso citerai le ordinanze Cass. 12422/2025 e 12426/2025 che confermano l’irrilevanza ai fini del bonus .
D: Non ho presentato in tempo l’asseverazione sismica (Modello B). Posso fare qualcosa?
R: Sì. Dal 2023 è stata introdotta la possibilità di sanare l’omessa presentazione dell’asseverazione di riduzione rischio sismico tramite remissione in bonis (art. 2-ter DL 11/2023) . In pratica, se il tecnico non aveva depositato l’asseverazione prima dei lavori, puoi presentarla adesso (purché lo fai entro la data di presentazione della dichiarazione dei redditi in cui utilizzi il bonus per la prima volta) e pagare 250 €. Questo rende il Sismabonus comunque valido . Importante: se hai optato per lo sconto in fattura/cessione, la remissione va fatta prima di comunicare l’opzione all’Agenzia . Quindi chi cedeva il credito doveva sanare prima della comunicazione di cessione. In sintesi, oggi il danno dell’asseverazione tardiva è riparabile; se l’Agenzia te lo contesta e tu hai fatto remissione, la contestazione è infondata e va annullata.
D: L’Agenzia contesta il bonus perché in casa c’era un abuso edilizio. È giusto?
R: Dipende dal tipo di abuso. La legge esclude i bonus per opere eseguite in assenza di titolo o in difformità sostanziale dallo stesso (art. 49 DPR 380/2001) . Ciò significa che se l’immobile ha abusi non sanabili e i lavori sono stati fatti comunque, il Fisco può revocare l’agevolazione. Invece, se l’abuso era sanabile (es. una difformità minore) e hai ottenuto la sanatoria, allora la detrazione spetta, perché l’immobile è stato regolarizzato . Anche piccoli abusi non incidenti sugli interventi (es. veranda non autorizzata in un’altra parte della casa) potrebbero non giustificare la perdita del bonus, soprattutto se rimossi o sanati prima del controllo. In sede difensiva, si farà leva sulla distinzione tra abuso totale (che è dirimente) e difformità parziale (non preclusiva secondo la circ. 17/E/23). Spesso l’Agenzia in prima battuta è rigida e nega il bonus anche per irregolarità minime, ma i giudici talvolta danno ragione al contribuente in presenza di sanatorie.
D: Che succede se ho pagato i lavori in contanti o senza bonifico parlante?
R: L’uso del bonifico parlante (bancario/postale con causale specifica) è espressamente richiesto per Bonus ristrutturazione, Ecobonus, Sismabonus, ecc. Se hai pagato in contanti, purtroppo la detrazione ti verrà negata: la Cassazione ha stabilito che la tracciabilità è un requisito imprescindibile e il pagamento cash non permette di fruire del bonus . Se invece hai usato un mezzo tracciabile ma non conforme (es. bonifico ordinario, assegno, carta di credito), hai violato la regola formale ma c’è un correttivo: l’Agenzia accetta, per non farti perdere il bonus, una dichiarazione dell’impresa che attesti di aver incassato e contabilizzato regolarmente quei pagamenti . Quindi, in caso di verifica, dovresti fornire questa dichiarazione. Se già in passato hai detratto e ora temi un controllo, puoi tuttora farti rilasciare quella dichiarazione e conservarla. In giudizio, diverse sentenze hanno mostrato apertura nel considerare valide le spese pagate con mezzi tracciabili alternativi, specie se si dimostra l’onestà dell’impresa. Comunque la via più sicura è sempre pagare con bonifico parlante per evitare contese.
D: L’accertamento del Fisco è pieno di errori: posso farli valere?
R: Assolutamente sì. Devi leggere con attenzione l’atto: se noti errori materiali (importi sbagliati, riferimenti normativi errati, ecc.) o vizi di procedura (mancato contraddittorio, notifica fuori termine, difetto di motivazione), inseriscili come motivi nel ricorso. Ad esempio, se l’ufficio ha ignorato documenti che avevi fornito, sottolinealo (violazione dell’obbligo di valutazione); se ha notificato oltre i termini, eccepisci la decadenza; se non ha mai inviato l’invito a comparire obbligatorio, evidenzialo. I vizi formali/procedurali possono portare all’annullamento dell’atto a prescindere dal merito. La difesa ideale unisce motivi di merito (avevo diritto al bonus) e motivi formali (l’atto è nullo per vizi). Ricorda però: errori banali dell’ufficio (es. un anno indicato male) possono talvolta essere considerati non invalidanti se non ledono i tuoi diritti di difesa. Concentrati su quelli sostanziali.
D: In caso di soccombenza devo restituire tutto in un’unica soluzione?
R: Se perdi in giudizio (dopo appello e Cassazione, quindi decisione definitiva) dovrai pagare l’imposta non versata + interessi + sanzioni. Normalmente l’Agenzia iscrive a ruolo e affida a Agenzia Riscossione (ex Equitalia) la riscossione coattiva. Tuttavia hai diritto a chiedere la rateizzazione della cartella (fino a 72 rate mensili, o 120 rate in casi di grave difficoltà). Inoltre, spesso quando finisce un contenzioso tributario l’importo può essere già lievitato con interessi di mora: prima si definisce meglio è. In alcuni casi, se perdi in primo grado ma fai appello, devi pagare una parte (di solito 1/3) subito, salvo sospensive – ma dal 2023 se hai vinto in primo grado, non devi pagare nulla in attesa dell’appello (l’onere è stato tolto con la riforma del processo tributario) .
D: Ho acquistato un credito (es. Superbonus) e adesso dicono che era inesistente. Cosa rischio?
R: Se sei un cessionario di un credito edilizio, la legge attuale (dopo DL 11/2023) prevede che sei responsabile in solido con il cedente solo se vieni riconosciuto colpevole di dolo o colpa grave nella verifica del credito . In pratica, se hai comprato il credito in buona fede, da una banca o impresa affidabile, e con tutta la documentazione in regola (visto, asseverazioni, etc.), non dovresti subire sanzioni amministrative del 100%. Tuttavia, se il credito originario era fraudolento o non spettante, l’Agenzia annullerà il credito: tu perderai quel credito (non potrai usarlo in compensazione, o dovrai restituire quanto compensato) , perché un credito inesistente non può circolare. Potrai eventualmente rivalerti sul cedente. La buona fede ti serve per evitare la sanzione e soprattutto per evitare guai penali (se eri inconsapevole, non c’è reato per te). Quindi il rischio concreto per un acquirente in buona fede è di rimetterci economicamente l’importo del credito acquistato, ma senza ulteriori pene. Viceversa, un acquirente che ha chiuso un occhio su evidenti irregolarità potrebbe essere ritenuto corresponsabile (colpa grave) e subire anch’egli sanzioni piene e denunce. In sintesi: quando compri crediti, diligenza massima nel controllare la filiera.
D: Quali costi devo considerare per difendermi? Ne vale la pena?
R: Difendersi comporta dei costi: se ti affidi a un professionista (consigliato per questioni complesse come queste), dovrai pagare parcella dell’avvocato o commercialista. Ci sono anche il contributo unificato per il ricorso (variabile in base al valore in contestazione) e eventuali spese di perizie tecniche se servono. Tuttavia, se vinci, il giudice può condannare l’Agenzia a rifonderti le spese legali. Viceversa, se perdi, potresti dover pagare le spese all’erario (di solito però contenute). Ne vale la pena quando l’importo contestato è significativo o quando sei convinto di aver ragione: oltre al danno economico c’è un principio di giustizia. Se invece l’importo è modesto, valuta che a volte conviene chiudere in adesione o con pagamento ridotto (tieni presente che sotto €3.000 c’è il giudice monocratico e il processo è semplificato). Un ultimo consiglio: verifica sempre se esistono procedure di definizione agevolata (condono, saldo e stralcio, ecc.) in vigore; potrebbero offrirti una scorciatoia conveniente per chiudere la pendenza senza proseguire la lite.
Conclusioni
Dal punto di vista del contribuente, affrontare un accertamento fiscale sul bonus casa antisismico o affini è una sfida impegnativa, ma non una causa persa in partenza. Come abbiamo visto, esistono numerosi strumenti di difesa e precedenti favorevoli da far valere. La chiave sta nell’analizzare a fondo le ragioni della contestazione e rispondere con fatti, norme e sentenze alla mano. Spesso l’Agenzia delle Entrate tende ad un’interpretazione rigorosa e letterale, ma il diritto tributario – specialmente in tema di agevolazioni – lascia spazi per far prevalere la sostanza sulla forma (lo dimostrano gli orientamenti su ENEA, bonifici, abusi sanati, ecc.). È importante aggiornarsi continuamente, perché le regole evolvono (come la remissione in bonis introdotta nel 2023 per il Sismabonus) e la giurisprudenza pure.
Per i professionisti (avvocati, commercialisti): è essenziale conoscere le ultime circolari dell’Agenzia e le ultime pronunce, per impostare la difesa più efficace. Per i privati e imprenditori: non scoraggiatevi di fronte a un avviso di recupero, ma attivatevi subito consultando un esperto e raccogliendo tutta la documentazione probante. In molti casi, con una difesa ben costruita, si può ottenere l’annullamento totale o parziale dell’accertamento e salvare il beneficio fiscale . E nei casi in cui l’errore c’è stato, si può comunque puntare a ridurre le sanzioni o a ottenere una rateizzazione che renda sostenibile la restituzione.
In conclusione, il punto di vista del contribuente dev’essere assertivo: far valere i propri diritti e la propria buona fede. L’Agenzia delle Entrate può revocare i bonus casa, ma solo entro certi limiti e a certe condizioni – limiti e condizioni che il contribuente informato può far valere a propria tutela. Con le giuste mosse, “difendersi” da un accertamento sul bonus antisismico è possibile e spesso produce risultati positivi, come dimostrano i casi affrontati e vinti in questi ultimi anni.
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👉 Prima regola: dimostra la reale esecuzione degli interventi e la corretta applicazione delle norme tecniche e fiscali.
⚖️ Quando scattano le contestazioni
- Interventi dichiarati antisismici ma non conformi ai requisiti tecnici;
- Mancanza di asseverazione o errori formali nelle certificazioni depositate;
- Utilizzo del bonus per lavori diversi da quelli agevolabili;
- Difformità tra lavori progettati e lavori effettivamente eseguiti;
- Irregolarità nelle comunicazioni all’ENEA o all’Agenzia delle Entrate;
- Cessione del credito o sconto in fattura senza i requisiti di legge.
📌 Conseguenze della contestazione
- Recupero della detrazione indebitamente fruita o del credito ceduto;
- Sanzioni e interessi sulle somme contestate;
- Rischio di responsabilità solidale tra contribuente, professionisti e imprese;
- Possibili denunce per dichiarazioni mendaci in caso di false attestazioni;
- Blocco di successive agevolazioni fiscali.
🔍 Cosa verificare per difendersi
- Gli interventi rientravano realmente tra quelli antisismici agevolabili?
- Sono state rispettate tutte le procedure di asseverazione e comunicazione?
- La documentazione depositata è completa e corretta?
- Il contratto con l’impresa e le fatture riflettono le opere effettivamente realizzate?
- La contestazione si fonda su prove concrete o su semplici presunzioni?
🧾 Documenti utili alla difesa
- Progetto e autorizzazioni edilizie degli interventi;
- Asseverazioni tecniche e certificazioni di conformità;
- Comunicazioni all’ENEA e ricevute di trasmissione;
- Contratti d’appalto, SAL e fatture;
- Copia dei modelli di opzione per cessione del credito o sconto in fattura;
- Eventuali perizie tecniche di parte.
🛠️ Strategie di difesa
- Dimostrare la conformità tecnica e normativa dei lavori eseguiti;
- Contestare la riqualificazione dell’intervento come “non agevolabile” se privo di fondamento;
- Evidenziare la buona fede del contribuente e l’affidamento nelle asseverazioni professionali;
- Eccepire eventuali vizi procedurali o motivazioni insufficienti nell’accertamento;
- Richiedere annullamento in autotutela se la documentazione era già depositata;
- Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro 60 giorni;
- Difesa penale mirata in caso di contestazioni per false attestazioni.
🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
📂 Analizza la documentazione tecnica e fiscale relativa agli interventi;
📌 Valuta la legittimità della contestazione e i margini di difesa;
✍️ Predispone memorie difensive e ricorsi tributari;
⚖️ Ti assiste in giudizio e, se necessario, in procedimenti penali collegati;
🔁 Fornisce consulenza preventiva per la corretta gestione dei bonus edilizi.
🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in contenzioso tributario e bonus edilizi;
✔️ Specializzato in difesa contro contestazioni su agevolazioni fiscali non spettanti;
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Le contestazioni dell’Agenzia delle Entrate sul Bonus Casa Antisismico non sono sempre fondate: spesso derivano da errori formali, interpretazioni restrittive o valutazioni tecniche controverse.
Con una difesa mirata puoi dimostrare la correttezza degli interventi, ridurre o annullare la pretesa fiscale ed evitare pesanti sanzioni.
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