Agenzia Delle Entrate Rileva Spese Mediche Detratte Senza Fattura: Come Difendersi

Hai ricevuto una contestazione dall’Agenzia delle Entrate perché alcune spese mediche detratte in dichiarazione non erano supportate da fattura o documentazione valida? In questi casi, l’Ufficio presume che la detrazione sia stata richiesta in modo indebito e procede al recupero dell’imposta con applicazione di sanzioni e interessi. Tuttavia, non sempre la contestazione è corretta: con una difesa ben strutturata è possibile ridurre o annullare la pretesa fiscale.

Quando l’Agenzia delle Entrate contesta le spese mediche
– Se mancano fatture, ricevute fiscali o scontrini parlanti che attestino la spesa
– Se i documenti prodotti non riportano il codice fiscale del contribuente
– Se le spese non rientrano tra quelle ammesse alla detrazione dalla normativa
– Se vi sono incongruenze tra i dati trasmessi al Sistema Tessera Sanitaria e quelli indicati in dichiarazione
– Se i pagamenti non risultano tracciabili, nei casi in cui la legge lo prevede

Conseguenze della contestazione
– Recupero dell’IRPEF detratta in modo indebito
– Applicazione di sanzioni per dichiarazione infedele
– Interessi di mora sulle somme accertate
– Possibile revisione dell’intera dichiarazione con controlli su altre detrazioni
– Rischio di cartella esattoriale per somme non versate

Come difendersi dalla contestazione
– Produrre fatture, ricevute o scontrini parlanti anche successivamente alla dichiarazione
– Dimostrare la natura medica della spesa con certificati, prescrizioni o attestazioni del professionista sanitario
– Contestare eventuali errori di trasmissione dei dati da parte del Sistema Tessera Sanitaria
– Evidenziare vizi di motivazione, difetti di calcolo o errori formali nell’accertamento
– Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per ottenere l’annullamento totale o parziale della contestazione

Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare la documentazione contestata e i dati della dichiarazione dei redditi
– Verificare la legittimità della contestazione rispetto alla normativa vigente
– Redigere un ricorso fondato su prove documentali e vizi dell’accertamento
– Difendere il contribuente davanti ai giudici tributari contro pretese indebite
– Tutelare il patrimonio personale da richieste fiscali sproporzionate

Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale della contestazione
– La riduzione o eliminazione di sanzioni e interessi non dovuti
– Il riconoscimento della validità delle spese effettivamente sostenute
– La sospensione delle richieste di pagamento già avviate
– La certezza di pagare solo quanto realmente previsto dalla legge

⚠️ Attenzione: le spese mediche possono essere detratte solo se documentate correttamente. È fondamentale conservare sempre fatture, ricevute e scontrini parlanti.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e contenzioso fiscale – spiega come difendersi in caso di contestazioni su spese mediche detratte senza fattura e come tutelare i tuoi diritti.

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Introduzione

Hai indicato in dichiarazione detrazioni per spese sanitarie e ti è arrivata una contestazione dell’Agenzia delle Entrate perché mancano le relative fatture o ricevute? Le detrazioni di spese mediche sono tra le più comuni, ma anche tra le più controllate dal Fisco . Spesso, a seguito di verifiche sulle dichiarazioni dei redditi, l’Agenzia rileva oneri detraibili non spettanti – ad esempio spese mediche dichiarate ma non adeguatamente documentate . In tal caso, l’Amministrazione finanziaria invia al contribuente una comunicazione di irregolarità (il cosiddetto avviso bonario), aprendo un contraddittorio preventivo per chiarire la posizione prima di iscrivere a ruolo le somme .

Scopo di questa guida è offrire un quadro completo – aggiornato ad agosto 2025 – su come difendersi efficacemente quando il Fisco contesta detrazioni per spese sanitarie non documentate. Il taglio è avanzato (adatto sia ad avvocati tributaristi sia a contribuenti evoluti, privati e imprenditori), con linguaggio giuridico ma accessibile . Faremo riferimento alla normativa italiana vigente e alle più recenti novità normative e giurisprudenziali (incluse sentenze aggiornate al 2024-2025), citando fonti autorevoli e pronunce tributarie rilevanti .

Questa guida è arricchita da tabelle riepilogative, esempi pratici e una sezione di Domande & Risposte (FAQ) per chiarire i dubbi più frequenti. Adotteremo l’ottica del debitore, ossia del contribuente a cui il Fisco contesta importi a debito per detrazioni sanitarie non riconosciute, evidenziando gli strumenti di tutela e difesa a sua disposizione .

Nelle sezioni seguenti delineeremo prima il quadro normativo delle detrazioni per spese sanitarie (chi ne ha diritto, in che misura e con quali condizioni documentali). Esamineremo poi i controlli fiscali che possono portare a contestazioni. Successivamente illustreremo le azioni immediate da intraprendere alla ricezione di una contestazione (dalla risposta all’avviso bonario fino all’eventuale ricorso in Commissione/CorTe di Giustizia Tributaria). Approfondiremo quindi le strategie difensive e gli orientamenti della giurisprudenza in materia, presentando anche casi pratici e FAQ per i quesiti più comuni .

Normativa sulle detrazioni fiscali per spese sanitarie

Le spese sanitarie sostenute da persone fisiche possono beneficiare di una detrazione d’imposta ai fini IRPEF, disciplinata dall’art. 15 del TUIR (D.P.R. 917/1986) . In generale, il contribuente può detrarre dall’IRPEF il 19% dell’ammontare delle spese mediche e sanitarie sostenute nell’anno, calcolato sulla parte che eccede una franchigia di €129,11 . In pratica, si sommano tutte le spese sanitarie detraibili e se ne sottrae €129,11; il 19% del risultato costituisce lo sconto d’imposta spettante . La detrazione spetta per le spese sanitarie sostenute dal contribuente per sé stesso o per i familiari fiscalmente a carico .

Quali spese rientrano nella detrazione del 19%? La normativa e la prassi dell’Agenzia delle Entrate delineano un elenco ampio di spese sanitarie detraibili. A titolo esemplificativo: visite mediche generiche e specialistiche (incluse le visite dentistiche), analisi di laboratorio e diagnostica, interventi chirurgici e ricoveri ospedalieri, spese per terapie, acquisto di medicinali (da banco o con ricetta) e di dispositivi medici certificati, spese per protesi sanitarie, occhiali da vista e lenti a contatto, ecc. Rientrano anche le spese per prestazioni di assistenza specifica rese da personale qualificato (es. infermieri, fisioterapisti) a determinate condizioni . Più avanti vedremo nel dettaglio i requisiti documentali per le principali tipologie (cfr. Tabella 1 più sotto).

Va tenuto distinto il regime ordinario di detrazione al 19% da alcune agevolazioni specifiche previste per i disabili ai sensi della legge 104/1992. In particolare, le spese mediche generiche e di assistenza specifica sostenute da persone con grave disabilità sono interamente deducibili dal reddito complessivo (non soggette al limite del 19%) ai sensi dell’art. 10, co.1, lett. b) TUIR . Tali oneri (ad esempio l’assistenza infermieristica domiciliare, spese per operatori qualificati, ecc.) abbattono direttamente il reddito imponibile e non l’imposta, e possono spettare anche se sostenuti per un familiare disabile non fiscalmente a carico (come chiarito dall’Agenzia delle Entrate in circ. 19/E del 2012) . In questa guida ci concentriamo però sulle spese sanitarie “ordinarie” detraibili al 19%, che sono quelle più comunemente oggetto di contestazione fiscale per carenza documentale .

Condizioni generali per la detrazione: per poter usufruire del 19%, devono sussistere alcune condizioni chiave:

  • Effettivo sostenimento della spesa a carico del contribuente: l’onere deve gravare economicamente sul dichiarante (o sul familiare dichiarante). Se la spesa è stata rimborsata da terzi e non resta effettivamente a carico del contribuente, in linea di principio la detrazione non spetta (fa eccezione il caso di rimborsi da assicurazioni pagate dal contribuente stesso, su cui torneremo più avanti) .
  • Collegamento col contribuente o familiari a carico: la spesa deve riguardare prestazioni o beni a beneficio del contribuente medesimo oppure di un suo familiare fiscalmente a carico (coniuge, figli, altri familiari nei limiti di legge) . Ad esempio, un genitore può detrarre le spese mediche sostenute per un figlio minorenne a carico; viceversa, non è detraibile la spesa sostenuta per un familiare non a carico (salvo il caso particolare dei disabili non a carico, ma solo per le spese deducibili ex art. 10 TUIR) . È dunque importante che la documentazione della spesa riporti l’intestazione al contribuente o al familiare che ha sostenuto il costo. Se, ad esempio, una fattura medica è intestata al figlio ma paga il genitore, quest’ultimo – per poter detrarre – dovrebbe annotare sulla fattura l’importo da lui pagato, in modo da collegare chiaramente la spesa al proprio onere . In assenza di tale accorgimento, in sede di controllo formale il Fisco potrebbe eccepire che la fattura è intestata a un soggetto diverso da chi dichiara la detrazione, disconoscendo il beneficio.
  • Documentazione della spesa: il contribuente deve essere in possesso di un idoneo documento fiscale che attesti la spesa sostenuta e la natura sanitaria della stessa. Come vedremo nel prossimo paragrafo, la normativa e la prassi richiedono che la spesa medica sia certificata da fattura, ricevuta fiscale o scontrino parlante (per i farmaci e dispositivi) regolarmente emessi, contenenti tutti i dati necessari . Il difetto di documentazione è proprio il fulcro delle contestazioni fiscali oggetto di questa guida . Pertanto, capire quali documenti servono e come conservarli è fondamentale per prevenire e affrontare eventuali rilievi.

Documentazione necessaria per le spese sanitarie detraibili

Per fruire della detrazione, la legge impone di conservare adeguata documentazione fiscale delle spese sanitarie. In pratica, ogni spesa medica detratta va provata da un documento (fattura, ricevuta o scontrino fiscale) intestato alla persona giusta e contenente le indicazioni richieste. I requisiti variano a seconda del tipo di spesa. La seguente Tabella 1 riepiloga i documenti richiesti e i requisiti chiave per le principali categorie di spese sanitarie:

Tabella 1: Documenti fiscali e requisiti per le principali spese sanitarie

Tipo di spesa sanitariaDocumento richiestoRequisiti chiave (intestazione, contenuto)Pagamento tracciabile?
Visite mediche generiche/specialistiche, esami, terapieFattura o ricevuta fiscale del medico/centroIntestata al paziente (nome o C.F.); descrizione della prestazione; data e importo., se presso privati non SSN (dal 2020).
Interventi chirurgici, ricoveri ospedalieriFattura/ricevuta della clinica/ospedaleIntestazione al paziente; indicazione dell’intervento/ricovero; importo (distinguendo oneri sanitari da eventuali comfort)., se clinica privata non accreditata SSN; No se ticket SSN.
Farmaci e medicinali (anche da banco)Scontrino parlante della farmaciaCodice fiscale dell’acquirente; natura e nome del farmaco (o codice identificativo); quantità; importo.No (contanti ammessi per farmaci).
Dispositivi medici (es. occhiali, protesi)Fattura o scontrino parlante (codice “AD”)Codice fiscale dell’acquirente; descrizione del prodotto come dispositivo medico (eventuale marcatura CE o indicazione codice DM).No (contanti ammessi per dispositivi).
Analisi di laboratorio, radiografieFattura/ricevuta del laboratorioIntestata al paziente; elenco analisi/prestazioni diagnostiche eseguite; importo., se laboratorio privato non SSN.
Prestazioni fisioterapiche, infermieristiche, riabilitativeFattura del professionista abilitatoIntestazione al paziente; indicazione della qualifica professionale (es. fisioterapista) e tipo di prestazione; importo., se erogate da privato non SSN.
Ticket per prestazioni presso SSNScontrino ticket o ricevuta SSNCodice fiscale; indicazione della prestazione o codice ticket; importo.No (essendo spesa verso SSN).
Cure termali (con prescrizione medica)Fattura dello stabilimento termaleIntestata al paziente; indicazione del ciclo di cure termali; importo., se struttura non convenzionata SSN (spesso convenzioni parziali).
Protesi dentarie, ortopediche, apparecchi ortodonticiFattura dell’odontotecnico/fornitoreIntestazione; descrizione della protesi/apparecchio con eventuale riferimento medico; importo., se fornitore privato non SSN.
Spese mediche all’esteroFattura o ricevuta estera (traduzione se necessaria)Intestata al paziente; descrizione della prestazione in lingua comprensibile; importo in valuta (con conversione in euro se extra-UE).Regole come in Italia: dal 2020 tracciabilità obbligatoria se richiesto per quella tipologia (es. visite private).

Nota: per documenti in lingua straniera, l’Agenzia delle Entrate può richiedere una traduzione (anche giurata) per attestare la natura sanitaria della prestazione. È consigliabile munirsi di traduzione per spese estere di importo rilevante . Inoltre, per spese particolari (es. alimenti a fini medici speciali, ginnastica posturale) possono essere necessarie prescrizioni mediche attestanti la finalità terapeutica, altrimenti la detrazione può essere negata (ad es. una rinoplastica puramente estetica non dà diritto alla detrazione, mentre una chirurgia plastica post-traumatica sì, purché documentata come necessaria) .

Come si nota, un elemento ricorrente è la presenza del codice fiscale (o almeno il nominativo) del contribuente sul documento di spesa . Ciò vale per gli scontrini parlanti e per le fatture: se manca il codice fiscale dove sarebbe previsto, la documentazione è considerata insufficiente e la detrazione rischia di essere disconosciuta. Ad esempio, uno scontrino di farmacia privo del codice fiscale non è detraibile perché non prova che l’acquisto sia stato effettuato proprio dal contribuente . Allo stesso modo, uno scontrino per occhiali senza C.F. non consente la detrazione (a meno di riuscire a far emettere successivamente una fattura correttiva, operazione spesso non semplice) . Regola pratica: controllare sempre i documenti al momento dell’emissione, facendo inserire il C.F. e tutti i dati richiesti, o chiedendo subito una fattura intestata in caso di errori .

Obbligo di tracciabilità dei pagamenti (dal 2020): un’altra condizione documentale introdotta di recente riguarda la modalità di pagamento. La legge di Bilancio 2020 (art. 1, co. 679 L.160/2019) ha stabilito che, a decorrere dalle spese sostenute nel 2020, per poter detrarre al 19% la maggior parte delle spese occorre che il pagamento sia avvenuto con mezzi tracciabili (carte, bancomat, bonifico, ecc.) e non in contanti . Eccezioni: l’obbligo non vale per l’acquisto di medicinali e dispositivi medici, né per le prestazioni rese da strutture pubbliche o private convenzionate con il SSN – in questi casi è tuttora ammesso il pagamento in contanti . Dunque, se hai pagato in contanti una visita in uno studio medico privato nel 2021, pur avendo fattura, la detrazione non spetta per espressa previsione normativa . Il pagamento tracciabile è un requisito sostanziale per il bonus fiscale, non un semplice formalismo . Lo vedremo meglio nella parte dedicata alle contestazioni e difese: purtroppo, in caso di controllo, ammettere di aver pagato cash quando la legge lo vieta comporta la perdita del beneficio, e i margini di difesa sono minimi (se non cercare qualche eccezione applicabile) .

Conservazione dei documenti: il contribuente è tenuto a conservare fatture, ricevute e scontrini delle spese sanitarie almeno fino allo scadere dei termini di accertamento dell’anno d’imposta cui si riferiscono. I termini ordinari di accertamento sono il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. Ad esempio, per la dichiarazione dei redditi 2021 (presentata nel 2022) i documenti vanno conservati fino al 31/12/2027 . Nell’ambito del controllo formale ex art. 36-ter D.P.R. 600/73, l’Agenzia ha però un termine più breve (fino al 31 dicembre del secondo anno successivo) per chiedere i documenti . È comunque prudente conservare i giustificativi per tutti i 5 anni (meglio 6 per margine), poiché eventuali accertamenti possono arrivare fino a 5 anni dopo e richiedere prove, specie se emergono discrepanze in verifiche più ampie .

Un problema pratico è la deperibilità di alcuni documenti, in particolare degli scontrini fiscali su carta termica, che con il tempo sbiadiscono rendendo illeggibili importi e codici. Su questo aspetto c’è un precedente interessante: il Fisco aveva contestato a una contribuente detrazioni per alcuni scontrini farmaceutici diventati illeggibili (per un totale di €9,80) ritenendoli “non prova adeguata della spesa” perché non più leggibili. In primo grado, il giudice ritenne la pretesa irragionevole poiché “si tratta di carta termica che scolorisce in poco tempo”, rilevando come il contribuente non potesse evitare il deterioramento. In appello, la Commissione Tributaria Regionale (CTR Marche, sent. n. 68/2021) diede ragione alla contribuente, affermando che l’onere di conservazione non può trasformarsi in una penalizzazione per fatti non imputabili al contribuente (ossia la scarsa qualità degli scontrini) . Morale: è consigliabile fare una copia di cortesia (fotocopia o foto digitale) di ogni scontrino parlante al momento dell’acquisto, così da poterne esibire una versione leggibile se l’originale sbiadisce . In mancanza, se in giudizio vi contestano scontrini illeggibili, potrete sostenere – come fece quella contribuente – che oltre un certo lasso di tempo non è possibile garantire la leggibilità, e che avete adempiuto all’obbligo di conservazione per il periodo di legge (oltre il quale non può esigersi una conservazione “eterna”) . La CTR Marche 2021 ha infatti osservato che il contribuente non è tenuto a dotarsi di strumenti di conservazione perpetua, ma solo entro i termini normativi .

Controlli del Fisco e cause di contestazione delle detrazioni sanitarie

Le detrazioni per spese sanitarie inserite in dichiarazione possono essere verificate dal Fisco attraverso diverse tipologie di controlli:

  • Controllo automatizzato (art. 36-bis D.P.R. 600/1973): è un controllo senza intervento umano, svolto su tutte le dichiarazioni, che verifica i calcoli e incrocia i dati dichiarati con quelli presenti in Anagrafe Tributaria (tra cui alcune spese comunicate da terzi). Nel caso delle spese sanitarie, il controllo automatico può segnalare ad esempio difformità tra l’importo delle spese mediche dichiarato e quello risultante al Fisco . Con l’uso sempre più diffuso del 730 precompilato, l’Agenzia conosce già l’ammontare delle spese sanitarie comunicato dal Sistema Tessera Sanitaria (STS) e se il contribuente modifica tale importo (ad esempio aggiungendo spese non presenti nel sistema), può generarsi uno scostamento . Di norma, comunque, il 36-bis non scarta automaticamente la dichiarazione per questo: al più segnala la difformità nel foglio informativo del 730, oppure fa emergere il caso per un eventuale controllo successivo . Un avviso bonario da controllo 36-bis su detrazioni sanitarie si verifica quando l’Agenzia ricalcola l’imposta escludendo alcune detrazioni che risultano non spettanti in base ai dati a sua disposizione . Ad esempio, può accadere se il contribuente ha indicato un importo elevato di spese mediche ma all’Anagrafe sanitaria non risulta alcuna spesa trasmessa dal Sistema TS: il sistema potrebbe liquidare l’imposta senza considerare quelle detrazioni, generando una comunicazione di irregolarità per “detrazioni non spettanti” .
  • Controllo formale (art. 36-ter D.P.R. 600/1973): è il controllo umano e mirato, che l’Agenzia può effettuare entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. Consiste nella richiesta al contribuente di esibire i documenti giustificativi delle detrazioni/deduzioni/crediti dichiarati, per verificare che quanto indicato in dichiarazione sia supportato da prove cartacee . Il controllo formale viene eseguito a campione oppure su posizioni selezionate in base a criteri di rischio. In pratica l’ufficio invia (via PEC o raccomandata) una lettera di richiesta documentazione, elencando i documenti da trasmettere entro 30 giorni (prorogabili di altri 30 su richiesta motivata) . Nel nostro caso, la lettera potrebbe chiedere ad esempio: “inviare copia delle ricevute/fatture relative alle spese sanitarie detratte per €X indicate al rigo E1 del modello 730” . Il contribuente dovrà produrre copia di tutti gli scontrini, fatture e ricevute a supporto dell’importo dichiarato.

Durante il controllo formale, le irregolarità tipiche che emergono in materia di spese sanitarie sono essenzialmente di tre tipi:

(i) Documenti mancanti o non validi: ad esempio, il contribuente dichiara €800 di spese mediche ma riesce a esibire documentazione solo per €600; i restanti €200 risultano privi di prova. Oppure presenta documenti che l’ufficio ritiene non conformi, come scontrini intestati a un familiare non a carico, fatture dove manca il codice fiscale, o ricevute per acquisti pagati in contanti quando la legge dal 2020 richiedeva pagamento tracciabile . Tutte queste situazioni portano a contestare la detrazione per la parte non supportata da documenti regolari, qualificandola come “onere non spettante” .

(ii) Errori o incongruenze non rilevati automaticamente: possono capitare errori di inserimento in dichiarazione che il sistema non intercetta subito. Ad esempio, indicare spese nel rigo sbagliato o duplicare involontariamente un importo. Nel caso delle sanitarie, se per sbaglio un contribuente doppia l’indicazione di una stessa spesa, il controllo formale lo rileverà chiedendo spiegazioni e giustificativi . Oppure se vi è incongruenza con i dati noti all’Agenzia – ad esempio l’Anagrafe sanitaria segnala €500 di spese mediche ma in dichiarazione ne compaiono €1000 – il funzionario chiederà ricevute per l’intero importo e, se quelle ulteriori €500 non risultano documentate (magari perché frutto di un errore o perché non tracciate), contesterà la differenza come detrazione indebita .

(iii) Indicatori di anomalie (redditometro): l’ufficio potrebbe selezionare per controllo formale dichiarazioni con importi anormalmente alti di spese detratte rispetto al profilo del contribuente. Ad esempio, un contribuente con reddito molto basso ma che dichiara €10.000 di spese mediche detratte può insospettire (ci si chiede come abbia sostenuto tali spese) . Analogamente, per i lavoratori autonomi, incongruenze con gli indici ISA di redditività possono far scattare verifiche. In questi casi, il controllo formale può essere un preludio – se emergono irregolarità – a un accertamento più esteso, ad esempio di tipo sintetico/redditometrico ex art. 38 D.P.R. 600/1973 . Il redditometro è lo strumento col quale il Fisco può presumere redditi non dichiarati in base alla spesa sostenuta: se una persona con reddito dichiarato esiguo mostra capacità di spesa elevata (anche per uscite mediche), l’Agenzia potrebbe sospettare la presenza di redditi non dichiarati e avviare un accertamento sintetico. Tuttavia, se in sede di controllo formale tutte le “pezze d’appoggio” risultano in regola, la posizione viene archiviata senza ulteriori conseguenze .

Esito del controllo formale: se emergono difformità, dopo l’esame dei documenti l’ufficio invia al contribuente una Comunicazione di irregolarità (avviso bonario) in cui dettaglia le detrazioni non riconosciute e ricalcola l’imposta dovuta . Ad esempio, se Tizio aveva dichiarato €3.000 di spese mediche ma produce documenti solo per €2.000, l’Agenzia contesterà €1.000 come spesa non comprovata, richiedendo la relativa maggiore IRPEF (19% di €1.000 = €190) più interessi e sanzione . La sanzione, in sede di avviso bonario, è ridotta a 1/3 di quella ordinaria (ordinariamente sarebbe il 30% dell’imposta) . Dunque, nel nostro esempio Tizio vedrebbe richiesti €190 di imposta e circa €19 di sanzione (pari al 10% dell’imposta) più qualche euro di interessi . (Nota: tipicamente la sanzione per tributo omesso nei controlli automatici/formali è il 30% ex art. 13 D.Lgs. 471/1997, ridotta a 1/3 – cioè 10% – se si paga entro 30 giorni dal bonario. Dal 2023 una novità normativa ha introdotto in alcuni casi di lieve tardività una riduzione a 1/18, ma per detrazioni non spettanti la riduzione resta di 1/3).

  • Accertamento vero e proprio (artt. 37 e 38 D.P.R. 600/1973): in alcuni casi, soprattutto se si sospetta dichiarazione infedele o fraudolenta, l’Agenzia può bypassare l’avviso bonario e notificare direttamente un avviso di accertamento. Ciò avviene ad esempio se si scopre che il contribuente ha indicato spese mediche mai sostenute o esibito documenti falsi, integrando un comportamento fraudolento . Oppure se dal controllo formale emergono difformità molto rilevanti e il contribuente non risponde, l’Ufficio può emettere accertamento recuperando le imposte dovute . Nella maggior parte dei casi, comunque, le detrazioni sanitarie non documentate vengono gestite tramite controllo formale e comunicazione bonaria, senza arrivare a un avviso di accertamento “puro”. Solo in presenza di elementi di frode penalmente rilevante (es. utilizzo di fatture per operazioni inesistenti o false attestazioni) vi sarà anche segnalazione all’autorità giudiziaria per reato tributario (dichiarazione fraudolenta ex D.Lgs. 74/2000) – situazioni estreme e poco comuni.

In sintesi, le cause più comuni di contestazione delle detrazioni sanitarie hanno natura formale: mancanza di documenti, documenti non regolari o requisiti non rispettati (come l’obbligo di tracciabilità) . Quasi sempre, comunque, al contribuente viene data la possibilità di esibire o regolarizzare i documenti prima che la contestazione diventi definitiva, tramite la comunicazione di irregolarità (avviso bonario) e il contraddittorio che ne segue . Vediamo ora come affrontare questa fase e quali passi compiere per difendersi.

Cosa fare in caso di richiesta di documenti o comunicazione di irregolarità

Dal punto di vista pratico, ecco come deve muoversi il contribuente quando riceve dal Fisco una comunicazione relativa alle sue detrazioni sanitarie. Possiamo distinguere due situazioni:

1. Ricezione di una richiesta di documentazione (controllo formale ex art. 36-ter): è la lettera iniziale, inviata via PEC o raccomandata, con cui l’ufficio chiede di inviare copia dei giustificativi. Non è ancora una rettifica, ma un invito a fornire prove. Cosa fare:

  • Leggere attentamente quali documenti sono richiesti: la lettera indicherà ad esempio “spese sanitarie per €X al rigo E1”: significa che dovrete fornire copia di tutti i giustificativi (fatture, scontrini) relativi a quell’importo .
  • Recuperare e organizzare i documenti: cercate nel vostro archivio tutte le ricevute mediche, scontrini farmaceutici, fatture, ecc. dell’anno in questione. Verificate che la somma degli importi copra quanto dichiarato (tenendo conto che la franchigia di €129,11 non va documentata, ma l’Agenzia vuole vedere l’importo totale speso) . Se mancano alcune pezze giustificative, attivatevi subito per rimediare (vedi oltre le strategie).
  • Controllare la validità dei documenti: fate un check dei documenti alla luce dei requisiti visti sopra. Ad esempio, se trovate uno scontrino senza codice fiscale che avevate incluso, sappiate che formalmente quel documento non è valido: potreste decidere di escluderlo volontariamente dalla documentazione da inviare (non allegandolo e magari dichiarando che ricalcolate le spese senza di esso) . Oppure lo inviate comunque accompagnato da spiegazioni. Valutate strategicamente: se è un importo esiguo, meglio non insistere su un documento palesemente fuori regola (rischiereste la sanzione sull’intera cifra contestata); potete riconoscere l’errore su quell’importo e limitarne gli effetti . In alternativa, se l’importo è rilevante, si può provare a difenderlo (ad esempio con prove alternative che vedremo).
  • Inviare tutto entro il termine indicato: predisponete la risposta secondo le modalità richieste (invio via PEC, upload telematico su piattaforma dedicata, o consegna a mano allo sportello, a seconda delle istruzioni). È buona norma includere un elenco riepilogativo dei documenti allegati, con il totale degli importi, e una breve lettera di accompagnamento . In quest’ultima, con tono collaborativo, potete: (a) elencare i documenti che allegate; (b) fornire eventuali chiarimenti utili (es. “Si segnala che €100 di tali spese si riferiscono al figlio a carico X, come da fattura intestata a lui ma quietanzata dal sottoscritto”); (c) se necessario, chiedere una breve proroga motivata (es. state attendendo duplicati da un medico – spesso però la proroga va chiesta prima della scadenza iniziale e non è garantita) .
  • Se mancano documenti: qualora non riusciate a trovare uno o più giustificativi, avete due strade: (i) attivarvi per ottenere duplicati o altre prove (vedi oltre, paragrafo sulle strategie di difesa); (ii) oppure ammettere la mancanza e valutare di pagare la quota relativa, per evitare aggravi successivi . Nulla vieta di inviare ciò che avete e omettere quello che manca: l’ufficio calcolerà la differenza e la contesterà. Se la quota mancante è modesta, talvolta l’ufficio potrebbe persino chiudere un occhio – ma formalmente contesterà anche €5 non giustificati, quindi meglio non contarci .
  • Conservare traccia dell’invio: assicuratevi di avere prova che la documentazione sia pervenuta all’ufficio (ricevuta di consegna PEC o protocollazione). Ciò tornerà utile in caso di future diatribe (es. se l’ufficio sostenesse di non aver ricevuto qualche documento, potrete dimostrare il contrario) .

Se tutta la documentazione inviata è regolare e copre l’intero importo dichiarato, il controllo formale si chiuderà senza esiti a vostro carico . Se invece permangono differenze (documenti mancanti o giudicati non validi), allora dopo qualche mese riceverete la Comunicazione di irregolarità con il ricalcolo dell’imposta dovuta .

2. Ricezione di una comunicazione di irregolarità (avviso bonario): questo è il passo successivo, che avviene in esito al controllo formale (come visto) oppure a seguito di un controllo automatizzato. La comunicazione riporta nel dettaglio le difformità riscontrate e quantifica le maggiori imposte dovute, con sanzioni ridotte e interessi . Ad esempio: “Detrazioni per spese sanitarie non spettanti per €XXX”, con indicazione dell’IRPEF recuperata e delle sanzioni (ridotte al ~10%) .

Quando arriva un avviso bonario su detrazioni sanitarie, è fondamentale innanzitutto non ignorarlo. Ecco le mosse da compiere:

  • Verificare esattamente cosa viene contestato: leggere attentamente il prospetto allegato alla comunicazione. Saranno indicati l’anno d’imposta, il codice tributo e l’importo della base detrazione disconosciuta. Ad esempio potreste leggere “Spese sanitarie: €500 non riconosciuti”. Questo vi riconduce ai documenti mancanti o non accettati. Talvolta la comunicazione contiene anche una breve spiegazione, tipo: “non pervenuta documentazione per €500 di spese mediche” .
  • Confrontare con la propria documentazione: chiedetevi se la contestazione è corretta. Avete davvero €500 di spese non coperte da ricevute valide? Oppure c’è un errore dell’ufficio (ad es. avete inviato una fattura che forse non è stata considerata)? . Questa analisi è fondamentale per decidere la reazione. In breve:
  • Se riconosciamo che la contestazione è fondata (mancano effettivamente documenti per una parte), conviene aderire e pagare, beneficiando della sanzione ridotta.
  • Se riteniamo che l’ufficio sia in errore, occorre predisporre una risposta difensiva con eventuale invio di documenti integrativi.
  • Memoria difensiva / Richiesta di sgravio: nell’avviso bonario viene indicato che, qualora si ravvisino errori, il contribuente può rivolgersi all’ufficio o trasmettere elementi per rettificare la comunicazione. È buona prassi, se si hanno argomenti validi, inviare entro il termine (30 giorni dal ricevimento, elevati a 60 giorni per comunicazioni emesse dal 2025) una memoria difensiva all’Agenzia delle Entrate . Meglio inviarla via PEC, oppure tramite il canale telematico Civis (il servizio online per comunicare sugli avvisi bonari). Nella memoria occorre:
  • indicare i riferimenti della comunicazione (numero, protocollo, ecc.);
  • spiegare in modo chiaro perché si ritiene errata in tutto o in parte la pretesa;
  • allegare nuovamente i documenti probatori che supportano la nostra tesi .

Ad esempio, se l’ufficio non ha considerato una certa fattura (magari perché non l’aveva ricevuta), la riallegate; se contesta uno scontrino poco leggibile, potreste allegare un estratto conto della farmacia o una dichiarazione sostitutiva che dimostri la spesa . Se la contestazione riguarda la mancanza di pagamento tracciabile, potete allegare la ricevuta della carta con cui avete pagato (se disponibile). Insomma, vanno forniti tutti gli elementi utili a eliminare la difformità. Nella lettera siate sintetici ma precisi, citando eventualmente norme o circolari a vostro favore. Ad esempio: “Si fa presente che la detrazione di €300 per spese mediche rimborsate dall’assicurazione X risulta spettante ai sensi dell’art. 15, co.1, lett. c) TUIR, in quanto il premio assicurativo non è stato né detratto né dedotto; si allega copia della polizza e si richiama Cass. 30611/2024” . Un tono fermo ma collaborativo è consigliato.

  • Pagare in caso di errore effettivo: se, facendo autocritica, vi accorgete che effettivamente avete commesso un errore (es. avete detratto uno scontrino che in effetti non è valido, oppure avete perso le ricevute e non potete procurarle), la via migliore è pagare l’importo dovuto entro la scadenza indicata nell’avviso bonario . Pagando entro 30 giorni (o 60 giorni se così indicato per le comunicazioni dal 2025), beneficerete della sanzione ridotta a 1/3 . Il pagamento va fatto con modello F24 usando i codici tributo indicati nel prospetto, ed è ammessa anche l’eventuale compensazione con crediti fiscali disponibili . Effettuando il pagamento nei termini, la questione si chiude lì, senza ulteriori conseguenze. Importante: conviene inviare memorie all’ufficio solo se c’è un errore loro da far correggere – non se l’errore è vostro (in tal caso è inutile discutere: meglio approfittare dello sconto) .
  • Contestare parzialmente (accordo parziale): può capitare che la contestazione sia solo in parte corretta. Ad esempio, l’ufficio vi nega €1.000 ma voi avete elementi per dimostrare che almeno €500 erano regolari, mentre sugli altri €500 siete effettivamente in difetto. In tal caso potete: pagare parzialmente la quota contestata che riconoscete (€500) e chiedere sgravio per i restanti €500, oppure inviare comunque tutta la memoria difensiva e documentazione . Attenzione però: il sistema degli avvisi bonari non consente un pagamento parziale ufficiale con sgravio automatico del resto. Se versate solo una parte, l’Agenzia potrebbe comunque iscrivere a ruolo il residuo con sanzione piena (perché il bonario si considera non definito per intero) . Quindi è delicato: forse meglio cercare di far correggere l’avviso prima della scadenza, ottenendo un nuovo ricalcolo ridotto su cui poi pagare. Spesso gli uffici, se accolgono parzialmente le vostre spiegazioni, emettono una comunicazione di irregolarità integrativa rettificata – ad esempio riducendo l’imponibile non riconosciuto da €1000 a €500 e inviandovi un nuovo F24 con importi aggiornati . Per ottenere ciò è cruciale muoversi tempestivamente con la memoria difensiva, in modo che l’ufficio la esamini e risponda entro i 30/60 giorni.
  • Conseguenze se non si reagisce: ignorare la comunicazione di irregolarità è assolutamente sconsigliato. Trascorso il termine (30 o 60 gg), l’avviso bonario diventa definitivo e viene iscritto a ruolo: in pratica, viene emessa una cartella esattoriale con le somme dovute . A quel punto la sanzione torna intera (30%) e scattano le procedure di riscossione se non si paga . Inoltre, il mancato riscontro fa sì che l’ufficio vi consideri non collaborativi, e ciò potrebbe indurlo ad essere più aggressivo anche in futuro. Meglio quindi sfruttare la finestra bonaria per sistemare le cose in modo “indolore” o comunque meno oneroso .
  • Pagamento rateale: l’avviso bonario in quanto tale non è rateizzabile. Se non riuscite a pagare l’intero importo entro 30 gg, conviene comunque pagare entro quel termine almeno una prima rata (calcolata da voi) e segnalare all’ufficio che intendete saldare il resto a breve, chiedendo magari tolleranza . Ufficialmente, però, la rateazione è ammessa solo dopo che il debito viene iscritto a ruolo (cartella), dove si possono ottenere piani di dilazione con l’Agente della riscossione (8 rate in 8 mesi se importo < €100k, o piani più lunghi per importi maggiori, secondo le norme vigenti) . Dunque sul bonario le opzioni sono: pagare tutto con sanzione ridotta, oppure se non è possibile pagare e attendere la cartella (con sanzione piena) per poi chiedere la dilazione.

In ogni caso, documentate ogni passo: se inviate memorie, conservatene copia e la ricevuta d’invio; se interloquite con l’ufficio, annotate nomi e date delle comunicazioni; se pagate, tenete la quietanza. Tutto ciò costituisce il vostro dossier difensivo, da usare se necessario nelle fasi successive .

Riassumendo, quando arriva la contestazione fiscale sulle detrazioni sanitarie occorre:

  • Identificare subito la detrazione contestata e il motivo (mancanza documenti, vizio formale, ecc.) .
  • Verificare i propri documenti: li avete? Sono regolari?
  • Se , inviarli/riesibirli subito chiedendo l’annullamento totale o parziale dell’addebito .
  • Se no (errore vostro), procedere al pagamento entro i termini, godendo della sanzione ridotta .
  • Se è un errore dell’ufficio (dati sbagliati), fornire le prove contrarie e chiedere la correzione .
  • Non trascurare le scadenze: 30 giorni (o 60 dal 2025) passano in fretta. Attenzione se la comunicazione arriva ad agosto: c’è la sospensione feriale dei termini dal 1/8 al 4/9, quindi i 30/60 gg ricominciano a contarsi da settembre .
  • Chiedere aiuto se serve: se il caso è complesso, valutate di affidarvi a un tributarista (l’Agenzia consente anche al vostro commercialista/intermediario di gestire la pratica sugli avvisi bonari) .

Nel prossimo capitolo analizzeremo più in dettaglio le possibili strategie difensive che il contribuente può adottare per far valere le proprie ragioni, specialmente quando ritiene di avere diritto alla detrazione contestata. Vedremo come gestire situazioni tipiche (documenti smarriti, pagamenti in contanti effettuati per errore, spese rimborsate da assicurazioni, ecc.), anche alla luce delle recenti sentenze favorevoli ai contribuenti .

Strategie di difesa del contribuente e strumenti di prova

Affrontare una contestazione su detrazioni sanitarie richiede di mettere in campo le giuste strategie per dimostrare il proprio diritto alla detrazione o, in subordine, per limitare le sanzioni. Di seguito esaminiamo le principali situazioni problematiche e come difendersi in ciascuna di esse, dal punto di vista del contribuente (debitore verso il Fisco):

a) Detrazione contestata per documenti mancanti o smarriti: questa è la situazione più frequente – il contribuente ha effettivamente sostenuto la spesa medica ma non trova più lo scontrino/fattura relativo. Come visto, in assenza di documentazione fiscale l’Agenzia disconosce la detrazione. Come difendersi? L’ideale è cercare di procurarsi un duplicato del documento originale:

  • Farmacie/parafarmacie: molte farmacie conservano nel sistema informatico gli scontrini parlanti emessi, almeno per un certo periodo. Ci si può recare presso la farmacia con data e importo (meglio ancora con la tessera sanitaria usata) e chiedere la ristampa di una copia conforme dello scontrino, o un’attestazione dell’acquisto in quella data . Non tutte le farmacie lo fanno, ma tentare è doveroso. Alcune rilasciano una dichiarazione firmata attestante che “in data X il signor Y ha acquistato i seguenti farmaci per €… come da nostro scontrino n… (ora illeggibile)”. Questo documento, pur non essendo uno scontrino fiscale, può essere utilizzato come elemento probatorio di supporto .
  • Medici, dentisti, cliniche private: in genere conservano copia delle fatture/ricevute emesse (sono obbligati a conservare le loro copie ai fini IVA e redditi). Si può contattare il professionista e chiedere gentilmente una copia della fattura (se era cartacea) o un duplicato . Molti studi medici rilasciano volentieri un duplicato timbrato “copia conforme all’originale” se spiegate che vi serve per il Fisco. In alternativa, almeno fatevi fare una dichiarazione su carta intestata dove il medico attesta di aver eseguito in data X la prestazione Y per €… pagata da Tizio.
  • Strutture sanitarie pubbliche (ASL, ospedali, laboratori): se avete smarrito il ticket o la fattura, spesso c’è un ufficio cassa/amministrativo che, su richiesta, fornisce un attestato di pagamento. Ad esempio, l’ASL può rilasciare l’elenco dei ticket pagati in un certo periodo dal CF X. Molte strutture hanno modulistica per questo .
  • Sistema Tessera Sanitaria (STS): come accennato, ogni contribuente può accedere al portale TS (tramite SPID/CIE) e scaricare il prospetto delle proprie spese mediche comunicate al Fisco . Questo prospetto elenca per ciascun codice spesa (farmaci, visite, ecc.) l’importo e alcuni dettagli (es. “Farmacia XX – €45 – 10/03/2022 – farmaci classe A”). Importante: il prospetto non è di per sé un documento fiscale, ma l’Agenzia, con la circolare 14/E del 19 giugno 2023, ha ammesso che può sostituire gli scontrini ai fini dei controlli se accompagnato da dichiarazione sostitutiva . Ciò è stato confermato e ampliato da una FAQ del 17 luglio 2025: il prospetto dettagliato STS può essere usato come giustificativo sia per il modello 730 che per il modello Redditi PF, indipendentemente da come è stata presentata la dichiarazione . Quindi, se avete perso scontrini ma siete certi che fossero stati comunicati (avete dato la tessera sanitaria in farmacia e il farmacista non ha omesso l’invio), potete stampare il prospetto e preparare una dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui dichiarate che quelle spese (elencate) sono state effettivamente sostenute da voi e che il prospetto corrisponde ai dati del Sistema TS . Allegando prospetto e autocertificazione alla risposta al Fisco, avete buone chance che le vostre ragioni siano accolte, dato che è la stessa Agenzia ad aver previsto questa opzione (inizialmente per i CAF, ora generalizzata) . In pratica dite: “non ho più lo scontrino fisico, ma ecco il record ufficiale nei database fiscali che attesta la spesa”. Questa strategia è relativamente nuova e l’esito può variare a seconda dell’ufficio: alcuni funzionari potrebbero pretendere comunque l’originale, altri accettare la riconciliazione con i dati STS .
  • Prove indirette: se proprio non riuscite a ottenere duplicati né avete dati STS, potete ricorrere a elementi di prova indiretti. Ad esempio, un estratto conto bancario che mostri un addebito di €150 a favore del “Centro Diagnostico Tal dei Tali” in data X può corroborare il fatto che avete pagato una visita da €150 quel giorno . Certo, non indica quale prestazione specifica, ma se combacia con un appuntamento documentabile, rafforza la credibilità. Anche SMS/email di conferma appuntamento, ricevute di pagamento elettronico, ecc. possono aiutare. Nel giudizio tributario, tali elementi possono essere valutati liberamente dal giudice come indizi gravi, precisi e concordanti dell’avvenuta spesa .

In definitiva, se mancano documenti originali meglio fornire qualcosa piuttosto che nulla: un’attestazione della farmacia o un estratto conto è preferibile al vuoto assoluto . È chiaro comunque che, sul piano formale, l’onere della prova della detrazione grava sul contribuente e senza documento fiscale la detrazione in teoria non spetterebbe . Quindi, anche un prospetto TS o una copia semplice di fattura potrebbero non bastare a convincere un funzionario fiscale zelante. Però, se si arriva davanti alla Commissione Tributaria, spesso i giudici adottano un approccio più sostanziale: se vedono che il contribuente ha effettivamente sostenuto la spesa (anche se non ha l’originale dello scontrino), potrebbero accogliere il ricorso annullando la pretesa fiscale in base a ragionevolezza. Ci sono stati casi in cui, a fronte di smarrimenti accidentali, i giudici hanno ritenuto sproporzionato negare la detrazione di poche centinaia di euro e hanno dato ragione al contribuente che aveva almeno prodotto copia della prescrizione medica e movimenti bancari compatibili .

b) Detrazione negata per vizi formali del documento: qui rientrano situazioni come: – Scontrino parlante privo del codice fiscale; – Documento intestato a persona diversa dal dichiarante (non familiare a carico); – Fattura senza descrizione della prestazione sanitaria (descrizione generica); – Pagamento non tracciato dove obbligatorio, pur con fattura presente .

In questi casi il documento esiste ma non soddisfa i requisiti di legge. La difesa dipende dal tipo di vizio:

  • Mancanza del codice fiscale sullo scontrino farmaceutico/dispositivo: l’Agenzia sostiene – correttamente, in base alla normativa – che senza CF sullo scontrino non spetta la detrazione . Come difendersi? La mossa migliore è cercare di farsi emettere una fattura sostitutiva dal venditore. Ad esempio, se ve ne siete accorti poco dopo l’acquisto, tornate dall’ottico e chiedete una fattura intestata a voi per l’occhiale (stornando lo scontrino precedente). Alcuni esercenti potrebbero farlo anche a distanza di tempo (stornano in contabilità lo scontrino e emettono fattura), ma non è garantito né semplice. Se riuscite a ottenere la fattura, il problema è risolto: inviatela al Fisco spiegando l’accaduto . Se non riuscite, potreste tentare di dimostrare che comunque la spesa è vostra: ad esempio, presentando una dichiarazione sostitutiva in cui affermate che quello scontrino (identificato da numero e data) è stato pagato da voi per l’acquisto di X. Allegare prova di pagamento (ricevuta carta di credito intestata a voi, se avete usato una carta) può aiutare: se la carta è nominativa, collega indirettamente lo scontrino a voi . Questa è una difesa d’emergenza non prevista formalmente dalla norma, ma talvolta le Commissioni Tributarie l’hanno accolta se non c’erano dubbi sull’effettivo sostenimento. Ad esempio, una ricevuta POS intestata a Mario Rossi, unita allo scontrino senza CF ma con stesso importo e data della farmacia, può convincere il giudice che Mario Rossi è l’acquirente, soddisfacendo la sostanza della norma . Resta però un contenzioso dall’esito incerto. L’approccio migliore è prevenire: far mettere sempre il CF, oppure farsi fare fattura intestata subito al momento dell’acquisto .
  • Documento intestato a familiare non a carico: se avete per errore detratto una spesa di un familiare che non rientrava tra quelli fiscalmente a carico (es. spese mediche per il coniuge con reddito proprio non a carico), purtroppo non c’è difesa: la detrazione non spetta ex lege . L’unica ipotesi in cui è ammessa una detrazione per spese di un familiare non a carico è un caso particolare che riguarda i contributi a taluni fondi sanitari (ad es. coniuge non a carico ma spese rimborsate da un fondo sanitario integrativo come il FASI) – caso chiarito dall’Agenzia delle Entrate nel 2010 . In generale però, se Tizio ha detratto spese di Caio che non era a carico, la pretesa fiscale è legittima e l’unica via è pagare, eventualmente rivalendosi sul CAF se l’errore è loro (vedi FAQ più avanti). Diverso è il caso in cui il familiare era a carico ma la fattura è intestata direttamente a lui: lì la difesa consiste nel dimostrare che chi ha presentato la dichiarazione ha effettivamente sostenuto la spesa. Si può fare, come detto, annotando sulla fattura la quota pagata e presentandone copia. Se ciò non fu fatto prima, lo si può fare tardivamente, producendo la fattura ora annotata con data e firma (è una sorta di sanatoria informale, ma spesso accettata) .
  • Mancata indicazione della natura sanitaria (descrizione generica sulla ricevuta): esempio: un medico emette ricevuta indicando solo “prestazione professionale €100” senza specificare che era una visita medica. In sede di controllo, un funzionario pignolo potrebbe eccepire che non è certo si tratti di spesa medica detraibile e chiedere chiarimenti. La difesa: far integrare la descrizione dal medico (farsi rilasciare un’attestazione integrativa) oppure presentare documentazione medica correlata (es. il certificato/prescrizione che aveva richiesto quella visita) . In generale, se il documento è poco chiaro sulla finalità sanitaria, siate voi a fornire elementi integrativi: ad esempio “la ricevuta n.10 riguarda visita dermatologica, come da impegnativa ASL allegata”. Questo per fugare dubbi che possa trattarsi di spesa non sanitaria.
  • Pagamento in contanti dove obbligatorio il tracciabile: questo è un nodo spinoso. Se la detrazione viene negata perché la spesa (non farmaco, non dispositivo e non SSN) è stata pagata cash in un anno dal 2020 in poi, le possibilità di difesa sono limitate. La norma (art. 1, co. 679 L.160/2019) è tassativa: la detrazione spetta solo se il pagamento è tracciabile, salvo le eccezioni viste . Non è un mero adempimento formale, ma un requisito sostanziale di legge. Quindi, se ammettete di aver pagato in contanti una fattura di un medico privato nel 2021, la detrazione non spetta per definizione. Si potrebbe tentare di eccepire l’incostituzionalità della norma (per disparità di trattamento tra spese diverse), ma ad oggi non risultano pronunce che abbiano disapplicato tale obbligo . Un contribuente ha provato a sostenere che, avendo il medico comunque dichiarato la prestazione (essendo stata emessa fattura), la finalità antievasione del tracciamento era soddisfatta e la modalità di pagamento non dovrebbe influire sul diritto alla detrazione. È però un argomento debole in contenzioso, perché la controparte (Agenzia) opporrà che il legislatore ha volutamente posto quella condizione dal 2020 e il giudice non può ignorarla . In mancanza di precedenti giurisprudenziali favorevoli sul punto, la difesa “razionale” consiste nel chiedere clemenza se il periodo contestato era a ridosso dell’entrata in vigore (es. nei primi mesi del 2020 qualcuno poteva essere disinformato e pagare cash) , oppure verificare se per caso la prestazione poteva rientrare nelle eccezioni. Ad esempio, se avete pagato in contanti una visita in una clinica privata, controllate se la clinica era però accreditata SSN: se sì, quella spesa ricade tra le eccezioni e il pagamento in contanti sarebbe stato consentito (essendo assimilabile a una prestazione SSN) . Oppure, se la fattura fu emessa come “ticket integrativo” in una struttura convenzionata, potrebbe rientrare tra i casi non soggetti a tracciabilità. Insomma, cercate se applicabile qualche scappatoia. Se no, conviene non intestardirsi: pagare il dovuto e fare tesoro dell’errore per il futuro . Una difesa creativa, tentata da alcuni, è sostenere che quel pagamento in contanti in realtà proveniva da un prelievo sul conto e quindi era “tracciato a monte” – ma ciò non ha senso per l’Agenzia: ciò che conta è il mezzo usato col fornitore, non la provenienza dei contanti .

c) Spese rimborsate da assicurazioni o enti assistenziali (doppia deduzione?): una contestazione meno comune ma non rara è quando il Fisco ritiene che la spesa sanitaria non sia rimasta a carico del contribuente perché rimborsata, ad esempio, da una assicurazione sanitaria privata o dal datore di lavoro. In passato l’Agenzia negava la detrazione se le spese erano rimborsate, salvo il caso in cui i relativi contributi assicurativi non fossero deducibili. Oggi la situazione è più chiara grazie sia alla norma sia a una recente sentenza della Cassazione:

  • Polizze assicurative sanitarie private (Fondo esterno tipo FASI, assicurazioni salute): l’art. 15, co.1, lett. c) TUIR prevede espressamente che “si considerano rimaste a carico del contribuente anche le spese rimborsate a fronte di contributi o premi assicurativi versati dal contribuente, per i quali non spetta la detrazione d’imposta né la deduzione dal reddito” . In parole semplici: se pagate un’assicurazione sanitaria con soldi vostri già tassati, e non portate in detrazione/deduzione quel premio (perché magari eccede il limite detraibile di €530 annui, o la polizza non dà diritto alla deduzione), allora le spese mediche che tale assicurazione vi rimborsa sono comunque detraibili come se fossero rimaste a vostro carico . Questo per non penalizzare chi si assicura privatamente. Recentemente, la Cassazione (Sez. V civ., sentenza n. 30611 del 28/11/2024) ha ulteriormente chiarito il principio, estendendolo anche al caso in cui l’assicurazione paga direttamente la struttura sanitaria . Nel caso esaminato, l’Agenzia aveva negato la detrazione perché il contribuente non aveva mai sborsato la somma (aveva pagato tutto l’assicurazione direttamente alla clinica); la CTP aveva dato torto al contribuente, ma la Cassazione ha ribaltato la decisione affermando che il diritto alla detrazione permane poiché l’onere economico è comunque sostenuto indirettamente dal contribuente tramite il premio assicurativo a suo carico . La Corte ha sottolineato che ciò che conta è che la spesa sanitaria non gravi sul SSN ma su risorse private del contribuente (anche se intermediate dall’assicurazione), mentre a carico del contribuente rimane il costo (indetraibile) del premio assicurativo . Dunque, se vi trovate nella situazione in cui il Fisco vi toglie detrazioni perché “rimborsate da assicurazione”, la difesa consiste nel citare la norma di legge e la Cassazione 30611/2024, dimostrando contestualmente che i premi assicurativi correlati non sono stati né detratti né dedotti. Magari l’ufficio non ha colto questo dettaglio. Allegherete copia della polizza, attestazione dei rimborsi ricevuti e una vostra dichiarazione che non avete fruito di agevolazioni per quei premi . Questa combinazione di argomenti dovrebbe portare all’annullamento della contestazione (eventualmente in sede di ricorso, se l’ufficio locale inizialmente non recepisce) .
  • Rimborsi da datore di lavoro o enti assistenziali (fondi sanitari aziendali): qui la situazione dipende. Se parliamo di un Fondo sanitario integrativo aziendale che rimborsa spese mediche, spesso i contributi a quel fondo sono già esentasse per il dipendente fino a un certo plafond (es. i contributi versati dal datore non concorrono al reddito del dipendente fino a €3.615,20 annui). In tal caso le spese rimborsate non sono detraibili per la parte coperta da contributi esentati – altrimenti ci sarebbe un doppio beneficio . La legge infatti equipara questi casi ai rimborsi assicurativi con premi detraibili, negando la detrazione sulla parte rimborsata con contributi pre-tax. Quindi, se vi contestano spese perché rimborsate dal fondo aziendale e non rimaste a vostro carico, dovrete verificare bene: se il contributo al fondo era tutto a vostro carico e non dedotto (caso raro), potete usare lo stesso argomento di cui sopra; se invece il datore contribuiva e voi non avete pagato tasse su quelle somme, la contestazione è corretta almeno per la parte rimborsata. Non c’è molto da fare se non evidenziare l’eventuale quota di spesa che non è stata rimborsata e che quindi è rimasta effettivamente a vostro carico . Ad esempio, se avevate €1000 di spese e il fondo ve ne rimborsa 800, i restanti 200 li avete pagati voi: questi €200 rimangono detraibili. Fate presente all’ufficio questo calcolo, allegando i documenti del fondo che attestano quanto rimborsato, e chiedete lo sgravio parziale per la quota non rimborsata . Spesso, infatti, succede che il Fisco, vedendo qualche rimborso, faccia confusione e neghi tutto: voi con calma spiegate che avete portato in detrazione solo la parte rimasta effettivamente a vostro carico (se è vero) .
  • Welfare aziendale (rimborso in busta paga): alcune aziende rimborsano spese mediche ai dipendenti tramite piani di welfare (rimborsi in busta paga esentasse). Se avete usufruito di ciò, non potete detrarre le stesse spese. Se lo avete fatto e il Fisco se ne accorge (magari incrociando i dati o tramite controlli mirati), togliere la detrazione è corretto. La difesa qui è di merito: assicurarsi che non vi stiano tassando due volte. Ad esempio, se per errore avete incluso tra le detrazioni anche spese già rimborsate in welfare, conviene riconoscere l’errore e pagare. Se invece sostenete che certe spese non furono coperte dal welfare, dovrete provare di non aver ricevuto il rimborso (es. con un’attestazione del datore). Questo scenario comunque esula dal caso “non documentate” ed entra nel caso “oneri non spettanti per altri motivi”, ma lo menzioniamo per completezza .

d) Contestazioni su importi modesti o errori materiali: a volte il Fisco contesta cifre piccole (come nell’esempio degli €9,80 di scontrini illeggibili). In questi casi, va valutato il rapporto costi/benefici di una difesa accanita. Se avete ragione di principio, potreste farcela, ma il tempo e le spese per far valere magari €10 di imposta potrebbero non valere la pena. In genere, per importi sotto una certa soglia, l’Agenzia può persino decidere in autotutela di lasciar perdere. La soglia spesso considerata è intorno a €12 di imposta (minimo sotto il quale non si iscrive a ruolo) o circa €30 complessivi . Se la vostra detrazione disconosciuta comporta un’imposta inferiore a tali minimi, segnalatelo: è causa di annullamento perché la cartella non dovrebbe essere emessa sotto €12 di tributo . Comunque, conviene stilare una memoria difensiva anche per poche decine di euro se siete nel giusto – spesso l’ufficio annulla per “economicità amministrativa” se vede che insistereste comunque .

e) Profilo psicologico e comportamentale: può sembrare fuori luogo, ma come vi ponete nei confronti dell’ufficio può influire sull’esito bonario. Mostrarsi collaborativi, disponibili a chiarire, pronti a fornire documenti integrativi e spiegazioni (magari dialogando telefonicamente col funzionario) può portare a una soluzione senza contenzioso . Alcuni uffici, ad esempio, se vedono che mancano giustificativi per piccole cifre (~€100), possono – in via di autotutela – soprassedere, specialmente se il contribuente fornisce spiegazioni credibili (es. “li ho persi in un trasloco, ecco estratti conto per provare la spesa”) . Non c’è obbligo per loro di chiudere un occhio, ma dietro le quinte accade che per efficienza ci si concentri su somme più consistenti. Al contrario, un atteggiamento passivo o ostile farà quasi certamente scattare la cartella. Quindi, dal punto di vista difensivo, essere proattivi e cortesi paga .

f) Ravvedimento operoso e correzione volontaria: e se il contribuente si accorge da solo di aver detratto indebitamente spese sanitarie (ad es. si accorge di un errore prima che il Fisco lo contesti)? In tal caso può presentare una dichiarazione integrativa a sfavore rettificando l’onere e pagare il dovuto con sanzioni ridotte da ravvedimento operoso. Questo può evitare proprio la fase di controllo e l’avviso bonario. Dopo l’eventuale controllo, invece, si può sempre pagare l’avviso bonario come una sorta di ravvedimento “perfezionato”. Se la questione è già sfociata in cartella o giudizio, il ravvedimento non è più applicabile, ma si può comunque pagare per chiudere il contenzioso (magari beneficiando di definizioni agevolate se previste – ad esempio nel 2023 c’è stata la definizione delle liti pendenti in cui si pagava solo una percentuale) .

In sintesi, le armi difensive a disposizione del contribuente includono : – Esibizione dei documenti originali (se li avete, la discussione finisce lì). – Duplicati o attestazioni sostitutive da parte dei fornitori (farmacie, medici, ecc.). – Prospetto Sistema TS + autocertificazione, nuova possibilità riconosciuta dalla prassi (circ. 14/2023 e FAQ 2025). – Prove indirette: estratti conto bancari, ricevute di pagamento POS, email, SMS – per collegare la spesa al contribuente. – Riferimenti normativi e giurisprudenziali: citare norme (come art. 15 TUIR per rimborsi assicurativi) o sentenze (Cass. 30611/2024 sui rimborsi; CTR Marche 68/2021 sul deperimento documenti) a sostegno della propria posizione . – Autotutela e buonsenso dell’ufficio: se l’errore contestato è palese e documentabile, sollecitare l’annullamento in via di autotutela allegando la prova mancante e magari una lettera di scuse . – Ricorso in Commissione Tributaria (vedi prossimo paragrafo): se in sede amministrativa non vi danno ascolto, la giustizia tributaria può darvi ragione, specialmente su aspetti dove la norma lascia margini interpretativi o in caso di comprovata buona fede del contribuente .

Nel prossimo capitolo vedremo proprio come impostare un eventuale ricorso al giudice tributario e cosa aspettarsi dal contenzioso, qualora la fase amministrativa non sia bastata a risolvere la questione .

Il contenzioso tributario: ricorso alle Commissioni (Corti) di Giustizia Tributaria

Se il confronto con l’Agenzia (fase bonaria/autotutela) non ha portato all’annullamento della pretesa fiscale e il contribuente ritiene di avere valide ragioni, resta la via del ricorso tributario. In questa sezione vediamo come funziona il contenzioso per una detrazione sanitaria negata – dal ricorso in primo grado fino all’eventuale Cassazione – e quali argomenti e prove presentare.

Atto impugnabile e termini: tipicamente, per contestazioni da controlli automatici/formali l’atto impugnabile è la Cartella di pagamento emessa dall’Agente della riscossione a seguito del mancato pagamento dell’avviso bonario nei termini . La cartella contiene gli importi dovuti (imposta, sanzione piena, interessi) ed è un atto esecutivo. Il contribuente ha 60 giorni dalla notifica della cartella per proporre ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale (ora denominata Corte di Giustizia Tributaria di Primo Grado dopo la riforma del 2022) . In alcuni casi, se l’Agenzia ha notificato un avviso di accertamento in luogo della cartella (ad es. per omessa dichiarazione), il ricorso va fatto contro tale avviso entro 60 giorni dalla notifica. Nel nostro contesto (spese sanitarie) è più frequente il caso della cartella post-bonario. Ricordiamo che dal 2018 è obbligatorio il reclamo/mediazione per le liti di valore fino a €50.000: in pratica il ricorso introduttivo va prima notificato all’Agenzia come reclamo; se entro 90 giorni non si concilia, il ricorso prosegue automaticamente in CTP. Questo vale anche per le cartelle da 36-ter (controlli formali) .

Svolgimento del giudizio di primo grado (CTP/CGT I°): nel ricorso, il contribuente dovrà articolare i motivi per cui la pretesa è illegittima. Nel caso di detrazioni sanitarie, i motivi di ricorso più comuni sono: – Motivi di fatto: documenti esibiti ma non considerati: es. “L’ufficio ha erroneamente ignorato la fattura X allegata, quindi la detrazione spettava”. – Motivi di diritto (interpretazione normativa): es. “Ha negato la detrazione per spesa rimborsata, in violazione dell’art. 15 TUIR come interpretato dalla Cassazione” (riferimento al caso assicurazione) ; oppure “Ha considerato non a carico una spesa in realtà rimasta a mio carico” (caso di coniuge non a carico con FASI, ecc.). – Vizi formali dell’atto: raramente nelle cartelle da controlli automatici vi sono vizi di notifica o di motivazione, ma è sempre bene controllare. Ad esempio, se la cartella non allegava il dettaglio del calcolo, si può eccepire difetto di motivazione (anche se in genere l’avviso bonario precedente sopperisce a questo) .

Nel ricorso, il contribuente può produrre tutta la documentazione a supporto, anche se non era stata inviata prima all’ufficio. A differenza di altri processi, in quello tributario vige il principio del libero nuovo probatorio (fino al primo grado e, in parte, anche nel secondo) . Quindi, se ad esempio avete ritrovato uno scontrino dopo la cartella, potete comunque presentarlo al giudice; oppure, se l’ufficio aveva rifiutato il prospetto TS, potete sottoporlo al giudice come prova. La Commissione riesaminerà la questione ex novo, senza vincoli su quanto valutato dall’ufficio .

Onere della prova: in materia di oneri detraibili, la giurisprudenza costante pone a carico del contribuente l’onere di provare il diritto alla detrazione esibendo la documentazione richiesta . Ciò significa che in giudizio dovrete convincere il giudice con elementi probatori che avete diritto all’agevolazione. Se arrivate in CTP ancora privi di qualsiasi giustificativo relativo a una spesa, difficilmente la vostra parola basterà. Dovrete almeno procurare prove indirette solide. Ad esempio, nel caso degli scontrini sbiaditi discusso prima, il contribuente in CTR aveva dalla sua il fatto notorio che la carta termica sbiadisce e l’esiguità dell’importo, e ha vinto. Ma se fosse stato un importo grande (es. €1000 non documentati affatto), difficilmente avrebbe ottenuto successo senza pezze giustificative .

Decisione di primo grado: la Commissione può: – Accogliere totalmente il ricorso (annullando la cartella) se ritiene provato che le detrazioni erano spettanti. Ad esempio, se voi esibite tutti i documenti in sede di ricorso, il giudice molto semplicemente dirà che l’imposta non era dovuta. – Accogliere parzialmente (annullamento parziale): se alcune spese le provate e altre no, il giudice potrebbe ridurre l’importo contestato anziché annullarlo tutto. Esempio: contestati €1000, provati €600, il giudice annulla per €600 e conferma per €400 (in tal caso la cartella andrà ricalcolata). – Rigettare il ricorso, confermando la pretesa fiscale: accade se non siete riusciti a fornire prove convincenti oppure se la legge è chiaramente a sfavore (es. pagamento in contanti non tracciato – il giudice deve applicare la legge e darvi torto, salvo improbabili eccezioni di illegittimità costituzionale) .

Le sentenze delle Commissioni tributarie spesso riflettono un giudizio di equità oltre che di stretto diritto. Si trovano esempi di decisioni difformi su casi simili, a seconda dell’orientamento dei giudici locali. Alcuni orientamenti: – Formalismo vs sostanzialismo: molti giudici tributari adottano un approccio sostanziale, ovvero se è chiaro che la spesa c’è stata e l’errore è solo formale (mancato invio di un modulo, mancanza CF su scontrino, lieve ritardo), tendono a dare ragione al contribuente invocando il principio di buona fede e collaborazione (Statuto del contribuente) e la ratio delle norme agevolative. Altri giudici, più formalisti, ritengono che le condizioni di legge vadano rispettate alla lettera e se non lo sono state la detrazione decade. Ad esempio, sull’obbligo di tracciabilità prevedo che molti giudici si attesteranno su una linea formalista: “hai pagato contanti -> niente bonus, amen” . – Spese rimborsate da assicurazione: prima della Cass. 30611/2024 c’erano CTP che davano ragione all’Agenzia e altre al contribuente. Ora, con la Cassazione, ci si aspetta più uniformità a favore del contribuente, essendoci un precedente autorevole che chiarisce la questione . – Scontrini illeggibili: abbiamo citato la CTR Marche 2021 pro-contribuente, ma altrove magari hanno deciso diversamente. Quindi c’è margine interpretativo e può dipendere dal giudice che capita .

Appello (secondo grado): sia il contribuente sia l’Agenzia possono appellare la decisione di primo grado davanti alla Commissione Tributaria Regionale competente (ora Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado). L’appello va proposto entro 60 giorni dalla notifica della sentenza di CTP . In appello, in linea generale, si possono produrre nuovi documenti (solitamente sì, non essendoci preclusioni istruttorie stringenti – fino a che non si introducano domande nuove). Ad esempio, se dopo la sentenza di primo grado recuperate un documento, in teoria potete ancora depositarlo in CTR; è buona regola farlo il prima possibile, poiché se arrivate in appello con prove che avreste potuto presentare prima il giudice potrebbe storcere il naso, ma in teoria deve ammetterle lo stesso . L’appello riesamina i motivi contestati in primo grado. Se in primo grado avete vinto, è l’Agenzia che dovrà convincere i giudici d’appello che la CTP ha sbagliato. Se avete perso, dovete evidenziare errori di giudizio o di valutazione delle prove.

Nelle cause su detrazioni sanitarie, spesso l’appello non viene fatto per questioni di modesta entità, a meno che l’Agenzia non tema un precedente pericoloso. Ad esempio, su pochi euro di scontrini scoloriti, è dubbio che l’Agenzia Marche abbia fatto ricorso per Cassazione dopo aver perso in CTR. Ma su questioni di principio (tipo rimborso assicurazioni) è probabile che l’abbia fatto, finché la Cassazione non si è pronunciata .

Cassazione (terzo grado): l’ultimo grado si occupa solo di questioni di diritto (interpretazione di norme, vizi di motivazione della sentenza di CTR). Non rivede i fatti e non ammette nuovi documenti. Dunque, se la controversia verteva sul fatto “ho o non ho presentato i documenti”, difficilmente arriverà in Cassazione; può invece arrivarci un punto di diritto, es: “il pagamento contanti fa perdere la detrazione? – il contribuente sostiene di no per principio di capacità contributiva”, e la Cassazione si pronuncerà. Finora non risultano pronunce specifiche su questo (pagamenti in contanti), ma come detto su altri punti sì: Cass. 30611/2024 su assicurazioni; Cass. 11810/2015 su spese FASI coniuge non a carico (che anticipò il principio poi recepito nel 2010 da AE); Cass. 16582/2008 su chirurgia estetica non detraibile se non terapeutica; ecc. . La pronuncia di Cassazione è vincolante per quel caso (se cassa con rinvio, la CTR deve adeguarsi) e crea un precedente importante per i casi futuri (pur non esistendo stare decisis rigido in Italia, all’atto pratico orienta molto) .

Costi e valutazioni pratiche: fare ricorso ha dei costi. C’è il contributo unificato (per le commissioni tributarie: €30 se valore fino a 1.100€, €60 fino a 5.200€, €120 fino a 26.000€, €250 fino a 52.000€, e così via) e le spese legali se ci si avvale di un avvocato. In primo grado è ammessa l’auto-difesa per liti fino a €3.000 di valore, ma attenzione: dal 2023 il patrocinio tributario è riservato a professionisti abilitati (D.Lgs. 156/2022), quindi teoricamente anche sotto €3.000 sarebbe richiesto un avvocato/tribtarista iscritto, sebbene questo punto sia dibattuto. In appello l’avvocato è obbligatorio (tranne che per l’Agenzia). Insomma, se la somma contestata è bassa, forse conviene pagare e chiudere lì. Ma se per voi è rilevante non solo economicamente ma anche per principio (magari siete un professionista preciso e volete far valere le ragioni), potete andare avanti, valutando i pro e contro.

Sanzioni e interessi in caso di soccombenza: se il ricorso viene respinto, dovrete pagare l’imposta, i relativi interessi maturati e le sanzioni piene (30%). Inoltre, la Commissione può condannarvi al pagamento delle spese di giudizio in favore dell’Agenzia (di solito qualche centinaio di euro in primo grado, salvo casi complessi) . Notate però: se avevate pagato l’avviso bonario all’inizio, nulla vi vieta di fare comunque ricorso per ottenere il rimborso – infatti nel processo tributario è ammesso impugnare anche il rifiuto di rimborso. Tuttavia, se avete definito bonariamente, è più difficile poi sostenere di avere diritto al rimborso, perché in teoria il pagamento bonario è considerato un’acquiescenza tacita. Ci sono stati casi di contribuenti che, dopo aver pagato per evitare sanzioni, hanno fatto causa per farsi restituire le imposte sostenendo l’illegittimità della pretesa; non sempre con successo, perché l’avviso bonario pagato di per sé non è impugnabile e bisogna inventarsi una via procedurale (come appunto la richiesta di rimborso) .

Giurisprudenza recente in materia: riportiamo alcuni esempi di pronunce rilevanti: – Cass. 30611/2024: (già citata) ha sancito a favore del contribuente la detraibilità delle spese sanitarie rimborsate dall’assicurazione privata, se i premi non sono stati detratti/dedotti . – CTR Marche n. 68/2021: caso degli scontrini illeggibili: la CTR ha dato ragione alla contribuente, affermando il principio che l’onere di conservazione ha limiti temporali ragionevoli e non può tradursi in penalizzazione per cause non imputabili (es. scolorimento dei documenti) . – Cass. 11810/2015: sul coniuge non a carico con fondo sanitario (FASI) – anticipò che le spese mediche rimborsate da un fondo del coniuge non a carico erano comunque detraibili se il contributo non era deducibile. Principio recepito poi dalla circolare AE 21/E/2010 . – Cass. 16582/2008: sugli interventi di chirurgia estetica: ha confermato che non sono detraibili se privi di finalità curativa/terapeutica (quindi spese puramente estetiche escluse; se invece l’intervento aveva scopo funzionale o riparativo va provato con certificazione medica) . – Cass. 16720/2018: ha confermato che le certificazioni mediche sportive (certificato medico per attività sportiva) non sono spese sanitarie detraibili – aspetto minore, ma spesso chi presenta il certificato medico sportivo pensa di detrarlo, mentre non rientra tra gli oneri agevolati . – Cass. 780/2020: ha ritenuto detraibile la spesa per alimenti a fini medici speciali solo se prescritti per specifiche malattie metaboliche, confermando un’interpretazione restrittiva (questo è un tema di nicchia) . – Cass. 13019/2019: in tema di visite specialistiche all’estero, ha confermato che la detrazione spetta analogamente, purché documentate e con traduzione se necessario . – Cass. 22714/2015: sulle cure termali, ha negato la detrazione se non c’era prescrizione medica (che è richiesta come condizione per detrarre le cure termali) .

Questi esempi mostrano che il contenzioso sulle spese sanitarie esiste ma in genere tocca questioni specifiche. Sul piano strettamente documentale, il messaggio chiave dalla giurisprudenza è: il contribuente deve conservare e presentare idonea documentazione, altrimenti difficilmente potrà prevalere. Non a caso, l’Agenzia delle Entrate insiste in ogni sua circolare che “Ai fini della detrazione, il contribuente deve essere in possesso della documentazione comprovante la spesa” .

Detto ciò, la Commissione tributaria è anche un giudice di equità e talora considera le circostanze. Dunque, per concludere questa parte, ribadiamo: preparare un ricorso ben documentato e argomentato aumenta le chance di vittoria, mentre presentarsi senza documenti sperando nella clemenza è molto rischioso .

Passiamo ora a degli esempi concreti che riassumono situazioni tipiche di contestazione e difesa, e infine alle domande frequenti sul tema.

Casi pratici: esempi di contestazione e difesa

Di seguito proponiamo alcuni casi pratici simulati, ispirati a situazioni reali, per illustrare come si sviluppa la contestazione del Fisco e quale potrebbe essere la linea di difesa del contribuente in ciascun scenario.

Esempio 1: Scontrini farmacia smarriti parzialmente
Situazione: il signor Rossi ha indicato nella dichiarazione dei redditi 2022 spese sanitarie per €800 (tra farmaci e ticket). Nel 2023 riceve dall’Agenzia delle Entrate un invito a produrre i documenti relativi. Rossi riesce a trovare scontrini per soli €600: mancano all’appello circa €200 di acquisti in farmacia (probabilmente scontrini persi).
Contestazione del Fisco: dopo aver esaminato i documenti inviati (coprono solo €600 su €800), l’ufficio invia a Rossi una comunicazione di irregolarità contestando €200 di spese non documentate. Viene richiesta maggiore IRPEF di €38 (il 19% di 200) più sanzione ridotta di circa €3,8 e interessi .
Difesa del contribuente: Rossi, pur non trovando gli scontrini mancanti, non si arrende. Si collega al Sistema TS e scarica il prospetto delle sue spese 2022 risultanti: vede che ci sono voci per circa €800, inclusi quei €200 che lui non ha più su carta. Stampa il prospetto e compila una dichiarazione sostitutiva in cui attesta che quei €200 (farmaci acquistati in date X e Y presso la Farmacia Alfa) sono stati sostenuti da lui e che il prospetto TS corrisponde al vero. Invia il tutto via PEC all’Agenzia, chiedendo l’annullamento dell’avviso bonario .
Esito possibile: l’ufficio, verificati i dati, accoglie l’istanza annullando la comunicazione (o emettendone una nuova a zero) poiché riconosce la validità della prova alternativa fornita . Rossi non deve pagare nulla. (Nella peggiore delle ipotesi, se l’ufficio fosse rigido e confermasse l’addebito, Rossi farebbe ricorso in CTP allegando il prospetto TS e l’autocertificazione: è probabile che il giudice gli dia ragione, ritenendo sufficientemente provato che la spesa fu sostenuta – magari citando la circolare AE 14/2023 che equipara il prospetto ai documenti).

Esempio 2: Prestazione specialistica pagata in contanti
Situazione: la signora Bianchi nel 2021 ha effettuato una visita oculistica presso uno studio privato non convenzionato, costo €150, pagando in contanti. Ha regolare fattura intestata a sé, che ha inserito nella dichiarazione 2022.
Contestazione del Fisco: nel 2023 riceve un avviso bonario che le disconosce la detrazione di quella spesa (€150) perché “spesa sanitaria non tracciata (L.160/2019)”. Le vengono richiesti il 19% di 150 = €28,5 di IRPEF, più sanzione ridotta (circa €2,8) e interessi .
Difesa del contribuente: Bianchi, sorpresa, prova a difendersi: invia una memoria all’Agenzia evidenziando che la fattura c’è (allega nuovamente copia) e sostenendo che la modalità di pagamento non cambia la sostanza della spesa medica. Argomenta sul principio di capacità contributiva e sul fatto che l’oculista ha dichiarato il compenso (essendoci fattura) .
Esito possibile: l’Agenzia respinge la memoria, ribadendo che la legge è chiara sull’obbligo di tracciabilità dal 2020 . A questo punto Bianchi valuta se fare ricorso. Consulta un avvocato tributarista, il quale le spiega che non vi sono precedenti favorevoli e che la commissione probabilmente applicherà la norma alla lettera. Stimando costi e benefici, la signora Bianchi decide di non proseguire la lite e paga l’importo dovuto (per fortuna contenuto). Impara per il futuro di usare sempre metodi tracciabili (carta, bancomat) per le visite mediche private . (Nota: se invece Bianchi avesse scoperto che lo studio oculistico era accreditato SSN – ipotesi poco probabile per un oculista privato puro – allora il pagamento in contanti sarebbe stato consentito. In tal caso nel ricorso avrebbe dovuto dimostrare l’accreditamento e quasi certamente avrebbe vinto, poiché l’eccezione di legge l’avrebbe salvata).

Esempio 3: Spese mediche rimborsate da assicurazione
Situazione: il signor Verdi nel 2022 ha subito un intervento chirurgico in una clinica privata per €5.000, pagato interamente dalla sua assicurazione sanitaria privata direttamente all’ospedale. Verdi però ha pagato di tasca propria il premio annuo dell’assicurazione (€1.200) senza poterlo detrarre (eccedeva il limite detraibile di €530). Nella dichiarazione 2023, Verdi – conoscendo la clausola dell’art. 15 TUIR – detrae comunque €5.000 (al 19%, al netto della franchigia).
Contestazione del Fisco: l’Agenzia delle Entrate, vedendo che Verdi ha zero spese nel Sistema TS (poiché ha pagato l’assicurazione) ma ha detratto €5.000, gli invia un avviso bonario negando l’intera detrazione per “spesa non a carico del contribuente, rimborsata da assicurazione”. Importo richiesto: circa €923 di IRPEF (19% di (5000-129,11)), più sanzioni e interessi .
Difesa del contribuente: Verdi predispone una dettagliata istanza di autotutela: allega copia della polizza assicurativa e della documentazione di rimborso, evidenziando che il premio di €1.200 non è stato portato in detrazione né dedotto. Richiama l’art. 15 TUIR e la recente Cassazione 30611/2024 che copre proprio il suo caso . Chiede dunque l’annullamento integrale della contestazione.
Esito possibile: l’ufficio esamina l’istanza. In prima battuta potrebbe essere restio (questi casi non sono noti a tutti i funzionari), ma la citazione della Cassazione mette pressione. La pratica magari viene girata a un funzionario esperto o all’area legale interna, che riconosce la fondatezza. La comunicazione viene annullata totalmente in autotutela . In alternativa, se l’ufficio non cede, Verdi farà ricorso in CTP, dove con ogni probabilità vincerà facendo valere la chiara volontà del legislatore e la giurisprudenza di legittimità a supporto . In conclusione, Verdi non pagherà nulla. (Anzi, potrà continuare a usare questo meccanismo: assicurarsi privatamente e godere sia della copertura sia della detrazione – un incentivo implicito previsto dalla norma stessa).

Esempio 4: Fatture di familiari non a carico erroneamente detratte
Situazione: il signor Neri sostiene spese mediche per la madre anziana (non fiscalmente a carico perché percepisce una pensione sopra soglia) e per il figlio adulto (anche lui non più a carico). Per un errore del suo CAF, nella dichiarazione 2022 vengono inserite anche €300 di spese mediche della madre e €200 del figlio.
Contestazione del Fisco: tramite controllo automatizzato incrociato (visto che i CF di madre e figlio non risultano come familiari a carico di Neri), l’Agenzia disconosce €500 di detrazioni con avviso bonario per “oneri non spettanti – familiari non a carico”, chiedendo circa €95 di imposta più sanzioni .
Difesa del contribuente: Neri, onestamente, si rende conto dell’errore (non avrebbe avuto diritto a detrarle). Decide di non opporsi e paga, magari rivalendosi poi sul CAF per l’errore se rientra nelle garanzie. Sa che la legge non gli consentiva quelle detrazioni, quindi un ricorso sarebbe inutile .
Esito: Neri paga entro 30 giorni la somma richiesta (sanzione ridotta a 1/3). Caso chiuso. (Se invece Neri pensava erroneamente che la madre fosse a carico e volesse dimostrarlo – ipotesi: la madre è disabile e lui fruisce della deduzione per assistenza art. 10 – dovrebbe portare certificati di handicap a sostegno. Ma stiamo complicando: in generale, spese per familiare non a carico non si recuperano).

Esempio 5: Scontrino di occhiali senza codice fiscale
Situazione: la signora Rosa acquista un paio di occhiali da vista nel 2025 per €300. L’ottico le rilascia uno scontrino dove è indicato “occhiali da vista (CE)” e l’importo, ma per dimenticanza non viene riportato il suo codice fiscale. Rosa se ne accorge solo a casa. Poiché ha pagato con carta, conserva sia lo scontrino che la ricevuta della carta. In dichiarazione 2026 include i €300 tra le spese detraibili.
Contestazione del Fisco: nel 2027 riceve una lettera di invito al controllo formale chiedendo la documentazione. L’ufficio nota l’assenza del CF su quello scontrino: quando Rosa invia i documenti, le viene anticipato telefonicamente dal funzionario che “così com’è, lo scontrino per gli occhiali non è valido ai fini fiscali”. Arriverà dunque verosimilmente un avviso bonario negando €300 di detrazione .
Difesa del contribuente: Rosa corre dall’ottico spiegando la situazione. L’ottico, riconoscendo l’errore, si rende disponibile: emette una fattura correttiva intestata a Rosa per €300 (stornando contabilmente lo scontrino precedente). Rosa invia immediatamente via PEC all’Agenzia la nuova fattura con una nota di spiegazioni.
Esito possibile: l’Agenzia accetta la fattura correttiva e decide di non iscrivere a ruolo i €300. Il controllo formale si chiude senza rilievi perché ora c’è un documento regolare con CF . (Se invece l’ottico non avesse collaborato, Rosa avrebbe fatto ricorso allegando lo scontrino originario, la ricevuta carta intestata e una propria dichiarazione sostitutiva: l’esito sarebbe stato incerto, ma avrebbe potuto sperare in un giudice sostanzialista data la prova del pagamento a suo nome).

Domande frequenti (FAQ)

D: Posso detrarre le spese sanitarie anche se le ho pagate in contanti?
R: Dipende dal tipo di spesa e dall’anno. Fino al 2019, sì: il pagamento in contanti non incideva sulla detrazione (bastava avere lo scontrino/fattura). Dal 2020 in poi, per la maggior parte delle spese sanitarie la legge richiede il pagamento tracciabile (niente contanti) come condizione per detrarre . Eccezioni: l’acquisto di medicinali e dispositivi medici e le prestazioni erogate da strutture pubbliche o private accreditate SSN: per queste è ancora ammesso il contante . Quindi, se hai pagato in contanti una visita in uno studio privato nel 2021, no, non puoi detrarla legalmente. Se invece hai pagato in contanti dei farmaci in farmacia, , puoi detrarli (lo scontrino parlante basta). Attenzione: il requisito riguarda le persone fisiche nella dichiarazione dei redditi; non si applica a rimborsi spese in ambito professionale o aziendale .

D: Ho accettato il 730 precompilato senza modificare le spese mediche: devo comunque conservare scontrini e fatture?
R: La normativa recente dice che se non modifichi i dati precompilati sulle spese sanitarie, non sei tenuto a conservare i relativi documenti ai fini dei controlli . In caso di verifica, infatti, il CAF o l’Agenzia potranno basarsi sul prospetto delle spese comunicato dal Sistema Tessera Sanitaria, accompagnato da una tua dichiarazione sostitutiva . Dunque, in teoria, per stare tranquilli basterebbe conservare il prospetto TS e la propria dichiarazione sostitutiva. Detto ciò, per prudenza, se possibile conserva comunque almeno le fatture più importanti: non fa male, anche perché il prospetto TS elenca importi aggregati ma non sempre dettaglia ogni voce come un documento originale. Invece, se hai modificato o aggiunto spese sanitarie rispetto al precompilato, allora , devi conservare e poter esibire i documenti relativi a quelle spese aggiunte .

D: Le spese mediche sostenute all’estero sono detraibili? Quali documenti servono?
R: , le spese sanitarie all’estero sono detraibili allo stesso modo di quelle in Italia, purché rispettino requisiti analoghi. Dovrai avere la fattura o ricevuta rilasciata dal medico/ospedale estero, preferibilmente intestata a te. Se è in lingua straniera, per importi rilevanti è consigliabile far fare una traduzione in italiano almeno delle parti essenziali (nominativo, prestazione, importo). In alcuni casi l’AE può chiedere traduzione giurata (specie se la lingua non è inglese/francese/spagnolo, o se la descrizione non è chiara). Se la valuta non è euro, conviene allegare il calcolo in euro al cambio del giorno del pagamento (o l’estratto conto con l’addebito in euro). Ricorda: se hai pagato nel 2020 o dopo, devi aver usato un mezzo tracciabile anche all’estero (es. carta) salvo il caso di acquisto di farmaci o prestazione in ospedale pubblico estero (stesse eccezioni di cui sopra). Inoltre, conserva eventuali prescrizioni mediche se la prestazione è particolare (es. cure termali all’estero, acquisto di occhiali all’estero – devi poter provare che sono dispositivi medici) .

D: Posso detrarre le spese mediche di un familiare non fiscalmente a carico, ad esempio mio padre pensionato che però pago io?
R: No, in generale non è consentito. Le detrazioni d’imposta spettano solo per le spese proprie o di familiari fiscalmente a carico (che abbiano un reddito sotto le soglie di legge) . Se tuo padre/madre non è a tuo carico ai fini IRPEF, le sue spese mediche potrà detrarle solo lui nella sua dichiarazione (se ha imposta capiente), altrimenti vanno perse. Eccezioni: spese per familiari disabili rientranti tra quelle deducibili (assistenza specifica) possono spettare anche se il disabile non è a carico, ma qui parliamo di deduzione ex art. 10 TUIR e non di detrazione 19%. Un’altra eccezione particolare riguarda appunto i contributi a fondi sanitari: ad es., se sei un pensionato ex-dipendente e versi a un fondo che rimborsa spese al coniuge non a carico, quelle spese sono detraibili (caso FASI chiarito da AE nel 2010) . Ma nelle situazioni ordinarie (es. un genitore paga l’operazione per un figlio lavoratore non a carico), no, il genitore non può detrarre.

D: Mio figlio è a mio carico al 50%. Possiamo detrarre entrambi le sue spese mediche?
R: Sì, potete suddividere la detrazione in base a chi ha sostenuto la spesa. In pratica, se il figlio è fiscalmente a carico di entrambi i genitori (al 50% ciascuno per le detrazioni per carichi di famiglia), ciascun genitore può detrarre la quota di spesa che effettivamente ha pagato. Se non è distinguibile chi ha pagato cosa, per prassi si considera metà ciascuno. Ad esempio, se ci sono €1000 di spese mediche per il figlio, di cui magari €600 pagati dal padre e €400 dalla madre, il padre detrae €600 e la madre €400 (ciascuno applicherà la franchigia solo sulla propria quota). È importante indicare correttamente in dichiarazione la propria quota. Il documento di spesa può essere intestato al figlio; in caso di controllo, per evitare dubbi, è utile annotare a penna sulla fattura “pagato €X da padre e €Y da madre”. Se ve ne dimenticate, potete comunque farlo poi esibendo la fattura annotata. L’importante è non superare in due il 100% della spesa (niente doppia detrazione). Nel 730 precompilato, di solito, le spese dei figli a carico vengono automaticamente attribuite al 50% ciascun genitore, salvo diversa indicazione (che potete fornire se la ripartizione non è metà e metà) .

D: L’Agenzia delle Entrate mi contesta una detrazione per un intervento di chirurgia estetica, sostenendo che non è detraibile. È corretto?
R: Dipende dalla natura dell’intervento. Le spese mediche estetiche/puramente voluttuarie non rientrano tra quelle agevolabili, perché non hanno finalità curativa o terapeutica. Se l’intervento non era “necessario” per la salute ma solo per miglioramento estetico, l’Agenzia fa bene a negare la detrazione. Ad esempio, un intervento di chirurgia plastica esclusivamente estetico (rinoplastica estetica, mastoplastica additiva solo per aspetto, ecc.) di norma non è detraibile. Diverso se l’intervento aveva uno scopo funzionale o riparativo (es. una settoplastica per gravi problemi respiratori, una ricostruzione dopo un incidente, un intervento bariatrico per obesità patologica): in questi casi è spesa sanitaria. In caso di contestazione, puoi difenderti presentando documentazione medica che attesti la necessità terapeutica dell’intervento. Ad esempio, un certificato del chirurgo che spieghi che l’operazione era volta a correggere una malformazione congenita che causava problemi funzionali. Se riesci a dimostrare che c’era un fine curativo, la detrazione va riconosciuta; altrimenti l’ufficio (e i giudici) la negheranno, poiché le spese “volontarie” per migliorare l’aspetto non rientrano tra gli oneri detraibili (lo conferma sia la prassi AE sia la giurisprudenza) .

D: Quali sanzioni si applicano se il Fisco mi toglie una detrazione medica?
R: La detrazione “tolta” significa che hai versato meno imposte di quelle dovute. Si tratta quindi di imposta non pagata, per cui la sanzione ordinaria è il 30% dell’imposta non versata (art. 13 D.Lgs. 471/97). Però nelle fasi di controllo automatizzato/formale la legge prevede sanzioni ridotte: nell’avviso bonario la sanzione è ridotta ad un terzo, quindi circa il 10% . Se paghi entro 30 giorni dall’avviso bonario, ti fermi a quella sanzione ridotta (oltre agli interessi). Se invece non paghi e si va in cartella, si applica il 30% pieno. In caso di ricorso, se vinci ovviamente non paghi nulla; se perdi, pagherai il 30% + interessi (oltre eventualmente alle spese di giudizio). Facciamo un esempio: detrazione indebita su €1000 di spese → imposta evasa €190. In bonario ti chiedono €190 + €19 di sanzione + interessi; in cartella sarebbero €190 + €57 di sanzione + interessi. Pagando subito risparmi quindi la differenza di sanzione (€38 in questo caso). Conclusione: se ritieni la contestazione corretta, ti conviene sempre pagare in fase bonaria per sfruttare la riduzione della sanzione .

D: Per quanto tempo devo conservare scontrini e fatture delle spese mediche?
R: Dovresti conservarli fino alla scadenza dei termini di accertamento, ovvero almeno per 5 anni dal 31 dicembre dell’anno di presentazione della dichiarazione a cui si riferiscono (molti suggeriscono 6 anni, per avere margine). Ad esempio, i documenti relativi alla dichiarazione dei redditi 2022 (presentata nel 2023) vanno tenuti fino al 31/12/2028 . Il controllo formale di solito avviene entro 2 anni, ma un accertamento (se ad esempio ometti la dichiarazione o emergono altri fatti) può avvenire entro 5 anni. Inoltre, se fai dichiarazioni integrative o correttive, il termine si sposta in avanti. Dunque 5 anni pieni sono la regola. Se hai accettato la precompilata senza modifiche, teoricamente non sei obbligato a conservare i documenti sanitari (come da circolare AE 14/2023) , ma per prudenza molti consigliano di tenerli almeno un paio d’anni nel cassetto. In caso di contenzioso in Commissione Tributaria, sappi che il giudice ha riconosciuto che non serve conservarli “in eterno”, ma solo entro i termini di legge , quindi nessuna sanzione se li butti dopo quel periodo. (Certo, se poi fai ricorso e non hai più i documenti, sarà un problema tuo provarlo al giudice).

D: Ho ricevuto una comunicazione di irregolarità per spese mediche contestate. Posso rivolgermi subito al giudice per bloccarla?
R: No, la comunicazione di irregolarità (avviso bonario) non è impugnabile direttamente davanti alla Commissione Tributaria, perché non è un atto impositivo definitivo. Devi prima eventualmente fornire chiarimenti o pagare. Solo se non rispondi/non paghi e l’Agenzia procede iscrivendo a ruolo le somme (ovvero emettendo la cartella di pagamento), avrai un atto impugnabile (la cartella) contro cui presentare ricorso . Un’eccezione: se per caso l’Agenzia ti notificasse un avviso di accertamento in sostituzione dell’avviso bonario (cosa rara in questi casi), quello sarebbe impugnabile entro 60 giorni. Ma in genere per detrazioni si passa per la fase bonaria. Durante la fase bonaria, tuttavia, puoi interloquire con l’ufficio e far correggere errori senza bisogno del giudice (tramite memorie difensive, come abbiamo spiegato). Solo dopo la cartella (o in caso di diniego espresso di autotutela) potrai andare in CTP. Nota: talvolta, se l’importo è elevato e urgente, potresti valutare di pagare e poi impugnare come rimborso, ma è più complicato; conviene seguire l’iter ordinario .

D: In sede di ricorso, posso presentare documenti che non avevo presentato prima all’Agenzia?
R: Sì. Nel processo tributario, a differenza del civile ordinario, puoi produrre nuovi documenti in qualsiasi grado di merito (primo e secondo) a sostegno della tua tesi, senza particolari preclusioni temporali . Quindi, se ad esempio trovi uno scontrino dopo aver ricevuto la cartella, puoi allegarlo al ricorso e il giudice lo valuterà. Chiaramente è meglio presentarli il prima possibile: il giudice potrebbe essere infastidito se arrivi in appello con documenti che potevi già esibire in primo grado, ma in teoria li deve ammettere comunque . In Cassazione invece no, perché lì si discutono solo questioni di diritto e i fatti devono essere già accertati nelle fasi precedenti. Dunque, in breve: , puoi (anzi devi) presentare al giudice tutti i documenti utili, anche se l’Agenzia non li ha visti prima – il tuo scopo è convincere il giudice, non più il funzionario .

D: Ho ricevuto la cartella per detrazioni indebite ma l’importo è modesto (meno di €50). Posso evitare di fare ricorso e sperare che lascino perdere?
R: Attenzione: se la cartella è stata emessa, vuol dire che l’importo supera la soglia minima di iscrizione a ruolo (che è €20 di imposta, o €10 – attualmente sembra €30 di tributi). Sotto certi importi l’Agenzia non dovrebbe neanche fare la cartella. Se per caso l’importo richiesto è sotto €30 di imposta, verifica bene perché potrebbe esserci un errore. Ma supponiamo sia €40: formalmente devi pagarla o fare ricorso se non sei d’accordo. Non confidare che “lascino perdere”: una volta che c’è la cartella, se non paghi si accumulano interessi e possono attivare comunque procedure (fermo amministrativo, pignoramenti, ecc., magari per cifre piccole sommate ad altre). Piuttosto, se il valore è basso, sappi che se fai ricorso puoi beneficiare dell’esonero dall’assistenza tecnica (puoi difenderti da solo fino a €3.000 di valore). E ricorda che esiste la possibilità di chiedere la sospensione della cartella al Presidente della CTP se presenti un’istanza di sospensione cautelare e dimostri che il pagamento ti arreca danno grave o che ci sono motivi fondati di vittoria. Per €40 probabilmente non ne vale la pena: pagala e fine. Tieni anche conto che per liti fino a €50.000 c’è il reclamo-mediazione: potresti proporre all’Agenzia di chiudere pagando solo il tributo senza sanzione (talvolta in mediazione l’AE riduce le sanzioni). Ma su importi così piccoli, di nuovo, la strada più efficiente è chiudere con il pagamento, a meno che tu non abbia un principio importante da affermare .

D: Il mio CAF ha sbagliato a inserire una spesa, facendomi detrarre più del dovuto, e ora ho la cartella. Posso rivalermi su di loro?
R: Potenzialmente , ma prima devi comunque sistemare la questione col Fisco. Se il CAF (o professionista abilitato) ha apposto il visto di conformità sul tuo 730, risponde nei confronti dell’Agenzia per le sanzioni e per l’imposta (fino a un certo tetto) qualora l’errore sia dovuto a loro negligenza od omissione. Devi presentare una domanda di annullamento al CAF e all’Agenzia, citando la normativa sul responsabile dell’assistenza fiscale (art. 39 D.Lgs. 241/1997). Tuttavia, spesso il meccanismo prevede che tu paghi e poi il CAF ti rimborsa. Molti CAF hanno polizze assicurative che coprono questi casi. Se l’errore è palese e imputabile al CAF, rivolgiti subito a loro fornendo copia della comunicazione/cartella: dovrebbero attivarsi per pagare al tuo posto o rimborsarti le somme versate, comprese le sanzioni (che per legge sono a carico loro) . Attenzione che questo vale per i CAF o professionisti che mettono il visto sul 730: se hai fatto da solo o l’errore è tuo, ovviamente no. Quindi sì, informati sui tuoi diritti: molti contribuenti non sanno che il CAF risponde degli errori sul 730 (difatti viene pagato per controllare). In caso di inerzia, puoi anche citare il CAF per danni, ma di solito si risolve bonariamente senza arrivare in tribunale.

D: Parte delle mie spese mediche è stata rimborsata dalla mutua integrativa aziendale, il resto l’ho pagato io. Posso detrarre la parte non rimborsata?
R: Sì, esattamente. Devi scorporare le spese rimborsate da quelle rimaste a tuo carico. In dichiarazione dovresti indicare solo la quota rimasta effettivamente a tuo carico. Ad esempio, €1000 di spese di cui €700 rimborsati dal fondo sanitario e €300 no: tu potrai detrarre €300. Se hai indicato l’intero importo per errore e il Fisco se ne accorge, dovrai dimostrare la ripartizione. Il principio è: niente detrazione sulla parte coperta da contributi esentasse o da rimborsi non tassati (come spiegato sopra), ma la parte che hai pagato di tasca tua senza rimborso è detraibile. Se l’Agenzia ti contesta tutto, fornisci la documentazione del fondo che attesta quanto ti ha rimborsato, e chiedi che venga riconosciuta almeno la quota non rimborsata. Normalmente lo fanno (può darsi abbiano contestato tutto per eccesso di zelo). Quindi sì, la parte non rimborsata resta detraibile. Se invece avevi erroneamente detratto anche la parte rimborsata, preparati a restituire quella quota di detrazione indebitamente fruita .

D: È vero che detrarre spese mediche false può portare a conseguenze penali?
R: , se le cifre sono rilevanti e c’è dolo, può configurarsi un reato tributario. Inserire in dichiarazione spese mediche mai sostenute, soprattutto se di importo elevato e magari corredandole con documenti falsi, può integrare la dichiarazione fraudolenta (punita penalmente) ai sensi del D.Lgs. 74/2000 . La semplice esagerazione può al limite costituire “dichiarazione infedele” se l’imposta evasa supera €50.000 (soglia penale). Ad esempio, uno che “si inventa” €20.000 di spese mediche detraendone il 19% (cioè risparmiando €3.800 d’imposta) non raggiunge 50k evasi, quindi penalmente non rileva come infedele; ma se produce fatture false per provarle, allora è fraudolenta (la soglia in tal caso è €30.000 di imposta evasa, o anche senza soglia se c’è uso di artifici) e potrebbe essere perseguito . In pratica, casi del genere non sono comunissimi, ma sono possibili indagini se l’Agenzia scopre un giro di ricevute false (è successo, ad esempio, con false fatture mediche per terapie mai effettuate). Per il contribuente medio, il rischio principale è una grossa multa amministrativa. Tuttavia, è bene sapere che la frode sulle detrazioni è comunque un reato (dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici) e quindi… meglio non farlo! Usare spese mediche inesistenti per pagare meno tasse è non solo eticamente scorretto ma anche potenzialmente un guaio penale oltre che fiscale .

D: Cosa posso fare per evitare future contestazioni sulle mie spese sanitarie?
R: Ecco alcuni consigli pratici: – Conserva sempre con cura i documenti fiscali delle spese mediche per almeno 5-6 anni. Fotocopia o fotografa quelli su carta termica. Archiviali in modo ordinato per anno . – Verifica subito i documenti al momento dell’emissione: controlla che su scontrini e fatture ci siano il tuo nome/C.F., la descrizione chiara e tutti i dati richiesti. In farmacia, dai sempre la tessera sanitaria; dal medico, chiedi fattura col tuo codice fiscale . – Paga con metodi tracciabili visite, esami e prestazioni in studi privati (obbligatorio dal 2020). Usa preferibilmente carte o bonifico, così hai anche l’estratto conto come prova . – Usa il 730 precompilato se ti è comodo: contiene già le spese mediche note, riducendo errori. Se aggiungi spese manualmente, assicurati che siano documentate e comunica eventuali aggiunte al CAF (che ti chiederà i documenti) . – Non buttare subito gli scontrini se usi la precompilata: anche se teoricamente non devi conservarli, almeno scarica e conserva il prospetto TS e fatti rilasciare dal CAF un’attestazione di averli ricevuti (o firma del prospetto). È un eccesso di cautela, ma male non fa . – In caso di dubbi, chiedi al medico/farmacista: ad esempio, se acquisti un prodotto “borderline” (tipo integratori) e non sai se è detraibile, informati. Solo farmaci e dispositivi medici lo sono in quella categoria, gli integratori no. – Non inventare nulla e non gonfiare le spese: detrazioni fasulle o aumentate artatamente sono un boomerang. Dichiara solo ciò che puoi dimostrare. – Se ti rimborsano, calcola bene cosa detrarre: togli la parte rimborsata (salvo i casi leciti come l’assicurazione privata pagata da te, visti sopra) . – Tieni traccia dei familiari a carico: se un figlio esce dal tuo nucleo fiscale perché inizia a lavorare, ricordati di non detrarre più le sue spese da quell’anno in poi. Aggiorna la situazione a ogni dichiarazione. – Affidati a un professionista se hai molte spese particolari: un bravo fiscalista/tributarista ti aiuterà a predisporre tutto in modo regolare e potrà rappresentarti in caso di controlli, evitandoti errori che portano a contestazioni .

Seguendo queste linee guida, minimizzerai la probabilità di contestazioni e, qualora dovessero avvenire, sarai in grado di difenderti efficacemente con tutti i documenti in regola. In caso di controversie complesse, non esitare a rivolgerti a un consulente fiscale o a un avvocato tributarista, soprattutto per preparare memorie difensive ben fondate entro i termini ristretti dei procedimenti di controllo .

Conclusione

Le detrazioni per spese sanitarie rappresentano un importante beneficio fiscale, ma richiedono attenzione e disciplina da parte del contribuente. Dal punto di vista del debitore – cioè di chi si vede contestare dal Fisco tali detrazioni – occorre sempre tenere a mente che la chiave di volta è la documentazione. Come abbiamo visto, il sistema fiscale italiano concede il risparmio d’imposta solo in presenza di idonei giustificativi: fatture, ricevute e scontrini parlanti sono i “passaporti” delle nostre spese mediche nel percorso della dichiarazione dei redditi . Senza di essi, o se essi presentano vizi formali, il rischio di vedersi disconoscere il beneficio è concreto .

Allo stesso tempo, il contribuente dispone di importanti mezzi di tutela: dal contraddittorio preventivo (avviso bonario) che consente di chiarire malintesi o rimediare a omissioni, fino al ricorso dinanzi a un giudice tributario terzo che valuterà nel merito la pretesa fiscale . Abbiamo visto come, in sede difensiva, sia possibile far valere la sostanza economica sulla forma in talune circostanze (come nel caso degli scontrini sbiaditi o di errori scusabili) e come la giurisprudenza talora sostenga i contribuenti in buona fede .

La normativa italiana sulle detrazioni sanitarie è in continua evoluzione, introducendo nuovi obblighi (es. tracciabilità dei pagamenti) ma anche semplificazioni (es. uso del Sistema TS per la documentazione) per stare al passo con la digitalizzazione e il contrasto agli abusi . È fondamentale restare aggiornati: ciò che era valido fino a ieri (pagare in contanti) oggi potrebbe far perdere il diritto allo sconto fiscale; e ciò che ieri richiedeva chili di carta (scontrini fisici) oggi può essere gestito con un file digitale autenticato.

Per il contribuente-debitore che voglia difendersi efficacemente, il messaggio finale è duplice: prevenzione e azione. Prevenzione significa curare fin dall’origine la regolarità formale delle proprie spese mediche – in modo da evitare sul nascere contestazioni. Azione significa, quando la contestazione arriva, reagire prontamente e consapevolmente, esercitando i propri diritti di contraddittorio e difesa con cognizione di causa. Ignorare o rimandare, in questo campo, può costare caro (l’avviso bonario ignorato diventa cartella con sanzione piena) .

In questa guida abbiamo illustrato come analizzare un avviso bonario, come predisporre una memoria difensiva con allegati probatori, come – se necessario – impugnare l’atto davanti alla giustizia tributaria, avvalendosi magari dei più recenti orientamenti giurisprudenziali a favore (come Cass. 30611/2024 sui rimborsi assicurativi) . Il contribuente ha dalla sua anche alcune garanzie procedurali, ad esempio il fatto che senza il previo avviso bonario la successiva cartella sarebbe nulla per difetto di contraddittorio (nel controllo 36-ter, è principio affermato dalla Corte Costituzionale) . Conoscere queste tutele aiuta a far valere le proprie ragioni.

In conclusione, “come difendersi” dalle contestazioni sulle detrazioni sanitarie si traduce in “come far valere la verità delle proprie spese”. Se hai davvero sostenuto quei costi e ne hai diritto, devi poterlo dimostrare con i mezzi appropriati; il sistema fiscale, pur rigido nelle regole, offre canali per far emergere la realtà effettiva (talora con una dichiarazione integrativa, talora davanti a un giudice terzo). Se invece la contestazione evidenzia un tuo errore, la difesa intelligente consiste nel riconoscerlo per tempo, beneficiando di sanzioni ridotte ed evitando escalation .

Ci auguriamo che questa guida avanzata – ricca di fonti normative e giurisprudenziali aggiornate, tabelle riepilogative e FAQ – possa servire da vademecum sia ai professionisti (avvocati tributaristi, commercialisti) sia ai contribuenti più scrupolosi, per orientarsi nel dedalo di regole sulle detrazioni sanitarie e affrontare con successo eventuali rilievi del Fisco.

Fonti:

  • D.P.R. 917/1986, art. 15 (Testo Unico Imposte sui Redditi, detrazioni per oneri)
  • Legge 160/2019, art. 1 co. 679 (obbligo di tracciabilità pagamenti per detrazioni dal 2020)
  • D.Lgs. 471/1997, art. 13 (sanzione 30% imposta non versata)
  • Cassazione Civ. Sez. V, sent. 30611/2024 (detraibilità spese mediche rimborsate da assicurazione privata)
  • Cassazione Civ. Sez. V, sent. 11810/2015 (detraibilità spese FASI coniuge non a carico)
  • Cassazione Civ. Sez. V, sent. 16582/2008 (no detrazione per chirurgia estetica non terapeutica)
  • CTR Marche, sent. 68/2021 (onere di conservazione documenti e scontrini illeggibili)
  • Agenzia Entrate – Circolare n. 14/E del 19/06/2023 (utilizzo prospetto Tessera Sanitaria come documentazione)
  • Agenzia Entrate – Circolare n. 6/E del 29/05/2025 (chiarimenti detrazioni 2025, rimborsi assicurativi)
  • Statuto del Contribuente (L. 212/2000), art. 10 (tutela dell’affidamento e buona fede del contribuente)
  • Circolare del 29/05/2025 n. 6 – Agenzia delle Entrate

Hai ricevuto un avviso dall’Agenzia delle Entrate perché ti vengono contestate spese mediche detratte senza fattura o scontrino parlante? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Hai ricevuto un avviso dall’Agenzia delle Entrate perché ti vengono contestate spese mediche detratte senza fattura o scontrino parlante?
Vuoi sapere cosa rischi e come puoi difenderti da queste contestazioni?

Le spese mediche sono detraibili dall’IRPEF al 19% solo se documentate da fatture, ricevute o scontrini parlanti che riportino il codice fiscale del contribuente. In mancanza di questi requisiti formali, l’Agenzia delle Entrate può disconoscere la detrazione e recuperare le imposte, ritenendo le spese non comprovate.

👉 Prima regola: conserva sempre documenti fiscali validi e dimostra la reale effettuazione delle prestazioni sanitarie.


⚖️ Quando scattano le contestazioni

  • Spese indicate in dichiarazione senza documentazione fiscale valida;
  • Ricevute o fatture non intestate al contribuente che chiede la detrazione;
  • Scontrini generici senza codice fiscale e natura della prestazione;
  • Documenti smarriti o non esibiti in caso di controllo;
  • Pagamenti non tracciati per prestazioni che ne richiedevano la tracciabilità.

📌 Conseguenze della contestazione

  • Perdita della detrazione per le spese mediche contestate;
  • Recupero delle imposte non versate;
  • Sanzioni dal 90% al 180% dell’imposta accertata;
  • Interessi di mora;
  • Rischio di controlli su altre detrazioni fiscali.

🔍 Cosa verificare per difendersi

  • Esistenza di documentazione alternativa (ricevute, cartelle cliniche, prescrizioni mediche);
  • Pagamenti tracciabili: esistono bonifici, carte di credito o bancomat collegati alle prestazioni?
  • Intestazione dei documenti: il beneficiario della detrazione è correttamente indicato?
  • Motivazione della contestazione: l’Agenzia ha chiarito quali spese non sono state riconosciute?
  • Applicazione della normativa: alcune spese sanitarie sono ammesse anche con ricevute particolari.

🧾 Documenti utili alla difesa

  • Fatture, ricevute o scontrini parlanti originali;
  • Estratti conto bancari o carte di credito con i pagamenti;
  • Prescrizioni mediche e cartelle cliniche;
  • Comunicazioni delle strutture sanitarie (ospedali, laboratori, farmacie);
  • Dichiarazione dei redditi presentata con dettaglio delle spese.

🛠️ Strategie di difesa

  • Dimostrare l’effettiva natura sanitaria delle spese con documenti integrativi;
  • Contestare la revoca della detrazione se le spese erano ammesse per legge anche senza fattura;
  • Correggere errori formali con dichiarazioni integrative o ravvedimento operoso;
  • Eccepire vizi dell’accertamento: motivazione insufficiente, errori di calcolo, decadenza dei termini;
  • Richiedere autotutela se le prove erano già agli atti ma ignorate;
  • Ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro 60 giorni per annullare la contestazione.

🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

📂 Analizza le spese mediche contestate e i documenti prodotti;
📌 Verifica la legittimità della revoca della detrazione;
✍️ Predispone memorie difensive e ricorsi tributari;
⚖️ Ti rappresenta davanti alla Corte di Giustizia Tributaria;
🔁 Suggerisce strategie preventive per una gestione corretta delle spese mediche in dichiarazione.


🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in detrazioni fiscali e contenzioso tributario;
✔️ Specializzato in difesa di contribuenti contro contestazioni su spese mediche;
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.


Conclusione

Le contestazioni dell’Agenzia delle Entrate sulle spese mediche detratte senza fattura non sempre sono fondate: spesso derivano da errori formali o da mancata valutazione di documenti alternativi.
Con una difesa mirata puoi dimostrare la legittimità della detrazione, evitare il recupero indebito di imposte e ridurre drasticamente sanzioni e interessi.

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  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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