Hai ricevuto una contestazione dall’Agenzia delle Entrate perché non è stata pagata l’imposta di registro sui contratti di locazione? In questi casi, l’Ufficio presume che l’omissione sia un tentativo di eludere gli obblighi fiscali legati ai contratti di affitto, e procede al recupero delle somme dovute con applicazione di sanzioni e interessi. Tuttavia, non sempre la contestazione è corretta: esistono margini difensivi per ridurre o annullare la pretesa fiscale.
Quando l’Agenzia delle Entrate contesta l’imposta di registro
– Se il contratto di locazione non è stato registrato entro 30 giorni dalla stipula
– Se la registrazione è avvenuta, ma senza il versamento dell’imposta dovuta
– Se i pagamenti annuali successivi alla prima registrazione non sono stati effettuati
– Se vi sono incongruenze tra i dati comunicati dalle parti e quelli registrati
– Se l’Ufficio presume che il contratto sia stato volutamente occultato per evitare il versamento
Conseguenze della contestazione
– Recupero dell’imposta di registro non versata
– Applicazione di sanzioni per omesso o tardivo pagamento
– Interessi di mora sulle somme accertate
– Rischio di nullità fiscale del contratto e perdita di tutele legali
– Maggiori controlli su eventuali altri contratti stipulati dalle stesse parti
Come difendersi dalla contestazione
– Dimostrare che il pagamento è stato effettuato con F24 o ricevute ma non correttamente registrato dall’Agenzia
– Produrre documentazione che attesti errori di calcolo o di competenza nell’imposta contestata
– Regolarizzare spontaneamente la posizione con ravvedimento operoso per ridurre le sanzioni
– Evidenziare vizi di motivazione o difetti di notifica nell’atto di accertamento
– Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per chiedere l’annullamento totale o parziale della pretesa
Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare il contratto di locazione e la documentazione fiscale collegata
– Verificare la legittimità della contestazione e la corretta applicazione delle norme
– Redigere un ricorso fondato su prove concrete e vizi formali dell’accertamento
– Difendere locatore o conduttore davanti ai giudici tributari contro richieste indebite
– Tutelare il patrimonio personale da sanzioni sproporzionate e da conseguenze patrimoniali
Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale della contestazione
– La riduzione o eliminazione di sanzioni e interessi non dovuti
– Il riconoscimento della regolarità del contratto e dei pagamenti effettuati
– La sospensione delle richieste di pagamento già avviate
– La certezza di pagare solo quanto realmente previsto dalla legge
⚠️ Attenzione: il ricorso contro la contestazione deve essere presentato entro 60 giorni dalla notifica dell’atto. Se non si agisce per tempo, la pretesa diventa definitiva.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e locazioni – spiega come difendersi in caso di contestazioni per omesso pagamento dell’imposta di registro e come tutelare i tuoi diritti.
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Introduzione
Le locazioni immobiliari in Italia sono soggette a un importante adempimento fiscale e civilistico: la registrazione del contratto e il pagamento della relativa imposta di registro. La legge impone infatti di registrare presso l’Agenzia delle Entrate ogni contratto di locazione (affitto) di beni immobili entro 30 giorni dalla stipula (o dalla decorrenza, se antecedente) . L’imposta di registro è dovuta nella misura del 2% del canone annuo (con un minimo di 67 €) per i contratti di locazione ad uso abitativo ordinari , salvo agevolazioni ed esenzioni particolari (ad esempio con cedolare secca l’imposta di registro non è dovuta ).
Omesso pagamento dell’imposta di registro significa in pratica non aver registrato il contratto nei termini (mancato versamento dell’imposta iniziale) oppure non aver versato le imposte dovute per le annualità successive, proroghe o risoluzioni del contratto. In entrambi i casi si tratta di violazioni che comportano sanzioni fiscali anche rilevanti . Inoltre, soprattutto per i contratti di locazione abitativa, la mancata registrazione entro 30 giorni comporta la nullità civilistica del contratto stesso , con pesanti conseguenze per il locatore (ad esempio impossibilità di sfrattare l’inquilino con la procedura speciale finché il contratto resta non registrato, o di pretendere legalmente i canoni non pagati perché il contratto è nullo). Pertanto, le contestazioni dell’Agenzia delle Entrate in materia di imposta di registro possono riguardare sia l’aspetto tributario (recupero dell’imposta non pagata e irrogazione di sanzioni), sia riverberarsi sulla validità del contratto di locazione.
Questa guida – aggiornata ad agosto 2025 e corredata da fonti normative, prassi e giurisprudenza recente – esaminerà in dettaglio la disciplina italiana sull’imposta di registro delle locazioni e fornirà indicazioni avanzate su come difendersi da contestazioni di omesso pagamento. Il taglio è pratico e giuridico-divulgativo, utile sia ai professionisti (avvocati, commercialisti) sia ai privati e imprenditori che si trovino nel ruolo di debitore verso il Fisco per imposta di registro non versata. Verranno trattati:
- Gli obblighi di registrazione e pagamento imposte per le diverse tipologie di contratti (locazioni brevi, canone concordato, opzione cedolare secca, ecc.), con la relativa normativa di riferimento;
- Le sanzioni previste in caso di omessa registrazione o omessi versamenti, con possibilità di ravvedimento operoso per sanare la violazione;
- Le conseguenze civilistiche (nullità del contratto e tutela delle parti) derivanti dalla mancata registrazione;
- Le procedure di accertamento e riscossione adottate dall’Amministrazione finanziaria (avviso di liquidazione, cartella esattoriale) e come affrontarle;
- Le strategie difensive nel contenzioso tributario, i termini di decadenza e prescrizione, gli strumenti di tutela (ricorsi, istanze, ecc.);
- Rassegna di sentenze aggiornate e casi pratici con simulazioni di possibili atti difensivi (motivi di ricorso, eccezioni sollevabili, modelli di argomentazione).
L’obiettivo è fornire una guida completa per il contribuente (tipicamente il locatore, ma anche il conduttore in solido responsabile) su come reagire e difendersi efficacemente quando riceve una contestazione per imposta di registro non pagata su un contratto di locazione, il tutto dal punto di vista del debitore e nel rispetto della normativa italiana vigente.
Obbligo di registrazione dei contratti di locazione e soggetti obbligati
La registrazione dei contratti di locazione di beni immobili è un obbligo previsto dalla legge sia a fini fiscali che a fini civilistici. In base all’art. 13 della legge 431/1998 (per le locazioni abitative) e alle disposizioni del Testo Unico dell’Imposta di Registro (D.P.R. 26 aprile 1986 n.131, cosiddetto TUR), tutti i contratti di locazione di immobili situati in Italia devono essere registrati entro 30 giorni dalla stipula (o dalla decorrenza, se anteriore) , salvo il caso particolare delle locazioni brevissime come vedremo. La registrazione va effettuata presentando il contratto all’Agenzia delle Entrate e versando la relativa imposta di registro.
Soggetti obbligati. Sono tenuti a richiedere la registrazione e a pagare l’imposta di registro tutte le parti contraenti il contratto (locatore e conduttore) in via solidale . L’art. 57 TUR dispone infatti che, oltre al pubblico ufficiale che eventualmente ha redatto o autenticato l’atto, “sono solidalmente obbligati al pagamento dell’imposta le parti contraenti” . Ciò significa che l’Agenzia delle Entrate può esigere l’imposta (e le sanzioni) da entrambi, indifferentemente: tipicamente il locatore è il soggetto che provvede materialmente alla registrazione e al versamento (anche perché la legge 431/1998 pone a suo carico l’onere di registrare il contratto entro il termine perentorio di 30 giorni ), ma se il locatore non adempie l’erario può rivalersi anche sull’inquilino (in quanto coobbligato in solido). In pratica però, in sede contrattuale è uso prevedere che imposta di registro e bollo siano ripartiti al 50% tra le parti; tuttavia questa pattuizione ha effetti solo interni tra locatore e conduttore, mentre verso il Fisco restano entrambi responsabili dell’intero importo .
Da segnalare che nella solidarietà può rientrare anche l’eventuale agente immobiliare intermediario dell’affare: il comma 1-bis dell’art. 57 TUR stabilisce che gli agenti immobiliari regolarmente iscritti sono solidalmente tenuti al pagamento dell’imposta per le scritture private non autenticate da loro mediate . Questa norma è volta a responsabilizzare gli intermediari professionali affinché vigilino sulla registrazione degli atti conclusi grazie al loro intervento.
Termini di registrazione. Come detto, la regola generale è il termine di 30 giorni. Più precisamente, la registrazione deve avvenire entro 30 giorni dalla data di stipula del contratto (cioè dalla firma) oppure, se antecedente, dalla data di decorrenza degli effetti (ad esempio se le parti firmano in data 1º settembre ma concordano che la locazione inizi il 20 agosto, il termine decorre da quest’ultima data) . Il termine vale anche per le eventuali proroghe, cessioni o risoluzioni anticipate del contratto di locazione: tali eventi vanno comunicati all’Agenzia entro 30 giorni e scontano anch’essi l’imposta di registro dovuta (si pensi alla proroga tacita di un contratto 4+4: entro 30 giorni dall’inizio del secondo quadriennio occorre versare l’imposta per la proroga) . In caso di risoluzione anticipata, dal 2011 l’imposta dovuta è fissa (67 €) se comunicata nei termini.
Eccezione per contratti brevi: l’unica eccezione rilevante all’obbligo di registrazione riguarda i contratti di locazione di durata molto breve. La legge infatti esonera dalla registrazione i contratti la cui durata non supera i 30 giorni complessivi nell’anno . Ciò significa che, se un locatore affitta un immobile a uso abitativo o turistico per brevi periodi, senza che con lo stesso inquilino si superi il limite di 30 giorni in totale nell’anno solare, quei contratti non sono soggetti a registrazione obbligatoria (possono essere registrati solo facoltativamente, in caso d’uso). Questo esonero è pensato per gli affitti transitori brevissimi (ad es. case vacanza, locazioni turistiche tramite Airbnb, ecc.). Attenzione però: se si stipulano più contratti brevi con la stessa persona nell’arco dell’anno e sommandone i periodi si eccede i 30 giorni, scatta comunque l’obbligo di registrazione . In tal caso infatti le varie locazioni con il medesimo conduttore vengono considerate nel complesso come un unico rapporto locatizio continuativo (non più qualificabile come “locazione breve”) e devono essere inquadrate nella tipologia contrattuale appropriata (transitorio, turistico di lunga durata, ecc.) con conseguente obbligo di registrazione . Ad esempio, se Tizio loca a Caio un appartamento per 3 weekend diversi durante l’anno per un totale di 35 giorni complessivi, dovrà registrare l’accordo perché si è superato il limite: la registrazione andrà effettuata appena si verifica il superamento dei 30 giorni nell’anno, comunque entro 30 giorni da quando è stipulato il contratto che fa eccedere tale soglia .
Di conseguenza, per evitare contestazioni, i locatori di affitti brevi ripetuti devono monitorare la durata complessiva con ciascun cliente nello stesso anno. Se c’è obbligo di registrazione e ciò non avviene nei termini, il contratto non registrato è civilmente nullo (come vedremo, la Legge di Stabilità 2016 ha introdotto la nullità ex lege per mancata registrazione entro 30 giorni ) e si applicano le relative sanzioni fiscali. Nel caso invece di affitti brevi genuini (sotto 30 giorni annui per persona) non vige obbligo di registrazione; restano però naturalmente dovute le imposte sui redditi derivanti da tali locazioni, che il locatore dovrà dichiarare (eventualmente in cedolare secca al 21% se ne ricorrono le condizioni, v. infra) .
Formalità della registrazione. La registrazione può essere effettuata in modalità telematica, obbligatoria per alcuni soggetti (ad esempio proprietari di almeno 10 immobili locati e agenti immobiliari) , oppure presso un ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate (registrazione cartacea su appuntamento) . In entrambi i casi si utilizza il modello RLI, compilando i dati del contratto e delle parti, e si provvede al versamento dell’imposta di registro (tramite modello F24 “Elementi identificativi”) e dell’imposta di bollo. In sede di prima registrazione occorre: presentare almeno due copie del contratto firmato, applicare le marche da bollo (da 16 € ogni 4 facciate, salvo esenzione per cedolare secca), e attestare l’avvenuto pagamento dell’imposta di registro (o autorizzare addebito su c/c) . Una volta registrato, l’ufficio restituisce la copia del contratto con gli estremi di registrazione (data e numero) che attestano la data certa e la validità legale del contratto . Si noti che la registrazione tempestiva è requisito necessario per godere di eventuali agevolazioni fiscali, ad esempio per applicare la cedolare secca sin dall’inizio è indispensabile esercitare l’opzione in sede di registrazione iniziale.
Ripartizione imposta tra le parti. Per consuetudine, come accennato, il contratto prevede che imposta di registro e di bollo siano divise a metà tra locatore e conduttore. Questa clausola è lecita (art. 8 L.392/1978) ma ha effetto solo nel rapporto interno: se il locatore paga l’intero importo al Fisco, potrà richiederne il 50% al conduttore. Viceversa, se l’Agenzia chiede tutto all’inquilino in solido, quest’ultimo può rivalersi sul locatore per la sua quota. In ogni caso non esonera nessuna delle parti dalla responsabilità verso l’Erario .
Contratti esclusi dall’obbligo. Oltre alle locazioni brevi <30 giorni già citate, il TUR elenca in una tabella alcuni atti non soggetti a obbligo di registrazione. Tra questi vi sono ad esempio: i contratti verbali di locazione di immobili urbani ad uso abitativo stipulati esclusivamente per finalità turistiche, purché di durata non eccedente 30 giorni (questo rientra nel concetto delle locazioni brevi); i comodati verbali (prestiti d’uso gratuiti) anch’essi non oltre 30 giorni; e in generale gli atti indicati nella Tabella – atti non soggetti a registrazione allegata al TUR. Tuttavia, è sempre consigliabile valutare la registrazione anche di atti esenti, se si vuole attribuire data certa e opponibilità a terzi.
Imposta di registro: importi, calcolo e regimi fiscali (ordinario, canone concordato, cedolare)
Vediamo ora come si determina l’imposta di registro dovuta sui contratti di locazione, nelle diverse situazioni (regime ordinario, contratti a canone concordato agevolato, opzione cedolare secca che comporta esenzione, locazioni di immobili diversi da abitazione, ecc.). Comprendere l’importo corretto è importante sia per pagare il giusto dovuto, sia perché spesso le contestazioni riguardano il recupero di tale imposta non versata.
Aliquota ordinaria e base imponibile. In linea generale, l’imposta di registro sulle locazioni di beni immobili è dovuta nella misura del 2% del canone annuo pattuito . Ad esempio, se il canone di locazione è 600 € al mese (7.200 € annui), l’imposta per ciascun anno è 2% di 7.200 €, cioè 144 € . La normativa prevede un imposta minima di 67 €: quindi anche se dal calcolo percentuale risultasse un importo inferiore, si deve comunque versare 67 € (questo minimo si applica però solo all’atto della prima registrazione, come vedremo) .
La base imponibile è costituita dal canone annuo moltiplicato per le annualità contrattuali. Se si registra il contratto per l’intera durata (es. contratto 4+4: 4 anni obbligatori iniziali), l’imposta si calcola sul canone annuo * 4 (e si paga in unica soluzione con uno sconto). In alternativa, si può optare per il pagamento anno per anno: in tal caso all’inizio si paga solo l’imposta sul primo anno; poi, entro 30 giorni da ciascuna scadenza annuale, si paga l’imposta relativa all’annualità successiva . Per i pagamenti annuali successivi al primo non si applica il minimo di 67 € (si versa il 2% dell’importo anche se fosse ad esempio 40 €) . Il minimo di 67 € si applica infatti al momento della prima registrazione o in caso di opzione per più anni in soluzione unica.
Pagamento in unica soluzione e sconto: chi sceglie di pagare l’imposta di registro per l’intera durata contrattuale anticipatamente ha diritto a una riduzione. In pratica, viene applicato uno sconto pari all’interesse legale attuale per gli anni di anticipo. Ad esempio, per un contratto 4 anni, versare subito le 4 annualità comporta uno sconto di circa il 2% sull’imposta totale (in quanto si considera l’attualizzazione degli importi futuri). Questo sconto è riconosciuto dall’Agenzia delle Entrate detraendo un certo importo dall’imposta dovuta (tecnicamente: si paga il 2% sul canone moltiplicato per gli anni, ridotto di una percentuale fissata dal TUR). È bene sottolineare che se il contratto cessa anticipatamente (es. risoluzione prima della fine), si può chiedere il rimborso dell’imposta di registro già pagata per le annualità non godute.
Contratti a canone concordato (agevolato). Per le locazioni abitative stipulate in regime di canone concordato (es. contratti 3+2 nei comuni ad alta tensione abitativa, con canone calmierato in base ad accordi territoriali), la legge prevede alcune agevolazioni fiscali. Oltre allo sconto IRPEF del 30% sul reddito imponibile e alla possibilità di cedolare al 10% (se scelta), vi è una riduzione anche sull’imposta di registro: la base imponibile è ridotta del 30% . In altre parole, l’imposta si calcola sul 70% del canone annuo invece che sull’intero canone . Così, l’aliquota effettiva scende al 2% * 70% = 1,4% del canone annuo. Ad esempio, su un canone agevolato di 5.000 € annui, l’imposta annua sarebbe 2% di 3.500 € = 70 €, invece dei 100 € che sarebbero dovuti a regime libero. Questa agevolazione si applica sia alla prima registrazione sia alle annualità successive. Si noti che restano dovute per intero le marche da bollo (non vi è esenzione né riduzione sul bollo per canone concordato) . La riduzione del 30% spetta solo se il contratto rientra nei tipi previsti dalla L. 431/1998 art.2, comma 3 (durata 3+2, o transitorio per studenti in zone ad alta tensione abitativa) e se stipulato secondo i parametri degli accordi locali certificati (con relativa attestazione di congruità).
Locazioni commerciali e altri immobili non abitativi. Per i contratti di locazione di immobili ad uso diverso dall’abitazione (es. negozi, uffici, capannoni), l’aliquota dell’imposta di registro è anch’essa 2% del canone annuo , senza particolari agevolazioni sulla base imponibile (il concetto di canone concordato si applica solo alle abitazioni). In genere per i contratti commerciali la durata tipica è 6+6 anni; l’imposta può essere pagata anno per anno oppure in soluzione unica per i primi 6 anni (con sconto). Anche qui vige il minimo di 67 € alla prima registrazione. Un’eccezione: le locazioni di fondi rustici (terreni agricoli) scontano un’aliquota ridotta dello 0,50% sul canone annuo , con minimo 67 € (questo perché i terreni hanno regime agevolato per favorire l’agricoltura). Se il terreno è affittato per uso non agricolo, però, torna applicabile il 2%.
Cedolare secca (esenzione imposta di registro). La cedolare secca è un regime fiscale opzionale, riservato alle locazioni di immobili abitativi a privati, che consente al locatore di tassare il reddito da locazione con un’imposta sostitutiva fissa (21% o 10% per canone concordato) in luogo dell’IRPEF. Uno dei vantaggi collaterali della cedolare secca è l’esonero dal pagamento dell’imposta di registro e dell’imposta di bollo sul contratto . In pratica, se il locatore opta per la cedolare, la registrazione del contratto avviene senza versare i 67 € + bolli iniziali, e per tutta la durata in cedolare non si pagano imposte di registro sulle annualità, proroghe o risoluzioni (resta però l’obbligo di comunicare eventuali proroghe, fino al 2019 sanzionato se omesso, v. oltre). Attenzione: l’esenzione si applica solo finché è valida l’opzione cedolare; se il locatore revoca la cedolare o decade da essa, dal momento del cambio regime tornano dovute le imposte di registro ordinarie.
Per usufruire della cedolare secca, il locatore deve esercitare l’opzione esplicita al momento della registrazione (barrando l’apposita casella nel modello RLI) . Egli inoltre deve comunicare al conduttore l’intenzione di avvalersi della cedolare e la conseguente rinuncia ad aggiornamenti del canone (rinuncia all’aumento ISTAT, come previsto dall’art. 3 D.Lgs. 23/2011). In genere questa comunicazione avviene per iscritto tramite raccomandata al conduttore entro 30 giorni dalla registrazione. Oggi, se la clausola di cedolare e rinuncia agli aggiornamenti è già inserita nel contratto firmato, l’Agenzia delle Entrate considera soddisfatto l’obbligo di comunicazione (Circolare 26/E/2011) e non richiede ulteriori lettere . In passato, la mancata comunicazione al conduttore poteva comportare la decadenza dal regime cedolare, ma dal 2014 il legislatore ha reso più flessibile questo aspetto e dal 2019 è stata persino eliminata la sanzione per omessa comunicazione di proroga (come approfondiremo).
Dunque, se il contratto è in cedolare secca correttamente esercitata, eventuali contestazioni sull’“omesso pagamento imposta di registro” non dovrebbero sussistere, poiché nulla era dovuto (salvo che l’Agenzia contesti la validità dell’opzione cedolare per qualche motivo formale). Può però capitare che il Fisco richieda l’imposta di registro se ritiene che la cedolare non sia applicabile o sia decaduta: ad esempio, se il locatore non ha rispettato i requisiti, oppure se non ha comunicato la proroga credendo erroneamente di dover pagare 100 € di sanzione – sanzione ora abolita . In tali casi, il contribuente potrà difendersi dimostrando di aver comunque rispettato la sostanza (ad esempio, provando che ha continuato a tassare il reddito in cedolare in dichiarazione, quindi l’omessa comunicazione è stata un mero adempimento formale e non ha arrecato danno erariale). L’Agenzia delle Entrate stessa ha chiarito che l’omessa comunicazione di proroga non fa perdere la cedolare e oggi non è più sanzionata . Dunque, se dovesse arrivare un avviso di liquidazione d’imposta di registro su un contratto in cedolare regolarmente optata, può trattarsi di un errore oppure di un caso in cui la cedolare non era valida (es: contratto non abitativo, oppure locatore che ha revocato l’opzione quell’anno). Bisognerà analizzare il caso specifico.
Riepilogo in tabella: Di seguito una tabella riassuntiva delle principali casistiche:
Tipologia di locazione | Obbligo di registrazione | Imposta di registro dovuta | Note |
---|---|---|---|
Locazione breve (≤ 30 giorni complessivi con uno stesso conduttore nell’anno) | No, se non si superano 30 gg con la stessa parte . Se >30 gg totali con stesso conduttore: Sì (va registrato) . | Se registrato (perché >30 gg): 2% del canone per la durata complessiva, min €67, oppure annualmente se il rapporto continua. | <small>L’esenzione vale solo se ciascun contratto e sommatoria con stesso soggetto ≤30 gg/anno . Obbligo scatta appena superato il limite. Contratto nullo se dovuto e non registrato .</small> |
Locazione uso abitativo (canone libero 4+4 o transitorio standard) | Sì, sempre obbligatoria entro 30 gg . | 2% del canone annuo * n. annualità. Minimo €67 alla prima registrazione . Bollo: €16 ogni 4 facciate (min €32). | <small>Possibile pagamento annuale (2% anno per anno, no minimo per annualità successive ) oppure in unica soluzione (sconto interessi). Nullità in caso di mancata reg. entro 30 gg .</small> |
Locazione abitativa a canone concordato (3+2, studenti, ecc. in comuni ad alta tensione abitativa) | Sì, obbligatoria entro 30 gg (come sopra). | 2% sul 70% del canone annuo (riduz. base imponibile 30%). Minimo €67 iniziale. Bollo: €16 a foglio (no riduz.). | <small>Aliquota cedolare ridotta (10% fino al 2025) se si opta. In regime ordinario, oltre allo sconto su imposta registro, reddito imponibile IRPEF ridotto al 70%. Necessaria attestazione di rispondenza ad accordi locali.</small> |
Locazione uso diverso (commerciale) (6+6, ecc.) | Sì, entro 30 gg (obbligatoria anche se locatore e conduttore sono società). | 2% del canone annuo * anni. Minimo €67 iniziale. Bollo: €16 ogni 4 facciate. | <small>Se durata > 9 anni va in forma notarile e soggetto a trascrizione nei registri immobiliari (oltre alla registrazione fiscale). Nullità per omessa registrazione? – vedi sez. civilistica: non automatica per usi diversi secondo Cass. 2023.</small> |
Fondo rustico (affitto di terreno agricolo) | Sì, se durata >30 gg (di solito sì). | 0,50% del canone annuo * anni . Minimo €67 iniziale. Bollo usuale. | <small>Contratti agrari di lunga durata hanno anche altre formalità (registri ex Legge 203/1982). L’agevolazione 0,50% incoraggia la locazione di terreni per coltivazione.</small> |
Locazione con opzione cedolare secca (abitativo) | Sì, va comunque registrato entro 30 gg con esercizio dell’opzione. | Esente: non si paga imposta di registro né bollo . | <small>Opzione cedolare nella registrazione iniziale (o in ciascuna proroga). Cedolare al 21% (o 10% su concordato) sostitutiva dell’IRPEF. Se cedolare applicata, sanzioni per mancata registrazione comunque dovute in caso di omissione (esenzione imposta ma obbligo atto rimane) .</small> |
Proroga, cessione, risoluzione di contratto registrato | Sì, comunicare entro 30 gg. | Proroga: imposta pari a 2% canone annuo (stesse regole, minimi non applicati) . Cessione a titolo oneroso: 2% sul corrispettivo di cessione. Risoluzione anticipata: imposta fissa €67. | <small>Se il contratto è in cedolare secca, niente imposta. Omessa comunicazione di proroga non sanzionata dal 2019 (prima era €100/50). Omessa registrazione di cessione o risoluzione: sanzioni 120-240% imposta dovuta come per omissioni analoghe.</small> |
Come si nota, la cedolare secca risulta il regime più vantaggioso sotto il profilo dell’imposta di registro (azzerata). Tuttavia, se la registrazione non viene proprio fatta entro i termini, il fatto di aver voluto applicare la cedolare non salva dalle sanzioni: la sanzione per omessa registrazione colpisce chiunque ometta di richiedere la registrazione di un atto dovuto, a prescindere che l’imposta sarebbe stata zero o meno . Anzi, la circolare attuativa della cedolare (Circ. Ag. Entrate 26/E del 2011) chiarì che in caso di omessa registrazione di un contratto per cui si sarebbe optato per cedolare, si applica comunque l’art. 69 TUR (sanzione 120-240%) , calcolando la sanzione sull’imposta di registro teorica che sarebbe stata dovuta in regime ordinario . Ciò per sanzionare il mancato adempimento formale e disincentivare il “nero” (non paghi IRPEF né registro). Quindi, chi intende fruire della cedolare deve comunque prestare la massima attenzione a registrare in tempo, altrimenti subirà sia la nullità del contratto (nel caso di locazione abitativa) sia la multa sul 2% del canone.
Sanzioni per mancata registrazione o omesso versamento e ravvedimento operoso
Il mancato adempimento dell’obbligo di registrazione nei termini di legge configura un’infrazione tributaria punita severamente. La normativa di riferimento è l’art. 69 del D.P.R. 131/1986 (TUR), che stabilisce:
- Omessa registrazione (o omessa presentazione di denunce obbligatorie) – “Chi omette di richiedere la registrazione […] è punito con la sanzione amministrativa dal 120% al 240% dell’imposta dovuta”. Quindi la sanzione base va da un minimo del 120% fino a un massimo del 240% dell’imposta di registro evasa . Ad esempio, se l’imposta evasa è 100 €, la multa può variare da 120 € a 240 €. Importo minimo assoluto: se il 120% dell’imposta risulta inferiore a 200 €, comunque la legge fissa una sanzione minima di 200 € . Questo minimo di 200 € si applica ai casi di omessa registrazione o registrazione tardiva oltre 30 giorni.
- Registrazione richiesta con ritardo non superiore a 30 giorni – In tal caso l’art. 69 prevede un trattamento sanzionatorio più mite: “se la richiesta di registrazione è effettuata con ritardo non superiore a 30 giorni, si applica la sanzione dal 60% al 120% dell’imposta dovuta, con un minimo di € 200” . Dunque entro i primi 30 giorni di ritardo (cioè se il contratto viene registrato entro 60 giorni dalla stipula invece di 30), la sanzione è dimezzata nelle percentuali (minimo 60% dell’imposta) ma comunque non può scendere sotto 200 € se 60% dell’imposta fosse minore.
Le suddette misure sanzionatorie si applicano in solido a tutti i soggetti obbligati alla registrazione , cioè tipicamente al locatore e al conduttore (per contratti privati) nonché all’eventuale pubblico ufficiale rogante (per atti pubblici). Quindi il Fisco potrebbe irrogare la sanzione a entrambe le parti; di solito la notifica avviene al locatore e per conoscenza al conduttore, ma nulla vieta di pretendere l’intero importo anche dall’inquilino (salvo rivalsa interna).
Omesso versamento di annualità successive. Una situazione diversa è quando il contratto è stato regolarmente registrato all’inizio, ma il contribuente non versa l’imposta di registro dovuta per un’annualità successiva (entro la scadenza annuale) oppure non versa l’imposta dovuta per la proroga. In tal caso non si configura un’omissione di “richiesta di registrazione” (già avvenuta), bensì un omesso pagamento di imposta periodica. La sanzione applicabile non è l’art. 69, bensì la sanzione generica per omesso versamento di tributi: pari al 30% dell’importo non pagato (art. 13 D.Lgs. 471/1997). Dato che per le annualità successive non c’è un obbligo di presentare un nuovo atto ma solo di versare l’imposta, l’ordinamento punisce la mancata esecuzione del versamento con 30% (ridotto a 15% se il pagamento avviene con ritardo non superiore a 90 giorni) più interessi. Questa distinzione è importante: ad esempio, se Tizio registra il contratto e paga l’imposta del 1º anno ma dimentica di pagare il 2º anno, l’Agenzia delle Entrate gli contesterà un omesso versamento del 2º anno con sanzione 30% (non 120%), e il contratto resta valido perché la registrazione iniziale c’è stata. Infatti la Cassazione ha chiarito che la mancata corresponsione di annualità successive dell’imposta “è sì sanzionata dalla normativa fiscale, ma non rileva agli effetti della validità del contratto” , diversamente dalla mancata registrazione iniziale che comporta nullità.
Riassumendo le sanzioni principali:
- Omessa registrazione (oltre 30 gg di ritardo): sanzione dal 120% al 240% dell’imposta evasa, min €200 . Esempio: imposta evasa €500 ⇒ sanzione da €600 a €1.200 (minimo €600 essendo >200). In pratica, l’ufficio applica in genere il minimo edittale (120%) o poco più, salvo recidive.
- Registrazione tardiva entro 30 gg (31° giorno al massimo): sanzione dal 60% al 120% dell’imposta, min €200 . Esempio: imposta €100 ⇒ sanzione minima €200 (perché 60% di 100 = 60, ma si applica comunque €200). Questa situazione copre i piccoli ritardi; di fatto la sanzione minima 200 € rende molto onerosa anche una lieve dimenticanza (è frequente che per pochi giorni di ritardo si paghi 200 € di multa a fronte magari di 30 € di imposta).
- Omesso versamento di imposta su annualità/proroghe: sanzione 30% dell’imposta non pagata (ridotta a 15% se pagata entro 90 gg spontaneamente) . Esempio: seconda annualità €144 non versata ⇒ sanzione €43,20 (se l’avviso arriva dopo). Anche qui interessi di mora. Contratto valido (nessuna nullità civilistica in questo caso) .
- Omessa registrazione di atti in caso d’uso (non obbligatori): sanzione dal 120% al 240% come sopra, se l’atto viene fatto valere in giudizio o per pubblica amministrazione senza averlo registrato (caso raro per le locazioni, più frequente per scritture private soggette a registrazione solo se usate).
- Omessa comunicazione di proroga in cedolare secca: nessuna sanzione a partire dal 2019 (Dl Crescita) . Prima del 2019, era sanzionata con importo fisso €100 (ridotti a €50 se comunicato con ritardo entro 30 gg) . Ora l’adempimento rimane dovuto (va comunque presentato il mod. RLI di proroga, barrando opzione cedolare), ma la sua omissione non comporta più multa; l’opzione cedolare resta valida se il comportamento concludente del locatore è coerente (cioè continua ad applicare la cedolare in dichiarazione).
- Altre sanzioni minori: ad esempio, se si registra ma non si paga l’imposta di bollo dovuta, c’è una sanzione separata (normalmente €100 per ogni 4 facciate, ridotta se ravveduta); se si dichiara un valore inferiore (ma nel caso di locazioni il valore è il canone pattuito, quindi falsificarlo costituirebbe peraltro reato di dichiarazione infedele in atto pubblico se autenticato). Nel contesto delle locazioni, la problematica tipica è il contratto simulato: es. le parti dichiarano un canone inferiore per pagare meno imposte, versando una parte “in nero”. Se scoperto, oltre alla sanzione per infedele registrazione si pagherà l’imposta sulla differenza e si rischiano sanzioni anche sul reddito non dichiarato. Ma qui entriamo in casi di evasione volontaria che esulano dall’oggetto principale (omissioni di pagamento).
Come rimediare: il ravvedimento operoso. Il sistema tributario italiano consente al contribuente inadempiente di regolarizzare spontaneamente la propria posizione con una forte riduzione delle sanzioni attraverso il ravvedimento operoso (art. 13 D.Lgs. 472/1997). Il ravvedimento è applicabile a tutti i tributi, compresa l’imposta di registro , purché la violazione non sia già stata contestata dall’ufficio (ossia: finché non ricevete un avviso di accertamento o liquidazione, potete ravvedervi). In pratica, si tratta di eseguire l’adempimento omesso (registrazione e/o pagamento) e pagare contestualmente una sanzione ridotta e gli interessi legali maturati.
Per omessa/tardiva registrazione (violazione “formale” che consiste nel non aver richiesto la registrazione entro i termini), le sanzioni ridotte sono calcolate in percentuale dell’imposta dovuta, applicando frazioni del minimo edittale. Le principali casistiche di ravvedimento sono:
- Ritardo entro 90 giorni dalla scadenza: sanzione ridotta a 1/9 del minimo . Poiché il minimo edittale è 120% (se ormai oltre 30 gg di ritardo) o 60% (se ancora entro 30 gg di ritardo), la sanzione ravveduta sarà circa 13,33% dell’imposta dovuta (se si è già oltre i 30 gg dal termine, altrimenti se si rientra nei 30 gg di ritardo, si calcola 1/9 del 60% = ~6,67% dell’imposta). Ad esempio, contratto non registrato scoperto 60 giorni dopo: imposta €800, sanzione minima 120% = 960 €, ravvedimento entro 90 gg → 1/9 di 960 = 106,7 €. L’Agenzia in un caso pratico ha mostrato un calcolo simile: imposta €800, sanzione piena 960 €, ridotta a un decimo (vecchia normativa) = 96 € ; oggi sarebbe a 1/8 = 120 € se entro 1 anno. Se invece eravate solo lievemente in ritardo (entro 30 giorni), esempio: imposta €100, sanzione minima 60 €, ravvedimento entro 90 gg = 1/9 di 60 = 6,67 € (in tal caso interviene però il minimo assoluto €200? No, il minimo €200 si applica solo se la sanzione calcolata normalmente era sotto 200 e l’ufficio contestasse; in sede di ravvedimento si ragiona sulla percentuale). In pratica per ritardi piccoli conviene ravvedersi il prima possibile per evitare di incorrere nel minimo 200 in caso di accertamento.
- Ritardo entro 1 anno: sanzione ridotta a 1/8 del minimo. Se sono passati più di 90 giorni ma non oltre un anno dalla violazione, la sanzione è circa 15% dell’imposta dovuta . Esempio: contratto registrato con 8 mesi di ritardo, imposta €300, sanzione minima 120% = 360 €, ravvedimento → 1/8 di 360 = 45 € di sanzione (più interessi).
- Ritardo entro 2 anni: sanzione a 1/7 del minimo (≈ 17,14% dell’imposta).
- Ritardo di oltre 2 anni (ma prima di contestazione): sanzione a 1/6 del minimo (≈ 20% dell’imposta).
Gli interessi legali vanno calcolati giornalmente sull’imposta non versata, dal giorno in cui andava pagata (nel caso di registrazione omessa, dal 31º giorno post stipula) fino al giorno di pagamento. Il tasso di interesse legale dal 1/1/2023 è 5% annuo, dal 2024 è stato aggiornato (ipotizziamo al rialzo dati i trend); va quindi computato con attenzione, ma su imposte modeste l’importo interessi resta in genere basso.
Per l’omesso versamento di annualità successive, si applica il ravvedimento operoso per omessi pagamenti, con riduzioni diverse:
- Versamento eseguito con ritardo non superiore a 14 giorni: sanzione ridotta 0,1% per ogni giorno di ritardo (in pratica 1/15 del 15% per ogni giorno). Ad esempio 10 giorni di ritardo → 1% circa di sanzione.
- Ritardo 15–30 giorni: sanzione ridotta a 1,5% (pari a 1/10 del 15%).
- Ritardo 31–90 giorni: sanzione ridotta a 1/9 di 30% = 3,33% (la normativa prevede già la riduzione a 15% se si paga entro 90g, quindi ravvedimento entro 90g comporta 1/9 di 15% in realtà = 1,67%? Occorre attenzione: per semplificare, entro 90gg la sanzione effettiva è il 3,75% dell’imposta se consideriamo 1/8 di 30%. Conviene rifarsi alle tabelle ufficiali per il ravvedimento sui versamenti).
- Ritardo entro 1 anno: sanzione 1/8 di 30% = 3,75% dell’imposta.
- Entro 2 anni: 1/7 = 4,28%. Oltre 2 anni: 1/6 = 5%.
In sostanza, ravvedersi presto conviene: le sanzioni si riducono drasticamente. Ad esempio, se Tizio non ha pagato 120 € di imposta annuale entro la scadenza di gennaio e se ne accorge dopo 4 mesi (120 giorni), può ancora ravvedersi pagando 120 € + sanzione ridotta (circa 3,75% di 120 = 4,5 €) + interessi di qualche euro. Se invece attende l’avviso, pagherà 120 € + 30% (36 €) + interessi.
Il ravvedimento si effettua presentando comunque il modello RLI per registrare tardivamente l’evento (se era del tutto omesso) e versando contestualmente imposta, sanzione ridotta e interessi tramite modello F24 con i codici tributo appropriati (es. codice 671T sanzioni imposta di registro, 731T interessi, ecc.). È consigliabile farsi assistere da un professionista o consultare le guide dell’Agenzia (spesso le stesse sedi AdE aiutano nel calcolo) perché l’autoliquidazione delle sanzioni può essere complessa.
Esempio di calcolo ravvedimento: Supponiamo un contratto abitativo 4+4 con canone annuo €5.000 non registrato affatto, scoperto dal locatore dopo 8 mesi. Imposta dovuta = 2% di 5.000 = €100 per anno (ma va pagata per almeno 4 anni in caso di prima registrazione, quindi €400 totali se registriamo ora per l’intero quadriennio). La sanzione edittale minima è 120% di €400 = €480, con minimo 200 € (ma 480 è >200). Ravvedendosi entro un anno: sanzione 1/8 di 480 = €60 . Il locatore dovrà versare: €400 imposta + €60 sanzione + interessi (calcoliamo circa 5% annuo su 400 per 8 mesi ≈ €13) = totale €473. Se non si ravvede e arriva un avviso, rischia €400 + sanzione piena (magari 120% = 480) + interessi = ben oltre €900. Si vede la convenienza del ravvedimento.
Integrazione con definizione agevolata: periodicamente il legislatore introduce misure di sanatoria o definizione agevolata per chi ha pendenze tributarie. Ad esempio, nel 2019 vi fu la possibilità di sanare irregolarità formali con 200 €; nel 2023 la “Rottamazione-quater” ha permesso di pagare cartelle senza sanzioni né interessi. Nel contesto specifico dell’imposta di registro, non risultano condoni diretti sull’omessa registrazione (trattandosi di atti dovuti, condonarli equivarrebbe a legittimare il “nero”). Tuttavia, è bene mantenersi informati su eventuali provvedimenti: ad esempio, nel 2023 il “saldo e stralcio” ha automaticamente annullato le cartelle fino a 1.000 € affidate all’agente della riscossione entro 2015 (quindi se uno avesse avuto una cartella piccola per vecchia imposta di registro, può essere estinta d’ufficio). Sono situazioni particolari ma che un consulente potrebbe valutare nel delineare le opzioni difensive.
Nullità del contratto per mancata registrazione e tutele civilistiche
Oltre alle conseguenze fiscali, la mancata registrazione tempestiva di un contratto di locazione può avere conseguenze civilistiche di grande rilievo, specialmente per le locazioni abitative.
Contratti abitativi (legge 431/1998). Dal 1º gennaio 2016, la legge prevede espressamente la nullità dei contratti di locazione abitativa non registrati entro 30 giorni. La Legge di Stabilità 2016 (L. 208/2015, art.1 comma 59) ha modificato l’art. 13 della L. 431/1998 introducendo la seguente disposizione: “I contratti di locazione […] sono nulli se non registrati nel termine perentorio di 30 giorni” . Si tratta di una nullità ex lege, volta a contrastare le cosiddette “locazioni in nero” . Dunque, se un contratto abitativo (soggetto a L.431) non viene registrato entro 30 giorni, esso è privo di effetti sin dall’origine.
Questa norma ha invertito la precedente logica: prima del 2016, la mancata registrazione non incideva direttamente sulla validità civilistica del contratto (salvo una misura temporanea nel 2011 poi caduta, vedi oltre). Ora invece la legge sancisce la nullità assoluta. La giurisprudenza ha confermato che una registrazione tardiva non è idonea a “resuscitare” il contratto nullo – esso rimane invalido ab origine, come affermato ad es. dal Tribunale di Milano nel 2016 . In quell’occasione il giudice milanese ha chiarito che registrare in ritardo (oltre i 30 gg) non sana la nullità, neppure con effetti ex nunc, lasciando il contratto invalido e inefficace . Dello stesso avviso altri tribunali, motivando che la previsione di nullità ha natura sanzionatoria e di ordine pubblico (preordinata a far emergere i redditi fondiari).
Conseguenze pratiche della nullità: un contratto nullo non può essere fatto valere in giudizio dal locatore. Ciò significa che il locatore non può agire con la tipica procedura di sfratto per morosità basata su quel contratto, né chiedere ingiunzione per canoni non pagati richiamando il contratto, perché esso è come se non esistesse. Il conduttore moroso, se citato, può eccepire la nullità e far cadere la pretesa di sfratto . Inoltre, non potrebbe teoricamente neppure attivarsi la clausola risolutiva eventualmente prevista (tanto il contratto è nullo). Il locatore si trova in una posizione di grande debolezza: l’unico strumento per riottenere l’immobile sarebbe un’azione ordinaria di rilascio per occupazione sine titulo, più lunga e complessa, dovendo dimostrare che l’occupante non ha titolo valido (in pratica ammettere di aver fatto un affitto in nero). In più, per i canoni non percepiti, il locatore potrebbe solo tentare di chiedere un’indennità di occupazione per ingiustificato arricchimento, di difficile quantificazione. In sintesi, la nullità protegge di fatto l’inquilino e penalizza fortemente il proprietario inadempiente all’obbligo fiscale.
Locazioni ad uso diverso (commerciali). La nullità introdotta dalla L.208/2015 riguarda i contratti soggetti a L.431/98, quindi locazioni di immobili ad uso abitativo. Per i contratti di locazione commerciale (disciplina codice civile e L.392/78), la legge 2016 non si applica. Tuttavia, c’era una norma precedente – art.1 comma 346 L.311/2004 (Finanziaria 2005) – che prevedeva la nullità dei contratti di locazione non registrati entro il termine previsto dalla legge. Questa disposizione generò dubbi interpretativi sulla sua applicabilità oltre il settore abitativo. Nel 2017 le Sezioni Unite della Cassazione (sent. 23601/2017) hanno affrontato la questione, affermando che la nullità di cui alla L.311/2004 si applica erga omnes, dunque anche ai contratti ad uso diverso (salvo poi entrare in contrasto con la L.208/2015 che ha dettato norma specifica per abitativi).
Di recente però la Cassazione ha chiarito che la nullità prevista dalla L.311/2004, comma 346 non si applica ad alcune fattispecie particolari di contratti ad uso diverso, specie quando si tratta non di omessa registrazione iniziale ma di patti successivi modificativi non registrati. In una ordinanza del 24 luglio 2023 n.22163, la Suprema Corte ha ricordato che la sanzione di nullità di cui alla L.311/2004 non opera nei casi in cui le parti di un contratto ad uso diverso stipulino un accordo di modificazione o novazione successivo al contratto registrato, senza fine elusivo . In altri termini, se c’è già un contratto base registrato, un successivo patto modificativo (es. cambio canone, proroga convenzionale) non registrato non determina nullità, a meno che sia fatto per evadere le tasse. In generale, comunque, per le locazioni commerciali iniziali è opinione diffusa che la mancata registrazione non comporti nullità civilistica automatica (non essendoci una legge ad hoc come per le abitative dal 2016) – rimangono ovviamente le sanzioni fiscali e l’inopponibilità a terzi. Infatti, in mancanza di norma speciale, il principio generale è che l’obbligo di registrazione ha rilevanza fiscale e non incide sulla validità del contratto tra le parti (art. 1 della Tariffa, Parte II, TUR indica la registrazione come adempimento tributario). Pertanto, un inquilino commerciale non potrebbe opporre nullità del contratto per il solo fatto che il locatore non l’ha registrato (a differenza dell’inquilino abitativo che può farlo grazie alla L.208/2015). La Cass. 13870/2023 ha anche evidenziato come la ratio delle norme anti-evasione sulle locazioni sia prevenire occultamenti di redditi fondiari; nel caso di canoni non dichiarati i rimedi sono fiscali (accertamento reddituale) ma non sempre contrattuali.
Locazioni verbali non registrate. Un caso limite è la locazione senza forma scritta (ad es. accordo verbale col pagamento in contanti). Per le locazioni abitative la legge 431/98 richiede la forma scritta a pena di nullità civilistica a priori (quindi un contratto verbale di abitazione è già nullo per difetto di forma ex art.1 comma 4 L.431/98, a prescindere dalla registrazione). La Cassazione nel 2021 però ha emesso una pronuncia interessante (sent. 9475/2021) evidenziando che “il contratto di locazione verbale e non registrato non è sempre nullo” . Questa affermazione, a prima vista in contrasto con la legge, in realtà si riferiva a un caso particolare: se un contratto verbale di locazione ad uso diverso è stato eseguito (canoni pagati) e poi tardivamente formalizzato, potrebbe esserne riconosciuta l’efficacia almeno per il periodo eseguito. La dottrina e la giurisprudenza stanno ancora elaborando una posizione coerente su questi intrecci tra nullità per difetto di forma e nullità per omessa registrazione. In ogni caso, dal punto di vista difensivo, per il conduttore è sempre possibile (in ambito abitativo) sollevare la nullità del contratto non registrato per evitare uno sfratto o una richiesta di pagamento canoni – anzi questa eccezione è pacificamente accolta dai tribunali dopo il 2016.
Sanabilità della nullità? Ci si domanda se registrare tardivamente il contratto possa “sanare” la nullità. Come detto, l’orientamento prevalente è che la nullità ex lege per tardiva registrazione sia una nullità definitiva e non sanabile ex tunc. Alcuni autori hanno ipotizzato che una registrazione tardiva possa valere come nuova stipula dell’accordo da quel momento (con effetti ex nunc), soprattutto se anche l’inquilino è consenziente a proseguire. In pratica, le parti potrebbero firmare un nuovo contratto e registrarlo correttamente, mettendo in regola la situazione per il futuro (mentre per il passato rimarrà il vuoto contrattuale con eventuale obbligo di restituzione di quanto pagato indebitamente). Questo a volte avviene: per regolarizzare, locatore e conduttore rescindono il vecchio accordo nullo e ne sottoscrivono uno nuovo con data attuale, registrandolo; i canoni pregressi possono essere inquadrati come indennità di occupazione versate nel periodo di fatto. Si tratta però di accorgimenti ex post, spesso resi difficili dai rapporti deteriorati.
Tutela del conduttore e del Fisco: Da notare che la nullità per omessa registrazione non può essere fatta valere dal locatore contro l’inquilino per liberarsi anticipatamente. È nullità di protezione a favore dell’inquilino (e del Fisco). Un locatore inadempiente agli obblighi fiscali non può trarre giovamento dalla nullità da lui stesso provocata per cacciare l’inquilino prima del termine, né per chiedere indietro l’immobile se l’inquilino ha pagato il pattuito. In altre parole, il locatore “non può invocare la nullità” (principio generale: nemo potest venire contra factum proprium), mentre il conduttore sì. Ad esempio, un conduttore che abbia versato un deposito cauzionale o anticipi per un contratto non registrato può chiedere la restituzione sostenendo la nullità contrattuale. Inoltre, se l’inquilino subisce un avviso di accertamento per imposta di registro non pagata (in solido col proprietario), potrà rivalersi sul locatore responsabile e usare la situazione a proprio favore (ad es. offrendosi di registrare tardivamente in cambio di condizioni a lui favorevoli, come canone ridotto o dilazione di arretrati).
Ricapitolando: per un debitore/locatore che abbia omesso di registrare il contratto, oltre alla strategia fiscale (ravvedersi subito) va considerata la necessità di tutelarsi civilmente. È fortemente consigliabile registrare il contratto anche se tardissimo (pagando il dovuto): ciò almeno dà data certa e potrà aiutare nel far valere eventuali diritti residui. La registrazione tardiva non eviterà le sanzioni né la nullità per il passato, ma dimostra ravvedimento e soprattutto permette da quel momento di avere un titolo valido se le parti lo accettano. Dal lato conduttore, se il locatore non registra e pretende il pagamento di affitto “in nero”, il conduttore ha un potere contrattuale notevole: può denunciare la cosa all’Agenzia delle Entrate (che attiverà l’accertamento d’ufficio) oppure può semplicemente rifiutarsi di corrispondere somme non essendoci un contratto valido, mettendo il locatore con le spalle al muro. In passato (2011) una normativa, poi dichiarata incostituzionale, prevedeva addirittura che il conduttore potesse ottenere giudizialmente la conversione del contratto in un 4+4 a canone molto ridotto (pari a 3 volte la rendita catastale). Oggi quella sanzione civile non esiste più, ma resta la nullità e la facoltà per il conduttore di andarsene senza preavviso o, viceversa, di restare fino a sfratto ordinario – situazioni entrambe sfavorevoli al locatore.
In caso di accertamento fiscale, la nullità del contratto non è una scusante per non pagare l’imposta di registro: anzi, l’Agenzia può registrare d’ufficio il contratto ai sensi dell’art. 15 TUR e richiedere l’imposta evasa. Questo avviene, ad esempio, se un inquilino denuncia un contratto in nero: l’ufficio delle Entrate procede a registrarlo d’ufficio (attribuendo una data, in genere quella di accertamento, e indicando le parti e il canone emerso) e liquida l’imposta di registro dovuta, notificando alle parti il relativo avviso. In tal caso, pur essendo il contratto nullo ex lege, l’atto di registrazione d’ufficio serve a far decorrere gli effetti tributari e far scattare le sanzioni. Dunque non ci si può difendere dicendo “il contratto è nullo, quindi non devo l’imposta” – semmai è vero l’opposto: proprio perché non hai registrato ora devi imposta e multa.
Procedura di accertamento e riscossione: avvisi di liquidazione, termini e difesa
Quando l’Agenzia delle Entrate viene a conoscenza di un contratto di locazione non registrato o di imposte non versate relative ad esso, attiva la procedura di accertamento per recuperare il dovuto. Conoscere il funzionamento di tale procedura è fondamentale per predisporre una corretta difesa. Vediamo i passaggi:
1. Avvio dell’accertamento: L’ufficio può scoprire l’omissione attraverso vari canali: controlli incrociati (ad esempio se l’inquilino ha dichiarato di pagare un affitto per detrazioni, oppure segnalazioni da Comuni), verifica di segnalazioni anonime o denunce, ispezioni, oppure tramite comunicazioni obbligatorie (es. i portali che gestiscono affitti brevi trasmettono all’AdE i dati dei contratti per legge). In caso di semplice ritardo lieve (entro pochi giorni), talvolta l’ufficio prima invia una lettera di compliance o un invito bonario a regolarizzare, ma non è garantito. Nella maggior parte dei casi, se risulta un contratto non registrato o un mancato pagamento, l’Agenzia emette direttamente un Avviso di liquidazione (o Avviso di accertamento).
2. Avviso di liquidazione dell’imposta di registro: È l’atto formale con cui l’Agenzia notifica al contribuente la richiesta di pagamento dell’imposta evasa, delle relative sanzioni amministrative e interessi. Ad esempio, un “avviso di liquidazione e irrogazione sanzioni” per omessa registrazione specificherà: il contratto a cui si riferisce (parti, immobile, periodo), l’imposta di registro dovuta (calcolata sul canone per la durata), la sanzione applicata (p.es. 120% dell’imposta, o 60% se tardivo <30gg) e gli interessi fino a data di notifica. Sarà indicato il totale da pagare. L’avviso è emesso dall’ufficio territoriale competente (dove si trova l’immobile) e notificato ai soggetti obbligati (di solito almeno il locatore; spesso anche al conduttore per conoscenza o perché solidale).
Termini di notifica (decadenza): La legge fissa dei termini entro cui l’avviso di liquidazione dev’essere notificato, pena la decadenza dell’azione accertatrice. L’art. 76 del TUR stabilisce che:
- Per gli atti non registrati nei termini (come un contratto di locazione omesso), l’imposta deve essere richiesta entro 5 anni** dal giorno in cui la registrazione avrebbe dovuto essere richiesta . In pratica, 5 anni dal 30º giorno successivo alla stipula. Ad esempio, un contratto stipulato il 10 marzo 2020 (da registrare entro 10 aprile 2020) se non registrato può essere accertato fino al 10 aprile 2025. O meglio, entro quella data l’AdE deve notificare l’avviso (c’è un lieve dibattito se il termine scada a fine anno o lo stesso giorno: la norma parla di “termine di 5 anni decorrenti da…”, quindi 5 anni esatti).
- Per l’omesso versamento di annualità successive, proroghe, ecc., l’art. 76 comma 2-bis prevede la decadenza al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di scadenza del pagamento dovuto . Ad esempio, canone annuale dovuto per annualità 2018 (scadenza pagamento 2018): l’avviso deve arrivare entro il 31/12/2023. Questo allinea i termini a quelli delle imposte sui redditi (5 anni dal periodo d’imposta).
In sintesi: sia per omessa registrazione iniziale sia per mancati pagamenti successivi, il Fisco ha circa 5 anni di tempo per notificare la contestazione . Se perde questo termine, il contribuente può eccepire la decadenza e non è tenuto a pagare (l’atto sarebbe nullo perché tardivo). Un caso pratico: un contratto 4+4 del 2015 non registrato; l’AdE avrebbe dovuto accertarlo entro il 2015+5=2020. Se notifica nel 2021, l’atto è oltre termine e va annullato. Allo stesso modo, se un canone annuale 2016 non fu versato, l’avviso andava fatto entro il 31/12/2021.
È importante controllare sempre la data di stipula e di notifica: molte difese vincenti si basano proprio sulla decadenza. Ad esempio FiscoOggi (rivista ufficiale AdE) ha confermato che per contratto registrato in ritardo (caso di specie: contratto 2017 registrato, ma l’avviso riguardava annualità successive non pagate) valgono i 5 anni in base all’art.76 .
Va chiarito che la decadenza riguarda il potere di accertamento: una volta notificato l’atto (tempestivamente), se poi il Fisco forma un ruolo (cartella) ha altri termini di prescrizione, come vedremo.
3. Pagamento o impugnazione entro 60 giorni: L’avviso di liquidazione costituisce un atto esecutivo che intima il pagamento. Il destinatario ha 60 giorni dalla notifica per decidere se:
– Pagare quanto richiesto (in tutto o eventualmente chiedere rateazione se ammessa) e chiudere la pendenza;
– Oppure impugnare (fare ricorso) se ritiene l’atto illegittimo o errato.
In alternativa, è possibile anche presentare istanza di autotutela all’Agenzia (una richiesta di annullamento/rettifica se c’è un errore palese) – ma questa non sospende i termini di ricorso né garantisce risposta.
Se il contribuente paga entro 60 giorni senza fare ricorso, ha diritto a una riduzione delle sanzioni: è la cosiddetta acquiescenza all’accertamento (art. 15 D.Lgs. 218/97). In tal caso, infatti, le sanzioni sono ridotte ad 1/3 di quelle irrogate . Normalmente l’avviso indica già l’importo ridotto in caso di pagamento nei 60 gg. Ad esempio, se su un omesso versamento annuale la sanzione era 30%, pagando subito si verserà solo 10% di sanzione. Questa può essere una scelta conveniente se l’ufficio ha ragione e non ci sono motivi validi di ricorso: si risparmiano 2/3 delle sanzioni. Occorre però rinunciare a impugnare (l’acquiescenza comporta rinuncia al ricorso).
Se il contribuente invece vuole opporsi, deve presentare un ricorso tributario entro 60 giorni all’autorità competente (dal 2023 denominate Corti di Giustizia Tributaria di primo grado, ex Commissioni Tributarie). Ne parleremo nella sezione successiva in dettaglio.
Pagamento parziale e ruoli: Attualmente, a seguito della notifica di un avviso di liquidazione non sospeso da ricorso, l’Agenzia può procedere alla riscossione coattiva decorso il termine di 60 giorni. Spesso, se il contribuente non paga né ricorre, l’atto diventa definitivo e trascorsi 60 giorni viene affidato all’Agenzia Entrate Riscossione per l’iscrizione a ruolo. In realtà, per gli atti emessi dal 1° gennaio 2022, la legge prevede che sia dovuto un importo in pendenza di giudizio pari a 1/3 delle imposte accertate (senza sanzioni) anche se si propone ricorso, salvo sospensione giudiziale (art.15 D.Lgs. 546/92 modificato). In pratica, se si fa ricorso e non si ottiene una sospensione, l’Agenzia potrebbe iscrivere a ruolo provvisorio un terzo dell’imposta contestata già dopo i 60 gg, per tutelarsi. Per importi modesti a volte non lo fa subito, ma è facoltà dell’ufficio. Se invece non si fa ricorso, l’intero importo (imposta + sanzioni + interessi) verrà iscritto a ruolo scaduti i 60 giorni e l’Agente della riscossione emetterà la cartella di pagamento.
4. Cartella esattoriale (di pagamento): È l’atto con cui Agenzia Entrate Riscossione intima il pagamento delle somme risultanti dal ruolo formato dall’Agenzia Entrate. In genere, per imposte di registro, la cartella arriva solo se il contribuente non ha pagato né impugnato l’avviso (dunque l’atto è definitivo) o se ha fatto ricorso ma non ha pagato la parte oggetto di ruolo provvisorio. La cartella riporterà gli importi dovuti (capitale, sanzioni, interessi, più le aggi di riscossione se applicabili). Il contribuente a questo punto ha 60 giorni per pagare prima che scattino misure esecutive (fermo auto, pignoramenti ecc.). Impugnare la cartella è possibile solo per vizi propri (es: notifica irregolare, importi difformi dall’atto, prescrizione sopravvenuta) o per far valere che manca la notifica valida dell’atto presupposto. Infatti, se uno non ha mai ricevuto l’avviso di liquidazione e si vede recapitare direttamente la cartella, può impugnare quest’ultima eccependo la nullità per difetto di notifica dell’atto precedente. In tale scenario, il contribuente può chiedere al giudice tributario di annullare la cartella perché emessa senza valida base (l’avviso non è mai stato notificato o lo è stato a indirizzo sbagliato). Questa è un’eccezione frequente: verificare le notifiche. Ad esempio, se l’avviso è stato inviato a una vecchia residenza e il contribuente non lo sapeva, la prima conoscenza del debito sarà con la cartella: c’è spazio per opporsi.
Termini di prescrizione della cartella: Una volta che l’atto è definitivo e il ruolo formato, la riscossione segue le regole generali. Spesso si discute se la prescrizione del credito d’imposta di registro sia 5 anni o 10 anni. La Cassazione ha in passato ritenuto che, formatesi le somme in un atto definitivo, si applica la prescrizione decennale ordinaria per la riscossione coattiva (art. 2953 c.c.), assimilabile a un titolo di giudicato. Tuttavia, per alcune entrate erariali minori si è anche applicata la prescrizione breve. Senza entrare nell’annoso dibattito, per prudenza consideriamo che, dal momento della notifica dell’avviso, l’amministrazione abbia fino a 10 anni per riscuotere coattivamente (salvo atti interruttivi). Ciò significa che se avete un debito in cartella e non fate nulla, teoricamente vi potrebbe arrivare un pignoramento entro 10 anni; trascorsi 10 anni dall’ultima notifica valida senza atti di esecuzione, il debito si prescrive. Questo è un aspetto che il difensore può valutare: se la cartella è molto vecchia e la riscossione è rimasta inattiva per oltre 5 anni, si può provare a eccepire la prescrizione quinquennale (che per tributi locali spesso passa) oppure verificare atti interruttivi.
Procedure deflattive: Prima di arrivare al ricorso o al pagamento integrale, esistono strumenti “deflattivi” del contenzioso: uno è l’accertamento con adesione. In materia di imposta di registro, il contribuente può presentare istanza di adesione all’ufficio entro il termine per ricorrere, per cercare un accordo. L’istanza sospende i termini ricorso per 90 giorni. Nell’adesione, tipicamente, l’Agenzia può ridurre le sanzioni (fino a 1/3 del minimo edittale) o riconoscere alcuni errori. Per onestà, in casi di omessa registrazione c’è poco margine di trattativa sull’imposta (è dovuta per legge) e sulle sanzioni (minimo 120%): l’ufficio potrebbe ridurre la sanzione dal 120% al 100% o simili, ma difficilmente meno del minimo. Comunque tentare un’adesione mostra collaborazione e consente di allungare i tempi. Se l’adesione si conclude, si redige un atto con l’importo concordato (sanzioni ridotte di 1/3 rispetto a quelle originarie) e il tutto si può pagare anche in 8 rate trimestrali se >50 mila €.
Un altro strumento, obbligatorio fino a poco fa per cause di piccolo importo, era il reclamo-mediazione tributaria: per controversie fino a €50.000, prima di andare in giudizio si doveva presentare un reclamo all’AdE. Tuttavia, questa procedura è stata abrogata per i ricorsi notificati dal 2024 in poi . Quindi, attualmente (2025) non è più necessario esperire la mediazione: il contribuente può ricorrere direttamente. I ricorsi presentati prima del 2024 per importi entro 50k seguono invece la vecchia regola (mediati d’ufficio in attesa 90gg).
In sintesi difensiva su accertamento: Appena si riceve un avviso di liquidazione, bisogna:
- Verificare data stipula e data notifica: se l’avviso appare tardivo (oltre i 5 anni), è contestabile per decadenza . Questa è un’eccezione in diritto che porta all’annullamento totale se confermata.
- Controllare eventuali errori di calcolo: ad esempio, l’Agenzia potrebbe aver calcolato un canone annuo errato (capita se il contratto era verbale e ricostruito in base a stime, o se c’erano periodi di sospensione). Oppure potrebbero aver applicato l’aliquota sbagliata (es. tassato al 2% un contratto che in realtà era comodato gratuito).
- Valutare la legittimità formale: la motivazione dell’atto deve spiegare perché l’ufficio ritiene dovuta l’imposta. Se la motivazione è carente, ad esempio nel caso di un atto basato su presunzioni (tipo “si presume esistenza di contratto in nero”), si può eccepire difetto di motivazione. Idem se l’avviso non è stato preceduto dalla registrazione d’ufficio: secondo alcuni, prima di sanzionare l’omessa registrazione l’AdE dovrebbe registrare d’ufficio l’atto, ma in pratica fanno contestualmente la liquidazione.
- Considerare se c’è stata un’adesione parziale: a volte, prima di emettere l’avviso, l’ufficio invia un “invito al contraddittorio” e magari il contribuente concorda su qualcosa. Se poi l’avviso non rispecchia gli accordi, questo può essere fatto valere.
- Eventuale doppia imposizione: se per ipotesi il conduttore si è autonomamente attivato e ha registrato tardivamente (pagando imposta e sanzioni) e poi l’ufficio ha notificato al locatore come se nulla fosse, bisogna provare l’avvenuto pagamento per evitare duplicazioni. La solidarietà non significa che l’Erario incassa due volte; se uno dei coobbligati ha già pagato integralmente, l’altro può opporre ciò come fatto estintivo.
Nei paragrafi seguenti vedremo come impostare il ricorso tributario e ulteriori dettagli sulle pronunce giurisprudenziali utili.
Contenzioso tributario: come impugnare l’avviso o la cartella e difendersi in giudizio
Se si decide di non aderire alle richieste del Fisco, la strada è presentare un ricorso tributario. Dato il taglio avanzato, delineeremo i punti chiave per impostare una difesa in Commissione (ora Corte di Giustizia Tributaria), tenendo presente la normativa processuale aggiornata al 2025.
Giurisdizione e competenza: le controversie su imposta di registro (tributo erariale) rientrano nella giurisdizione delle Commissioni/CGT Tributarie. La competenza territoriale è dell’organo nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio dell’Agenzia che ha emesso l’atto (tipicamente, Commissione Tributaria Provinciale della provincia dell’immobile).
Termine di proposizione: 60 giorni dalla notifica dell’atto impugnato (avviso di liquidazione, o eventualmente cartella se primo atto). Il ricorso va notificato all’ente impositore (Direzione Provinciale AE) a mezzo ufficiale giudiziario, raccomandata a/r o PEC (per i difensori abilitati).
Soglia per difesa tecnica: se l’importo contestato (somme di imposta e sanzioni) eccede €3.000, il contribuente deve farsi assistere da un difensore abilitato (avvocato, commercialista, tributarista) munito di procura. Sotto i 3.000 € potrebbe stare da solo, ma è raro per queste materie (tra imposta e sanzioni si supera presto).
Contenuto del ricorso: Deve indicare l’atto impugnato (es: “Avviso di liquidazione n.XXX notificato il…”), il soggetto ricorrente e resistente, i motivi di ricorso, le conclusioni (richiesta di annullamento totale/parziale). Può contenere anche un’istanza di sospensione dell’atto, se c’è pericolo di danno grave dalla riscossione (ad esempio, si chiede sospensiva dell’esecuzione della cartella in attesa della sentenza). Il giudice decide la sospensione in tempi brevi (entro 180 gg dal ricorso, in genere). Nel ricorso introduttivo si può includere la domanda di sospensione cautelare con apposita sezione.
Motivi tipici di difesa: Nel caso di imposta di registro su locazioni, i motivi che un difensore potrebbe articolare (adattandoli al caso concreto) sono, a titolo esemplificativo:
- Decadenza dell’azione accertatrice – se l’atto è notificato oltre il termine di 5 anni previsto dall’art.76 DPR 131/86 . È un motivo preliminare e assorbente: si chiede l’annullamento dell’atto perché emesso tardivamente e dunque nullo. Si cita magari la risposta dell’Agenzia (FiscoOggi) che conferma tale decadenza .
- Inesistenza o nullità della notifica dell’atto impositivo – ad esempio, se l’avviso non è stato notificato secondo legge (mancata relata, consegna a soggetto non legittimato, invio PEC a indirizzo errato, ecc.). Se si impugna la cartella: motivi analoghi sulla notifica dell’avviso presupposto.
- Violazione di legge nel calcolo dell’imposta – ad esempio, l’ufficio ha applicato un’imposta non dovuta: caso tipico, hanno tassato un deposito cauzionale o un canone di affitto di ramo d’azienda con imposta di registro sulle locazioni anziché trattarlo correttamente. Oppure hanno ignorato che il contratto era in cedolare secca. Se, ad esempio, il locatore può provare di aver optato per cedolare secca (p.es. perché ha inserito la clausola e inviato raccomandata), allora l’imposta di registro non era dovuta ab origine e l’avviso che la richiede è infondato. A tal proposito, si può citare la Circolare 26/E/2011 che chiarisce l’esenzione per cedolare e l’art.3 D.Lgs.23/2011 . Attenzione: se l’Agenzia contesta che la cedolare non è valida perché non comunicata, si può contro-argomentare che dal 2019 l’omessa comunicazione proroga non è più sanzionata né causa decadenza , dunque l’opzione resta efficace.
- Errata qualificazione del rapporto – potrebbe accadere che l’ufficio qualifichi come “locazione” un rapporto che in realtà era diverso (es. un comodato gratuito, o un semplice uso precario). Se si riesce a dimostrare che non vi era un contratto di locazione (ad esempio, l’immobile era occupato da un parente a titolo gratuito, e i pagamenti erano contributi spese, non affitto), allora l’imposta di registro non era dovuta. Bisogna fornire prove concrete però. Se c’è un comodato scritto non registrato oltre 30 gg, anche quello va registrato (imposta fissa 200 €). Ma se era solo verbale sotto 30 gg? Nessun obbligo. Una linea difensiva è dunque far emergere che non c’era volontà di locazione onerosa.
- Applicazione di sanzione illegittima o eccessiva – ad esempio, l’ufficio ha applicato il massimo edittale senza motivare perché (le circolari chiedono di motivare l’entità della sanzione in base alla gravità). Oppure non ha tenuto conto di cause di non punibilità o attenuanti (es: errore scusabile, obiettiva incertezza normativa). In genere queste cause in materia di registro sono difficili da invocare, ma un difensore potrebbe tentare. Ad esempio, citare che c’era incertezza se quel contratto andava registrato o no (case borderline). O evidenziare che il contribuente ha comunque dichiarato i redditi da locazione (quindi non c’era volontà di evadere IRPEF, fu una svista non registrare): ciò potrebbe convincere la Commissione a ridurre la sanzione usando il potere di rideterminazione (anche se teoricamente non sarebbe previsto, alcune CTR in passato riducevano sanzioni ritenute sproporzionate).
- Difetto di motivazione – l’avviso deve indicare i presupposti di fatto e le norme. Se ad esempio si limita a intimare il pagamento senza spiegare come è emersa l’esistenza del contratto non registrato, si può eccepire violazione dell’art.7 Statuto Contribuente (L.212/2000). Questo motivo non sempre porta ad annullamento (il giudice può ritenere la motivazione sufficiente se l’atto indica gli estremi del contratto), ma va considerato se l’atto è scarno.
- Nullità derivata da vizio dell’atto presupposto – tipicamente, se si impugna la cartella sostenendo che l’avviso di liquidazione non fu mai notificato o è nullo. Si chiede quindi l’annullamento della cartella e in subordine dell’avviso sottostante. Questo in genere è da farsi contestando subito l’avviso, perché se ci si sveglia alla cartella potrebbe essere tardivo contestare contenuti dell’avviso (salvo notifica nulla, che rende inesistente l’avviso per voi).
- Prescrizione della sanzione amministrativa – in alcuni casi la difesa potrebbe sostenere che la sanzione tributaria, essendo di carattere afflittivo, non può essere irrogata dopo un certo tempo (diverso dalla decadenza dell’imposta). Tuttavia, essendoci la decadenza quinquennale generale, questa copre anche le sanzioni.
Nel ricorso scritto, conviene strutturare i motivi in modo chiaro, con intestazioni (es. “1. Violazione art.76 DPR 131/86 – decadenza accertamento”; “2. Infondatezza nel merito – contratto in cedolare esente imposta”, ecc.), e citare le prove. Le prove documentali vanno allegate: es. copia del contratto (se c’è), visure, ricevute di eventuali pagamenti già fatti, lettere inviate, ecc. Se si tratta di dimostrare che un contratto era comodato e non locazione, si può allegare dichiarazioni testimoniali rese in altra sede (ma attenzione: nel processo tributario la prova testimoniale è inammissibile, si può però usare dichiarazioni rese dal conduttore all’AdE come elementi).
Sospensione della riscossione: come detto, se pende ricorso l’Agenzia può iscrivere a ruolo 1/3 delle imposte. Per evitare di dover pagare mentre si discute, si può chiedere al giudice una sospensiva. Occorre dimostrare sia il fumus boni iuris (che il ricorso non è infondato, es. la decadenza è evidente) sia il periculum in mora (pagare causerebbe danni gravi, es. difficoltà economica). Le CGT spesso concedono la sospensione se ravvisano decadenze o errori grossolani.
Iter del giudizio: il processo tributario di primo grado di solito si conclude in 8-18 mesi. Se il contribuente vince, l’atto è annullato (totalmente o parzialmente). Se perde, può fare appello alla CGT di secondo grado entro 60 gg. In appello non esiste più reclamo-mediazione. La sentenza definitiva può essere oggetto di ricorso in Cassazione per motivi di diritto.
Spese legali: in genere chi perde in giudizio paga le spese all’altra parte. L’Agenzia delle Entrate spesso liquida importi moderati, ma è un rischio. Tuttavia, vista la posta in gioco (sanzioni alte), vale la pena affrontare la causa se ci sono motivi validi.
Esempio di atto difensivo (ricorso) – struttura sintetica:
- Ricorrente: Sig. X (CF…), residente…, elettivamente domiciliato presso… (difeso da …);
- Resistente: Agenzia Entrate DP di …, Ufficio Territoriale di …, in persona del direttore pro tempore;
- Atto impugnato: Avviso di liquidazione n… notificato il … , importo richiesto €…, relativo a imposta di registro su contratto di locazione;
- Fatto: (descrizione: “il ricorrente stipulava contratto di locazione ad uso … il … ma per un disguido la registrazione non veniva effettuata. In data … riceveva l’atto impugnato con cui l’ufficio richiede imposta €… e sanzioni €… ecc.”);
- Motivi in diritto:
- Violazione dei termini di decadenza (art.76 DPR 131/86) – Il contratto risale al … la registrazione andava richiesta entro …; l’avviso è stato notificato in data …, ben oltre il quinquennio legale. Pertanto l’accertamento è decaduto . (Si cita giurisprudenza o prassi a sostegno: es. “cfr. Cass. n. XXX; risposta AE su FiscoOggi … che conferma la perentorietà del termine quinquennale”).
- Infondatezza della pretesa – contratto in cedolare secca, imposta non dovuta – L’atto impugnato richiede imposta di registro sebbene il contratto fosse soggetto a cedolare secca. Il ricorrente infatti aveva esercitato l’opzione in sede di stipula (v. contratto allegato, clausola X) e comunicato al conduttore con raccomandata, come previsto . L’esenzione dall’imposta di registro in regime cedolare è totale . L’omessa registrazione, sebbene sanzionabile, non fa sorgere obbligo d’imposta (caso analogo a Cass. n.____). Dunque l’imposta principale non è dovuta.
- Errori nel calcolo sanzioni – violazione art.7 L.212/2000 – L’ufficio ha applicato la sanzione del 200% senza motivare perché non ha adottato il minimo del 120%. Ciò viola l’obbligo di motivazione degli atti impositivi. La sanzione inoltre appare sproporzionata rispetto alla condotta (contratto poi registrato spontaneamente prima dell’avviso, come da ricevuta allegata, e redditi dichiarati). Si chiede quindi la rideterminazione equitativa.
- Richiesta: annullare l’avviso in toto (o in subordine ridurre sanzioni a minimo, ecc.).
- Istanza di sospensiva: considerata la fondatezza del ricorso (decadenza evidente) e il pregiudizio grave nel dover pagare €… con pericolo di ipoteca, si chiede sospensione ex art.52 Dlgs 546/92.
- Documenti allegati: copia contratto, ricevuta raccomandata, dichiarazione redditi 20.. che include il canone, ricevuta pagamento tardivo F24 (se effettuato), visura catastale, ecc., copia atto impugnato e notifica.
Questo è solo un esempio orientativo. In un caso reale, i motivi e le strategie difensive vanno calibrati sulle specificità (spesso la difesa può giocare anche su altri fronti, come eccepire incostituzionalità di norme se applicate retroattivamente, o invocare la continuazione delle violazioni per chiedere sanzione unica – concetto complesso: se uno ha omesso di registrare e non dichiarato redditi, potrebbe essere tentato di dire che è un’unica evasione, ma difficilmente regge in giudizio tributario).
Spunti da giurisprudenza: Oltre ai principi già citati (decadenza 5 anni, nullità contratto ecc.), vi sono alcune sentenze recenti utili nel contenzioso:
- Cass. civ. Sez. III, ord. n. 13870/2023 – ha stabilito che il mancato versamento di annualità successive dell’imposta di registro non rende nullo il contratto e non può essere opposto dal conduttore per evitare di pagare i canoni; ha natura di diverso inadempimento solo fiscale. Questo può servire al locatore in sede civile (per dire: “il contratto resta valido, mi devi i canoni”), ma anche in sede tributaria per sottolineare che la sanzione c’è ma il contratto aveva efficacia (ad es. se l’ufficio sostenesse nullità e quindi tassasse diversamente i redditi, cosa fantasiosa).
- Cass. Sez. Un. n. 23601/2017 – ha affrontato l’ambito di applicazione della nullità ex L.311/2004 per i contratti non abitativi. Le SU hanno detto che si applica a tutte le locazioni, ma la dottrina critica che ciò è ormai superato dalla legge 2016 per gli abitativi. Comunque, se in una causa un inquilino commerciale eccepisce nullità, il locatore potrà citare pronunce (anche di merito) che ridimensionano quell’orientamento.
- Cass. ord. n. 22163/2023 – ribadisce che gli accordi modificativi non registrati (es: aumento canone concordato poi non registrato) non cadono in nullità ex L.311 se non c’è finalità elusiva . Questo in ambito tributario significa anche che l’ufficio potrebbe non esigere imposta su patti non registrati se li considera nulli; ma Cass. 22163 dice che se era solo un accordo successivo e contratto base era registrato, la nullità 311 non scatta. Un po’ complicato ma può rilevare se c’è contestazione su differenze di canone (es: “scrittura privata con aumento non registrata, quindi non producendo effetti non sarebbe tassabile” – arguibile).
- CTR e CTP varie: spesso le commissioni hanno annullato sanzioni per vizi formali o ridotto percentuali. Ad esempio CTP in casi analoghi hanno ridotto la sanzione dal 120% al 60% equamente. Anche se giuridicamente discutibile (le commissioni non potrebbero in teoria ridurre ad libitum, ma lo fanno invocando l’art.7 D.Lgs.472/97 se ricorrono circostanze eccezionali).
In conclusione, la difesa nel contenzioso tributario sulle locazioni si basa su eccezioni tempestive (decadenza, nullità notifica) e su argomenti di merito come l’eventuale non debenza dell’imposta (caso cedolare secca ben applicata) o la richiesta di riduzione sanzioni. È fondamentale allegare prove e riferimenti normativi precisi (ad esempio, per la decadenza citare testualmente art.76 TUR ). Una difesa ben strutturata, specie se supportata da evidenze (es: lettera cedolare inviata, F24 ravvedimento pagato prima dell’avviso, ecc.), può portare almeno a una vittoria parziale (magari facendo eliminare la sanzione o riducendola).
Da notare che il debitore può anche valutare la via della mediazione civile se il contrasto con l’inquilino parallelo (ad esempio l’inquilino pretende indietro soldi per la nullità). In tal caso, separate dal contenzioso fiscale, locatore e conduttore potrebbero accordarsi: es. il locatore registra subito, riduce il canone, e l’inquilino rinuncia a eccepire nullità e paga d’ora in poi. Questo non incide sul Fisco (che vorrà comunque la sua imposta e multa), ma risolve la querelle privata.
Domande frequenti (FAQ) su imposta di registro e difesa del contribuente
Di seguito una serie di domande comuni in materia di imposta di registro sulle locazioni e relative risposte, per chiarire i dubbi più frequenti:
D: Che cos’è l’imposta di registro sui contratti di locazione e chi deve pagarla?
R: È un tributo indiretto dovuto per la registrazione di atti giuridici. Nel caso delle locazioni, è pari in genere al 2% del canone annuo pattuito (con minimo 67 €) e va versata all’Agenzia delle Entrate al momento della registrazione e ad ogni annualità (salvo opzione per cedolare secca). Sono obbligati in solido al pagamento sia il locatore che il conduttore . In pratica, di solito il pagamento lo effettua il proprietario, ripartendo la spesa col conduttore secondo accordi contrattuali (metà ciascuno). Ma legalmente, se uno dei due non paga, l’altro ne risponde per intero verso il Fisco .
D: Quando è obbligatorio registrare un contratto di locazione? Ci sono eccezioni?
R: La regola generale è che tutti i contratti di locazione di immobili devono essere registrati entro 30 giorni dalla stipula , tranne quelli di durata non superiore a 30 giorni complessivi nell’anno con lo stesso inquilino . Quindi, se affitto un appartamento a Tizio per 2 settimane all’anno, non c’è obbligo di registrazione. Ma se supero i 30 giorni (sommando più periodi con Tizio), scatta l’obbligo . Nessun obbligo anche per le locazioni di box/posti auto condominiali se accessorie all’abitazione principale e sotto 30 gg. In caso di dubbi, è prudente registrare comunque: ad esempio, alcuni registrano anche contratti di 1 mese per avere data certa e tutela legale, pur non essendo obbligatorio.
D: Quali sono le sanzioni se non registro un contratto nei termini?
R: Molto pesanti: almeno il 120% dell’imposta dovuta (fino al 240%) , con un minimo di 200 €. Se registro con un lieve ritardo (entro 30 gg di ritardo), la sanzione si dimezza (60%-120%, ma sempre minimo 200 €) . In altre parole, anche solo un giorno di ritardo oltre il 30º comporta una multa pari ad almeno due volte l’imposta evasa, e mai meno di 200 €. Ad esempio, su un contratto con imposta 100 €, la sanzione minima sarà 200 €. Su importi grandi, può arrivare al doppio. Inoltre, se non si registra entro 30 gg, il contratto è nullo per la legge (nel settore abitativo) , il che ha conseguenze civilistiche molto serie (vedi oltre). Le sanzioni sono dovute da entrambe le parti in solido , quindi l’Agenzia può notificarle sia al proprietario che all’inquilino (tipicamente le indirizza al locatore). Oltre alla sanzione, naturalmente va pagata l’imposta evasa e gli interessi di mora.
D: E se mi dimentico solo di pagare l’imposta per il rinnovo annuale (ma il contratto era registrato regolarmente)?
R: In tal caso non hai “omesso la registrazione” (che già c’è), hai omesso un versamento. La sanzione è più bassa: il 30% dell’importo non pagato (ridotto a 15% se paghi con ≤90 gg di ritardo). Quindi, se dovevi pagare 70 € di rinnovo e non l’hai fatto, la multa sarà 21 € circa (più interessi). Inoltre, questa dimenticanza non invalida il contratto: la Cassazione ha confermato che il contratto resta valido e l’inquilino non può contestarne la validità solo perché il locatore non ha versato l’imposta annuale . Naturalmente, l’Agenzia delle Entrate richiederà comunque quei 70 € + 30% + interessi.
D: Cosa succede se l’Agenzia scopre che non ho registrato un contratto di affitto?
R: Procederà a registrarlo d’ufficio e ti invierà un avviso di liquidazione chiedendo: l’imposta di registro dovuta (di regola il 2% annuo per gli anni di durata del contratto, spesso calcolano 4 anni per i 4+4), la sanzione (120-240% dell’imposta) e gli interessi legali maturati . Ad esempio, se affittavi dal 2019 al 2021 a 500 €/mese in nero, potrebbero chiederti 2% di 18.000 € ≈ 360 € di imposta, più sanzione minima 432 € (120%) e interessi. Se sono passati più di 5 anni, potrai eccepire che è decaduto il potere di accertamento (vedi domanda sulla prescrizione). Inoltre, l’Ufficio segnalerà la cosa anche per recuperare le imposte sui redditi evase: aspettati dunque anche un possibile accertamento IRPEF sul canone non dichiarato. Può scattare anche la comunicazione al Comune per la mancata registrazione ai fini dell’anagrafe condominiale (in teoria c’è obbligo per il locatore di comunicare all’amministratore condominiale gli estremi di registrazione).
D: Come posso difendermi se ricevo un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate per omessa registrazione?
R: Prima di tutto, controlla se l’avviso è arrivato entro i termini di legge (5 anni dalla data in cui dovevi registrare). Se è fuori termine, hai un asso nella manica: la decadenza quinquennale può farti annullare tutto . Devi però far valere questa eccezione presentando ricorso alla Commissione Tributaria entro 60 giorni. Se invece l’avviso è tempestivo, puoi ancora difenderti su altri fronti: ad esempio, verificare se l’importo dell’imposta è calcolato giusto (hanno considerato bene il canone? Il periodo? Ci sono clausole esenti?), oppure se spettava un’agevolazione (es. contratto canone concordato con base imponibile ridotta al 70% – l’ufficio potrebbe aver ignorato questa riduzione, e tu puoi contestare chiedendo la riliquidazione ). Se avevi diritto alla cedolare secca ma non l’hai esercitata formalmente, puoi tentare di sostenere che l’intenzione c’era (ad es. hai dichiarato quei redditi nel quadro cedolare del 730) – alcune CTP hanno accolto ricorsi di locatori “in buona fede” che avevano dimenticato l’opzione, permettendo di non pagare imposta di registro, ma è una difesa non garantita. In generale, puoi presentare ricorso evidenziando ogni errore formale (notifica viziata, motivazione carente) e sostanziale. Un consiglio: se la violazione è palese e non hai scuse valide, valuta di aderire con acquiescenza: pagando entro 60 gg ottieni sanzioni ridotte di 1/3 . In ogni caso, consulta un tributarista o avvocato per impostare la strategia migliore (spesso solo vedere l’atto ti permette di capire le falle).
D: Posso fare qualcosa prima che mi scoprano, per rimediare?
R: Sì, il ravvedimento operoso è la tua carta. Se ti accorgi di non aver registrato un contratto o non aver pagato un rinnovo, attivati subito prima che arrivi la contestazione. Con il ravvedimento pagherai una sanzione ridotta (ad es. 1/8 del minimo se sei entro un anno di ritardo, quindi circa 15% dell’imposta invece che 120%) . Più anticipi, più la sanzione cala: entro 90 gg è circa 13,3% , entro 30 gg anche intorno al 6-7%. Devi calcolare l’imposta, versarla con modello F24 insieme alla sanzione ridotta e agli interessi, e presentare il contratto per la registrazione tardiva. L’UPPI di Padova, ad esempio, ricorda che col ravvedimento “è possibile ridurre sensibilmente la sanzione” pagando quella ridotta più interessi . Questo ti mette abbastanza al riparo da guai: se ravvedi prima che l’AdE ti notifichi qualcosa, in genere non c’è ulteriore azione (a meno che scoprono periodi extra non sanati). Importante: ravvedimento è ammesso finché non ti notificano un avviso o non partono verifiche formali su quel contratto.
D: Il contratto non registrato è valido oppure no? (punto di vista locatore e conduttore)
R: Dipende dall’uso: se è un contratto di affitto di abitazione, la legge stabilisce che se non lo registri entro 30 giorni è nullo . Ciò significa che legalmente è come se non esistesse. Il che favorisce l’inquilino: ad esempio, un proprietario non potrà sfrattarlo con la procedura accelerata perché il giudice rileverà la nullità del contratto; l’inquilino potrebbe andarsene senza preavviso o smettere di pagare – il locatore non può fargli causa per riscuotere canoni su un contratto nullo (potrà chiedere semmai un’indennità generica). In pratica è una situazione terribile per il locatore. Se invece parliamo di un contratto commerciale (negozio, ufficio) non registrato: qui la nullità non è espressamente prevista, quindi tecnicamente il contratto tra le parti rimane valido. Tuttavia, c’è stata confusione: una norma del 2004 diceva nulli tutti i contratti non registrati, ma la Cassazione ha poi specificato che per gli usi diversi la nullità non scatta automaticamente, specie per accordi successivi . Quindi, un inquilino di un negozio in teoria non può rifiutare di pagare il canone dicendo “non l’hai registrato”, perché il contratto è valido (ma resta l’obbligo fiscale inadempiuto). In sintesi: abitativo non registrato = nullo, commerciale non registrato = valido tra le parti (ma con possibile dibattito in tribunale, anche se i trend giurisprudenziali 2023 confermano la non applicabilità della nullità 2016 a usi diversi). In ogni caso, conviene registrare quanto prima anche se in ritardo, perché dal giorno della registrazione il contratto “acquista efficacia” (per lo meno ex nunc) e in caso di contenzioso il giudice potrebbe tener conto della regolarizzazione tardiva. Si segnala che registrare tardivamente non rende valido retroattivamente un contratto abitativo che era nullo – su questo la giurisprudenza è chiara – ma quantomeno da quel momento si ha un contratto valido per il futuro (sottinteso come nuovo accordo).
D: Ho ricevuto una cartella di pagamento da Agenzia Entrate-Riscossione riguardante “imposta di registro locazioni” di anni fa, ma io non ho mai visto l’avviso di liquidazione prima. Che devo fare?
R: Se è la prima notizia che hai, conviene fare due cose: 1) chiedere subito all’Agente della Riscossione l’estratto di ruolo e copia della documentazione, per capire se c’è stato un avviso precedente e come dicono di avertelo notificato; 2) molto probabilmente, presentare un ricorso tributario contro la cartella, eccependo che l’avviso presupposto non ti è stato regolarmente notificato (quindi la cartella è nulla perché manca l’atto a monte). È un caso frequente. Ad esempio, se l’avviso era stato inviato ad un vecchio indirizzo o non consegnato correttamente, tu puoi far valere questo vizio: in base alla legge, la cartella può essere annullata perché non può esistere un debito iscritto a ruolo senza che tu abbia avuto la chance di contestarlo prima . Il ricorso va fatto contro Agenzia Entrate (che ha emesso l’atto originario) e contro l’ADER. Nel ricorso dovrai spiegare che non hai ricevuto alcun avviso e quindi non hai potuto difenderti, chiedendo l’annullamento del ruolo. Se il giudice accoglie, la cartella decade; l’ufficio a quel punto di solito re-inizia il procedimento notificandoti l’avviso (che se è passato troppo tempo, potrebbe essere fuori termine!). Quindi in molti casi far annullare la cartella per vizio di notifica dell’avviso porta poi la decadenza dell’accertamento. Ricorda: hai 60 giorni dalla notifica cartella per agire. Nel frattempo puoi anche presentare istanza di sospensione all’ADER per evitare azioni esecutive durante il ricorso (l’ADER spesso sospende se mostri di aver impugnato e c’è udienza in corso).
D: L’imposta di registro può cadere in prescrizione?
R: Sì, ma bisogna distinguere: decadenza di 5 anni (per l’accertamento) e prescrizione del debito. La decadenza quinquennale l’abbiamo spiegata: il Fisco ha 5 anni per notificare l’avviso . Se non lo fa in tempo, non può più pretendere nulla (il debito “si spegne” per decadenza). Se invece l’avviso è stato notificato e magari è definitivo (non impugnato), allora hai un debito verso l’erario. Questo debito ha una prescrizione; secondo la Cassazione, essendo un debito verso lo Stato risultante da un atto (che fa stato come sentenza), la prescrizione è di 10 anni. Alcuni però sostengono 5 anni analogamente ad altri tributi. Ad ogni modo, l’InfoBuild nel 2023 titolava: “Imposta di registro: in prescrizione dopo 5 anni. Ma non decadono gli obblighi del contribuente” . In realtà, quel titolo è un po’ impreciso: i 5 anni lì citati si riferiscono alla decadenza per notifica dell’avviso . Spiegavano infatti che “l’Agenzia ha tempo cinque anni per inviare gli avvisi, passato questo periodo le richieste non avranno validità, ma il contribuente non è dispensato dal pagamento” . Cioè: anche se decadono i poteri del Fisco, l’obbligo fiscale in teoria rimarrebbe (ma lo Stato non può più pretenderlo coattivamente). In pratica, se sono decorsi i termini, non pagherai nulla. Se invece hai una cartella già notificata e passano tot anni senza che ti intimino altro, potresti valutare la prescrizione. Un esempio concreto: cartella del 2015 non pagata, nessuna comunicazione in 7 anni, si potrebbe sostenere che il diritto alla riscossione sia ormai prescritto (qui alcuni dicono 5 anni sulle sanzioni e interessi, altri 10 sull’imposta). È materia tecnica da valutare caso per caso col legale.
D: La cedolare secca fa risparmiare anche sull’imposta di registro, ma se il contratto non viene registrato per niente e era in teoria in cedolare, cosa succede?
R: Succede un doppio problema: (1) perdi i benefici della cedolare secca, perché l’opzione andava fatta alla registrazione; (2) ti contestano l’omessa registrazione con relative sanzioni. L’Agenzia considererà il contratto come “in nero” e applicherà l’imposta di registro standard come se cedolare non ci fosse stata, su cui calcola la multa . Non solo: per l’IRPEF, se non hai dichiarato nulla, ti farà un accertamento per recuperare le imposte sui redditi. Quindi non registrare un contratto sperando nella cedolare “non dichiarata” è un grave errore. Se invece hai regolarmente dichiarato i redditi in cedolare ma per assurdo ti sei scordato di registrare il contratto (caso raro ma possibile se uno pensa che basti dichiarare): potresti difenderti facendo leva sul principio del “remissione in bonis” introdotto dal 2012, ossia la possibilità di rimediare a omissioni formali. In effetti, dal 2015 è prevista la possibilità di sanare la tardiva opzione cedolare in sede di proroga versando una sanzione fissa (100 €) , e come detto oggi nemmeno quella sanzione c’è più . Tuttavia, la registrazione iniziale del contratto non è considerata solo un onere formale ma sostanziale, per cui difficilmente l’AdE chiuderebbe un occhio. In pratica: se non registri affatto all’inizio, anche se paghi la cedolare in Unico, l’Agenzia può disconoscerti la cedolare e farti pagare IRPEF + imposta registro + multa. Ci sono state alcune risoluzioni (es. Ris. 115/E 2017) che hanno ammesso il ravvedimento dell’omessa comunicazione di proroga con sanzione 50/100 €, ma sull’omessa registrazione iniziale no, non c’è sanatoria se non ravvedi subito tu con pagamento imposta di registro (rinunciando alla cedolare per quell’anno). Quindi, massima attenzione: la cedolare fa risparmiare ma va esercitata correttamente sin dall’inizio.
D: Un contratto non registrato può essere registrato in ritardo “fingendo” una data posteriore per evitare sanzioni?
R: Questa è una pratica illegale e altamente sconsigliabile. Alcuni pensano: “Abbiamo iniziato a gennaio senza registrare, ora a giugno firmiamo un nuovo contratto datato giugno così non risulta il nero prima”. Questa è una simulazione che comporta rischi. Se l’inquilino o altri possono provare che l’effettiva decorrenza era gennaio, potreste incorrere in responsabilità per dichiarazione mendace o addirittura reati (falso in scrittura privata se usato verso il Fisco). Inoltre, l’inquilino potrebbe rivalersi su di voi per i mesi “in nero”. La strada corretta è semmai registrare tardivamente con la vera data (pagando sanzioni) oppure stipulare ex novo da ora un contratto regolare e trovare un accordo privato sul pregresso. Meglio non falsificare le date: le banche dati (utenze attivate, residenze, ecc.) spesso smentiscono i contratti retrodatati.
D: Ci sono agevolazioni o condoni per chi ha affitti non registrati? Ad esempio, durante il Covid o altro c’è stata clemenza?
R: Non specificamente. Durante il Covid non c’è stato alcun condono sulle imposte di registro. C’è stata però un’agevolazione: la registrazione degli accordi di riduzione del canone era esente da imposta di registro (D.L. 34/2020) se fatti nel 2020-21 a causa Covid. Ma questa è un’altra storia: riguarda chi riduceva l’affitto ai propri inquilini in difficoltà – l’atto di riduzione non scontava i soliti 67 €. Sul fronte delle sanzioni per omessa registrazione, non risultano sanatorie: l’idea del legislatore è punire i trasgressori per stanare il nero, quindi niente condono. Solo strumenti generali come la definizione liti o la rottamazione cartelle (che però riguarda sanzioni e interessi su cartelle già emesse). Ad esempio, se hai una cartella per imposta di registro emessa nel 2018, nel 2023 potevi aderire alla Rottamazione-quater e pagare solo imposta e interessi ridotti, senza sanzioni. Ma questo vale per chi è già in fase di cartella. L’ideale è non arrivarci proprio, usando il ravvedimento.
D: Ho scoperto che il mio inquilino subaffitta a turisti (Airbnb) senza dirmelo. Questi sub-contratti brevissimi vanno registrati? Rischio qualcosa come locatore?
R: I subaffitti di durata ≤30 giorni cadono nella stessa regola: se Tizio (inquilino) subaffitta a Caio per 1 settimana, non serve registrare quel breve sub-contratto. Se però Tizio subaffitta più volte allo stesso Caio cumulando >30gg annui, allora sarebbero tenuti a registrare. Come locatore, tu non sei direttamente responsabile dell’imposta di registro sui subaffitti tra il tuo inquilino e terzi (non sei parte di quel contratto). È Tizio semmai che dovrebbe registrare eventualmente e pagare, essendo lui “locatore” nel subaffitto. Certo, se questo subaffitto è vietato dal contratto principale, è un altro problema (contrattuale). Fiscalmente, stai attento che se il Fisco scopre subaffitti remunerativi, potrebbe insospettirsi anche sull’eventuale canone che percepisci tu (ma se è tutto regolare e dichiarato, non hai colpa). Inoltre, dal 2017 chi gestisce affitti brevi come intermediario (Airbnb) doveva fare da sostituto d’imposta per la cedolare secca e comunicare i dati: quindi l’Agenzia in teoria viene a sapere che quell’immobile è affittato a turisti. Questo non crea un problema per te se hai registrato regolarmente il contratto con Tizio. Se invece il tuo contratto con Tizio non era registrato (affitto in nero) e lui addirittura subaffitta online, stai esponendo il fianco: l’incrocio dati farà emergere che c’è un immobile affittato non dichiarato dal proprietario. In sintesi: i subaffitti brevi in sé no, non vanno registrati (entro 30gg totali/anno no ), ma occhio ai flussi informativi.
D: Il mio contratto di affitto 3+2 a canone concordato è regolarmente registrato e in cedolare. L’Agenzia mi chiede però l’imposta di registro su una clausola penale (multa per ritardato pagamento canoni) inserita nel contratto, sostenendo che quella va tassata a parte. Devo pagarla?
R: Caso interessante. In generale, sì, le clausole penali sono soggette a imposta di registro autonoma (0,50% o 3% a seconda dei casi) quando si verificano (se il conduttore effettivamente paga la penale). Però su un contratto in cedolare secca c’era dubbio: la cedolare copre solo i canoni o anche le penali? L’Agenzia Entrate con la risposta a interpello n. 146/2025 (recentissima) ha chiarito che se la clausola penale viene azionata (cioè l’inquilino paga una somma a titolo di penalità per inadempimento), essa sconta l’imposta di registro separatamente anche se il contratto è in cedolare . Quindi, purtroppo, se hai incassato ad es. €500 di penale, devi pagare l’imposta di registro su quell’atto (nella misura dello 0,50% se è penale per ritardato pagamento, solitamente). Se l’Agenzia ti ha fatto un avviso su questo, è probabilmente corretto secondo la loro interpretazione. Puoi valutare se contestare sostenendo che la penale era accessoria al canone (ma l’AdE non la pensa così, e la commissione quasi certamente darà ragione al Fisco su questo punto specifico, essendoci ora anche il chiarimento ufficiale).
D: Ho affittato un terreno agricolo a 1.000 € annui e ho registrato il contratto pagando 0,50% = 5 € anno. Ora mi arriva una cartella di €30 perché dicono imposta minima 67 €. Dove sta la verità?
R: Per i fondi rustici l’imposta proporzionale è 0,50%, ma l’imposta minima di €67 si applica comunque all’atto di registrazione iniziale. Cioè, anche se il 2% non c’entra, c’è un minimo assoluto di 67 € per ogni registrazione. Quindi se hai pagato 5 €, hai versato meno del minimo. Dovevi pagare 67 € comunque. L’ufficio quindi ti chiede la differenza e probabilmente una sanzione per insufficiente versamento. Purtroppo la legge sul minimo è chiara: “in ogni caso l’imposta minima è 67€” . Unica eccezione: per le annualità successive di contratti già registrati, se paghi anno per anno, non si applica il minimo (paghi l’importo pieno anche se fosse 5 €). Però alla prima registrazione il minimo c’è. Quindi la cartella è corretta. L’unica difesa sarebbe stata ravvedersi spontaneamente integrando i 62 € mancanti con sanzioncina e interessi. Ormai in cartella puoi solo pagare o contestare se la notifica era viziata.
D: L’inquilino non mi paga, ma ho scoperto che il contratto è nullo perché all’epoca (2015) il mio ex amministratore non lo registrò. Posso registrarlo ora per poterlo sfrattare?
R: Puoi e devi registrarlo anche ora, ma purtroppo la registrazione tardiva (specie se son passati anni) non sana la nullità originaria . Dovrai iniziare una nuova locazione “regolare” se l’inquilino è d’accordo, oppure procedere con una causa ordinaria di restituzione immobile per occupazione senza titolo, visto che il contratto è nullo. È una causa più lunga rispetto allo sfratto, ma non hai alternative se l’inquilino non collabora. Registrando ora, comunque, metti in regola la situazione fiscale dal punto di vista delle imposte (pagherai sanzioni etc, evitando ulteriori guai) e potrai almeno in sede civile sostenere che c’è un contratto valido da ora (se l’inquilino firma un nuovo accordo contestualmente alla registrazione). Ma se lui è ostile, la nullità rimane sfruttabile a suo vantaggio. Ti conviene cercare un accordo: magari condonargli parte dei canoni arretrati in cambio della liberazione dell’immobile o della firma di un contratto regolare con rateizzazione del dovuto. Consultare un legale è d’obbligo, perché la questione coinvolge sia aspetti fiscali sia diritti civili. Anche perché se l’inquilino volesse davvero metterti nei guai potrebbe segnalare all’Agenzia delle Entrate il nero passato (se non l’hai ancora regolarizzato): doppio problema.
D: Sono inquilino, il mio padrone di casa non ha mai registrato il contratto e ora mi ha mandato lettera di sfratto per fine comodato (!) cercando di fingere che fossi comodatario. Posso difendermi?
R: Assolutamente. Se tu hai un accordo di locazione verbale o scritto non registrato, quell’accordo è nullo (se abitativo) e puoi eccepirlo in tribunale. In pratica, puoi sostenere: “Non c’è valido contratto di comodato, io ero in locazione e quel contratto è nullo per legge, dunque l’atto di intimazione è improcedibile”. Il giudice darà ragione a te, molto probabilmente. Inoltre, puoi valutare di denunciare all’Agenzia delle Entrate la situazione (magari anche anonimamente o attraverso l’associazione inquilini): il tuo proprietario si vedrà arrivare accertamenti. Tieni però presente che se il contratto è nullo, sei tenuto comunque a corrispondere un’indennità di occupazione per l’uso dell’immobile. Non è che diventa gratis. Ma potrebbe essere molto più bassa del canone pattuito. In alcuni casi i giudici hanno quantificato l’indennità in misura pari all’equo canone o simili, comunque inferiore al nero concordato. Il proprietario giocando la carta del comodato cerca di evitare sanzioni fiscali e farti passare dalla parte del torto come occupante abusivo: ma le sue stesse mosse lo tradiscono. Fatti assistere da un avvocato, eventualmente tramite un sindacato inquilini (SUNIA, Unione Inquilini…), perché la posizione del locatore è debole in questa situazione. Probabilmente troverete un accordo, magari con te che lasci l’immobile e lui rinuncia a pretendere mensilità pregresse (che legalmente non può pretendere per contratto nullo).
D: In caso di contenzioso tributario, devo pagare subito o posso attendere la sentenza?
R: Se fai ricorso, non sei obbligato a pagare subito le somme contestate (salvo la quota di 1/3 dell’imposta in ruolo provvisorio, come accennato). In pratica, presentando ricorso, di norma l’atto è “sospeso” de facto finché non diventa definitivo, ma l’Agenzia può iscrivere a ruolo il 50% delle imposte (vecchie regole) o 1/3 (nuove). Per stare tranquillo, conviene chiedere sospensione al giudice. La Corte di Giustizia Tributaria può sospendere l’atto se reputa che l’esecuzione immediata causerebbe un danno grave e se il ricorso non è infondato. Ad esempio, se ti chiedono 20.000 € e tu provi che sei disoccupato, la sospensione è probabile. Durante la pendenza del giudizio, se hai ottenuto la sospensiva, l’Agente della riscossione non può procedere. Se invece non hai la sospensiva, l’Agenzia potrebbe procedere per la parte riscuotibile (di solito 1/3 imposta): rischi quindi di trovarti una cartella su quella quota mentre il resto attende la sentenza. Ogni caso è a sé: parla col tuo difensore per decidere se pagare parzialmente per sicurezza o se confidare nella sospensione. Una volta emessa la sentenza di primo grado, se perdi devi pagare ciò che risulta dovuto (anche se fai appello, in appello c’è l’obbligo di pagare comunque una percentuale maggiore per proseguire). Se vinci, avrai diritto eventualmente al rimborso di quanto pagato in eccesso e al pagamento delle spese di lite da parte dell’ufficio.
D: Le locazioni brevi (Airbnb) sono soggette a qualche imposta di registro o comunicazione?
R: Le locazioni “brevi” (fino a 30 giorni) non vanno registrate fiscalmente . Tuttavia la legge dal 2017 richiede agli intermediari (portali, agenzie) di trasmettere all’Agenzia Entrate i dati dei contratti conclusi per loro tramite. Inoltre, i Comuni spesso richiedono la comunicazione per la tassa di soggiorno e hanno istituito registri (CIR, codici identificativi). Ma sul piano imposta di registro, nulla è dovuto se i singoli contratti non superano 30gg. Attenzione però: come detto, se lo stesso ospite permane cumulativamente oltre 30 gg annui, quel rapporto va registrato . Quindi un host Airbnb deve stare attento a non rinnovare mensilmente allo stesso cliente per più di un mese totale senza registrare. Sul fronte fiscale generale, i redditi da locazioni brevi vanno dichiarati e assoggettati a imposta (cedolare 21% o IRPEF). Gli intermediari online, se incassano loro gli affitti, applicano una ritenuta del 21%. Ma ciò esula dall’imposta di registro. Quindi: nessuna imposta di registro su Airbnb <30gg, ma sì altre segnalazioni.
D: Quali sono le sentenze più recenti e importanti su questa materia?
R: Ne abbiamo citate diverse nel corso della guida. Riassumendo:
- Cass. 6782/2016 Trib. Milano: tardiva registrazione non restituisce efficacia al contratto nullo . Conferma la linea dura: se non registri entro 30gg, contratto invalido senza rimedio.
- Cass. SS.UU. 23601/2017: nullità ex L.311/2004 applicabile anche a contratti uso diverso (ma poi mitigata da pronunce successive).
- Cass. 9475/2021: caso del contratto verbale non registrato – afferma che non sempre è nullo (dipende dalle circostanze), aprendo spiragli interpretativi (molto tecnico, si veda su Diritto.it) .
- Cass. 13870/2023 (ord.): mancato versamento annualità successive non influisce su validità del contratto; nullità riguarda solo l’omessa registrazione iniziale .
- Cass. 16071/2023 e 22163/2023: chiariscono che accordi modificativi (tipo cambiare il canone in corso senza registrare l’accordo) non comportano nullità ex art.1 c.346 L.311/04, se contratto base era registrato e non c’è intento evasivo . Insomma distingue tra evadere tutto (non registrare contratto base) e piccoli accordi successivi non registrati.
- Corte Costituzionale 50/2014: dichiarò incostituzionale la norma del 2011 che prevedeva il contratto 4+4 forzoso a canone basso in caso di mancata registrazione (quella norma fu eliminata). Quindi oggi rimane la nullità, ma senza conversioni forzate.
- Comm. Trib. varie: ad esempio CTP Roma 2019 ha sancito che l’omessa comunicazione cedolare non comporta decadenza se il comportamento è coerente (anticipando il legislatore 2019).
- Cass. 11034/2019: ha ritenuto valida l’opzione cedolare esercitata in dichiarazione dei redditi anche se non comunicata prima, applicando la remissione in bonis. Questo può essere usato per difendersi da pretese di imposta di registro: se il giudice accetta che la cedolare era valida, l’imposta di registro non era dovuta.
- Cassazione civile, sez. III, 19 Maggio 2023.
- DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 26 aprile 1986, n. 131.
In generale la tendenza delle sentenze recenti è: severità sul fronte fiscale (sanzioni e nullità confermate), ma anche pragmatismo su questioni formali (no sanzioni per tardiva proroga, ammissibilità di sanare dimenticanze formali). Comunque, è sempre meglio prevenire che difendersi dopo: registrare i contratti, dichiarare i redditi, e se è il caso ravvedersi spontaneamente conviene economicamente e giuridicamente.
D: In concreto, cosa devo fare ora se ho un contratto non registrato?
R: Dal punto di vista del debitore/locatore: la mossa migliore è giocare d’anticipo. Vai da un commercialista o CAF, calcolate l’imposta dovuta (anche per gli anni passati se ancora nei 5 anni) e fai la registrazione tardiva con ravvedimento. Pagherai una sanzione ridotta e metterai in regola il contratto. Parallelamente, magari parla con l’inquilino: spiegagli che vuoi sistemare la cosa (anche perché potenzialmente è nel suo interesse avere un contratto valido per la residenza, bonus affitto, ecc.). Potreste accordarvi su come gestire le spese di registrazione e il futuro (es. se era un affitto in nero molto alto, magari regolarizzando abbassi un po’ il canone in contratto, per mitigare il carico fiscale). Se invece hai già ricevuto una contestazione, valuta i motivi di ricorso come sopra e agisci di conseguenza. Dal punto di vista del conduttore: se stai pagando in nero, sappi che la legge è dalla tua parte per far valere la nullità e metter pressione al proprietario. Ma occhio: se hai beneficiato illegalmente di un affitto in nero basso e denunci, il locatore potrebbe rivalersi chiedendo differenze o buttarti fuori (sempre via tribunale però, perché anche tu sei in una zona grigia). L’ideale è trovare un compromesso: registrare con canone realistico e proseguire regolarmente. Se il locatore non ne vuole sapere, valuta tu se ti conviene restare (rischiando magari che un domani lui registri e ti chieda aumenti) o cambiare casa e denunciare a quel punto (così almeno forse recuperi parte di quanto pagato in nero perché lui sarà sanzionato).
In sostanza, la difesa del contribuente in materia di imposta di registro affitti passa molto per la corretta informazione (conoscere regole e scadenze), la tempestività (ravvedersi prima possibile) e, se c’è già un atto, la tecnica legale (decadenze, vizi, ecc.) supportata possibilmente da un esperto. Speriamo che questa guida abbia fornito gli strumenti necessari per muoversi in questo campo insidioso, dal lato del “debitore” ma con la legge dalla sua parte quando i suoi diritti vanno tutelati.
Hai ricevuto un avviso dall’Agenzia delle Entrate perché ti viene contestato l’omesso pagamento dell’imposta di registro sui contratti di locazione? Fatti Aiutare da Studio Monardo
Hai ricevuto un avviso dall’Agenzia delle Entrate perché ti viene contestato l’omesso pagamento dell’imposta di registro sui contratti di locazione?
Vuoi sapere cosa rischi e come puoi difenderti da queste contestazioni?
L’imposta di registro è obbligatoria per i contratti di locazione non soggetti a cedolare secca e deve essere versata al momento della registrazione e, successivamente, ad ogni annualità. Se non viene pagata correttamente, l’Agenzia delle Entrate può contestare l’omissione e chiedere il versamento dell’imposta, delle sanzioni e degli interessi.
👉 Prima regola: verifica se il contratto rientrava nel regime di cedolare secca o se spettavano esenzioni particolari.
⚖️ Quando scattano le contestazioni
- Contratti di locazione registrati senza il versamento dell’imposta;
- Mancato rinnovo annuale con relativo pagamento;
- Contratti verbali o scritti non registrati;
- Errori nei calcoli dell’imposta dovuta;
- Opzione per cedolare secca non comunicata correttamente.
📌 Conseguenze della contestazione
- Recupero dell’imposta di registro non versata;
- Sanzioni dal 120% al 240% dell’imposta omessa;
- Interessi di mora;
- Rischio di nullità del contratto di locazione ai fini fiscali;
- Possibili controlli ulteriori sui redditi da locazione.
🔍 Cosa verificare per difendersi
- Il contratto era soggetto a cedolare secca o ad altra esenzione?
- Il pagamento è stato effettuato ma non rilevato dall’Agenzia?
- Sono state rispettate le scadenze annuali di rinnovo?
- La contestazione indica con precisione annualità e importi?
- Sono trascorsi i termini di decadenza per l’accertamento?
🧾 Documenti utili alla difesa
- Copia del contratto di locazione;
- Ricevute di pagamento (F24 o F23) dell’imposta di registro;
- Comunicazioni relative all’opzione cedolare secca;
- Dichiarazioni dei redditi con i canoni dichiarati;
- Estratti conto con i movimenti di pagamento.
🛠️ Strategie di difesa
- Dimostrare il pagamento regolare con ricevute o estratti conto;
- Contestare l’applicazione dell’imposta se il contratto era soggetto a cedolare secca;
- Richiedere il ravvedimento operoso per ridurre le sanzioni in caso di effettiva omissione;
- Eccepire vizi dell’accertamento: notifica irregolare, errori di calcolo, decadenza;
- Richiedere autotutela se l’avviso si basa su dati errati;
- Ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro 60 giorni per annullare la pretesa.
🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
📂 Analizza i contratti di locazione e i versamenti contestati;
📌 Verifica la correttezza delle contestazioni dell’Agenzia delle Entrate;
✍️ Predispone memorie difensive e ricorsi tributari;
⚖️ Ti assiste davanti alla Corte di Giustizia Tributaria;
🔁 Suggerisce strategie preventive per una gestione sicura delle locazioni e delle relative imposte.
🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in fiscalità immobiliare e imposta di registro;
✔️ Specializzato in difesa di locatori e conduttori contro contestazioni fiscali su locazioni;
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Le contestazioni dell’Agenzia delle Entrate sull’omesso pagamento dell’imposta di registro sui contratti di locazione non sempre sono corrette: spesso dipendono da errori nei calcoli o da mancata considerazione della cedolare secca.
Con una difesa mirata puoi dimostrare la regolarità dei versamenti, ridurre sanzioni e interessi ed evitare la nullità fiscale del contratto.
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