Hai ricevuto una contestazione dall’Agenzia delle Entrate perché la tua cooperativa sociale è stata ritenuta impegnata in attività commerciali non coerenti con la sua natura? In questi casi, l’Ufficio presume che la cooperativa, pur beneficiando delle agevolazioni fiscali riservate agli enti del Terzo Settore, svolga in realtà attività imprenditoriali a fini di lucro. La conseguenza è il recupero delle imposte ordinarie, con applicazione di sanzioni e interessi. Tuttavia, non sempre la contestazione è corretta: ci sono strumenti difensivi per dimostrare la legittimità delle attività svolte.
Quando l’Agenzia delle Entrate contesta l’attività di una cooperativa sociale
– Se i ricavi derivano principalmente da attività considerate commerciali e non istituzionali
– Se le prestazioni rese non rispettano i requisiti di legge per l’attività sociale dichiarata
– Se i contratti stipulati appaiono simili a quelli tipici di imprese for profit
– Se vi sono incongruenze tra statuto, bilanci e operatività effettiva
– Se l’Ufficio presume che le agevolazioni fiscali siano state utilizzate indebitamente
Conseguenze della contestazione
– Perdita delle agevolazioni fiscali previste per le cooperative sociali
– Recupero delle imposte dirette e indirette non versate
– Applicazione di sanzioni per indebita fruizione del regime agevolato
– Interessi di mora sulle somme accertate
– Rischio di controlli anche sugli amministratori e sui soci
Come difendersi dalla contestazione
– Dimostrare che le attività svolte rientrano nei requisiti previsti per le cooperative sociali
– Produrre statuto, regolamenti e bilanci che evidenzino lo scopo mutualistico e sociale
– Contestare la riqualificazione come attività commerciale se i servizi hanno finalità assistenziali o educative
– Evidenziare errori di valutazione, difetti di motivazione o vizi procedurali nell’accertamento
– Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per ottenere l’annullamento della pretesa fiscale
Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare lo statuto e la documentazione contabile della cooperativa
– Verificare la legittimità della contestazione e la corretta applicazione delle norme del Terzo Settore
– Redigere un ricorso fondato su prove concrete e vizi dell’accertamento
– Difendere la cooperativa davanti ai giudici tributari contro richieste fiscali indebite
– Tutelare i soci e gli amministratori da conseguenze economiche sproporzionate
Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale della contestazione
– La riduzione o eliminazione di sanzioni e interessi non dovuti
– Il mantenimento delle agevolazioni fiscali spettanti
– La sospensione delle richieste di pagamento già avviate
– La certezza di pagare solo quanto realmente previsto dalla legge
⚠️ Attenzione: le cooperative sociali che operano in settori borderline tra attività sociale e commerciale sono spesso oggetto di accertamenti fiscali. È fondamentale documentare chiaramente le finalità mutualistiche e sociali.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e Terzo Settore – spiega come difendersi in caso di contestazioni su cooperative sociali accusate di svolgere attività commerciale e come tutelare i tuoi diritti.
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Introduzione
Le cooperative sociali sono enti peculiari che uniscono finalità mutualistiche e solidaristiche con l’esercizio di attività d’impresa. Questa dualità può generare contestazioni quando l’ente, pur avendo scopi sociali, svolge attività commerciale in modo intenso. In tali casi le autorità (Agenzia delle Entrate, INPS, Ministero dello Sviluppo Economico, ecc.) potrebbero mettere in dubbio il diritto della cooperativa a godere di agevolazioni fiscali e contributive, la sua natura mutualistica o addirittura la sua non assoggettabilità a fallimento. Dal punto di vista del debitore – ossia della cooperativa sociale (e dei suoi amministratori o soci) oggetto di contestazione – è fondamentale conoscere a fondo la normativa italiana e gli strumenti di difesa disponibili.
In questa guida (aggiornata ad agosto 2025) offriremo un’analisi avanzata, con taglio giuridico ma accessibile, delle principali contestazioni che possono colpire una cooperativa sociale impegnata in attività d’impresa commerciale, illustrando come difendersi efficacemente. Verranno richiamate le fonti normative rilevanti e le sentenze più recenti (Cassazione, Consiglio di Stato, Corte Costituzionale, Giustizia Tributaria) che hanno definito principi chiave in materia. Troverete inoltre tabelle riepilogative dei regimi agevolativi e dei rimedi difensivi, esempi pratici, domande e risposte (FAQ) sui dubbi più comuni e persino modelli schematici di atti difensivi (ricorsi, opposizioni, memorie) per supportare avvocati, amministratori e privati imprenditori nelle loro strategie. Il tutto focalizzato sull’ordinamento italiano, con livello di approfondimento elevato e puntuali riferimenti alle norme e alle decisioni giurisprudenziali aggiornate.
Importante: la prospettiva adottata è quella della cooperativa debitore, ossia di chi subisce la contestazione o il provvedimento sfavorevole. Ci concentreremo dunque sugli strumenti per resistere alle pretese dell’erario o degli enti previdenziali, alle azioni dei creditori e ai provvedimenti delle autorità di vigilanza, mettendo in luce i diritti della cooperativa e le possibili argomentazioni difensive.
Quadro normativo: natura delle cooperative sociali e attività commerciale consentita
Le cooperative sociali sono disciplinate principalmente dalla Legge 8 novembre 1991 n. 381, che ne definisce oggetto e finalità. Esse perseguono “l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini” attraverso:
- Tipo A: gestione di servizi socio-sanitari ed educativi;
- Tipo B: lo svolgimento di attività industriali, commerciali o di servizi finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate .
In altri termini, le coop sociali di tipo B possono svolgere normali attività di impresa (produzione di beni, erogazione di servizi, anche di natura commerciale) purché lo scopo ultimo resti l’integrazione lavorativa di soggetti deboli (almeno il 30% dei lavoratori deve essere costituito da persone svantaggiate, come richiesto dall’art. 4 L. 381/1991) . Le cooperative sociali di tipo A, invece, operano direttamente nel campo dei servizi di pubblica utilità (assistenza, educazione, salute). In entrambi i casi, siamo di fronte a enti privati dotati di personalità giuridica che agiscono con modalità d’impresa, ma senza fine di lucro in senso tradizionale. La “lucro cessante” è infatti sostituita dalla finalità mutualistica e sociale: l’eventuale utile conseguito serve a migliorare i servizi, accrescere le riserve indivisibili o beneficiare indirettamente i soci e la collettività, non a distribuire dividendi speculativi.
Dal punto di vista civilistico, le cooperative sociali sono società cooperative a tutti gli effetti, soggette alle norme del codice civile (artt. 2511 e seguenti) salvo deroghe specifiche. In particolare, rientrano fra le cooperative a mutualità prevalente di diritto, dovendo rispettare le clausole antilucrative di cui all’art. 2514 c.c. (divieto di distribuzione delle riserve, limitazioni ai dividendi e remunerazioni, devoluzione del patrimonio finale ai fondi mutualistici, ecc.) . L’atto costitutivo deve includere tutte queste previsioni che impediscono o limitano la distribuzione di utili ai soci , in modo da orientare la gestione al conseguimento dello scopo sociale (solidaristico) piuttosto che al profitto individuale. In caso di inosservanza di tali vincoli statutari, la cooperativa perde la qualifica di mutualità prevalente e, pur restando cooperativa, non gode più dei benefici fiscali e normativi correlati (come vedremo a breve).
Un elemento chiave introdotto dalla Riforma del Terzo Settore è la qualifica di impresa sociale. Dal 2017, con il D.Lgs. 112/2017, le cooperative sociali acquisiscono di diritto lo status di imprese sociali , senza necessità di ulteriori adempimenti. L’art. 1 comma 4 del d.lgs. 112/2017 ha infatti superato il precedente regime opzionale, stabilendo ope legis tale qualifica per tutte le coop sociali . Ciò significa che le cooperative sociali sono ora inquadrate nell’alveo degli Enti del Terzo Settore (ETS) come categoria particolare di impresa sociale. Questa qualificazione comporta, tra l’altro, l’applicazione integrale delle regole sulle imprese sociali (divieti di scopo lucrativo, obblighi di bilancio sociale, limitazioni sulla distribuzione indiretta di utili, ecc.) e ha importanti riflessi sulle procedure concorsuali (come vedremo, in caso di insolvenza si applica la liquidazione coatta amministrativa e non il fallimento) .
Attività commerciale e limiti normativi: una cooperativa sociale può svolgere attività commerciale (vendita di beni, appalti di servizi, produzione industriale) purché ciò avvenga nei limiti e per i fini sopra indicati. La legge 381/1991 non pone un divieto di lucro in senso assoluto, ma stabilisce che lo scopo lucrativo deve rimanere secondario rispetto a quello mutualistico. La Costituzione stessa, all’art. 45, riconosce la funzione sociale della cooperazione “a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata”. Dunque, l’economicità di gestione e la ricerca di efficienza nelle attività commerciali sono consentite (anzi, necessarie per la sopravvivenza dell’impresa cooperativa), ma non devono tradursi nell’alterazione della natura dell’ente. Se una cooperativa sociale opera di fatto come un’impresa commerciale qualsiasi, svincolata dai principi mutualistici, rischia contestazioni per “abuso di forma giuridica”: l’Amministrazione finanziaria può disconoscere le agevolazioni cooperative e riqualificare la società come ente lucrativo , mentre l’autorità di vigilanza (Ministero) può adottare provvedimenti correttivi o sanzionatori (commissariamento, scioglimento).
Va chiarito che “attività commerciale” non è una qualifica giuridica che la cooperativa sociale può o meno assumere: è pacifico in giurisprudenza che le coop sociali sono imprenditori commerciali dal punto di vista civilistico se esercitano un’attività economica organizzata in forma d’impresa . Anzi, proprio su questo si è in passato giocata la questione dell’assoggettabilità o meno a fallimento: la Cassazione nel 2021 osservava che una cooperativa sociale che svolga attività commerciale con criteri di economicità (cioè ricercando un utile) è soggetta alle procedure concorsuali ordinarie, in base ai principi generali sulle imprese commerciali . Tuttavia – come vedremo nella sezione sulla crisi d’impresa – questo orientamento è stato superato dalle modifiche normative del 2017 e dalle sentenze più recenti, che escludono l’applicazione del fallimento alle coop sociali in quanto imprese sociali di diritto .
Riassumendo il quadro normativo iniziale:
- Legge 381/1991: disciplina speciale delle cooperative sociali (scopi, tipologie, requisiti del 30% di svantaggiati per le tipo B, possibilità di convenzioni con enti pubblici ex art. 5, ecc.).
- Codice civile (artt. 2511-2545 c.c.): normativa generale sulle cooperative, applicabile anche alle coop sociali. In particolare, obbligo di mutualità prevalente (artt. 2512-2514 c.c.) e relative clausole antilucrative; strumenti di vigilanza e scioglimento eteronomo (artt. 2545-sexiesdecies, 2545-septiesdecies c.c. sulla gestione commissariale e sullo scioglimento autoritativo per atto dell’autorità) .
- D.Lgs. 112/2017 (Impresa sociale): qualifica automatica di impresa sociale per le coop sociali , con conseguente applicazione del regime di favore (ad es. trattamento tributario come ONLUS di diritto fino al 2017, ora come ETS) ma anche di vincoli ulteriori (divieto di distribuire utili anche indirettamente, obbligo di reinvestimento degli avanzi di gestione, ecc.). L’art. 14 d.lgs. 112/2017, in particolare, prevede che “in caso di insolvenza, le imprese sociali sono assoggettate alla liquidazione coatta amministrativa” .
- Terzo settore (D.Lgs. 117/2017): le cooperative sociali rientrano tra gli Enti del Terzo Settore (ETS) e beneficiano di un regime fiscale agevolativo. Fino al 2025 resta in vigore per loro il trattamento fiscale previgente (equiparazione alle ONLUS) ma dal 2026 anche le coop sociali, in quanto imprese sociali, saranno pienamente soggette alla nuova fiscalità ETS (in base alle modifiche introdotte dal legislatore, es. L. 208/2021 e L. 197/2022). Ciò comporta, ad esempio, vincoli ancora più stringenti sulla destinazione degli utili e la de-commercializzazione di attività specifiche .
- Normativa fiscale di settore: art. 11 D.P.R. 601/1973 (esenzioni IRES parziali per cooperative a mutualità prevalente), art. 4 D.L. 34/2019 conv. L. 58/2019 (riduzione aliquota IRES per utili accantonati a riserva indivisibile), normativa ONLUS (D.Lgs. 460/1997) in parte applicabile ante-riforma alle coop sociali come ONLUS di diritto, ecc. (Si illustreranno le agevolazioni nel dettaglio nella sezione tributaria).
- Normativa lavoristica speciale: L. 142/2001 sui soci lavoratori di cooperativa (che impone parità di trattamento economico rispetto ai lavoratori subordinati di pari mansioni, attraverso l’applicazione di contratti collettivi di settore ; introduce l’obbligo di un regolamento interno e prevede tutele in caso di esclusione del socio). Inoltre, la L. 381/1991 all’art. 2 consente alle coop sociali di avvalersi di volontari nel limite del 50% dei soci , e l’art. 4 definisce le categorie di “persone svantaggiate” (disabili fisici o psichici, tossicodipendenti, detenuti, ecc.) che le tipo B possono assumere con benefici contributivi.
Questo corpus normativo delinea il delicato equilibrio: da un lato, la cooperativa sociale deve poter operare sul mercato al pari di un’impresa (per autofinanziarsi e perseguire i propri scopi); dall’altro lato, deve sempre rispettare la propria identità mutualistica e solidale. Nei capitoli seguenti esamineremo le contestazioni tipiche che emergono quando le autorità ritengono che tale equilibrio sia rotto – ad esempio, quando una coop sociale approfitta indebitamente delle agevolazioni senza rispettarne i requisiti o quando di fatto svolge attività commerciale lucrativa sotto la maschera cooperativa. Analizzeremo separatamente le contestazioni in ambito tributario, previdenziale/lavoristico, societario/vigilanza, fallimentare/concorsuale e nei rapporti con la Pubblica Amministrazione, fornendo per ciascuna i riferimenti normativi e giurisprudenziali aggiornati e i consigli su come difendersi.
(N.B.: Nelle citazioni alle fonti, “Cass.” indica la Corte di Cassazione, “CdS” il Consiglio di Stato, “CGT” le Corti di Giustizia Tributaria ex Commissioni Tributarie, “Cost.” la Corte Costituzionale, “Trib.” i tribunali di merito.)
Contestazioni fiscali: abuso di agevolazioni tributarie e utili “occulti”
Le agevolazioni fiscali per le cooperative – e in particolare per le cooperative sociali – costituiscono uno dei benefici più rilevanti collegati alla forma giuridica. In sintesi, il regime tributario delle cooperative a mutualità prevalente prevede:
- Detassazione parziale degli utili: ai sensi dell’art. 12 della L. 904/1977 (ancora vigente), le cooperative a mutualità prevalente godono di un’esenzione IRES del 100% sugli utili netti destinati a riserva indivisibile e del 50% sugli utili distribuiti ai soci cooperatori nei limiti dei dividendi “autolimitati” (interesse massimo sui prestiti sociali e dividendo non oltre il 2,5% + tasso Buoni postali) . Le cooperative diverse (non prevalenti) hanno esenzione ridotta (a titolo di esempio, riforme succedutesi hanno previsto esenzione al 77% sugli utili indivisibili e 23% tassati, etc.). Le cooperative sociali, essendo per definizione a mutualità prevalente, rientrano nella fascia più agevolata.
- Tassazione agevolata IRAP: le coop sociali possono beneficiare di basi imponibili IRAP ridotte per costi del personale svantaggiato assunto. Ad esempio, la legislazione regionale e statale spesso esenta dal calcolo IRAP il costo del lavoro riferito a disabili e categorie protette assunte dalla cooperativa (fatta salva la normativa sulle ONLUS prima e sugli ETS poi).
- IVA e altre imposte indirette: molte attività delle coop sociali di tipo A, rientrando tra i servizi socio-sanitari ed educativi, sono esenti IVA (art. 10, D.P.R. 633/1972) se rese in convenzione con enti pubblici. Le attività di tipo B seguono le aliquote IVA ordinarie salvo specifiche agevolazioni settoriali. Le coop sociali godono di esenzioni da imposte di bollo e registro per atti connessi alla loro funzione mutualistica (ad es. convenzioni ex art. 5 L.381/91 con enti pubblici spesso esenti imposta di registro).
- Altre agevolazioni: esenzioni su redditi di fabbricati dati in uso ai soci, agevolazioni locali (riduzioni TARI, ecc.), trattamento fiscale di favore per i ristorni attribuiti ai soci (considerati costi deducibili se deliberati secondo legge).
Viste le significative riduzioni d’imposta di cui godono, le cooperative sono monitorate dal Fisco per evitare abusi o elusioni. La normativa tributaria italiana prevede espressamente che tali benefici non sono automatici ma subordinati al rispetto sostanziale e formale delle condizioni cooperative. La Cassazione ha più volte affermato che le agevolazioni fiscali per le cooperative “non assumono carattere automatico” e che la loro spettanza va verificata in concreto, anche attraverso la corretta indicazione in dichiarazione . In altre parole, il Fisco può negare l’agevolazione se la cooperativa:
- Non rispetta i requisiti sostanziali di mutualità prevalente o di composizione della base sociale (es.: una cooperativa sociale di tipo B che non mantiene il 30% di lavoratori svantaggiati perde la qualifica e, di riflesso, i benefici fiscali ad essa connessi ).
- Viola le clausole antilucrative (es.: distribuendo utili o riserve ai soci oltre i limiti, o remunerando strumenti finanziari oltre soglia) vanificando i presupposti di favore fiscale.
- Utilizza lo schermo cooperativo a fini elusivi, cioè si comporta come una società di capitali lucrativa pur dichiarandosi cooperativa. In tal caso si configura un abuso del diritto: secondo la Cassazione e la dottrina, se l’ente opera con “finalità prettamente commerciali, svincolate dai principi mutualistici”, l’Amministrazione finanziaria può disconoscere il regime agevolato applicando la normale tassazione.
- Omette adempimenti dichiarativi o formali richiesti per fruire delle agevolazioni. Ad esempio, la fruizione della detassazione degli utili accantonati a riserva indivisibile richiede la compilazione di appositi quadri in dichiarazione dei redditi e l’indicazione degli utili destinati a riserva. Se la cooperativa non compila correttamente la dichiarazione, l’agevolazione può essere negata . La Cassazione ha confermato che la cooperativa perde i benefici fiscali se non presenta la dichiarazione o non espone in essa gli elementi necessari: in una recente sentenza (Cass., Sez. Trib., 24/11/2022 n. 34628) è stato ribadito che la detassazione degli utili ex L. 904/1977 art. 12 richiede una corretta evidenza in dichiarazione, pena la decadenza dal beneficio .
Caso tipico di contestazione tributaria: l’Agenzia delle Entrate effettua una verifica fiscale sulla cooperativa e contesta il mancato pagamento di IRES su una parte degli utili, sostenendo – ad esempio – che la cooperativa abbia percepito utili extracontabili non dichiarati, oppure che abbia distribuito ai soci vantaggi occulti in violazione del regime cooperativo. La contestazione si concretizza in un Avviso di accertamento che recupera a tassazione gli importi ritenuti sottratti a imposta, applicando sanzioni e interessi, e talvolta revocando lo status fiscale agevolato dell’ente (con richiesta di ricalcolare le imposte degli ultimi esercizi senza le esenzioni cooperative) .
In particolare, nelle verifiche fiscali emergono spesso: ricavi non dichiarati, costi non deducibili (magari perché vantaggi indebitamente concessi ai soci), incongruenze contabili (es. margini troppo bassi che fanno sospettare utili nascosti) , oppure ancora l’assenza dei requisiti mutualistici (es.: percentuale di transazioni con i soci inferiore al 50%, o mancanza del 30% di svantaggiati in organico per una tipo B). Un accertamento può anche basarsi su verifiche bancarie (movimenti sui conti non giustificati dai bilanci) o su raffronti tra bilancio civilistico e dichiarazioni fiscali .
Presunzione di distribuzione degli utili extracontabili: un principio insidioso per le cooperative – recentemente affermato dalla Cassazione – riguarda i cosiddetti utili in nero. Per le società di capitali a ristretta base sociale, la giurisprudenza tributaria presume che gli utili non contabilizzati siano stati comunque distribuiti ai soci (per poterli tassare come dividendi in capo a questi ultimi). Ebbene, con sentenza Cass. 3 novembre 2022 n. 32451, la Suprema Corte ha stabilito che tale presunzione si applica anche alle società cooperative a responsabilità limitata, “ma solo nei confronti dei soci che hanno effettivamente ‘in mano’ la cooperativa” . Ciò significa che, se il Fisco accerta utili extracontabili in una cooperativa, può presumere che essi siano stati ripartiti tra i soci solo nei confronti di quei soci che controllano di fatto la gestione (amministratori, soci di maggioranza relativa nell’assemblea, ecc.), evitando di colpire indiscriminatamente la platea dei soci mutualistici estranei alla gestione . Questa precisazione è importante nella difesa: la cooperativa potrà contestare eventuali pretese di tassazione ai soci minoritari sostenendo, sulla scorta di Cass. 32451/2022, che la presunzione di distribuzione occulta non può riguardarli in mancanza di un loro potere di controllo.
Altre tipiche violazioni fiscali contestate:
- Distribuzione indiretta di utili: ad esempio corrispettivi eccedenti il valore di mercato pagati a società o persone riconducibili ai soci (operazioni infragruppo, affitti di rami d’azienda da soci a canone sproporzionato, compensi anomali ad amministratori). L’Agenzia può riqualificarli come utili distribuiti, negando la deducibilità dei costi e tassandoli opportunamente . La difesa consisterà nel dimostrare che i pagamenti erano a valore di mercato o funzionali all’attività sociale (onerosità normale).
- Mancato rispetto della prevalenza mutualistica: se per due esercizi consecutivi la cooperativa non raggiunge le soglie di prevalenza (es. meno del 50% delle transazioni è con soci), perde la qualifica di mutualità prevalente ex art. 2545-octies c.c. . Fiscalmente, ciò comporta l’applicazione dell’aliquota IRES piena e la perdita delle esenzioni a decorrere dall’esercizio in cui la condizione viene meno. In sede di accertamento, l’Agenzia potrebbe rideterminare l’imposta di quell’anno senza agevolazioni. La cooperativa, per difendersi, dovrà verificare i calcoli di prevalenza (spesso riportati in Nota Integrativa di bilancio) e eventualmente correggere errori: a volte il confine del 50% può essere superato includendo nelle voci corrette alcune poste (es. lavoro soci vs terzi, servizi da soci vs terzi). Se i parametri effettivamente erano non rispettati, c’è poco margine: la perdita di status è automatica. Tuttavia, la cooperativa non cessa di essere una cooperativa, ma diventa cooperativa “diversa” (non prevalente) . Potrà riacquistare i benefici solo ricostituendo i requisiti per due anni consecutivi e ponendo le clausole antilucrative nel proprio statuto.
- Utilizzo indebito di crediti d’imposta o detrazioni riservate al terzo settore: ad esempio, crediti per erogazioni liberali se la cooperativa non rientra tra gli enti agevolati, o bonus assunzioni per categorie protette non spettanti. In tal caso la difesa verterà su interpretazioni normative o evidenze documentali che provino la spettanza del bonus (es. certificazioni dei servizi sociali attestanti la condizione di svantaggio dei lavoratori assunti, come richiesto per gli sgravi ex art. 13 L. 68/1999). Una Corte d’Appello ha ad esempio stabilito che le certificazioni rilasciate dai Servizi Sociali competenti sono sufficienti per far ottenere a una cooperativa gli sgravi contributivi per l’assunzione di persone svantaggiate , principio che rafforza la difendibilità di chi abbia correttamente raccolto le attestazioni sullo status dei lavoratori.
Come difendersi dalle contestazioni fiscali
Di fronte a un accertamento fiscale, la cooperativa sociale deve attivarsi tempestivamente e con un approccio tecnico. Ecco i passi e gli strumenti difensivi principali:
- Analizzare l’atto impositivo: l’Avviso di accertamento (o l’atto di contestazione) va esaminato per individuarne i presupposti e le prove. Verificare la motivazione: se l’Ufficio presume utili occulti, su quali basi? (analisi bancaria, incongruenze contabili, studi di settore, etc.). Se contesta la perdita di mutualità prevalente, ha valutato correttamente i parametri? Se revoca l’agevolazione per omessa dichiarazione, l’omissione c’è stata davvero e in che misura. L’atto deve indicare i fatti e le norme violate: eventuali lacune motivazionali costituiscono già profili di difesa (violazione di legge, vizio di motivazione).
- Documentare la regolarità gestionale: è essenziale reperire e organizzare i documenti che provano la corretta tenuta contabile e fiscale. Ad esempio:
- Registri e libri contabili, bilanci e note integrative per dimostrare che non vi sono ricavi occulti (o che i costi disconosciuti in realtà sono inerenti all’attività).
- Verbali assembleari e regolamenti interni che mostrino l’osservanza dei limiti di distribuzione (es.: deliberazioni che destinano almeno il 30% degli utili a riserva indivisibile).
- Certificati e contratti: se il Fisco contesta la mancanza di requisiti per un’agevolazione, esibire le certificazioni ottenute (es. status di ONLUS fino al 2017, iscrizione al Registro imprese sociali, certificati di svantaggio lavoratori, convenzioni con Enti pubblici per qualificare un’attività come de-commercializzata).
- Controdedurre punto per punto: in sede amministrativa, se c’è stato un Processo Verbale di Constatazione (PVC) da Guardia di Finanza o AdE, la cooperativa può presentare osservazioni e memorie entro 60 giorni prima che venga emesso l’accertamento (D.Lgs. 218/1997, facoltà di adesione). Conviene sfruttare questa fase per chiarire eventuali malintesi fattuali e magari accedere a un accertamento con adesione, soprattutto se la pretesa è in parte condivisibile. L’adesione permette di ottenere sanzioni ridotte a 1/3 e di definire concordemente la materia imponibile, evitando il contenzioso.
- Ricorso alla Giustizia Tributaria: se l’accertamento viene notificato e non si raggiunge un accordo, entro 60 giorni occorre presentare ricorso alla competente Corte di Giustizia Tributaria di primo grado (già Commissione Tributaria Provinciale). Attenzione: per importi fino a €50.000 è obbligatorio previamente inviare istanza di reclamo/mediazione all’Ufficio (art. 17-bis D.Lgs. 546/1992) – l’istanza coincide col ricorso stesso, che viene dapprima trattato come reclamo. Il ricorso va redatto con cura tecnica, indicando:
- Autorità adita: es. “Corte di Giustizia Tributaria di I grado di …” competente per territorio (sede della coop).
- Dati della cooperativa ricorrente (denominazione, CF/P.IVA, rappresentante legale) e dell’ente impositore (AdE – Direzione/Ufficio).
- Atto impugnato: estremi dell’avviso di accertamento (numero, data notifica) e oggetto (imposte e anni contestati).
- Fatti e svolgimento: breve descrizione dell’attività della cooperativa, del controllo subito e delle risultanze (es: “In data … la Guardia di Finanza eseguiva verifica fiscale presso la sede della ricorrente, contestando…, quindi l’Ufficio emetteva avviso di accertamento…”).
- Motivi di ricorso (deduzioni in diritto): qui si articolano uno o più motivi, ciascuno con l’indicazione delle norme violate dall’atto impugnato e la relativa censura. Ad esempio: “Violazione dell’art. 2545-octies c.c. e L. 904/1977 art. 12 – Erronea revoca della qualifica di cooperativa a mutualità prevalente”, spiegando che l’Ufficio ha calcolato male la prevalenza mutualistica includendo operazioni straordinarie o escludendo per errore alcune partite. Oppure: “Travisamento dei fatti e difetto di prova in ordine ai ricavi non dichiarati”, illustrando che i movimenti bancari contestati erano in realtà finanziamenti soci o contributi pubblici esenti, non ricavi tassabili. Fondamentale citare giurisprudenza di supporto: ad esempio, se contestano utili occulti distribuiti a tutti i soci, richiamare Cass. 32451/2022 per sostenere che la presunzione non può applicarsi ai soci non amministratori . Se revocano agevolazione per difetto formale, citare magari Cass. 18712/2025 (che ha insistito sulla necessità della corretta dichiarazione) ma sottolineando se la cooperativa ha comunque sostanzialmente rispettato i requisiti, invocare eventualmente l’applicazione dell’art. 10 Statuto del Contribuente (L.212/2000) per errore formale senza imposte evase.
- Prove: elencare i documenti che si allegano (bilanci, visure camerali attestanti l’iscrizione all’Albo cooperative, documenti contabili, corrispondenza con l’ente impositore, perizie se servono a contestare calcoli, ecc.).
- Conclusioni e richiesta: chiedere espressamente l’annullamento (totale o parziale) dell’atto impugnato, con vittoria di spese. Esempio: “Chiede che Codesta Ecc.ma Corte voglia annullare l’avviso di accertamento n… in quanto illegittimo per i motivi esposti, con ogni conseguenza di legge, ivi compresa la conferma delle agevolazioni fiscali spettanti alla cooperativa e la condanna dell’ente resistente alle spese di giudizio”.
- Sospensione e tutela in pendenza di giudizio: l’impugnazione non sospende automaticamente la riscossione. Occorre, ove vi sia pericolo di danno (es. la cooperativa rischia pignoramenti o il pagamento dell’1/3 immediato la metterebbe in crisi), presentare istanza motivata di sospensione dell’esecutività all’organo giudicante, che decide con ordinanza (art. 47 D.Lgs. 546/92). In caso di importi rilevanti, è prassi chiedere la sospensione, evidenziando il fumus boni iuris (probabilità di vittoria, ad esempio perché l’atto è chiaramente errato su un punto) e il periculum (danno grave e irreparabile che deriverebbe dal pagamento). Se concessa, la sospensione blocca la riscossione fino alla sentenza di primo grado .
- Giudizio di primo grado e appello: la Corte di Giustizia Tributaria discute il ricorso e emette sentenza. Se la cooperativa vince (anche parzialmente), ha diritto al rimborso di quanto eventualmente già versato in eccedenza ; se perde, può proporre appello alla CGT di secondo grado (ex Commissione Regionale) entro 60 giorni dalla notifica della sentenza. La difesa nel contenzioso deve essere seguita da professionisti (avvocato tributarista o dottore commercialista abilitato), data la complessità della materia. Nel frattempo, va valutata anche la possibilità di definire in via agevolata la lite pendente se il legislatore offre una “pace fiscale”: ad esempio, la Legge n. 197/2022 ha permesso nel 2023 di chiudere le liti tributarie pagando percentuali ridotte a seconda dell’esito del primo grado . Conviene monitorare tali opportunità: se emerge una definizione agevolata, la cooperativa può aderirvi per chiudere la vertenza, magari pagando solo l’imposta senza sanzioni .
- Tutela dei soci e amministratori: un effetto collaterale delle contestazioni fiscali può essere la chiamata in causa di soci e amministratori. Ad esempio, nell’ipotesi di utili extrabilancio, l’Agenzia potrebbe emettere avvisi di accertamento anche verso i soci persone fisiche (per tassare dividendi occulti). Oppure, se vi sono profili di responsabilità solidale (es. sanzioni amministrative per infedele dichiarazione possono essere contestate agli amministratori in carica). Difendersi significa, in questi casi, coordinare le strategie: i soci colpiti dalla presunzione di utili distribuiti dovranno ricorrere individualmente, ma potranno usare gli stessi argomenti del ricorso principale della cooperativa (mancanza di prova della percezione personale di redditi occulti). È bene quindi che la difesa sia unitaria e coerente. In caso di contestazioni per reati tributari (es. emissione di fatture false, dichiarazione fraudolenta), entra in gioco il penale: i legali della cooperativa e degli amministratori dovranno attivarsi anche in sede penale, valutando richieste di archiviazione se mancano dolo e profitto personale, o percorsi alternativi (applicazione pena patteggiata) per contenere gli effetti, sempre tenendo presente che l’esito penale può influire sul giudizio tributario e viceversa.
In sintesi, per difendersi efficacemente sul piano fiscale una cooperativa sociale dovrà dimostrare:
- Di aver agito nel rispetto della normativa cooperativa (mutualità, riserve indivisibili, rapporto con soci) e della buona fede fiscale (nessun intento elusivo o fraudolento).
- Che eventuali scostamenti o irregolarità formali non hanno leso gli interessi erariali e possono essere sanati (ad esempio, attraverso ravvedimento operoso se si tratta di omissioni dichiarative).
- L’inesistenza o l’errata quantificazione delle basi imponibili contestate, mediante pezze giustificative solide.
- Precedenti giurisprudenziali favorevoli, per orientare l’interpretazione normativa: e qui contano molto le pronunce di legittimità recenti come quelle citate (Cass. 32451/2022 su utili ai soci controllori , Cass. 34628/2022 su perdita benefici per omissioni dichiarative , ecc.), nonché eventuali circolari dell’Agenzia (ad es. circolare ADE n.34/2013 che ha fornito istruzioni sulla cooperative “spurie”).
In caso di successo nella difesa, la cooperativa potrà ottenere l’annullamento totale o parziale dell’accertamento, mantenendo le proprie agevolazioni fiscali e vedendosi sgravare imposte, sanzioni e interessi non dovuti . È essenziale comunque prevenire tali situazioni con una gestione trasparente: tenere una contabilità scrupolosa, rispettare le quote mutualistiche e farsi assistere da consulenti esperti in fase di redazione del bilancio e della dichiarazione fiscale, così da blindare il diritto alle agevolazioni e ridurre al minimo gli appigli per il Fisco.
Contestazioni contributive e previdenziali: soci lavoratori, minimali retributivi e appalti “illegittimi”
Nel campo previdenziale e del lavoro, le cooperative sociali affrontano una duplice sfida: da un lato devono garantire ai propri soci lavoratori condizioni economiche e normative adeguate (in linea con i contratti collettivi) e versare i contributi dovuti; dall’altro, possono beneficiare di incentivi e sgravi contributivi quando assumono categorie protette o svantaggiate. Le contestazioni sorgono sia quando la cooperativa cerca di ridurre il costo del lavoro sfruttando in modo improprio la forma cooperativa, sia quando si mette in dubbio la legittimità di taluni modelli organizzativi (ad es. cooperative utilizzate per fornire manodopera a terzi in modo elusivo).
Ecco i principali filoni di contestazione in ambito previdenziale/lavoristico:
- Contributi minimi obbligatori e CCNL applicato: una cooperativa non può utilizzare il suo status per pagare meno contributi di quanto dovuto. La legge impone che l’imponibile contributivo minimo per ogni lavoratore non sia inferiore alla retribuzione prevista dai contratti collettivi nazionali del settore di riferimento (c.d. retribuzione virtuale ex L. 389/1989) . I soci lavoratori di cooperativa, ai fini previdenziali, sono equiparati ai lavoratori subordinati : ciò significa che la cooperativa deve versare contributi almeno sul minimale retributivo stabilito dal CCNL “più rappresentativo” applicabile. Cassazione 4253/2023 ha ribadito questo principio: anche le coop devono rispettare i minimi contributivi legati al CCNL di settore . Una prassi illecita diffusa era quella di applicare contratti collettivi “meno onerosi” (magari sottoscritti da sindacati minoritari) per abbattere i salari e i contributi dovuti; gli ispettori INPS contestano ciò, ricalcolando i contributi sul CCNL corretto (ad es., per le coop sociali esiste un CCNL nazionale firmato dalle principali centrali cooperative e sindacati, che va applicato per le attività socio-assistenziali). Se la cooperativa invece opera in settori diversi (es. logistica, pulizie), dovrà applicare il CCNL di quel settore o uno equivalente: non può applicare il contratto delle cooperative sociali se la sua attività specifica e l’appalto richiederebbero un altro contratto con trattamenti più elevati. Una recente pronuncia della Cassazione (Cass. n. 11854/2024) ha chiarito che, negli appalti pubblici, una cooperativa sociale non può applicare il proprio CCNL di settore se l’appalto riguarda attività diverse (es. servizi industriali): deve applicare il contratto collettivo del settore dell’appalto, altrimenti realizza un’illegittima riduzione del costo del lavoro . Questo per dire che gli obblighi contributivi dipendono dalla retribuzione dovuta in base al giusto contratto collettivo: se la coop paga di meno, l’INPS può esigere i contributi sulla differenza.
Esempio: la cooperativa Alfa, che è una coop sociale tipo B, ottiene un appalto di pulizie industriali. Applica ai propri soci lavoratori il CCNL “cooperative sociali – inserimento lavorativo”, dove la paga oraria è, poniamo, 7€/h. Tuttavia, il CCNL “Multiservizi-Pulizie” (settore specifico) prevede 9€/h. L’ispettorato potrebbe contestare che l’appalto di pulizie richiedeva l’applicazione del CCNL Multiservizi, e che pagando 7€/h la cooperativa ha violato la parità di trattamento ex L. 142/2001. L’INPS allora ricalcolerà i contributi dovuti assumendo 9€/h come base. La Cassazione sul punto ha sostenuto che la P.A. negli appalti deve esigere il contratto attinente alla prestazione, non uno meno oneroso pur se applicabile alla natura giuridica dell’appaltatore . La difesa in casi del genere è difficile, perché la cooperativa effettivamente ha creato un vantaggio competitivo scorretto. Si potrebbe discutere se il CCNL cooperative sociali fosse comunque applicabile perché la coop ha scopo di inserimento (quindi quell’appalto rientrava nella mission); ma se la mansione è estranea all’oggetto tipico di quel contratto, la tesi difensiva è debole. – Sgravi contributivi per l’assunzione di svantaggiati: le cooperative sociali fruiscono di varie agevolazioni quando assumono persone svantaggiate (riduzione aliquote contributive ex art. 4, c.3 L. 381/91; incentivi ex L. 68/1999 per disabili; eventuali bonus giovani, ecc.). Contestazioni possono sorgere se l’INPS ritiene che la persona assunta non avesse i requisiti oppure che la cooperativa non abbia rispettato le condizioni (es.: periodo minimo di mantenimento in servizio). Nel caso menzionato nella sentenza di Cassazione n. 4253/2023, ad esempio, l’ispettore contestò l’illegittima applicazione di uno sgravio contributivo per l’assunzione di coltivatori diretti in area montana, perché la cooperativa non aveva tutti i propri insediamenti in comuni montani (condizione richiesta dalla norma) . La cooperativa aveva assunto una lavoratrice che individualmente aveva i requisiti (coltivatrice diretta residente in area montana), ma mancava il requisito soggettivo della cooperativa datrice (sede in area montana) . La difesa in questi casi può puntare su interpretazioni estensive della norma agevolativa (se plausibili) o su eventuali circolari amministrative che abbiano ingenerato un errore scusabile. Ma se il requisito oggettivo è mancante, la cooperativa dovrà restituire i contributi sgravati indebitamente. – Omesso versamento di contributi e ritenute: come qualsiasi datore di lavoro, anche la cooperativa sociale può incorrere in omissioni contributive (mancato pagamento di contributi pensionistici, omesso versamento di ritenute INPS su compensi ai collaboratori, ecc.). Queste situazioni generano Avvisi di Addebito da parte dell’INPS, che costituiscono titoli esecutivi immediati. Dal punto di vista difensivo, se l’omissione c’è stata, le opzioni sono: regolarizzare con ravvedimento operoso prima della contestazione (con sanzioni ridotte), oppure negoziare una rateazione col concessionario della riscossione (Agenzia Entrate Riscossione) dopo la notifica dell’avviso. Sul piano strettamente legale, contestare un omesso versamento è difficile a meno che: – Non si discuta sull’entità (ad es. errori di calcolo dell’INPS) – Oppure sulla prescrizione (i crediti INPS si prescrivono in 5 anni, talora 10 se atti interruttivi – questione complessa, di recente riformulata anche dalle Sezioni Unite). In sede di opposizione all’avviso di addebito (ricorso al Tribunale in funzione di giudice del lavoro entro 40 giorni), la cooperativa potrà eccepire la prescrizione quinquennale di contributi molto datati, oppure la nullità dell’avviso se privo di motivazione specifica. Ma trattandosi di somme non versate e risultanti da denunce aziendali, spesso l’unica strada è chiedere la dilazione del pagamento ed eventualmente utilizzare strumenti come la definizione agevolata dei debiti se prevista (la c.d. rottamazione delle cartelle: nel 2023 c’è stata, permettendo di pagare solo il capitale senza sanzioni). – Cooperative “spurie” e intermediazione illecita di manodopera: uno dei fenomeni più gravi (e sanzionati) è l’utilizzo della cooperativa per fornire lavoratori ad altre imprese con costi inferiori ai contratti standard, in violazione delle norme sul lavoro interinale e gli appalti. La L. 142/2001 ha previsto che il rapporto tra socio lavoratore e cooperativa può coesistere con un ulteriore rapporto di lavoro (subordinato o autonomo) in capo al socio, ma sempre con la cooperativa come datore. Se però la cooperativa funge da mera finta agenzia interinale, somministrando manodopera a terzi senza autentico scopo mutualistico, si configura la somministrazione illecita di lavoro (artt. 38 e 18 D.Lgs. 276/2003) oppure un appalto di manodopera illecito (se formalmente c’è appalto di servizi ma in sostanza i lavoratori sono etero-diretti dall’azienda utilizzatrice). La giurisprudenza ha riconosciuto che talune cooperative vengono costituite al solo fine di assumere lavoratori e metterli a disposizione di altre aziende a costo ridotto, magari approfittando di sgravi contributivi o semplicemente eludendo i CCNL più onerosi. Ad esempio, il Consiglio di Stato ha stigmatizzato queste pratiche: in una decisione del 2018 ha sanzionato un appalto di servizi con cooperativa che in realtà mascherava somministrazione irregolare di personale .
In concreto, se l’Ispettorato del Lavoro accerta una situazione del genere, le conseguenze sono pesanti: – Sanzioni amministrative elevate sia per la cooperativa fornitrice sia per l’impresa utilizzatrice (fino a 50 € per lavoratore per giornata di lavoro irregolare, con minimi di decine di migliaia di euro, ex art. 18 D.Lgs. 276/2003, come modificato). – Responsabilità solidale della cooperativa e dell’utilizzatore per le retribuzioni e i contributi dei lavoratori coinvolti; inoltre, i lavoratori hanno diritto di chiedere la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze dell’utilizzatore (art. 38 co. 7 D.Lgs. 276/03) a tutela della loro stabilità. – Possibile rilevanza penale: dal 2021 il legislatore ha previsto la possibilità di reintrodurre sanzioni penali per intermediazione illecita (truffa aggravata, ecc., soprattutto se c’è sfruttamento grave). Ad esempio, disegni di legge in Parlamento mirano a equiparare i soci lavoratori ai lavoratori subordinati per tutelarli meglio contro cooperative spurie .
Difendersi da un’accusa di somministrazione illecita è estremamente difficile se i fatti supportano la tesi ispettiva. La cooperativa, per contestare la qualificazione come appalto illecito, dovrebbe dimostrare che: – Gestiva davvero l’organizzazione del servizio oggetto dell’appalto: cioè esercitava potere direttivo sui soci impiegati, forniva mezzi e assunse il rischio d’impresa. Se invece i soci lavoravano come normali dipendenti integrati nell’impresa committente, con i capi dell’altra azienda a impartire ordini, la difesa cade. – Non c’era mera fornitura di personale: portare evidenze che l’appalto aveva un risultato specifico e autonomo (es. un’opera definita, un servizio con propri responsabili). – Rispetto delle norme retributive: spesso le coop spurie pagano meno dei Ccnl industriali con cui le imprese committenti dovrebbero assumere. Se la cooperativa applicava condizioni identiche a quelle che avrebbe avuto un lavoratore diretto, può sostenere che non vi è stato danno per i lavoratori (non sana l’illecito in sé, ma può incidere su sanzioni e percezione).
In ogni caso, strategia difensiva sarà: partecipare al procedimento amministrativo (memorie al Direttore dell’Ispettorato prima che irroghi sanzioni), magari evidenziando eventuali vizi formali nei verbali ispettivi (errori di notifica, mancata indicazione di alcune posizioni) per tentare l’annullamento in sede giudiziaria. Si potrà ricorrere al Tribunale del lavoro avverso le ordinanze-ingiunzioni dell’Ispettorato (entro 30 giorni), chiedendo la sospensione. Ma i margini di successo dipendono dai fatti: se i lavoratori testimoniano di essere stati selezionati dall’altra azienda o diretti da essa, difficilmente il giudice potrà ignorare la natura fraudolenta. – Controversie individuali socio lavoratore – cooperativa: queste non sono contestazioni “esterne” ma interne, tuttavia meritano cenno. Un socio lavoratore che ritenga violati i propri diritti (escluso illegittimamente, o trattato economicamente peggio di un dipendente) può rivolgersi al giudice del lavoro. La L. 142/2001 prevede che le controversie su rapporto mutualistico e rapporto di lavoro siano di competenza del giudice del lavoro. La difesa della cooperativa qui consisterà nel dimostrare di aver rispettato la procedura in caso di esclusione (comunicazione, motivo legittimo) e di aver applicato integralmente il CCNL di riferimento per corrispondere la giusta retribuzione. Ad esempio, se un socio-lavoratore viene espulso per giusta causa, la coop deve aver comunicato la delibera motivata e riconosciuto il diritto di opposizione, altrimenti l’esclusione è inefficace . Sebbene non rientri tra le “contestazioni su attività commerciale” da parte di autorità, queste cause rientrano nelle problematiche in cui la cooperativa deve difendersi, in questo caso dall’azione di un socio (che è un creditore di lavoro). Il rispetto delle norme speciali (L. 142/2001, statuto sociale) è cruciale per evitare soccombenze.
Difesa nelle controversie previdenziali e di lavoro
Quando una cooperativa riceve un verbale ispettivo dall’INL o dall’INPS, o un avviso di addebito contributivo, deve agire prontamente:
- Verifica del verbale e prima risposta: se viene notificato un verbale unico di accertamento (ad es. congiunto INL/INPS/INAIL), la cooperativa ha spesso la possibilità di presentare osservazioni scritte entro un termine (di solito 30 giorni) prima che l’ufficio adotti i provvedimenti. Conviene inviare una memoria all’Ispettorato, contestando punto per punto i rilievi: ad es., sostenere che il CCNL applicato era corretto per quell’attività (citando il campo di applicazione del contratto), oppure che i lavoratori erano soci effettivamente partecipi e non semplici dipendenti passivi (se contestano appalto illecito). Fornire documenti integrativi: copie dei regolamenti interni, verbali assembleari che mostrano la partecipazione dei soci alla gestione (diminuendo l’idea di finzione), ricevute di pagamento di retribuzioni o contributi eventualmente omessi (se nel frattempo si è sanato).
- Diffida accertativa e regolarizzazione: gli ispettori del lavoro, in caso di retribuzioni inferiori ai minimi, emettono una diffida accertativa ex art. 12 D.Lgs. 124/2004, cioè un atto che ordina alla cooperativa di pagare al lavoratore le differenze retributive. Se la coop adempie nei termini pagando il dovuto, la diffida si estingue e non si arriva a ingiunzione né a contenzioso . Questa è una forma di “ravvedimento” in sede ispettiva: conviene usarla quando l’errore è pacifico (es. paga sotto minimo). Analogamente, l’INPS a volte notifica una diffida contributiva: pagando entro 30 giorni i contributi omessi (con sanzioni civili ridotte), si evita la fase giudiziale. Quindi, prima regola difensiva: valutare se conviene rettificare spontaneamente. Pagare subito il dovuto può anche evitare sanzioni ulteriori o denunce penali (pensiamo all’omesso versamento di ritenute INPS oltre €10.000 annui, che è reato ai sensi dell’art. 2 D.Lgs. 429/1981).
- Opposizione in sede giudiziaria: se la contestazione diventa formale (ordinanza ingiunzione, avviso addebito INPS, provvedimento di altro tipo), la cooperativa deve presentare ricorso al giudice del lavoro competente (Tribunale) entro termini brevi:
- 40 giorni dalla notifica per opposizione a avviso di addebito INPS (equiparato al decreto ingiuntivo) o a cartella esattoriale INPS.
- 30 giorni per ricorso contro un’ordinanza ingiunzione dell’Ispettorato (sanzioni amministrative).
- 60 giorni per impugnare provvedimenti INAIL o altri, salvo diverse indicazioni.
Il ricorso deve indicare l’autorità (Tribunale – Sezione Lavoro di…), le parti (cooperativa ricorrente vs INPS/INL/etc.), l’atto impugnato e i motivi di opposizione. Ad esempio: – “Erronea qualificazione del rapporto come somministrazione illecita”: dimostrando che la cooperativa svolgeva genuinamente un appalto con organizzazione dei mezzi e che i lavoratori non erano eterodiretti dal committente (argomento non facile, ma va fatto). – “Insussistenza delle differenze contributive pretese”: se l’INPS ha usato un CCNL non applicabile. Qui l’argomentazione può poggiare sul fatto che la cooperativa rientra per statuto in un certo campo e applica il relativo contratto collettivo, firmato da associazioni comparativamente più rappresentative (es. contratto UNEBA o Federsolidarietà per servizi socio-assistenziali). Si può citare eventuali pronunce di merito che abbiano riconosciuto quel CCNL come lecito per quell’attività. Va però considerato che Cassazione (es. sent. 231/2013) ha spesso dichiarato inefficaci i contratti “pirata” con trattamenti inferiori a quelli dei CCNL leader: quindi la difesa dev’essere ben articolata e supportata magari da perizie che confrontino i due contratti, per convincere che le differenze non erano tali da scendere sotto i minimi legali (improbabile). – “Prescrizione dei contributi”: eccepire la prescrizione può portare all’annullamento parziale del debito contributivo se l’INPS ha richiesto somme oltre il quinquennio senza atti interruttivi validi. Attenzione però: la riforma del 2018 (L. 205/2017) ha stabilito che per i contributi dal 2018 in poi la prescrizione resta sospesa fino al 2022 causa transizione al nuovo sistema di riscossione INPS, quindi occorre calcolare bene i periodi.
Nel ricorso si possono chiedere CTU contabili (Consulenza Tecnica d’Ufficio) se è necessario rideterminare le somme dovute: ad esempio, la cooperativa può ammettere di dover qualche differenza ma contestare il quantum (soprattutto su sanzioni e interessi composti). Una CTU può essere utile se la materia è complessa.
Come outcome, si chiederà al Tribunale di annullare l’atto impugnato, totale o in parte, e sospendere l’esecuzione nelle more (si può fare istanza di sospensione anche qui, ex art. 5 D.Lgs. 533/1992 nel rito lavoro analogicamente, provando un grave danno in caso di esecuzione immediata; spesso i giudici del lavoro sospendono le sanzioni su cauzione). – Coinvolgimento delle associazioni di rappresentanza: le cooperative sociali aderenti a centrali (Legacoop, Confcooperative, AGCI) possono chiedere supporto anche a queste ultime. Ad esempio, se l’INPS disconosce un certo contratto, una lettera di attestazione della centrale che confermi l’applicabilità di quel CCNL alla fattispecie può avere un peso. Oppure, le centrali hanno uffici legali che seguono i casi spinosi di cooperative spurie, e talora presentano memorie amicus curiae. Non isolarsi è consigliabile. – Transazioni e regolarizzazioni post-contestazione: una volta avviata la causa, nulla vieta di cercare una conciliazione con gli enti coinvolti. Ad esempio, l’INPS può, tramite i suoi avvocati, concordare la riduzione delle sanzioni civili se la cooperativa paga il capitale e rinuncia a liti prolungate. Per le sanzioni amministrative dell’Ispettorato, è più difficile (perché spesso c’è la solidarietà con l’azienda utilizzatrice, e il MLPS non transige). Tuttavia, se la cooperativa è in difficoltà finanziaria, potrebbe prospettare un piano di rientro e chiedere di chiudere i contenziosi con il pagamento del dovuto in tot rate, evitando l’aggravio di spese legali. Alcune normative contingenti (ad es. la “definizione agevolata liti” citata, o normative emergenziali) potrebbero consentire di chiudere i procedimenti pagando solo il dovuto senza sanzioni: conviene tenere d’occhio anche queste possibilità nel corso del giudizio . – Impatto sul personale e sugli organi sociali: la cooperativa deve parallelamente gestire le conseguenze sul proprio interno. Se emergono irregolarità, conviene sanare i trattamenti dei lavoratori (es. adeguare i salari al CCNL corretto d’ora in avanti, magari stipulando accordi sindacali di riallineamento) per prevenire ulteriori rivendicazioni. Inoltre, se la contestazione rivela errori o scorrettezze imputabili ad amministratori o consulenti, valutare cambi di governance o azioni di responsabilità interne. Ad esempio, se un amministratore ha volutamente orchestrato un sistema illecito di appalti di manodopera che mette a rischio la cooperativa, l’assemblea dei soci dovrebbe considerare la sua sostituzione o la revoca del mandato.
In sintesi, sul fronte previdenziale-lavoristico la miglior difesa è la corretta gestione ex ante: applicare sempre un CCNL adeguato e rispettare i minimi (le sentenze ricordate della Cassazione lo impongono chiaramente), non abusare della figura del socio lavoratore per eludere tutele (la L.142/2001 ne impone la parità di trattamento), evitare di entrare in filiere di appalti poco trasparenti. Se però la contestazione arriva, occorre:
- Scrutinare se l’autorità ha seguito la procedura (ad es. la notificazione del verbale, la descrizione dei fatti).
- Evidenziare eventuali zone grigie normative: il diritto del lavoro ha talvolta margini interpretativi. Ad esempio, su cosa costituisca effettivamente eterodirezione in un appalto, oppure su quale CCNL sia “comparativamente più rappresentativo” in un dato settore.
- Fare leva su eventuali errori dell’ispezione (e.g. numero di lavoratori coinvolti sbagliato, periodi già prescritti inclusi, ecc.) per ridurre la portata delle violazioni.
- Mostrare buona fede e cooperazione: una cooperativa che dimostra di aver agito confidando in certe prassi consigliate magari dal proprio consulente e che subito corregge il tiro, può suscitare maggiore indulgenza anche in giudizio. Ad esempio, pagare ai lavoratori le differenze prima del giudizio farà vedere al giudice del lavoro che la coop vuole tutelare i soci-lavoratori e sta discutendo solo le sanzioni e non i diritti dei lavoratori (questo può influire sull’esito, perché spesso i giudici del lavoro mirano soprattutto a garantire il lavoratore; se è soddisfatto, restano questioni tra coop e Stato su cui possono essere più neutrali).
- Valutare, nei casi estremi, procedure concorsuali o di ristrutturazione: se i debiti contributivi e le sanzioni sono tali da mettere in ginocchio la cooperativa, potrebbe essere necessario considerare soluzioni come un concordato minore o accordo di ristrutturazione (se la coop è non fallibile, rientra nelle procedure di sovraindebitamento – ne parliamo più avanti) includendo INPS e Fisco. Queste procedure possono ridurre i debiti, ma richiedono l’assenso dei creditori qualificati (INPS in primis) e presuppongono spesso la cessazione dell’attività o la sua prosecuzione sotto controllo. È l’ultima spiaggia, ma da non dimenticare: la legge prevede anche questa possibilità per salvare l’impresa cooperativa in crisi grave.
Contestazioni societarie e abusi del modello cooperativo: vigilanza, mutualità prevalente e scioglimento d’autorità
Oltre agli aspetti fiscali e lavoristici, una cooperativa sociale può trovarsi a dover difendere la propria stessa natura giuridica e la continuità aziendale di fronte a contestazioni di tipo “societario” o amministrativo. Qui parliamo delle contestazioni mosse dagli organi di vigilanza sulle cooperative (Ministero delle Imprese e del Made in Italy – già MISE – e gli uffici regionali o le Associazioni delegatarie delle revisioni) riguardo al mancato rispetto dei principi cooperativi. In sostanza: la cooperativa rischia sanzioni o provvedimenti se viene ritenuta un soggetto “degenerato”, cioè che abusa delle agevolazioni senza perseguire veramente lo scopo mutualistico.
Gli strumenti a disposizione dell’autorità di vigilanza sulle società cooperative (previsti dal Codice civile e dal D.Lgs. 220/2002) includono:
- La revisione cooperativa: un’ispezione periodica (di regola biennale per coop sociali) in cui un revisore incaricato verifica i requisiti mutualistici, la tenuta dei libri sociali, il rispetto delle norme di legge (art. 2545-sexies c.c.). Se dalla revisione emergono irregolarità, il revisore può proporre provvedimenti.
- I provvedimenti ex art. 2545 c.c.:
- Gestione commissariale (2545-sexiesdecies c.c.): il Ministero nomina un commissario ad acta o un commissario governativo che sostituisce gli amministratori temporaneamente per ripristinare la legalità .
- Cancellazione dall’Albo delle cooperative: misura applicata a cooperative che si sottraggono sistematicamente ai controlli o che operano in contrasto con le finalità mutualistiche . L’iscrizione all’Albo nazionale delle cooperative è condizione per il godimento di taluni benefici: la cancellazione comporta spesso l’impossibilità di stipulare convenzioni con enti pubblici, perdita automatica dello status di ONLUS di diritto (prima del 2018) e ora di ente del Terzo Settore, ecc.
- Scioglimento per atto dell’autorità (2545-septiesdecies c.c.): è il provvedimento più drastico, la liquidazione coatta amministrativa disposta d’ufficio dal Ministero in presenza di gravi irregolarità o perdita dei requisiti mutualistici .
- Liquidazione coatta amministrativa per insolvenza (2545-terdecies c.c.): su questo torneremo nella sezione fallimentare, per ora basti ricordare che l’art. 2545-terdecies c.c. prevedeva che le cooperative potessero essere assoggettate anche a fallimento in presenza di attività commerciale (clausola ora superata per le coop sociali, come già anticipato) .
Motivi tipici di contestazione societaria:
- Mancato raggiungimento dello scopo mutualistico: se la cooperativa non persegue effettivamente l’oggetto sociale dichiarato, o lo persegue in misura marginale rispetto ad altre attività, la vigilanza può intervenire. Per esempio, una cooperativa sociale di tipo B che non abbia in organico alcun lavoratore svantaggiato o ne abbia meno del 30% perde per legge la qualifica di cooperativa sociale . Questo di per sé non implica immediato scioglimento, ma segnala che l’ente sta operando al di fuori dal suo scopo costitutivo. All’esito di una revisione, potrebbero essere imposte prescrizioni (assumere la quota mancante di svantaggiati entro tot tempo) oppure, se ciò non è fattibile, si prospetta la trasformazione in cooperativa ordinaria o lo scioglimento.
Difesa: la cooperativa dovrebbe dimostrare le ragioni contingenti di quell’inadempienza e un piano di rientro. Ad es., se il 30% non è raggiunto perché alcuni lavoratori svantaggiati si sono dimessi e si sta provvedendo a sostituirli, esibire le lettere inviate ai centri per l’impiego o ai servizi sociali per nuove assunzioni. In generale, far emergere la volontà sincera di adeguarsi. La legge consente un margine temporale: se per due esercizi consecutivi non si rispetta il requisito, si perde la qualifica . Quindi, entro il secondo esercizio bisogna aver corretto la rotta. 2. Violazione delle clausole mutualistiche statutarie: se la cooperativa modifica lo statuto eliminando le clausole antilucro (divieti di distribuzione ecc.), perde la qualifica di mutualità prevalente ipso iure . Ciò spesso accade quando una cooperativa decide di “uscire” dal mondo cooperativo trasformandosi in società lucrativa. Ma se l’intento non è dichiarato, l’autorità può rilevare la non conformità dell’atto costitutivo alle norme inderogabili e intimare il ripristino delle clausole.
Difesa: sostenere che la modifica statutaria non intendeva violare i principi antilucrativi oppure, se c’è stato un errore formale (magari adeguando lo statuto all’impresa sociale e mal interpretando la norma), proporre subito una contro-modifica. Spiegare insomma che non c’era volontà di eludere i vincoli, eventualmente ottenendo dai soci l’impegno a ripristinare le previsioni dovute. 3. Gestione non trasparente o fraudolenta: qui rientrano situazioni in cui gli amministratori della cooperativa hanno tenuto condotte distrattive o in conflitto di interesse gravi. Ad esempio, bilanci falsi, patrimoni occultati, uso personale di fondi sociali. In tali casi, spesso sono gli stessi soci di minoranza a segnalare al Ministero o alle associazioni di categoria il problema. La vigilanza può nominare un commissario per accertare i fatti. Se confermati, può sciogliere la coop per perdita di scopo mutualistico (si ritiene che l’ente sia di fatto strumentalizzato per altri fini).
Difesa: la cooperativa, per quanto possa, dovrebbe collaborare per punire i responsabili interni e salvare l’ente. Ad esempio, se si scopre un ammanco causato dal presidente, l’assemblea può destituire il CdA, avviare un’azione di responsabilità e chiedere al Ministero di revocare la liquidazione coatta qualora già disposta, fornendo garanzie di nuova gestione sana. Ciò è raro, ma non impossibile se si convince l’autorità che le ragioni di scioglimento possono venir meno (in sostanza rimuovere la causa di scioglimento). 4. Inosservanza degli obblighi di legge (bilanci, comunicazioni): il D.Lgs. 220/2002 art. 12 prevedeva che le cooperative che “si sottraggono all’attività di vigilanza” (ad esempio non depositando bilanci per oltre due anni, o non rispondendo alle convocazioni del revisore) fossero direttamente sciolte d’autorità. Su questo punto c’è una novità fondamentale: la Corte Costituzionale, sentenza n. 116/2025, ha dichiarato illegittimo sciogliere le cooperative solo perché non collaborano con la vigilanza, senza accertare altro . In particolare, ha censurato la norma che imponeva lo scioglimento automatico anziché la previa nomina di un commissario che compia gli atti richiesti (come il deposito dei bilanci) . La Consulta ha ritenuto quella sanzione sproporzionata e lesiva dell’art. 45 Cost., potendo portare alla chiusura di coop ancora mutualistiche solo per inadempienze formali . Dunque, da luglio 2025, se una cooperativa non presenta documenti alla vigilanza, l’autorità non può più scioglierla immediatamente: deve nominare un commissario che si sostituisca temporaneamente agli amministratori per compiere gli adempimenti (es. far approvare e depositare i bilanci mancanti) . Questa pronuncia è un forte argomento difensivo per le coop raggiunte da provvedimenti di scioglimento d’autorità motivato solo dall’omissione di adempimenti.
Difesa: in casi pre-2025 di scioglimento per mancato deposito di bilanci, ora c’è la possibilità di impugnare il decreto di scioglimento richiamando la sentenza costituzionale. La cooperativa (o i suoi ex amministratori) potrebbero presentare ricorso al TAR o istanza di riesame al Ministero stesso, sostenendo l’applicazione retroattiva della declaratoria di incostituzionalità (che rende la norma invalida sin dall’origine). L’obiettivo sarebbe convertire lo scioglimento in commissariamento pro-tempore. Non è garantito, ma la pronuncia dà un appiglio forte, invocando l’art. 3 e 45 Cost. violati .
In generale, se prima molte cooperative venivano soppresse solo per inadempienze burocratiche, ora possono salvarsi adempiendo anche in ritardo, grazie all’intervento del commissario. Quindi, se la coop ha saltato depositi di bilancio, conviene comunque correre a depositarli, anche tardi, e segnalare alla vigilanza di aver sanato (ciò potrebbe far chiudere il procedimento senza sanzioni).
Procedimento e ricorsi: I provvedimenti di scioglimento o commissariamento sono formalizzati tramite decreto del Ministero (spesso su istruttoria delle Camere di Commercio o Associazioni). Contro tali decreti, la via ordinaria è il ricorso al Tribunale delle Imprese se riguardano liquidazione coatta per insolvenza, oppure al TAR Lazio (sede del Ministero) per gli atti amministrativi di scioglimento per atto d’autorità. C’è stato dibattito sulla giurisdizione; attualmente, lo scioglimento ex art. 2545-septiesdecies c.c. è considerato atto amministrativo soggetto a TAR, mentre la liquidazione coatta per insolvenza ha natura concorsuale e spetta al giudice ordinario.
- Nel ricorso amministrativo (TAR) si possono far valere profili di eccesso di potere (provvedimento sproporzionato rispetto alle irregolarità) e violazione di legge (es. applicazione retroattiva di norma non più valida, come nel caso post-sentenza Cost. 116/2025). Ad esempio, citando la Consulta: “lo scioglimento disposto senza aver verificato l’effettivo venir meno delle finalità mutualistiche integra sanzione sproporzionata e viola l’art. 45 Cost.” . Il TAR, riconoscendo ciò, potrebbe annullare il decreto ministeriale e restituire la governance ai soci (o disporre soluzioni meno afflittive).
- Nel caso di liquidazione coatta disposta per insolvenza, la cooperativa può proporre opposizione avanti al tribunale entro 30 giorni ex art. 2545-quaterdecies c.c., contestando l’insolvenza o chiedendo l’ammissione a misure alternative (concordato, ecc.). Dato però che per coop sociali oggi si esclude la procedura di fallimento giudiziale, di solito l’insolvenza viene gestita direttamente come LCA e quell’opposizione mira più che altro a contestare l’esistenza dello stato d’insolvenza stesso (ad es. se la cooperativa ritiene di essere solvibile o di avere prospettive di risanamento, può opporsi alla LCA e chiedere tempo).
Abuso del modello cooperativo – riflessi fiscali: c’è un ulteriore fronte “societario” dove la cooperativa si difende, ed è quello dell’abuso di diritto in senso tributario. Ne abbiamo parlato nella sezione fiscale: se il Fisco accusa la cooperativa di essere cooperativa solo di nome ma di fatto un’impresa lucrativa, l’ente può “disconoscere la qualifica mutualistica” e negare i benefici. Ciò è un giudizio di merito sulla natura dell’ente. La difesa, in questi casi, deve convincere che la cooperativa è realmente mutualistica. Come? Mostrando gli elementi che la Corte di Giustizia UE (e la Cassazione) ritengono tipici di una vera cooperativa: – partecipazione attiva dei soci alla gestione (democraticità), – partecipazione al rischio d’impresa e ai risultati (limitata ma presente), – scambi mutualistici prevalenti tra cooperativa e soci (nel lavoro: soci-lavoratori che apportano la loro professionalità; nel consumo: soci che acquistano i beni; ecc.), – finalità orientata al beneficio dei soci e non del capitale .
Se questi elementi ci sono, la cooperativa non può essere trattata come impresa ordinaria. Ad esempio, in materia fiscale europea, la Commissione UE ha riconosciuto che le agevolazioni alle cooperative sono giustificate proprio perché sono enti diversi dalle società lucrative e operano in condizioni speciali (lo ha affermato in varie decisioni sugli aiuti di Stato alle coop). La difesa potrà citare tali principi: “la funzione sociale delle coop, tutelata dall’art. 45 Cost., e il carattere non surrogabile di questo modello imprenditoriale” – parole riecheggiate dalla Corte Cost. stessa nel 2025 – per sostenere la legittimità del regime speciale e la non abusività nel caso specifico.
In casi estremi, se un abuso c’è stato (cooperativa fittizia): va considerato che talora la miglior difesa è patteggiare. Ad esempio, se emergono illeciti gravi, la cooperativa potrebbe proporre di sciogliersi volontariamente e liquidare i soci (devolvendo il patrimonio al fondo mutualistico come legge comanda) in cambio di una chiusura bonaria dei procedimenti sanzionatori per gli amministratori. Questo scenario avviene quando l’ente è di fatto finito: invece di subire lo stigma dello scioglimento d’autorità per atto illecito, i soci possono anticiparlo deliberando essi stessi lo scioglimento e cooperando con l’autorità. Non salva la coop (che tanto avrebbe vita breve) ma può salvare da responsabilità personali più pesanti. È un calcolo da fare con l’assistenza di un legale esperto in diritto penale societario.
Conclusione sulla difesa societaria: mantenere la compliance cooperativa è la chiave. Le cooperative sociali dovrebbero tenere con cura: – I verbali e i libri sociali (assemblee, Cda, bilanci) in ordine e rispondere puntualmente alle richieste degli organi di revisione. – Rispettare gli obblighi mutualistici (percentuali di scambio con soci, quote di svantaggiati, ecc.). – Destinare sempre gli utili come per legge: almeno il 30% a riserva indivisibile, massimo il 3% ai fondi mutualistici di promozione, dividendi entro il limite dell’interesse legale aumentato (in pratica pochi punti percentuali) . – Versare annualmente il contributo dovuto ai fondi mutualistici (3% degli utili netti ai fondi per lo sviluppo della cooperazione: è un obbligo ex art. 11 L. 59/1992, la sua omissione reiterata può far scattare sanzioni e la revoca dello status di cooperativa a mutualità prevalente).
Se questi aspetti sono curati, sarà più difficile per l’autorità contestare un abuso. E se anche lo facesse, la cooperativa avrà tutte le carte per dimostrare la propria buona fede ed evitare conseguenze estreme. La pronuncia della Corte Costituzionale 116/2025 poi offre un ulteriore scudo: richiama al rispetto del principio di proporzionalità nelle sanzioni alle coop , dando forza all’idea che la cooperazione va semmai aiutata a regolarizzarsi, non soppressa con troppa facilità . Questo argomento potrà d’ora in avanti essere speso in ogni ricorso contro provvedimenti percepiti come eccessivamente punitivi.
Crisi d’impresa e procedure concorsuali: le cooperative sociali e la non assoggettabilità a fallimento
Una questione di importanza cruciale, che è stata oggetto di evoluzione normativa e giurisprudenziale recente, riguarda il destino delle cooperative sociali in caso di insolvenza. Storicamente, c’era incertezza se le coop sociali potessero essere dichiarate fallite come normali imprese commerciali oppure no. La situazione attuale – aggiornata al 2025 – può essere così sintetizzata:
Le cooperative sociali non possono essere assoggettate a fallimento (liquidazione giudiziale), ma esclusivamente a liquidazione coatta amministrativa in caso di insolvenza .
Questa affermazione discende da: – L’art. 14 del D.Lgs. 112/2017 (Disciplina dell’impresa sociale) che prescrive in modo chiaro: “in caso di insolvenza, le imprese sociali sono assoggettate alla liquidazione coatta amministrativa” , escludendo quindi il fallimento. – Il nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019), entrato in vigore definitivamente nel 2022, all’art. 295 ribadisce che i soggetti sottoposti a liquidazione coatta amministrativa non sono soggetti a liquidazione giudiziale, salvo espressa previsione di legge . Per le cooperative sociali tale previsione contraria non esiste, dunque esse rientrano a pieno titolo tra gli enti soltanto fallibili in via amministrativa. – La giurisprudenza della Corte di Cassazione: con una serie di pronunce (Cass. Sez. I, ord. 18 gennaio 2023 n. 1503; Cass. Sez. I, sent. 17 ottobre 2023 n. 29801; Cass. Sez. I, sent. 29 novembre 2023 n. 33280) la Suprema Corte ha consolidato l’indirizzo secondo cui le cooperative sociali, in quanto imprese sociali di diritto, non possono essere dichiarate fallite perché la legge speciale (d.lgs. 112/2017) deroga alla disciplina generale . In particolare, Cass. 29801/2023 ha evidenziato che l’art. 14 d.lgs. 112/2017, a differenza del previgente art. 2545-terdecies c.c., non ammette affatto il ricorso al fallimento per le coop sociali . – La prassi nei tribunali: inizialmente vi erano pronunce discordanti (alcuni tribunali dichiaravano il fallimento di coop sociali ritenendo applicabile l’art. 2545-terdecies se la coop svolgeva attività commerciale con prevalenza lucrativa). Ma dopo il 2018-2019, la maggior parte dei tribunali ha recepito la nuova norma. Un caso eclatante nel 2025 ha coinvolto la Corte d’Appello di Catania: investita del reclamo di una cooperativa sociale contro la sentenza dichiarativa di liquidazione giudiziale (fallimento) emessa da un tribunale su istanza di un creditore, la Corte d’Appello ha revocato quella sentenza di fallimento, sancendo che la cooperativa sociale, essendo ETS, doveva andare in LCA . Nel farlo, ha condannato la creditrice istante alle spese, ritenendola colpevole di aver richiesto una procedura non applicabile (un monito ai creditori aggressivi: bisogna conoscere lo status particolare del debitore!).
Cosa comporta essere soggetti solo a LCA? In caso di insolvenza accertata, la cooperativa sociale non verrà sottoposta a una procedura concorsuale ordinaria davanti al tribunale, ma il Ministero competente (MIMIT) potrà disporne lo scioglimento per atto d’autorità e la liquidazione coatta amministrativa nominando uno o più commissari liquidatori. La LCA è una procedura concorsuale anch’essa, ma amministrativa: i liquidatori svolgono funzioni analoghe a un curatore fallimentare, però sotto la vigilanza e le direttive del Ministero anziché di un giudice delegato. I creditori devono presentare le proprie domande di insinuazione al passivo al liquidatore, che forma lo stato passivo; eventuali contestazioni sul passivo sono decise dal Ministero su ricorso, e poi impugnabili in giudizio ordinario. In una LCA si applicano gran parte delle norme del Codice della Crisi in quanto compatibili.
Vantaggi per la cooperativa (o per il suo “spirito”) di evitare il fallimento: la ratio di questa scelta legislativa risiede nella funzione sociale delle coop sociali, che “operano nell’interesse collettivo in attuazione dei principi costituzionali di solidarietà”. Si è ritenuto di sottoporle a un sistema concorsuale “più coerente e meno aggressivo” , per citare la Corte d’Appello etnea, quindi gestito in sede amministrativa. In concreto, ciò può significare: – Maggiore possibilità di tenere conto degli interessi dei lavoratori svantaggiati e della continuità di servizi essenziali eventualmente erogati dalla cooperativa (pensiamo a coop sociali tipo A che gestiscono residenze sanitarie o scuole: in un fallimento si interromperebbero bruscamente i servizi, in LCA il Ministero può valutare soluzioni per trasferirli altrove in modo ordinato). – Per i soci lavoratori, la LCA li equipara a dipendenti: essi diventano creditori privilegiati per i loro stipendi non pagati e TFR, al pari degli altri lavoratori . La loro qualità di soci non li penalizza sul piano del credito da lavoro. D’altra parte, essendo società a responsabilità limitata, i soci non rispondono dei debiti sociali oltre al conferimento (perdono la propria quota e gli eventuali crediti di lavoro residui, ma non hanno obbligo di ripianare i debiti sociali, salvo soci sovventori per le azioni sottoscritte). – Gli amministratori colpevoli di aver provocato l’insolvenza possono essere chiamati a rispondere per mala gestio anche nel contesto LCA (il liquidatore può promuovere azioni di responsabilità analoghe a quelle fallimentari). Ma essendo procedura amministrativa, c’è talvolta più discrezionalità nel valutare se intraprendere tali azioni.
Difendersi in giudizio: dal punto di vista della cooperativa/debitore, la questione primaria è impedire che un creditore ottenga indebitamente un fallimento. Oggi, se ciò viene chiesto, il legale della cooperativa deve immediatamente eccepire l’improcedibilità della istanza di fallimento, producendo visura camerale attestante che la società è una cooperativa sociale iscritta all’Albo delle cooperative sociali (e quindi impresa sociale ex lege) e richiamando l’art. 14 d.lgs. 112/2017. I giudici fallimentari ormai dovrebbero d’ufficio conoscere la norma, ma è bene insistere. Se, malgrado ciò, venisse emessa sentenza dichiarativa di fallimento, occorre proporre reclamo alla Corte d’Appello ex art. 18 R.D. 267/42 (nel Codice della crisi, art. 47) entro 30 giorni. La vicenda della Corte appello di Catania citata insegna che il reclamo ha ottime chance: la Cassazione 2023 funge da guida vincolante e il reclamo sarà accolto , con condanna del creditore istante alle spese, vista la colpa di aver attivato una procedura inapplicabile .
E se la cooperativa volesse volontariamente accedere al tribunale (es. concordato preventivo)? Questo punto è delicato. In passato alcune cooperative sociali in crisi tentavano il concordato preventivo per evitare la LCA, sostenendo di non essere a mutualità prevalente o interpretando la legge in modo da considerarle fallibili. Oggi questo non è più possibile: l’art. 12-bis D.Lgs. 220/2002 (introdotto nel 2003) vieta la procedura di concordato preventivo per le cooperative soggette solo a LCA, demandando eventuali concordati all’ambito amministrativo. Inoltre, essendo imprese sociali, non sono imprenditori commerciali fallibili, quindi in base al CCII non possono accedere al concordato preventivo (riservato ai soggetti fallibili).
Tuttavia, esistono strumenti alternativi per affrontare la crisi: – La composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa (introdotta nel 2021) è accessibile a tutte le imprese, anche quelle non fallibili, in quanto strumento volontario di risanamento. Una cooperativa sociale può attivare la piattaforma di composizione negoziata, nominare un esperto indipendente e cercare un accordo con i creditori. Durante tale percorso, può chiedere misure protettive al Tribunale (sospensione delle azioni esecutive). Queste misure sono state concesse in casi recenti anche a imprese non fallibili. Ad esempio, un articolo del giugno 2025 suggerisce che anche soggetti ETS possono accedere alle misure protettive della composizione negoziata . Dunque, la coop sociale può utilizzarla per guadagnare tempo e magari ristrutturare il debito in via stragiudiziale. Se riesce a fare accordi con la maggioranza dei creditori, potrà poi chiedere al tribunale di omologare tali accordi (ex art. 11 D.L. 118/2021 conv. L. 147/21), ottenendo efficacia verso tutti. – Le procedure di sovraindebitamento (oggi chiamate “concordato minore” e “liquidazione controllata” nel CCII) teoricamente sono pensate per debitori civili o imprese minori non fallibili. Una cooperativa sociale insolvente potrebbe rientrarvi? La legge parla di imprenditori non soggetti a liquidazione giudiziale. Una coop sociale non è soggetta a liquidazione giudiziale, quindi sembrerebbe eleggibile per un concordato minore o per un piano di ristrutturazione. Tuttavia, su questo c’è dibattito dottrinale: alcuni ritengono che la LCA speciale escluda le procedure di sovraindebitamento perché la cooperativa non è un consumatore né un professionista minore, ma un ente collettivo con disciplina ad hoc. Altri propendono per la possibilità, in mancanza di un divieto espresso, di usare il concordato minore come forma di composizione, specie se la cooperativa vuole evitare la liquidazione totale e ha prospettive di continuazione.
In mancanza di pronunce chiarificatrici su ciò, la prudenza è d’obbligo. Una cooperativa sociale in forte crisi potrebbe tentare la via del piano attestato di risanamento (strumento privatistico, ex art. 56 CCII) o di un accordo di ristrutturazione (art. 57 CCII) con omologazione, se riesce a farsi supportare da almeno il 60% di creditori finanziari. Questi strumenti non richiedono lo status di fallibile e potrebbero essere percorsi, con omologazione del tribunale. – Infine, se la situazione è irrimediabile, la cooperativa può sollecitare la propria LCA rivolgendosi al Ministero. Può sembrare paradossale difendersi chiedendo la LCA, ma se l’alternativa è che i creditori facciano esecuzioni disordinate sui beni sociali o che alcuni soci di minoranza subiscano atti (pignoramento di conto cointestato, ecc.), la LCA porta ordine e parità di trattamento. Inoltre, in LCA c’è la possibilità di continuare provvisoriamente l’esercizio d’impresa se utile per la migliore liquidazione (art. 209 LF, applicabile): potrebbe consentire di portare a termine un appalto o di cedere un ramo d’azienda con i lavoratori, preservandone i posti.
Difesa del ceto creditorio interno (soci lavoratori): Menzioniamo che, dal punto di vista del socio lavoratore, la LCA di una coop sociale lo tutela parzialmente (credito privilegiato, accesso al Fondo di Garanzia INPS per TFR e ultime 3 mensilità, come per i dipendenti). Il socio inoltre ha priorità sui crediti di lavoro anche rispetto alle banche (di norma). Quindi in sede di difesa, i legali della cooperativa possono sottolineare come la scelta della LCA salvaguardi i lavoratori. Questo può avere un peso se in sede di reclamo fallimentare si vuole convincere i giudici dell’opportunità di non fallire: “Solo la LCA garantirà ai soci-lavoratori l’intervento del Fondo di garanzia e l’insinuazione privilegiata, non essendo la cooperativa soggetta a FSE in caso di fallimento erroneamente dichiarato”.
In conclusione, per la cooperativa sociale debitrice: – Non farsi intimidire da istanze di fallimento: la legge è dalla sua parte, e i creditori dovranno accontentarsi della LCA. – Conoscere i propri diritti: se qualcuno (un creditore, un consulente malinformato) insiste che “siete una SRL, quindi fallite”, replicare con la norma e la giurisprudenza: Cass. 2023 e art. 14 d.lgs. 112/17. Ciò può a volte convincere il creditore a negoziare (sapendo che un fallimento gli è precluso, potrebbe preferire trattare una transazione). – Pianificare la crisi: se gli amministratori vedono che la cooperativa non potrà onorare i debiti, dovrebbero attivarsi per tempo, usando gli strumenti di allerta e composizione (o anche semplicemente convocando i creditori principali per trovare accordi). Il difendersi qui significa evitare che la situazione precipiti in uno scenario di liquidazione disordinata. La composizione negoziata, per quanto non semplicissima, offre un quadro protetto e la cooperativa sociale può ricorrervi senza stigma. Una volta nominato l’esperto, le banche e l’INPS tenderanno a sedersi al tavolo perché sanno di non poter agire esecutivamente per qualche mese. Ciò crea margine per trovare ad es. un nuovo investitore o per consentire a una cooperativa più grande di assorbirne le attività (fusione o cessione). – Tutela in LCA: se la LCA parte, la cooperativa come soggetto giuridico viene estromessa (gli amministratori decadono, subentra il liquidatore). Non c’è un vero “difendersi” all’interno della LCA, se non collaborare col liquidatore per massimizzare i valori (che in parte andranno al Fondo mutualistico finale). Eventuali contestazioni sulle decisioni del liquidatore (es. esclusione di un credito) i soci o i creditori dovranno portarle dinanzi al giudice competente (spesso la Corte d’Appello per questioni di LCA, oppure il TAR per questioni amministrative, a seconda). Ma per la cooperativa in sé, la partita è chiusa. Quindi la vera difesa avviene prima, cercando soluzioni meno drastiche.
Tabella riepilogativa – Procedure concorsuali e di gestione crisi per cooperative sociali vs società commerciali
Situazione di insolvenza | Coop sociale (impresa sociale) | Società commerciale ordinaria | Riferimento normativo |
---|---|---|---|
Dichiarazione di fallimento (liquidazione giudiziale) | NON ammessa (il tribunale deve rigettare istanza di fallimento) | Ammessa se ricorrono requisiti (stato insolvenza, qualità imprenditore commerciale non piccolo) | Art. 14 D.Lgs 112/2017 ; Cass. 29801/2023 |
Liquidazione coatta amministrativa (LCA) per insolvenza | Sì, procedura applicabile (decreto Ministeriale di scioglimento e nomina liquidatore) | Prevista solo per alcuni enti speciali (banche, coop, ecc.). Per società ordinarie insolventi la via è fallimento giudiziale, non LCA. | Art. 2545-terdecies c.c.; Art. 295 CCII |
Concordato preventivo | Non accessibile (coop sociale non fallibile, esclusa da concordato) | Accessibile (domanda al tribunale, ammissione se condizioni) | Art. 12-bis D.lgs 220/2002 (esclusione coop da CP) |
Accordi di ristrutturazione ex art. 57 CCII | Possibile (nessun esplicito divieto, trattativa extra-giudiziale con omologa tribunale) | Possibile | Artt. 57-60 CCII (applicabili al debitore non fallibile?) |
Composizione negoziata crisi | Sì, utilizzabile (strumento volontario aperto a tutte le imprese in difficoltà) | Sì, utilizzabile | D.L. 118/2021 conv. L. 147/21; Art. 23 CCII e segg. |
Concordato minore (sovraindebitamento) | Discussa applicabilità (cooperativa potrebbe rientrare come imprenditore non fallibile) | Non rilevante (società commerciale è fallibile, quindi no concordato minore) | Artt. 74-83 CCII (piano ristrutturazione soggetti non fallibili) |
Continuità aziendale durante procedura | In LCA possibile autorizzazione ministeriale a continuare attività provvisoriamente | In fallimento, esercizio provvisorio possibile su autorizzazione del tribunale | Art. 213 CCII (esercizio provvisorio in LCA); Art. 211 CCII (fallimento) |
Destino patrimonio residuo | Se attivo residuo dopo soddisfo creditori: devoluzione obbligatoria a Fondi mutualistici coop (nessuna distribuzione ai soci) | Attivo residuo distribuito ai soci/azionisti | Art. 11 L. 59/92; art. 2514 c.c. clausola indivisibilità patrimonio finale |
(Legenda: CCII = Codice della Crisi e Insolvenza)
Come si vede, il punto focale è l’esclusione del fallimento per le coop sociali. Questo può essere considerato un “scudo” protettivo (nessuna istanza di fallimento potrà farle chiudere se non vuole), ma non significa che siano immuni da procedure: la LCA è anch’essa severa e può portare alla cessazione definitiva dell’attività, solo con modalità differenti. Pertanto, l’obiettivo primario in un’ottica difensiva deve essere mantenere l’impresa in bonis o trovare accordi, se possibile, prima di arrivare all’insolvenza conclamata. La giurisprudenza rileva come in Italia la cooperazione stia attraversando un periodo difficile, con tasso di crescita negativo negli ultimi anni e normative poco incentivanti . Proprio per questo, la soluzione non è attendere passivamente la crisi, ma agire proattivamente per ristrutturare il debito quando la situazione è ancora reversibile.
Cooperative sociali e rapporti con la Pubblica Amministrazione: appalti, convenzioni e riserve di legge
Le cooperative sociali interagiscono spesso con enti pubblici, sia come partner nell’erogazione di servizi di interesse generale, sia come fornitori attraverso contratti di appalto o convenzioni. Questa relazione privilegiata è sancita dalla legge 381/1991 ma deve fare i conti con la normativa generale sugli appalti pubblici (D.Lgs. 50/2016, sostituito dal D.Lgs. 36/2023). Le principali questioni giuridiche che sorgono in tale ambito riguardano:
- Affidamenti riservati e convenzioni ex art. 5 L.381/1991: l’art. 5 consente agli enti pubblici di stipulare convenzioni con cooperative sociali di tipo B per la fornitura di beni e servizi “diversi da quelli sociosanitari ed educativi” il cui importo sia inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, al fine di creare opportunità di lavoro per persone svantaggiate . Si tratta di uno strumento di affidamento diretto discrezionale, purché nel rispetto di procedure di selezione trasparenti e non discriminatorie (ad esempio, l’ente pubblico potrebbe pubblicare un avviso per manifestazione di interesse rivolto a coop tipo B, e poi convenzionarsi con la coop che offre migliori garanzie di inserimento lavorativo di svantaggiati). Contestazioni possono sorgere se questo strumento viene usato impropriamente: oltre soglia, o per servizi non finalizzati all’inserimento, o senza alcuna procedura comparativa. In passato, vari affidamenti diretti a coop sociali sono stati annullati dai giudici amministrativi perché l’ente pubblico aveva abusato dell’art. 5. La difesa, in caso di ricorso di un concorrente escluso, spetterà principalmente all’ente che ha affidato; la cooperativa sociale aggiudicataria può intervenire in giudizio a sostegno, argomentando la legittimità dell’operato pubblico. Per esempio, richiamando l’indirizzo del Consiglio di Stato secondo cui l’art. 5 L.381/91 “costituisce norma speciale” che consente deroga alle procedure ordinarie sotto soglia, finalizzata a un obiettivo di integrazione (Cons. Stato, sez. V, n. 310/2010 e successive). Tuttavia, la stessa giurisprudenza ha fissato dei paletti: anche sotto soglia, va rispettato un minimo di comparazione, e l’affidamento deve realmente perseguire l’obiettivo sociale (non usare coop B come schermo per affidare servizi generici a trattativa privata). Dunque, per difendere la convenzione, la cooperativa dovrà evidenziare come essa abbia integrato X persone svantaggiate, come il servizio affidato avesse caratteristiche tali da non attrarre operatori profit standard, e come l’amministrazione abbia comunque rispettato principi di trasparenza (magari consultando più cooperative).
- Appalti “riservati” ex art. 112 D.Lgs. 50/2016 (ora art. 61 D.Lgs. 36/2023): la normativa appalti, in recepimento delle direttive UE, prevede la possibilità per le stazioni appaltanti di riservare la partecipazione a gare (o l’esecuzione di contratti) a operatori il cui scopo principale sia l’integrazione sociale e lavorativa di persone disabili o svantaggiate, purché almeno il 30% dei lavoratori sia disabile o svantaggiato . Questo è un istituto distinto dall’art.5 L.381: qui si tratta di vere gare d’appalto, anche sopra soglia UE, ma chiuse a una platea particolare (cooperative sociali e imprese sociali con quelle caratteristiche). Il Consiglio di Stato, sent. n. 1300/2022, ha affermato la piena legittimità di bandire appalti riservati anche sopra soglia in forza dell’art. 112 Codice 2016 (oggi art. 61 Codice 2023), senza doversi limitare ai confini di importo e oggetto dell’art.5 L.381 . Nel caso specifico, si trattava di un appalto di servizi di raccolta rifiuti (servizio pubblico locale rilevante) riservato a coop sociali, e un’impresa esclusa lamentava che:
- Non si potesse riservare sopra soglia.
- Non si potesse riservare un servizio pubblico locale economicamente rilevante.
Il CdS ha respinto entrambe le censure, chiarendo che l’art. 112 (ora 61) è norma autonoma di derivazione UE che non eredita i limiti dell’art.5 L.381, avendo scopi complementari ma diversi . Dunque, anche sopra soglia, se la S.A. lo decide, può riservare la gara alle cooperative sociali (o analoghi operatori) e i limiti di valore e tipologia di servizi di L.381/91 non si applicano in questo contesto . Questa sentenza è preziosa per difendere gli atti di gara riservati: in caso di ricorsi, la coop aggiudicataria insieme alla difesa erariale potrà citare CdS 1300/2022, oltre al fatto che l’art. 20 Dir. 2014/24/UE esplicitamente consente riserve per soggetti con 30% lavoratori svantaggiati, come misura pro-inclusione .
Contestazioni possibili in appalti riservati: di solito vengono da operatori economici for-profit esclusi che sostengono la non applicabilità della riserva in quel caso. La difesa consisterà nel dimostrare: – Che la cooperativa aggiudicataria possedeva effettivamente i requisiti (statuto con scopo di integrazione, percentuale >30% di svantaggiati in organico al momento di esecuzione). Su questo, attenzione: se la cooperativa vince la gara ma poi in esecuzione scende sotto il 30%, potrebbero aprirsi problemi. Il contratto stesso di solito prevede clausole risolutive in caso di perdita del requisito. Quindi la cooperativa deve mantenere la soglia durante tutto l’appalto. – Che il servizio appaltato rientra fra quelli per cui la direttiva e il codice permettono la riserva. Ad esempio, l’art. 112 vecchio codice parlava genericamente di appalti in cui la riserva è giustificata dall’obiettivo di integrazione; l’art. 61 nuovo codice è più dettagliato, ma sostanzialmente la riserva è generale. Non c’è limitazione per settori, se non il buon senso: riservare un appalto di forniture high-tech a coop sociali sarebbe strano e forse illegittimo. Ma in settori labour-intensive come pulizie, manutenzione verde, raccolta rifiuti (come nel caso CdS 1300/22), la cosa è giustificata dall’elevato impiego di manodopera non specializzata, adatta a inserimento di fasce deboli.
- Co-progettazione e affidamenti in ambito Terzo Settore (art. 55 D.Lgs. 117/2017): oltre agli appalti tradizionali, le cooperative sociali in quanto ETS possono partecipare a procedure di co-programmazione e co-progettazione con gli enti pubblici, specie per servizi innovativi di welfare. Queste non sono gare competitive ma forme di partenariato previste dal Codice Terzo Settore, e sono state riconosciute come legittime (nel loro alveo) dalla Corte Costituzionale sent. 131/2020. Un co-progetto non è un contratto di appalto, quindi eventuali contestazioni vengono da chi sostiene che l’ente avrebbe dovuto fare una gara invece di coinvolgere direttamente il Terzo Settore. La difesa di simili atti esula dallo scopo di questa guida, ma si può dire che se l’attività rientra nel perimetro della co-progettazione (finalità non lucrative, attivazione di risorse anche dei partner, ecc.), la cooperativa sociale beneficiaria può difendere la legittimità dell’azione amministrativa appellandosi alla specialità della disciplina ETS e al rispetto dell’interesse generale perseguito in forma condivisa.
Occorre però cautela: non di rado enti poco diligenti hanno usato la scusa della co-progettazione per evitare le gare anche dove non si poteva (per servizi “di mercato”). Le cooperative coinvolte in quei casi rischiano la caducazione degli atti e la perdita dei finanziamenti se un TAR dà ragione al ricorrente. Dunque, per difendersi, è opportuno che la coop verifichi a monte il corretto inquadramento: ad es., un servizio di assistenza domiciliare può ben essere co-progettato, ma la fornitura di pasti a domicilio difficilmente rientra nella co-progettazione se è un appalto classico. In quest’ultimo caso, meglio spingere l’ente a fare un appalto riservato (soluzione pulita) piuttosto che accettare un affidamento spurio che poi potrebbe essere annullato. – Controversie in fase di esecuzione contrattuale: se la coop sociale si aggiudica un appalto pubblico, deve poi eseguirlo nel rispetto delle condizioni. Problematiche tipiche: – Applicazione clausole sociali: molti bandi (soprattutto di servizi) prevedono clausole di assorbimento del personale uscente o clausole che impongono l’assunzione di una quota di persone svantaggiate. La coop sociale solitamente è avvantaggiata in ciò, essendo la sua mission. Ma deve comunque rispettare le clausole contrattuali: se non le rispetta, l’ente può contestare l’inadempimento e risolvere il contratto. Esempio: se l’appalto prevedeva almeno 5 soggetti svantaggiati e la coop ne impiega 3, l’ente può applicare penali o risolvere. La cooperativa dovrà difendersi mostrando magari di aver cercato per mesi figure svantaggiate senza trovarne in numero sufficiente (documentando contatti con servizi sociali, centri per l’impiego), quindi invocando causa di forza maggiore per evitare sanzioni. – Revisione prezzi e sostenibilità economica: specie in questi tempi di inflazione, molte coop sociali si trovano in difficoltà perché i costi (es. energia, materie prime alimentari) aumentano ma i corrispettivi di appalto restano fissi. Potrebbero dover chiedere una revisione prezzi all’ente. Se l’ente rifiuta e la coop non ce la fa, può arrivare a sospendere il servizio o minacciare di recedere. L’ente potrebbe allora contestare l’abbandono del servizio e applicare escussioni di fideiussione. La cooperativa in difesa dovrà argomentare che la revisione prezzi era un suo diritto (spesso lo è, ex art. 106 comma 1 lett. a del Codice Appalti, se l’appalto dura più anni ci sono meccanismi di adeguamento ISTAT; il nuovo codice 2023 ha potenziato l’obbligo di revisione in presenza di variazioni oltre soglie). Inoltre, se il servizio è d’interesse pubblico essenziale (es. assistenza disabili), la coop potrà anche cercare l’opinione pubblica o il supporto dell’amministrazione committente, più che fare causa. Questo è un aspetto più contrattualistico che legale strettamente, ma rientra nelle situazioni dove “difendersi” significa anche negoziare condizioni più eque. – Pagamenti ritardati della P.A.: se la coop sociale accumula ritardi nei pagamenti da parte dell’ente (purtroppo comune con gli enti locali), ciò può riflettersi su stipendi e contributi. La cooperativa potrebbe trovarsi a dover difendersi da diffide INPS per ritardi dovuti a crediti non incassati. In tali casi, si può cercare di compensare i crediti verso la P.A. con i debiti fiscali/contributivi (lo Stato a volte apre a compensazioni volontarie in casi del genere). Legalmente, la coop può anche ricorrere a decreti ingiuntivi verso l’ente per costringerlo a pagare, ma se l’ente è in predissesto, è complicato. Comunque, è un contesto in cui la difesa del debitore coop spazia dalla causa civile (ingiunzione) al pressing istituzionale (chiedere al Prefetto di sollecitare i pagamenti per evitare la cessazione di un servizio pubblico, ecc.).
Sintesi delle tutele nei rapporti con la P.A.:
- Conoscere e rivendicare le normative speciali: le cooperative sociali hanno diritto di partecipare a appalti riservati, se l’Amministrazione lo prevede. Se notate che un bando di gara per servizi sociali non prevede riserva, potete sollecitare l’ente a introdurla (molti funzionari non la conoscono bene). Non è un obbligo per l’ente riservare, ma ricordargli che può farlo – e c’è l’interesse di inclusione – può aprire opportunità.
- Agire nei limiti della legge: se un ente vi propone scorciatoie poco chiare (es: “facciamo una convenzione diretta anche se l’importo è alto”), pensate alle conseguenze: un’impugnativa può farvi perdere il contratto all’improvviso. Meglio suggerire soluzioni lecite (gara riservata, co-progettazione se applicabile, oppure convenzione spezzando l’appalto in lotti sotto soglia se legittimo).
- Iscrizioni e requisiti formali: assicuratevi di essere iscritti all’Albo Regionale delle cooperative sociali (previsto dall’art. 9 L.381/91) se la Regione lo richiede per stipulare convenzioni. Inoltre iscrivetevi eventualmente al RUNTS (Registro Unico Terzo Settore) nella sezione Imprese Sociali, se richiesto dal nuovo regime (anche se la norma dice che coop sociali ne sono esonerate per via dell’iscrizione all’Albo coop). Avere tutte le carte in regola evita contestazioni di illegittimità dell’affidamento.
- Ruolo delle Centrali cooperative: le associazioni come LegacoopSociali, Federsolidarietà Confcooperative ecc. spesso stipulano protocolli con le Pubbliche Amministrazioni per promuovere l’inserimento lavorativo tramite appalti riservati o convenzioni. Se la vostra cooperativa è associata, potete far leva su questi protocolli per legittimare certe prassi. In un eventuale contenzioso, il fatto che la procedura seguita sia conforme a linee guida concordate con le Centrali (ad es., il Comune X affida con convenzioni dirette ma seguendo un Regolamento comunale approvato sentite le Centrali) può essere una difesa utile per dimostrare la non arbitrarietà dell’azione amministrativa.
- Intervento in giudizi amministrativi: se un provvedimento che vi riguarda (aggiudicazione, convenzione) viene impugnato da terzi, intervenite in giudizio con un avvocato amministrativista. Porterete il punto di vista della coop, soprattutto sugli aspetti di fatto (quanti svantaggiati avete inserito, quali sarebbero le conseguenze sociali di un annullamento). Ciò può influenzare il TAR/Consiglio di Stato nel valutare l’interesse pubblico alla conservazione dell’atto.
- Tutela giudiziaria in caso di esclusione: al contrario, se ritenete di essere stati illegittimamente esclusi da una gara (magari per un formalismo, o perché la S.A. ha interpretato male le vostre caratteristiche), potete fare ricorso al TAR. Le coop sociali hanno ottenuto giustizia in vari casi, ad esempio quando un Comune ha escluso la coop ritenendo erroneamente che l’art. 112 non si potesse applicare e invece sì, oppure quando è stato negato un punteggio per l’inserimento lavorativo che invece spettava. In tal caso, come “debitore” non siete, siete piuttosto attore, ma è difesa dei vostri diritti partecipativi.
Caso pratico finale: La cooperativa sociale Beta (tipo B) partecipava a una gara di pulizia parchi riservata ex art.112. Arriva seconda, perché l’offerta prima è di una cooperativa non iscritta all’albo regionale e forse priva del 30% di svantaggiati. Beta può: – Chiedere accesso agli atti per verificare i requisiti della prima. – Se risultano carenze (la prima magari aveva 25% di svantaggiati), fare ricorso al TAR per annullare l’aggiudicazione, sostenendo violazione dell’art.112 (partecipazione di soggetto privo dei requisiti) e chiedendo il subentro. – In giudizio, Beta evidenzierà la propria piena regolarità (100% requisiti) e come la scelta di un soggetto non qualificato tradisca lo scopo della norma. Citare CdS 1300/22 per dire che la riserva è seria e va applicata a soggetti genuinamente in regola con quel 30% . – Probabilmente Beta vincerà il ricorso se le prove sono a suo favore, ottenendo il contratto. Questo esempio mostra che anche tra cooperative sociali vi può essere contesa legale, e “difendersi” significa far valere il rispetto rigoroso delle regole pro-coop per evitare che opportunisti (pseudo coop con pochi svantaggiati effettivi) vi scavalchino.
Strategie generali di difesa e modelli di atti difensivi
Dopo aver analizzato i singoli ambiti di contestazione, proponiamo ora alcune strategie trasversali e schemi di atti difensivi utili al debitore-cooperativa sociale. Queste indicazioni mirano a fornire un vademecum pratico per reagire prontamente alle diverse tipologie di atti (accertamenti fiscali, verbali ispettivi, decreti, ingiunzioni, ecc.) mantenendo coerenza con il quadro normativo.
1. Prevenzione e compliance come prima difesa
Prima di tutto, va ribadito che la migliore difesa è prevenire le violazioni. In un contesto dove la cooperativa sociale gode di fiducia e benefici normativi, essa deve mostrarsi affidabile. Adottare un sistema di controllo interno (anche semplificato) può evitare tante contestazioni: per esempio, nominare un organismo di vigilanza interno (ove applicabile il D.Lgs. 231/2001, su responsabilità enti – alcune cooperative lo fanno per etica), oppure almeno un collegio sindacale se le dimensioni lo consigliano, che verifichi il rispetto delle percentuali mutualistiche, la corretta tenuta contabile, ecc. Anche aderire a una centrale (Legacoop, Confcoop) e far tesoro delle loro revisioni annuali aiuta a restare in regola: la revisione biennale obbligatoria può essere integrata con audit volontari, cosicché eventuali irregolarità minori siano sanate prima di diventare multe o sanzioni.
2. Rapidità di reazione e rispetto dei termini
Ogni atto ricevuto ha un termine di impugnazione/adesione. Calendario alla mano, segnare subito le scadenze:
- Accertamento fiscale: 60 giorni per il ricorso (90 se c’è sospensione feriale).
- Verbale di contestazione (diffida) INL: 30 giorni per ottemperare o per memorie, poi 30 gg dall’ordinanza per ricorrere.
- Avviso di addebito INPS: 40 giorni per opposizione giudiziaria.
- Decreto ingiuntivo (es. fornitore che ingiunge pagamenti): 40 giorni per opposizione.
- Sentenza fallimentare (in ipotesi emessa erroneamente): 30 giorni per reclamo.
- Decreto scioglimento coop: 60 giorni per ricorso TAR (in certi casi 30 gg se rito speciale appalti, ma di solito 60).
- Gara appalto: 30 giorni per ricorso TAR dall’aggiudicazione.
Non saltare i termini è cruciale. Ritardi precludono la difesa nel merito. Anche se volete negoziare, presentate il ricorso nei termini e poi valutate accordi: altrimenti l’atto diventa definitivo.
3. Coinvolgimento di professionisti specializzati
Le materie trattate (tributario, lavoro, amministrativo, fallimentare) sono altamente tecniche. Una cooperativa di piccole dimensioni potrebbe essere tentata di rivolgersi al consulente abituale (commercialista, consulente del lavoro) anche per i contenziosi. Ma spesso è bene coinvolgere anche un avvocato specializzato nella materia in questione, magari con esperienza sul Terzo Settore. Ad esempio, per una vertenza fiscale sui requisiti cooperativi, un tributarista con conoscenza di cooperative è ideale (sapranno citare anche la prassi dell’Agenzia delle Entrate in materia di cooperative, come la circolare 34/2013, ecc.). Per un caso di somministrazione illecita, un avvocato giuslavorista esperto di cooperazione potrà far emergere eventuali elementi a favore (e.g. l’accordo intercorso con il committente, la volontà di regolarizzare i lavoratori). Investire in una difesa qualificata può far la differenza tra perdere e vincere la causa – o limitare i danni.
4. Linea argomentativa coerente e punto di vista del debitore
Nel predisporre memorie difensive, è fondamentale mantenere una linea coerente tra tutti i procedimenti collegati. Spesso una contestazione genera effetti pluridirezionali (Fisco, INPS, Ministero). La cooperativa deve assumere una posizione chiara sui fatti e mantenerla, per non contraddirsi. Esempio: se davanti all’INPS la difesa è “applicavo CCNL X perché settore Y”, non posso davanti al Fisco dire “io in realtà quell’attività non la facevo proprio” – rischierei di smentirmi. Quindi va scelta la strategia globale: – Ammettere errori secondari e difendere principi maggiori: talvolta ammettere una piccola violazione (pagheremo quella sanzione) rafforza la credibilità nel negare la maggiore (no, non abbiamo distribuito utili occulti). Riconoscere la realtà ove evidente (sì, siamo scesi al 28% di svantaggiati per 3 mesi, ce ne scusiamo e rimedieremo) e al contempo far valere le proprie ragioni sul nucleo (ma restiamo un soggetto mutualistico, quell’infrazione non giustifica la vostra reazione eccessiva). – Mostrarsi collaborativi e di buona fede: i giudici e le autorità percepiscono quando un ente è genuinamente orientato al bene vs quando è un guscio vuoto. Un giudice può essere più indulgente verso una coop sociale che dimostra di aver beneficiato 50 famiglie di disabili, anche se ha sbagliato qualche modulo fiscale, rispetto a una finta coop che sfrutta lavoratori. Dunque, evidenziare sempre l’impatto sociale positivo che la cooperativa genera, come contesto. Ad esempio, in un ricorso TAR contro lo scioglimento, allegare attestati o articoli che mostrano le attività sociali svolte sul territorio può dare un substrato emotivo e valoriale alla vostra difesa legale. – Citare fonti istituzionali autorevoli: come richiesto, abbiamo incluso riferimenti a leggi e sentenze di alto livello. Farlo anche negli atti: inserire in un ricorso passaggi testuali di Cassazione o della Corte Costituzionale calzanti. Un giudice di merito potrebbe non conoscere quell’ultima pronuncia: portargliela all’attenzione è compito del difensore. Ad esempio, se difendete contro sanzione per vigilanza, citate brani di Corte Cost. 116/2025 sulla cooperazione come “forma avanzata di impresa in sistemi evoluti” e sull’obbligo di mezzi idonei per incrementarla , per far comprendere la serietà di ciò di cui si discute.
Passiamo ora a schemi di atti difensivi essenziali.
Di seguito forniremo dei modelli generali in linguaggio semplice (non formule complete, ma tracce) di come impostare vari tipi di ricorsi/opposizioni. Andrebbero poi adattati al caso concreto e integrati con gli articoli e motivi specifici.
a) Ricorso tributario contro Avviso di Accertamento (Commissione/CGT) – Schema:
- Ricorrente: Cooperativa Sociale XYZ, CF…, in persona del legale rappresentante pro tempore Sig… elettivamente domiciliata presso l’avv. … (difensore), PEC…, Codice fiscale avv…;
- Resistente: Agenzia Entrate – Ufficio di …, indirizzo PEC…
- Atto impugnato: Avviso di accertamento n… notificato in data …, anno d’imposta …, IRES, IRAP, IVA (specificare imposte).
- Valore della lite: … (somma di imposte + sanzioni, indicare per contributo unificato).
- Fatti: descrivere la natura della cooperativa (tipo A/B, iscrizioni, attività svolte), il controllo subito (es. “in data… la Gdf eseguiva verifica, poi l’AE notificava avviso contestando…”), i punti salienti della pretesa (es. “recupero a tassazione di €…, negando esenzione utili ex art…, irrogando sanzione del 100% per infedele dichiarazione”).
- Motivi di ricorso (diritto):
- Violazione di legge (art… TUIR, 381/91) e difetto di presupposto: erroneo disconoscimento della qualifica di cooperativa a mutualità prevalente. – Spiegare che la coop aveva i requisiti mutualistici (citando bilanci, percentuali soci) e che l’Ufficio ha applicato arbitrariamente la normativa delle società di capitali. Richiamare prassi se utile (ris. AE…).
- Travisamento dei fatti su presunti utili extra-bilancio e carenza di prova: – Argomentare che i rilievi su movimenti bancari non provano ricavi occulti perché riconducibili a… (es: finanziamenti soci, documentati da…). Richiamare Cass. in tema di onere della prova a carico dell’Ufficio se vuole applicare presunzioni (Cass…).
- In subordine, rideterminazione delle sanzioni per obiettiva incertezza/natura cooperativa: – Se opportuno, chiedere riduzione sanzioni ex art. 6 co.2 D.Lgs.472/97 (incertezza normativa).
- Richiesta: annullare integralmente l’accertamento impugnato, o in subordine rideterminare il reddito imponibile come da prospetti allegati (se state rifacendo i calcoli) e ridurre le sanzioni, con vittoria di spese. Istanza di sospensione: “si chiede altresì la sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato ex art.47 D.Lgs.546/92 attesa la fondatezza del ricorso (si vedano gli elementi documentali prodotti) e il pregiudizio grave derivante dall’esecuzione (esposizione debitoria di importo eccedente il patrimonio sociale, con rischio cessazione attività di pubblica utilità svolte dalla cooperativa ricorrente)”.
- Documenti allegati: visura camerale, statuto sociale, bilanci 20XX-20XY, verbale verifica Gdf (se notificato), estratti conto, elenco soci svantaggiati con certificazioni, ecc., atti impugnati.
b) Ricorso (opposizione) contro avviso di addebito INPS (Tribunale Lavoro) – Schema:
- Ricorrente/opponente: Cooperativa Sociale XYZ (dati) + eventuale coobbligato se l’opposizione la presenta anche un socio o amministratore per responsabilità solidali. Difesa: avv…
- Resistente/opposto: INPS – Sede provinciale di…, via…, PEC…
- Atto impugnato: Avviso di Addebito n… emesso da INPS il … per importo €… relativo a contributi previdenziali periodo …, notificato il… (allega).
- Oggetto: Opposizione ex art. 24 D.Lgs. 46/99 e art. 6 co.5 D.L. 78/2010 conv.L.122/2010 (norme sull’avviso come titolo esecutivo).
- Fatti: La cooperativa descrive il contesto: es. “a seguito di verbale ispettivo del …, INPS ha iscrittto a ruolo differenze contributive asseritamente dovute per… (es: minimali contributivi su retribuzioni)”. Se c’era diffida: “la cooperativa non ha potuto adempiere entro il termine per difficoltà finanziarie/ perché contestava la fondatezza; l’INPS ha dunque emesso avviso per €… (contributi+aggi)”.
- Motivi:
- Inesistenza parziale del credito per errata applicazione del minimale contributivo: – spiegare che la retribuzione corrisposta non era inferiore ai minimi come sostenuto dall’INPS. Esempio: “L’INPS assume quale CCNL di riferimento quello del Commercio, ma la cooperativa applicava legittimamente il CCNL Cooperative Sociali poiché l’attività era inserimento lavorativo con mansioni socio-educative; tale contratto è sottoscritto da OO.SS. comparativamente più rappresentative nel settore di riferimento della ricorrente (cooperative sociali), come attestato dal Ministero del Lavoro nei decreti di rappresentatività. Dunque il minimale da considerare è quello di detto CCNL, rispetto al quale le retribuzioni erano allineate. L’INPS ha erroneamente calcolato differenze su base CCNL Commercio, inapplicabile. Ciò comporta l’insussistenza del credito accertato” (cita Cass. 4253/2023 per affermare il principio dei minimali, ma sottolinea che qui era rispettato se riferito al giusto CCNL).
- Insussistenza della natura di appalto illecito e conseguente non debenza di contributi come utilizzo diretto: – ad es., se l’INPS vi chiede contributi equiparando i lavoratori come dipendenti di un terzo, contestate sostenendo che l’appalto era genuino: “I lavoratori erano diretti e retribuiti dalla cooperativa, che forniva attrezzature e assumeva rischio. Nessun rapporto di subordinazione è intercorso con la ditta appaltante. Pertanto non è dovuto alcun contributo ulteriore alla gestione XXX (somministrazione) né l’INPS poteva iscrivere a ruolo somme in base all’art. 4 L. 92/2012 (sanzione per intermediazione) in mancanza di accertamento definitivo dell’illecito, peraltro insussistente.” [Questo è un punto tecnico, ma serve se l’INPS ha addebitato contributi come se foste agenzia].
- In subordine, eccessiva onerosità delle sanzioni civili e richiesta di riduzione: – spiegare che la cooperativa opera in settore no-profit, ha finalità sociali, e un cumulo di interessi e sanzioni del 40% annuo la devastano; chiedere al giudice di ridurre le sanzioni civili al minimo (il giudice può applicare principio di equità nelle sanzioni civili ex art. 116 co. 15 L.388/2000 se ci sono gravi motivi).
- Richiesta: annullare l’avviso di addebito n… in toto, o limitatamente a €… (specificare se alcune poste non si contestano), con vittoria di spese. Eventualmente, chiedere sospensione immediata dell’esecutorietà ex art. 5 co. 2 D.Lgs. 149/2015 (nel rito lavoro si può chiedere sospensione motivata se grave pregiudizio).
- Allegati: Verbale ispettivo, avviso impugnato, CCNL applicato (testo), buste paga e attestazioni pagamenti contributi effettuati, eventuali perizie su mansioni e contratti.
c) Ricorso/Reclamo contro sentenza dichiarativa di fallimento (Liquidazione Giudiziale) – Schema breve:
- Ricorrente/Reclamante: Coop Sociale XYZ (dati) rappresentata da…;
- Resistente: Curatore Fallimentare di XYZ / creditore istante Sig… / Pubblico Ministero (se PM aveva chiesto).
- Provvedimento impugnato: Sentenza Tribunale di … n… del … che ha dichiarato apertura liquidazione giudiziale (fallimento) di Coop XYZ.
- Giudice adìto: Corte di Appello di … (ai sensi art. 18 RD 267/42 o art. 51 CCII).
- Istanza di sospensione: data la natura dell’impresa sociale e l’illegittimità del fallimento, chiediamo sospendere subito l’esecuzione della sentenza impugnata (per permettere prosecuzione attività urgentissime svolte).
- Motivi di reclamo:
- Violazione di legge – Art. 14 D.Lgs. 112/2017: la cooperativa reclamante è iscritta all’Albo nazionale cooperative sociali n…, dunque impresa sociale ex lege . L’art. 14 cit. dispone l’assoggettamento alla LCA in caso di insolvenza, escludendo il fallimento. Il Tribunale ha omesso di applicare tale norma speciale sopravvenuta, incorrendo in violazione di legge. La Cassazione ha chiarito (Cass. 33280/2023) che dopo la riforma del Terzo Settore le coop sociali non sono più fallibili .
- In subordine, insussistenza dello stato di insolvenza: (se volete contestare anche il merito) – affermare che la cooperativa, pur in crisi, aveva proposto ai creditori un piano di rientro, che l’attivo (crediti verso enti pubblici) è maggiore del passivo esigibile nel breve, ecc. e che la sentenza è affetta da valutazione frettolosa dei presupposti.
- Richiesta: in via principale revocare la sentenza dichiarativa, dichiarando la non assoggettabilità di Coop XYZ a liquidazione giudiziale e il conseguente ripristino in bonis ; in subordine, annullare la sentenza per difetto dei presupposti di insolvenza. Condannare eventualmente il creditore istante alle spese del grado (anche ciò è stato fatto in Ct. App. Catania 2025, rilevando la colpa del creditore istante ).
- Allegati: visura e certificato cooperativa attestante settore sociale, bilanci ultimi, documenti su crediti verso PA (a dimostrazione che insolvenza forse non c’era o era temporanea).
d) Memoria difensiva al Ministero (post revisione negativa) – Schema:
- Oggetto: Osservazioni della Cooperativa Alfa in relazione al verbale di revisione del … e alla comunicazione di avvio procedimento ex art. 7 L.241/90 per eventuale scioglimento.
- Alla Cortese Att.ne: Ministero MIMIT – Direzione Vigilanza Enti Cooperativi, PEC…
- Testo:
- Riferirsi al verbale e ringraziare per l’opportunità di presentare memorie. Es: “Facciamo seguito al verbale di revisione disposto dall’Ufficio Regionale del … e notificato il …, nonché alla Vs. nota prot… del … (avvio procedimento ex art. 12 d.lgs.220/02)”.
- Contestazione 1: “Mancato deposito dei bilanci 2020-21” – La cooperativa riconosce di aver omesso tali depositi per difficoltà tecniche legate al cambio di consulente e problematiche Covid. Alleghiamo i bilanci ora approvati e depositati (allegato A e B), chiedendo di tenerne conto. In base alla recente sentenza Corte Cost. 116/2025, la sanzione dello scioglimento immediato sarebbe eccessiva in casi del genere ; abbiamo comunque sanato l’adempimento, per cui invitiamo l’Autorità a non procedere oltre.
- Contestazione 2: “Mancato raggiungimento 30% svantaggiati nel 2021” – Spiegare che a causa di lockdown e riduzione attività, alcuni lavoratori svantaggiati sono usciti e la coop ha tenuto in organico personale non svantaggiato per garantire i servizi minimi. Ora però (2023) la percentuale è stata ripristinata al 35% con nuove assunzioni (elenco nominativo allegato C con categorie e certificati). Quindi la cooperativa ha già corretto la deviazione, che è stata temporanea e involontaria. L’obiettivo mutualistico permane – citare magari Cass. 10506/2012: l’ampliamento temporaneo della platea svantaggiati via norma regionale (anche se poi cassata) fu in quel caso segno della volontà di includere, non di escludere . Nel nostro, abbiamo comunque rimediato.
- Contestazione 3: “Distribuzione indiretta di utili a soci mediante remunerazione amministratori eccedente limite” – Argomentare che i compensi al CDA (se contestati) erano comunque entro limiti di legge (se difendibile, dire: tot € all’anno, proporzionati all’attività). Se effettivamente eccedevano, proporre rimedio: “l’assemblea dei soci si impegna a ridurre i compensi e riportarli nei limiti, e i consiglieri restituiranno l’eccedenza a riserva indivisibile” – questo sarebbe un atto di buona volontà fortemente consigliato per evitare lo scioglimento. Sottolineare che la coop non ha finalità speculative e tale irregolarità, frutto di valutazione erronea, è stata compresa e verrà sanata.
- Richiesta finale: La cooperativa chiede dunque di archiviare il procedimento sanzionatorio in corso, avendo ottemperato alle prescrizioni derivanti dalla revisione e rimosso le irregolarità riscontrate. In subordine, qualora l’Autorità ritenga comunque di dover intervenire, si chiede di voler privilegiare una misura meno gravosa quale la nomina di un commissario ad acta per specifici adempimenti (in linea con la pronuncia della Corte Costituzionale n.116/2025) , anziché il provvedimento di scioglimento, che appare allo stato non proporzionato.
- Ringraziare per l’attenzione, restare a disposizione per chiarimenti, etc.
- Allegati: Bilanci depositati, elenco lavoratori svantaggiati e certificazioni, verbali assemblea su compensi, etc.
e) Opposizione a decreto ingiuntivo (fornitore) – Schema breve:
- Proporla in Tribunale ordinario se un creditore (es. fornitore) vi notifica un decreto ingiuntivo.
- Motivi possibili: contestare il credito (merce non conforme, fatture non dovute, prescrizione breve se interessi usurari, etc.), oppure chiedere termini di grazia ex art. 186-bis cpc (fino 6 mesi per cooperative per gravi motivi, facoltà del giudice).
- Mettere eventualmente come Nota: la cooperativa, ente del terzo settore, sta attraversando difficoltà e ha avviato trattative, quindi chiede al giudice una sospensione per tentare composizione negoziata con il creditore, ecc.
- Richiesta: revoca ingiunzione o concessione termine di grazia per pagare (il giudice può concederlo una volta, se c’è ragione, specie a coop che eroga servizi essenziali, richiamare analogia art. 55 DL 18/2020 che durante Covid sospendeva esecuzioni su strutture socio-sanitarie).
Ogni modello va poi integrato con riferimenti specifici e adattato. Importante è non trascurare gli aspetti formali: notifiche via PEC dove obbligatorio, firma digitale, procura alle liti in calce, pagamento contributi unificati (non esenti di default, solo nel lavoro il CU è ridotto se meno di 50k).
Domande frequenti (FAQ)
D1: Una cooperativa sociale può essere dichiarata fallita dal Tribunale?
R: No, in base alla normativa vigente una cooperativa sociale (essendo impresa sociale di diritto) non è soggetta a fallimento (liquidazione giudiziale) ma solo a liquidazione coatta amministrativa . Ciò vale anche se svolge attività commerciale: la riforma del 2017 ha escluso la procedura concorsuale ordinaria in favore di quella amministrativa . Ad esempio, Cassazione ha annullato sentenze di fallimento di coop sociali proprio perché emanate in violazione di tale principio . Dunque, se un creditore presenta istanza di fallimento contro una coop sociale, il legale rappresentante potrà eccepire l’inammissibilità, e il tribunale dovrà rigettare. In caso di erronea dichiarazione di fallimento, la cooperativa potrà reclamare in appello e far valere l’art. 14 d.lgs.112/2017 per ottenere la revoca .
D2: I soci di una cooperativa sociale rispondono con il proprio patrimonio dei debiti sociali?
R: Normalmente no. Le cooperative sociali sono costituite quasi sempre nella forma di cooperativa a responsabilità limitata (o SPA cooperativa), quindi i soci cooperatori non rispondono personalmente delle obbligazioni sociali, limitando il loro rischio al capitale conferito (la quota sociale) . Anche i soci lavoratori, in caso di insolvenza della coop, non devono farsi carico dei debiti verso terzi: anzi, essi stessi diventano creditori privilegiati per le retribuzioni non pagate . Fanno eccezione situazioni particolari: – Soci sovventori o finanziatori: se hanno sottoscritto azioni o strumenti finanziari, rischiano di perdere quanto investito (ma non oltre). – Responsabilità per atti illegali: se un socio (specie se amministratore) ha compiuto atti illeciti, potrebbe rispondere personalmente verso terzi (ad es., socio amministratore che non versa le ritenute fiscali può avere responsabilità penale e civile). – Recesso o esclusione recente: in linea teorica, i soci usciti possono rispondere per le obbligazioni sorte prima dell’uscita fino a 2 anni (similmente alle SNC). Tuttavia, nelle cooperative a rl questa evenienza non è prevista espressamente come nelle società di persone, dunque non si applica la responsabilità post-uscita. In sintesi, il patrimonio della cooperativa è separato da quello personale dei soci. Quindi, se la coop ha debiti (verso Fisco, banche, fornitori), saranno escussi i beni sociali; i soci non devono pagarli di tasca propria, salvo abbiano fornito garanzie personali (es. fideiussioni bancarie per mutui, molto comuni nel caso di presidenti di coop a garanzia di finanziamenti: in tal caso, come garanti, rispondono).
D3: Quali sanzioni rischia una cooperativa sociale che “abusa” delle agevolazioni fiscali?
R: Se la cooperativa non rispetta i requisiti per le agevolazioni fiscali (es. mutualità prevalente, limiti di lucro) le conseguenze principali sono: – Decadenza dai benefici tributari: l’Agenzia delle Entrate può recuperare le imposte non pagate applicando il regime ordinario alle annualità contestate. Ad esempio, se una coop perde mutualità prevalente in un esercizio, quell’anno pagherà IRES piena (24%) su tutto l’utile anziché fruire dell’esenzione parziale . Oppure, se ha distribuito utili ai soci oltre i limiti, quei dividendi verranno tassati. – Sanzioni amministrative tributarie: per dichiarazione infedele (omessa indicazione materia imponibile) fino al 90%-180% dell’imposta dovuta. Se c’è intenti evasivo, anche sanzioni penali (dichiarazione fraudolenta se si sono usati artifici). – Interessi: maturano sulle imposte dovute dal giorno in cui andavano versate. – Rischio di revoca agevolazioni future: l’Agenzia può segnalare la coop come “non prevalente”, quindi finché non recupera lo status, dovrà pagare le imposte come società ordinaria. – Eventuale scioglimento per atto d’autorità: qualora l’abuso sia sintomo di venir meno del carattere mutualistico (es. cooperativa in mano a pochi che si spartiscono utili in nero), il Ministero potrebbe procedere a liquidazione coatta . Non è una sanzione tributaria ma societaria, tuttavia spesso deriva dall’emersione di abusi gravi (specie se c’è condanna per reati fiscali gravi). In pratica, “abusare” delle agevolazioni fa perdere quei vantaggi e può portare a pagare il doppio: le imposte evitate + sanzioni salate . Un caso paradigmatico: una cooperativa aveva nascosto utili in nero e li aveva fatti figurare come ristorni ai soci – scoperta, ha dovuto pagare le imposte su quegli utili e i soci “amministratori” hanno avuto accertamenti personali (la Cassazione ha ritenuto applicabile la presunzione di distribuzione utili occulti anche alle coop, ma solo ai soci che le controllano ). Dunque, il danno è sia per la società che per i soci gestori. Inoltre, l’Erario può escludere la coop da future agevolazioni se recidiva.
D4: In caso di verifica fiscale, la Guardia di Finanza può ritenere fittizia la natura di cooperativa e tassarla come società di capitali?
R: Sì, può succedere. Se la GdF (o l’Agenzia) rileva che la cooperativa in realtà opera come un’impresa a scopo di lucro senza alcun rispetto della mutualità (ad esempio soci fittizi, vantaggi solo a uno, nessun ristorno né partecipazione dei soci), può redigere un verbale proponendo di disconoscere la qualifica cooperativa e di conseguenza negare tutte le relative agevolazioni . Questo approccio si basa sul concetto di abuso del diritto: la forma cooperativa è usata strumentalmente per risparmiare tasse. In alcuni casi, specie nel settore edilizio e immobiliare, ciò è avvenuto: cooperative edilizie usate da costruttori per pagare meno imposte sui terreni, poi trattate fiscalmente come società di costruzione (Cass. n. 8140/2011, ad esempio, ha confermato riprese su coop edilizia che non rispettava requisiti) . La cooperativa, a fronte di ciò, dovrà difendersi provando la sostanza mutualistica reale. Ma se davvero la coop è una scatola vuota (es. soci solo sulla carta, niente assemblee, servizi venduti a non soci al 100%, utili occultamente girati all’amministratore), la difesa è difficile e verterà solo su aspetti procedurali (vizi formali del accertamento) o sul chiedere sanzioni ridotte per collaborazione. Viceversa, se la coop può mostrare anche un minimo di attività mutualistica (es. qualche beneficio ai soci c’è stato, i soci esistono e hanno votato, ecc.), allora può contestare la ricostruzione del Fisco. Si può portare in aiuto il principio sancito dalla Corte di Giustizia UE secondo cui un ente è cooperativa genuina se soddisfa certe caratteristiche (partecipazione dei soci alla governance, scambi mutualistici personali) . Se la coop mostra di avere quei caratteri, non può essere trattata come società ordinaria. In definitiva, la GdF può contestare la natura fittizia, ma spetterà poi al giudice tributario decidere se effettivamente lo era. E la cooperativa avrà modo di difendersi esponendo i fatti (è cooperativa non perché lo dice solo lo statuto, ma perché in concreto i soci hanno beneficiato di X, Y, Z). È quindi importante, durante la verifica, fornire ai militari elementi concreti della vita mutualistica (verbali, elenco soci e loro ruolo, vantaggi mutualistici concessi, ecc.) per convincerli che l’ente non è fittizio.
D5: Che succede se una cooperativa sociale non deposita i bilanci per alcuni anni?
R: Il mancato deposito dei bilanci al Registro delle Imprese è un grave inadempimento per una società. Per le cooperative, fino a poco tempo fa, ciò poteva comportare la liquidazione coatta amministrativa d’ufficio. Precisamente, l’art. 12 D.Lgs. 220/2002 permetteva al Ministero, se la coop si sottraeva alla vigilanza (e il non depositare bilanci era interpretato come tale), di disporne lo scioglimento per atto d’autorità. Molte cooperative inattive venivano sciolte così (specie se non rispondevano alle revisioni biennali). Ora, con la sentenza della Corte Costituzionale n. 116/2025, questa prassi è stata dichiarata illegittima: non basta la mancata cooperazione formale (tipo non aver depositato bilanci o non aver risposto a lettere) per sciogliere subito una coop . Bisogna prima nominare un commissario che faccia quegli adempimenti e verificare se davvero la cooperativa non ha più finalità mutualistiche . Quindi, adesso se la coop non deposita i bilanci: – Riceverà solleciti dalla Camera di Commercio e dalla Vigilanza. – Se persiste, la Vigilanza può nominare un commissario perché li faccia depositare. – Solo se dopo questo intervento la coop rimane inadempiente o comunque risulta inattiva/morta, si potrà procedere a scioglimento. In ogni caso restano le sanzioni amministrative per omesso deposito bilanci (pecuniarie a carico degli amministratori, art. 2630 c.c., fino a circa €2.000 per bilancio omesso). Inoltre, la mancata pubblicità dei bilanci può far presumere al Fisco che la coop non operi o nasconda qualcosa. Dunque, il consiglio è: depositare sempre i bilanci, anche se in ritardo; se non si hanno dati perché inattiva, depositare bilancio zero lo stesso, o una situazione patrimoniale. Se già siete incorsi nel provvedimento di scioglimento, con la nuova sentenza potete impugnarlo: la Corte ha detto che quello automatica è incostituzionale . Quindi si può chiedere la revoca del decreto di scioglimento, offrendo di ottemperare subito (magari il giudice o il Ministero accoglieranno, trasformando lo scioglimento in commissariamento ad acta per depositare i bilanci e poi restituire la coop ai soci). È una situazione in evoluzione post-sentenza.
D6: Una cooperativa sociale può partecipare a gare d’appalto pubbliche come una normale impresa?
R: Sì, le cooperative sociali possono partecipare alle gare pubbliche al pari di qualsiasi impresa. L’unica eccezione riguarda appalti riservati ad altre categorie (es. riservati a disabili ex art. 52 D.Lgs. 36/2023, ma in genere la coop può rientrarvi se rispetta requisiti). Anzi, le coop sociali hanno la possibilità di usufruire di appalti riservati (art. 61 nuovo Codice) quando la stazione appaltante li prevede, concorrendo dunque in ambito protetto . Possono anche costituirsi in ATI (raggruppamenti) con altre imprese, sociali o no, se il bando lo consente. Devono però soddisfare i requisiti richiesti (capacità tecniche, economiche). In passato c’era confusione sul fatto che alcune coop sociali fossero ONLUS e le ONLUS non potevano svolgere attività diverse da quelle istituzionali: ma le coop sociali, pure se ONLUS di diritto, potevano comunque partecipare ad appalti coerenti col loro oggetto sociale (es. una coop sociale tipo A poteva partecipare a gara per gestione asilo nido, legittimamente). Oggi con gli ETS, il principio è simile. Quindi nessun problema generale. Tuttavia, bisogna considerare alcune cautele: – Certificazione qualità e altri requisiti: le coop sociali devono dotarsi, per molti servizi (es. sanitari, assistenziali), di autorizzazioni e accreditamenti regionali, e spesso di certificazioni di qualità UNI EN ISO. Questo non è diverso da altre imprese, ma è essenziale non trascurarlo per non essere escluse. – Iscrizioni ad Albi: per esempio, iscrizione al Registro Regionale delle coop sociali, o albo fornitori MEPA, ecc., se previsti come obbligatori nella lex specialis. – CCNL in offerta economica: importante: se una coop sociale fa offerta in una gara (soprattutto di servizi ad alta intensità di manodopera), deve applicare il CCNL “comparativamente più rappresentativo” per quelle prestazioni, altrimenti l’offerta è considerata anomala. La Cassazione ha chiarito che non potete sfruttare un CCNL meno costoso improprio in quel contesto . Quindi nella fase di gara va indicato il contratto applicato al personale e deve essere quello corretto: es. se appalto pulizie, direte CCNL Multiservizi, non CCNL coop sociali (a meno che nel capitolato stesso lo ammettano perché la finalità è l’inserimento). In sostanza, sì, potete partecipare a tutte le gare compatibili con il vostro scopo, anche fuori dal territorio originario (nessun vincolo territoriale per le coop sociali). E potete competere anche con imprese for profit. In alcune gare, anzi, avrete punteggi premiali: ad esempio, molti capitolati assegnano punti extra a offerte che prevedono l’impiego di una percentuale di persone svantaggiate (che voi già avete nel personale) o a imprese che abbiano certificazione di responsabilità sociale. Sfruttate questi punti di forza nelle offerte tecniche, mettendo in luce la vostra mission (purché pertinente al servizio da svolgere).
D7: È vero che le cooperative sociali di tipo B possono ricevere affidamenti diretti sotto soglia senza gara?
R: Sì, entro certi limiti e condizioni. La Legge 381/1991 all’art. 5, comma 1, stabilisce che gli enti pubblici (anche locali) possono stipulare convenzioni con cooperative di tipo B senza gara per la fornitura di beni o servizi diversi da quelli socio-sanitari ed educativi (che sono campo delle tipo A) di importo inferiore alla soglia comunitaria, purché finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate . In pratica, fino alla soglia UE (circa 215.000 € per servizi nel 2025), un Comune o altro ente può affidare direttamente (o con procedura negoziata semplificata) un servizio a una coop sociale B. Ad esempio, manutenzione del verde pubblico per 100.000 € l’anno, con la clausola che la cooperativa impieghi almeno il 30% di lavoratori svantaggiati nel servizio. Questo è legittimo in base alla legge nazionale speciale. Tuttavia: – La PA deve comunque rispettare i principi di trasparenza e parità: come ricordato, giurisprudenza e linee ANAC raccomandano almeno un confronto tra più coop sociali (es. invitare tutte quelle iscritte all’albo provinciale a presentare un progetto e scegliere la migliore) . Un affidamento totalmente discrezionale a una sola coop, senza motivo, può essere impugnato da altre coop escluse o da imprese se ritengono quell’appalto non rientrasse davvero in art.5. – Deve essere garantito che l’affidamento serva allo scopo di inserimento lavorativo. Quindi l’ente stipulerà una convenzione in cui la coop si impegna a mantenere la quota di svantaggiati e magari a farli crescere professionalmente. In conclusione, sì è vero, ma non è un diritto automatico della cooperativa: è una facoltà discrezionale dell’ente pubblico. La cooperativa interessata può sollecitare l’ente (es: “Comune, perché non fai una convenzione con noi per la gestione del verde? Ti costerà uguale ma darai lavoro a 5 disabili locali”). Molti comuni, per semplificarsi la vita e promuovere politiche sociali, lo fanno. Se però il Comune non vuole, la cooperativa non può obbligarlo – dovrà partecipare alla gara se la indice.
D8: Cosa fare se l’INPS contesta che la cooperativa ha pagato i soci lavoratori sotto i minimi contributivi?
R: L’INPS, come visto, può pretendere i contributi sui minimi tabellari anche se la coop ha retribuito di meno . Se ricevete un verbale in tal senso: – Verificate il CCNL di riferimento: L’INPS potrebbe aver usato un contratto diverso. Se voi applicavate un CCNL legittimo e i minimi erano diversi, contestate argomentando quale sia il contratto giusto e perché (campo di applicazione). Portate anche eventuali accordi sindacali aziendali se integrano il trattamento. – Calcolate le differenze: quantificate quanto chiede l’INPS e se effettivamente avete pagato meno di quanto previsto dal vostro CCNL. A volte succede per errore contabile o interpretativo (es: avete escluso una voce dall’imponibile ritenendola non soggetta, ma invece doveva esserlo). Se l’errore c’è, valutate se pagare subito per ridurre sanzioni. – Difesa legale: come nel caso prima, in sede di ricorso al giudice del lavoro si potrà sostenere che “le disposizioni sul minimale contributivo (L. 389/1989) vanno coordinate con quelle sull’imponibile contributivo (L.153/1969) e con il CCNL applicato: nel caso di specie la cooperativa ha rispettato i minimi previsti dal contratto collettivo di settore, e la diversa qualificazione operata dall’INPS è errata”. Cass. 16238/2023 ha proprio distinto tra base imponibile e minimale, confermando che il minimale è dato dalla retribuzione dovuta secondo contrattazione collettiva più rappresentativa . Quindi tutto ruota su quale contrattazione è da considerare: il vostro avvocato potrà portare elementi (ad es. dire: la nostra coop edile aderisce a Confcooperative e applica CCNL cooperative edilizia firmato dalle maggiori centrali e Fillea CGIL, quindi è sicuramente tra quelli “più rappresentativi”; l’ispettore invece ha preteso di applicare CCNL industria edile, ma ciò non è corretto in un rapporto associativo). Se il giudice vi dà ragione sul contratto, allora niente diffenze. Se invece risultate aver pagato sotto i minimi anche del CCNL cooperative sociali, allora perderete la causa: la legge non consente eccezioni (il contributo va calcolato almeno sul minimo legale) . In tal caso, l’unica possibilità è chiedere clemenza sulle sanzioni o una dilazione. – Prevenire in futuro: adeguate subito le retribuzioni dei soci lavoratori ai minimi contrattuali in modo da non accumulare altri debiti contributivi. Spesso le cooperative sotto pressione economica riducono orario o paga ai soci per far quadrare i conti – ma poi arriva l’INPS e presenta il conto con interessi. Meglio trovare altre efficienze che toccare i minimi salariali.
D9: Quali documenti è bene conservare per difendersi in caso di contestazioni?
R: Consigliamo di tenere un archivio ordinato dei seguenti documenti, perché spesso fanno la differenza in giudizio: – Libri sociali (Libro soci, verbali assemblee e CdA): per dimostrare la regolare vita sociale e deliberazioni su utili, ristorni, ecc. – Regolamento interno per i soci lavoratori (obbligatorio per L.142/2001): da esibire per provare che la coop rispettava procedure di ammissione soci, criteri di lavoro, etc. – Elenco lavoratori svantaggiati certificati con relative certificazioni (dai servizi sociali, commissioni ASL, UEPE per ex detenuti, ecc.): in caso di verifica su requisiti L.381, avrete prova pronta di chi era svantaggiato e perché. – Contratti di lavoro e buste paga dei soci lavoratori: per far vedere trattamenti e CCNL applicato (es. se contestano che pagavate poco, potrete mostrare che pagavate secondo un contratto depositato). – Schede progetti di inserimento per i soci svantaggiati: se predisponete, ad es., un piano formativo per ogni socio svantaggiato (non obbligatorio, ma best practice), documenta l’impegno reale all’integrazione. – Situazioni contabili analitiche: ad esempio, prospetti di calcolo della mutualità prevalente (ex art. 2513 c.c.) da inserire in Nota Integrativa. Se poi l’AdE contesta prevalenza, potete mostrare che nei bilanci era attestata regolarmente (magari contestano il criterio, ma intanto avete mostrato trasparenza). – Corrispondenza con enti pubblici su convenzioni: se operate con PA, tenete scambi di lettere/email in cui magari l’ente riconosce la finalità sociale, ecc. Potrà servire se la convenzione viene messa in dubbio: dimostrerete che l’ente era consapevole e vi ha scelto proprio per l’inserimento (tagliando la tesi del ricorrente di favoritismi). – Perizie terze o attestazioni: ad esempio, una certificazione di impresa sociale rilasciata dal Registro imprese, o attestato di iscrizione al RUNTS. O una perizia giurata sul valore di un bene assegnato a socio (nel caso di coop edilizie, Cassazione ha detto che l’assegnazione di alloggio al socio a prezzo di costo non genera utile tassabile , soprattutto se supportato da perizia). Quindi, se la vostra cooperativa assegna beni o eroga ristorni, fatevi seguire dal vostro commercialista per quantificare correttamente e fate deliberare tutto regolarmente: in caso di accertamento, esibirete delibere e relazioni tecniche che difendono quei numeri. In generale, la trasparenza è la miglior difesa. Ogni operazione “sensibile” (utili, compensi amministratori, transazioni con parti correlate) va messa a verbale e motivata. Così, all’occorrenza, potrete giustificarla come fatta nell’interesse della cooperativa e non per favoritismi. E se comunque l’autorità la sanziona, almeno eviterete l’accusa di occultamento.
D10: Si possono distribuire utili ai soci di una cooperativa sociale?
R: Formalmente sì, ma nei limiti strettissimi posti dalla legge; sostanzialmente quasi mai conviene farlo. Le cooperative (sociali incluse) a mutualità prevalente devono rispettare: – Dividendo non oltre il 2,5% sopra il rendimento dei buoni postali fruttiferi (in pratica dividendi simbolici, di solito < 5% annuo del capitale versato). – Devono destinare almeno il 30% degli utili netti annuali a riserva indivisibile obbligatoria . Nelle coop sociali spesso lo statuto innalza questa percentuale anche oltre (molte destinano 100% a riserva, di fatto zero dividendi). – Devono devolvere il 3% degli utili ai Fondi mutualistici (questo non è distribuzione ma uscita di cassa obbligata, L.59/92). – Non possono distribuire riserve accumulate né in vita né allo scioglimento (vanno a fini mutualistici altrove). Perciò, se a fine anno hanno utile, prima accantonano almeno 30% a riserva, 3% ai fondi, e sul resto potrebbero deliberare un dividendo limitato. Ma attenzione: le cooperative sociali godono di esenzione fiscale sugli utili non distribuiti; se ne distribuiscono anche solo una parte, rischiano di perdere la qualifica di mutualità prevalente (soprattutto se quell’utile deriva in maggioranza da attività con terzi) e comunque pagherebbero le tasse su quella quota. Inoltre, una coop sociale che distribuisce utili ai soci potrebbe dare un segnale sbagliato – gli organi di vigilanza potrebbero guardarla con sospetto (perché remunerano tanto i soci? Non è più mutualistica?). Infatti, la maggior parte delle coop sociali non distribuisce affatto utili; li reinveste tutti per consolidare la struttura patrimoniale e migliorare i servizi (questo è in linea col loro scopo “di comunità”).
Quindi, tecnicamente sì un minimo dividendo è lecito, ma deve rispettare i tetti e soprattutto mai intaccare le riserve indivisibili. Qualsiasi distribuzione extra tetti o di riserve porterebbe: – alla perdita immediata dello status di mutualità prevalente e relative agevolazioni, – a possibili censure da parte del Ministero (che potrebbe vedere ciò come segnale di “eterodestinazione” del patrimonio e far scattare vigilanza straordinaria). In conclusione, la prassi virtuosa delle coop sociali è: niente dividendi ai soci cooperatori. Se proprio vi sono utili ingenti, li si usa per ampliare l’attività sociale o per abbassare il costo dei servizi agli utenti (se coop di consumo o di utenza) o, ancora, si possono erogare ristorni. Il ristorno non è dividendo: è la restituzione ai soci, in proporzione agli scambi mutualistici, di parte dei ricavi conseguiti grazie a loro. Esempio: i soci lavoratori possono ricevere un ristorno di fine anno commisurato alle ore lavorate, se l’utile lo consente, come “integrazione salariale”. Il ristorno è deducibile per la coop (non tassato) e fiscalmente per il socio è equiparato a reddito di lavoro. È un modo per “distribuire benefici” restando nell’alveo mutualistico puro. Ovviamente va deliberato dall’assemblea con criteri oggettivi. Molte coop sociali preferiscono questa via per premiare i soci lavoratori se c’è avanzo: è più in linea con lo spirito mutualistico e difendibile anche davanti al Fisco (la Cassazione stessa ha distinto nettamente ristorni e utili, e ha affermato che l’assegnazione di beni ai soci a prezzo inferiore al mercato in adempimento dello scambio mutualistico non genera utili tassabili ).
D11: Qual è il ruolo delle associazioni di categoria (Legacoop, Confcooperative) nella difesa di una cooperativa sociale?
R: Le principali Centrali cooperative possono dare un supporto significativo: – Assistenza nella vigilanza: Spesso il Ministero delega proprio alle Associazioni lo svolgimento delle revisioni ispettive. Aderire significa avere un revisore “amico” (non nel senso che chiude gli occhi, ma che conosce le peculiarità della cooperativa e la aiuta a capire come correggersi). Se emergono irregolarità sanabili, l’associazione aiuterà la cooperativa a mettersi in regola prima che scatti un provvedimento. – Tutela legale e sindacale: le associazioni hanno uffici legali specializzati nel diritto cooperativo e nel Terzo Settore. Possono affiancare l’avvocato della cooperativa fornendo pareri pro veritate, segnalando giurisprudenza di settore, talvolta mettendo a disposizione propri legali esperti di fronte a questioni di principio. Ad esempio, se una ASL esclude tutte le coop sociali da un bando, le Centrali potrebbero promuovere un ricorso collettivo o intervenire ad adiuvandum per sostenere le coop escluse. – Rappresentanza istituzionale: di fronte a interpretazioni restrittive di enti (Fisco, INPS), le associazioni fanno lobbying per chiarimenti normativi o prassi meno punitive. Esempio: qualche anno fa, di fronte a maxi-accertamenti INPS sulle false cooperative, l’Alleanza Cooperative ha collaborato col Ministero del Lavoro per elaborare checklist di indicatori di genuinità cooperativa. Queste linee-guida possono essere utilizzate in difesa: se la vostra coop rispetta tutti i criteri virtuosi indicati dalle Centrali, fatelo presente, la vostra reputazione ne beneficia. – Fondi mutualistici e supporto finanziario: se la cooperativa ha problemi di liquidità (magari per pagare contributi arretrati o transare col Fisco), può rivolgersi ai Fondi mutualistici (COOPFOND, Fondosviluppo…) per chiedere finanziamenti agevolati o garanzie. Risolvere il debito con un aiuto finanziario esterno può chiudere una contestazione prima che arrivi al giudice. Es: contributi non pagati – la Confcooperative interviene con un prestito per saldarli, evitando sanzioni e cause. – Formazione e aggiornamento: essere associati significa ricevere circolari informative sulle novità normative e giurisprudenziali. Sapere prima cosa cambia (es. l’uscita di una sentenza della Cassazione o di una legge di bilancio su cooperazione spurie) vi permette di adeguarvi ed evitare di cadere in infrazioni. Per es., se esce una norma che equipara soci lavoratori a subordinati a tutti gli effetti, l’associazione la diffonde e la coop potrà conformarsi prima di incorrere in sanzioni. In sintesi, l’associazione di categoria è un alleato prezioso. In caso di contestazione grave, si suggerisce di informare subito anche la propria associazione, oltre che il proprio legale, per avere sostegno sia tecnico sia politico (non di rado, una telefonata chiarificatrice tra un dirigente dell’associazione e il funzionario pubblico può appianare malintesi senza nemmeno arrivare al contenzioso).
Tabelle riepilogative
Per facilitare la comprensione, riportiamo alcune tabelle riassuntive dei punti salienti:
Tabella 1 – Agevolazioni fiscali principali per cooperative sociali vs condizioni e abusi
Beneficio fiscale | Descrizione | Condizioni/Requisiti | Rischio in caso di abuso |
---|---|---|---|
Esenzione parziale IRES utili | Utili accantonati a riserva indivisibile esenti al 100%; utili distribuiti ai soci cooperatori esenti 52% (tassati 48%) – regime per coop a mutualità prevalente . Coop sociali sono di regola prevalenti. | – Rispetto art. 2513 c.c. (prevalenza >50% con soci) <br> – Rispetto clausole 2514 c.c. (dividendi ≤ limite, riserve indivisibili, devoluzione) <br> – Corretta compilazione dichiarazione (quadro cooperatives) | – Perdita qualifica prevalente se soglia <50% 2 anni <br> – Se dividendi > limiti o riserve distribuite: perdita prevalenza immediata + tassazione utili come ordinarie Srl <br> – Se omissioni dichiarative: AdE nega esenzione (Cass. 34628/22) |
IVA agevolata o esente | – Esenzione IVA per prestazioni socio-sanitarie ed educative rese da coop sociali a determinati enti o persone (art. 10 DPR 633) <br> – IVA 5% per servizi socio-assistenziali ed educativi resi da coop sociali (art. 1 c.960 L. 145/2018) | – Prestazioni rientranti tra quelle di pubblica utilità (ad es. gestione asili, case di riposo) <br> – Soggetti destinatari convenzionati o aventi diritto <br> – Iscrizione registri (ONLUS fino 2017, ora ETS) se richiesto | – Fisco può riqualificare come operazioni commerciali imponibili se mancano requisiti (es. attività verso non aventi diritto) e chiedere IVA + interessi <br> – Sanzioni per infedele dichiarazione IVA (90%-180% imposta) |
Detassazione ristorni | I ristorni ai soci (restituzione di parte del prezzo pagato o integrazione di quanto da loro dovuto) sono deducibili dal reddito imponibile della coop (equiparati a costo) se deliberati correttamente. | – Previsti da statuto <br> – Deliberati da assemblea su risultati conseguiti con scambi mutualistici <br> – Corrisposti proporzionalmente agli scambi (acquisti fatti dal socio, lavoro prestato, conferimenti effettuati) | – Se erogazioni ai soci mascherate da ristorni ma in realtà distribuzione utili (non proporzionali agli scambi): Fisco le riprende a tassazione come utili (Cass. 9/2010) <br> – Possibile contestazione di utili extracontabili se ristorno eccede utile dichiarato |
Riduzione base imponibile IRAP | – Deduzione integrale costo del personale svantaggiato assunto da coop tipo B (art. 11 D.Lgs. 446/97 mod) <br> – Altre deduzioni per incrementi occupazionali | – Lavoratori con certificazione di disabilità o svantaggio ex L.381 assunti a tempo indeterminato o determinato ≥12 mesi <br> – Indicazione nel modello IRAP dell’agevolazione utilizzata | – In sede di controllo, se lavoratore non aveva requisiti (es. tirocinante non computabile): disconoscimento deduzione e maggiore IRAP dovuta + sanzioni <br> – Se coop perde requisiti mutualistici (diventa società di capitali di fatto): potrebbe perdere deduzioni specifiche riservate ETS/ONLUS |
Aliquote contributive ridotte | – Esonero contributi per una durata per assunzione detenuti/ex detenuti (art. 4 c.3 L.381) <br> – Sgravio 95% contributi per assunzione disabili (art.13 L.68/99, se > 80% invalidità) <br> – Riduzioni per under 36 (generali) | – Riservato a cooperative sociali tipo B per talune categorie (detenuti, internati: esonero 12 mesi rinnovabile) <br> – Assunzioni a tempo indeterminato o determinato ≥12 mesi <br> – Richiesta di fruizione con modulistica INPS e certificazioni enti competenti | – Verifiche ex-post di INPS: se soggetto non rientrava definizione (es. detenuto in semilibertà non coperto): recupero contributi pieni + sanz. civili <br> – Se rapporto interrotto prima del termine richiesto: decadenza parziale beneficio e recupero proporzionale <br> – Contestazione di “abuso” se coop assume finti detenuti (es. persone con certificati falsi): oltre a contributi, possibili denunce penali per truffa aggravata ai danni Stato. |
Tabella 2 – Strumenti di difesa e termini di impugnazione
Contestazione/Azione | Strumento di difesa | Termine | Autorità competente |
---|---|---|---|
Avviso di accertamento fiscale (AdE) | Ricorso (e istanza reclamo/mediazione se ≤50k) | 60 giorni (dalla notifica) | Corte Giustizia Tributaria I grado |
Cartella di pagamento (Agenzia Riscossione) su tributi | Ricorso (se vizi propri) oppure richiesta dilazione/piano in prevenzione | 60 giorni (vizi formali) <br>Rateazione: 60 gg (per chiedere) | CGT (vizi legali) <br>AER (dilazione amministrativa) |
Verbale di accertamento INL/INPS | Osservazioni scritte (fase amministrativa) | 30 giorni (dal verbale) | Ispettorato Territoriale Lavoro (o INPS) – fase amministrativa non contenziosa |
Diffida accertativa paghe | Adempimento integrale (pagare differenze) oppure opposizione | 30 giorni (per adempiere) <br>Opposizione giudiziale: 30 gg | Adempimento chiude procedimento <br>Opposizione: Tribunale Lavoro |
Ordinanza-ingiunzione (sanzioni amministrative es. maxisanzione lavoro nero) | Ricorso in opposizione (rito L.689/81) | 30 giorni (dalla notifica) | Tribunale (Lavoro se attinente lavoro) |
Avviso di Addebito INPS (titolo esecutivo contributi) | Ricorso in opposizione (rito lavoro) | 40 giorni (dalla notifica) | Tribunale Lavoro |
Decreto ingiuntivo ottenuto da creditore (es. fornitore) | Atto di opposizione a decreto ingiuntivo | 40 giorni (dalla notifica) | Tribunale ordinario |
Pignoramento o atto esecutivo (mobili/immobili) | Opposizione all’esecuzione (se cooperativa non è soggetto esecutato legittimato) o opposizione agli atti esecutivi (vizi formali) | 20 giorni (atto esecutivo) <br>Oppos. esecuzione: entro primo atto difesa utile | Giudice Esecuzione (Tribunale) |
Sentenza di fallimento (impropriamente emessa) | Reclamo | 30 giorni (dalla notif./pubbl.) | Corte d’Appello |
Decreto Ministero scioglimento coop | Ricorso giurisdizionale (rito abbreviato?) | 60 giorni TAR (o 30 se rito appalti, ma qui è atto societario) | TAR Lazio (in genere) |
Aggiudicazione gara d’appalto | Ricorso amministrativo (anche motivi aggiunti) | 30 giorni (dalla pubblicazione/ notifica) | TAR competente (rito appalti) |
Atto di convenzione ex art.5 L.381 (affidamento diretto) | Ricorso amministrativo (da terzi interessati) | 60 gg TAR (non rito speciale se convenzione non è appalto) | TAR competente territoriale |
(Nota: termini generali, possono variare se la notifica avviene a mezzo PEC – computo decorre da invio se PEC qualificata – e altri dettagli procedurali. Consultare normative specifiche.)
Tabella 3 – Cause comuni di contestazione e possibili difese
Contestazione | Autorità/Materia | Possibile difesa |
---|---|---|
Perdita requisiti mutualità prevalente (transazioni con non soci >50%) | Agenzia Entrate (fisco) <br>Ministero (vigilanza) | – Dimostrare prevalenza calcolata diversamente (includere lavoratori soci come costo soci, etc.) <br>– Se realmente persa, evidenziare che è episodico e già ripristinata <br>– Chiedere applicazione art. 2545-octies c.c.: perdita qualifica ≠ scioglimento coop (si resta coop “diversa”) quindi no sanzioni extra, solo fiscale |
Utili extrabilancio non dichiarati | Agenzia Entrate (accertamento) | – Contestare il metodo di ricostruzione (movimenti bancari giustificati, ecc.) <br>– Se accertati, evitare presunzione automatica distribuzione a tutti i soci: invocare Cass. 32451/22 (solo soci che controllano) <br>– Eventualmente transare su imponibile occulto per ridurre sanzioni (adesione) |
Retribuzioni ai soci-lav. sotto minimi CCNL | INPS (verbale + avviso) | – Argomentare su CCNL applicabile se diverso (vd sopra) <br>– Se in errore, pagare differenze (diffida) <br>– Migliorare da subito trattamenti per future mensilità |
Appalto di servizi sospetto di somministrazione illecita | Ispettorato Lavoro + (INPS per contributi) | – Evidenziare elementi di genuinità: propria organizzazione mezzi, direzione esercitata dalla coop (esibire ordini di servizio dati dai capisquadra coop, etc.) <br>– Mostrare contratto scritto di appalto con oggetto definito e rischio a carico coop (penali subite se inademp., ecc.) <br>– Verificare se contestazione riguarda specifici lavoratori: eventualmente regolarizzarli (assunzione diretta da parte utente con accordo) per chiudere vertenza amministrativa con diffida immediata (nuova L. 199/2016 su maxisanzione caporalato prevede possibilità di regolarizzazione spontanea mitigante) |
Cooperative inattive o non cooperative “di fatto” | Ministero (scioglimento) | – Opporsi citando Cost. 116/2025: non basta inattività formale, serve verifica sostanziale <br>– Se ancora in tempo: inviare documenti mancanti, partecipare a revisione <br>– Chiedere commissario per adempimenti in sostituzione anziché scioglimento |
Gara d’appalto persa per presunti requisiti mancanti | Stazione appaltante / TAR (ricorso) | – Se esclusi ingiustamente: raccogliere prove requisiti (es. 30% svantaggiati raggiunto per calcolo includendo contratti part-time, normative regionali…) e impugnare subito <br>– Se altro aggiudicatario non aveva requisiti riserva: impugnare aggiudicazione evidenziando difformità (es. soglia svantaggiati non rispettata) <br>– Sempre chiedere accesso agli atti per info dettagliate (fondamentale nei ricorsi appalti) |
Ritardo o mancato pagamento contributi e oneri | INPS / Agenzia Riscossione | – Chiedere rateazione al più presto (INPS concede fino 24 rate per debiti < 50k, o piani legge 3/2012 se grande esposizione) <br>– Verificare eventuali condoni o definizioni agevolate vigenti e aderire (ad es. definizione liti pendenti, rottamazione cartelle) <br>– In giudizio, se contestazione è solo per importo, valutare riconoscere il debito e chiedere termini di grazia (nel frattempo cercare fondi). |
Conclusioni
La difesa di una cooperativa sociale di fronte a contestazioni richiede un approccio multidisciplinare e approfondito. Abbiamo visto come l’ordinamento italiano preveda, da un lato, misure di favore per queste realtà (fiscali, contributive, nei contratti pubblici), ma dall’altro imponga stringenti obblighi per evitare abusi. Il punto di equilibrio è dato dalla finalità mutualistica e sociale: finché la cooperativa opera rispettandola sostanzialmente, esistono strumenti efficaci per difendersi da eventuali pretese o errori delle autorità. Al contrario, se una cooperativa trasborda nella pura logica commerciale, la legge – supportata dalla giurisprudenza – la tratta alla stregua di un soggetto profit, facendole perdere tutela.
Dal punto di vista del debitore cooperativa, è fondamentale conoscere i propri diritti speciali (come la non fallibilità , le possibilità di convenzioni con la PA ) e farli valere con determinazione, senza timore reverenziale. Allo stesso tempo, bisogna essere consapevoli dei propri doveri e ammettere eventuali mancanze, adoperandosi per sanarle prima o subito dopo la contestazione (atteggiamento collaborativo che spesso evita sanzioni più gravi).
Questa guida ha cercato di fornire un panorama completo e aggiornato alle ultime evoluzioni normative (compreso il Codice del Terzo Settore e il Codice della Crisi 2022) e giurisprudenziali (sentenze di Cassazione 2023 e Corte Costituzionale 2025) , offrendo sia riferimenti autorevoli sia consigli pratici frutto dell’esperienza. Ovviamente ogni vicenda ha le sue peculiarità: il diritto vivente in materia di cooperative è in continuo divenire, influenzato anche dalle politiche socio-economiche. Ma con i princìpi qui delineati – solidità documentale, rispetto delle procedure, attivazione tempestiva dei rimedi e orgoglio della propria missione sociale – le cooperative sociali potranno affrontare a testa alta le sfide legali, difendendo non solo la propria sopravvivenza economica, ma anche i valori di solidarietà e partecipazione che incarnano.
Fonti: Normativa italiana (Codice Civile, Leggi 381/1991, 112/2017, 117/2017 ecc.); Prassi ministeriali; Sentenze recenti di Cassazione, Corte Costituzionale, Consiglio di Stato e Corti d’Appello;
- Cassazione civile Sez. I sentenza n. 29245 del 20 ottobre 2021
- Cooperative sociali e fallimento – Sent. Cass. n. 29801/2023
- CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza n. 4253 depositata il 10 febbraio 2023 – Il principio del cosiddetto minimo retributivo imponibile, secondo cui l’importo della retribuzione da assumere come base di calcolo dei contributi previdenziali non può essere inferiore all’importo di quella che ai lavoratori di un determinato settore sarebbe dovuta in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali più rappresentative su base nazionale (c.d. retribuzione virtuale di cui alla L. n. 389 del 1989) è applicabile anche alle società cooperative, i cui soci sono equiparati ai lavoratori subordinati ai fini previdenziali
Hai ricevuto un avviso dall’Agenzia delle Entrate perché viene contestato che la tua cooperativa sociale svolge attività commerciale invece di quella istituzionale? Fatti Aiutare da Studio Monardo
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Vuoi sapere cosa rischi e come puoi difenderti da queste contestazioni?
Le cooperative sociali beneficiano di agevolazioni fiscali e contributive a condizione che svolgano prevalentemente attività di interesse generale (assistenza, inserimento lavorativo, servizi educativi, sanitari). Se l’Agenzia delle Entrate ritiene che la cooperativa operi come una normale impresa commerciale, può revocare i benefici e recuperare le imposte non pagate.
👉 Prima regola: dimostra che le attività svolte rientrano tra quelle sociali previste dalla legge e che la parte commerciale è solo accessoria o strumentale.
⚖️ Quando scattano le contestazioni
- Ricavi prevalenti da attività non sociali, tipicamente commerciali;
- Mancata distinzione contabile tra attività istituzionale e commerciale;
- Utilizzo di agevolazioni fiscali per servizi non riconducibili agli scopi sociali;
- Distribuzione occulta di utili ai soci sotto forma di compensi o rimborsi;
- Struttura gestionale assimilabile a una normale impresa lucrativa.
📌 Conseguenze della contestazione
- Perdita delle agevolazioni fiscali previste per le cooperative sociali;
- Riqualificazione della cooperativa come società commerciale;
- Recupero delle imposte non versate, con interessi;
- Sanzioni amministrative dal 90% al 180% delle imposte accertate;
- Rischio di ulteriori verifiche su bilanci e gestione patrimoniale.
🔍 Cosa verificare per difendersi
- Statuto e oggetto sociale: le attività contestate sono compatibili con la normativa sulle cooperative sociali?
- Contabilità separata: esiste distinzione chiara tra attività sociale e commerciale?
- Bilanci e verbali assembleari: evidenziano l’effettiva destinazione delle risorse?
- Contratti e convenzioni: dimostrano che i servizi offerti hanno finalità sociali?
- Motivazione della contestazione: l’Agenzia ha prove concrete o si basa solo su presunzioni?
🧾 Documenti utili alla difesa
- Statuto e atto costitutivo della cooperativa;
- Bilanci e rendiconti con contabilità separata;
- Contratti e convenzioni con enti pubblici o privati;
- Documentazione che provi l’attività di inserimento lavorativo o assistenziale;
- Comunicazioni ufficiali con l’Agenzia delle Entrate o altri enti di vigilanza.
🛠️ Strategie di difesa
- Dimostrare la natura sociale prevalente delle attività con documenti e bilanci;
- Contestare la riqualificazione come società commerciale se priva di fondamento;
- Chiarire la funzione strumentale di eventuali attività commerciali;
- Eccepire vizi procedurali: motivazione insufficiente, notifica irregolare, decadenza dei termini;
- Richiedere autotutela se le agevolazioni erano state correttamente applicate;
- Ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro 60 giorni per ridurre o annullare l’accertamento.
🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
📂 Analizza le attività contestate e la documentazione societaria;
📌 Verifica la legittimità della riqualificazione da parte del Fisco;
✍️ Predispone memorie difensive e ricorsi tributari;
⚖️ Ti assiste davanti alla Corte di Giustizia Tributaria;
🔁 Suggerisce strategie preventive per una gestione trasparente e conforme delle cooperative sociali.
🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in fiscalità delle cooperative e degli enti non profit;
✔️ Specializzato in difesa di cooperative sociali contro contestazioni fiscali e agevolazioni revocate;
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Le contestazioni dell’Agenzia delle Entrate sulle cooperative sociali accusate di svolgere attività commerciale non sempre sono fondate: spesso si basano su presunzioni o su interpretazioni restrittive.
Con una difesa mirata puoi dimostrare la natura sociale prevalente dell’attività, mantenere i benefici fiscali ed evitare pesanti sanzioni.
📞 Contatta subito l’Avv. Giuseppe Monardo per una consulenza riservata: la tua difesa contro gli accertamenti sulle cooperative sociali inizia qui.