Hai ricevuto una contestazione dall’Agenzia delle Entrate perché non hai dichiarato uno o più immobili ereditati? In questi casi, l’Ufficio presume che l’omissione sia stata finalizzata a sottrarre beni alla tassazione e procede al recupero delle imposte dovute, con applicazione di sanzioni e interessi. Tuttavia, non sempre la contestazione è fondata: spesso si tratta di errori formali, ritardi o mancata conoscenza delle regole, e il contribuente ha strumenti di difesa.
Quando l’Agenzia delle Entrate contesta l’omessa dichiarazione di immobili ereditati
– Se l’immobile non compare nella dichiarazione di successione presentata dagli eredi
– Se non è stato inserito nella dichiarazione dei redditi ai fini IMU e TASI
– Se i redditi fondiari derivanti dall’immobile (affitti o rendita catastale) non sono stati dichiarati
– Se emergono incongruenze tra i dati catastali e le dichiarazioni fiscali degli eredi
– Se l’Ufficio ritiene che l’omissione sia stata intenzionale per ridurre il carico fiscale successorio
Conseguenze della contestazione
– Recupero delle imposte di successione eventualmente non versate
– Recupero delle imposte sui redditi fondiari non dichiarati (IRPEF e addizionali)
– Applicazione di sanzioni per omessa o infedele dichiarazione
– Interessi di mora calcolati dal momento in cui l’imposta era dovuta
– Possibile avvio di accertamenti anche su altri beni ereditari non dichiarati
Come difendersi dalla contestazione
– Dimostrare che l’omissione è stata un errore formale o che l’immobile era già stato regolarmente dichiarato da altro coerede
– Presentare dichiarazioni integrative o correttive nei termini consentiti
– Produrre documentazione catastale, atti notarili e ricevute di imposte già versate
– Contestare la presunzione di dolo se si tratta di mera dimenticanza o di errore tecnico
– Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per ottenere l’annullamento totale o parziale della contestazione
Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare la dichiarazione di successione e le eventuali omissioni contestate
– Verificare la legittimità della contestazione e il rispetto dei termini di decadenza dell’accertamento
– Redigere un ricorso fondato su prove documentali e vizi dell’atto impositivo
– Difendere gli eredi davanti ai giudici tributari contro pretese fiscali indebite
– Tutelare il patrimonio ereditato da richieste sproporzionate e indebite
Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale della contestazione
– La riduzione o eliminazione delle sanzioni e degli interessi applicati
– Il riconoscimento della regolarità della successione o della buona fede degli eredi
– La sospensione delle richieste di pagamento già avviate
– La certezza di pagare solo quanto realmente previsto dalla legge
⚠️ Attenzione: il ricorso contro la contestazione deve essere presentato entro 60 giorni dalla notifica. Se non si agisce nei termini, l’accertamento diventa definitivo e non sarà più possibile opporsi.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e successorio – spiega come difendersi in caso di contestazioni per omessa dichiarazione di immobili ereditati e come tutelare i tuoi diritti.
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Introduzione
La dichiarazione di successione è un adempimento fiscale obbligatorio con cui gli eredi comunicano al fisco il patrimonio ereditario del defunto e calcolano le relative imposte (imposta di successione, imposte ipotecarie e catastali, imposta di bollo, ecc.) . In Italia, la dichiarazione va presentata entro 12 mesi dall’apertura della successione (ossia dalla data del decesso) ai sensi dell’art. 31 del Testo Unico delle Successioni (D.lgs. 346/1990) . Omettere tale dichiarazione o presentarla in modo incompleto (ad esempio omettendo di indicare uno o più immobili ereditati) espone gli eredi a contestazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate, con il recupero delle imposte dovute, l’applicazione di sanzioni amministrative e il calcolo di interessi di mora . In alcuni casi, violazioni molto gravi possono perfino sfociare in profili penali, sebbene – come si vedrà – la normativa sui reati tributari escluda generalmente la rilevanza penale dell’omessa dichiarazione di successione.
Dal punto di vista del debitore (erede), ricevere un avviso di accertamento per omessa dichiarazione successoria o per una dichiarazione “infedele” (incompleta) può risultare allarmante. Tuttavia, non sempre la contestazione è legittima: vi possono essere errori formali, omissioni non rilevanti o vizi dell’atto impositivo tali da renderlo annullabile . Inoltre, l’ordinamento prevede strumenti di tutela del contribuente, sia in via amministrativa (istanza di autotutela, accertamento con adesione) sia in via giudiziale (ricorso alle Corti di Giustizia Tributaria, ex Commissioni Tributarie), che permettono di far valere le proprie ragioni ed eventualmente ottenere l’annullamento totale o parziale della pretesa .
In questa guida – aggiornata ad agosto 2025 – forniremo un approfondimento avanzato sulle contestazioni riguardanti l’omessa dichiarazione di immobili ereditati e sulle strategie difensive. Il taglio sarà tecnico-giuridico ma con un linguaggio chiaro e divulgativo, adatto sia a professionisti (avvocati, consulenti fiscali) sia a privati cittadini e imprenditori interessati a capire come difendersi efficacemente. Verranno integrati i riferimenti normativi italiani più recenti, la prassi amministrativa dell’Agenzia delle Entrate e la giurisprudenza aggiornata (comprese pronunce di legittimità e di merito fino al 2025), senza trascurare eventuali implicazioni penali connesse (reati di dichiarazione infedele o omessa, ecc.). Saranno inoltre inclusi esempi pratici, tabelle riepilogative delle sanzioni e delle tempistiche, nonché una sezione di domande e risposte frequenti, per facilitare la comprensione dei punti chiave.
Novità recenti: Nel 2024 vi sono state rilevanti innovazioni normative in materia. In particolare, il D.Lgs. 18 settembre 2024 n. 139 (attuativo della delega fiscale) ha introdotto il principio dell’autoliquidazione dell’imposta di successione per le successioni aperte dal 1° gennaio 2025 . Ciò significa che, per i decessi dal 2025 in poi, gli eredi devono calcolare e versare da sé l’imposta di successione (analogamente a quanto avviene per altre imposte autoliquidate), utilizzando i codici tributo predisposti e il modello F24 . Contestualmente, una riforma delle sanzioni tributarie (D.Lgs. 14 giugno 2024 n. 87) ha previsto una riduzione generalizzata delle sanzioni per le violazioni dichiarative, rendendole più proporzionate e incentivando la regolarizzazione spontanea . Ad esempio, la sanzione per omessa dichiarazione di successione – prima compresa tra il 120% e il 240% dell’imposta evasa – è ora fissata nella misura unica del 120% dell’imposta dovuta . Approfondiremo nel dettaglio queste novità nei paragrafi dedicati, insieme alle più recenti pronunce giurisprudenziali (comprese le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione n. 66/E del 20 dicembre 2024 in tema di agevolazione “prima casa” in caso di dichiarazione tardiva ).
Il fine ultimo della guida è fornire, dal punto di vista del contribuente debitore, un quadro completo di come difendersi dalle contestazioni per omessa dichiarazione di immobili ereditati, tutelando i propri diritti e il patrimonio ereditato, pagando solo quanto realmente dovuto per legge e, ove possibile, evitando aggravi indebiti.
Normativa di riferimento
Affrontiamo anzitutto il quadro normativo che disciplina la materia, per orientarsi tra le varie fonti rilevanti:
- Testo Unico delle Successioni e Donazioni (TUS) – Decreto Legislativo 31/10/1990 n. 346, e successive modifiche. È la legge principale che regola l’imposta sulle successioni in Italia e gli adempimenti dichiarativi connessi (Capo V del TUS) . Esso fissa, tra l’altro, chi deve presentare la dichiarazione di successione, entro quando, come vanno dichiarati i beni (inclusi gli immobili) e le passività, nonché le sanzioni in caso di omissione o dichiarazione infedele (artt. 28 e seguenti TUS).
- D.Lgs. 346/1990, art. 28 e 31 – L’art. 28 TUS individua i soggetti obbligati a presentare la dichiarazione (gli eredi, i legatari, gli esecutori testamentari, ecc.) e contempla alcuni casi di esonero; l’art. 31 TUS fissa il termine di presentazione di 12 mesi dall’apertura della successione . Va segnalato che non presentare la dichiarazione entro tale termine non pregiudica il diritto dell’erede, ma costituisce una violazione sanzionabile. Infatti, la norma prevede espressamente che, anche se la dichiarazione è depositata oltre i dodici mesi (ma prima che l’ufficio notifichi un accertamento d’ufficio e comunque entro cinque anni), l’imposta verrà liquidata con l’applicazione delle sole sanzioni . In altre parole, il termine annuale non è perentorio ai fini del diritto a eventuali agevolazioni fiscali – come chiarito anche dalla giurisprudenza e dall’Agenzia delle Entrate – ma comporta l’irrogazione di sanzioni amministrative se violato.
- Testo Unico 346/1990, art. 50 e seguenti – Sono gli articoli che disciplinano le sanzioni in materia di imposta di successione. Ad esempio, l’art. 50 (come modificato dalle riforme del 2023-2024) prevede che:
- In caso di omessa dichiarazione di successione, si applichi una sanzione amministrativa pari al 120% dell’imposta liquidata o riliquidata dall’ufficio, con un minimo di 250 € . (In precedenza era prevista una forbice dal 120% al 240%).
- Se non è dovuta imposta (es. quando l’attivo ereditario è inferiore alle franchigie previste per legge), la sanzione per omessa dichiarazione va da 250 a 1.000 € .
- In caso di dichiarazione tardiva presentata con un ritardo non superiore a certi termini, la sanzione è ridotta (vedremo a breve i dettagli: ad es. 45% dell’imposta se il ritardo non supera 30 giorni, secondo le nuove norme) .
- In caso di dichiarazione infedele (ossia dichiarazione in cui si indica un’imposta inferiore al dovuto, ad esempio omettendo un immobile o altri beni), si applica una sanzione pari al 70-80% dell’imposta evasa (oggi fissata al 80%, prima era dal 100% al 200%) .
- D.Lgs. 472/1997 (Norme generali sulle sanzioni tributarie) – Disciplina in via generale l’irrogazione delle sanzioni amministrative tributarie e gli strumenti di definizione agevolata. Ad esempio, l’art. 13 di questo decreto regola il ravvedimento operoso, ossia la possibilità per il contribuente di regolarizzare spontaneamente violazioni tributarie pagando una sanzione ridotta (in misura proporzionale al ritardo) . Tali disposizioni generali si applicano anche alle violazioni in materia di successione, salvo quanto previsto specificamente dal TUS.
- D.Lgs. 546/1992 (Processo tributario) – Contiene le norme sul contenzioso tributario, applicabili anche ai ricorsi contro avvisi di liquidazione o accertamento relativi all’imposta di successione. Prevede, tra l’altro, il termine di 60 giorni dalla notifica per presentare ricorso alle Commissioni Tributarie – oggi denominate Corti di Giustizia Tributaria – e disciplina strumenti come la sospensione dell’atto impugnato e l’eventuale processo di appello e ricorso in Cassazione.
- Leggi in materia di tributi locali (IMU) – La contestazione di immobili ereditati non dichiarati può riguardare anche i tributi comunali, in particolare l’IMU (Imposta Municipale Unica) sugli immobili. La normativa IMU (D.Lgs. 504/1992 e successive modifiche, in combinato con la L. 160/2019 che l’ha parzialmente riformata) prevede che l’obbligo di pagamento dell’IMU sugli immobili cade in capo agli eredi dal momento del decesso (subentro nella soggettività passiva) e disciplina sia l’eventuale dichiarazione IMU da presentare in caso di variazioni non conoscibili dal Comune, sia le sanzioni per omesso versamento (30% dell’imposta non versata, riducibile con ravvedimento) e omessa dichiarazione al Comune (sanzione dal 100% al 200% dell’imposta nei casi dovuti, di norma) . Approfondiremo in seguito i profili specifici IMU.
- Codice Civile e leggi collegate – Pur non trattandosi di normativa fiscale, è importante ricordare che il Codice Civile (artt. 456 e segg. c.c.) disciplina l’acquisto dell’eredità da parte degli eredi (accettazione espressa o tacita, rinuncia, eredità giacente) e la responsabilità degli eredi per i debiti ereditari. In particolare, l’art. 480 c.c. stabilisce che il diritto di accettare l’eredità si prescrive in 10 anni dall’apertura della successione . Questo si riflette anche sul piano fiscale: se gli eredi non accettano e non presentano dichiarazione per lungo tempo, dopo 10 anni potrebbe estinguersi il loro diritto all’eredità (salvo accettazione tacita), complicando ulteriormente la regolarizzazione. Inoltre, ai sensi degli artt. 754 e 756 c.c., ciascun coerede è in linea di massima tenuto ai debiti ereditari (incluse le imposte di successione) pro quota in proporzione alla propria quota ereditaria, salvo diversa pattuizione o diversa disposizione di legge. Tuttavia, l’Amministrazione finanziaria tende a considerare i coobbligati solidalmente responsabili per l’intero nel caso di imposta di successione, potendo richiedere il pagamento a uno qualsiasi degli eredi per intero (che poi avrà diritto di regresso verso gli altri per le loro parti). Questo principio è in parte mitigato dalla giurisprudenza civile, secondo cui “tra i coeredi non c’è solidarietà per i debiti ereditari” in mancanza di espressa previsione , ma occorre tenere presente le peculiarità della norma fiscale.
- Normativa penale-tributaria (D.Lgs. 74/2000) – Questo decreto legislativo disciplina i reati in materia di dichiarazioni e altri delitti tributari (omessa dichiarazione, dichiarazione fraudolenta, ecc.). Va subito evidenziato che i reati di omessa dichiarazione (art. 5 D.Lgs. 74/2000) e dichiarazione infedele (art. 4 D.Lgs. 74/2000) riguardano espressamente le dichiarazioni dei redditi e IVA, non la dichiarazione di successione . Pertanto, l’omessa presentazione della dichiarazione di successione non costituisce di per sé reato tributario, ma resta sanzionata solo in via amministrativa. Vi possono però essere casi limite in cui intervengono fattispecie penali generiche, ad esempio se l’omissione si accompagna a comportamenti fraudolenti per sottrarsi al pagamento di imposte (art. 11 D.Lgs. 74/2000, “sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte”), oppure se si rende una dichiarazione mendace in atti pubblici (reati di falso ideologico) nel contesto successorio. Si tratta comunque di ipotesi residuali. Nel prosieguo dedicheremo un paragrafo specifico ai profili penali, chiarendo quando possono rilevare.
Obblighi dichiarativi in caso di successione ereditaria
Per comprendere le contestazioni relative a immobili ereditati non dichiarati, è necessario riassumere gli obblighi dichiarativi posti a carico degli eredi e degli altri soggetti obbligati:
- Soggetti obbligati a presentare la dichiarazione di successione: Sono tenuti alla presentazione tutti coloro che ricevono per successione beni o diritti dal defunto, in particolare:
- gli eredi che hanno accettato l’eredità (sia eredi legittimi che eredi istituiti per testamento) ;
- i legatari, ossia i beneficiari di legati testamentari (limitamente al bene legato);
- gli esecutori testamentari, se nominati, hanno l’obbligo di presentare la dichiarazione in luogo degli eredi se questi non vi provvedono;
- i curatori dell’eredità giacente, nell’ipotesi di eredità temporaneamente senza eredi individuati o accettanti ;
- i trustee o amministratori di beni ereditari (in alcune situazioni particolari, es. trust successori);
- in generale, chiunque sia interessato (es. donatari soggetti a collazione, ecc.) potrebbe presentare la dichiarazione se i soggetti obbligati non lo fanno, per tutelare i propri diritti, ma la norma individua principalmente gli eredi/legatari.
- Termine per presentare la dichiarazione: Entro 12 mesi dalla data del decesso (apertura della successione) . Ad esempio, se il de cuius è deceduto il 10 marzo 2024, la dichiarazione va presentata entro il 10 marzo 2025. Come già accennato, questo termine non è perentorio per la validità della dichiarazione, ma il suo mancato rispetto comporta l’applicazione di sanzioni per tardività.
- Modalità di presentazione: Oggi la presentazione avviene di regola in via telematica, tramite l’apposito software “Successioni web” dell’Agenzia delle Entrate (accessibile dall’area riservata del sito) , oppure attraverso intermediari abilitati (CAF, notai, commercialisti) che trasmettono la dichiarazione. La dichiarazione contestualmente contiene anche la domanda di voltura catastale degli immobili (dal 2017 il modello unificato ha integrato dichiarazione e voltura insieme) . In pratica, indicando gli immobili caduti in successione, l’Agenzia delle Entrate – Settore Territorio provvede poi ad aggiornare le intestazioni catastali a favore degli eredi una volta registrata la dichiarazione.
- Contenuto della dichiarazione: Bisogna indicare l’elenco completo dei beni ereditari del defunto (attivo ereditario), compresi:
- i beni immobili (terreni e fabbricati) con i relativi dati catastali e valori (valore catastale o valore di mercato a seconda dei casi, comunque per il calcolo delle imposte ipotecaria e catastale si usa di regola la rendita catastale rivalutata);
- i beni mobili (denaro, depositi bancari, titoli, partecipazioni, automezzi, gioielli, opere d’arte, ecc.) e le altre attività patrimoniali;
- le eventuali passività deducibili (debiti del defunto, spese mediche funerarie detraibili, ecc.);
- le generalità degli eredi e legatari con le rispettive quote di spettanza;
- l’eventuale richiesta di agevolazioni (ad es. agevolazione “prima casa” per uno degli immobili ereditati, esenzione beni culturali, ecc. – che deve essere espressamente formulata, vedasi oltre).
- Eccezioni ed esoneri: La legge prevede alcuni casi di esonero dall’obbligo di presentare la dichiarazione. Ad esempio, se l’eredità devoluta al coniuge e ai parenti in linea retta ha un attivo (valore lordo dei beni) non superiore a 100.000 € e non comprende beni immobili o diritti reali immobiliari, allora la dichiarazione di successione non è necessaria. Questa esenzione (introdotta dall’art. 28 comma 7 del TUS, come modificato dall’art. 13 comma 4 del DL 262/2006) mira a semplificare le piccole successioni senza immobili. Attenzione però: basta che vi sia anche un solo immobile ereditato, oppure che l’attivo superi 100.000 €, e l’obbligo dichiarativo torna a sussistere integralmente. Dunque, ogni volta che si ereditano immobili è praticamente sempre obbligatorio presentare la dichiarazione di successione, indipendentemente dal valore (salvo il caso particolarissimo in cui gli immobili siano all’estero e non generino obblighi in Italia – ma questa è materia specialistica non trattata qui).
In sintesi, quando una persona viene a mancare lasciando in eredità uno o più immobili, gli eredi (o altri soggetti obbligati) devono entro un anno: 1. predisporre la dichiarazione, includendo tutti gli immobili ereditati con i dati e i valori corretti; 2. inviarla telematicamente all’Agenzia delle Entrate; 3. calcolare e versare contestualmente le imposte ipotecarie e catastali dovute per la voltura (di solito 2% e 1% del valore catastale, salvo agevolazioni prima casa che le riducono a importi fissi) e l’imposta di bollo e tasse ipotecarie fisse. Fino al 2024, l’imposta di successione eventualmente dovuta (che dipende dal grado di parentela e dalle franchigie, con aliquote dal 4% all’8%) veniva liquidata successivamente dall’ufficio con apposito avviso di liquidazione; dal 2025 in poi, come detto, vige l’autoliquidazione anche per questa imposta, quindi gli eredi dovranno calcolarla e versarla spontaneamente entro 90 giorni dalla presentazione della dichiarazione (i dettagli sul nuovo sistema di pagamento saranno trattati più avanti).
- Effetti civilistici della dichiarazione: Va chiarito che la presentazione della dichiarazione di successione non coincide con l’accettazione dell’eredità, che è un atto civilistico. Un erede può accettare l’eredità anche tacitamente (ad esempio disponendo di un bene ereditario) senza aver ancora presentato la dichiarazione fiscale, e viceversa può presentare la dichiarazione senza aver espresso formalmente l’accettazione (anche se quest’ultimo caso è atipico, spesso la presentazione è un indice di accettazione tacita). Ai fini della validità dei trasferimenti immobiliari, però, occorre la trascrizione dell’accettazione di eredità nei registri immobiliari (Conservatoria RR.II.). Generalmente, per ottenere la trascrizione dell’acquisto ereditario di un immobile, si utilizza la stessa dichiarazione di successione (che funge da titolo) depositandola alla Conservatoria per la registrazione. L’adempimento di voltura catastale di cui sopra è separato dalla trascrizione nei registri immobiliari (catasto vs. conservatoria), ma in pratica oggi la dichiarazione telematica è valida anche come richiesta di voltura, mentre per la trascrizione vera e propria è necessaria la formalità presso la Conservatoria, di solito a cura di un notaio o del pubblico ufficiale se c’è un atto di successione. Omettere la voltura o la trascrizione è anch’esso un illecito sanzionato: l’art. 28 comma 6 TUS stabilisce che l’omessa richiesta di voltura catastale o trascrizione nei termini comporta la stessa sanzione prevista per l’infedeltà dichiarativa, oggi pari all’80% delle imposte ipotecarie e catastali dovute . Questo aspetto rileva quando, ad esempio, si presenta la dichiarazione ma non si completa la voltura degli immobili: caso raro, perché come detto la voltura catastale è ormai automatizzata, ma potrebbe riguardare la trascrizione se nessuno la effettua. In ogni caso, nella maggior parte delle contestazioni su immobili “non dichiarati” il problema a monte è che la dichiarazione di successione non è stata presentata affatto, oppure è stata presentata incompleta.
Riassumendo: – Se la dichiarazione di successione non viene presentata entro i 12 mesi, la posizione resta irregolare. Gli immobili rimangono formalmente intestati al defunto (con problemi nel gestirli, venderli, pagarci le tasse locali) e il Fisco può in qualunque momento – entro certi termini di decadenza – accorgersi dell’omissione e intervenire. – Se la dichiarazione viene presentata ma non include tutti gli immobili ereditati (dichiarazione infedele/incompleta), gli effetti sono analoghi: l’ufficio, incrociando i dati catastali, può scoprire che un dato immobile risultava intestato al defunto ma non è stato dichiarato dagli eredi, e quindi agire di conseguenza.
Nei paragrafi successivi, esamineremo nel dettaglio cosa succede in queste situazioni di omessa o infedele dichiarazione e come il contribuente può difendersi.
Omessa dichiarazione vs dichiarazione infedele: definizioni e casistiche
È opportuno distinguere chiaramente due fattispecie di violazione, poiché hanno conseguenze sanzionatorie diverse:
- Omessa dichiarazione di successione: si verifica quando la dichiarazione non viene presentata affatto, oppure quando viene presentata con un ritardo superiore a 12 mesi + 90 giorni (in base alla norma generale sulle dichiarazioni fiscali, un ritardo oltre 90 giorni equivale ad omissione) . Nel contesto successorio, tuttavia, tradizionalmente si considerava “omessa” la dichiarazione non presentata entro i 12 mesi (per la sanzione dal 120% al 240%). Le nuove norme del 2024 hanno armonizzato in parte le soglie, ma hanno anche introdotto uno sconto sanzionatorio se la dichiarazione viene presentata spontaneamente dopo i 90 giorni ma prima di qualsiasi avvio di controllo: in tal caso la sanzione scende al 75% . In sostanza:
- Dichiarazione presentata entro 90 giorni dal termine: considerata “tardiva non omessa”, sanzione fissa minima (come vedremo, attualmente €25 con ravvedimento) .
- Dichiarazione presentata oltre 90 giorni dal termine (senza controllo ancora iniziato): tecnicamente “omessa” ai fini formali, ma se spontanea prima di verifiche la sanzione è ridotta al 75% delle imposte .
- Dichiarazione mai presentata e accertata d’ufficio: omessa con sanzione al 120% delle imposte evase (oltre interessi).
La casistica tipica di omessa dichiarazione, oggetto di contestazione, è l’erede che non presenta affatto la dichiarazione nei 12 mesi. Questo può accadere per svariati motivi: dimenticanza, ignoranza dell’obbligo fiscale, conflitti tra coeredi che bloccano le pratiche , difficoltà economiche a pagare le imposte, o anche scelta deliberata di rimandare (a volte nella convinzione errata che non essendoci imposta da pagare – magari per franchigia – non sia necessario dichiarare). In alcuni casi, la successione rimane non formalizzata addirittura per 10, 20 o 40 anni . È evidente che tanto più lungo è il ritardo, tanto più complessa diventa la regolarizzazione: dopo 10 anni, come detto, subentrano problemi civilistici (prescrizione del diritto di accettare l’eredità) ; dopo 20 o più anni, possono esservi complicazioni come decessi ulteriori degli eredi originari, necessità di ricostruire le discendenze, rischio di usucapione sugli immobili se qualcun altro ne ha avuto il possesso continuato , ecc. Dal punto di vista fiscale, però, l’Agenzia delle Entrate può contestare l’omissione entro 5 anni dal termine di presentazione . In pratica, il fisco ha tempo fino al 5° anno successivo alla scadenza per notificare un atto di accertamento dell’imposta di successione omessa e le relative sanzioni. Ad esempio, per un decesso avvenuto nel 2018 (termine presentazione 2019), l’ufficio ha fino al 31 dicembre 2024 per contestare l’omessa dichiarazione. Se trascorrono più di 5 anni senza contestazioni, scatta la decadenza del potere sanzionatorio (niente multe) ma – attenzione – l’imposta resterebbe comunque dovuta e potrebbe essere richiesta se la dichiarazione viene presentata spontaneamente dopo i 5 anni .
Infatti, dopo 5 anni: – l’Agenzia non può più applicare sanzioni (violazione prescritta), – ma può ancora richiedere il pagamento dell’imposta evasa (entro i termini di decadenza dell’accertamento, che coincidono di fatto con quelli sanzionatori in questo caso) .
In sintesi, l’omissione totale della dichiarazione è la violazione più grave, che comporta sanzione piena (120%) se scoperta dal fisco, o sanzione ridotta al 75% se il contribuente si ravvede prima di essere scoperto, o addirittura solo il pagamento dell’imposta dovuta se sono passati oltre 5 anni (ma a quel punto l’ufficio non potrebbe più multare).
- Dichiarazione infedele o incompleta: si ha quando una dichiarazione è stata sì presentata, ma non include tutti gli elementi dovuti, determinando un’imposta inferiore al dovuto. Nel nostro contesto, il caso tipico è l’omissione di uno o più immobili dal novero dei beni dichiarati. Ciò può avvenire per errore (ad es. l’erede ignorava l’esistenza di un certo terreno intestato al defunto, oppure ha dimenticato di indicare la nuda proprietà di un immobile, o ancora ha sbagliato a riportare i dati catastali) oppure in malafede (tentativo di non far emergere un bene per non pagarci imposte). L’infedeltà può riguardare anche valori dichiarati inferiori a quelli reali – ad esempio sotto-valutare il valore di un immobile quando questo non ha rendita catastale o in caso di stima – oppure omissione di passività inesistenti. In ogni caso, dal punto di vista sanzionatorio ciò integra la violazione di dichiarazione infedele, con sanzione oggi pari al 70% dell’imposta non pagata (elevata all’80% specificamente per imposta di successione secondo talune fonti) . Prima della riforma era dal 100% al 200%, quindi c’è stata una riduzione.
Esempi di contestazioni per infedeltà dichiarativa: – L’erede presenta la dichiarazione indicando alcuni immobili ma omette un fabbricato di modesto valore ricevuto dal genitore perché magari era in comproprietà con altri e se ne dimentica. L’Agenzia incrocia i dati catastali e vede che a nome del defunto c’era anche quel fabbricato: contesterà l’omissione di quell’immobile. – Oppure, gli eredi indicano tutti gli immobili ma dichiarano un valore inferiore (può accadere per i terreni edificabili, dove non c’è rendita catastale e si deve dichiarare il valore venale: spesso il fisco contesta se ritiene che il valore di mercato fosse maggiore di quello dichiarato). – Altra ipotesi: l’erede dimentica di indicare se stesso come beneficiario dell’agevolazione prima casa su un immobile che ne avrebbe i requisiti. In tal caso, l’ufficio potrebbe liquidare le imposte ipotecarie e catastali in misura piena (2%+1%) anziché fissa (200+200 €) e l’erede dovrà attivarsi per far valere l’agevolazione non richiesta in dichiarazione (vedremo a breve che secondo l’Agenzia Entrate e Cassazione, è possibile integrare successivamente questa richiesta entro i termini di accertamento) . – Infine, dichiarazione infedele può essere considerata anche l’omissione di altri beni oltre agli immobili (es. un conto corrente cointestato non dichiarato). Qui ci concentriamo sugli immobili, ma i principi difensivi sono analoghi: dimostrare eventuali errori scusabili, assenza di evasione d’imposta se il bene era esente, ecc.
In caso di dichiarazione infedele, l’ufficio emette di norma un avviso di liquidazione integrativa o avviso di accertamento per recuperare la maggiore imposta. È importante notare che l’infedeltà dichiarativa non sempre comporta un’evasione d’imposta: ad esempio, se l’erede omette un immobile ma l’intero attivo ereditario rientra comunque nelle franchigie (es. un figlio che eredita beni per 200.000 €, sotto la franchigia di 1.000.000 €), l’imposta di successione non cambia (resta zero). Tuttavia, l’ufficio potrebbe sanzionare comunque l’omissione formale. In pratica, in assenza di imposta evasa la sanzione va dai 250 ai 1.000 € (importo fisso) per l’irregolarità dichiarativa. In giurisprudenza si è discusso se omettere un bene che non aumenta la tassa (perché esente o perché già entro franchigia) debba essere sanzionato: in linea generale sì, viene comunque considerata violazione formale, ma l’entità della sanzione può essere ridotta al minimo (250€) evidenziando che non c’era danno erariale.
Riqualificazione fra tardività, omissione e infedeltà: in alcuni casi concreti, occorre capire come l’ufficio inquadra la violazione. Ad esempio, se un erede presenta la dichiarazione dopo la scadenza e in più omette un bene, la violazione potrebbe essere duplice (tardiva + infedele). In genere però l’ufficio contesta l’omessa dichiarazione tout court se il ritardo è oltre 90 giorni, quindi quell’atto in ritardo viene considerato omesso (applicando la sanzione da omissione che di per sé “assorbe” il fatto di aver presentato infedelmente). Se invece il ritardo era entro 90 giorni, la dichiarazione è valida e considerata tardiva ma non omessa, e l’omissione di un bene al suo interno sarà trattata come infedele. Questi dettagli possono influire sulla strategia difensiva (ad esempio: conviene presentare comunque una dichiarazione tardiva prima che il fisco notifichi qualcosa, perché anche se oltre 90 gg riduce comunque la sanzione al 75% e magari evita guai peggiori).
In conclusione, “omessa dichiarazione” si riferisce alla mancata presentazione totale, mentre “dichiarazione infedele” implica una presentazione incompleta. Entrambe le situazioni sono contestabili dall’Agenzia delle Entrate con recupero di imposte, sanzioni e interessi. Dal punto di vista del contribuente, le linee difensive possibili variano: si va dalla regolarizzazione spontanea (per sanare l’omissione prima possibile), alla dimostrazione di buona fede e irrilevanza dell’omissione (es. nessun danno erariale), fino alle eccezioni procedurali contro eventuali vizi dell’atto di accertamento.
Nei prossimi paragrafi vedremo cosa avviene quando arriva la contestazione formale (come è strutturato l’atto impositivo) e quali sono, concretamente, le conseguenze economiche (importi di imposta, sanzioni, interessi). Successivamente affronteremo gli strumenti di difesa a disposizione.
Procedura di accertamento: come nasce la contestazione
Quando l’Agenzia delle Entrate (o un ente locale per l’IMU) rileva un’omissione o incompletezza nella dichiarazione di successione riguardo a immobili ereditati, attiva una procedura di accertamento per recuperare quanto dovuto. È utile comprendere come si svolge questa procedura e quali atti il contribuente può aspettarsi di ricevere:
- Segnalazione e controlli incrociati: Spesso l’origine è un controllo incrociato di banche dati. Ad esempio, la banca dati catastale evidenzia che un determinato immobile risulta ancora intestato a un soggetto deceduto, a distanza di più di un anno dalla morte. Oppure gli uffici incrociano i dati dell’Anagrafe Tributaria (dove risultano le volture catastali, gli atti notarili, le utenze) e scoprono che per un certo deceduto non è pervenuta alcuna dichiarazione di successione . L’Agenzia delle Entrate ha attivato in passato campagne di recupero sulle “eredità giacenti”, inviando lettere ai potenziali eredi invitandoli a presentare la dichiarazione mancante. Può anche capitare che sia un controllo su imposte locali a far emergere l’omissione: ad esempio un Comune nota che per un immobile non viene pagata l’IMU perché l’intestatario è deceduto, e segnala il caso all’Agenzia delle Entrate.
- Invito o questionario (fase pre-accertativa): Prima di emettere un atto formale, l’ufficio può inviare un “invito a comparire” o un “questionario” agli eredi noti, chiedendo chiarimenti. Ad esempio, se risulta un immobile non dichiarato, potrebbero chiedere agli eredi perché non è stato inserito, invitando eventualmente a presentare una dichiarazione integrativa. Questa fase non è obbligatoria e spesso viene saltata, specialmente se l’omissione è chiara. Tuttavia, se si riceve un invito simile, è bene aderire e fornire spiegazioni (o correre subito ai ripari con una regolarizzazione), poiché ciò potrebbe evitare l’emissione della sanzione piena. Ricordiamo che finché l’atto di accertamento non è notificato, è possibile ravvedersi con sanzioni ridotte .
- Avviso di liquidazione dell’imposta di successione: Tradizionalmente, per le successioni dichiarate regolarmente, l’Agenzia emette un avviso di liquidazione delle imposte dovute (successione, ipotecaria, catastale) sulla base della dichiarazione presentata. In caso di dichiarazione omessa o infedele, l’atto che viene emesso può assumere la forma di avviso di liquidazione oppure di avviso di accertamento, a seconda dei contenuti. Spesso viene denominato “avviso di liquidazione per imposta di successione” anche quando contiene una rettifica. In sostanza, l’atto notifica al contribuente:
- l’importo dell’imposta di successione dovuta (o maggiore imposta, se era stata pagata una parte);
- le imposte ipotecarie e catastali dovute o ricalcolate (ad esempio se un immobile non dichiarato non ha benefici prima casa, si applicano 2% e 1% su quel valore);
- la sanzione amministrativa applicata (in percentuale sull’imposta evasa, secondo i casi: 120%, 80%, ecc., oppure fissa se nessuna imposta era dovuta);
- gli interessi di mora, calcolati dalla data in cui l’imposta avrebbe dovuto essere pagata (di solito, dalla scadenza del termine di presentazione per l’imposta principale, e dalla data di eventuale pagamento autoliquidato per ipotecarie/catastali) .
L’avviso di accertamento vero e proprio, in ambito successione, viene emesso in particolare se l’ufficio ritiene di essere fuori termine per la semplice liquidazione o se l’omissione è totale. Comunque, ai fini difensivi, avviso di liquidazione e di accertamento hanno lo stesso valore: entrambi sono atti impugnabili avanti al giudice tributario entro 60 giorni dalla notifica.
- Notifica dell’atto: L’ufficio notifica l’avviso generalmente a ciascun erede obbligato. Talvolta lo invia anche agli “Eredi di [Nome Defunto]” presso l’ultimo domicilio, ma in genere individua i codici fiscali degli eredi e notifica loro singolarmente. È importante controllare la regolarità della notifica (che avviene tramite raccomandata A/R, messo notificatore o PEC se il destinatario è un professionista registrato). Vizi di notifica possono costituire validi motivi di ricorso .
- Contenuto motivazionale: L’atto deve indicare la motivazione, cioè in cosa consiste la violazione. Ad esempio: “Si contesta l’omessa presentazione della dichiarazione di successione per il decesso del Sig. XXX avvenuto in data …, relativamente all’immobile sito in …, catastalmente identificato …, per il quale è risultata non presentata denuncia entro 12 mesi. Imposta liquidata euro Y, sanzione 120% euro Z…”. Oppure, “Si contesta la dichiarazione infedele avendo omesso di dichiarare il seguente bene: …, comportante un’imposta evasa di euro Y. Sanzione applicata 80% pari a euro Z…”. La motivazione può anche richiamare valori accertati (es. valore venale di terreno rideterminato tramite perizia ufficio).
- Termini di decadenza: Come accennato, l’atto di accertamento deve essere notificato entro certi termini legali. Nel caso di omessa dichiarazione di successione, il TUS prevedeva che l’avviso di accertamento d’ufficio fosse notificato non oltre il quinto anno successivo alla scadenza del termine di presentazione . Questo termine di 5 anni vale sia per l’imposta che per le relative sanzioni. Nel caso di dichiarazione presentata (anche infedele), invece, l’ufficio ha due anni dalla presentazione per notificare un avviso di liquidazione della maggiore imposta (questo termine breve vale per la liquidazione basata sui dati dichiarati, mentre per accertare valori non dichiarati potrebbe estendersi, ma nella pratica di solito si rientra nei 5 anni anche qui). È fondamentale verificare se l’atto è stato notificato tempestivamente: una notifica oltre i termini di decadenza comporta la nullità dell’atto (eccezione da far valere in ricorso).
- Cartella di pagamento (riscossione coattiva): Se l’avviso viene notificato e il contribuente non paga né impugna entro i 60 giorni, esso diventa definitivo. A quel punto, l’importo dovuto viene iscritto a ruolo e trasmesso all’Agente della Riscossione (Agenzia Entrate Riscossione, ex Equitalia) che notificherà una cartella di pagamento. La cartella intima il pagamento entro 60 giorni; in difetto, la riscossione proseguirà con atti esecutivi (fermo amministrativo, ipoteca sugli immobili, pignoramenti). Oggi, per alcuni atti tributari, l’avviso stesso può valere come titolo esecutivo trascorsi i termini (cosiddetto “accertamento esecutivo”), ma per le imposte indirette come successioni la prassi è ancora quella di emettere cartella. In ogni caso, non bisogna aspettare la cartella: se non si condivide la pretesa, occorre attivarsi subito con i rimedi difensivi, perché decorso il termine di ricorso si perde la possibilità di contestare nel merito .
Riassumendo il flusso procedurale tipico in caso di omessa dichiarazione di immobili ereditati: 1. Omessa dichiarazione oltre 12 mesi dal decesso. 2. Scoperta dell’omissione da parte dell’Agenzia (es. tramite catasto, segnalazioni, controlli). 3. Eventuale avviso bonario o invito a mettersi in regola (fase non obbligatoria). 4. Notifica avviso di accertamento/liquidazione con imposta, sanzioni, interessi . 5. 60 giorni per pagare o proporre ricorso . 6. Se non si fa nulla: ruolo e cartella esattoriale; se si paga, definizione; se si ricorre, inizia il contenzioso. 7. Riscossione coattiva (se la somma rimane inevasa e il ricorso non viene presentato o viene respinto in giudizio, l’agente della riscossione procede con mezzi esecutivi: pignoramento beni ereditati o altri beni degli eredi debitori, ipoteche, ecc.).
Nel caso dell’IMU non pagata su immobili ereditati: – Il Comune generalmente notifica un avviso di accertamento IMU (entro il 31 dicembre del quinto anno successivo all’anno d’imposta omesso). Ad esempio IMU 2020 non pagata -> avviso entro fine 2025. L’avviso contiene l’imposta dovuta, sanzione del 30% per omesso versamento di ciascuna rata, più interessi. Se l’omissione riguarda la dichiarazione IMU (che va presentata in alcuni casi, ad esempio per comunicare variazioni non altrimenti conoscibili dal Comune), la sanzione è dal 100% al 200% dell’imposta omessa. Anche questo atto è impugnabile avanti al giudice tributario entro 60 giorni. Se non lo si impugna né paga, diventa definitivo ed esecutivo (per i tributi locali, l’avviso di accertamento è già titolo esecutivo decorso il termine, senza bisogno di cartella, secondo le norme vigenti). La riscossione coattiva avviene poi a mezzo ingiunzione fiscale o affidamento all’ente riscossore.
Conseguenze pratiche immediate della contestazione: Ricevere un avviso del genere comporta ovviamente preoccupazione per l’esborso economico. L’atto infatti indicherà una certa somma da pagare, che può essere anche elevata se l’immobile ha valore alto o se sono passati anni (interessi accumulati). Inoltre, vi è il “rischio di avvio di procedure esecutive” se non si paga . È fondamentale a questo punto: – analizzare bene l’atto per capire se la pretesa è corretta; – attivarsi entro i 60 giorni o per pagare (tutto o magari richiedere una rateizzazione) o per predisporre un’adeguata difesa (ricorso).
Nei capitoli seguenti ci concentreremo sulle sanzioni e gli interessi applicabili (per avere chiaro come vengono calcolate le somme) e poi sulle possibili strategie difensive, sia in via amministrativa che giudiziaria.
Sanzioni amministrative e interessi: quanto si rischia?
Il peso economico di una contestazione per omessa o infedele dichiarazione di immobili ereditati deriva principalmente da tre voci: imposta dovuta, sanzioni e interessi. Vediamole in dettaglio, con particolare riferimento alle sanzioni aggiornate alla riforma 2024.
Imposta di successione dovuta
L’imposta di successione in Italia si calcola applicando aliquote differenti sul valore complessivo dell’eredità spettante a ciascun erede, al netto di una franchigia (soglia esente) variabile in base al grado di parentela: – 4% sul valore per coniuge e parenti in linea retta (figli, genitori), con franchigia attualmente 1.000.000 € ciascuno. – 6% per fratelli e sorelle, con franchigia 100.000 € ciascuno. – 6% per altri parenti fino al 4° grado, affini in linea collaterale fino al 3° grado (nessuna franchigia). – 8% per tutti gli altri soggetti (nessuna franchigia).
Molte successioni rientrano nelle franchigie, specie quelle tra genitori e figli, e dunque non pagano imposta di successione. Questo però non esonera dall’obbligo dichiarativo: se anche l’imposta risulta zero, la dichiarazione va presentata (salvo il caso esonerato già citato di eredità <100k e niente immobili). Dunque, in caso di omessa dichiarazione con imposta zero, la sanzione sarà quella fissa (250-1000 €) per omissione senza imposta , ma non ci sarà ovviamente imposta evasa (il recupero riguarderà semmai le imposte ipotecarie e catastali se non pagate).
In caso invece di imposta dovuta, l’atto di accertamento liquida l’importo dell’imposta di successione non pagata. Per fare un esempio: – Tizio muore lasciando al figlio Caio immobili per un valore totale di 1.500.000 €. Franchigia 1.000.000 € (essendo figlio) → base imponibile 500.000 €; aliquota 4% → imposta successione dovuta 20.000 €. Se Caio non dichiara nulla, l’Agenzia, scoprendolo, chiederà i 20.000 € di imposta con le relative sanzioni e interessi.
Oltre all’imposta di successione in senso stretto, nell’atto vengono richieste anche le imposte ipotecaria e catastale: – Imposta ipotecaria: 2% sul valore catastale degli immobili (o valore dichiarato). – Imposta catastale: 1% sul valore.
(Eccezione: se l’erede ha i requisiti “prima casa” e li dichiara, queste due imposte sono dovute in misura fissa, €200+€200; se non dichiarati, il fisco applica l’aliquota normale.)
Se l’erede non aveva pagato queste imposte (normalmente si pagano contestualmente alla presentazione della dichiarazione, ma se non ha presentato nulla ovviamente non ha pagato neanche quelle), l’ufficio ne chiederà il versamento ora. Anche su queste imposte accessorie si applicano sanzioni in caso di omessa richiesta di voltura/trascrizione (80% di esse) , ma spesso l’ufficio semplifica applicando un’unica sanzione sull’omessa dichiarazione comprensiva di tutto.
Sanzioni amministrative
Le sanzioni sono il vero “costo” punitivo per la violazione. Come anticipato, al 2025 si applicano le misure modificate dal D.Lgs. 87/2024 (in vigore per le violazioni commesse dal 2025, ma generalmente si tende ad applicare la legge più favorevole se la contestazione avviene dopo). Ecco un quadro riepilogativo delle sanzioni in materia di dichiarazione di successione:
Tabella – Sanzioni per omessa, tardiva o infedele dichiarazione di successione (agg. 2025)
Violazione | Sanzione amministrativa (2025) | Riferimenti normativi/prassi |
---|---|---|
Omessa dichiarazione di successione (dichiarazione non presentata o presentata oltre 90 gg dal termine, scoperta dall’ufficio) | 120% dell’imposta dovuta – con minimo €250. Se nessuna imposta dovuta: da €250 a €1.000 . (Previsto in passato 120%-240% con minimo €250, ora ridotto al fisso 120% grazie alla riforma) | Art. 50, c.1 D.Lgs. 346/1990 modificato; D.Lgs. 87/2024; Confagricoltura . |
Dichiarazione tardiva (presentata con ritardo ≤ 30 giorni rispetto al termine) | 45% dell’imposta dovuta (minimo €… proporzionale). Se nessuna imposta dovuta: sanzione fissa ridotta da €150 a €500 . (In precedenza era 60%-120%). | Art. 50 D.Lgs. 346/1990; D.Lgs. 87/2024 (nuova misura) . |
Dichiarazione presentata in ritardo ma spontaneamente oltre 30 gg (fino a 90 gg) e comunque prima di accertamento | 75% dell’imposta dovuta (novità 2024). In pratica, se l’erede si autodenuncia prima di essere scoperto, la sanzione è ridotta al 75%. (N.B.: potrebbe applicarsi entro 5 anni dall’omissione, compatibilmente con ravvedimento operoso) | D.Lgs. 87/2024 (disciplina nuova sul ravvedimento “ultratardivo”) . |
Dichiarazione infedele (omissione di beni o indicazione di valori inferiori) | 70% dell’imposta evasa, con minimo €150. (Per il TUS, talune fonti indicano 80% post-riforma , ma il D.Lgs. 87/2024 per le dichiarazioni fiscali in genere parla di 70%). In passato era 100%-200%. Se l’infedeltà non comporta imposta (errore materiale), sanzione fissa €250-2.000 . | Art. 50, c.2 D.Lgs. 346/1990 e art. 1 D.Lgs. 87/2024; Confagricoltura . |
Omessa voltura catastale o trascrizione degli immobili (entro i termini di legge) | 80% delle imposte ipotecaria e catastale dovute sul valore dell’immobile . Se la voltura è richiesta con ritardo ≤ 30 giorni: sanzione ridotta al 45% su dette imposte . | Art. 50, c.3 D.Lgs. 346/1990; D.Lgs. 87/2024 (riduzione) . |
Omessa dichiarazione ai fini IMU (quando dovuta) | 100%-200% dell’imposta comunale dovuta (con minimo variabile per legge). N.B.: spetta ai regolamenti comunali nei limiti di legge. | Art. 1, c. 775 L. 160/2019 (Legge bilancio 2020, nuova IMU). |
Omesso versamento IMU (mancato pagamento annuale) | 30% dell’imposta non versata per ciascun anno, riducibile con ravvedimento (1/10, 1/8, ecc. a seconda del ritardo). | Art. 13 D.Lgs. 471/1997 (regime omessi versamenti). |
Nota: Le sanzioni sopra indicate sono generalmente riducibili tramite ravvedimento operoso se il contribuente regolarizza prima della contestazione. Ad esempio, la sanzione per omessa dichiarazione (120%) può essere ridotta a percentuali molto minori in caso di pagamento spontaneo: i coefficienti di riduzione vanno da 1/10 a 1/5 del minimo a seconda del tempo trascorso . Ad esempio, se un erede si ravvede entro un anno dalla scadenza, paga 1/8 del minimo ed evita l’intera sanzione. Approfondiremo nel paragrafo sul Ravvedimento operoso.
Osservando la tabella, si comprende che la riforma del 2024 ha alleggerito alcune sanzioni: omessa dichiarazione ora fissa al 120% (prima poteva arrivare al 240%), infedele al 70-80% (prima minimo 100%). Inoltre, ha introdotto quell’importante concetto del 75% in caso di presentazione tardiva spontanea (che di fatto premia chi regolarizza prima di ricevere notifiche) . Di contro, rimangono in vigore i minimi edittali fissi (250 €) per le violazioni senza imposta.
Interessi di mora
Agli importi di imposta evasa viene applicato il calcolo degli interessi dal giorno in cui l’imposta sarebbe stata dovuta. Nel caso dell’imposta di successione: – Se la dichiarazione era da presentare entro il (es.) 10 marzo 2020 e non è stata presentata, l’imposta di successione si considera dovuta dal giorno successivo alla scadenza (marzo 2021, perché l’imposta di successione in passato veniva liquidata dall’ufficio – ma giuridicamente la decorrenza interessi viene fissata di solito 60 giorni dopo la notifica dell’avviso di liquidazione, oppure dalla data di scadenza del pagamento indicata dall’ufficio se autoliquidazione). – Per semplificare: l’avviso di accertamento indicherà gli interessi calcolati dalla data di scadenza originaria dell’imposta fino alla data dell’accertamento . Il tasso di interesse è quello legale (aggiornato periodicamente: negli ultimi anni in Italia è stato intorno all’1-5% annuo, per il 2023 era 5%, per il 2024 è 5%, soggetto a variazioni). – Sugli omessi versamenti di imposte ipotecarie e catastali autoliquidate, gli interessi decorrono dal giorno in cui avrebbero dovuto essere versate (che coincide con la presentazione dichiarazione, se non avvenuta). – Sugli importi IMU non versati, interessi dal giorno di scadenza di ciascuna rata.
Gli interessi non sono oggetto di sconto o definizione, vanno sempre pagati per il ritardo. Tuttavia, non sono sanzionatori bensì compensativi del tempo trascorso. Se un avviso arriva molti anni dopo, la quota interessi potrebbe essere significativa. Ad esempio, 10.000 € di imposta evasa con 5% di interesse per 5 anni accumulano circa 2.500 € di interessi.
Importante: Se si fa ricorso e la causa dura molto, sugli importi confermati dovranno pagarsi ulteriori interessi fino al pagamento effettivo. Viceversa, in caso di vittoria del contribuente, nulla è dovuto. In pendenza di giudizio è possibile chiedere la sospensione della riscossione, ma non degli interessi maturandi (perciò ritardare il pagamento comporta comunque aumenti per interessi se poi si perde).
In ogni contestazione, il contribuente dovrebbe controllare se il calcolo di sanzioni e interessi è corretto e conforme alla legge. Ad esempio, verificare che l’ufficio abbia applicato la sanzione nella misura giusta (post-riforma) e non ancora le vecchie misure più pesanti se più sfavorevoli – in tal caso si potrebbe eccepire l’applicazione retroattiva della norma più favorevole (principio del favor rei in materia sanzionatoria tributaria). Analogamente, verificare la corretta applicazione delle eventuali riduzioni (ad es., se la dichiarazione è stata comunque presentata prima di accertamento, la sanzione doveva essere 75% e non 120%). Sono dettagli tecnici ma che fanno la differenza in sede di difesa.
Per dare un’idea concreta, riprendiamo l’esempio numerico sopra: figlio che doveva 20.000 € di imposta di successione. Se non dichiara, l’ufficio dopo, poniamo, 3 anni notifica: – Imposta successione: € 20.000. – Imp. ipotecaria 2% e catastale 1% su valore (supponiamo valore catastale 300.000 €, 3% = €9.000) – se prima casa non richiesta, sennò sarebbero 400 € totali. – Sanzione omessa dichiarazione: 120% di 20.000 = € 24.000. – Sanzione omessa voltura: 80% di 9.000 = € 7.200 (talvolta assorbita nella prima, ma potenzialmente distinta). – Interessi su 20.000 per 3 anni al 3% medio: ~ €1.800. – Interessi su imp. ipocatastali 9.000 per 3 anni: ~ €800.
Totale richiesto all’erede: circa €62.800 (oltre 3/4 dell’importo è costituito da sanzioni e interessi!). Se avesse agito prima, presentando spontaneamente la dichiarazione anche tardiva: – Avrebbe pagato i 20.000 + 9.000 = 29.000 di imposte, – Sanzione ridotta con ravvedimento (diciamo entro 2 anni: 1/7 del minimo, importo ridicolo tipo 5% dell’imposta , quindi circa €1.000), – Interessi minimi, – Totale intorno a 30-31 mila. Quindi quasi la metà. Ecco perché ravvedersi prima conviene, e se si è già stati raggiunti da accertamento, conviene valutare se ci sono margini per ottenere riduzioni in adesione o in giudizio.
Profili penali e responsabilità: quando scatta il reato?
Molti si domandano se l’omessa dichiarazione di beni ereditati possa configurare un reato penale (ad esempio evasione fiscale). Come anticipato, la risposta generale è no, non costituisce reato tributario la semplice omissione della dichiarazione di successione. Vediamo perché:
- Il D.Lgs. 74/2000 (che elenca i reati di omessa dichiarazione, dichiarazione infedele, ecc.) al suo art. 5 punisce l’omessa presentazione della dichiarazione annuale dei redditi o IVA, qualora sia dovuta un’imposta evasa superiore a una certa soglia (attualmente €50.000) . Questa fattispecie quindi riguarda IRPEF, IRES, IVA ma non l’imposta di successione, che non rientra né nei redditi né nell’IVA.
- Analogamente, l’art. 4 del D.Lgs. 74/2000 punisce la dichiarazione infedele relativa a imposte sui redditi o IVA (quando l’imposta evasa supera €100.000, con alcune condizioni). Di nuovo, l’imposta di successione non vi rientra.
- Non esiste una norma penale specifica per l’imposta di successione. Pertanto, non può essere contestato un reato fiscale specifico per la dichiarazione di successione non presentata o incompleta.
Tuttavia, in casi estremi l’Autorità potrebbe valutare altre fattispecie generiche: – Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11 D.Lgs. 74/2000): punisce chi, al fine di evadere o non pagare imposte, compie atti fraudolenti sui propri o altrui beni per rendere inefficace la riscossione. Ad esempio, un erede che, dopo aver ricevuto un avviso di accertamento per imposta di successione, vendesse di nascosto l’immobile ereditato a terzi simulando magari una donazione a un parente, potrebbe incorrere in questo reato, perché sta occultando beni per non pagare le tasse. La soglia qui è di €50.000 di imposte sottratte. Ma se siamo ancora alla fase di omessa dichiarazione, non essendoci nemmeno una richiesta formale di pagamento, è raro configurare questo reato. Potrebbe emergere dopo, se l’erede continua a non pagare e nasconde l’immobile. – Reati di falso: se nella pratica successoria si producono documenti falsi (ad esempio un falso atto di notorietà in cui si dichiara che non ci sono immobili per evitare imposte), potrebbe configurarsi falsità ideologica in atto pubblico. Questo però esula dalla normale contestazione fiscale e diventerebbe materia penale comune. – Indebita percezione di erogazioni o altri reati: un caso curioso citato nelle cronache riguarda beneficiari di reddito di cittadinanza (sussidio statale) che non comunicano di aver ereditato un immobile continuando a percepire il beneficio. La Cassazione si è espressa ad esempio su una condanna per omessa comunicazione di reddito (qui l’immobile incideva sul patrimonio per il RdC) . Ma questo riguarda la frode ai danni dello Stato per il sussidio, non direttamente l’imposta di successione.
In sintesi, l’omessa dichiarazione di immobili ereditati di per sé non manda in prigione nessuno. Si rimane nell’ambito amministrativo. È comunque importante regolarizzare, sia per evitare le pesanti sanzioni economiche, sia perché, qualora l’omissione fosse parte di uno schema più ampio di frode (ad esempio eredità rilevanti non dichiarate e contemporaneo azzeramento di redditi dichiarati, ecc.), potrebbe attirare l’attenzione investigativa su altre violazioni.
Va aggiunto che nel 2019 vi è stata una riforma (L. 157/2019) che ha inasprito alcune pene dei reati tributari, ma sempre limitatamente ai tributi considerati dal D.Lgs. 74/2000. Quindi, aumentate le pene per omessa dichiarazione di redditi/IVA oltre soglie, ma irrilevante per successioni.
Un’ultima considerazione: il processo penale tributario e il contenzioso tributario sono separati. Se anche in teoria vi fosse un procedimento penale (es. per sottrazione fraudolenta come detto), esso non blocca l’accertamento fiscale né viceversa. Ma dato che, come visto, casi penali sono rari in questo ambito, per la difesa ci si concentra pressoché interamente sul piano amministrativo e tributario.
Dunque, il contribuente-debitore può affrontare la contestazione sapendo che al massimo dovrà pagare sanzioni pecuniarie, ma non rischia conseguenze penali dirette per aver omesso di dichiarare un immobile ereditato (a meno di circostanze eccezionali non comuni).
Strategie di difesa del contribuente
Passiamo ora al “come difendersi” concretamente da un’accusa di omessa dichiarazione o dichiarazione infedele relativa a immobili ereditati. Le strategie difensive variano a seconda della fase in cui ci si trova e delle caratteristiche del caso. Possiamo individuare vari strumenti:
- Regolarizzazione spontanea (ravvedimento operoso) prima di ricevere la contestazione.
- Difesa in fase pre-contenziosa: richieste in autotutela, accertamento con adesione, istanze di mediazione (se applicabile).
- Ricorso alle Corti di Giustizia Tributaria (ex Commissioni Tributarie) se l’atto è da impugnare formalmente.
- Tutele durante la riscossione: richiesta di sospensione, rateizzazioni, etc.
- Argomentazioni difensive di merito e procedurali da far valere (vizi, prescrizioni, ecc.).
Esaminiamoli in ordine logico.
Ravvedimento operoso: la regolarizzazione prima dell’accertamento
Il ravvedimento operoso è la possibilità data al contribuente di “rimediare” spontaneamente a un’omissione o irregolarità fiscale, beneficiando di sanzioni ridotte (oltre naturalmente a dover versare le imposte dovute e gli interessi legali). Nel contesto della successione: – Se un erede si rende conto (o viene a sapere) di non aver presentato la dichiarazione nei termini, può ancora presentarla tardivamente e pagare il dovuto con sanzioni ridotte. Prima lo fa, maggiore è lo sconto sulla sanzione . – Condizione fondamentale: il ravvedimento è ammesso solo se l’ufficio non ha ancora notificato atti di liquidazione o accertamento relativi a quella violazione . Quindi, se è già arrivato l’avviso, è tardi per ravvedersi su quella imposta (non resta che gli strumenti contenziosi). Ma se ancora non è arrivato nulla, si può agire.
Le tipologie di ravvedimento, secondo l’art. 13 D.Lgs. 472/97, prevedono riduzioni progressive: – Ravvedimento brevissimo entro 14 giorni: sanzione ridotta allo 0,1% per ogni giorno (per omessi versamenti). – Ravvedimento breve entro 30 giorni: sanzione al 1,5% (se omesso versamento) o 1/10 del minimo se altra violazione . – Ravvedimento entro 90 giorni: sanzione 1/9 del minimo . – Ravvedimento entro 1 anno: sanzione 1/8 del minimo . – Entro 2 anni: 1/7 del minimo . – Oltre 2 anni: 1/6 del minimo . – Dopo contestazione formale (PVC) ma prima dell’accertamento: 1/5 del minimo .
Nel nostro caso, la violazione “omessa dichiarazione” ha un minimo di €250 (se nessuna imposta) o 120% dell’imposta se dovuta. Quindi ad esempio: – Se ravvedo dopo 1 anno dall’omissione: pago 1/8 del 120% = 15% dell’imposta evasa come sanzione. – Se ravvedo dopo 3 anni (oltre 2 anni): 1/6 del 120% = 20% dell’imposta. – Queste percentuali erano prima basate sul vecchio range, ma il concetto rimane: si paga molto meno.
Come fare in pratica? Bisogna presentare la dichiarazione di successione tardiva (ora telematicamente: il sistema “Successioni web” accetta dichiarazioni tardive, occorre barrare la casella che indica la tardività) e contestualmente versare: – le imposte dovute (ipotecaria, catastale, bollo, tassa ipotecaria, ed eventualmente la stessa imposta di successione se determinabile – dal 2025 dovranno autoliquidarla subito, per prima era facoltativo attendere la liquidazione ma per ravvedimento conviene pagare tutto); – gli interessi legali calcolati dal giorno in cui si sarebbe dovuto pagare (esempio, se ravvedo entro un anno magari pago interessi di pochi mesi dal termine 12 mesi); – la sanzione ridotta calcolata come sopra.
In pratica, l’Agenzia delle Entrate ha introdotto nuovi codici tributo per pagare sanzioni e imposte di successione col modello F24 in autoliquidazione dal 2025 . Per il ravvedimento, vi sono codici tributo specifici per versare la sanzione ridotta e gli interessi.
Vantaggi del ravvedimento: Si evitano gli atti dell’ufficio e la sanzione piena, risolvendo con costi minori e senza contenzioso. Inoltre, si dà prova di buona fede e collaborazione, il che esclude qualsiasi profilo doloso.
Limiti: Se la violazione è stata già constatata (es. avete ricevuto un questionario o un invito formale o, peggio, un avviso), allora il ravvedimento “classico” non è ammesso . C’è tuttavia un’eccezione: la legge di Bilancio 2023 aveva introdotto un “ravvedimento speciale” per violazioni fino al 2021, anche già constatate, ma era una misura straordinaria di condono. Nel 2025 non c’è più quella possibilità (scadeva nel 2023). Dunque, oggi vige la regola generale.
Se siete ad esempio nella situazione in cui “mio padre è morto 2 anni fa, non ho fatto la successione di un terreno, finora nessuno mi ha cercato”, allora è fortemente consigliato ravvedersi: presentare ora la dichiarazione spontaneamente costerà molto meno che attendere l’accertamento.
Uno scenario pratico di ravvedimento: Mario eredita un immobile nel 2022 ma non fa nulla entro il 2023. A metà 2025 decide di sistemare: presenta la dichiarazione di successione (tardiva di 1.5 anni circa). Valore immobile 100.000 €, imposta successione zero perché erede figlio sotto franchigia, ma ipotecaria+catastale = 3% di 100.000 = 3.000 €. Sanzione omessa dichiarazione teorica 250-1000 € (nessuna imposta). Col ravvedimento a 1/6 (perché oltre 1 anno): paga 1/6 di 250 = circa 42 € di sanzione (praticamente nulla) + interessi su 3.000 da fine 2023 a metà 2025 (poco). Totale forse 3.100 €. Se aspettava la contestazione: avrebbe rischiato i 3.000 + sanzione 80% di 3.000 (voltura omessa) = 2.400 + min 250 = 2.650 € e interessi, quindi ~5.700 €. E se per caso l’ufficio avesse eccepito qualcosa anche se imposta successoria zero, comunque rogne. Dunque ravvedersi conviene.
Istanza di autotutela: far correggere errori all’ufficio
L’autotutela è il potere-dovere della Pubblica Amministrazione di correggere o annullare i propri atti quando risultano viziati o palesemente infondati. Il contribuente che riceve un avviso di accertamento può presentare un’istanza di autotutela all’ufficio che l’ha emesso, esponendo le ragioni per cui ritiene che l’atto sia errato e chiedendone l’annullamento (totale o parziale).
Quando è utile l’autotutela? Quando vi sono errori evidenti o documentali. Ad esempio: – L’ufficio contesta un immobile come non dichiarato, ma in realtà era stato dichiarato (magari con un identificativo catastale leggermente diverso, o c’è stato un errore di collegamento). Se si esibisce copia della dichiarazione dove l’immobile c’è, l’ufficio potrebbe riconoscere l’errore e annullare l’atto in autotutela. – Oppure l’ufficio applica una sanzione sbagliata (es. 180% invece di 120% post-riforma) o calcola male l’imposta. – O ancora, la notifica è stata fatta a un indirizzo sbagliato e l’atto è arrivato per conoscenza: l’ufficio potrebbe in autotutela decidere di rinotificare correttamente (ma questo raramente avviene su semplice istanza, di solito la notifica si eccepisce in ricorso). – Altra ipotesi: il contribuente aveva rinunciato all’eredità e non è erede affatto, quindi quell’avviso a lui intestato è infondato perché non soggetto passivo. Presentando copia dell’atto di rinuncia, l’ufficio dovrebbe annullare le pretese verso quel soggetto (e semmai rivolgersi ad altri eventuali accettanti, o allo Stato come erede in mancanza).
L’autotutela va richiesta per iscritto con un’istanza motivata e documentata. Non sospende automaticamente i termini di ricorso o di pagamento! Quindi è essenziale, se i 60 giorni dalla notifica stanno per scadere, valutare di presentare comunque ricorso per sicurezza. L’ufficio potrebbe non rispondere o rigettare l’istanza.
Se però il termine non è imminente o l’errore è lampante, tentare l’autotutela può risolvere il problema in modo più rapido e indolore. Spesso, in materia di successioni, gli uffici sono disposti ad annullare in autotutela qualora il contribuente dimostri chiaramente che la pretesa è sbagliata (ad esempio, patrimonio inferiore a franchigia quindi imposta successione zero: magari l’ufficio aveva contestato come se fosse dovuta l’imposta, e invece no – in tal caso la sanzione andrebbe ricalcolata solo come omessa dichiarazione senza imposta).
È opportuno inviare l’istanza via PEC o raccomandata A/R all’ufficio territoriale competente (indicato nell’atto). Nell’istanza di solito si chiede anche la sospensione spontanea della riscossione in attesa della risposta. L’ufficio può concederla, ma non è obbligato.
Accertamento con adesione: trovare un accordo col fisco
L’accertamento con adesione è uno strumento deflattivo del contenzioso che consente al contribuente e all’ufficio di “trattare” per trovare un accordo sull’accertamento, con benefici sanzionatori. Si applica, in generale, anche agli avvisi di accertamento relativi a imposte di successione.
Procedura: dopo la notifica dell’atto, il contribuente può presentare istanza di accertamento con adesione (entro 60 giorni dall’atto). Questo comporta una sospensione dei termini di impugnazione di 90 giorni. Si viene convocati dall’ufficio per un contraddittorio. In quella sede, si può discutere i punti dell’accertamento: – ad esempio, contestare il valore attribuito a un immobile omesso e cercare di ottenere una riduzione; – far presente eventuali errori o circostanze attenuanti; – proporre di pagare l’imposta ma con sanzioni ridotte.
Se si raggiunge un accordo, viene redatto un atto di adesione con l’importo concordato. Il vantaggio è che le sanzioni vengono ridotte a 1/3 del minimo previsto. Ad esempio, se la sanzione omessa dichiarazione era 120%, in adesione scende a 40%. Inoltre si evita il contenzioso.
Nel caso di omessa dichiarazione, spesso c’è poco da negoziare sull’imposta (o è dovuta per legge quella e basta). Però l’adesione potrebbe servire per ridurre le sanzioni formalmente (anche se già la legge prevede sanzione 120%, col 1/3 su 120% si arriva a 40% dell’imposta). Ciò può essere interessante. Analogamente, su una dichiarazione infedele con imposta evasa, sanzione 80% scenderebbe a ~27%.
Bisogna valutare se l’ufficio è disponibile. In genere per successioni non complesse e importi non enormi, l’ufficio può preferire chiudere subito con adesione. Per il contribuente è da considerare se ha argomenti per vincere in toto in giudizio: se sì, l’adesione non serve; se no, può risparmiare tempo e denaro.
Mediazione e conciliazione giudiziale
Fino al 2022 era obbligatorio, per gli atti di valore fino a €50.000, presentare un reclamo-mediazione prima del ricorso. Dal 2023 la mediazione tributaria obbligatoria è stata abolita per i nuovi ricorsi . Quindi oggi si può ricorrere subito. Tuttavia, è sempre possibile conciliare in fase giudiziale.
Ad esempio, dopo aver presentato ricorso, nel corso del processo (anche già alla prima udienza) si può proporre una conciliazione con l’ente impositore: in pratica ci si accorda su un importo e si mette tutto a verbale, chiudendo la lite. In conciliazione le sanzioni sono ridotte al 50% (se conciliazione in primo grado) o al 60% (in secondo grado).
Se quindi non si è fatto adesione prima, c’è un’ulteriore chance di accordo anche dopo aver avviato il ricorso.
Ricorso alle Corti di Giustizia Tributaria
Se non si trova soluzione in via amministrativa o non la si cerca affatto, rimane la strada del ricorso al giudice tributario. Questo è lo strumento fondamentale per far valere in modo vincolante le proprie ragioni, soprattutto su questioni di diritto o valutazioni controverse.
Termine e formalità: Il ricorso va presentato (depositato telematicamente) entro 60 giorni dalla notifica dell’atto , salvo sospensioni. Davanti alle Corti di Giustizia Tributaria di primo grado (ex Commissioni Tributarie Provinciali) oggi il contribuente può stare in giudizio personalmente se il valore della causa è entro €3.000; oltre tale soglia serve un avvocato tributarista o altro professionista abilitato (dottore commercialista, consulente del lavoro, ecc.). Nel nostro contesto, spesso i valori superano 3k, quindi serve assistenza tecnica.
Motivi di ricorso: possono essere vari: – Vizi formali e procedurali: notifica nulla, atto firmato da funzionario non delegato, motivazione carente o atto emesso fuori termine (decadenza). Ad esempio, se l’avviso è arrivato dopo più di 5 anni dal decesso in caso di omessa dichiarazione , se ne eccepisce la decadenza. Oppure se la motivazione non spiega quali beni sarebbero omessi, si eccepisce nullità per difetto di motivazione. – Questioni di merito – imposta: contestare il calcolo dell’imposta. Es: l’ufficio ha calcolato imposta successione senza considerare franchigie; oppure ha considerato un bene parte dell’asse mentre giuridicamente non ne faceva parte (es. un immobile che era già donato prima della morte, quindi non andava in successione). – Questioni di merito – sanzioni: contestare l’applicazione della sanzione, invocando ad esempio l’esimente della buona fede e dell’assenza di evasione. La legge consente a volte di non applicare sanzioni se il contribuente prova che il fatto dipende da causa di forza maggiore o incertezza normativa oggettiva. Non presentare per dimenticanza di solito non esonera, ma si può chiedere clemenza evidenziando che non c’era volontà di evadere e che l’imposta non era dovuta (in passato alcune Commissioni hanno annullato sanzioni se la tardività non arrecava danno). – Applicazione retroattiva legge più favorevole: come detto, se l’atto è stato emesso applicando sanzioni vecchio regime più alte mentre nel 2024 sono state abbassate prima della decisione, si può chiedere al giudice di applicare il favor rei e ridurre la sanzione alle nuove misure. – Errori sui valori o sulle quote: es. l’ufficio attribuisce l’intera imposta a un solo erede quando invece andrebbe frazionata. – Agevolazioni non riconosciute: caso tipico, l’ufficio nega l’agevolazione prima casa perché la dichiarazione è tardiva. Ebbene, come abbiamo visto, grazie alla Risoluzione 66/E 2024 si può sostenere che l’agevolazione spetti anche se richiesta tardivamente (purché entro 5 anni e prima dell’accertamento). Un ricorso su questo punto avrebbe ora ottime chance di vittoria, dato l’orientamento ufficiale aggiornato.
Svolgimento del giudizio: Presentato il ricorso, l’ente impositore (Agenzia Entrate o Comune per IMU) si costituisce con controdeduzioni. Il giudizio può durare alcuni mesi o più, a seconda della complessità. Se urgente, si può chiedere la sospensione dell’atto: occorre presentare istanza motivata (ad esempio dimostrando che pagarne l’intero importo arrecherebbe danno grave e irreparabile) . Il giudice può sospendere la riscossione fino alla sentenza di primo grado.
La sentenza di primo grado può accogliere (annullando in tutto o in parte l’atto) oppure rigettare (confermare il dovuto). C’è poi possibilità di appello in secondo grado presso la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado (ex Commissione Regionale). Infine, eventuale ricorso in Cassazione per soli motivi di diritto.
Fare causa al fisco ha dei costi (spese legali, contributo unificato) e tempi, perciò va valutato caso per caso. Ma se la somma contestata è ingente e si hanno validi motivi, il ricorso è lo strumento per ottenere giustizia. Come evidenziato dallo Studio Monardo , un’efficace difesa può portare a: – annullamento totale o parziale della contestazione; – riduzione di sanzioni e interessi; – possibilità di integrare la dichiarazione senza eccessive penalità; – sospensione di esecuzioni in corso; – insomma pagare solo il giusto dovuto.
Va ricordato che il termine di 60 giorni è perentorio: se lo si lascia scadere senza fare nulla, l’atto diventa definitivo e non più impugnabile . Quindi, anche se si sta trattando un’adesione o un’autotutela, conviene depositare ricorso cautelativo se la scadenza si avvicina, per non perdere la chance di difesa.
Rateazione e tutela del patrimonio durante la riscossione
Dal punto di vista del debitore, oltre a contestare l’atto può essere cruciale gestire il pagamento. Se l’importo è elevato e non si dispone subito della liquidità, si può chiedere una rateizzazione: – Per le somme in fase di accertamento, se si chiude con adesione, la legge consente rate (fino a 8 rate trimestrali se importo > €50k, ad esempio). – Se invece l’atto diventa definitivo e passa a cartella, si può chiedere rateazione all’Agente della Riscossione (piani fino a 6 anni, 72 rate, o straordinari 10 anni, 120 rate, se in difficoltà).
Nei casi di eredità rilevanti, il TUS stesso prevedeva la possibilità di rateizzare l’imposta di successione in determinate condizioni (art. 38 TUS prevedeva il versamento dilazionato in 8 rate semestrali oltre una certa soglia). Questo strumento è utile se l’eredità è poco liquida (es. solo immobili e niente soldi, vendere l’immobile richiede tempo).
Salvaguardia degli immobili ereditati: L’Agenzia Entrate Riscossione, in presenza di un debito da imposta di successione non pagato, può iscrivere ipoteca sugli immobili ereditati (e anche su altri beni del debitore). L’ipoteca serve a garantire il credito, e se il debito supera €20.000 è una facoltà spesso esercitata. Inoltre, se il debito supera €120.000, passato il termine la legge consente anche il pignoramento immobiliare (espropriazione) per vendere l’immobile all’asta e soddisfare il credito. Ovviamente, prima di arrivare a ciò, il contribuente dovrebbe attivarsi: presentando ricorso con istanza di sospensione si può bloccare la riscossione; oppure richiedendo rateizzazione, l’Agente di Riscossione non procede coattivamente finché si pagano le rate.
È fondamentale anche qui agire tempestivamente: se si riceve una cartella, ci sono 60 giorni per pagarla o chiederne la dilazione prima che possano partire le misure esecutive. Se c’è un giudizio in corso, segnalare all’Agente che c’è una sospensione o un contenzioso per ottenere sospensione amministrativa.
Argomentazioni difensive specifiche
Infine, vale la pena elencare alcune difese specifiche che un avvocato tributarista potrebbe usare in casi di contestazioni su immobili ereditati:
- Inerzia prolungata e prescrizione del diritto d’accettazione: se l’Agenzia notifica l’atto dopo più di 10 anni, l’erede potrebbe eccepire di non essere più erede (se nel frattempo non ha accettato) perché il diritto si è prescritto. Questa è una situazione limite e complicata (in teoria se in 10 anni non ha accettato è fuori, ma spesso avrà comunque esercitato atti impliciti, o lo stesso presentare la dichiarazione tardiva è accettazione).
- Qualità di erede contestata: a volte c’è contenzioso tra soggetti su chi sia erede (impugnazioni testamentarie, etc.). Un soggetto potrebbe ricevere un avviso come erede ma sostenere di non esserlo (perché ha rinunciato, o perché c’è un testamento non riconosciuto). In sede tributaria non si può risolvere la disputa successoria, ma si può chiedere sospensione in attesa del giudizio civile o annullamento se si prova la rinuncia.
- Bene già trasferito prima della morte: se l’immobile contestato in realtà non era nell’asse (ad esempio donato in vita), si contesta che quell’imposta non è dovuta perché non era eredità. Bisogna fornire atti.
- Errore scusabile: l’art. 6, comma 5-bis, del D.Lgs. 472/97 prevede che “non è punibile chi ha commesso il fatto per obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma”. Nel nostro contesto, l’incertezza normativa è difficile da invocare (gli obblighi sono chiari), però potrebbe esserci in situazioni peculiari: ad es. un immobile all’estero, l’erede non sapeva se andava dichiarato in Italia, ecc. Non frequente, ma da valutare.
- Buona fede e mancanza di volontà evasiva: in generale, far emergere che l’omissione non era finalizzata a evadere una tassa (magari l’imposta era zero) può aiutare a ottenere comprensione dal giudice, talvolta portandolo a ridurre le sanzioni al minimo.
- Vizi nell’atto di accertamento: li ribadiamo perché spesso vincenti: notifica oltre termini, motivazione assente o copia-incolla generico, carenza di delega del firmatario (recentemente la Cassazione ha richiesto che la delega interna al funzionario che firma l’atto sia provata, altrimenti l’atto è nullo). Questi aspetti tecnici vanno sempre scandagliati.
Contestazioni su IMU e tasse locali per immobili ereditati
Oltre all’ambito dell’imposta di successione (che è statale), un erede può trovarsi di fronte a contestazioni del Comune relative agli immobili ereditati non dichiarati o non regolarizzati a livello locale. I due fronti sono paralleli ma distinti:
- IMU (Imposta Municipale propria): È dovuta da chi possiede immobili (esclusa l’abitazione principale, salvo lusso). Quando il proprietario muore, gli eredi diventano soggetti passivi IMU dal giorno del decesso per le quote ereditate. In caso di più coeredi, ciascuno è titolare per la sua quota di proprietà. Se esiste un coniuge superstite con diritto di abitazione sulla casa familiare, quest’ultimo paga IMU come unico soggetto sull’abitazione (che per lui è principale ed esente, mentre per gli altri coeredi è nuda proprietà esente). Problema: se la successione non è stata dichiarata, il Comune potrebbe non conoscere i nuovi proprietari. Tuttavia, il decesso viene registrato in anagrafe, e l’immobile risulterà “in capo a defunto”. Molti Comuni incrociano i dati e mandano avvisi agli “Eredi di …” presso l’ultimo domicilio fiscale del defunto, per la riscossione dell’IMU.
Se gli eredi non hanno pagato l’IMU dall’anno del decesso in poi, il Comune può: – emettere avvisi di accertamento per omesso versamento per ciascun anno (entro 5 anni). Ad esempio, decesso nel 2020, IMU 2020 non pagata –> avviso entro 2025. – Applicare sanzione del 30% su ogni anno omesso, più interessi (gli interessi per tributi locali variano in base a delibere, ma di solito sono il tasso legale). – L’avviso verrà intestato agli eredi (in solido o pro quota, a seconda di come gestiscono: spesso mandano uno per tutti, ma in realtà ciascuno dovrebbe la sua quota).
Difesa IMU: Si può ricorrere anche qui al giudice tributario. Argomenti possibili: – L’erede ha rinunciato all’eredità e quindi non è proprietario (va provato con atto di rinuncia). – L’immobile era inagibile o esente per qualche ragione e il Comune non l’ha considerato. – Oppure far valere cause di non debenza: es. coniuge superstite aveva esenzione prima casa. – Se il Comune ha preteso da un coerede l’intera IMU invece della sua quota, si può contestare che l’obbligazione IMU per coeredi è pro quota (a differenza delle imposte di successione dove il fisco talvolta chiede a uno per tutti, l’IMU è un’imposta reale su proprietà: ciascuno è titolare solo della sua frazione). – Vizi formali: avviso carente di motivazione, notificato oltre termine, ecc.
Anche per IMU è possibile il ravvedimento operoso: se ci si accorge entro i 5 anni, meglio versare spontaneamente con sanzioni ridotte. Ad esempio, se non ho pagato IMU 2022 sull’immobile ereditato, posso ancora ravvedermi nel 2023 pagando sanzione ridotta.
- TARI (Tariffa rifiuti): Se l’immobile ereditato è rimasto occupato, magari dagli eredi, potrebbero esserci questioni di voltura dell’utenza rifiuti. Ma questo esula dal nostro tema, se non per dire: ricordarsi di volturare anche le utenze e le iscrizioni Tari, per non accumulare insoluti a nome del defunto.
- Altre imposte locali: In genere per gli immobili le principali sono IMU e TARI. La TASI è stata abolita dal 2020 accorpandola in IMU. L’imposta di registro non è locale, ma se ad esempio gli eredi vendono l’immobile senza aver fatto la successione, dovranno prima fare la successione e poi pagare l’eventuale registro sulla vendita.
In caso di mancata presentazione della dichiarazione IMU: va detto che attualmente la dichiarazione IMU va fatta solo in casi particolari (ad esempio quando si vuole segnalare un’agevolazione o una situazione non nota al catasto). Se un immobile passa per successione, una volta volturato catastalmente, il Comune di solito ne viene a conoscenza e non richiede una specifica dichiarazione IMU (dal 2020, la legge semplifica e dice che se il Comune ha le info dagli atti telematici non serve dichiarazione). Dunque, la maggior parte delle contestazioni riguarda l’omesso pagamento, non tanto l’omessa dichiarazione IMU. Però se un Comune eccepisce la mancata presentazione del modulo di dichiarazione IMU in una certa fattispecie (es. immobile ereditato affittato con canone concordato dove si doveva dichiarare l’aliquota agevolata), potrebbe applicare la sanzione 100-200%. Questi casi sono davvero minori e molto tecnici.
Punto di vista del debitore IMU: A differenza dell’imposta di successione, l’IMU produce debiti anno per anno, e il Comune può procedere anch’esso a ingiunzioni e pignoramenti. Gli importi però di solito sono minori (salvo grosse proprietà). Le strategie difensive sono simili: ravvedimento se possibile, autotutela se evidenti errori (es. immobile esente che il Comune ha tassato, come nel caso di abitazione principale di coniuge superstite: spesso succede confusione, risolvibile mostrando certificato di residenza), ricorso se serve.
Coordinamento con la successione: Sistemare la posizione successoria aiuta anche per IMU. Infatti, se fate la voltura catastale, il Comune vedrà i nuovi intestatari e vi manderà per tempo eventuali avvisi o F24 per pagare. Se lasciate tutto in sospeso, rischiate accumulo di anni di IMU non pagata.
In conclusione, il debitore-erede deve affrontare potenzialmente due fronti: quello statale (successione) e quello comunale (IMU). Non dichiarare un immobile ereditato non evita affatto di pagare le tasse, anzi rinvia solo il problema aggravandolo di sanzioni. Per difendersi efficacemente, conviene regolarizzare quanto prima e, se già contestati, usare tutti gli strumenti visti sopra.
Esempio pratico: flusso di accertamento e difesa step-by-step
Di seguito proponiamo una simulazione pratica, un caso ipotetico che illustra il percorso dal mancato adempimento alla difesa, con relative cifre semplificate. Questo per dare un’idea concreta di cosa succede e come reagire.
Scenario:
Giovanni è deceduto nel 2019 lasciando in eredità ai suoi due figli, Marco e Lucia, i seguenti beni: – Casa di abitazione del valore catastale di €120.000 (rendita €800). Marco vi abita stabilmente ed ha i requisiti di prima casa; Lucia no. – Un secondo appartamento, valore catastale €80.000, affittato a terzi. – Conto corrente €20.000. Non c’è imposta di successione da pagare perché ciascun figlio eredita €110.000 di attivo, sotto la franchigia di 1.000.000 €. Però ci sarebbero da pagare €6.000 di imposte ipotecarie e catastali (3% su 200k) riducibili a 400 € se prima casa su uno degli immobili. Marco e Lucia, per disaccordi, non presentano la dichiarazione di successione nei 12 mesi. Marco peraltro pensa: “Tanto non c’è succession tax, siamo parenti stretti sotto soglia, risparmiamo notaio e sbattimenti”. La casa rimane intestata al papà defunto in catasto e conservatoria.
Anno 2020-2021: Nessuno paga l’IMU sul secondo appartamento affittato, perché formalmente è intestato al defunto (il Comune non invia F24 a nessuno; Marco e Lucia non se ne preoccupano). Sulla casa principale, Marco usufruisce di fatto gratis, ma non essendo ancora intestata a lui, il Comune la considera ancora come proprietà del defunto (che essendo deceduto non può avere residenza; dunque rischia di essere considerata seconda casa vuota e tassata anch’essa con aliquota IMU seconda casa se emergesse).
Estate 2022: L’Agenzia delle Entrate, tramite incrocio con l’anagrafe, scopre che per il decesso di Giovanni (2019) manca la dichiarazione di successione. Invia a Marco e Lucia (all’indirizzo noto del defunto, dove ora risiede Marco) una lettera di sollecito invitando a presentare la dichiarazione entro 90 giorni. Marco e Lucia ignorano la lettera.
Marzo 2023: L’Agenzia delle Entrate emette un Avviso di accertamento d’ufficio a carico degli “Eredi di Giovanni”. I contenuti principali: – Calcola le imposte ipotecaria e catastale dovute: €6.000 (non avendo loro richiesto prima casa formalmente, non concede l’agevolazione). – Applica sanzione omessa dichiarazione 120%: imposta successione evasa era €0 (nessuna dovuta su franchigia), quindi sanzione fissa €500 (sceglie un valore medio tra 250 e 1000) per l’omissione formale. – Applica sanzione omessa voltura 80% sulle imposte ipocatastali: 80% di 6.000 = €4.800. – Interessi legali sulle imposte ipocatastali dal 2020 al 2023 ~ €500. – Totale richiesto: €6.000 + 500 + 4.800 + 500 = €11.800, da pagare entro 60 gg, solidalmente a Marco e Lucia (cioè ciascuno responsabile per l’intero).
Contestualmente, il Comune (che ha ricevuto notizia dai ruoli immobiliari) nel 2023 invia: – Avvisi IMU 2020-2021-2022 per il secondo appartamento, intestati “Eredi di Giovanni”: richiede €800/anno di IMU = €2.400, più sanzioni 30% (€720) e interessi €100. Totale circa €3.220 da pagare (anche qui entro 60 gg).
Marco si allarma perché non ha disponibilità liquide elevate; Lucia addirittura aveva ignorato tutta la faccenda e vuole rinunciare tardivamente (ma ormai ha usato i soldi del conto, quindi ha accettato tacitamente). Consultano quindi un avvocato tributarista.
Difesa step-by-step:
- Valutazione iniziale: L’avvocato nota che l’Agenzia delle Entrate ha sanzionato come omessa dich. (€500) e omessa voltura (€4.800). Fa presente che se avessero fatto la pratica per tempo, avrebbero pagato solo 400 € di imposte ipocatastali (prima casa per Marco e imposta ridotta), e nessuna sanzione. Ora invece chiedono 11.800 €. Propone di tentare un accordo via adesione.
- Istanza di adesione: Marco e Lucia inviano istanza di accertamento con adesione all’Agenzia Entrate. Ciò sospende i termini del ricorso. Vengono convocati. Nel frattempo, presentano finalmente la dichiarazione di successione (nel 2023) chiedendo l’agevolazione prima casa per Marco sulla casa. L’ufficio, in sede di adesione, riconosce che l’agevolazione spetta anche se tardiva (anche grazie alla recente Risoluzione 66/E 2024) . Quindi ricalcola:
- Imposta ipotecaria e catastale dovute non più 6.000 ma €400 (200+200).
- Sanzione omessa voltura 80% ora su 400 = €320. Inoltre, applicando l’adesione, riduce tutte le sanzioni a 1/3:
- Omessa dichiarazione: €500 diventa €167.
- Omessa voltura: €320 diventa circa €107. Totale sanzioni adesione ~ €274. Interessi su 400 € irrilevanti, pochi euro. Quindi con l’adesione si accordano per pagare: imposte €400 + sanzioni €274 + interessi = ~€700 (anziché 11.800!). L’Agenzia accetta perché comunque incassa le imposte dovute e chiude il caso.
- Pagamento accordo: Marco e Lucia pagano i €700 (magari metà ciascuno). L’Agenzia annulla l’accertamento originario sostituendolo con l’atto di adesione.
- IMU col Comune: Per i €3.220 di IMU arretrata, l’avvocato presenta invece ricorso al giudice tributario:
- Motiva che per la casa principale spettava esenzione prima casa (anche se non formalizzata, era evidente che Marco vi risiedeva dal 2019) e quindi non era dovuta IMU su quella (il Comune in effetti non l’aveva chiesta, chiedeva solo sul secondo appartamento).
- Per il secondo appartamento, chiede di applicare la ripartizione pro quota: essendo metà di Marco e metà di Lucia, ciascuno dovrebbe €1.610 e il Comune dovrebbe notificare atti individuali, cosa che non ha fatto. Inoltre, chiede la sanzione ridotta a 1/5 perché i contribuenti hanno pagato spontaneamente il dovuto appena ricevuti gli avvisi (supponiamo lo abbiano fatto con ravvedimento dopo l’avviso, anche se formalmente ravvedimento post-avviso non è ammesso, magari han pagato subito per mostrare buona volontà).
- Il giudice, vista la conciliazione già fatta con lo Stato e la situazione famigliare, potrebbe in sede di giudizio conciliare: i fratelli propongono di pagare l’IMU dovuta di €2.400 senza sanzioni. Il Comune accetta di togliere le sanzioni (€720) e gli interessi (€100) se incassa l’imposta. Viene redatto un verbale di conciliazione in cui Marco e Lucia pagano €2.400 diviso due, cioè €1.200 a testa.
- In alternativa, se il Comune fosse rigido, il giudice potrebbe comunque annullare parte delle sanzioni se ritenute non dovute magari per vizio di notifica (non entriamo nel dettaglio, l’importante è risolvere con esborso contenuto).
- Situazione finale:
- Imposta successione: nessuna (non dovuta).
- Imposte ipocatastali pagate: €400.
- Sanzioni Agenzia: €274.
- IMU pagata: €2.400.
- Sanzioni IMU: tolte.
- Totale pagato: circa €3.074, equamente diviso tra i due eredi ~ €1.537 ciascuno.
- In più, hanno dovuto comunque fare la dichiarazione di successione (con l’aiuto di un CAF, costo magari €300) e pagare l’avvocato per l’assistenza (diciamo €1.500).
- Complessivamente dunque ogni erede ha speso all’incirca €2.300 per sanare tutto.
Questo scenario mostra come, con la difesa attiva, si è passati da una pretesa iniziale combinata di oltre €15.000 tra Agenzia e Comune, a un esborso di circa €3.000. Naturalmente ogni caso è diverso, ma i numeri illustrano sia la gravità delle sanzioni se inerti, sia l’efficacia di usare gli strumenti legali per ridurle.
Da notare che, se Marco e Lucia avessero agito fin da subito (entro il 2020) presentando la successione e pagando IMU, avrebbero speso: €400 imposte, niente sanzioni, e magari €1.600 di IMU (800×2 anni), totale €2.000, risparmiando avvocati e stress. La differenza non è enorme nel nostro esempio perché la difesa ha funzionato bene, ma in situazioni dove l’imposta di successione è elevata, non c’è sempre margine per ridurre tutto così tanto. Dunque prevenire è meglio, ma se la contestazione arriva, c’è modo di difendersi efficacemente.
Domande frequenti (FAQ)
D: Cosa rischio se non presento la dichiarazione di successione per un immobile ereditato?
R: Rischi un accertamento fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate, con il calcolo dell’imposta eventualmente dovuta, una sanzione amministrativa che oggi è pari al 120% dell’imposta (minimo €250) , e gli interessi di mora dal momento in cui avresti dovuto pagare . Se nessuna imposta era dovuta, la sanzione comunque va da €250 a €1.000 . Inoltre, finché non regolarizzi, non potrai vendere o pienamente disporre di quell’immobile (formalmente rimane intestato al defunto) . Potresti anche avere problemi con le tasse locali: ad esempio il Comune potrebbe chiederti l’IMU arretrata con sanzioni del 30% per ogni anno non pagato. In casi estremi (evasione molto rilevante con comportamenti fraudolenti) potrebbe configurarsi qualche reato, ma normalmente l’omissione della dichiarazione di successione non comporta responsabilità penali, solo sanzioni economiche.
D: Dopo quanti anni si prescrivono le sanzioni o i controlli sulla successione non dichiarata?
R: L’Agenzia delle Entrate ha 5 anni di tempo dal termine entro cui avresti dovuto presentare la dichiarazione per notificarti un accertamento . Trascorsi quei 5 anni, non può più multarti (le sanzioni sono prescritte), ma l’imposta di successione rimane comunque dovuta. In pratica: dopo 5 anni l’ufficio non può emettere atti sanzionatori, tuttavia se tu presenti spontaneamente la dichiarazione anche dopo tale periodo dovrai pagare l’eventuale imposta (e probabilmente anche le imposte ipotecarie e catastali, con interessi). Dal lato civilistico, ricorda che il diritto di accettare l’eredità si prescrive in 10 anni , quindi se per 10 anni nessuno fa nulla, formalmente perdi il diritto a quella eredità (salvo che tu abbia nel frattempo compiuto atti che valgono come accettazione tacita). In sintesi: 5 anni per le sanzioni fiscali, 10 anni per la questione ereditaria civile. Ci sono poi termini lunghissimi (20-40 anni) in cui la situazione diventa molto complicata (usucapione di terzi, catasto non aggiornato, ecc.) .
D: Ho scoperto solo ora (nel 2025) che mio nonno mi aveva lasciato in eredità un piccolo terreno nel 2015 e nessuno in famiglia ha fatto la successione. Posso ancora fare qualcosa?
R: Sì. Puoi ancora presentare la dichiarazione di successione tardiva. Essendo passati più di 5 anni dal 2016 (termine originario), l’Agenzia Entrate non potrà applicare sanzioni perché decaduta . Dovrai però pagare le imposte dovute (se dovute) con gli interessi. Attenzione però: se sono passati oltre 10 anni dal decesso (nel tuo caso 2015→2025 sono 10 anni esatti), si pone il problema dell’accettazione dell’eredità. Dovresti verificare di aver fatto qualche atto di accettazione tacita prima (es. gestione del terreno) entro i 10 anni, altrimenti formalmente l’eredità sarebbe prescritta. In genere, presentare ora la dichiarazione equivale ad accettazione tacita (ma in teoria fuori termine civile). È un caso un po’ borderline: spesso l’Agenzia accetta comunque la dichiarazione e incassa le imposte. Il consiglio è di procedere comunque con la pratica (magari con l’assistenza di un notaio se servisse sanare civilmente con una nomina di erede giacente). Sul piano fiscale, come detto, non dovresti avere sanzioni (oltre 5 anni). Quindi la tua posizione verrà regolarizzata pagando solo le eventuali imposte più interessi.
D: Ho fatto la successione ma ho dimenticato di inserire un piccolo conto bancario che il defunto aveva. Cosa devo fare per rimediare?
R: Dovresti presentare una dichiarazione integrativa di successione appena possibile, includendo il bene dimenticato. Se lo fai spontaneamente prima che l’ufficio se ne accorga, potrai avvalerti del ravvedimento operoso sulle eventuali differenze d’imposta. Significa che pagherai la differenza di imposta (se c’è) più una sanzione ridotta (ad esempio 1/8 o 1/7 della sanzione piena, a seconda di quanto ritardo è passato) . Se il conto era di modesto importo e non incide sull’imposta (magari l’imposta resterebbe zero), la sanzione sarà solo fissa (250 € ridotta a magari 1/8 = circa 30 €). Presentare l’integrativa mostra buona fede. Invece, se non fai nulla e l’ufficio scopre il conto (facilmente, tramite l’anagrafe dei rapporti finanziari), ti invierà un avviso di liquidazione per dichiarazione infedele, con sanzione all’80% dell’imposta evasa (che se l’imposta è zero diventa da 250 a 1000 €) e interessi. Molto meglio provvedere tu subito.
D: L’agevolazione “prima casa” in successione vale anche se dichiaro in ritardo?
R: Sì, secondo le ultime indicazioni ufficiali sì, l’agevolazione prima casa (imposte ipotecaria e catastale fisse €200+200 anziché 3%) può essere riconosciuta anche se la dichiarazione di successione è presentata oltre i 12 mesi. L’importante è che tu richieda formalmente l’agevolazione (dichiarando di avere i requisiti) entro il termine di 5 anni dall’apertura della successione e comunque prima che ti venga notificato un accertamento . L’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione 66/E del 20-12-2024, ha chiarito che il ritardo non fa decadere dal beneficio , in linea con precedenti sentenze della Cassazione. Tuttavia, devi essere in possesso di tutti i requisiti prima casa (non avere altre case in proprietà nello stesso Comune, non aver usufruito altrove dell’agevolazione, trasferire la residenza nel Comune entro 18 mesi, etc.). Se ti eri dimenticato di barrare la casella prima casa nella dichiarazione originaria, puoi integrarla finché l’ufficio non ti liquida le imposte (entro termini di accertamento) . Quindi, in breve: sì, puoi ottenere l’agevolazione anche se dichiari tardi, purché regolarizzi entro 5 anni e prima di essere accertato, dichiarando i requisiti. Se invece te la negano, sappi che oggi c’è un chiaro orientamento per cui un ricorso ti darebbe ragione su questo punto.
D: L’omessa dichiarazione di successione è un reato? Posso essere denunciato penalmente o finire in carcere?
R: No, stai tranquillo: non presentare (o falsare) la dichiarazione di successione non è previsto come reato tributario nel nostro ordinamento . I reati fiscali riguardano imposte sui redditi, IVA e simili, non l’imposta di successione. Nel 99% dei casi affronterai solo sanzioni amministrative pecuniarie. Solo in ipotesi molto particolari potrebbe entrare in gioco qualche reato, ad esempio: – se per non pagare l’imposta vendi di nascosto i beni ereditati simulando atti (potrebbe configurarsi sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, art.11 D.Lgs.74/2000, ma devono esserci atti fraudolenti e debiti sopra 50.000 € – scenario raro nelle successioni); – oppure se produci documenti falsi durante il procedimento (allora sarebbero reati di falso comune, non tributario).
In assenza di queste aggravanti, la conseguenza è solo economica, per quanto spiacevole. Nessun precedente indica persone perseguite penalmente solo per una successione non dichiarata.
D: Non ho i soldi per pagare subito tutto l’importo richiesto dall’Agenzia delle Entrate per la successione omessa. Posso chiedere una rateizzazione?
R: Sì. In fase di accertamento, puoi chiedere un piano di rate sia se aderisci con accertamento con adesione, sia dopo se ricevi una cartella. Ad esempio, con l’adesione l’importo dovuto può essere dilazionato in otto rate trimestrali (due anni) se supera €50.000, oppure in un numero inferiore di rate se minore. Dopo la cartella, l’Agente della Riscossione concede piani ordinari fino a 72 rate mensili (6 anni) se il debito supera €120, e piani straordinari fino a 120 rate (10 anni) se c’è dimostrata grave difficoltà. Devi fare domanda motivando la tua situazione economica. Se il debito è modesto (sotto €1000) di solito vanno pagati in un’unica soluzione. Comunque, è sempre meglio contattare l’ufficio/Agente e non restare inerti: una rateizzazione concessa blocca azioni esecutive e ti permette di saldare gradualmente. Ricorda anche che per importi alti potresti valutare la vendita di qualche bene ereditato per pagarne le imposte: la legge ti permette per l’imposta di successione di chiedere fino a 1 anno di tempo per pagare (in certe condizioni) e ipotecare l’immobile a favore del fisco come garanzia finché non vendi.
D: Sono coerede con alcuni familiari ma solo io ho ricevuto l’avviso di accertamento per la successione omessa. Devo pagare tutto io?
R: Legalmente, l’obbligazione tributaria per l’imposta di successione grava su ciascun erede in proporzione alla quota ereditata. Quindi ciascuno dovrebbe pagare la sua parte. Però l’Amministrazione finanziaria ha facoltà di chiedere l’intero importo a uno solo degli eredi (responsabilità in solido) e lasciare a lui il compito di rivalersi sugli altri per le loro quote. Se solo tu hai ricevuto l’avviso, probabilmente l’hanno notificato ad ogni coerede separatamente e magari gli altri non te l’hanno comunicato. Accertati presso di loro o presso l’ufficio: è prassi notificare a tutti. In ogni caso, se risultasse notificato solo a te, potresti impugnare eccependo che andava coinvolto anche l’altro erede; tuttavia, la giurisprudenza dice che la notifica a uno non rende nullo l’atto (perché la solidarietà permette ciò). In pratica, ti conviene informare subito gli altri coeredi e condividerne oneri e decisioni. Puoi pagare e poi chiedere a loro la loro parte (anche giudizialmente in sede civile se non vogliono). Oppure fare ricorso anche nell’interesse loro. Dal punto di vista dell’Erario, se l’importo non viene pagato, inseguiranno chi è solvibile: quindi se tu sei individuato e hai redditi/patrimonio, andranno da te. Meglio coinvolgere gli altri e magari presentare un ricorso congiunto, se del caso. Nota: in altri ambiti (IMU) i coeredi rispondono solo pro quota, quindi lì il Comune non può farti pagare anche la parte altrui, ma per l’imposta di successione la norma fiscale consente la solidarietà.
D: Gli altri eredi non vogliono saperne di fare la successione o pagare le imposte. Cosa posso fare per sistemare la mia parte?
R: Situazione difficile ma comune: magari tra fratelli non ci si accorda e passa tempo. Sappi che tu puoi presentare la dichiarazione di successione anche da solo, indicando tutti gli eredi e i beni. Non serve la firma di tutti. Quindi, se vuoi regolarizzare, fallo pure unilateralmente – eviterai sanzioni ulteriori. Quanto al pagamento, come detto, ognuno è tenuto per la sua quota ma solidalmente. Quindi se tu paghi tutto, potrai poi rivalerti sui renitenti per la loro parte. Non esiste un meccanismo per costringere gli altri a pagare subito se non attraverso la tua eventuale azione di regresso dopo che hai pagato. In alternativa, l’Agenzia potrebbe iscrivere a ruolo pure le loro quote (se notifica a tutti). Dal punto di vista della Voltura catastale e della trascrizione, puoi curarle tu: la dichiarazione di successione una volta registrata farà risultare in catasto i nomi di tutti gli eredi, anche se l’hai presentata solo tu. Se uno volesse rinunciare, lo può fare entro 10 anni (se non ha accettato tacitamente) – se qualcuno rinuncia, occorrerà poi integrare con i nuovi eredi subentranti (ad es. i suoi figli). È complesso ma fattibile. Quindi, in conclusione: puoi procedere autonomamente, pagare la tua parte (o anche tutto se necessario a evitare problemi maggiori) e poi eventualmente rivalerti. Se gli importi sono alti, conviene passare per una consulenza legale per valutare come cautelarti (ad esempio, dichiarare all’ufficio che paghi “allo scopo di evitare aggressioni sul comune immobile ma senza intentio solvendi per la parte dei coeredi” – dettaglio tecnico). In ogni caso, stare fermo perché gli altri non vogliono non ti tutela: il fisco può sempre scegliere te come bersaglio.
D: Ho ricevuto un avviso di accertamento per successione omessa, ma credo sia sbagliato (il valore dell’immobile è gonfiato, e inoltre non mi hanno considerato la franchigia). Devo pagare comunque e poi fare ricorso?
R: No, se intendi fare ricorso NON pagare subito la parte controversa, perché pagare equivale in parte ad accettare il debito (anche se c’è tecnicamente il “silenzio assenso” su adesione se paghi 1/3 ecc., ma meglio evitare confusioni). Meglio presentare ricorso entro 60 giorni e richiedere eventualmente al giudice la sospensione dell’atto se l’importo è elevato e il pagamento immediato ti creerebbe danno . Durante il processo, l’atto non è definitivo. Se poi vinci, non dovrai pagare nulla (o ti rimborseranno se avevi pagato). Se perdi, pagherai a fine giudizio con gli interessi maturati (ma almeno avrai avuto tempo). Una strategia potrebbe essere: pagare l’importo non contestato (per esempio, se eri d’accordo sull’imposta ma non sulle sanzioni, potresti pagare l’imposta e fare ricorso solo sulle sanzioni). In genere però negli avvisi di liquidazione tutto è contestabile con un unico ricorso. Valuta con un legale: se l’errore è chiaro (franchigia non considerata) puoi anche tentare prima un’istanza di autotutela mostrando che con la franchigia l’imposta doveva essere zero e quindi chiedendo annullamento . L’autotutela non sospende i termini di ricorso, quindi eventualmente presentala e parallelamente prepara il ricorso da inviare verso fine dei 60 giorni se l’ufficio non annulla in tempo. In breve: non rassegnarti a pagare un atto sbagliato – hai diritto a impugnarlo e far valere il calcolo giusto.
D: Se per colpa della successione non fatta mi arriva una cartella esattoriale, possono togliermi la casa ereditata?
R: La casa ereditata può essere oggetto di ipoteca e pignoramento da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione se il debito tributario non viene saldato. Normalmente la procedura è: avviso -> cartella -> dopo 60 giorni se non paghi, possono iscrivere ipoteca sull’immobile (se il debito supera €20.000) e, se il debito supera €120.000, dopo ulteriori avvisi possono procedere a espropriazione immobiliare. Quindi sì, in teoria se ignorassi del tutto la cosa, anni dopo potresti vederti la casa messa all’asta per pagare le imposte di successione non versate. Però hai molti strumenti per evitare questo epilogo: – Puoi ricorrere contro l’atto e ottenere sospensioni (nessuna azione esecutiva durante il ricorso, se sospeso). – Puoi rateizzare il debito, e finché rispetti le rate non procedono all’esecuzione. – Puoi pagare il debito e ovviamente liberarti del problema. – Anche se ti iscrivono ipoteca, hai ancora modo di evitare l’asta concordando un pagamento. L’esproprio della prima casa inoltre è precluso per debiti sotto 120k (e per la prima casa abitata dal debitore ci sono ulteriori tutele: Equitalia non può pignorarla se è l’unico immobile di residenza, salvo che il debito superi 120k e con specifiche procedure, grazie al DL 69/2013). Insomma, non si arriva a toglierti casa da un giorno all’altro: succede solo se trascuri tutte le opportunità di sistemazione. Il nostro consiglio è di non arrivare mai alla cartella: già all’avviso di accertamento muoviti (ricorso o accordo). Se sei già in fase di cartella, allora sì che devi correre: chiedi rateazione e al contempo valuta se impugnare per vizi (le cartelle per imposta successione sono poco impugnabili, meglio agire prima).
D: Quanto costa fare la dichiarazione di successione dal notaio o al CAF, rispetto alle possibili multe se non la faccio?
R: Dipende dalla complessità, ma indicativamente: – Una dichiarazione di successione per un’eredità semplice (1-2 immobili, 1-2 eredi) tramite CAF o professionista può costare tra 300 e 700 euro di onorario. Dal notaio in genere di più, 1000+ euro, ma spesso il notaio si occupa anche di formalità aggiuntive (come la registrazione in conservatoria, che il CAF di solito non fa). A questo va aggiunto naturalmente quanto si paga di tasse (imposte ipocatastali, bollo, ecc.). – Le sanzioni per omesso adempimento invece possono essere ben più alte: anche in casi con imposta zero si rischiano centinaia di euro di multa; in casi con imposta dovuta si parla di migliaia di euro. Senza contare stress, interessi e rischi di contenzioso. Quindi economicamente conviene sempre fare la dichiarazione. Anche perché spesso il costo del professionista è di molto inferiore alla sola sanzione minima (250€). Ci sono anche casi di eredi che fanno da soli la successione (oggi con l’online non è impossibile), risparmiando l’onorario. Ma se non si è sicuri, meglio farsi assistere per evitare errori che poi costerebbero a loro volta sanzioni (una successione errata può anch’essa essere contestata come infedele se sbagli qualcosa di rilevante). In definitiva: pagare qualche centinaio di euro subito per fare le cose in regola è un investimento che ti salva potenzialmente da pagarne migliaia dopo.
D: Se pago spontaneamente tutto ora, posso evitare la sanzione?
R: Se l’ufficio ti ha già notificato l’avviso, no, la sanzione è ormai irrogata e non può essere eliminata per pagamento volontario. Anzi, se paghi integralmente chiudi la questione ma con la sanzione piena. L’unico modo per ridurre o eliminare la sanzione a quel punto è contestarla via adesione o ricorso. Invece, se ancora non hai ricevuto nulla, puoi fare come detto ravvedimento operoso: pagando prima che loro ti scoprano, applichi tu una sanzione ridotta ridicola (es. 5% invece di 120% se sono passati oltre 2 anni ). Quindi il “pagare spontaneamente” funziona solo prima dell’accertamento, come strumento premiale. Una volta che l’atto è emesso, la sanzione c’è e pagandola non te la condonano (salvo riduzioni da definizioni agevolate che però al momento non sono aperte per queste casistiche).
Riassumendo: se sei ancora in tempo ravvediti; se sei già accertato, valuta adesione o ricorso, perché pagare e basta non ti toglie la multa.
Riferimenti normativi e fonti utili:
– D.Lgs. 346/1990 – Testo Unico Imposta Successioni (artt. 28-36 obblighi dichiarativi; artt. 50-55 sanzioni) .
– D.Lgs. 472/1997 – Norme generali sanzioni tributarie (art. 13 ravvedimento operoso) .
– D.Lgs. 87/2024 – Riforma sanzioni tributarie (riduzione sanzioni omessa/infedele dichiarazione successione al 120% e 80%, ecc.) .
– Risoluzione Agenzia Entrate 66/E del 20 dicembre 2024 – Agevolazione prima casa e dichiarazione tardiva .
– Cass. SS.UU. n. 14088/2004 – Rettificabilità dichiarazione successione e mantenimento agevolazioni .
– Cass. n. 9890/2019 e n. 20132/2020 – Necessità di richiesta formale agevolazione prima casa in atti (richiamate dalla Ris. 66/E) .
– Art. 480 c.c. – Prescrizione decennale diritto di accettare eredità .
– Art. 754 c.c. – Ripartizione debiti ereditari tra coeredi (pro quota).
– D.Lgs. 74/2000 – Reati tributari (artt. 4 e 5 escludono successioni) , art. 11 sottrazione fraudolenta (eventualmente applicabile).
– L. 160/2019 e D.Lgs. 504/1992 – Disciplina IMU (soggetti passivi, dichiarazione, sanzioni).
– Circolare del 16/04/2025 n. 3 – Agenzia delle Entrate
– Riforma delle sanzioni tributarie: novità del D.Lgs. n. 87/2024
Conoscere i propri diritti e obblighi è fondamentale: le norme possono sembrare complesse, ma con l’aiuto di professionisti e documentandosi su fonti ufficiali , ogni contribuente può affrontare con successo anche le situazioni più intricate, assicurandosi di pagare il giusto e difendersi da pretese indebite.
Hai ricevuto un avviso dall’Agenzia delle Entrate perché ti viene contestata l’omessa dichiarazione di immobili ereditati? Fatti Aiutare da Studio Monardo
Hai ricevuto un avviso dall’Agenzia delle Entrate perché ti viene contestata l’omessa dichiarazione di immobili ereditati?
Vuoi sapere cosa rischi e come puoi difenderti da queste contestazioni?
Gli immobili acquisiti per successione devono essere dichiarati sia ai fini dell’imposta di successione sia nelle dichiarazioni fiscali successive (IRPEF e IMU/TASI, se dovute). L’Agenzia delle Entrate può contestare la mancata indicazione, presumendo evasione o irregolarità patrimoniale. Tuttavia, non sempre l’omissione è frutto di dolo: spesso si tratta di errori formali o di comunicazioni non aggiornate.
👉 Prima regola: verifica se l’immobile era già incluso nella successione o se rientrava in casi di esenzione.
⚖️ Quando scattano le contestazioni
- Mancata presentazione della dichiarazione di successione;
- Omissione di immobili nella dichiarazione dei redditi;
- Mancata dichiarazione ai fini IMU/TASI;
- Errori catastali che hanno generato incongruenze nei dati;
- Accertamenti incrociati su successioni, catasto e anagrafe tributaria.
📌 Conseguenze della contestazione
- Recupero delle imposte di successione dovute;
- Tassazione ai fini IRPEF dei redditi fondiari non dichiarati;
- Sanzioni amministrative per omessa o infedele dichiarazione;
- Interessi di mora;
- Rischio di iscrizione a ruolo e notifica di cartelle esattoriali.
🔍 Cosa verificare per difendersi
- L’immobile era effettivamente ereditato o già intestato ad altri coeredi?
- La dichiarazione di successione era stata presentata entro i termini?
- Sono state presentate dichiarazioni integrative o ravvedimento operoso?
- La contestazione riguarda imposte realmente dovute o meri errori formali?
- Motivazione dell’accertamento: l’Agenzia ha indicato con precisione gli immobili contestati?
🧾 Documenti utili alla difesa
- Copia della dichiarazione di successione e ricevute di presentazione;
- Visure catastali aggiornate;
- Atti notarili di accettazione dell’eredità;
- Dichiarazioni dei redditi presentate;
- Ricevute IMU/TASI e comunicazioni ai Comuni;
- Comunicazioni con l’Agenzia delle Entrate.
🛠️ Strategie di difesa
- Dimostrare la regolarità delle dichiarazioni già presentate;
- Correggere omissioni con dichiarazioni integrative o ravvedimento operoso;
- Contestare gli errori catastali non imputabili all’erede;
- Eccepire vizi formali: motivazione insufficiente, irregolarità di notifica, decadenza;
- Richiedere autotutela se le imposte erano già state versate;
- Ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro 60 giorni per annullare o ridurre la pretesa.
🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
📂 Analizza gli immobili contestati e le successioni già dichiarate;
📌 Verifica la legittimità delle pretese fiscali;
✍️ Predispone memorie difensive e ricorsi tributari;
⚖️ Ti rappresenta davanti alla Corte di Giustizia Tributaria e nel contraddittorio con l’Agenzia;
🔁 Suggerisce strategie preventive per gestire correttamente successioni e dichiarazioni patrimoniali.
🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in successioni e fiscalità immobiliare;
✔️ Specializzato in difesa di eredi contro contestazioni per omissioni dichiarative;
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Le contestazioni per omessa dichiarazione di immobili ereditati non sempre sono fondate: spesso dipendono da errori catastali o da meri vizi formali.
Con una difesa mirata puoi dimostrare la regolarità della successione e delle dichiarazioni fiscali, ridurre sanzioni e interessi e tutelare il patrimonio familiare.
📞 Contatta subito l’Avv. Giuseppe Monardo per una consulenza riservata: la tua difesa contro gli accertamenti sugli immobili ereditati inizia qui.