Agevolazioni Green Contestate Per Difetto Di Requisiti: Come Difendersi

Hai ricevuto una contestazione dall’Agenzia delle Entrate perché ti è stato negato il diritto a beneficiare di agevolazioni fiscali green? In questi casi, l’Ufficio presume che non siano stati rispettati i requisiti tecnici o normativi richiesti per accedere a detrazioni e crediti d’imposta su interventi di efficientamento energetico o sostenibilità ambientale. La conseguenza è il recupero delle somme fruite con sanzioni e interessi. Tuttavia, non sempre la contestazione è fondata: con una difesa mirata è possibile dimostrare la legittimità del beneficio.

Quando l’Agenzia delle Entrate contesta le agevolazioni green
– Se mancano le asseverazioni tecniche o le certificazioni richieste dalla normativa
– Se le spese sostenute non rientrano tra quelle agevolabili
– Se non sono stati rispettati i limiti di spesa previsti
– Se la documentazione allegata è ritenuta insufficiente o irregolare
– Se emergono incongruenze tra i dati comunicati e i lavori effettivamente realizzati

Conseguenze della contestazione
– Decadenza dall’agevolazione fiscale e recupero delle somme già fruite
– Applicazione di sanzioni per indebita compensazione o dichiarazione infedele
– Interessi di mora sulle somme contestate
– Rischio di controlli su altre agevolazioni edilizie o ambientali utilizzate
– Possibile segnalazione per frode in caso di dichiarazioni false o documentazione irregolare

Come difendersi dalla contestazione
– Dimostrare la conformità degli interventi con perizie tecniche, attestati e certificazioni mancanti o integrate
– Produrre fatture, bonifici parlanti e contratti che giustifichino le spese sostenute
– Contestare la riqualificazione delle spese come non agevolabili se esistono interpretazioni favorevoli della normativa
– Evidenziare vizi procedurali, difetti di motivazione o decadenza dei termini nell’accertamento
– Presentare ricorso davanti alla Corte di Giustizia Tributaria per ottenere l’annullamento della contestazione

Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare la documentazione tecnica e fiscale relativa agli interventi agevolati
– Verificare la correttezza della contestazione rispetto alla normativa vigente
– Redigere un ricorso fondato su prove documentali e vizi dell’accertamento
– Difendere il contribuente davanti ai giudici tributari contro richieste indebite
– Tutelare il patrimonio da conseguenze economiche sproporzionate e indebite restituzioni

Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale della contestazione
– La conferma del diritto a beneficiare delle agevolazioni green
– L’eliminazione di sanzioni e interessi non dovuti
– La sospensione delle richieste di pagamento già avviate
– La certezza di usufruire delle misure fiscali solo se realmente previste dalla legge

⚠️ Attenzione: il ricorso contro la contestazione deve essere presentato entro 60 giorni dalla notifica dell’atto. Se non si agisce in tempo, la decadenza dall’agevolazione diventa definitiva.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e bonus fiscali – spiega come difendersi in caso di contestazioni sulle agevolazioni green e come tutelare i tuoi diritti.

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Introduzione

Negli ultimi anni il legislatore italiano ha introdotto una serie di agevolazioni fiscali “green” per incentivare interventi di efficientamento energetico e riqualificazione edilizia. Provvedimenti come il Superbonus 110%, l’Ecobonus (detrazioni 50%-65%), il Bonus ristrutturazioni al 50%, il Sismabonus e altre misure (es. Bonus facciatebonus colonnine elettriche per ricarica veicoli) hanno offerto a privati e imprese opportunità senza precedenti per migliorare immobili a costo ridotto o nullo. Tuttavia, a fronte del grande successo, queste agevolazioni si sono rivelate anche complesse dal punto di vista normativo e soggette a frequenti modifiche legislative e chiarimenti amministrativi. Di conseguenza, sono emerse numerose contestazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate e di altri enti, che contestano la spettanza del beneficio fiscale per difetto di requisiti o presunte irregolarità nelle procedure.

Quando un’agevolazione viene “revocata” o disconosciuta perché – a giudizio dell’Amministrazione – mancavano i presupposti richiesti (ad esempio requisiti tecnici non raggiunti, documentazione mancante, violazione di vincoli, ecc.), il beneficiario dell’incentivo si trova improvvisamente nella posizione di “debitore” nei confronti dell’erario. In pratica, gli viene chiesto di restituire il vantaggio ottenuto (detrazioni già usufruite o crediti d’imposta ceduti), spesso con l’aggiunta di sanzioni molto pesanti e interessi di mora . In alcuni casi estremi, possono addirittura profilarsi responsabilità penali (ad esempio per dichiarazioni false o frodi) qualora le irregolarità siano frutto di condotte dolose . Si tratta quindi di situazioni potenzialmente gravose, che coinvolgono privati cittadini, condomìni e anche imprese beneficiarie dei bonus edilizi.

Scopo di questa guida (aggiornata ad agosto 2025) è fornire un quadro avanzato e aggiornato su come difendersi efficacemente da tali contestazioni, dal punto di vista del contribuente beneficiario (il quale diventa il soggetto passivo tenuto al recupero dell’agevolazione). Adotteremo un taglio sia giuridico sia pratico, adatto a un pubblico di avvocati, consulenti fiscali ma anche privati e imprenditori coinvolti, utilizzando un linguaggio tecnico ma al tempo stesso divulgativo. La guida è organizzata in sezioni tematiche con riepiloghi schematici, tabelle riassuntive e un formato domande & risposte per chiarire i dubbi più frequenti. Saranno presentati anche alcuni casi pratici (simulazioni) basati su situazioni tipiche in Italia, per illustrare l’applicazione concreta dei principi esposti.

In particolare, passeremo in rassegna: – il quadro generale delle principali agevolazioni green in edilizia e i loro requisiti normativi, con riferimenti alle fonti (norme di legge, circolari ufficiali); – l’evoluzione normativa dal 2020 al 2025, per capire come e perché sono cambiati i requisiti e le scadenze (contesto utile anche a individuare possibili cause di contestazione dovute a incertezze normative sopravvenute); – le cause più comuni di contestazione riscontrate dall’Amministrazione finanziaria e dagli organi di controllo (vizi formali, mancanza di requisiti tecnici, abusi, indebita cumulabilità di incentivi, ecc.), distinguendo tra violazioni meramente formali e violazioni sostanziali; – gli strumenti deflattivi del contenzioso a disposizione del contribuente prima e dopo l’emissione di un atto di recupero: dal contraddittorio endoprocedimentale all’istanza di autotutela, dall’accertamento con adesione al reclamo/mediazione, fino alla difesa in giudizio tributario (con cenni al giudizio amministrativo ove applicabile); – i più recenti orientamenti giurisprudenziali in materia, con particolare riferimento alle pronunce delle Corti di Giustizia Tributaria e della Corte di Cassazione (nonché, ove rilevanti, della giustizia amministrativa), senza trascurare i chiarimenti ufficiali (circolari e risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate) sulle questioni controverse. Saranno citate le sentenze più aggiornate e significative, da fonti istituzionali autorevoli, per avvalorare i principi di diritto applicabili; – le possibili strategie di difesa del contribuente, sia nella fase pre-contenziosa (per evitare di arrivare alla lite) sia in sede di ricorso, evidenziando come far valere la buona fede del beneficiario e l’eventuale incertezza normativa oggettiva come elementi a suo favore. Analizzeremo inoltre le responsabilità “a cascata” tra i vari soggetti coinvolti (beneficiario, fornitore, tecnico asseveratore, cessionario del credito), inclusa la possibilità di rivalersi civilmente su imprese o professionisti il cui inadempimento abbia causato la perdita dell’agevolazione; – infine, saranno proposte FAQ (domande e risposte) sintetiche e tabelle riepilogative per condensare i punti chiave: ad esempio un confronto tra requisiti richiesti e casi di contestazione emersi, le differenze tra credito d’imposta “non spettante” e credito “inesistente” (distinzione fondamentale che incide su termini di accertamento e sanzioni) , l’elenco dei documenti da predisporre e conservare, i termini di decadenza, ecc.

Nota bene: questa guida si concentra sui contenziosi in sede amministrativa e tributaria relativi alle agevolazioni green: ciò significa che esamineremo le controversie tra beneficiario e Pubblica Amministrazione (Agenzia delle Entrate in primis, ma anche enti vari se coinvolti, come ENEA, GSE, comuni per aspetti autorizzativi, ecc.). Non affronteremo nel dettaglio i profili civilistici “interni” tra privati (ad esempio cause di risarcimento danni contro l’impresa esecutrice che non ha completato i lavori facendo perdere il bonus, o contro il tecnico che ha sbagliato l’asseverazione – temi comunque menzionati in termini di possibile tutela del beneficiario). Il focus principale rimane: cosa fare quando il Fisco contesta un bonus edilizio per asserito difetto di requisiti, e come il contribuente può difendere il proprio diritto all’agevolazione o limitare i danni.

Panoramica delle principali agevolazioni “green” in edilizia

In via preliminare, riepiloghiamo quali sono le agevolazioni fiscali “green” nel settore edilizio oggetto della nostra analisi, indicando per ciascuna i tratti essenziali: normativa istitutiva, aliquota di detrazione o credito, tipologia di interventi agevolati e beneficiari ammessi. Questa panoramica aiuterà a inquadrare i requisiti richiesti e sarà utile poi per comprendere le rispettive contestazioni tipiche.

Di seguito una tabella riassuntiva degli incentivi principali:

Incentivo “green”Riferimento normativoAliquota e periodoInterventi agevolati (ambito oggettivo)Soggetti beneficiari (ambito soggettivo)
Superbonus 110%Art. 119-121 DL 34/2020 (conv. L.77/2020)Detrazione 110% delle spese – per spese sostenute dal 1/7/2020 al 31/12/2021 (proroghe fino al 2022-2023 per alcuni soggetti, poi aliquote ridotte al 90% nel 2024 e 65% nel 2025) .Interventi “trainanti”: isolamento termico edifici (cappotto), sostituzione impianti di climatizzazione esistenti con soluzioni ad alta efficienza (caldaie a condensazione, pompe di calore, ecc.), interventi di messa in sicurezza antisismica. Interventi “trainati” eseguiti congiuntamente ai trainanti: efficientamento energetico minore (es. infissi, caldaie locali), installazione impianti solari fotovoltaici e sistemi di accumulo, infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici (colonnine), eliminazione barriere architettoniche, ecc. Requisito energetico: miglioramento di almeno 2 classi energetiche dell’edificio (o il raggiungimento della classe più alta possibile) mediante APE pre e post lavori .Persone fisiche (al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa) proprietarie o detentrici di immobili residenziali (unifamiliari o unità in condomìni), con alcuni limiti sul numero di unità per persona. Condomìni (senza limite di unità). Onlus, APS, OdV (terzo settore). IACP (istituti autonomi case popolari) e cooperative sociali per immobili ERP. Esclusi in origine gli immobili di lusso (cat. catastali A/1, A/8, A/9, salvo A/9 aperti al pubblico) e – fino a 2021 – gli edifici in costruzione non accatastati . (NB: dal 2023, restrizioni per le unifamiliari: Superbonus solo prima casa con limite ISEE o aliquota ridotta al 90%).
Ecobonus ordinarioArt. 14 DL 63/2013 (conv. L.90/2013) e succ. mod.Detrazioni 50-65% (fino al 75% per condomìni) – misura stabile (prorogata di anno in anno; attualmente prevista fino al 2024/2025 in varie forme).Interventi di riqualificazione energetica su edifici esistenti: es. isolamento termico (cappotto), sostituzione infissi, caldaie a condensazione, pompe di calore, solare termico, building automation, ecc. Percentuali variabili (50% o 65%) e massimali di spesa specifici per tipologia (es. €100k per riqualificazione globale, €60k per cappotto, €30k per caldaie). Obiettivo di risparmio energetico richiesto ma senza obbligo di 2 classi (basta il miglioramento dell’efficienza secondo parametri ENEA per ciascun intervento). Necessaria asseverazione tecnica sulle spese e risultati (transmessa all’ENEA entro 90 gg fine lavori) e pagamento con bonifico parlante.Persone fisiche (anche titolari di reddito d’impresa su immobili promiscuo o locati), condomìniimprese e professionisti (possono dedurre quota in IRPEF/IRES), enti pubblici e privati. In pratica chi sostiene spesa su edificio esistente (no nuove costruzioni) può detrarre, purché l’immobile sia dotato di impianto di riscaldamento pre-intervento (per alcuni interventi).
Sismabonus ordinarioArt. 16 DL 63/2013 (conv. L.90/2013) e succ. mod.Detrazioni 50%–85% – periodo 2017-2024 in vigore (proroghe PNRR).Interventi di riduzione rischio sismico su edifici in zone sismiche 1, 2 e 3. Detrazione base 50%, elevabile al 70% (singole unità) o 75%-85% (condomìni) se l’intervento riduce di 1 o 2 classi di rischio sismico l’edificio (attestato da progettista e collaudatore). Massimale €96k per unità/anno. Spese dal 1/1/2017 al 31/12/2024. Richiede asseverazione tecnica del miglioramento sismico depositata presso sportello edilizio comunale.Proprietari o titolari di diritti reali su immobili ad uso abitativo o produttivo siti in zone sismiche 1-2-3. Valido sia per persone fisiche sia società (anche qui detrazione utilizzabile in IRPEF o IRES). Beneficiano anche condomìni (aliquote maggiori).
Bonus ristrutturazioniArt. 16-bis TUIR (DPR 917/86) e succ. mod.Detrazione 50% su IRPEF – misura strutturale, attualmente prorogata fino al 2024 (aliquota 50% su max €96k spese per unità immobiliare all’anno).Interventi di recupero edilizio su immobili residenziali: manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia (per le singole unità); manutenzione ordinaria solo su parti comuni condominiali. Include anche installazione impianti fotovoltaici e accumulatori (50%), installazione colonnine di ricarica (fino a 2021 era nel 50% generale), cablatura edifici, bonifica amianto, anti-intrusione, ecc. Pagamento con bonifico parlante obbligatorio; comunicazione preventiva ASL se richiesta. Non necessita asseverazioni tecniche (a differenza di Ecobonus), ma occorre abilitazione urbanistica (CILA/SCIA) per lavori non liberi.Persone fisiche contribuenti IRPEF (proprietari, nudi proprietari, usufruttuari, locatari, comodatari) che sostengono la spesa. Anche condomìni per parti comuni (ripartendo il beneficio ai condòmini). Non fruibile da imprese su propri immobili strumentali (quelle spese seguono altre regole fiscali). Nota: se l’immobile viene venduto, le detrazioni residue possono trasferirsi all’acquirente salvo accordo contrario.
Bonus facciateArt. 1 commi 219-223 L. 160/2019Detrazione 90% (2020-2021), poi 60% (2022) – non prorogata per 2023.Interventi di restauro o recupero delle facciate esterne degli edifici esistenti (pulitura, tinteggiatura, rifacimento intonaco, balconi, ornamenti) situati in zone urbanistiche A o B. Nessun massimale di spesa; detrazione sull’IRPEF o IRES in 10 anni. Richiede che le facciate siano visibili da strada pubblica. Pagamento con bonifico parlante; adempimenti simili al Bonus ristrutturazioni (eventuale comunicazione ENEA solo se interventi influenti dal lato termico >10% intonaco).Titolari di reddito (persone fisiche, condomìni, imprese) proprietari o detentori dell’immobile che sostiene la spesa. Inclusi anche immobili strumentali purché ubicati in zone ammesse.
Bonus colonnine EVArt. 16-ter DL 63/2013 (conv. L.90/2013); cfr. art.119 DL 34/2020Detrazione 50% su IRPEF fino a max €3.000 di spesa – per installazioni dal 2019 al 2021 (prorogata a tutto 2022). In Superbonus 110%: detrazione 110% su colonnine se installate congiuntamente a intervento trainante.Installazione di infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici in immobili residenziali (es. colonnina privata in box o stazione di ricarica condominiale). Ammesse spese di acquisto e posa in opera di stazione di ricarica e aumento potenza contatore fino 7 kW. Requisiti tecnici: infrastruttura conforme a standard, potenza massima agevolata 22 kW (oltre non coperta). Pagamento tracciato. Se fruito come detrazione 50%, ripartita in 10 anni. Nel Superbonus, la colonnina diventa intervento “trainato” al 110% (fino a €2.000-€1.500-€1.000 per colonnina a seconda dei casi) se l’edificio fa un trainante energetico.Persone fisiche e condomìni su immobili residenziali. Il 50% era solo IRPEF (no IRES). Nel Superbonus, segue le regole dei beneficiari di quest’ultimo (vedi sopra).

Nota: tutte le agevolazioni sopra, ad eccezione del Bonus facciate (scaduto) e del Superbonus in forma “potenziata”, sono state oggetto di possibili opzioni alternative introdotte dall’art. 121 del DL 34/2020: ossia la possibilità di cedere il credito corrispondente alla detrazione o ottenere uno sconto in fattura dal fornitore, in luogo dell’uso diretto in dichiarazione dei redditi . Tali opzioni – pensate per monetizzare subito il beneficio – inizialmente valevano per gli anni 2020-2021 (tutte le detrazioni edilizie) e poi sono state prorogate, ma con crescenti restrizioni dal 2022 in poi (come vedremo). Il meccanismo di cessione/sconto ha aggiunto ulteriore complessità e generato controlli specifici per evitare abusi.

Nei prossimi paragrafi analizzeremo più da vicino il Superbonus 110% – in quanto misura principale e più complessa – e l’evoluzione normativa dal 2020 al 2025 che ha riguardato esso e gli altri bonus. Successivamente, passeremo alle cause tipiche di contestazione e alle strategie di difesa. Tenere a mente le caratteristiche di ciascun incentivo aiuterà a comprendere meglio le contestazioni: spesso l’oggetto del contendere è il presunto mancato rispetto di uno dei requisiti sopra elencati (ad esempio: il salto di 2 classi energetiche non ottenuto, oppure una spesa eccedente i massimali, oppure ancora una colonnina installata senza rispetto di standard, ecc.).

Evoluzione normativa 2020-2025: dal Superbonus “110” alle modifiche recenti

La normativa sulle agevolazioni edilizie “green” ha subito numerose modifiche dal 2020 al 2025, soprattutto per quanto concerne il Superbonus 110%. Ripercorrere le tappe principali è fondamentale per due ragioni: (a) molti errori o contestazioni nascono dal mancato adeguamento alle nuove regole introdotte in corsa (es. obblighi aggiuntivi sopravvenuti), (b) l’ambito temporale di applicazione di una certa disposizione può determinare se un contribuente aveva o meno diritto al bonus. Di seguito riepiloghiamo l’evoluzione legislativa chiave:

  • Decreto “Rilancio” (DL 34/2020, conv. L. 77/2020) – maggio/luglio 2020: introduce gli articoli 119 e 121 che istituiscono rispettivamente il Superbonus 110% e la possibilità di sconto in fattura/cessione del credito . In origine, l’aliquota 110% si applicava alle spese dal 1º luglio 2020 al 31 dicembre 2021. I beneficiari iniziali erano: condomìni, persone fisiche (non imprese) fino a 2 unità immobiliari ciascuna, ONLUS/APS/ODV, IACP e cooperative edilizie a proprietà indivisa . Interventi trainanti e trainati come da tabella sopra; obbligo di miglioramento di 2 classi energetiche per gli interventi energetici (APE ante e post intervento). Fin da subito era richiesta l’asseverazione tecnica dei requisiti e la congruità delle spese, nonché – originariamente solo in caso di cessione/sconto – il visto di conformità rilasciato da un intermediario fiscale . (Nota: il visto sarà poi esteso a tutti i casi).
  • Proroga e prime modifiche – Legge di Bilancio 2021 (L. 178/2020) – dicembre 2020: proroga il Superbonus per tutto il 2022 per la generalità degli interventi, e fino a giugno 2022 per edifici unifamiliari (con ulteriore proroga al 31/12/2022 per unifamiliari solo se al 30/6/22 eseguito almeno il 30% dei lavori). Per i condomìni, introdotta una proroga al 31/12/2022 a certe condizioni (60% lavori eseguiti al 30/06/22) e ulteriori proroghe settoriali per IACP e cooperative (fino al 30/6/2023). Inoltre, è estesa la platea: ammessi i “condomìni minimi” (edifici fino a 4 unità di un unico proprietario) e le organizzazioni non lucrative precedentemente escluse. Viene anche semplificato l’iter burocratico con l’introduzione, dal giugno 2021 (DL 77/2021 cosiddetto “Semplificazioni-bis”), della CILA-Superbonus: una comunicazione asseverata di inizio lavori dedicata, che esonera dall’attestazione dello stato legittimo dell’immobile (basta dichiarare che eventuali irregolarità edilizie non riguardano gli interventi agevolati) . La CILA dedicata riduce il rischio che vizi urbanistici formali facciano perdere il bonus; infatti si prevede che irregolarità formali nella CILA non comportano decadenza del Superbonus, salvo caso di interventi realizzati in difformità o mancato miglioramento energetico/antisismico.
  • Decreto “Antifrodi” (DL 157/2021, conv. L. 216/2021) – novembre 2021: a fronte dei primi scandali di frodi emersi (crediti fittizi per lavori mai fatti), il legislatore introduce controlli e vincoli più stringenti. In particolare, estende obbligo di visto di conformità e asseverazione di congruità delle spese a tutti i casi di Superbonus, anche quando il beneficiario detrae in proprio senza cedere . Vengono previsti inoltre controlli preventivi sulle comunicazioni di cessione: l’Agenzia delle Entrate può sospendere per 30 giorni le comunicazioni di opzione che presentano profili di rischio, per verificarle . Se il controllo conferma irregolarità, la comunicazione di cessione viene annullata (“scarto”) e il credito si considera mai effettivamente ceduto . Questa procedura (art. 122-bis DL 34/2020) ha lo scopo di bloccare sul nascere i crediti falsi prima che circolino. In parallelo, il DL Antifrodi introduce sanzioni più pesanti per false attestazioni dei tecnici (fino a €15.000 per asseverazione infedele) e incentiva l’incrocio di banche dati per scovare anomalie (ad esempio incongruenze tra CILA presentata e dati catastali, come cantieri dichiarati su immobili non accatastati) .
  • Legge di Bilancio 2022 (L. 234/2021) – dicembre 2021: conferma ed estende le scadenze: per i condomìni Superbonus 110% fino al 31/12/2023 (poi 70% nel 2024, 65% nel 2025), per le unifamiliari 110% fino al 31/12/2022 solo se a quella data completato 30% lavori (in caso contrario perduto per la parte residua). Introduce inoltre un’aliquota differenziata dopo il 2023: dal 2024 il Superbonus scende al 90% per i condomìni (e alcune unifamiliari con requisiti) e dal 2025 al 65%, riallineandosi di fatto alle detrazioni ordinarie (Ecobonus) . Inoltre, per evitare abusi, la Finanziaria 2022 delinea meglio la responsabilità in solido di cessionari e fornitori: viene previsto che banche, intermediari finanziari o imprese che acquistano crediti, nonché i fornitori che applicano sconto in fattura, rispondono solidalmente delle somme solo in caso di dolo o colpa grave . In altre parole, se il cessionario dimostra di aver agito con dovuta diligenza (acquisendo documentazione e verifiche richieste), non subirà sanzioni in caso il credito si riveli non spettante (per lui la perdita sarà economica, ma non verrà perseguito per violazioni tributarie) . Questa precisazione, introdotta dal DL “Cessioni” n.13/2022 e poi dalla L. 234/2021, è stata fondamentale per sbloccare il mercato dei crediti che rischiava il blocco: molte banche avevano congelato gli acquisti temendo di essere coinvolte in frodi altrui .
  • Decreti 2022 (“Cessioni” DL 13/2022; “Aiuti-quater” DL 176/2022) – febbraio-novembre 2022: ulteriori strette sul meccanismo di cessione dei crediti. Limitato il numero di cessioni possibili (massimo 3 passaggi, di cui solo l’ultimo verso correntisti privati) per evitare catene opache. Introdotto l’obbligo che i crediti edilizi siano tracciati su piattaforme bancarie o assicurative. Viene anche previsto che i crediti da bonus edilizi non possono essere usati in compensazione oltre una certa quota annuale se oggetto di comunicazione tardiva. Parallelamente, il codice penale viene integrato con nuovi reati specifici: la frode in materia di false cessioni di crediti diventa perseguibile anche come truffa ai danni dello Stato (art. 640-bis c.p.) e indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316-ter c.p.), applicando analogie con i fondi pubblici . La giurisprudenza penale, come vedremo, ha confermato un orientamento severo: la sola creazione e vendita di un credito fiscale fittizio integra già il reato, anche se il credito non è stato ancora utilizzato in F24 .
  • Decreto “Blocca-cessioni” (DL 11/2023) – febbraio 2023: di fronte all’esplosione del costo fiscale del Superbonus (oltre 110 miliardi) e alle difficoltà di collocare i crediti nel mercato, il Governo Meloni interviene con un decreto d’urgenza che sospende la possibilità di opzione per cessione del credito o sconto in fattura per (quasi) tutti i nuovi interventi dal 17 febbraio 2023 . Fanno eccezione solo gli interventi già avviati (con CILAS presentata o delibera condominiale adottata prima di tale data) e alcune categorie particolari (edilizia libera in corso, eliminazione barriere architettoniche). In pratica, da quella data i nuovi lavori possono godere del bonus solo come detrazione in dichiarazione del beneficiario, non più cedibile o scontabile. Questo ha un impatto sulle contestazioni: elimina il problema di nuovi crediti “incagliati”, ma lascia irrisolto il pregresso. Il DL 11/2023 introduce anche la facoltà per Regioni ed enti locali di acquistare i crediti bloccati (fino a 2023) dai propri contribuenti, per alleviare la situazione, e apre ad una compensazione di crediti con debiti fiscali iscritti a ruolo (nei limiti). Sul fronte dei requisiti, questo decreto non cambia le condizioni tecniche per il bonus ma ha l’effetto di contenere temporalmente l’esposizione dello Stato.
  • Legge di Bilancio 2024 (L. 197/2023) – dicembre 2023: conferma la riduzione dell’aliquota Superbonus per il 2024 al 70% (in luogo del 90% previsto dal precedente Governo) e al 65% dal 2025 per i condomìni e altre categorie ancora ammesse. Contestualmente, impone che per avere il 90% nel 2024 i condomìni dovessero avere presentato la CILAS entro il 31/12/2023 . In assenza, l’aliquota scende subito al 70%. Di fatto, il Superbonus originario “110%” termina con il 2023, lasciando il posto a un’agevolazione fortemente depotenziata e più selettiva (che dal 2025 coincide sostanzialmente con l’Ecobonus ordinario al 65% ). Questa manovra, insieme al DL 11/2023, chiude la stagione del 110% generalizzato. Vengono però stanziati nuovi fondi PNRR per incentivi mirati: ad es. un “Ecobonus PNRR” per famiglie a basso reddito e under 36, con tetti di spesa ridotti e criteri più stringenti, così da mantenere attivo il settore edilizio “green” ma in modo sostenibile . È importante sottolineare che le contestazioni che oggi (2024-2025) vengono mosse riguardano prevalentemente lavori effettuati nel 2020-2023 sotto il regime del 110% pieno; tuttavia, il contesto normativo in evoluzione può influire sull’interpretazione: i giudici sono chiamati a bilanciare la tutela dell’erario con la necessità di non punire oltremodo contribuenti che magari hanno operato in buona fede in un quadro normativo instabile .

In sintesi, tra il 2020 e il 2025 si è passati da un incentivo “potenziato” al 110% accessibile a molti, ad un graduale ritorno a misure più ordinarie e mirate. Ogni fase normativa ha introdotto nuovi requisiti o adempimenti (si pensi al visto di conformità obbligatorio dal fine 2021, o alla CILAS dal metà 2021, o ai nuovi termini per SAL e fine lavori) e nuove cause di decadenza. È fondamentale, per difendersi in caso di contestazione, individuare quale versione normativa era vigente al momento in cui si è fruito dell’agevolazione, poiché la sussistenza dei requisiti va valutata alla luce della normativa pro-tempore. Ad esempio, una comunicazione all’ENEA inviata in ritardo per lavori del 2020 potrebbe essere sanabile, mentre per lavori del 2022 potrebbe essere considerata a pena di decadenza (a seconda delle disposizioni allora vigenti e delle aperture giurisprudenziali come la remissione in bonis di cui diremo).

Dopo aver chiarito il contesto normativo, passiamo ora ad esaminare quali sono i requisiti principali richiesti per beneficiare delle agevolazioni e, specularmente, quali sono le contestazioni più frequenti sollevate dall’Amministrazione per difetto di tali requisiti.

Requisiti di accesso e adempimenti: cosa chiede la legge e dove si sbaglia più spesso

Di seguito elenchiamo i principali requisiti e adempimenti che il beneficiario deve rispettare per mantenere il diritto ai bonus edilizi, poiché proprio su questi aspetti si concentrano le verifiche. Per comodità, distingueremo per tipologia di incentivo:

Superbonus 110% – requisiti chiave

  • Interventi agevolabili e trainanti/trainati: Occorre che i lavori effettuati rientrino tra quelli previsti dall’art. 119 DL 34/2020. In sede di controllo, è tipico il rilievo che taluni interventi non fossero ammissibili. Ad esempio, la sostituzione di infissi senza un intervento “trainante” non dà diritto al 110%; oppure la coibentazione di superfici non disperdenti (es. pareti interne) non rientra. Anche interventi eseguiti su immobili non residenziali o di categoria esclusa (es. un magazzino C/2, o una villa A/8 di lusso) possono portare a contestazione: l’Agenzia potrebbe disconoscere il bonus se l’immobile non era eleggibile . Il contribuente dovrà quindi dimostrare la natura dell’intervento e dell’immobile (produzione di CILA, SCIA, attestazioni urbanistiche). Un caso particolare: i lavori eseguiti su parti comuni condominiali spettano anche per le seconde case dei condòmini, ma i lavori sulle unifamiliari secondarie dopo il 2021 non erano ammessi (salvo con aliquota ridotta dal 2022). Contestazioni tipiche: “intervento non trainante non detraibile”, “immobile di categoria non ammessa”, “lavori di nuova costruzione esclusi dal bonus” (ad esempio ampliamenti non rientranti nella ristrutturazione).
  • Miglioramento energetico e massimali: Per i lavori energetici, è obbligatorio conseguire il salto di 2 classi energetiche (o la massima possibile) mediante gli interventi trainanti+trainati. Questo va comprovato con APE pre e post intervento rilasciati da tecnico abilitato. Una contestazione frequente è il mancato raggiungimento del salto di 2 classi: l’Agenzia (sulla base dei dati ENEA) potrebbe sostenere che l’APE finale non è adeguato o che è stato calcolato scorrettamente. Oppure che il tecnico non era indipendente (il tecnico APE non deve essere coinvolto nei lavori). Un’altra verifica è il rispetto dei massimali di spesa e di costo: i decreti attuativi (es. DM 6/8/2020 “Requisiti tecnici”) fissano tetti per mq o per kW; inoltre il DL 34/2020 impone limite assoluto per tipo di intervento (es. €50k per cappotto su unifamiliare). L’Agenzia può contestare che le fatture superano tali limiti o che i costi non sono “congrui”. Contestazioni tipiche: “intervento X non ha prodotto miglioramento di 2 classi, pertanto niente Superbonus”, “costi per cappotto eccedenti massimale di legge, eccedenza non detraibile”, “APE post-intervento non conforme” (magari per errori di calcolo).
  • Asseverazioni tecniche e visto di conformità: Documenti fondamentali. Per Superbonus è richiesta l’asseverazione del tecnico sul rispetto dei requisiti tecnici e sulla congruità delle spese sostenute, depositata sul portale ENEA (per energetici) o allegata al titolo edilizio (per sismico). Inoltre serve il visto di conformità fiscale da parte di un intermediario (commercialista, CAF) che attesta la presenza formale dei documenti e la spettanza teorica della detrazione. Se manca uno di questi documenti, la normativa prevede la decadenza dal beneficio (salvo non fosse obbligatorio all’epoca: ricordiamo che fino a novembre 2021 il visto non era richiesto se uno detraeva in dichiarazione, poi lo è diventato ). Dunque l’Agenzia contesterà in toto il bonus se, ad esempio, manca il visto di conformità sulla dichiarazione dei redditi con cui uno ha detratto il 110% nel 2021; oppure se manca l’asseverazione per taluni interventi. Anche vizi nell’asseverazione (es. asseverazione tardiva, o fatta da un tecnico privo di assicurazione) possono essere sollevati. Contestazioni tipiche: “assenza del visto di conformità per la detrazione Superbonus”, “asseverazione tecnica non prodotta o invalida”, “mancata trasmissione ad ENEA dell’asseverazione nei termini”.
  • CILA-Superbonus e titoli edilizi: Come accennato, dal luglio 2021 è in vigore la CILA Superbonus semplificata. Prima di allora, i lavori dovevano essere coperti da idoneo titolo edilizio (CILA, SCIA, permesso) e la presenza di abusi edilizi non sanati poteva precludere la detrazione (perché l’art. 49 DPR 380/2001 vieta incentivi su opere abusive). Con la CILA-S, invece, si dichiara lo “stato legittimo non necessario” e la presenza di eventuali piccoli abusi non inficia il bonus, a meno che non riguardino proprio le parti oggetto di intervento. Contestazioni possibili: per interventi prima della CILA-S, l’Agenzia talvolta verifica ex-post se l’immobile avesse conformità edilizia. Ad esempio, in un condominio con verande abusive, potrebbe sollevare dubbi sul beneficio. Oppure contestare che la CILA-S non era stata presentata quando invece era obbligatoria (dal 1/7/2021 in poi): se un contribuente ha iniziato lavori dopo quella data senza CILA, l’agevolazione potrebbe essere revocata (anche se qui si apre il dibattito se la mancanza di CILA produca decadenza: la legge dice che la decadenza opera solo in 4 casi gravi, e la giurisprudenza non univoca). Di sicuro, se l’intervento era soggetto a SCIA o permesso e nulla è stato presentato, ci si trova di fronte a opere abusive e nessun bonus spettaCaso tipico: il contribuente esegue i lavori in economia senza presentare titolo perché erroneamente ritenuti “manutenzione ordinaria”: in realtà erano straordinari e andava fatta una CILA – il Fisco contestualmente nega il bonus perché l’opera non è legittima urbanisticamente.
  • Modalità di pagamento e tracciabilità: Come per le altre detrazioni, anche per il 110% è richiesto che le spese siano pagate con bonifico “parlante” (specifico per ristrutturazioni/risparmio energetico) in cui risultino causale con riferimento normativo, codice fiscale del beneficiario e P.IVA del fornitore. Questa formalità, sebbene non espressamente ripetuta nell’art.119, è stata di fatto confermata per analogia. Un pagamento con bonifico ordinario o assegno rischia di far perdere la detrazione. L’Agenzia spesso controlla la corrispondenza importi fatture/bonifici. Contestazioni possibili: “pagamento non tracciato/non conforme, pertanto spesa non detraibile”. Da notare: se il contribuente ha optato per lo sconto in fattura, non c’è bonifico (la fattura resta non pagata in parte, coperta dallo sconto). In tali casi l’Agenzia verifica che lo sconto sia stato regolarmente comunicato e contabilizzato dall’impresa. Se c’è stata un’errata comunicazione (es. invio oltre il termine del 16 marzo dell’anno successivo), può considerare l’opzione inefficace e pretendere che il contribuente usi la detrazione in dichiarazione (eventualmente constatando errori se non l’ha fatto) . Per le cessioni del credito, analogamente, va fatta comunicazione telematica all’Agenzia Entrate entro il 16 marzo dell’anno successivo alla spesa: comunicazioni tardive sono state ritenute inefficaci (non valgono) e l’Agenzia nega il credito, anche se la spesa era buona . Alcune Commissioni Tributarie tuttavia hanno aperto a possibili rimedi, applicando ad es. la remissione in bonis (sanatoria di ritardi formali) se il contribuente era in buona fede e ha pagato una sanzione minima .
  • Tempistiche di avanzamento e fine lavori: Norme transitorie hanno richiesto il rispetto di certe tappe. Ad esempio, per fruire del 110% oltre il 30/6/2022 nelle unifamiliari, bisognava attestare il 30% di avanzamento lavori al 30/9/2022. Analogamente, i condomìni dovevano raggiungere il 60% al 30/6/2022 per usufruire della proroga fine 2022. La mancata realizzazione di queste soglie rende non spettante la detrazione sulle spese successive alla data limite. Esempio concreto: un proprietario di villetta che al 30/6/22 aveva completato solo il 20% opere, può detrarre al 110% solo le spese fino a tale data; le successive diventano non agevolate (salvo rientrino in altro bonus minore). L’Agenzia, in fase di controllo, contesta spesso l’assenza di documentazione sufficiente a dimostrare il SAL richiesto al tal termine. Nel caso ricordato della villetta, se il contribuente ha comunque detratto tutto 2022 come 110%, l’Ufficio recupererà la parte da luglio in poi con sanzioni. Un’importante pronuncia recente, la Corte di Giustizia Tributaria di Rieti, sentenza n. 18/2025, ha affrontato proprio questo tema: una società si era vista negare il 110% sul 2023 perché l’Agenzia riteneva non raggiunto il 30% al 30/9/22; in sede di autotutela la società aveva fornito documenti ma l’istanza era stata respinta. Ebbene, i giudici tributari hanno dato ragione al contribuente, chiarendo che nel calcolo del 30% di avanzamento vanno considerate anche le opere già eseguite e persino i materiali presenti in cantiere al 30/9, e che se su uno stesso cantiere si fanno Ecobonus e Sismabonus, la percentuale va calcolata sull’insieme (non separatamente) . Hanno riconosciuto che la soglia del 30% era stata raggiunta, annullando il diniego dell’Agenzia . Questo precedente conferma che il contribuente ben preparato può far valere in giudizio una interpretazione favorevole delle condizioni tecniche, specie quando la norma non è chiara (qui: computo SAL).

Riassumendo, sul Superbonus i controlli toccano una molteplicità di aspetti: diritto soggettivo al bonus (tipologia di beneficiario e immobile), tipologia di lavori ammessi, risultato conseguito (efficientamento energetico / riduzione rischio), rispetto di tetti di spesa, correttezza e completezza dei documenti tecnici/fiscali, pagamenti tracciati, invii telematici nei termini, rispetto di milestone temporali. La perdita del beneficio può derivare anche da un solo elemento mancante, se ritenuto essenziale dall’Amministrazione.

Ecobonus e Sismabonus ordinari – requisiti e differenze

Gli incentivi “ordinari” per risparmio energetico e messa in sicurezza sismica condividono alcune caratteristiche col Superbonus ma con delle differenze importanti:

  • Requisiti di risultato: nell’Ecobonus standard (50-65%) non vige l’obbligo del doppio salto di classe energetica; è sufficiente che l’intervento rispetti i requisiti specifici (es. trasmittanza termica, efficienza caldaia) stabiliti nei decreti. Tuttavia, per gli interventi più significativi (es. coibentazioni, caldaie) viene comunque richiesto di trasmettere ad ENEA i dati del risparmio ottenuto. Nell’esperienza pratica, molti errori riguardano proprio la mancata comunicazione ad ENEA entro 90 giorni dalla fine dei lavori: adempimento spesso trascurato. Formalmente, la legge prevede la perdita dell’Ecobonus se non si inviano i dati nei termini; l’Agenzia in passato è stata rigida su questo (considerandolo causa di decadenza), anche se alcuni giudici hanno ammesso sanatorie applicando il principio del favor rei quando l’omissione non pregiudica i controlli . Ad ogni modo, chi beneficia di Ecobonus deve assicurarsi di avere le certificazioni tecniche richieste (es. dichiarazione di conformità dell’impianto, ENEA receipt, APE per riqualificazione globale, ecc.).
  • Documentazione e pagamenti: valgono analogamente i requisiti di bonifico parlante e fatture intestate al beneficiario. Non c’è il visto di conformità obbligatorio (salvo che abbia optato per cessione/sconto nel 2020-21, in quel caso il DL Antifrodi 157/2021 l’ha imposto anche per altri bonus). Per Ecobonus non occorre CILA dedicata, ma serve aver rispettato le normative edilizie generali: se l’intervento richiedeva una SCIA e non è stata fatta, ufficialmente la detrazione non spetta (c’è un principio generale di detraibilità solo di spese “regolari”). Un punto di attenzione: le asseverazioni di congruità dei costi sono diventate necessarie solo se si fruisce di cessione/sconto dopo novembre 2021 (estensione dei controlli antifrode anche ai bonus minori). Dunque un Ecobonus 65% portato in detrazione propria non richiede asseverazione costi, mentre se il credito è ceduto la richiede. Questo ha generato confusione e possibili contestazioni per chi ha ceduto crediti Ecobonus senza sapere di dover fare attestazione spese.
  • Limiti di spesa e cumulo: come visto, Ecobonus ha massimali specifici per intervento. L’Agenzia può contestare la parte eccedente come “detrazione non spettante”. Inoltre è vietato sommare Ecobonus con altre agevolazioni sulla stessa spesa: ad esempio non si può detrarre al 50% una parte e al 65% un’altra della stessa fattura, né cumulare contributi locali con la detrazione statale oltre il 100%. Questi divieti valgono anche per il 110% ma sono più rilevanti con aliquote diverse. Contestazione tipica: il contribuente fa lavori di efficienza su un condominio misti (alcuni spese a 110, altre a 65) e magari sfora massimali perché prova a sommare, cosa non consentita – l’Ufficio recupera l’eccedenza .
  • Sismabonus ordinario: Il concetto è simile: serve la certificazione del professionista che l’intervento strutturale riduce la classe di rischio sismico. Senza questo, la detrazione resta al 50% (ristrutturazione) e non alzata a 70-85%. Frequenti problemi: documentazione non depositata nei termini (es. asseverazione sismica va presentata contestualmente alla richiesta di permesso a costruire o SCIA, pena decadenza). Se l’impresa/tecnico hanno omesso ciò, anni dopo l’Agenzia in sede di controllo può dire: “non risulta l’asseverazione preventiva, quindi il 70-80-85% non spettava; al più spettava 50%”. E recuperano la differenza. Il contribuente può cercare di sanare la tardività (non semplice, dipende se il Comune accetta sanatorie tecniche). Inoltre, vale il vincolo edilizio: se i lavori antisismici non avevano regolare titolo edilizio, niente bonus.

In generale, Ecobonus e Sismabonus ordinari sono meno complessi del Superbonus, ma non immuni da contestazioni. La mancata osservanza di un adempimento formale (come la comunicazione ENEA, il deposito asseverazioni, il bonifico parlante) può teoricamente far perdere il beneficio al pari di un vizio sostanziale.

Bonus ristrutturazioni 50% – requisiti e insidie

Il Bonus ristrutturazioni, essendo in vigore da molti anni, è ben conosciuto ma genera ancora contestazioni su alcuni punti chiave:

  • Tracciabilità pagamenti: è assolutamente obbligatorio il pagamento mediante bonifico parlante “tipo ristrutturazioni”, con indicazione di: causale di legge (art.16-bis TUIR), codice fiscale beneficiario e P.IVA impresa, e applicazione della ritenuta d’acconto 8%. Un pagamento effettuato con modalità diverse (assegno, contanti, bonifico ordinario) comporta la perdita della detrazione . L’Agenzia delle Entrate facilmente riscontra questo nelle verifiche: richiede le copie dei bonifici. Se mancano o non recano la causale giusta, la detrazione viene contestata per intero. Difesa possibile: talora la giurisprudenza ha ritenuto che se la banca ha comunque operato la ritenuta e il bonifico conteneva gli elementi essenziali, il beneficio non va negato per mere irregolarità formali. Ma è una linea non sempre accolta; in generale è difficile sanare ex post (non c’è remissione bonis per bonifici).
  • Documentazione edilizia: Il bonus 50% copre interventi di manutenzione straordinaria, restauro, ristrutturazione. Ciò implica che devono essere stati eseguiti nel rispetto delle norme urbanistiche, con presentazione di CILA/SCIA o Permesso a costruire se richiesti, oppure rientrare tra le attività di edilizia libera (per queste ultime oggi si fa una dichiarazione sostitutiva che l’intervento è libero). Un abuso edilizio non sanato relativa alle opere effettuate rende non detraibili le spese, per mancanza del requisito oggettivo. Esempio: se uno rifà degli ambienti e ottiene in realtà un cambio di destinazione d’uso non autorizzato, perde il bonus e rischia sanzioni. L’Agenzia su questo può attivarsi soprattutto incrociando i dati con i comuni (non di rado chiede al contribuente copia della CILA o titolo abilitativo). Se scopre che i lavori erano privi di titolo quando richiesto, contesta il bonus come indebito. Difesa: regolarizzare col Comune (sanatoria) potrebbe aiutare, ma sul piano fiscale spesso prevale la contestazione se al momento della spesa non c’era legittimità.
  • Ambito oggettivo: Non tutte le spese in casa sono detraibili. Sono esclusi i lavori di manutenzione ordinaria sulle singole abitazioni (imbiancare, rifare intonaci interni, cambiare pavimenti senza innovazioni). Solo se fatti su parti comuni condominiali l’ordinario è detraibile. A volte il contribuente detrae al 50% spese non ammesse (es. semplice riparazione, o arredi se non rientrano nel bonus mobili collegato). L’Agenzia quindi verifica la natura degli interventi dalle descrizioni in fattura: se vi legge “tinteggiatura locali” in un’abitazione privata, potrebbe disconoscere perché manutenzione ordinaria non agevolabile. Consiglio: sempre descrivere i lavori evidenziando l’aspetto innovativo o qualificante (es. “rifacimento integrale impianto elettrico a norma” piuttosto che “manutenzione impianto”).
  • Limite di spesa e parti comuni: Il tetto di €96.000 per immobile è vigilato dal Fisco. Se uno artificiosamente cerca di raddoppiarlo frazionando interventi o coinvolgendo più soggetti, può incorrere in contestazione. Ad esempio, se un proprietario possiede due appartamenti adiacenti e li ristruttura con pratiche separate ma di fatto un unico cantiere, l’Agenzia potrebbe contestare che era un’unica ristrutturazione soggetta ad unico tetto. Questi sono casi più sofisticati, ma emergono a volte.
  • Altri adempimenti minori: per lavori di importo > €10.000 c’era l’obbligo di comunicazione all’ASL locale (sicurezza cantiere). Oggi con il TU Sicurezza questo è dovuto se applicabile, ma la sua mancanza in passato portava a decadenza della detrazione (norma poi abrogata nel 2010). Quindi per spese recenti non è causa fiscale di decadenza, anche se è violazione amministrativa. Invece persiste l’obbligo di indicare in dichiarazione dei redditi i dati catastali dell’immobile ristrutturato e, se richiesta, la ricevuta della pratica ENEA per il risparmio energetico (quando i lavori di ristrutturazione comportano risparmio energetico, es. infissi o caldaie, va fatta una comunicazione a ENEA anche per il 50% – questa regola c’è dal 2018). Dimenticare di indicare i dati catastali può portare a una semplice richiesta di documentazione integrativa da parte dell’Agenzia (non è immediata decadenza, di solito).

Nel complesso, il bonus 50% è meno complesso del Superbonus ma ugualmente richiede attenzione: bonifici corretti e conservati, pratiche edilizie in ordine, distinzione chiara delle spese agevolate. Molte contestazioni sul 50% emergono a distanza di anni, durante controlli formali sulle dichiarazioni: il contribuente deve quindi archiviare tutto (fatture, bonifici, CILA, ecc.) per poterli esibire a richiesta.

Altre agevolazioni minori: Bonus facciate e colonnine

  • Bonus facciate: Fu molto sfruttato nel 2020-2021, spesso senza coinvolgere aspetti energetici (semplice tinteggiatura). Le contestazioni principali qui riguardano i requisiti urbanistici: l’agevolazione spettava solo per edifici in zona A o B (centrale o residenziale consolidata). Se un edificio era in zona diversa (es. C di espansione), l’Agenzia nega il 90%. Molti contribuenti non erano consapevoli di questa limitazione urbanistica. Inoltre, era richiesto che la facciata fosse visibile da suolo pubblico: interventi su cortili interni nascosti non danno bonus. Anche su questo sono state fatte contestazioni con interpretazioni restrittive (ad es., rifacimento di facciata laterale non visibile dalla strada, in teoria non agevolabile). Un’altra area di attenzione: se rifacendo la facciata si è migliorato isolamento termico su >10% superficie disperdente, allora quell’intervento doveva rispettare i requisiti Ecobonus (trasmittanza, materiali isolanti ecc.) e inviare pratica ENEA. In mancanza, l’Agenzia ha sostenuto in alcuni casi la decadenza totale del 90%. Su ciò c’è dibattito, perché la norma non era chiarissima; alcune circolari hanno poi chiarito che in tali casi basterebbe ridurre al 90% solo la parte inerente il “cappotto” non a norma. Comunque, i controlli su Bonus facciate sono stati abbastanza frequenti soprattutto per importi elevati (ricordiamo non aveva tetto di spesa, quindi condominî hanno speso milioni con detrazione 90%). Per difendersi, serve certificare bene la zona (tramite attestazione comunale) e l’effettiva visibilità.
  • Bonus colonnine: Trattandosi di importi piccoli, difficilmente l’Agenzia delle Entrate fa accertamenti mirati solo su quello. Tuttavia, potrebbero emergere in un controllo più ampio sul 110% o 50% a cui la colonnina era collegata. Requisiti: potenza ≤22 kW, uno per unità, spesa max €3.000. Possibile contestazione: se uno ha installato 2 colonnine nella stessa casa detraendo entrambe – la seconda non spetta. Oppure se la colonnina non è certificata come stazione di ricarica (ma se fatturata come tale, di solito ok). Nel 110%, la colonnina trainata aveva tetti di spesa inferiori (ad es. €1.500 in condominio per unità): l’Agenzia potrebbe contestare spese eccedenti.

Abbiamo così delineato cosa richiede la legge per ciascun bonus. Ora, spostiamo l’attenzione dal piano normativo a quello delle contestazioni effettivamente sollevate: quali sono i motivi più comuni per cui l’Amministrazione sta revocando o rettificando queste agevolazioni? E come può il contribuente controbattere?

Contestazioni dell’Amministrazione: cause più comuni e casi particolari

Analizzando le prime ondate di controlli 2022-2025 sul Superbonus e bonus affini, emergono alcune tipologie ricorrenti di contestazioni. Molte di esse corrispondono specularmente alla mancata soddisfazione dei requisiti sopra elencati. Possiamo individuare le seguenti macro-categorie di contestazione:

1. Contestazioni tecnico-fiscali sull’agevolazione non spettante” (vizi nei requisiti) – le più frequenti. L’Agenzia delle Entrate, a seguito di controllo documentale o ispezione, ritiene che la detrazione o il credito d’imposta non spettasse in tutto o in parte. In sostanza sostiene che il contribuente ha fruito indebitamente dell’agevolazione. Le motivazioni tipiche in questa categoria includono:
– Interventi non rientranti tra quelli agevolabili: ad esempio lavori di natura diversa da quella agevolata (es. manutenzione ordinaria spacciata per ristrutturazione 50%, intervento non trainante nel 110%, spesa per piscina o altre aggiunte non detraibili).
– Immobile non avente i requisiti: unità immobiliare di categoria esclusa (A/1 ecc.), edificio privo di certificato di agibilità, immobile non residenziale per bonus riservato alle abitazioni, ecc. Ad esempio, sono stati contestati Superbonus richiesti su fabbricati collabenti (diruti) non accatastati – l’Agenzia inizialmente li considerava esclusi in quanto “nuova costruzione”, salvo poi ammetterli dal 2021. Oppure Ecobonus su immobili senza impianto di riscaldamento preesistente (requisito base per ecobonus su riscaldamento).
– Mancato rispetto di condizioni specifiche: come il salto di due classi energetiche non raggiunto, o la riduzione del rischio sismico non effettivamente conseguita. In quest’ambito rientrano casi di attestazioni non credibili: es. APE pre-lavori già in classe A che “magicamente” migliora di due classi (impossibile) – il controllo incrociato potrebbe far emergere un abuso o errore.
– Superamento di limiti di spesa o lavori oltre le scadenze: l’Ufficio contesta la parte eccedentaria. Ad esempio, spese al 110% sostenute nel 2023 per una villetta che non aveva maturato il diritto alla proroga: tale porzione diventa indebita** (in un caso reale, un contribuente ha perso il 110% su €40.000 spesi a fine 2022 perché non aveva completato i lavori entro il termine, con conseguente recupero imposta + ~€12.000 di sanzioni) .

In tutti questi casi, la contestazione assume la forma di un “avviso di accertamento” o “atto di recupero” che recupera la detrazione non spettante. Di solito viene applicata una sanzione del 30% sulle imposte/crediti recuperati (trattandosi di utilizzo di credito non spettante) , oltre interessi. Se però l’Ufficio qualifica il fatto come credito “inesistente” (vedi punto 4 più avanti), la sanzione sale al 100% o più. Su questo torneremo a breve, perché la distinzione è cruciale.

2. Contestazioni per vizi formali o procedurali* – qui il Fisco riconosce che i lavori sono agevolabili in sé, ma ritiene decaduto il diritto al bonus per un adempimento mancante o tardivo*. Esempi classici:
 Mancata presentazione di comunicazioni obbligatorie: la già citata comunicazione ENEA non inviata entro 90 giorni; l’omessa comunicazione all’Agenzia della cessione del credito entro la scadenza; l’assenza di visto di conformità sulla dichiarazione dei redditi (dove richiesto); l’omessa indicazione dei dati catastali in dichiarazione (quest’ultima per fortuna sanabile).
 Errori nelle comunicazioni di opzione: capita che la comunicazione telematica per lo sconto/cessione sia stata inviata con dati errati (importo sbagliato, codice fiscale errato, ecc.). L’Agenzia può emettere un provvedimento di annullamento della comunicazione (detto “scarto”) se ritiene che quell’errore infici la validità. Ad esempio, se la banca cessionaria rifiuta il credito perché l’opzione era carente di un documento, l’Agenzia emette comunicazione di annullamento. In passato ci si chiedeva se questo “scarto” fosse impugnabile: oggi la giurisprudenza dice chiaramente di sì, perché incide sui diritti del contribuente . Cassazione e Corti tributarie hanno assimilato lo scarto a un atto impugnabile ex art.19 D.Lgs.546/92, trattandolo come provvedimento cautelare lesivo . Inoltre, recenti sentenze (CGT Trento 2025) hanno stabilito che anche il cessionario ha legittimazione a impugnare lo scarto , non solo il cedente originario. Ciò è importante: se la tua banca si vede annullare il credito, anche tu cliente puoi fare ricorso perché hai interesse che l’operazione vada a buon fine.
 Omessa/tardiva presentazione CILA-Superbonus: come accennato, qui c’è dibattito se faccia decadere il bonus. L’Agenzia tende a dire di sì (perché la norma la richiede); alcuni contribuenti invocano la natura non essenziale della CILA per sostenere il contrario. Non abbiamo ancora una parola definitiva dai giudici superiori, per cui questo rimane un terreno insidioso.

In generale, i “vizi formali” possono spesso essere sanati se il contribuente se ne avvede in tempo, grazie a istituti come la remissione in bonis (se non è ancora iniziata una verifica) o il ravvedimento operoso. Ma se vengono scoperti dall’Ufficio prima che il contribuente rimedi, vengono contestati come cause di decadenza. Le Commissioni Tributarie in vari casi hanno mostrato un certo favore per il contribuente su questioni meramente formali, applicando il principio che l’incentivo non va negato per una svista se la sostanza c’è. Ad esempio, la Commissione Regionale (CGT) dell’Emilia-Romagna in una sentenza 2022 ha concesso il bonus nonostante ENEA tardiva, ritenendo che l’omissione non avesse arrecato pregiudizio. È fondamentale dunque, in sede di difesa, dimostrare l’irrilevanza dell’errore formale sul risultato sostanziale.

3. Contestazioni per irregolarità nelle attestazioni o nelle fatture* – qui entriamo in ambiti di possibile *abuso/frode. Diversi controlli si focalizzano sulla veridicità delle asseverazioni tecniche e delle fatture:
– Interventi non realmente eseguiti o solo parzialmente eseguiti: Purtroppo, sono emersi casi di cantieri fittizi messi su solo per generare crediti. In altri casi meno gravi, i lavori erano iniziati ma non completati, e ciononostante si sono fatturate come se fossero terminati (magari per rientrare nelle scadenze). Questo è un fronte di contestazione pesante: l’Agenzia (spesso tramite la Guardia di Finanza) verifica in loco lo stato dei luoghi. Se scopre, ad esempio, che un cappotto termico risultante da asseverazione in realtà non esiste sull’edificio, parte la contestazione per credito inesistente. Un caso pratico: Condominio Alfa cede crediti per €500k dichiarando lavori fatti al 100%; la Gdf sopralluogo verifica che il cappotto non c’è su metà edificio – presumibilmente i lavori sono fermi. L’Agenzia potrebbe riqualificare il credito come inesistente per la parte non eseguita. Cassazione penale n. 42012/2022 ha sottolineato che il SAL (stato avanzamento lavori) non può includere opere non eseguite anche se già fatturate e pagate : farlo integra reato e fa perdere il bonus.
– Fatture gonfiate o costi non congrui: se dalle carte risulta che i prezzi unitari superano di molto i massimali (magari il tecnico asseveratore compiacente ha chiuso un occhio), l’Ufficio può nominare un proprio perito e rideterminare il costo congruo, negando il bonus sull’eccedenza. Questo genere di contestazione tecnica sfocia in battaglie di perizie.
– False dichiarazioni del beneficiario: es. dichiarare residenza nell’unifamiliare per avere la proroga quando invece non era prima casa, o dichiarare un ISEE fittizio (nel 2022 per unifamiliari c’era soglia 25.000€ per 110%). Se scoperti, questi sotterfugi portano all’annullamento del bonus e possibili denunce.
– Visto di conformità infedele: raramente contestato al contribuente (colpisce semmai il professionista). Ma se emerge collusione (es. CAF compiacente che appone visti su pratiche false), per il contribuente c’è poco da fare: avviso di recupero integrale del credito per mancanza di controlli sostanziali.

Questo tipo di contestazioni spesso sfocia non solo nel recupero fiscale, ma anche in provvedimenti di sequestro penale dei crediti. Ad esempio, se c’è il sospetto di frode, la Procura chiede il sequestro preventivo delle somme corrispondenti al credito indebito, anche se nel frattempo il credito è passato a terzi. La Cassazione Penale (sent. n. 3108/2024) ha confermato che i crediti fiscali illeciti possono essere sequestrati anche presso cessionari in buona fede, perché la cessione non “ripulisce” il vizio . In altre parole, se il credito originario era falso, chiunque lo detenga può vederselo congelato o annullato, indipendentemente dalla sua buona fede . Questa severità mira a evitare che i truffatori monetizzino comunque trovando “teste di legno” a cui vendere. Dunque, per il contribuente onesto coinvolto suo malgrado, è fondamentale dimostrare di non aver avuto consapevolezza delle eventuali falsità e di aver preso tutte le precauzioni possibili (vedi punto successivo sul cessionario in buona fede).

4. Contestazioni qualificando il credito come “inesistente” (con profili sanzionatori aggravati) – merita un approfondimento la differenza tra credito non spettante e credito inesistente, che l’Agenzia spesso fa valere. Un credito d’imposta “non spettante” è un credito formalmente esistente (deriva da lavori reali) ma fruito oltre il dovuto (importo maggiore del consentito o senza averne diritto pieno). Un credito “inesistente” invece è quello privo radicalmente di fondamento, creato artificiosamente o con mancanza totale dei requisiti sostanziali . Ad esempio, se io dichiaro €100k di spese mai sostenute producendo fatture false, quello è credito inesistente; oppure se assevero lavori mai iniziati. Anche un credito originato da frodi documentali (falsa attestazione, SAL gonfiati) rientra negli “inesistenti” per l’Amministrazione. La distinzione è rilevante perché:
– per i non spettanti la sanzione è del 30% dell’importo, con termine di accertamento ordinario (entro 5 anni);
– per gli inesistenti, fino a fine agosto 2024, la sanzione era dal 100% al 200% e il termine di accertamento lungo (8 anni) . Dal 2023 una riforma (DL 146/2021 conv. L. 215/2021) ha uniformato meglio le definizioni e dal settembre 2024 la sanzione è fissata al 70% per inesistenti, ma con aggravio al 100% se connotati da frode . Resta l’estensione temporale per accertarli.

Capita che l’Agenzia, anche in situazioni non fraudolente, tenti di classificare la violazione come credito inesistente per usufruire dei termini più lunghi e punire più severamente. Ad esempio: un contribuente ha realizzato i lavori ma non ha ottenuto le due classi di miglioramento – l’Ufficio potrebbe dire che manca il requisito oggettivo, quindi il credito è inesistente (non spettava fin dall’inizio). È una tesi forzata, che la Cassazione (sent. 34447/2022) ha respinto chiarendo che se l’intervento c’è stato ma non soddisfa tutti i parametri, è caso di non spettanza (violazione di modalità di utilizzo) e non inesistenza. In pratica, la giurisprudenza tributaria tende a riservare la categoria di “inesistenza” alle ipotesi di totale mancanza del presupposto o frode conclamata . Ciò non toglie che in sede di primo accertamento, l’Ufficio spesso contesti come inesistente, e spetta al ricorrente far ricondurre la cosa al più lieve non spettante, se effettivamente i lavori furono reali (anche se con errori). L’importanza pratica: oltre alla diversa sanzione, per i crediti inesistenti non è ammessa definizione agevolata e l’Agenzia può emettere atto di recupero senza termine breve dopo la compensazione. Per i non spettanti invece c’è un trattamento più mite (talora anche la sanzione ridotta al 25% in particolari circostanze) .

5. Altre cause di contestazione (casi particolari) – infine, alcune fattispecie meno comuni ma degne di nota:
– Cumulo indebito di incentivi: Come già accennato, se un contribuente ha cumulato più agevolazioni sulla stessa spesa violando il divieto di doppia fruizione. Esempio: ha ottenuto un contributo in conto termico dal GSE e in più ha detratto col 110% la stessa spesa – questo non è permesso. L’Agenzia recupera una delle due (di solito la detrazione statale per la parte eccedente) . Similmente, non si poteva cumulare Bonus facciate e Superbonus sul medesimo tratto di facciata: chi magari ha fatto il 90% su una spesa e il 110% su altre spese ma relative allo stesso lavoro può essere contestato (devono optare per uno). La difesa qui è difficile, perché la legge sul divieto di cumulo è esplicita. Si può solo cercare di dimostrare che erano interventi distinti e autonomi, se sostenibile.
– Cessione “informale” non andata a buon fine: si sono verificati casi in cui contribuenti hanno ceduto crediti “fuori procedura”, ovvero con accordi privati senza registrare la cessione sul portale AdE. Magari pensavano bastasse un contratto scrittura privata; poi, per distrazione o per blocco antifrode, la cessione non è stata accettata e il credito è rimasto in capo al cedente. In tali situazioni l’Agenzia invia una comunicazione di scarto che informa che la cessione non è avvenuta. Questo lascia il cedente con il cerino in mano: lui forse ha incassato soldi dal cessionario, ma ufficialmente risulta ancora detentore del credito (che magari però nel frattempo è decaduto per scadenza termini di utilizzo). È un caso peculiare dove il contribuente può ricorrere per far valere il diritto al bonus se ritiene che il rifiuto sia illegittimo (ad es. contesta il blocco antifrode). Abbiamo già citato che il TAR Lazio e la CTR Lazio hanno riconosciuto la impugnabilità dello “scarto” come atto lesivo . Quindi una strada di tutela c’è, anche se questi contenziosi sono relativamente nuovi e complessi.
– Accertamenti penali paralleli: se sui lavori pende un’indagine penale (es. per truffa allo Stato), l’Agenzia può attendere gli esiti o procedere in parallelo. Per il contribuente onesto coinvolto per errore, la priorità è ottenere l’archiviazione penale dimostrando l’estraneità. In giudizio tributario, si potrà far leva sull’eventuale esito a suo favore in ambito penale. Viceversa, se in sede penale emergono condotte fraudolente, l’esito tributario è segnato. Cassazione penale n. 45868/2024 ha affermato che configura truffa aggravata creare e cedere crediti falsi, anche se non ancora compensati . Dunque il Fisco e la Procura si muovono con linea dura: nel dubbio, crediti sospetti vengono bloccati e i soggetti rinviati a giudizio, con possibile confisca dei profitti illeciti (cioè i crediti stessi) . Per il contribuente inconsapevole, l’unica difesa è provare di essere vittima, non autore, e di non aver tratto profitto consapevolmente.

Alla luce di queste possibili cause, qual è l’impatto sul beneficiario (debitore)? In quasi tutti i casi visti, l’effetto immediato è un atto impositivo che richiede il pagamento di: imposta corrispondente al beneficio indebito, sanzioni e interessi. Ad esempio, se avevo detratto €30.000 di Superbonus non spettante, mi verranno chiesti €30.000 di imposta, +9% annuo circa di interessi, + sanzione (30% = €9.000, o 100% = €30.000 se considerato credito inesistente). Ci si trova quindi con un debito rilevante da pagare entro termini brevi, altrimenti l’importo va a ruolo con cartella esattoriale. Senza contare che, se c’era di mezzo uno sconto in fattura, può anche capitare che l’impresa fornitrice (che ha concesso lo sconto e perso il credito) si rivalga sul cliente chiedendo il pagamento di quanto dovuto a titolo civile.

Dal punto di vista del contribuente che si vede arrivare una contestazione del genere, la situazione è sicuramente allarmante. Tuttavia, come vedremo nel prossimo capitolo, esistono vari strumenti di difesa e strategie per opporsi o quanto meno per ridurre il danno. Fondamentale è agire tempestivamente e con competenza, valutando i vizi dell’atto fiscale e la sostenibilità delle proprie ragioni. È altresì importante, in parallelo, considerare eventuali azioni contro-terzi: se la perdita del bonus è dovuta a colpa dell’impresa (es. lavori non completati) o del tecnico (errore nell’asseverazione), il beneficiario può avere diritto a un risarcimento del danno in sede civile – su questo torneremo più avanti parlando di responsabilità solidale.

In sintesi, le contestazioni più comuni riguardano difetto di requisiti tecnici, irregolarità formali non sanate, abusi/frodi. Ciascuna richiede un approccio difensivo diverso: dalla semplice produzione di documenti mancanti, fino alla battaglia in commissione tributaria sull’interpretazione delle norme. Nei capitoli seguenti guideremo il lettore attraverso le fasi del procedimento di controllo e contenzioso, indicando come muoversi e quali strumenti utilizzare per difendersi efficacemente.

Procedura di controllo e contenzioso: come nascono e si affrontano le contestazioni

Per capire come difendersi, è essenziale conoscere il percorso procedurale che va dall’avvio di un controllo fino all’eventuale processo tributario (o amministrativo). I punti salienti sono:

– Avvio del controllo e verifica preliminare: Spesso tutto inizia con una comunicazione o richiesta di documenti da parte dell’Agenzia delle Entrate. Ad esempio, molti contribuenti hanno ricevuto nel 2023 una lettera dall’Agenzia con oggetto “Verifica documentazione Superbonus” contenente un questionario ex art. 11, c.1, L. 212/2000 . In questo questionario si chiedono entro 15 o 30 giorni vari documenti: copie di fatture, bonifici, asseverazioni, CILA, visure catastali, APE, etc. È il segnale che il Fisco sta controllando quella pratica. Talvolta il controllo parte dalla Guardia di Finanza, che su delega dell’Agenzia effettua sopralluoghi o indagini (soprattutto nei casi di frode). In altri casi ancora è l’ENEA che segnala anomalie (es. APE non coerenti). Il contribuente, in questa fase preliminare, deve collaborare prontamente e fornire tutto il materiale richiesto. È anche opportuno allegare una memoria esplicativa se ci sono aspetti complessi, per chiarire subito la propria posizione (es. se un pagamento risulta fatto diversamente, spiegarne il motivo e le prove).

– Processo verbale di constatazione (PVC) o esito del controllo: Se il controllo è in loco o approfondito (specie per imprese o cantieri grossi), la GdF redigerà un PVC consegnandone copia al contribuente. Se invece è solo documentale in ufficio, l’Agenzia potrebbe notificare direttamente un “avviso di accertamento” senza passaggi intermedi, oppure inviare prima un esito del controllo (come avviene per i controlli formali art.36-ter DPR 600/73). Nel caso di Superbonus, dati gli importi, è frequente la forma dell’avviso di accertamento con contestazione motivata.

– Diritto al contraddittorio pre-accertamento: Nel nostro ordinamento tributario, non sempre c’è l’obbligo di contraddittorio anticipato, ma in molti casi sì. Ad esempio, per i controlli formali e gli accessi GdF con PVC c’è la possibilità di presentare osservazioni entro 60 giorni prima che l’atto venga emesso. Inoltre, per avvisi di accertamento relativi a controlli complessi, l’Agenzia spesso invia un invito al contraddittorio (ex art.5-ter D.Lgs. 218/97) per discutere la rettifica. È fondamentale partecipare a questi confronti: presentare memorie, documenti integrativi, e far valere eventuali errori dell’Ufficio. Un buon contraddittorio può portare in alcuni casi all’archiviazione della contestazione o a una riduzione (magari l’ufficio riconosce qualcosa). Se l’ente ignora la richiesta di confronto quando sarebbe dovuto, ciò può costituire motivo di nullità dell’atto (in alcune materie l’obbligo è stringente, in altre è controverso – ma per prudenza l’Agenzia oggi tende a concedere contraddittorio).

– Emissione dell’atto impugnabile: Se il Fisco ritiene ancora fondate le sue ragioni, emette l’atto fiscale vero e proprio. Nel caso delle detrazioni indebitamente fruite, l’atto è generalmente un “Avviso di accertamento per recupero di credito d’imposta non spettante/inesistente”. Questo conterrà: l’indicazione delle annualità interessate (es. anno d’imposta 2021, se la detrazione era in dichiarazione 2022), l’importo del credito/detrazione recuperato, le sanzioni applicate e gli interessi calcolati, oltre alla motivazione (spiegazione in fatto e diritto della ripresa). Se invece la fruizione era tramite compensazione in F24 (come per chi ha ceduto il credito e la banca lo usa), talora viene emesso un atto di recupero ai sensi dell’art. 1, c.421 L.311/2004, ma la sostanza non cambia: è un atto impugnabile in Commissione Tributaria. In rari casi si è visto anche l’utilizzo dell’istituto del “diniego di autotutela” impugnato (come nel caso Rieti 2025 citato ): ovvero il contribuente aveva chiesto la cancellazione del rilievo in autotutela, l’Agenzia ha risposto di no, e questa risposta è stata impugnata. La Cassazione ha ormai chiarito che anche il diniego di autotutela è atto impugnabile se reitera una pretesa fiscale . Quindi, comunque arrivi la pretesa (avviso, diniego, atto recupero), il contribuente ha diritto di adire il giudice tributario.

– Pagamento o impugnazione entro 60 giorni: Dalla notifica (a mezzo raccomandata A/R o PEC) dell’atto, decorrono 60 giorni per pagare o presentare ricorso. Attenzione: in materia di bonus edilizi, l’avviso spesso comporta il recupero di importi elevati. La legge consente, se non si ricorre, di pagare entro 60 gg con riduzione delle sanzioni a 1/3 (acquiescenza), ma questo vale solo se si rinuncia a impugnare. Difficilmente chi riceve un accertamento da decine di migliaia di euro potrà pagare subito; inoltre spesso c’è convinzione di avere ragione, per cui si opterà per il ricorso.

– Strumenti deflattivi attivabili nel frattempo: Prima di ricorrere o contestualmente, il contribuente può valutare:
– Presentare istanza di accertamento con adesione (art.6 D.Lgs.218/97) all’Ufficio, entro 60 giorni. Ciò sospende i termini per ricorrere per 90 giorni e apre una negoziazione con l’Agenzia. In pratica, si discute del caso e si può arrivare a un accordo transattivo: il contribuente riconosce una parte del debito e l’Ufficio riduce sanzioni (per legge, sanzioni ridotte a 1/3) e magari accoglie alcune tesi. Questo strumento è utile se la posizione non è solida al 100%, per evitare il rischio del tutto-o-nulla in giudizio. Esempio: se ho sbagliato qualcosa ma non tutto, potrei aderire su metà delle somme. Importante: l’adesione comporta rinuncia al ricorso e pagamento (anche rateabile) dell’accordato. – Se l’importo in contestazione (imposte+interessi) è sotto €50.000, il ricorso in Commissione è preceduto obbligatoriamente da una fase di reclamo/mediazione (art.17-bis D.Lgs.546/92). In pratica si deposita comunque il ricorso, ma l’Agenzia ha 90 giorni per eventualmente accoglierlo in autotutela o proporre mediazione (riducendo sanzioni al 35%). Molti casi di bonus superano 50k, ma per piccoli importi (es. una detrazione 50% su €10k negata: €5k imposte + sanzioni) questo si applica. – Autotutela interna: anche dopo l’emissione atto, si può chiedere all’ente di riesaminare il caso (se emergono nuovi elementi). L’istanza di autotutela tuttavia non sospende i termini di ricorso. Inoltre, una volta emesso atto, l’Amministrazione raramente annulla a meno di errore macroscopico. Nel caso prima citato di Rieti, l’istanza di autotutela era stata respinta e il diniego è finito in giudizio, con vittoria contribuente .

– Fase di giudizio tributario: Se non si trova soluzione prima, si arriva al ricorso presso la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado (nuova denominazione delle Commissioni Tributarie Provinciali). Il contribuente diventa “ricorrente” e l’Agenzia delle Entrate “resistente”. Il processo tributario ha tempi variabili (in media 1-2 anni in primo grado). Durante questo periodo, se gli importi sono alti, conviene chiedere la sospensione dell’atto impugnato: il giudice può sospendere la riscossione se c’è pericolo di danno grave e se il ricorso non è pretestuoso. La sospensione evita che, scaduti 60 gg, l’Agenzia iscriva a ruolo le somme e l’Agente della Riscossione inizi a notificare cartelle e pignoramenti. Quindi quasi sempre, in parallelo al ricorso, si deposita un’istanza di sospensione cautelare. Il giudice la decide in pochi mesi con ordinanza.
Nel merito, la causa tributaria sul Superbonus o simili si basa molto su documenti tecnici e interpretazioni normative. Spesso verranno esibite perizie di parte, memorie anche dell’ENEA o di professionisti, e si citeranno circolari e sentenze. È tipico, ad esempio, citare sentenze come quella di Rieti 2025 a supporto (non vincolante ma persuasiva) , oppure circolare dell’Agenzia stessa se aiuta (a volte le circolari contengono aperture a favore, che però l’ufficio periferico non applica e devono essere fatte valere in giudizio).
Il giudice tributario può confermare il recupero, annullarlo in toto, oppure annullarlo parzialmente. La pronuncia di parziale accoglimento è frequente in materia tecnica: ad esempio, potrebbe ritenere valide €80k spese e non €20k eccedenti massimali – tagliando via una parte di detrazione senza azzerare tutto. In tal caso ricalcola anche le sanzioni proporzionalmente.

– Appello e giudicato: Sia contribuente che Agenzia possono appellare la sentenza di primo grado alla CGT di secondo grado (ex Commissione Regionale). E oltre, in Corte di Cassazione (solo per motivi di diritto). Questo ovviamente prolunga la vicenda di anni. Molti casi spinosi sul Superbonus probabilmente giungeranno in Cassazione attorno al 2025-2026, delineando principi unificanti. Nel frattempo, si naviga con pronunce di merito non sempre uniformi.
Da notare: se il contribuente perde in primo grado, per appellare deve versare 1/3 delle imposte contestate (“tributi previsti provvisoriamente”). Se vince lui, e l’Agenzia appella, di solito non accade nulla (la riscossione è sospesa ex lege in caso di vittoria totale del contribuente in primo grado).

– Sede amministrativa o giurisdizione diversa: Finora abbiamo parlato del percorso in Commissione Tributaria, competente per tributi statali e crediti d’imposta. Tuttavia, certe controversie connesse alle agevolazioni potrebbero finire in sede amministrativa (TAR e Consiglio di Stato). Questo avviene ad esempio se l’atto impugnato non è un avviso fiscale ma un provvedimento amministrativo: si pensi alla revoca di un contributo regionale per l’energia, o al diniego di un certificato necessario ai fini del bonus. In tal caso, il contribuente potrebbe dover fare ricorso al TAR entro 60 giorni. Ad esempio, se ENEA (ipoteticamente) emettesse un provvedimento di rigetto della pratica tecnica, o se un Comune annullasse in autotutela un titolo edilizio usato per il bonus, ci si potrebbe rivolgere al giudice amministrativo. In realtà, la stragrande maggioranza dei casi sui bonus edilizi passa per il binario tributario. Ci sono stati anche tentativi di rivolgersi al TAR Lazio contro alcune circolari restrittive dell’Agenzia, ma senza successo (il TAR ha detto che sono atti non autonomamente lesivi, va caso per caso in Commissione). Quindi qui ci concentriamo sul giudizio tributario, salvo ricordare che se avete a che fare con un ente diverso dall’Agenzia (es. GSE per il Conto Termico, o Ministero per un eco-prestito), valutate bene il giudice competente.

In ogni caso, a prescindere dal foro, la strategia difensiva ruota attorno alle prove documentali e argomentazioni giuridiche per smontare la contestazione.

Nel prossimo capitolo analizzeremo proprio le strategie di difesa e gli strumenti utilizzabili per risolvere la controversia possibilmente prima del giudizio o, se si va in giudizio, come impostatelo al meglio. Inoltre, esamineremo come invocare la propria buona fede e se del caso chiamare in causa gli altri soggetti responsabili (fornitori, tecnici) per condividere o riversare le responsabilità.

Strumenti deflattivi e strategie di difesa: autotutela, adesione, ricorso e oltre

Quando ci si trova di fronte a una contestazione di questo tipo, il contribuente ha davanti a sé diverse opzioni di difesa, da attuare in sequenza o in parallelo. Possiamo distinguere tra: strumenti pre-contenzioso (deflattivi) e difesa nel merito davanti al giudice. Vediamoli nel dettaglio.

Autotutela: far correggere all’amministrazione i propri errori

L’autotutela è il potere/dovere della Pubblica Amministrazione di correggere o annullare i propri atti se illegittimi o errati. Nel nostro caso, significa che il contribuente può presentare un’istanza all’Agenzia delle Entrate (di solito alla Direzione Provinciale che ha emesso il rilievo) chiedendo l’annullamento totale o parziale dell’atto di contestazione, motivandolo con elementi chiari: ad esempio “avete contestato mancata comunicazione ENEA, ma la allego perché in realtà è stata fatta”, oppure “chiedo annullamento perché la normativa è cambiata e ora consente sanatoria di quell’errore” ecc. L’autotutela è gratuita e non ha termini (si può chiedere in ogni momento, anche durante il processo), ma non sospende né i termini di pagamento né quelli per ricorrere. Quindi va usata come complemento, non in sostituzione del ricorso.

Tradizionalmente, l’autotutela era vista come discrezionale: l’ufficio può accogliere o ignorare l’istanza senza che il cittadino possa pretendere nulla. In passato, addirittura, la giurisprudenza diceva che il diniego di autotutela non era impugnabile, in quanto atto meramente confermativo. Questo scenario è cambiato: la Cassazione ha ritenuto impugnabile il rifiuto di autotutela quando l’istanza era fondata su nuovi elementi fattuali non valutati nell’atto originario, e più di recente il Legislatore, con la riforma 2022 della giustizia tributaria, ha previsto l’impugnabilità dei dinieghi espressi di autotutela relativi a tributi . Dunque, se presentiamo un’istanza ben articolata e l’Agenzia la rigetta con un provvedimento, possiamo portare anche quello in giudizio. Ad esempio, nel caso di Rieti 2025, la società aveva fatto istanza di autotutela per ottenere il riconoscimento del SAL 30%; l’Agenzia ha risposto picche; il giudice ha annullato quel diniego, di fatto costringendo l’Amministrazione a riesaminare e concedere il bonus .

Come e quando usare l’autotutela? Conviene tentarne l’uso quando si rilevano errori evidenti o facilmente documentabili nella contestazione. Ad esempio: l’ufficio ha conteggiato male le spese (magari doppi conteggi), oppure non ha visto un documento che invece esisteva e possiamo inviarglielo. Se si riesce a convincere subito l’ufficio, si risparmia tempo e risorse. L’autotutela può essere utile anche dopo una sentenza favorevole non impugnata dall’Agenzia, per ottenere la scomputo di eventuali ruoli già emessi sul medesimo oggetto (in teoria dovrebbero farlo d’ufficio, ma non sempre accade senza sollecito).

Tuttavia, l’autotutela non è una panacea: su questioni interpretative o complesse, l’ufficio difficilmente darà ragione al contribuente da solo (perché significherebbe sconfessare il proprio operato). È più probabile ottenerla su aspetti formali (vizi riconosciuti dalle stesse circolari AdE come sanabili) o su errori materiali. Ad esempio, se l’Agenzia ha classificato erroneamente un credito come “inesistente” mentre in realtà era “non spettante” (quindi con sanzione troppo alta), si può chiedere autotutela parziale per ricalibrare sanzione e termini . Se l’ufficio è ragionevole, potrebbe correggere.

In ogni caso, anche mentre chiediamo autotutela, dobbiamo predisporre il ricorso per non far scadere i termini. Un eventuale accoglimento dell’istanza può sempre comportare la cessazione della materia del contendere poi in giudizio (il ricorso si chiude perché l’atto è annullato).

Accertamento con adesione: negoziare una soluzione e ridurre le sanzioni

L’accertamento con adesione è uno strumento che consente al contribuente e all’Agenzia di incontrarsi e concordare un esito intermedio della controversia, evitando il processo. Nel contesto dei bonus, l’adesione può servire, ad esempio, se il contribuente riconosce un errore ma vuole ridurre l’impatto delle sanzioni e magari ottenere uno “sconto” sulla pretesa. Tecnicamente, si attiva presentando un’istanza di adesione all’ente impositore entro il termine per ricorrere (60 gg). L’istanza sospende i termini di impugnazione per 90 gg, dando tempo per il contraddittorio.

Quando è utile valutare l’adesione? Quando la posizione del contribuente non è di assoluta correttezza o ci sono margini di incertezza seri. Esempio: ha effettivamente commesso qualche irregolarità (es. comunicazione in ritardo) che rende difficile puntare a vincere al 100%. Oppure vuole evitare i costi/incertezze di un giudizio lungo. Con l’adesione si può ottenere: sanzioni ridotte a 1/3 del minimo (quindi se era 30%, diventa 10%; se era 100% diventa ~33%), nessuna successiva lite, e possibilità di rateazione comoda (fino a 8 rate trimestrali se l’importo supera 50k, 16 rate se sopra 5 milioni). Inoltre, con l’adesione si evita la “condanna alle spese” che in caso di processo perso comporterebbe esborso per onorari all’Agenzia.

Nel nostro tema, un esempio concreto di adesione: l’Agenzia contesta €100k di crediti; il contribuente sa di aver sbagliato in parte ma ritiene di poter giustificare ad esempio €40k. In adesione può cercare un accordo in cui paga, poniamo, €60k di imposte (rinunciando a €40k di bonus) e su queste imposte €6k di sanzioni (10%) invece dei €18k iniziali (30%). L’Agenzia può essere propensa se percepisce che la controparte in giudizio porterebbe comunque elementi forti su una parte.

Limiti dell’adesione: richiede la disponibilità di entrambi; se l’ufficio locale ha direttive rigide (es. “zero tolleranza su Superbonus fraudolenti”), difficilmente farà sconti significativi. Inoltre, in materia di crediti inesistenti per frode, spesso non fanno adesione per politica interna (non “trattano” sui casi di possibile rilevanza penale finché non chiarita). C’è anche un limite pratico: se la controversia è su questioni interpretative di principio, l’adesione è poco utile perché l’AdE non può transigere sulla legge. Serve quando c’è margine quantitativo (ad esempio sul quantum delle spese ammissibili, sulla percentuale di completamento lavori, sul grado di colpa, ecc.).

Reclamo e mediazione: per importi minori

Come detto, se l’importo contestato non supera €50.000, il reclamo/mediazione è obbligatorio. Si deposita un ricorso che funge anche da reclamo: l’Ufficio territoriale diverso da quello accertatore esamina il caso e può proporre una mediazione (analoga all’adesione come risultato: riduzione sanzioni al 35% e accordo). Se entro 90 gg non c’è accordo, il reclamo si trasforma automaticamente in ricorso e il giudizio prosegue.

Nelle questioni sui bonus, non è molto frequente stare sotto 50k (basta una veranda rifatta con bonus facciate da €20k per superare: 90% di 20k = 18k contestati + sanzione e interessi porta sopra soglia). Ma se capita (es. piccola ristrutturazione con 5k di detrazione negata), il mediatore AdE a volte annulla direttamente l’atto se ci sono buone ragioni, per evitare i costi del contenzioso. Vale la pena in tali casi scrivere un reclamo ben argomentato sperando in un riesame.

Sospensione della riscossione e tutela cautelare

Accennavamo: se si ricorre, è vitale chiedere sospensione dell’atto per evitare di dover pagare subito. I presupposti sono: fumus boni iuris (possibilità non temeraria di vittoria, cioè il ricorso non è campato in aria) e periculum in mora (danno grave da esecuzione dell’atto in pendenza di giudizio). Nel nostro caso, spesso la seconda condizione è facile da dimostrare: importi elevati richiesti in tempi brevi possono mettere in ginocchio famiglie o aziende – questo è un danno grave. Quanto al fumus, basta evidenziare le questioni dubbie sollevate. I giudici tributari concedono abbastanza frequentemente sospensive nelle cause sul Superbonus, dati gli importi considerevoli. Attenzione però: la sospensione cautelare vale fino alla sentenza di primo grado. Se poi si perde e si fa appello, bisogna chiedere nuova sospensione in appello (c’è automatica se vinto, ma non se perso).

In parallelo, una tutela cautelare amministrativa è ipotizzabile se il contenzioso fosse in TAR (es. sospendere revoca contributo). In ambito tributario, oltre alla sospensione giudiziale, c’è anche la sospensione amministrativa su istanza all’ente (art. 15 DPR 602/73) ma è raramente concessa dall’AdE se non in presenza di pagamento di 1/3.

Difesa nel merito: come impostare il ricorso

Quando si passa alla scrittura del ricorso tributario, occorre strutturare le eccezioni di diritto e le argomentazioni di merito. Elenchiamo alcune possibili linee difensive che un beneficiario può adottare a seconda del caso:

  • Vizi formali dell’atto: sempre controllare se l’avviso di accertamento è stato emesso rispettando la procedura. Ad esempio: è stato inviato il PVC e attesi 60 gg prima dell’atto? (Se no, in alcune materie è motivo di nullità, anche se su bonus non c’è norma generale come per tributi locali). È motivato adeguatamente, allegando i documenti richiamati? Ha indicato il funzionario responsabile? Piccoli vizi come mancata indicazione della possibilità di adesione, o indirizzo PEC errato, possono fornire eccezioni procedurali. Non sempre portano all’annullamento, ma vanno comunque sollevate per mettere pressione all’ente e mostrare attenzione.
  • Nel merito: prova dell’avvenuta esecuzione e regolarità sostanziale: Il contribuente deve controbattere ai fatti contestati. Se l’ufficio dice “lavori non eseguiti”, vanno portate prove del contrario: fotografie datate, dichiarazioni asseverative del direttore lavori, collaudi. Se contesta “mancato SAL 30%”, portare computi metrici, fatture d’acquisto materiali entro la data, perizie di avanzamento. Se dice “classe energetica non migliorata”, magari far redigere da un esperto un APE rifatto o spiegare l’errore nel calcolo originario (ad esempio mostrando che l’APE pre-lavori era errato in eccesso). Insomma, colmare il gap probatorio evidenziato dall’Agenzia. In giudizio, il contribuente può anche chiedere una CTU (Consulenza Tecnica d’Ufficio): un perito nominato dal giudice che valuti questioni tecniche (energetiche, strutturali, contabili). Spesso i giudici la dispongono in casi di contestazioni su congruità costi o su avanzamento lavori. Può essere un’arma a doppio taglio (se il CTU conferma le tesi del Fisco è un problema), ma in situazioni complesse è quasi inevitabile.
  • Invocare la buona fede e l’assenza di dolo: Questo è cruciale soprattutto per modulare le sanzioni. Se il contribuente dimostra di aver agito in buona fede, seguendo ad es. le indicazioni di un professionista e in un quadro normativo incerto, può chiedere ai giudici la non applicazione delle sanzioni amministrative per “obiettiva incertezza normativa” (art. 6, c.2, D.Lgs. 472/97 e art. 10, c.3, Statuto del Contribuente). Dati i continui cambi di regole sul Superbonus, questa argomentazione ha peso: è plausibile che un cittadino nel 2021-22 non avesse piena chiarezza su tutti gli adempimenti. Ad esempio, c’è confusione sulla CILA-S: alcuni comuni non la pretendevano; se uno non l’ha fatta convinto di non doverla fare, si può invocare incertezza interpretativa. La Cassazione ha spesso annullato sanzioni quando la violazione è frutto di errore incolpevole, specie se il contribuente si è affidato a un CAF o a circolari non chiarissime. Quindi anche se magari dovrete restituire il bonus, puntare almeno all’annullamento delle sanzioni è un successo parziale non trascurabile.
  • Sostenere la tesi della “non spettanza” vs “inesistenza”: Come detto, se l’Agenzia ha brutalmente qualificato il credito come inesistente ma voi avete elementi che c’era sostanza (lavori fatti anche se con vizi), insistete su quella differenza. Citare prassi ufficiale: la Circolare AdE 31/E/2022 ha chiarito che credito inesistente è solo se manca del tutto il presupposto o con frode, mentre se l’intervento rientra nel perimetro normativo ma con errori, è non spettante . Inoltre potete citare sentenze di Cassazione che distinguono (es. Cass. 34447/2022). Convincere il giudice su questo punto riduce le sanzioni dal 100-200% al 30% e può anche far dichiarare l’atto parzialmente nullo se notificato oltre i 5 anni (perché per non spettanti c’è decadenza breve).
  • Contestare la misura delle sanzioni per eccesso di potere: Anche se formalmente una violazione c’è stata, potete argomentare che la sanzione applicata è sproporzionata. Ad esempio, se l’Agenzia vi accusa di indebita compensazione punita col 100% ma voi eravate in buona fede, potete chiedere al giudice di ridurla al minimo edittale o addirittura di disapplicarla per buonafede. C’è margine perché i giudici tributari hanno potere di ridurre sanzioni se ritengono la misura non equa, entro i limiti di legge. Dal 2023, le sanzioni su crediti inesistenti sono state abbassate, il che implicitamente riconosceva l’eccesso precedente: questo si può sfruttare (principio del favor rei, applicazione retroattiva se più favorevole).
  • Far leva su precedenti giurisprudenziali favorevoli: Ormai iniziano a essercene. Nel ricorso si possono citare (con dovizia di riferimenti) sentenze come quella della Corte di Giustizia Trib. Rieti n.18/2025 di cui abbiamo detto , oppure pronunce di Cassazione Penale come la n.3108/2024 che però è sfavorevole lato penale ma spiega bene la questione cessionari . Potreste citarla a contrario: “Anche la Cassazione penale ammette che il cessionario in buona fede non ha colpa, benché subisca sequestro” per sostenere che in sede tributaria il cessionario in buona fede non va sanzionato . Se siete un acquirente di crediti, enfatizzate di aver raccolto tutta la documentazione prevista, quindi senza colpa grave (come richiesto dall’art. 121 DL 34/2020 per escludere la responsabilità solidale). Una recente Cassazione 28812/2024 ha riconosciuto la legittimazione del cessionario ad agire e la natura impugnabile dello scarto , il che rinforza la posizione attiva del cessionario nei giudizi.
  • Responsabilità solidale di altri soggetti: In un ricorso tributario, il contribuente può anche chiamare in causa terzi responsabili (tecnicamente come terzo chiamato, art. 14 D.Lgs.546/92, se riguarda un rapporto a lui comune). Ad esempio, un condominio potrebbe chiamare in giudizio l’amministratore o l’impresa se la contestazione deriva da errori loro (per far sì che la sentenza accerti anche la loro quota di responsabilità). Questo però avviene raramente in pratica: spesso si preferisce risolvere prima il tema fiscale e poi, separatamente, agire in sede civile contro il terzo. Ciò detto, il ricorrente può opportunamente allegare al giudice tributario che lui, beneficiario, è stato indotto in errore da un tecnico asseveratore qualificato e che quindi soggettivamente non doveva essere punito. Anche se il giudice tributario non “condanna” il tecnico (non ha giurisdizione su di lui in quel processo, a meno di chiamata come responsabile d’imposta se per legge lo fosse), tuttavia queste circostanze di affidamento possono convincerlo a togliere sanzioni per il contribuente.

In definitiva, la difesa nel merito si basa su un mix di fattori di fatto (prove, perizie) e di diritto (interpretazioni normative a proprio favore, principi di collaborazione e buona fede ex Statuto Contribuente).

Strumenti speciali: interpello e consulenza preventiva

Si menziona per completezza: l’interpello è la possibilità di chiedere un parere all’Agenzia prima di agire. Purtroppo, su queste materie in molti casi i chiarimenti sono arrivati dopo. Ma per il futuro, se dovessero partire nuovi incentivi (come appare, ad esempio col “Bonus casa green” mirato), conviene che i contribuenti in dubbio su requisiti facciano interpello all’AdE: la risposta li vincolerà e proteggerà in caso di controllo (non possono sanzionarti se hai seguito una risposta, anche se poi cambiata). Nel periodo Superbonus molti interpelli sono stati pubblicati sul sito AdE (Es. Interpello n. 904-1230/2021 su cappotto in edificio con abuso, etc.). Non potendo usarli retroattivamente, oggi uno li può però citare in giudizio come argomenti persuasivi se avvalorano la sua tesi (anche se formalmente valgono solo per chi ha chiesto).

C’è anche la consulenza giuridica alle associazioni di categoria: ad esempio alcuni ordini professionali hanno chiesto chiarimenti su aspetti dubbi (certificazione, visto, ecc.) e l’AdE ha risposto con documenti di prassi. Vale la pena verificare se sulla vostra questione specifica ci sia stata qualche risposta ufficiale (circolare, FAQ ENEA, interpello) che vi dà ragione, e portarla all’attenzione del giudice. Spesso gli uffici periferici non conoscono tutte le circolari e può capitare che la direzione centrale fosse più aperta di loro.

Definizioni agevolate e condoni (quando applicabili)

Un ultimo cenno: nel 2023 la cosiddetta “tregua fiscale” ha introdotto misure per chiudere le liti pendenti o gli avvisi bonariamente (ad esempio definizione delle liti col 90% se si perde il primo grado, ecc.). Bisogna sempre tenere d’occhio se il legislatore propone sanatorie. Ad esempio, nella Legge di Bilancio 2023 c’era la possibilità di annullare con un semplice pagamento ridotto i debiti tributari fino a €1.000 (per lo più ruoli). Se malauguratamente la vostra contestazione si è trasformata in una cartella esattoriale sotto €1.000, quella norma l’ha cancellata d’ufficio. In futuro, magari predisporranno misure specifiche per i crediti edilizi contestati: si è vociferato di una sanatoria pagando solo imposte senza sanzioni per chi aderisce entro tot (ad oggi nulla di concreto). Comunque, l’avvocato difensore deve sempre valutare se conviene aderire a qualche definizione straordinaria prevista per risparmiare.

In conclusione, la difesa del contribuente beneficiario può sfruttare molte leve: collaborazione iniziale (per evitare escalation), strumenti deflattivi (per ridurre sanzioni e trovare compromessi) e una decisa impostazione difensiva in giudizio che sottolinei la buona fede e la corretta esecuzione sostanziale degli interventi. L’obiettivo ideale è ottenere l’annullamento integrale della pretesa, ma anche risultati parziali (es. mantenere il diritto al bonus ridotto, o eliminare le multe) rappresentano successi che alleviano l’impatto economico.

Nel prossimo capitolo affronteremo uno specifico aspetto correlato: le responsabilità e tutele nei confronti di altri soggetti coinvolti nella filiera del bonus. Dopo aver visto come difendersi verso il Fisco, è importante capire come non rimanere gli unici a pagare quando magari l’errore è dipeso da terzi.

Responsabilità dei soggetti coinvolti e tutele per il beneficiario “debitore”

Uno degli aspetti più delicati del contenzioso sui bonus fiscali è che, pur essendo il beneficiario finale il bersaglio principale dell’Agenzia delle Entrate (cioè colui a cui viene chiesto di restituire il credito indebito), in realtà nella vicenda sono coinvolti altri soggetti: imprese esecutrici dei lavori, fornitori che hanno applicato sconti in fattura, professionisti tecnici (progettisti, direttori lavori, asseveratori, certificatori energetici, fiscalisti che appongono visti), e infine eventuali cessionari del credito (banche, intermediari, altri contribuenti). Ciascuno di questi soggetti ha un ruolo con possibili profili di responsabilità, e il beneficiario “debitore” può e deve valutare come chiamarli in causa per limitare i danni o farsi rifondere.

Vediamo le situazioni principali:

Responsabilità verso l’erario: chi paga in prima battuta?

Per il Fisco italiano, il principale obbligato al pagamento delle somme recuperate è quasi sempre il beneficiario originario dell’agevolazione (il committente dei lavori, in pratica). È lui che ha goduto della detrazione e che quindi viene considerato debitore d’imposta. Fornitori e cessionari hanno, per legge, una responsabilità solidale limitata al caso di dolo o colpa grave . Significa che se la cessione del credito o lo sconto in fattura è avvenuto con la loro complicità in una frode o con negligenza gravissima (ad esempio, un cessionario che acquista crediti senza alcuna documentazione, chiudendo gli occhi, potrebbe rientrare nella colpa grave), allora l’erario può richiedere il pagamento anche a loro. Viceversa, se la banca o l’azienda poteva ragionevolmente ritenere tutto regolare (diligenza ordinaria), non verrà inseguita per il pagamento delle imposte – perderà solo il suo credito.

Questa previsione, introdotta dal 2022, tutela molto i cessionari in buona fede, il che implica purtroppo che tutto il peso tende a ricadere sul beneficiario. Ad esempio, se un condominio ha ceduto €1 milione di crediti a una banca e poi risultano non spettanti, l’Agenzia recupererà quell’importo dal condominio (suddiviso sui condomini) e non dalla banca, purché la banca dimostri di aver eseguito le verifiche richieste (visto di conformità, asseverazioni, ecc.). La banca perderà il credito fiscale dal suo cassetto (che verrà annullato), ma i condomini dovranno restituire i soldi. Questo spiega perché molti beneficiari si trovano “soli” di fronte al Fisco anche se il bonus era stato ceduto: l’Erario preferisce colpire chi materialmente ha ottenuto il vantaggio economico (nel caso dello sconto in fattura, chi non ha pagato i lavori; nel caso della cessione, comunque il primo beneficiario che ha monetizzato magari con sconto dal fornitore).

Fa eccezione la circostanza in cui emerga che proprio l’impresa o il cessionario erano complici: se ad esempio un’azienda edile ha concordato col cliente di simulare lavori in cambio di spartirsi i soldi, allora quell’azienda è corresponsabile e l’Agenzia potrà chiedere a lei le somme in solido. Ma questi casi riguardano situazioni di frode conclamata.

In sintesi: di norma, il contribuente beneficiario è l’unico debitore effettivo verso il Fisco , salvo frodi gravi (in cui comunque il beneficiario spesso era consapevole e allora decadono le sue tutele).

Rivalersi sui terzi in sede civile: imprese e professionisti

Se il beneficiario finale ha perso l’agevolazione per cause imputabili ad altri, può cercare ristoro attraverso azioni civili o assicurative. Alcuni scenari:

  • Impresa esecutrice inadempiente: Esempio classico: la ditta appaltatrice non completa i lavori entro le scadenze, facendo perdere al cliente il diritto al Superbonus. Oppure li esegue male, e il cliente non riesce a ottenere l’asseverazione finale (o deve rifare dei lavori a sue spese). In questi casi, la giurisprudenza recente è concorde: l’impresa può essere tenuta a risarcire il danno al committente. Ci sono già diverse sentenze: ad es. Tribunale di Monza n. 21/2025 (causa contro amministratore di condominio inerte, condannato a risarcire i condòmini per perdita del Superbonus); Tribunale di Frosinone 2023 (impresa condannata perché con i suoi ritardi ha fatto scadere i termini di 110% per il cliente) . Il danno risarcibile corrisponde al maggior esborso subito dal cliente per non aver più il bonus. Ad esempio, se Mario avrebbe avuto €50.000 di lavori gratis col 110 e invece ha dovuto pagarli di tasca propria perché l’impresa non li ha finiti in tempo utile, quell’importo può essere richiesto come danno emergente. Oppure se l’Agenzia gli recupera un bonus già fruito, quell’importo (più sanzioni e interessi) può essere chiesto come danno. Naturalmente bisogna provare il nesso causale: che senza l’inadempimento dell’impresa, il bonus sarebbe stato ottenuto regolarmente. I tribunali hanno specificato che il cliente deve dimostrare che aveva i requisiti e la volontà di portare a termine l’iter agevolato, e che solo la condotta dell’impresa gliel’ha impedito . In cause del genere, risultano utili consulenze tecniche e l’aver documentato i solleciti fatti all’impresa. Molti contratti recenti ormai prevedono clausole che addebitano all’impresa la responsabilità per perdita del bonus (in pratica, penali pari al bonus perso). Se c’è una clausola così nel contratto di appalto, la causa civile sarà ancora più agevole.
  • Tecnici e professionisti: qui rientrano varie figure: il progettista termotecnico che fa APE e asseverazioni, il direttore lavori che certifica SAL, l’asseveratore sismico, il commercialista/CAF che appone il visto di conformità. Tutti costoro hanno generalmente una polizza di responsabilità civile professionale obbligatoria (soprattutto dopo il DL 34/2020, dove fu richiesto massimale adeguato per i tecnici asseveratori). Se il bonus salta perché, poniamo, l’asseveratore ha commesso un errore (es. calcolo sbagliato delle classi energetiche o spesa non congrua) e ciò era determinante, il cliente può fare causa al professionista per negligenza professionale e chiedere come danno l’importo del bonus perso o delle sanzioni pagate. Questi casi possono essere complessi da dimostrare (bisogna provare che senza quell’errore l’Agenzia non avrebbe contestato nulla). Però, ad esempio, se la contestazione è “mancava il visto di conformità”, ed effettivamente il CAF non l’aveva apposto per propria svista, appare evidente la responsabilità del CAF: il contribuente dovrà pagare, ma può rivalersi sul CAF per farsi rifondere almeno sanzioni e interessi (anche se l’imposta in sé, l’Agenzia l’avrebbe presa comunque). Per i tecnici, va esaminato caso per caso; di solito la loro responsabilità è più evidente se hanno prodotto false attestazioni (ad es. APE mendace): in tal caso rischiano anche penalmente, e il cliente potrà costituirsi parte civile nel procedimento penale chiedendo i danni.
  • Cessionari e intermediari finanziari: se il beneficiario ha ceduto il credito a una piattaforma o a un mediatore, e questi hanno agito scorrettamente (ad esempio non inviando la pratica in tempo, causando lo scarto), potrebbe profilarsi un’azione contrattuale. Ad esempio: un contribuente firma con una banca la cessione, ma per un disguido la banca non trasmette l’accettazione entro la scadenza e l’Agenzia scarta l’opzione come tardiva. Il beneficiario perde il bonus e rimane senza credito e senza cash. In tal caso può sostenere l’inadempimento contrattuale della banca (che aveva assunto l’obbligo di gestire la pratica) e chiedere un risarcimento equivalente al bonus. D’altra parte, le banche nei contratti si tutelano molto, specificando che l’acquisto del credito è subordinato alla validità dello stesso; spesso prevedono clausole per cui se il credito viene annullato dal Fisco, il contratto di cessione si risolve e il cedente deve restituire quanto ricevuto. Quindi, attenzione: se avete venduto a sconto, potreste trovarvi a dover ridare i soldi alla banca. Una legge recente (art. 9, DL 176/2022) ha introdotto una sorta di tutela per cessionari finali in buona fede, impedendo alle banche di rivalersi sul cedente se questo era privato non professionista e se il credito è stato annullato per cause non imputabili a lui. Ma è una norma di difficile applicazione e per ora teorica. Lato vostro, se avete ceduto e incassato, in genere il contratto prevede che dovrete restituire in caso di revoca del credito (anche se voi eravate onesti). Quindi potreste trovarvi doppia beffa: ridare i soldi alla banca e pagare anche la pretesa del Fisco (in teoria no, perché se il credito viene annullato la banca non può anche pretendere l’importo dall’Agenzia – uno dei due pagherà; ma la banca di solito aspetta la definizione).

In questi scenari, è consigliabile farsi assistere da un legale sin da subito. Spesso, solo la prospettiva di un’azione legale induce l’altra parte a venire a patti (ad es. un’impresa potrà offrire uno sconto sul dovuto al cliente per evitare la causa). Anche i professionisti, sapendo di avere l’assicurazione, potrebbero attivarla in via stragiudiziale.

Solidarietà nel processo tributario

Una domanda ricorrente: posso coinvolgere impresa/tecnico nel ricorso tributario per far sì che paghino loro? Come detto, il processo tributario serve a annullare o ridurre la pretesa fiscale, non a ripartire definitivamente il danno tra privati. Tuttavia, c’è la figura del “responsabile d’imposta”: se una legge prevede che un soggetto diverso dal contribuente risponde in solido del tributo, quell’altro può essere chiamato nel processo. Nei bonus edilizi, non esiste un responsabile d’imposta generalizzato (eccetto appunto fornitori/cessionari per dolo o colpa grave, ma l’Agenzia raramente li chiama in sede tributaria se li ritiene in buona fede). Quindi, in pratica, il giudice tributario di solito decide solo sul perimetro fiscale (se Mario deve restituire 100 o 0). Non può condannare l’impresa a pagare al posto di Mario in quella sede.

Un’eccezione: se l’Agenzia stessa ha emesso atto con più coobbligati (es. un avviso solidale a contribuente e fornitore per frode), allora entrambi saranno parti in giudizio. In quel caso, se uno viene esonerato per buona fede e l’altro no, la sentenza può formalizzare la distinzione. Ad esempio, ipotizziamo un atto indirizzato a Tizio (beneficiario) e Caio (fornitore) per credito inesistente: il giudice potrebbe confermare per Caio (ritenuto autore della frode) e annullare per Tizio (ritenuto estraneo): così Tizio risulta non dover pagare, Caio sì. Ma ripetiamo, l’AdE raramente include il fornitore a meno che abbia prove di suo dolo.

In definitiva, dal punto di vista pratico, il beneficiario deve prepararsi a fronteggiare il Fisco in prima persona, ma non deve esitare a esercitare i suoi diritti contro chi lo ha danneggiato. Questo “gioco di squadra al contrario” è un deterrente importante: se le imprese sanno che dovranno risarcire, saranno più attente a rispettare tempi e regole; se i tecnici sanno di risponderne, saranno più scrupolosi nelle certificazioni.

Vale la pena menzionare anche la responsabilità penale: i tecnici asseveratori che forniscono false attestazioni incorrono in sanzioni penali (è stato introdotto l’art. 481 c.p. per false attestazioni in ambito bonus, e aggravanti per truffa aggravata). Anche i beneficiari, se partecipi alla frode, rischiano. Ma se beneficiario è vittima, può sporgere querela contro l’impresa/tecnico per truffa contrattuale se scopre di essere stato ingannato (es. il tecnico gli ha detto “tutto a posto” invece non era vero). L’azione penale poi può facilitare quella civile.

Riassumendo: – Il Fisco vuole i soldi dal beneficiario (salvo eccezioni). – Il beneficiario può poi farsi valere contro l’impresa (inadempimento contrattuale) e contro il tecnico/CAF (responsabilità professionale), e se necessario contro il cessionario (in base al contratto). – Queste azioni vanno calibrate e intraprese tempestivamente, magari dopo aver definito l’esito col Fisco così da quantificare il danno. In alcuni casi, però, conviene muoversi in anticipo (ad esempio, se l’impresa è in odore di fallimento, meglio citarla prima possibile in giudizio per essere creditori).

Esempi concreti di riparto responsabilità:

  • Caso 1: Lucia fa lavori 110% con sconto in fattura dall’impresa Alfa. L’Agenzia annulla il bonus perché l’immobile di Lucia aveva abusi non sanati (doveva dichiararli il progettista, che invece ha attestato la conformità). Lucia deve restituire €80k. Lucia potrà: in tributario far leva su buona fede (lei non sapeva degli abusi magari pregressi) per togliere sanzioni; comunque pagherà molto. Poi farà causa al progettista (e al venditore se l’abuso era preesistente occulto) per farsi risarcire l’€80k. L’impresa qui non ha colpa se ha eseguito i lavori, quindi difficilmente coinvolta (non è tenuta a sapere degli abusi edilizi del cliente).
  • Caso 2: Impresa Beta fa 50% di lavori a Mario e li interrompe, facendo saltare il 110%. Agenzia chiede €20k a Mario per detrazioni non maturate. Mario ricorre, ma oggettivamente non ha completato 30% SAL, perde la causa (deve i 20k + 6k sanzioni). Sanzioni forse tolte perché era convinto finissero, ma imposte sì. Mario quindi apre un contenzioso con Beta chiedendo €26k di danni (20k imposte e 6k penale per sanzioni), sostenendo che Beta è inadempiente al contratto. Esito probabile: Beta viene condannata a risarcire il danno emergente pari a 20k (i soldi che Mario ha dovuto ridare allo Stato) – sui 6k di sanzioni il giudice civile potrebbe essere dubbioso, perché quelle derivano anche dalla condotta di Mario che ha detratto senza sicurezza; però se Mario prova di averlo fatto confidando nelle rassicurazioni di Beta “finiremo per tempo”, allora potrebbe anche passare.
  • Caso 3: Cessione a banca. La banca era diligente e non paga nulla al Fisco (si tiene i documenti per tutelarsi). Il bonus era falso (opera non eseguita). Il beneficiario aveva incassato i soldi dalla banca e magari li ha dati al truffatore (un intermediario). In questo scenario intricato, il Fisco chiederà i soldi al beneficiario (che formalmente ha ceduto). Il beneficiario potrà dire “ma io sono vittima” – se davvero lo è, penalmente forse verrà prosciolto, ma tributariamente deve restituire. Però potrà opporre alla banca: “tu banca hai comprato e non hai controllato bene, colpa grave”. Se riuscisse a dimostrare colpa grave, la banca sarebbe solidale e il Fisco potrebbe rifarsi anche su di lei. Qui si entra in questioni di prova complicate: se la banca ha visto visto di conformità, asseverazione, ecc., è difficile imputarle colpa grave. Il beneficiario in realtà dovrebbe inseguire il vero truffatore (che spesso sparisce). Lo Stato prevede anche la possibilità di fondi di garanzia per vittime di reati, ma su truffe bonus non c’è nulla.

Come si vede, purtroppo in molti casi il beneficiario rischia di restare l’“anello debole” che subisce sia il fisco sia la difficoltà di recuperare dai terzi. Per questo è essenziale, a monte, scegliere partner affidabili (imprese solide, tecnici esperti) e mettere tutto nero su bianco, comprese clausole di salvaguardia. Chi legge questa guida magari è già a contestazione avviata, ma in ottica futura questi insegnamenti vanno capitalizzati.

Passiamo ora alla sezione conclusiva in cui, in forma di domande e risposte, ricapitoleremo i dubbi più comuni e forniremo risposte sintetiche, e infine proporremo una tabella riassuntiva con i punti chiave emersi.

Domande frequenti (FAQ)

D: Ho ricevuto una lettera di “controllo documentale” sul Superbonus: devo rispondere?
R: Sì. È importante rispondere puntualmente e nei tempi indicati. Invia all’Agenzia tutta la documentazione richiesta (fatture, bonifici, attestati, foto, ecc.) e, se possibile, allega una nota esplicativa. Questo è il momento per chiarire eventuali malintesi o integrare documenti mancanti. Una risposta completa può persuadere l’ufficio a chiudere il controllo senza rilievi oppure a formulare un avviso più circoscritto. Se ignori la richiesta, quasi certamente seguirà un accertamento sfavorevole basato sugli elementi a loro disposizione (spesso presunzioni). Ricorda che hai diritto a una proroga se motivata (ad es. per ottenere certificati dal Comune): chiedila se necessario.

D: Cosa faccio se l’Agenzia delle Entrate mi notifica un avviso di accertamento per bonus non spettante?
R: Hai 60 giorni dalla notifica per reagire. Valuta subito con un esperto se impugnarlo o se vi sono margini per definire in via amministrativa. Solitamente, conviene predisporre il ricorso tributario (per sicurezza) e contestualmente puoi: presentare istanza di adesione per trattare una riduzione, oppure istanza di autotutela se ci sono errori evidenti. Nel ricorso chiedi anche la sospensione dell’atto, per bloccare la riscossione in attesa del giudizio. Non pagare immediatamente (a meno che l’importo sia modesto e riconosci l’errore – pagando entro 60gg hai sanzioni ridotte 1/3, ma così rinunci a ricorrere). Se l’importo è alto, valuta piani di rateazione con l’Agente della Riscossione dopo la notifica di cartella (ma sperabilmente la sospenderai con il ricorso). In sintesi: non lasciar decorrere i termini e costruisci una strategia (ricorso, adesione, etc.). Coinvolgi un legale tributarista data la complessità.

D: Posso continuare a cedere i crediti/detrarli durante la contestazione?
R: Se hai altri crediti dallo stesso cantiere ancora da utilizzare, fai attenzione. Formalmente, finché non c’è una pronuncia definitiva, il credito è tuo e potresti cederlo o usarlo. Tuttavia, l’Agenzia, se ha già dubbi, potrebbe bloccare ulteriori cessioni con il meccanismo antifrode (sospensione 30gg) . Inoltre, se usi in compensazione un credito che poi risulterà non spettante, ti applicheranno sanzione. Dunque, prudenza: è consigliabile sospendere ogni utilizzo di crediti contestati finché la questione non si chiarisce. Se sei convinto della legittimità, potresti utilizzarli ma consapevole del rischio. Alcuni preferiscono rinunciare alle rate residue di detrazione per evitare ulteriori grane, soprattutto se hanno già controvertito su quelle precedenti.

D: Cosa succede se perdo la causa tributaria?
R: La sentenza di primo grado, se ti è sfavorevole, potrebbe obbligarti a pagare una parte subito (in genere il 50% dell’imposta accertata e 100% interessi, secondo regole del processo tributario). Puoi evitare il pagamento se appelli e ottieni una sospensione in secondo grado. Se alla fine (dopo appello o Cassazione) perdi definitivamente, dovrai pagare l’imposta contestata, le sanzioni (che potrebbero essere ridotte a 1/3 se non hai fatto appello oltre il primo grado) e gli interessi maturati. Inoltre, la sentenza ti potrebbe condannare a rifondere le spese di giudizio all’Agenzia (in qualche migliaio di euro). A quel punto, se non paghi spontaneamente, ripartirà la riscossione coattiva (cartella, pignoramenti ecc.). Va anche detto: se perdi ma il giudice riconosceva parzialmente le tue ragioni, può aver annullato parte del dovuto o le sanzioni. Quindi “perdere” in parte può comunque voler dire pagare meno di quanto chiesto inizialmente. Valuta anche le eventuali azioni di rivalsa (cause civili) di cui parlavamo, per recuperare da terzi quanto verserai.

D: E se vinco la causa?
R: Se vinci in primo grado, l’Agenzia può appellare. In tal caso nulla è dovuto intanto, e permane la sospensione automatica. Se alla fine vinci in via definitiva, l’atto è annullato: non devi nulla e, se avevi già pagato qualcosa (o avevano trattenuto crediti in compensazione), hai diritto al rimborso entro 90 gg più interessi. Inoltre, la sentenza definitiva a tuo favore ti mette al riparo da nuove contestazioni sul medesimo oggetto (fa stato di giudicato). Attenzione: se hai vinto solo per motivi formali (es. vizio di notifica), l’Agenzia potrebbe riemettere un nuovo atto correggendo il vizio entro i termini se non scaduti. Invece se vinci nel merito, di solito la questione è chiusa. Infine, avrai di norma il rimborso delle spese legali (che l’Agenzia è condannata a pagarti come da sentenza). Tieni comunque tutta la documentazione: non di rado l’AdE fa appello quindi la vicenda prosegue.

D: Ho scoperto ora di aver effettivamente sbagliato (es. dimenticato ENEA). Posso rimediare spontaneamente?
R: Sì, c’è l’istituto del ravvedimento operoso. Se non sei ancora stato formalmente contestato (niente lettera né avviso) e ti accorgi di un errore, puoi presentare una dichiarazione integrativa (se riguarda importi in dichiarazione) restituendo la quota di detrazione non spettante e pagando una sanzione ridotta. Ad esempio, se nel 2022 hai detratto €10k che non ti spettavano, puoi versare la relativa imposta con F24 e sanzione ridotta (di solito 1/8 del 30%, quindi 3.75%). Questo ti evita un futuro accertamento con sanzione piena 30% e interessi. Se l’errore riguarda la cessione, puoi pure ravvederti (restituendo il credito indebito con F24). Ovviamente, ravvedersi significa rinunciare al bonus e pagare di tasca propria, ma in situazioni palesemente irregolari può essere l’opzione meno onerosa e deflattiva. Se invece il controllo è già in corso, il ravvedimento non è più ammesso per quella violazione.

D: Posso evitare le sanzioni se dimostro di non aver agito con malizia?
R: È possibile. La legge prevede la non applicazione di sanzioni se c’era “obiettiva incertezza” sulla norma , oppure casi di forza maggiore. Nei bonus edilizi, molti aspetti erano incerti (specie all’inizio): se tu hai interpretato una regola in un modo e poi l’AdE l’ha cambiato, puoi invocare l’incertezza. Ad esempio, l’uso della CILA-S e i suoi effetti è stato chiarito solo in corso d’opera: una buona fede su quell’aspetto potrebbe far eliminare o ridurre le multe. Anche la “culpa levissima” (errore lieve) può portare alla sanzione minima o annullata dal giudice. In pratica, se dimostri di aver fatto tutto il possibile per rispettare la legge (es. affidandoti a professionisti, seguendo guide ufficiali) e l’errore non era immediatamente percepibile, hai buone chance che in sede contenziosa le sanzioni vengano tolte. L’imposta invece va quasi sempre pagata se il bonus non spettava.

D: La mia banca ha acquistato i crediti, ora l’Agenzia li ha annullati: la banca vuole che io restituisca i soldi dell’acquisto, devo farlo?
R: Dipende dal contratto di cessione che hai firmato. Molti contratti contengono clausole di garanzia a favore della banca: se il credito fiscale viene dichiarato inesistente o non spettante, l’operazione si risolve e il cedente (tu) deve restituire il corrispettivo percepito. Se hai sottoscritto tali clausole, giuridicamente la banca può chiederti indietro la somma. C’è da dire che alcune banche potrebbero attendere l’esito definitivo del contenzioso fiscale prima di escutere il cliente, oppure valutare transazioni (soprattutto se anche loro non hanno colpe). Dal 2022, come accennato, la legge tutela i cessionari che abbiano comprato crediti con documenti regolari: l’Agenzia punta al cedente. Quindi, sì, potresti dover rifondere la banca. Ti conviene negoziare, magari proponendo una rateizzazione o riduzione (es. se la banca ha beneficiato di parte del credito in F24 prima del blocco, quella parte potrebbe tenerla buona e chiederti solo il resto). Ogni caso è a sé e spesso si risolve con accordi privati. Consiglio: se ricevi comunicazione dalla banca, confrontati con un legale prima di firmare qualsiasi riconoscimento di debito, per valutare tutte le opzioni.

D: L’Agenzia mi chiede indietro tutto il bonus per un vizio formale minore: è giusto?
R: Purtroppo la normativa dei bonus è spesso draconiana: la mancanza di un adempimento formalmente richiesto può portare alla decadenza totale (principio del “tutto-o-nulla”). Esempio: il bonifico non parlante trasforma un 50% in 0%. Tuttavia, esistono vie interpretative per evitare conseguenze sproporzionate. I giudici talora applicano il principio di proporzionalità e salvaguardano il beneficio sostanziale se l’irregolarità non tocca la sostanza. Alcune situazioni sono state sanate con la remissione in bonis (versando €250 per rimediare a un invio tardivo, ad esempio) . Anche l’istituto del “errore scusabile” può aiutare. Quindi, se ti contestano tutto per un dettaglio, puoi provare a sostenere che la sanzione della decadenza totale è incostituzionalmente eccessiva e che vada applicata una penalità minore (per es. sanzione fissa €250 se era solo ritardo amministrativo, secondo la norma sopravvenuta nel 2022 ). Non è garantito, ma alcuni ricorrenti hanno avuto successo così. In pratica, devi convincere che il tuo caso rientra in quelle formalità non essenziali la cui violazione non deve far perdere il diritto (concetto ora recepito dall’art. 13, c.4-ter D.Lgs.471/97 per i crediti fondati su fatti reali) .

D: In caso di esito negativo, posso patteggiare le sanzioni o chiedere dilazioni?
R: Sì. Se arrivi a una sentenza definitiva contraria, hai comunque alcune possibilità: entro 60 giorni dalla notifica della sentenza sfavorevole, puoi fare acquiescenza pagando l’intero tributo e gli interessi, ma con sanzioni dimezzate (metà di quelle irrogate dal giudice). Oppure puoi aderire eventualmente a definizioni agevolate (se il legislatore ne prevede) come è accaduto nel 2023 per le liti pendenti. In difetto di questo, potrai sempre chiedere una rateizzazione all’Agente della riscossione sulla cartella esattoriale fino a 72 rate (6 anni) o 120 rate in casi gravi: questo almeno diluisce l’impatto. Spesso, con importi elevati, il fisco stesso preferisce concordare piani di rientro lunghi piuttosto che attivare subito esecuzioni forzate infruttuose.

D: Nel mio condominio pochi non hanno pagato i lavori per nulla convinti del bonus, altri sì e hanno fruito del bonus: ora c’è contestazione, chi risponde?
R: Fiscalmente, la detrazione per lavori condominiali spetta ai singoli condòmini in base alle spese a loro carico. Se il bonus viene revocato, l’Agenzia emette atti ai singoli condòmini proporzionalmente. Quindi chi non aveva usufruito (perché magari aveva deciso di non aderire al 110% e pagato di tasca?), in teoria non dovrebbe essere toccato. Attenzione però: se l’impresa ha fatto sconto in fattura al condominio intero, tutti i condòmini hanno beneficiato (nessuno ha pagato nulla all’impresa). In tal caso ciascuno è debitore verso il fisco per la quota di lavori su di lui imputabile. Se qualcuno aveva pagato cash rinunciando allo sconto, quell’uno ha un credito verso i vicini perché ha finanziato anche la loro parte di sconto in fattura – situazione intricata. Diciamo che in linea di principio ogni condòmino risponde per la sua quota di bonus fruito. Non paga uno per tutti, salvo che uno abbia magari ceduto per tutti per qualche ragione (ma di solito no, ogni CF detrae la sua parte). Se l’Agenzia colpisce la sola figura del “condominio” (inteso come C.F. condominiale), potrebbe notificare all’amministratore per conto di tutti, ma poi il debito va ripartito. In pratica, ciascun condòmino ricorrerà per la sua parte. Sul piano interno, se l’errore è dipeso dall’amministratore (es. non ha presentato CILAS), i condòmini potranno revocarlo e chiedergli i danni in sede civile.

D: C’è speranza che in futuro semplifichino o “perdonino” queste contestazioni di massa?
R: Difficile dirlo. Il clima politico è stato altalenante: dopo una stretta severa, nel 2023-2024 ci sono state pressioni per tutelare i cessionari in buona fede (e qualche norma è arrivata). Potrebbe accadere che, se il contenzioso esplode numericamente, il legislatore introduca misure deflattive come: condono delle sanzioni per chi paga l’imposta subito, o prolungamento eccezionale dei termini di utilizzo dei crediti sospesi finché c’è lite (c’era un’ipotesi di proroga dei termini di compensazione in caso di contenzioso pendente). Ad ora (agosto 2025) non risultano sanatorie generalizzate in arrivo, anche perché ciò troverebbe l’opposizione di chi parla di “regalo ai furbi”. In genere, il MEF preferisce caso per caso nelle commissioni tributarie. Tuttavia, se emergesse che tantissimi contribuenti onesti sono in difficoltà per disguidi formali, potrebbe esserci spazio per interventi mitigatori. Continueremo a monitorare. Nell’immediato, la via più concreta per “perdono” è convincere i giudici applicando le norme esistenti sul favor rei e incertezza.

D: Quali documenti devo assolutamente conservare (check-list) per stare tranquillo in caso di controlli futuri?
R: Tutti quelli rilevanti: – Amministrativi/edilizi: copie di CILA/SCIA/permessi di costruire, attestazione dello stato legittimo (se fatta), delibere condominiali, eventuali sanatorie ottenute, certificato agibilità se l’avevi fatto, autorizzazioni paesaggistiche se rilevanti. – Tecnici: progetto, relazione tecnica ex Legge 10 (per energetica), APE pre e post, asseverazioni depositate e protocollate (scarica le ricevute ENEA con codice CPID), schede tecniche materiali, eventuali collaudi statici e sismici, SAL vistati (se parziali), foto “prima e dopo” datate (non obbligatorie ma utili). – Fiscali: tutte le fatture ricevute, i bonifici parlanti (con ricevuta bancaria), il visto di conformità (fatti dare copia del visto o dell’attestazione del CAF), la comunicazione inviata all’AdE per cessione/sconto (stampa della ricevuta di invio e di eventuale accoglimento, o di scarto), le ricevute di trasmissione ENEA (sia Ecobonus che Bonus facciate, se fatte). – Contratti e incarichi: contratto di appalto con l’impresa, contratti con general contractor se c’erano, incarichi firmati con i professionisti (dove spesso sono dettagliati gli obblighi di ciascuno), eventuale polizza decennale postuma (per sismabonus se vendita), polizze RC asseveratori. – Altro: eventuali corrispondenze con l’Agenzia delle Entrate (se hai fatto interpelli, conserva la risposta), con ENEA, con la banca cessionaria; per cessioni, il contratto di cessione crediti e relative comunicazioni di accettazione.

Tutta questa mole va tenuta per almeno il termine di accertamento (che può arrivare a 8 anni dall’utilizzo) e, se c’è lite, finché la lite non è conclusa da tempo. Oggi conviene archiviare digitalmente tutto in PDF, in cloud sicuro, per non perderlo. Per i bonus casa 50% pre-2020, il termine di accertamento è più breve (5 anni dalla dichiarazione) ma meglio conservare almeno 8-10 anni perché a volte verificano oltre (in teoria non dovrebbero, ma prudentemente…).

Avere tutti i documenti in ordine ti mette in posizione di forza durante un controllo: dimostri serietà e spesso l’Agenzia, vedendo tutto regolare, passa oltre. Al contrario, la mancanza di un pezzo di carta dà un appiglio al funzionario per contestare.

Tabelle riepilogative

Per concludere, riportiamo due tabelle sintetiche. La prima confronta le principali cause di contestazione con il relativo requisito normativo violato e indica possibili rimedi difensivi. La seconda distingue il concetto di credito non spettante vs. inesistente, dati i riflessi su sanzioni e termini.

Tabella 1 – Requisiti richiesti vs. contestazioni tipiche e difese

Requisito richiesto (per legge/circolari)Contestazione tipica se violatoNote difensive / rimedi
Lavori rientranti tra quelli agevolabili (trainanti/trainati, natura intervento conforme alla norma)“Intervento non ammesso al beneficio” (esempio: detrazione richiesta su opere non previste)Verificare esatta qualificazione dell’intervento. Spiegare se possibile che l’opera rientrava tra quelle agevolate (magari l’AdE ha interpretato male la descrizione in fattura). Portare documenti tecnici che inquadrano l’intervento nella categoria corretta. Se effettivamente escluso dalla legge, valutare soluzione adesiva (rinunciare a quella parte).
Immobile e soggetto in possesso dei requisiti soggettivi (tipologia immobile ammessa, uso, categoria catastale; beneficiario avente titolo)“Immobile non agevolabile / soggetto escluso” (es. bonus su edificio di lusso o su immobile non residenziale)Dimostrare eventuali errori di fatto: es. l’immobile era A/2 (non di lusso) e non A/1, allegando visura aggiornata. Oppure che l’uso era abitativo al momento dei lavori. Se soggetto beneficiario non era eleggibile (es. società che usa bonus persona fisica), difficile difesa: si punta su buona fede/errore scusabile per evitare sanzioni.
Miglioramento di 2 classi energetiche (Superbonus) o requisiti di efficienza previsti (Ecobonus)“Mancato salto di 2 classi – detrazione non spettante”Far riesaminare i calcoli da un esperto: se l’APE è contestato, produrre un nuovo APE o una perizia che dimostri il miglioramento reale (magari la differenza era inferiore a 2 classi per poco). In subordine, sostenere che l’obbligo delle 2 classi potrebbe considerarsi soddisfatto “per quanto possibile” (se già in classe alta pre). Chiedere CTU se necessario.
Riduzione rischio sismico di 1-2 classi (Sismabonus)“Mancata riduzione rischio – bonus non spettante”Verificare se la contestazione deriva da assenza documentazione (asseverazione mancante o tardiva) o da giudizio tecnico. Se è tardiva, invocare remissione in bonis (se depositata in ritardo ma prima di controllo). Se è giudizio tecnico (non migliorata classe), portare studi/progetti che dimostrano invece l’avvenuto miglioramento.
Massimali di spesa e di costo rispettati“Spesa eccedente limiti – quota eccedente non detraibile”Controllare i computi metrici e i prezzi unitari. Se l’Agenzia contesta eccesso, rivedere se hanno applicato correttamente i massimali (a volte errori di calcolo). Portare analisi di congruità alternative se possibile. Spesso su questo punto conviene cercare accordo (adesione) riconoscendo l’eccedenza in parte per evitare battaglie peritali lunghe.
Asseverazioni tecniche obbligatorie presenti (e veritiere)“Asseverazione assente/irregolare – bonus revocato”Se realmente assente, l’unica via è chiedere clemenza (errore scusabile) e far leva sul fatto che l’intervento comunque rispettava requisiti (difficile, norma stringente). Se contestano irregolarità (firma non digitale, tecnico non abilitato, polizza non adeguata), provare a sanare (es. recuperare polizza retroattivamente, mostrare che il tecnico era abilitato magari in altro ordine). Citare eventuali prassi che ammorbidiscono (AdE ha ammesso ad es. asseverazioni tardive sanate con legge di Bilancio 2023 per cessione crediti).
Visto di conformità apposto ove richiesto“Mancanza visto di conformità – detrazione non spettante”Se il visto mancava perché la norma all’epoca non lo prevedeva (ante DL 157/21 per detrazione diretta), evidenziarlo citando la normativa temporale. Se invece era richiesto e non fatto, cercare di ottenerlo ora (anche se ex post non ha efficacia formale, mostra buona fede). In giudizio, sostenere che la mancanza di visto è vizio formale che non inficia la sostanza se tutta la documentazione era regolare (argomento difficile, ma tentato in alcune difese). Puntare molto su assenza di dolo e su incertezza (nel 2021 molti non sapevano dell’obbligo appena introdotto).
Comunicazione ENEA inviata entro 90 gg (per Ecobonus, Bonus Facciate)“Omessa/tardiva comunicazione ENEA – bonus decaduto”Se non inviata: possibile usare remissione in bonis pagando €250, ma solo se non è già stato contestato e se invii spontaneamente tardiva prima che scoprano. Se già contestato, difesa puntando su: la comunicazione ENEA è meramente informativa, la finalità conoscitiva (non influisce su diritto sostanziale) , quindi la decadenza sarebbe punizione eccessiva (ci sono sentenze pro-contribuente su questo). Presentare tardivamente i dati ENEA in giudizio per dimostrare trasparenza.
Comunicazione opzione sconto/cessione inviata entro il 16 marzo anno successivo“Comunicazione cessione tardiva – credito non riconosciuto”Qui l’Agenzia è stata rigidissima. Difesa possibile: se il ritardo è lieve e c’era buona fede, invocare remissione in bonis (norma di legge, se hai versato €250 entro Nov 2022 per comunicazioni 2020-21 in ritardo). Alcune CTP hanno dato ragione al contribuente applicando favor rei. Sottolineare che il ritardo non ha arrecato danno (i lavori fatti c’erano, solo comunicazione tardiva). Non garantito, ma tentar non nuoce.
Pagamento tramite bonifico parlante (per 50%, 65%, anche 110% se detrazione diretta)“Pagamento non tracciato – detrazione negata”Verificare se davvero non tracciato: a volte l’Agenzia contesta perché nel bonifico manca causale legge o CF, ma se la banca ha operato ritenuta, quel bonifico è parlante. Si può far attestare dalla banca che era modulo dedicato. Se invece pagato in contanti/assegno, molto difficile salvarlo: l’unica speranza è se esiste un indirizzo normativo di tolleranza (al momento no, la tracciabilità è imprescindibile salvo importi minimi). Si può comunque far leva su analogie: per altre detrazioni minori il legislatore nel 2022 ha sanato bonifici sbagliati se c’era prova dei pagamenti. Tentare equità.
Regolarità edilizia (titoli abilitativi, niente abusi rilevanti)“Opera abusiva – agevolazione indebita”Se contestano abuso: mostrare che l’abuso è estraneo alle parti oggetto di bonus (es. veranda abusiva al piano terra non c’entra col cappotto al piano secondo). Se possibile, sanare l’abuso nel frattempo (ottenere condono o sanatoria) e presentare in giudizio documentazione della regolarizzazione – potrebbe indurre il giudice a ritenere valido comunque il bonus (specie bonus 50%). Argomentare che la normativa Superbonus dopo DL 77/21 non richiede stato legittimo (se applicabile temporalmente).
Rispetto scadenze temporali (SAL al 30/6/22 o 30/9/22; fine lavori entro termine prorogato)“Mancato raggiungimento SAL nei termini – bonus decaduto sulle spese successive”Difendersi mostrando contabilità lavori, fatture e dichiarazioni lavori in corso: come nel caso di Rieti, includere materiali consegnati, opere preparatorie, tutto per dimostrare il SAL richiesto raggiunto . Contestare l’eventuale rigida interpretazione dell’Agenzia (es. loro non contano trainati, ma tu puoi sostenere – come fatto valere in Rieti – che vanno inclusi). Se effettivamente SAL non raggiunto, allora puntare a limitare il danno: ammettere che oltre tale data non spettava e cercare di evitare sanzioni su quell’errore (era norma transitoria non chiara).

Tabella 2 – Confronto Credito d’imposta “non spettante” vs “inesistente”

CaratteristicaCredito NON SPETTANTE (art.13 co.4 D.Lgs 471/97)Credito INESISTENTE (art.13 co.5 D.Lgs 471/97)
Definizione semplificataCredito utilizzato oltre il dovuto o senza rispettare modalità previste, ma che si riferisce a spese/interventi reali entro il perimetro normativo . In pratica: requisiti oggettivi e soggettivi c’erano, ma la fruizione è stata irregolare (eccesso di importo, errore formale, ecc.).Credito privo di base reale, creato artificiosamente o privo in toto dei requisiti di legge . Ad es: lavori mai eseguiti (credito fittizio), oppure intervento fuori totalmente dall’agevolazione (es. si “inventa” bonus su spesa non agevolabile) – mancano requisiti oggettivi/soggettivi. Spesso coincide con frode documentale (false fatture, attestazioni false).
Esempi tipici– Spesa effettiva €90k, ma erroneamente detratto come se fosse €100k (l’eccedenza €10k è credito non spettante).<br>– Comunicazione tardiva dell’opzione: il credito c’è (lavori fatti) ma modalità non rispettata.<br>– Intervento realizzato ma con requisito tecnico mancante (es. salto energetico di 1 classe anziché 2): l’intervento esiste ma norma non centrata pienamente (molti giudici lo vedono come non spettante, non inesistente).– “Cantiere fantasma”: si cedono crediti ma l’immobile è rimasto com’era, nessun lavoro eseguito (credito interamente inesistente).<br>– False fatture per gonfiare spese del 110% oltre i massimali: la parte eccedente potrebbe qualificarsi inesistente (se del tutto inventata).<br>– Beneficio richiesto da soggetto che non aveva diritto perché l’immobile non era suo o era fittizio: la soggettività mancante porta a inesistenza (non c’è vero avente diritto).
Termine di accertamentoOrdinario: fino al 31 dicembre del 5° anno successivo a quello di dichiarazione (se detrazione in dichiarazione) o utilizzo in F24. Esempio: detrazione 2021 (dich. 2022) accertabile fino al 31/12/2027 .“Prolungato”: l’Agenzia ha 8 anni (fino al 31/12 dell’8° anno successivo) . Motivo: equiparato a ipotesi di dolo. Nel caso di crediti da dichiarazione dei redditi, fino al 8° anno successivo a presentazione.
Sanzione amministrativa30% dell’importo indebitamente utilizzato (in compensazione o detrazione) . Possibile riduzione al 25% in caso di utilizzo in violazione di modalità (per effetto di norme del 2022) . Inoltre, se il credito era comunque “fondato su presupposti reali ma con adempimenti formali omessi”, e questi adempimenti non sono essenziali, la sanzione può essere solo fissa €250 (comma 4-ter introdotto nel 2022) – tipico caso: documentazione tardivamente sanata.Fino ad agosto 2024: 100% dell’importo (minimo) fino 200% (massimo) , con divieto di definizione agevolata (no ravvedimento). Dal DL 73/2022 (in vigore da 2023, effettivo da 31/8/2024): sanzione fissa 70% per credito inesistente “semplice”; sale a 100% se il credito è inesistente e frutto di comportamenti fraudolenti con documenti falsi (praticamente se c’è dolo conclamato). Ravvedimento ora ammesso anche sugli inesistenti (post riforma).
Profili penali correlatiL’indebita compensazione di crediti non spettanti è reato ex art. 10-quater D.Lgs. 74/2000 solo se l’importo utilizzato > €50.000/anno: pena da 6 mesi a 2 anni . Tuttavia, è esclusa punibilità se paghi tutto prima dibattimento. Molti casi di non spettanza per bonus rientrano sotto soglia quindi non penali.Indebita compensazione di crediti inesistenti oltre €50.000/anno: reclusione da 1,5 a 6 anni (art. 10-quater) . Inoltre può configurarsi truffa aggravata ai danni dello Stato (art.640-bis c.p.) o altri reati (es. falso). La Cassazione ha detto che basta creare il credito inesistente e cederlo perché scatti reato di indebita percezione (316-ter) anche se non usato . Quindi profili penali seri in caso di inesistenza dolosa.

(N.B.: la distinzione spesso richiede valutazione caso per caso. In dubbio, l’obiettivo del contribuente è far ricondurre la contestazione nell’alveo “non spettante” per godere di termini e sanzioni più favorevoli .)

Conclusioni

Affrontare una contestazione su bonus edilizi “green” può sembrare un percorso a ostacoli, ma con le giuste conoscenze e preparazione è possibile difendere efficacemente i propri diritti. Abbiamo visto come gran parte dei problemi nascano dalla complessità normativa e dalla rigidità con cui, talora, vengono sanzionate anche piccole irregolarità. Il contribuente – spesso animato da intenzioni virtuose di migliorare energeticamente la propria casa o azienda – si trova improvvisamente nella scomoda veste di debitore, magari per un cavillo.

La chiave per difendersi è conoscere sia la norma che i propri diritti: sapere cosa veramente richiedeva la legge al momento dei fatti (spesso più di quanto umanamente attuabile!), ma anche sapere che esistono principi di tutela (buona fede, proporzionalità) che possono venirci in soccorso. È fondamentale adottare un approccio proattivo: non subire passivamente la contestazione, ma rispondere punto su punto, smontando le tesi accusatorie con documenti, perizie e precedenti giurisprudenziali. In parallelo, non trascurare gli strumenti deflattivi che l’ordinamento offre: a volte un accordo ragionevole con l’ufficio è meglio di una vittoria di Pirro dopo anni di cause.

Dal punto di vista pratico, questa guida ha cercato di fornire sia un quadro d’insieme sia indicazioni operative puntuali. Ovviamente ogni caso ha le sue peculiarità: consigliamo vivamente di farsi assistere da professionisti esperti (fiscalisti, avvocati tributaristi, tecnici di fiducia) in ciascuna fase – dal sopralluogo della Finanza alla stesura del ricorso. Il diritto tributario dei bonus è giovane e in evoluzione: occorre aggiornarsi costantemente sulle nuove sentenze e sui nuovi chiarimenti (per esempio, le Corti di Giustizia Tributaria istituite nel 2022 stanno dando interpretazioni innovative, alcune delle quali citate). Oggi (2025) possiamo già dire che c’è una tendenza dei giudici a tutelare il contribuente in buona fede di fronte a errori formali dell’Amministrazione o a pretese irragionevoli . Questo è incoraggiante.

Dal lato preventivo, per chi volesse evitare a monte questi problemi: la lezione è pianificare attentamente ogni intervento agevolato, verificare due e tre volte i requisiti, e non dare nulla per scontato senza riscontro scritto (meglio un interpello prima, che un ricorso dopo!). Purtroppo, come abbiamo visto, incertezze normative e continue modifiche hanno falciato anche contribuenti diligenti. Confidiamo che il legislatore ne tenga conto e prediliga, d’ora in poi, regimi più semplici e stabili.

In conclusione, “difendersi” è possibile: richiede tempo, pazienza e competenza, ma molti contribuenti hanno ottenuto ragione vedendo riconosciuti i propri diritti. Questa guida, con le sue fonti e sentenze aggiornate, mira ad essere uno strumento utile in tal senso. Affrontare un contenzioso non è mai piacevole, ma armati delle giuste conoscenze si può trasformare un momento critico in una rivendicazione di giustizia tributaria. E per chi, suo malgrado, dovesse comunque restituire parte del beneficio, resta almeno la consolazione di aver agito per il bene proprio e dell’ambiente, e la possibilità di far valere altrove (in sede civile) le proprie ragioni contro chi avesse eventualmente causato il danno.

Bibliografia & Fonti normative/giurisprudenziali principali citate (selezione):

  • Decreto-Legge 34/2020 (artt. 119-121) conv. L.77/2020 – “Decreto Rilancio”.
  • Cass. Penale, Sez. II, sent. n. 3108/2024, depositata il 24/01/2024 – sequestro crediti illeciti e buona fede cessionario.
  • Cass. Penale, Sez. II, sent. n. 45868/2024 – truffa aggravata bonus edilizi anche senza utilizzo credito.
  • Cass. Civ., Sez. Trib., ord. n. 28812/2024 – natura impugnabile provvedimento di “scarto” e legittimazione del cessionario.
  • Corte Giust. Trib. 1° grado Rieti, sent. n. 18/2025 – annullato diniego autotutela Superbonus per SAL 30% raggiunto (Ecobonus/Sismabonus).
  • D.Lgs. 471/1997, art. 13 – sanzioni su crediti d’imposta non spettanti/inesistenti (modif. da DL 146/2021 conv. L.215/2021).
  • Circolare AdE 23/E 2022 e 33/E 2022 – chiarimenti su controlli, definizioni credito inesistente vs non spettante.
  • Tribunale di Monza, sent. 21/2025 – responsabilità amministratore condominiale per perdita Superbonus.
  • Tribunale di Torino, sent. 2908/2023 – risarcimento perdita di chance per committenti (impresa inadempiente).

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Vuoi sapere cosa rischi e come puoi difenderti da queste contestazioni?

Le agevolazioni green sono state introdotte per incentivare interventi di riqualificazione energetica ed edilizia. Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate può contestarle se ritiene che manchino i requisiti tecnici, le asseverazioni o le condizioni di legge. In tal caso, scatta il recupero delle somme detratte o del credito d’imposta, con sanzioni e interessi.

👉 Prima regola: raccogli tutta la documentazione tecnica e fiscale che provi la regolarità degli interventi.


⚖️ Quando scattano le contestazioni

  • Asseverazioni tecniche mancanti o incomplete;
  • Difformità degli interventi reali rispetto a quelli dichiarati nei progetti;
  • Mancato rispetto dei requisiti di risparmio energetico o sostenibilità;
  • Errori nelle comunicazioni ENEA o nei modelli inviati all’Agenzia delle Entrate;
  • Irregolarità fiscali (mancata capienza, utilizzo improprio del credito, cessione o sconto in fattura senza requisiti).

📌 Conseguenze della contestazione

  • Recupero delle detrazioni o crediti d’imposta già fruiti;
  • Sanzioni fiscali fino al 200% del beneficio indebitamente utilizzato;
  • Interessi di mora;
  • Responsabilità in solido con i professionisti che hanno rilasciato asseverazioni non corrette;
  • Rischio di accertamenti ulteriori su altri bonus edilizi richiesti.

🔍 Cosa verificare per difendersi

  • Completezza della documentazione tecnica (APE, asseverazioni, relazioni tecniche);
  • Conformità dei lavori realizzati ai progetti approvati;
  • Tracciabilità dei pagamenti: i bonifici parlanti sono regolari?
  • Motivazione della contestazione: l’Agenzia ha individuato un vizio formale o sostanziale?
  • Coinvolgimento dei professionisti: la responsabilità è del contribuente o del tecnico?

🧾 Documenti utili alla difesa

  • Asseverazioni e attestati di prestazione energetica (APE);
  • Fatture e bonifici parlanti dei lavori eseguiti;
  • Contratti con le imprese e relazioni tecniche;
  • Comunicazioni ENEA e ricevute di trasmissione;
  • Documentazione fotografica e perizie giurate;
  • Dichiarazioni fiscali con l’indicazione delle detrazioni.

🛠️ Strategie di difesa

  • Dimostrare la conformità degli interventi ai requisiti di legge;
  • Contestare errori dell’Agenzia nella valutazione tecnica o nella ricostruzione dei dati;
  • Chiamare in causa i professionisti responsabili di eventuali asseverazioni errate;
  • Eccepire vizi dell’accertamento: motivazione insufficiente, notifica irregolare, decadenza dei termini;
  • Richiedere autotutela se i requisiti erano presenti e la documentazione completa;
  • Ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro 60 giorni per sospendere il recupero;
  • Mediazione tributaria per ridurre sanzioni e chiudere la controversia.

🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

📂 Analizza le contestazioni sulle agevolazioni green;
📌 Verifica la correttezza della documentazione tecnica e fiscale prodotta;
✍️ Predispone memorie difensive e ricorsi per evitare la perdita dei benefici;
⚖️ Ti rappresenta nel contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate e nei giudizi tributari;
🔁 Suggerisce strategie preventive per richiedere i bonus edilizi in sicurezza.


🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in agevolazioni fiscali e bonus edilizi;
✔️ Specializzato in difesa contro contestazioni per difetto di requisiti tecnici o fiscali;
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.


Conclusione

Le contestazioni sulle agevolazioni green per difetto di requisiti non sempre sono fondate: spesso derivano da errori formali o da valutazioni tecniche incomplete.
Con una difesa mirata puoi dimostrare la corretta esecuzione degli interventi, salvaguardare i benefici fiscali ed evitare pesanti sanzioni.

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  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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