Hai ricevuto una contestazione dall’Agenzia delle Entrate per errori nella compilazione dell’Esterometro? In questi casi, l’Ufficio presume che le comunicazioni relative alle operazioni con soggetti esteri siano state incomplete, errate o omesse, e procede con l’applicazione di sanzioni e interessi. Tuttavia, non sempre la contestazione è fondata: molti errori sono formali e non incidono sull’imposta dovuta, e in questi casi la pretesa fiscale può essere ridimensionata o annullata.
Quando l’Agenzia delle Entrate contesta errori nell’Esterometro
– Se le comunicazioni sono state omesse o trasmesse oltre i termini previsti
– Se i dati inseriti (partita IVA estera, imponibile, imposta) risultano errati o incompleti
– Se le operazioni con soggetti esteri non coincidono con i registri IVA o le fatture elettroniche
– Se le omissioni vengono considerate indice di evasione o occultamento di operazioni
– Se mancano i dati relativi a specifiche transazioni, come acquisti di servizi da fornitori UE o extra-UE
Conseguenze della contestazione
– Sanzioni amministrative da 2 a 1.000 euro per ogni comunicazione errata o omessa
– Maggiorazione delle sanzioni in caso di reiterazione delle violazioni
– Interessi di mora su eventuali imposte considerate collegate alle irregolarità
– Rischio di ulteriori controlli fiscali su fatturazione e operazioni internazionali
– Possibile esclusione da regimi agevolati in caso di gravi irregolarità
Come difendersi dalla contestazione
– Dimostrare che gli errori sono solo formali e non hanno comportato evasione d’imposta
– Rettificare tempestivamente i dati errati tramite invio di comunicazioni integrative
– Contestare l’applicazione di sanzioni sproporzionate in caso di violazioni minime
– Evidenziare vizi procedurali, errori di sistema o difetti di motivazione nell’atto di accertamento
– Presentare ricorso davanti alla Corte di Giustizia Tributaria per chiedere l’annullamento della contestazione
Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare le comunicazioni trasmesse e gli errori contestati dal Fisco
– Verificare la legittimità delle sanzioni e la proporzionalità della pretesa
– Redigere un ricorso fondato su vizi formali, sostanziali e documentali
– Difendere l’impresa davanti ai giudici tributari contro contestazioni indebite
– Tutelare la continuità aziendale e i rapporti commerciali con l’estero
Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale della contestazione
– La riduzione o eliminazione delle sanzioni applicate
– Il riconoscimento della natura meramente formale degli errori commessi
– La sospensione delle richieste di pagamento già avviate
– La certezza di pagare solo quanto realmente dovuto secondo la legge
⚠️ Attenzione: il ricorso contro la contestazione deve essere presentato entro 60 giorni dalla notifica dell’atto. Se non si agisce nei termini, l’accertamento diventa definitivo e non sarà più possibile difendersi.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e fiscalità internazionale – spiega come difendersi in caso di contestazioni sugli errori nell’Esterometro e come tutelare i tuoi diritti.
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Introduzione
Cos’è l’esterometro e perché è importante? L’esterometro è la comunicazione dei dati delle operazioni transfrontaliere, introdotta in Italia per tracciare le fatture e altre operazioni verso o da soggetti esteri . In altri termini, ogni partita IVA italiana che effettua vendite o acquisti con soggetti non stabiliti in Italia (imprese estere, professionisti esteri o anche privati esteri) deve inviare all’Agenzia delle Entrate i dati di queste operazioni, salvo eccezioni specifiche . Questo adempimento è nato contestualmente alla fatturazione elettronica obbligatoria interna (2019) e serve a fornire al Fisco italiano un quadro completo delle transazioni internazionali che non transitano tramite il Sistema di Interscambio (SdI) delle e-fatture .
Errori e contestazioni da parte del Fisco. La compilazione dell’esterometro, soprattutto in passato quando era un invio separato trimestrale, può presentare difficoltà: omissioni, ritardi, importi sbagliati o dati inesatti sono errori comuni. Tali errori vengono spesso contestati dal Fisco con l’irrogazione di sanzioni amministrative. Anche se l’esterometro è un adempimento “formale” (non influisce direttamente sul calcolo dell’IVA dovuta), le violazioni non sono prive di conseguenze: comportano multe pecuniarie e possono indurre controlli più approfonditi. L’Agenzia delle Entrate considera infatti il mancato o tardivo invio dei dati come una violazione dell’obbligo comunicativo, sebbene non incida sul versamento dell’imposta né sul diritto alla detrazione (in caso di acquisti in reverse charge) . Ciò significa che, pur non trattandosi di evasione d’imposta, un errore nell’esterometro è comunque sanzionabile in sé.
Obiettivo di questa guida. In questa guida avanzata, rivolta ad avvocati tributaristi, professionisti, imprenditori ma anche ai contribuenti privati interessati, esamineremo come difendersi efficacemente dalle contestazioni dell’Agenzia delle Entrate riguardanti errori nella compilazione dell’esterometro. Adotteremo un linguaggio giuridico ma divulgativo, dal punto di vista del debitore (ossia del contribuente a cui è contestata la violazione). Affronteremo i riferimenti normativi italiani aggiornati ad agosto 2025, illustrando obblighi e sanzioni attuali, nonché le novità intervenute. Riporteremo anche casi pratici e sentenze recenti per capire l’orientamento degli organi giudiziari sulle contestazioni di esterometro, includendo omissioni totali e dati errati. Verranno fornite tabelle riepilogative, una sezione di domande e risposte (FAQ) per chiarire i dubbi frequenti, esempi di simulazioni di contenzioso e modelli di atti difensivi (come fac-simile di istanze in autotutela e ricorsi) utili per tutelare i propri diritti.
In sintesi, impareremo: quali sono gli errori più comuni nell’esterometro, quali sanzioni prevede la legge, entro quando e come il Fisco può contestarle, e soprattutto quali strumenti ha il contribuente per rimediare o difendersi – dal ravvedimento operoso, alla fase di adesione o mediazione, fino al ricorso dinanzi alla giustizia tributaria. Il tutto con un approccio pratico e aggiornato, per garantire che la “punizione” sia commisurata alla gravità dell’errore e che il contribuente possa far valere i propri diritti, anche invocando principi di proporzionalità e buona fede sanciti dall’ordinamento .
Quadro normativo e obblighi dell’esterometro
Evoluzione normativa dell’esterometro (2019–2025)
L’obbligo di comunicare le operazioni con l’estero è stato introdotto dal D.Lgs. 127/2015, lo stesso decreto che ha dato avvio in Italia alla fatturazione elettronica B2B e B2C . In particolare, l’art. 1 comma 3-bis di tale decreto ha previsto che i soggetti passivi IVA trasmettano telematicamente all’Agenzia delle Entrate i dati di tutte le cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate o ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato (con esclusione delle operazioni documentate da bolle doganali e di quelle per cui siano state emesse fatture elettroniche). Questa comunicazione è divenuta operativa dal 1° gennaio 2019, in parallelo con l’introduzione generalizzata della fattura elettronica obbligatoria per le operazioni interne.
In origine, nel 2019, l’esterometro doveva avere cadenza mensile. Tuttavia, per semplificazione, già nello stesso anno si è passati a una cadenza trimestrale . Fino al 2021 incluso, dunque, i contribuenti trasmettevano ogni trimestre i dati delle fatture estere emesse e ricevute (salvo avvalersi volontariamente dell’emissione di fattura elettronica anche per l’estero, nel qual caso l’operazione risultava già tracciata). La scadenza prevista era l’ultimo giorno del mese successivo alla fine del trimestre di riferimento . Ad esempio, i dati del 1° trimestre andavano inviati entro il 30 aprile.
Una svolta normativa si è avuta con la Legge 178/2020 (Legge di Bilancio 2021), che ha modificato l’art. 11 D.Lgs. 471/1997 introducendo un nuovo regime sanzionatorio a partire dal 2022 e anticipando un cambio di approccio: l’obbligo di fatturazione elettronica esteso anche alle operazioni con l’estero . In pratica, il legislatore ha disposto che dal 1° gennaio 2022 sarebbe stato abolito il “vecchio esterometro” trimestrale, sostituito dall’obbligo di trasmettere ogni singola operazione estera tramite il Sistema di Interscambio (SDI), con il formato della e-fattura, entro termini brevi (in linea con quelli di emissione e registrazione delle fatture) .
Proroga al 1° luglio 2022: l’entrata in vigore di questa novità è stata però posticipata di sei mesi. Il D.L. 73/2022 (“Decreto Semplificazioni”) all’art. 13 ha differito l’obbligo del nuovo esterometro dal 1° gennaio al 1° luglio 2022 , per dare più tempo ai contribuenti di adeguarsi (provvedimento poi convertito in legge n.122/2022). Pertanto, per le operazioni del primo semestre 2022 si è continuato ad applicare la comunicazione trimestrale tradizionale; invece dal 1° luglio 2022 è entrato in vigore il sistema attuale di trasmissione tramite file XML inviato allo SDI per ogni operazione estera.
In sostanza, dal luglio 2022 l’esterometro come adempimento separato è stato formalmente abolito . Oggi si parla ancora di “esterometro” per consuetudine, ma non esiste più un modello o file comunicativo periodico a sé stante: i dati delle operazioni estere vengono inviati uno per uno tramite SDI, usando il formato FatturaPA, inserendo nel campo “codice destinatario” il valore convenzionale “XXXXXXX” (sette X) che indica una controparte estera . Di fatto, ogni fattura estera (emessa o ricevuta) viene trasmessa come se fosse una fattura elettronica, permettendo all’Agenzia di acquisire subito le informazioni .
Norme di riferimento principali: – Art. 1, comma 3-bis, D.Lgs. 127/2015: istituisce l’obbligo di comunicazione delle operazioni con l’estero (ora tramite SDI) . – Provvedimento AE n. 89757/2018: definisce le specifiche tecniche e precisa, ad es., che la “data” dell’operazione da indicare è quella del documento (per operazioni attive) o quella di registrazione ai fini IVA (per operazioni passive) . – Circolare AE 13 luglio 2022, n. 26/E: chiarisce le nuove regole dal 1/7/2022, confermando che tutte le operazioni con soggetti esteri (anche privati) vanno comunicate via SDI e che il mancato invio è violazione formale senza impatto sull’IVA dovuta/detraibile . – Art. 11, commi 2-bis e 2-quater, D.Lgs. 471/1997: stabilisce le sanzioni per omessa/errata comunicazione, con i limiti e riduzioni (vedi sezione sulle sanzioni) . – D.L. 73/2022 art. 13: proroga al 1/7/2022 l’obbligo di comunicazione tramite SDI e l’applicazione del nuovo regime sanzionatorio .
Soggetti obbligati e operazioni da comunicare
Sono tenuti all’esterometro (ossia alla comunicazione delle operazioni transfrontaliere) tutti i soggetti passivi IVA stabiliti in Italia. Ciò comprende: ditte individuali, liberi professionisti, società di persone e capitali, enti con partita IVA, ecc., indipendentemente dalle dimensioni (dalla grande azienda al piccolo negozio) . Dal 2022 l’obbligo riguarda anche i contribuenti in regime forfettario o altri regimi IVA agevolati: infatti la legge n. 178/2020 ha esteso la fattura elettronica (e di riflesso l’esterometro) anche ai forfettari dal 1° luglio 2022 (eccetto per piccolissimi fino a 25.000 € fino al 2024). Dunque oggi virtualmente ogni titolare di partita IVA italiano deve rispettare questo adempimento, a meno che non effettui mai operazioni con l’estero.
Operazioni soggette: vanno comunicati i dati relativi a: – Cessioni di beni verso soggetti esteri (sia UE che extra-UE) non stabiliti in Italia. – Prestazioni di servizi rese a soggetti esteri (UE o extra-UE) non stabiliti in Italia. – Acquisti di beni da fornitori esteri (UE/extra-UE) effettuati da soggetti IVA italiani. – Acquisti di servizi da fornitori esteri (UE/extra-UE) effettuati da soggetti IVA italiani.
In altre parole, tutte le volte che c’è un’operazione che coinvolge un soggetto non stabilito in Italia, i dati vanno trasmessi. Inclusi i rapporti con privati esteri: la circolare 26/E/2022 ha chiarito che l’esterometro copre anche vendite verso consumatori finali stranieri, se documentate da fattura o documento equivalente . Ad esempio, se un professionista italiano emette fattura a un cliente privato residente in Svizzera, dovrà inviare i dati via SDI come “esterometro”.
Operazioni escluse: non tutte le transazioni internazionali rientrano nell’esterometro. Le eccezioni previste (art. 1 co. 3-bis D.Lgs. 127/2015 come attuato dai provvedimenti AE) includono: – Operazioni per cui è stata emessa una bolletta doganale (tipicamente import/export di beni): in tal caso i dati sono già acquisiti in dogana . – Operazioni per le quali è stata emessa fattura elettronica tramite SDI secondo le regole ordinarie . Ad esempio, se un’azienda italiana emette volontariamente una e-fattura XML verso un cliente estero (inserendo un codice destinatario fittizio), quell’operazione non va duplicata nell’esterometro perché il Fisco la conosce già. Lo stesso se un’azienda italiana riceve fattura elettronica da un fornitore estero che si è identificato in Italia e usa lo SDI. – Acquisti di beni e servizi non rilevanti ai fini IVA in Italia, di importo non superiore a 5.000 € per singola operazione, ai sensi degli artt. da 7 a 7-octies DPR 633/1972 . Questa esclusione riguarda ad esempio servizi extra-UE utilizzati fuori dal territorio italiano, che non sconteranno IVA in Italia; se l’importo è modesto (≤5.000 €) non vanno comunicati. Importante: il limite di 5.000 € riguarda solo gli acquisti (come chiarito dall’Agenzia in una risposta a interpello n. 379/2022) . Per importi superiori, invece, anche operazioni “fuori campo IVA” devono essere segnalate. – Operazioni già comunicate attraverso sistemi equivalenti. Ad esempio, per le vendite tax free (beni oltre 154,94 € a turisti extra-UE) se c’è fattura elettronica otterranno esenzione IVA e non servirà esterometro . Un altro esempio: un fornitore UE che invia beni in Italia deve essere elencato nei modelli Intrastat, ma ciò non esonera dall’esterometro; Intrastat e esterometro sono obblighi distinti e cumulativi (salvo futuri allineamenti).
Attenzione: l’esterometro riguarda solo i dati fattura (cessioni/prestazioni attive e passive). Non sostituisce altri obblighi come i citati elenchi Intrastat (per statistiche e controlli IVA UE) o la comunicazione dei movimenti finanziari RW (per persone fisiche con attività estere). Sono adempimenti diversi con finalità diverse. Ad esempio, una fattura di acquisto intracomunitario di beni va sia riportata in Intrastat sia inviata come esterometro via SDI (a meno che il fornitore UE abbia emesso fattura elettronica italiana tramite identificazione diretta, il che eviterebbe l’esterometro). La mancata comunicazione in esterometro di un’operazione intracomunitaria non esenta da eventuali sanzioni Intrastat e viceversa: si rischiano sanzioni cumulative su entrambi i fronti (500-1000 € a trimestre per omesso Intrastat ex art. 11 c.4 D.Lgs. 471/97, oltre alle sanzioni da esterometro) . In un caso del genere, tuttavia, un contribuente potrebbe sostenere in sede difensiva che la finalità di controllo è stata comunque soddisfatta da Intrastat e che penalizzare anche l’omesso esterometro configura un doppio adempimento sanzionato due volte; tali argomentazioni richiedono però un’attenta impostazione giuridica (potenzialmente invocando il divieto di bis in idem in ambito amministrativo o il principio di proporzionalità), su cui torneremo più avanti.
Tempi e modalità di trasmissione dei dati
Con il sistema attuale (dal 1/7/2022 in poi), i termini di invio dell’esterometro sono allineati a quelli di emissione e registrazione delle fatture:
- Per le operazioni attive (vendite/servizi resi a esteri): i dati vanno trasmessi entro i termini di emissione della fattura o documento. In generale, la fattura va emessa entro 12 giorni dall’effettuazione dell’operazione (se immediata) . Se si emette fattura differita (ad es. riepilogativa a fine mese per DDT del mese), allora entro il 15 del mese successivo . Dunque, inviando la fattura elettronica estera allo SDI entro tali termini, si assolve l’obbligo. Esempio: vendita del 10 settembre a cliente USA, fattura emessa il 18 settembre (entro 12 gg) e inviata allo SDI con codice XXXXXXX lo stesso giorno: l’esterometro è ok.
- Per le operazioni passive (acquisti da fornitori esteri): i dati vanno trasmessi entro il 15° giorno del mese successivo a quello di ricezione del documento comprovante l’operazione . In pratica, se ricevo una fattura estera, devo inviare un file allo SDI (un “auto-fattura” integrazione per acquisto intracomunitario, o autofattura per acquisto extra-UE) entro il 15 del mese successivo alla data in cui ho ricevuto la fattura o, se antecedente, in cui l’operazione si è considerata effettuata ai fini IVA. La data di riferimento per il termine, chiarisce il Provv. AE 89757/2018, è la data di registrazione IVA dell’operazione passiva . Esempio: fattura di consulenza da fornitore svizzero datata 20 agosto, ricevuta via email il 25 agosto e registrata sui registri IVA il 2 settembre: l’azienda italiana dovrà trasmettere l’esterometro (file XML TD17/TD19) entro il 15 ottobre.
Questi termini, va detto, non sono prorogati al lunedì successivo se cadono di sabato o giorno festivo, perché non sono versamenti ma adempimenti amministrativi. Conviene comunque rispettare la scadenza immediatamente successiva se il termine cade in giorno non lavorativo, per evitare discussioni. Nel provvedimento attuativo (punto 9.1 del Provv. 89757/2018) l’Agenzia concede, analogamente ad altre comunicazioni, che se la scadenza è festiva il termine slitta al primo giorno lavorativo successivo.
Modalità di invio: come accennato, l’unica modalità oggi è l’invio telematico via SDI in formato XML FatturaPA . Non è più previsto l’invio via PEC o upload di file in area riservata come si faceva per lo spesometro/esterometro pre-2022. Ogni file XML conterrà i dati di una o più fatture (è possibile emettere un documento cumulativo, ma in genere si segue la logica “un file per ogni fattura estera”). Nel file: – Il campo <CodiceDestinatario> deve essere compilato con “XXXXXXX” (7 X) per indicare un destinatario estero . – Per le fatture attive verso estero: si utilizza il tipo documento TD01 (fattura) o altro idoneo, con i dati del cliente estero (identificativo fiscale estero nel campo codice fiscale/vat opportuno, e nazione). – Per le fatture passive estere ricevute: si deve creare un documento XML di tipo TD17, TD18 o TD19 a seconda dei casi (rispettivamente, integrazione/autofattura per acquisto intra-UE di servizi, autofattura per acquisto di beni intra-UE, autofattura per acquisto da fornitori extra-UE) secondo quanto stabilito dalle specifiche tecniche. Nella pratica, per gli acquisti UE ed extra-UE l’operatore IVA italiano trasmette un documento che riporta i dati essenziali della fattura estera ricevuta. È consentito, in via semplificativa, indicare nella descrizione generica come “BENI” o “SERVIZI” invece del dettaglio analitico, rinviando al documento originale cartaceo ricevuto . – Correzioni e variazioni: se ci si accorge di un errore dopo l’invio, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito (Guida AE alla compilazione FE, versione 1.10 – aprile 2025) che per rettificare una comunicazione inviata con codice TD18/19 occorre emettere un documento di tipo TD20 (autofattura di regolarizzazione) con riferimento all’ID del file errato, oppure stornare con una nota di credito interna e riemettere correttamente . Ad esempio, se ho trasmesso un TD18 con importo sbagliato, invierò un TD20 a storno e un nuovo TD18 corretto. Questo aspetto tecnico è importante: l’esterometro non prevede invii “sostitutivi” come una dichiarazione integrativa, ma la correzione avviene tramite documenti di rettifica via SDI.
Conservazione: gli XML trasmessi per esterometro vanno conservati digitalmente al pari delle fatture elettroniche ordinarie, in quanto documenti fiscalmente rilevanti. La conservazione può essere fatta col servizio gratuito dell’AE o in proprio, ma va garantita per 10 anni (art. 2220 c.c. e art. 3 DM 17 giugno 2014). In caso di controllo, il contribuente deve poter esibire l’esterometro trasmesso (o quantomeno gli estremi della trasmissione) allo stesso modo di altri documenti .
Errori comuni nella compilazione dell’esterometro
Nonostante la digitalizzazione, possono verificarsi vari tipi di errore nel gestire l’esterometro. Elenchiamo i più comuni, evidenziando il loro significato e le possibili conseguenze:
- Omissione totale di invio: il caso più grave è la completa mancata trasmissione dei dati di una o più operazioni obbligatorie. Ad esempio, un professionista che nel 2024 ha ricevuto fatture da fornitori esteri ma non ha inviato alcun esterometro per distrazione o ignoranza. Questa è considerata omessa comunicazione. Dal punto di vista sanzionatorio, ogni fattura non comunicata integra una violazione (vedi sezione successiva sulle sanzioni). L’omissione può riguardare interi periodi (es. dimenticare di inviare tutti i dati di un trimestre 2021, o non trasmettere più operazioni estere da luglio 2022 in poi). Spesso accade per errore del commercialista o intermediario incaricato: il cliente può non accorgersene finché non arriva una contestazione. È importante sapere che la responsabilità finale resta in capo al contribuente, che tuttavia potrà rivalersi civilmente sul professionista se l’errore è dipeso da quest’ultimo (vedasi infra sezione FAQ su “errori del commercialista”).
- Invio tardivo (ritardato): qui l’esterometro viene trasmesso spontaneamente ma oltre la scadenza prevista. Ad esempio, un’azienda avrebbe dovuto inviare una fattura estera entro il 12 aprile ma la invia il 30 aprile. Oppure, in epoca pre-2022, invia il file del trimestre dopo la fine del mese successivo. Il ritardo, anche se di pochi giorni, costituisce violazione (omessa comunicazione nei termini). Tuttavia, la normativa prevede una attenuante importante: se il ritardo è entro 15 giorni dalla scadenza, la sanzione è dimezzata . Inoltre, se il contribuente stesso regolarizza l’invio tardivo prima di essere contestato (ravvedimento operoso), può ulteriormente ridurre la sanzione (fino a 1/8 del minimo, come vedremo). In pratica, un ritardo breve e subito sanato può portare a conseguenze pecuniarie molto contenute.
- Dati errati o incompleti: un’ipotesi frequente è l’invio del file nei termini, ma contenente errori nei dati trasmessi. Esempi: importo della fattura riportato sbagliato (es. 1.000 invece di 10.000 €), partita IVA estera del cliente inserita in modo errato, data sbagliata, valuta errata, ecc. Anche l’errata trasmissione dei dati è equiparata all’omissione ai fini sanzionatori . Ciò significa che, se non viene corretta, l’Agenzia considera come non effettuata la comunicazione per quella fattura. Le cause possono essere manuali (errore di digitazione durante la compilazione) oppure tecniche (formato non conforme, inversione di campi, ecc.). Per fortuna, spesso il sistema SDI effettua controlli formali e scarta il file se ad es. il formato XML non è corretto o incongruente. In tal caso, l’invio non va a buon fine e il contribuente riceve una notifica di scarto. L’errore da scarto è sanabile inviando di nuovo il file corretto. L’Agenzia ha chiarito che, analogamente a quanto avviene per le dichiarazioni, se un file è trasmesso entro la scadenza ma viene scartato, si può ritrasmetterlo entro 5 giorni dall’esito di scarto senza sanzioni . Questa tolleranza è cruciale: perciò è buona norma controllare sempre le ricevute SDI; se compare uno scarto (ad es. per codice fiscale non valido, o duplicazione ID), si hanno 5 giorni extra per sistemare senza incorrere in violazione. Se però l’errore non è tale da generare scarto (ad esempio un importo errato ma formalmente plausibile), il file verrà “ricevuto” dallo SDI e l’Agenzia acquisirà un dato sbagliato. In futuro, incrociando con altri dati (dichiarazioni IVA, ecc.), potrebbe emergere l’errore e venire contestato. Esempio pratico: si trasmette una fattura estera con importo €100 anziché €1.000. Il SDI la registra. L’anno successivo, l’ufficio confronta l’esterometro con la contabilità o con i dati comunicati dal partner estero (in caso di scambi di info internazionali) e rileva la discrepanza, contestando errata comunicazione di quella fattura.
- Mancata correzione di errori noti: simile al caso precedente, è la situazione in cui il contribuente si accorge di aver inviato un dato inesatto ma non provvede a inviare la correzione tramite i canali appropriati (ad esempio, non invia l’autofattura di rettifica TD20). In assenza di un invio correttivo entro 15 giorni, l’errore iniziale resta e la sanzione piena può scattare. È buona prassi, quindi, effettuare un controllo periodico dei dati trasmessi (ad esempio confrontare i registri IVA acquisti/vendite con l’elenco dei file esterometro inviati) e, se si trovano discrepanze, correggerle subito spontaneamente.
- Duplicazioni o incongruenze tra più adempimenti: un caso particolare di “errore” può essere l’incoerenza tra esterometro e altri documenti fiscali. Ad esempio, se un’operazione estera è stata dichiarata ai fini IVA (tramite autofattura interna) ma non risulta inviata via SDI, oppure viceversa. Il Fisco incrocia i dati: se dalla dichiarazione IVA o dai registri risultano acquisti intracomunitari per un certo importo e non trova i corrispondenti esterometri, invierà probabilmente una comunicazione di compliance o un avviso di irregolarità. Un altro esempio: disallineamento temporale – una fattura estera datata fine dicembre registrata a gennaio successivo e comunicata in quel periodo successivo; l’ufficio potrebbe erroneamente ritenere mancante la comunicazione a dicembre. In casi simili di disallineamento, il contribuente dovrà spiegare e dimostrare la corretta cronologia. C’è stato un caso reale attinente allo spesometro (analogo precursore dell’esterometro) in cui un contribuente aveva emesso fatture a cavallo d’anno: la Cassazione (ord. n. 12748/2025) ha rilevato come lo sfasamento temporale tra emissione e registrazione possa spiegare discrepanze senza intento evasivo, e la Commissione Tributaria Provinciale aveva dato ragione al contribuente riconoscendo che l’apparente omissione era frutto di un semplice scostamento temporale nella comunicazione . Questo insegna che un’eventuale contestazione basata su dati “incongruenti” può essere vinta se si prova documentalmente che l’errore è solo formale/temporale e non una mancata fatturazione.
- Errori del sistema o blackout: infine, benché rari, vanno citati i possibili problemi tecnici non imputabili al contribuente. Esempio: malfunzionamenti del portale Fatture e Corrispettivi o dello SDI che impediscano l’invio entro la scadenza. In alcune occasioni (es. picchi di fine mese) il sistema può subire ritardi. L’Agenzia in passato ha mostrato flessibilità in tali casi, prevedendo con FAQ o comunicati che non si applichino sanzioni se l’invio avviene appena risolti i problemi tecnici. Un contribuente che dovesse ricevere sanzione per un ritardo dovuto a cause di forza maggiore (es. documentabili problemi di connettività, casella PEC piena che ha impedito la ricezione della ricevuta di scarto, ecc.) potrà far valere ciò in sede difensiva, chiedendo l’archiviazione in autotutela per assenza di colpa. Anche l’art. 6, comma 5, del D.Lgs. 472/97 esenta da responsabilità il contribuente per fatti dovuti a causa di forza maggiore.
Riassumendo, omissioni, ritardi e dati inesatti sono tutti trattati dalla legge come violazioni dell’obbligo di comunicazione. Tuttavia, l’entità delle sanzioni e le chances di difesa dipendono dalle circostanze: un ritardo breve e subito sanato è di gravità minore (e punito meno severamente) rispetto a un’omissione totale protratta, e un errore materiale isolato può trovare maggiore comprensione in sede di ricorso, specie se non ha pregiudicato il controllo fiscale. Nella prossima sezione vedremo il dettaglio del regime sanzionatorio, per poi passare alle strategie di regolarizzazione e difesa.
Sanzioni per omessa, errata o tardiva comunicazione: cosa si rischia?
Le sanzioni relative all’esterometro sono disciplinate dall’art. 11 del D.Lgs. 471/1997 (sanzioni in materia di documenti e comunicazioni fiscali). Tale articolo, ai commi specifici, stabilisce importi fissi per ogni fattura non comunicata o comunicata in modo inesatto. Va sottolineato che si tratta di sanzioni amministrative-tributarie, quindi non penali e neppure proporzionali all’imposta (trattandosi di un adempimento formale). Sono sanzioni cumulative: ogni fattura costituisce una violazione a sé, con un tetto massimo mensile o trimestrale. Di seguito uno schema riepilogativo:
Tabella – Regime sanzionatorio per esterometro (dati transfrontalieri)
Violazione (dati operazioni estere) | Sanzione per fattura | Sanzione massima | Riduzione se regolarizzato entro 15 gg |
---|---|---|---|
Omessa trasmissione (mancato invio) | € 2,00 per fattura omessa | € 1.000,00 per trimestre (fino al 2021) / € 400,00 per mese (dal 2022) | € 1,00 per fattura, max € 500,00 per trimestre / € 200,00 per mese |
Errata o incompleta trasmissione (dati inesatti) | € 2,00 per fattura (come sopra) | Identico alle soglie sopra | Identico alle soglie sopra (se invio corretto entro 15 gg dall’errore) |
Invio tardivo (oltre la scadenza) | € 2,00 per fattura (come sopra) | Identico alle soglie sopra | € 1,00 per fattura se ritardo ≤15 gg |
Note: le soglie massime trimestrali si applicano alle violazioni fino alle operazioni del 2021 incluso (dato che l’obbligo era trimestrale: max €1.000 a trimestre, ridotto a €500 con ravvedimento breve) . Per le operazioni dal 1° gennaio 2022, la legge (modificata dalla L.178/2020) ha introdotto il tetto mensile di €400 (ridotto a €200 se lieve ritardo) . L’entrata in vigore di tale regime è stata concretamente dal 1° luglio 2022 (post-proroga), ma si applica retroattivamente alle operazioni 2022. Quindi, ad esempio, se un’azienda non ha comunicato 50 fatture estere di luglio 2023, la sanzione teorica sarebbe 50×2 = €100, ma il massimo applicabile è €400 per quel mese. Se ha omesso anche ad agosto, altre €400, e così via.
Osserviamo alcuni aspetti chiave del sistema sanzionatorio: – Importo unitario modesto ma cumulative: €2 a fattura può sembrare irrisorio, ma non va sottovalutato. In mancanza di tetti, un contribuente con molte fatture estere omesse accumulerebbe sanzioni potenzialmente elevate. I tetti mensili/trimestrali pongono un freno: ad esempio, un’azienda con 500 fatture estere mensili omesse non paga 1000 €, ma si ferma a 400 € per ciascun mese violato. Questo meccanismo di cap serve a evitare sproporzioni, ma comunque un’omissione protratta su più mesi genera una moltiplicazione (ogni mese fino a €400 di multa). – Riduzione automatica per ravvedimento breve: se il contribuente invia i dati mancanti (o corretti) entro 15 giorni dal termine originario, la sanzione è automaticamente dimezzata (1 € a fattura, con tetto dimezzato) . In pratica, la legge stessa concede una sorta di “periodo di grazia” di 15 giorni oltre la scadenza: se ci si mette in regola in quel lasso, si “prende solo mezzo punto”. Questo incentivo mira a favorire la correzione tempestiva di piccole sviste. Esempio: se il termine era il 31 ottobre e invio il 10 novembre (entro 15 gg), invece di €2 a fattura ne dovrò €1 a fattura (max 200 € mensili). Ovviamente, se il contribuente paga spontaneamente (ravvede) può ulteriormente abbattere queste somme come vedremo. – Violazione formale e nessun cumulo giuridico: la norma esclude espressamente l’applicazione dell’art. 12 del D.Lgs. 472/1997 per queste violazioni . L’art. 12 è il principio del “cumulo giuridico”, per cui se uno stesso comportamento integra più violazioni formali si applicherebbe una sanzione unificata aumentata. Nel caso dell’esterometro questo principio non opera: significa che ogni mese (dal 2022) o trimestre (in passato) è considerato separatamente, senza possibilità di unificare tutto in un’unica sanzione globale oltre i limiti mensili. Ad esempio, se un professionista non ha inviato esterometro per tutto il 2021 (4 trimestri) la sanzione massima sarà 4 × €1000 = €4000 (non un unico €1000), perché ogni trimestre è una violazione distinta e il cumulo giuridico non si applica . Questa scelta legislativa è stata criticata perché rende più oneroso il cumularsi di tanti piccoli errori. In sede difensiva, alcuni hanno provato a invocare comunque il cumulo giuridico (o il principio di continuazione) sostenendo che l’omissione ripetuta è un’unica condotta continuata. Finora, però, la lettera chiara della norma ha prevalso: le Commissioni Tributarie tendono a confermare che il cumulo giuridico è escluso ope legis. Solo un intervento normativo potrebbe cambiare questo aspetto (o una pronuncia di incostituzionalità, che però ad oggi non risulta). – Natura “tributaria” delle sanzioni: le sanzioni dell’esterometro, pur riguardando un obbligo formale, sono considerate a tutti gli effetti sanzioni tributarie amministrative. Ciò comporta due cose: (1) si applicano le regole generali del D.Lgs. 472/97 (ravvedimento operoso, non punibilità per forza maggiore, principio del favor rei ecc.), e (2) non c’è nessun riflesso penale (sono violazioni estranee ai reati tributari, perché non riguardano dichiarazioni infedeli o omesso versamento d’imposta, ma solo comunicazioni). Dunque, ad esempio, è ammesso il ravvedimento operoso su queste sanzioni ; ed è inapplicabile l’art. 12 D.Lgs. 74/2000 (nessun reato, indipendentemente dagli importi, perché l’esterometro non rientra tra le dichiarazioni fiscali rilevanti penalmente).
Sanzioni ed effetti sull’IVA: come già accennato, il mancato esterometro non incide sul debito IVA né sul diritto alla detrazione . Significa che se, ad esempio, un’azienda ha omesso di comunicare acquisti intracomunitari, ciò non le fa perdere il diritto alla detrazione dell’IVA su quegli acquisti (purché abbia comunque integrato la fattura e annotato l’IVA a debito e a credito). Allo stesso modo, omettere l’esterometro su una vendita estera non comporta che l’operazione diventi imponibile: se era una cessione intra-UE o una export non imponibile, resta tale. La sanzione quindi è “sganciata” dall’imposta: è puramente punitiva del comportamento omissivo. Questo principio è importante anche in ottica difensiva: un avvocato potrà sottolineare, ad esempio, che l’errore non ha causato alcun danno erariale, evidenziando la discrepanza tra gravità dell’illecito formale e gravità della sanzione. In alcuni casi la giurisprudenza ha annullato sanzioni formali proprio per mancanza di lesività (principio di offensività): violazioni che non arrecano pregiudizio concreto all’attività di controllo e non ostacolano l’accertamento dell’imposta possono ritenersi non punibili in base all’art. 6, comma 5-bis, D.Lgs. 472/97. Tuttavia, l’Amministrazione finanziaria tende a considerare l’omessa comunicazione come pregiudizievole per il controllo, in quanto conoscere tempestivamente i dati delle operazioni estere aiuta a prevenire evasioni (es. mancata fatturazione di ricavi, omessa integrazione di acquisti). Dunque raramente l’ufficio ammetterà di sua iniziativa la non punibilità per particolare tenuità. Sarà eventualmente compito del difensore convincere il giudice che la sanzione, in casi specifici, è sproporzionata e va ridotta o annullata.
Infine, sovrapposizione con altre sanzioni: come visto, esterometro e Intrastat possono coesistere. Un contribuente malaccorto potrebbe subire due sanzioni diverse sulla medesima operazione (una per mancato esterometro, una per omesso Intrastat). Il sistema non prevede espressamente il coordinamento, ma in sede di ricorso si potrà evidenziare l’eventuale duplicazione sanzionatoria, chiedendo almeno la riduzione equitativa. Un giudice attento al principio di proporzionalità potrebbe ridurre la sanzione complessiva ritenendola eccessiva rispetto all’effettiva violazione (specie se l’IVA è stata assolta regolarmente). A tal proposito, va ricordato che la Corte Costituzionale con sentenza n. 46/2023 ha affermato che il principio di proporzionalità impone una concreta valutazione del comportamento e delle conseguenze dell’illecito, e che il giudice tributario ha il potere di ridurre la sanzione anche d’ufficio per ricondurla a equità . Questo orientamento, pur riferito ad altro contesto (omessa dichiarazione dei redditi), potrebbe aprire la strada ad una modulazione giudiziale delle sanzioni anche per violazioni formali come l’esterometro, nei casi estremi in cui risultino manifestamente sproporzionate.
Come rimediare agli errori: ravvedimento operoso e altre soluzioni
La prima linea di difesa contro le sanzioni è giocare d’anticipo. Se un contribuente si accorge di aver commesso un errore nell’esterometro, è spesso possibile rimediare prima che il Fisco lo contesti, usufruendo di riduzioni di sanzioni molto vantaggiose tramite l’istituto del ravvedimento operoso. Inoltre, anche dopo un’eventuale contestazione, esistono strumenti deflattivi (come l’acquiescenza con pagamento ridotto, la definizione agevolata delle liti, ecc.) per limitare il danno. In questa sezione vediamo dunque: – Come regolarizzare spontaneamente un’errata o omessa comunicazione (ravvedimento). – Quali sono i termini entro cui farlo. – Come comportarsi se si è già ricevuta la contestazione (pagamento ridotto entro 60 giorni, o eventualmente adesione). – Cenni alle sanatorie straordinarie (es. condono violazioni formali 2023) che possono aver interessato anche l’esterometro.
Ravvedimento operoso dell’esterometro
Il ravvedimento operoso (art. 13 D.Lgs. 472/1997) consente al contribuente di regolarizzare spontaneamente una violazione commessa, beneficiando di sanzioni ridotte proporzionalmente alla tempestività del ravvedimento. Trattandosi di violazioni tributarie amministrative, l’esterometro può essere ravveduto come confermato dall’Agenzia delle Entrate già nel 2019 . Questo significa che se un soggetto non ha rispettato l’obbligo comunicativo ma interviene di propria iniziativa prima di venire ufficialmente contestato, pagherà solo una frazione della sanzione ordinaria.
Condizioni per ravvedersi: – La violazione non deve essere già stata constatata dall’Amministrazione e notificata al contribuente (in altre parole, il ravvedimento è possibile solo prima che arrivi un atto formale di contestazione o accertamento) . – Occorre effettuare sia l’adempimento omesso/corretto sia il pagamento della sanzione ridotta dovuta, entro il termine di ravvedimento prescelto. Nel nostro caso, bisogna trasmettere i dati esterometro mancanti o rettificati e versare la sanzione in F24 con codice tributo apposito.
Codice tributo e modalità di pagamento: la sanzione va versata tramite modello F24 – sezione Erario – usando il codice tributo 8911 (“sanzioni IVA – altre violazioni”) , indicando come anno di riferimento l’anno in cui è avvenuta la violazione. Esempio: se ravvedo un’esterometro omesso relativo a operazioni del 2023, nell’F24 metterò codice 8911, anno 2023, importo sanzione. L’importo a debito può anche essere compensato con eventuali crediti fiscali disponibili, essendo una sanzione amministrativa (codice 8911 è compensabile).
Quanto si paga col ravvedimento? Dipende da quando si effettua la regolarizzazione rispetto al momento in cui sarebbe dovuto l’adempimento. Si applicano le riduzioni standard dell’art.13 D.Lgs. 472/97: – Ravvedimento “brevissimo” entro 14 giorni: in realtà per l’esterometro abbiamo già visto che entro 15 giorni la sanzione è dimezzata a €1 a fattura. Se si regolarizza entro 14 giorni (cioè entro il 15° giorno dal termine escluso), tecnicamente la violazione è già sanata con la sanzione dimezzata. Inoltre l’art.13 prevede una riduzione ad 1/15 per ogni giorno di ritardo entro 14 gg, ma in questo caso specifico l’Agenzia ha chiarito che conviene applicare direttamente la sanzione ridotta di legge (€1 a fattura) e poi su quella operare la riduzione ulteriore di 1/15 al giorno. In pratica nei primi 14 giorni di ritardo il contribuente paga quasi zero (un quindicesimo di €1 per ogni giorno di ritardo). Spesso però, data l’esiguità, si attende i 15 giorni e si paga 1/9 del minimo entro 90 giorni, come sotto. – Ravvedimento breve entro 30 giorni: riduzione ad 1/10 della sanzione minima (questa fattispecie in ambito dichiarazioni; per atti formali la formula è leggermente diversa). Per comunicazioni come esterometro, però, l’Agenzia applica più comunemente gli scaglioni 1/9 e 1/8. – Ravvedimento entro 90 giorni: riduzione ad 1/9 del minimo . Questo è il caso tipico: entro 90 giorni dal termine originario, la sanzione dovuta è 1/9 di quella base. Esempio: omessa comunicazione di 10 fatture nel secondo trimestre 2021, scoperta e sanata entro 90gg dalla scadenza (diciamo entro fine dicembre 2021): sanzione base = 10 × €2 = €20 (ma max €1000 di legge, qui €20 comunque); ridotta a 1/9 = €2,22. Considerando anche la riduzione a metà per invio entro 15gg (se applicabile) e poi 1/9, in pratica paga importi molto bassi. L’Agenzia ha fatto un esempio: errata comunicazione di 360 fatture, ravveduta oltre 15gg dopo (sanzione piena €720) ridotta a 1/9 = €80 . – Ravvedimento entro termine dichiarazione IVA dell’anno (o entro un anno se non c’è dichiarazione periodica): riduzione ad 1/8 della sanzione . Per l’esterometro, non essendoci una dichiarazione specifica, vale il termine di un anno dalla violazione. Quindi si può ravvedere entro 1 anno pagando 1/8 del minimo. – Ravvedimento oltre l’anno ma entro accertamento: riduzione a 1/7, 1/6, etc., fino a 1/5 se fatto dopo un anno ma entro la contestazione (in alcuni casi interpretativi 1/5 entro notifica PVC). Tuttavia, di solito per violazioni formali si tende a ravvedere entro l’anno, perché oltre quell’orizzonte spesso l’ufficio ha già contestato.
Riassumendo, il ravvedimento conviene moltissimo: riduce drasticamente le sanzioni dell’esterometro. Ad esempio, se un contribuente si accorge oggi di non aver trasmesso nulla per il 2022, può ancora ravvedersi: le sanzioni base sarebbero fino a €400/mese, quindi €4800 per 12 mesi; ravvedendo ora (fine 2025, oltre un anno dalle violazioni) pagherebbe 1/8 di €4800 = €600 totali, magari suddivisi per anno (codice 8911 anno 2022 €600). Se ravvede invece anno per anno entro l’anno successivo, potrebbe chiudere con importi ancora inferiori.
Procedura pratica di ravvedimento: 1. Invio dei dati mancanti o corretti: predisporre i file XML per tutte le operazioni non comunicate o da rettificare. Inviarli tramite SdI come da prassi. È utile conservare le ricevute di avvenuta trasmissione. 2. Calcolo della sanzione dovuta: determinare quante fatture si stanno regolarizzando e a quale periodo si riferiscono, applicare €2 (o €1 se entro 15gg) per ciascuna, tenere conto dei massimali mensili/trimestrali e poi applicare la riduzione da ravvedimento in base al tempo trascorso. 3. Compilazione F24: inserire per ciascun anno coinvolto il codice tributo 8911 con l’importo dovuto per quell’anno. Se ad esempio sto ravvedendo errori su 2022 e 2023, farò due righi separati con 8911 anno 2022 importo X, e 8911 anno 2023 importo Y. 4. Pagamento: pagare l’F24 (anche con compensazione se ho crediti disponibili). La delega F24 pagata è la prova dell’avvenuto versamento sanzionatorio. 5. Conservazione documenti: conservare copia dei file inviati, ricevute di consegna e F24. In caso di future contestazioni, poter dimostrare di aver già sanato la violazione in data antecedente all’attività accertativa è fondamentale per eccepire l’inapplicabilità di ulteriori sanzioni (il ravvedimento perfezionato preclude ulteriori pretese sanzionatorie per la stessa violazione).
Va ricordato che il ravvedimento non è più precluso dall’inizio di verifiche (prima lo era, ora l’importante è che non sia già notificato un atto). Quindi anche se l’azienda è sotto verifica fiscale, fintantoché non le viene contestata formalmente la violazione, può ravvedersi. L’ideale comunque è agire prima possibile.
Altre forme di regolarizzazione: sanatorie di massa
Oltre al ravvedimento “ordinario”, a volte il legislatore offre sanatorie straordinarie per le violazioni formali. Ad esempio, la Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022) ha previsto la definizione agevolata delle irregolarità formali commesse fino al 31 ottobre 2022. In pratica, pagando 200 euro per anno d’imposta (in due rate da 100 € nel 2023) i contribuenti potevano sanare tutte le violazioni formali di quell’anno . Tra le violazioni formali oggetto di sanatoria rientrano certamente anche le omissioni/ritardi dell’esterometro, essendo inquadrabili come inosservanze che ostacolano l’attività di controllo ma non incidono sul calcolo del tributo . Dunque, chi aveva dimenticato esterometri negli anni passati, ha avuto la chance di azzerare le relative sanzioni pagando questo importo forfettario entro il 31 marzo (prima rata) e 31 ottobre 2023 (seconda rata) e rimuovendo l’irregolarità entro il 31 marzo 2024. Ad esempio, un professionista che non aveva mai inviato esterometri nel 2020, 2021 e 2022 avrebbe potuto chiudere la partita con 3×200 = 600 € totali, senza dover dettagliare ogni fattura.
Questa “tregua fiscale” è stata un unicum e il termine è scaduto: oggi (agosto 2025) non è più possibile accedervi. Tuttavia, è rilevante menzionarla perché se un contribuente ha aderito allora, eventuali contestazioni successive sulle medesime violazioni non sono dovute. In sede difensiva, bisognerà evidenziare di aver perfezionato la definizione e quindi eccepire l’estinzione della sanzione. Chi invece non ne ha approfittato, dovrà usare gli strumenti ordinari (ravvedimento se ancora possibile, oppure difesa nel merito se il Fisco sanziona ora).
Quando l’errore è già contestato: difendersi dal procedimento sanzionatorio
Se il contribuente non si è accorto in tempo dell’errore (o se, pur avendolo rilevato, non ha fatto in tempo a ravvedersi), può accadere che sia l’Agenzia delle Entrate a farsi viva. Tipicamente, il procedimento è il seguente: – L’Agenzia riscontra, tramite controlli incrociati o segnalazioni, che manca la comunicazione di certe operazioni, oppure che il file trasmesso presentava errori. – Può inviare una comunicazione bonaria (in alcuni casi): ad esempio, inviti a regolarizzare spontaneamente entro 15 giorni certi dati. Questa modalità è frequente per LIPE o spesometro; per l’esterometro non è sistematica, ma non è escluso qualche avviso di compliance via PEC. Se si riceve un invito del genere, conviene aderire immediatamente trasmettendo quanto richiesto e pagando il dovuto con riduzione (spesso l’invito stesso prospetta la sanzione ridotta se si provvede subito). – In mancanza, l’Ufficio procede con un Atto di contestazione/irrogazione sanzioni. Si tratta di un provvedimento formale (tipicamente un “Atto di contestazione di sanzioni” ex art.16 D.Lgs.472/97) che contiene la descrizione della violazione (es: “omessa comunicazione operazioni transfrontaliere per il periodo X”), l’importo della sanzione calcolata e l’invito a pagare entro 60 giorni.
Quando arriva questo Atto, al contribuente si aprono due strade: 1. Accettare e pagare con riduzione (acquiescenza): l’art. 16 del D.Lgs. 472/97 consente la definizione agevolata delle sanzioni amministrative. In pratica, se si paga entro 60 giorni dalla notifica un terzo della sanzione irrogata, l’atto si considera definito e non si prosegue oltre . L’atto stesso di solito indica: “pagamento entro 60 gg = € [1/3 del totale]”. Questa opzione è utile se la violazione è palese e il contribuente vuole chiudere rapidamente contenendo i costi. Ad esempio, se vengono irrogati €600 di sanzioni, pagando €200 entro 60 giorni si chiude la vicenda. È importante sottolineare che pagando in acquiescenza si rinuncia a impugnare l’atto; la sanzione ridotta pagata diventa definitiva. 2. Impugnare l’atto davanti alla giustizia tributaria: se il contribuente ritiene la sanzione ingiusta (perché ad esempio non dovuta, o eccessiva, o per errori dell’ufficio nel calcolo, o vuole far valere esimenti), può presentare ricorso. Il ricorso va proposto entro 60 giorni dalla notifica dell’atto (termine che coincide col termine per il pagamento ridotto, quindi bisogna scegliere: o paghi ridotto o ricorri).
Nota: dal 2023 le Commissioni Tributarie si chiamano Corti di Giustizia Tributaria di primo grado (per le ex provinciali) e di secondo grado (per le ex regionali), in virtù della riforma della giustizia tributaria. In questa guida useremo talvolta ancora il termine “Commissione Tributaria” per familiarità, ma è bene sapere che la denominazione ufficiale è cambiata. In sostanza però, la procedura ricorsuale resta la stessa (D.Lgs. 546/92 aggiornato).
Se l’importo della sanzione in contestazione supera €50.000 (evento raro per esterometro, ma possibile se cumulate tante mensilità), è necessaria la presentazione di un’istanza di mediazione/reclamo prima di andare in giudizio. Sotto i 50k invece si va direttamente in giudizio (dal 2023 la mediazione è necessaria solo oltre 50k). Nel nostro caso, dati i tetti mensili, è difficile superare tale soglia: bisognerebbe aver omesso per moltissimi mesi e sommato oltre 50k di sanzioni, scenario limite. Qualora si presenti ricorso, l’istanza di mediazione è comunque contestuale al ricorso stesso (non un passo separato).
Come difendersi in giudizio? Nel ricorso si potranno articolare vari motivi di opposizione, che approfondiremo nella prossima sezione (strategie difensive e giurisprudenza). Anticipiamo alcuni possibili motivi: – Infondatezza del presupposto: ad esempio dimostrare che l’operazione non era soggetta a obbligo (es. era sotto soglia 5.000 € fuori campo IVA, o era stata emessa fattura elettronica dunque niente esterometro). – Errore scusabile/irregolarità formale non sanzionabile: invocare l’art. 6 co.5-bis D.Lgs. 472/97 perché la violazione è meramente formale e non ha arrecato pregiudizio al controllo (soprattutto se ad es. la stessa operazione era stata dichiarata altrove, v. Intrastat). – Proporzionalità eccessiva: chiedere la riduzione della sanzione perché sproporzionata rispetto al comportamento del contribuente (richiamo a principi costituzionali ed europei). – Errori procedurali dell’ufficio: ad esempio, atto notificato oltre i termini di decadenza, oppure carente di motivazione (se non spiega quali fatture e perché). – Buona fede e circolari contraddittorie: se il contribuente ha seguito istruzioni magari dubbie o ha frainteso norme poco chiare (in passato, per es., c’era incertezza sulla decorrenza 2022 poi prorogata), si può invocare l’esimente dell’obiettiva incertezza normativa (art. 6 co.2 D.Lgs. 472/97) o la non punibilità per errore indotto da indicazioni fuorvianti dell’amministrazione (esimente di cui allo Statuto del Contribuente art.10, comma 3).
Tempistiche di contestazione: L’Amministrazione deve rispettare dei termini per notificare le sanzioni. In generale, per le violazioni non collegate a un tributo (come è l’esterometro, che non incide su imposta) vige il termine di 5 anni dall’anno in cui la violazione è commessa, salvo atti interruttivi. Dunque, un’omissione del 2019 può essere contestata entro il 31 dicembre 2024. Se l’ufficio tarda oltre, la sanzione è decaduta. Ciò diventa anch’esso motivo di ricorso qualora arrivasse una contestazione tardiva. Ad esempio, nel 2025 non potrebbero più sanzionarmi l’omesso esterometro 2019. Per le violazioni 2020 c’è tempo fino a fine 2025, e così via. Attenzione: se l’omessa comunicazione è connessa a un accertamento di imposta (es. contestano nel 2025 un imponibile non dichiarato grazie a dati dello spesometro/esterometro 2018, potevano sanzionare con atti entro il 2023, salvo eventuale raddoppio termini in ipotesi penali che però qui non rilevano).
Riassumendo, quando scatta la contestazione il contribuente deve valutare se pagare subito con sconto di 1/3 (soluzione rapida, poco costosa se la sanzione non è alta, consigliabile se non ci sono buone difese) oppure se dare battaglia presentando ricorso. In quest’ultimo caso, nelle more del ricorso la riscossione delle sanzioni è sospesa (non sono iscritte a ruolo finché la sentenza non passa in giudicato, a meno che si tratti di atti di sole sanzioni non collegate al tributo, dove però comunque c’è la sospensione ex lege al 1/3 in pendenza di giudizio). È comunque possibile chiedere al giudice tributario anche la sospensione cautelare dell’atto se vi è pericolo di danno grave (non frequente per importi modesti).
Nei prossimi paragrafi esamineremo le strategie difensive nel merito, ovvero gli argomenti che si possono far valere per ottenere ragione, con supporto di pronunce giurisprudenziali. Inoltre, proporremo fac-simile di atti difensivi (istanza di autotutela e ricorso/memoria) e qualche scenario esemplificativo.
Strategie di difesa e orientamenti giurisprudenziali
Affrontare una contestazione sull’esterometro richiede un mix di conoscenza normativa, analisi dei fatti e utilizzo di precedenti favorevoli. Di seguito delineiamo le principali linee difensive che un contribuente (o il suo avvocato) può adottare, distinguendo i vari profili di possibile illegittimità o inapplicabilità della sanzione. Per ciascuna strategia, indichiamo anche se vi sono sentenze o documenti ufficiali che la supportano.
1. Violazione insussistente o esclusa dalla norma
La prima e più immediata difesa è dimostrare che, contrariamente a quanto sostiene il Fisco, non c’era affatto l’obbligo di comunicare quella specifica operazione, oppure che l’obbligo è stato in realtà adempiuto. Questo può avvenire in diverse situazioni: – Operazione non soggetta a esterometro: ad esempio, il contribuente viene sanzionato per una fattura estera che però rientrava in un caso di esclusione previsto (bolletta doganale, e-fattura già emessa, importo sotto soglia per operazione fuori campo IVA). In tal caso, bisognerà documentare l’esclusione. Esempio: l’Agenzia contesta l’omessa comunicazione di un acquisto di beni da San Marino, ma il contribuente prova di aver assolto l’IVA con bolla doganale elettronica. Oppure contesta una fattura estera da 1000€, ma quell’operazione era un servizio extra-UE senza imposta e di importo sotto 5.000€, quindi escluso. Si citerà l’art.1 co.3-bis D.Lgs.127/2015 e la circolare AE che elenca le esclusioni , chiedendo l’annullamento della sanzione perché il fatto non costituisce violazione. – Dati già trasmessi con fattura elettronica: se il contribuente può provare di aver emesso una fattura elettronica tramite SDI per quell’operazione (ad esempio indicando un codice destinatario convenzionale per l’estero), allora la comunicazione era già stata fatta. Si allegherà la copia della fattura elettronica inviata e la ricevuta di consegna, sottolineando che l’obbligo esterometro non sussisteva per quell’operazione. Talvolta l’errore può stare nella mancata associazione, da parte del Fisco, di quella fattura all’adempimento: un chiarimento in autotutela con documentazione potrebbe risolvere senza neppure dover ricorrere. – Operazione comunicata su periodo diverso (errore di imputazione temporale): questa è una difesa più sottile. Se il Fisco contesta, ad esempio, l’omissione di una fattura di dicembre 2022, ma in realtà il contribuente l’ha comunicata a gennaio 2023 (perché ricevuta tardi e registrata a gennaio), si tratta di un disallineamento temporale. La difesa consisterà nel mostrare che la fattura non è affatto “sparita”, ma è stata comunicata appena possibile. Si produrrà la ricevuta XML di gennaio 2023 e si eccepirà che la contestazione è infondata: l’obbligo è stato correttamente adempiuto, solo che l’Ufficio ha considerato l’operazione riferita al mese precedente. In questi casi, può essere utile richiamare la giurisprudenza che evidenzia come le discrepanze temporali non possono essere sanzionate se non c’è occultamento. Ad esempio, la CTP di Avellino in un caso di dati spesometro su anni diversi diede ragione al contribuente ritenendo che lo scostamento derivava dalle regole stesse di compilazione e non da evasione . In appello quella decisione fu poi ribaltata su questioni formali, ma rimane un buon esempio di argomento.
In tutti questi casi, l’obiettivo è eliminare in radice la violazione contestata: se riesco a convincere che non c’era obbligo (o era già assolto), la sanzione deve decadere completamente per inesistenza del fatto. Si tratta quindi della difesa più forte – ma richiede che effettivamente il contribuente abbia ragione sul punto tecnico.
2. Violazione meramente formale e principio di offensività
Qualora la violazione ci sia stata, un argomento difensivo è sostenere che essa è di natura talmente formale e priva di conseguenze da non meritare sanzione. Nel diritto tributario italiano vige infatti il principio per cui le violazioni formali senza danno non sono punibili (art. 6, c.5-bis, D.Lgs. 472/97) . Una violazione è considerata “meramente formale” se non impedisce all’amministrazione di svolgere i controlli e non incide sul gettito tributario.
Nel caso dell’esterometro, è discutibile se l’omissione soddisfi questi criteri, perché in teoria ostacola il controllo automatico (l’Agenzia non vede l’operazione subito). Tuttavia, ci sono circostanze in cui si può far valere la formale innocuità: – Errore materiale evidente, subito rimediato: ad es. un importo riportato con un decimale in meno ma l’IVA è stata pagata correttamente: in sede di verifica si scopre che la comunicazione era errata ma l’operazione era regolare fiscalmente. Si può argomentare che quell’errore non ha precluso alcun controllo effettivo (magari il controllo incrociato con la liquidazione IVA non ha evidenziato nulla di incoerente) e che punirlo sarebbe eccesso di formalismo. – Doppia comunicazione alternativa: ad es. omissione esterometro ma stessi dati presenti in Intrastat o nella dichiarazione IVA. Qui si può dire: il controllo non è stato pregiudicato, perché l’amministrazione disponeva già di quei dati tramite un’altra fonte. Certo, la norma non esonera in questi casi, ma a livello di offensività si può sostenere che la violazione è solo “rituale” e non sostanziale. – Minima entità e assenza di intento elusivo: se la violazione riguarda pochissimi documenti, magari uno scontrino autofatturato tardivamente, e il contribuente ha un comportamento fiscale irreprensibile, si può invocare la non punibilità per tenuità. In analogia con il penale (dove esiste la particolare tenuità del fatto), alcuni giudici tributari considerano applicabile in via sistematica l’art. 6(5-bis) sopra citato.
Non tutte le Commissioni accettano facilmente questo ragionamento, perché c’è la tendenza a ritenere che il ritardo/omissione nell’esterometro ostacoli comunque il controllo (l’Agenzia non ha potuto incrociare i dati in tempo reale). Tuttavia, il vento sta cambiando: la giurisprudenza di legittimità e costituzionale insiste sul principio di proporzionalità e offensività. Ad esempio, la Corte Costituzionale 185/2021 ha affermato che anche le sanzioni amministrative tributarie devono essere proporzionate e valutate in concreto . Nella già citata sentenza n.46/2023, la Consulta pur respingendo una questione di legittimità, ha indicato che la sanzione dev’essere letta in modo da poter ridurre in base al comportamento del contribuente . In altre parole, se il contribuente ha posto rimedio e cooperato, ciò va considerato per attenuare la sanzione.
Un avvocato quindi potrebbe sostenere: “La mancata trasmissione, in questo caso, non ha prodotto alcun danno concreto: l’IVA è stata regolarmente versata, l’operazione è stata dichiarata altrove, e l’ufficio ne è comunque venuto a conoscenza. Applicare una sanzione in tali circostanze violerebbe i principi generali di ragionevolezza e proporzionalità (art.3 Cost.), risultando una mera pena formale priva di ratio, contraria all’art. 6 c.5-bis D.Lgs.472/97”. Si chiederà dunque al giudice di dichiarare non dovuta la sanzione per assenza di offensività, oppure in subordine di ridurla al minimo tenuto conto della particolare tenuità del fatto.
3. Errori scusabili, buona fede e incertezza normativa
Altra linea di difesa è appellarsi alla buona fede del contribuente o alla confusione normativa: – Errore scusabile del contribuente: la legge prevede (art. 6 co.3 D.Lgs 472/97) che non siano irrogate sanzioni se il contribuente ha commesso il fatto per obiettive condizioni di incertezza sulla portata della norma tributaria o per fatto determinato da forza maggiore. Nel contesto esterometro, si potrebbe citare ad esempio l’incertezza che regnava tra fine 2021 e metà 2022 sul nuovo obbligo: alcuni non avevano capito che nel primo semestre 2022 restava trimestrale e poi passava a mensile, altri pensavano bastasse la fattura elettronica opzionale… Oppure c’è stata confusione su quali tipi di documenti comunicare (notule estere, schede carburante estere, ecc.). Se si dimostra che l’errore è derivato da questa confusione oggettiva e non da negligenza, si può chiedere clemenza. Ad esempio, alcuni professionisti forfettari nel 2022 non sapevano di essere tenuti ad esterometro da luglio: la norma li ha inclusi solo in corso d’anno. Si può sostenere che la sanzione va annullata in virtù dell’affidamento incolpevole (statuto contribuente, art.10, comma 3, prevede niente sanzioni se uno ha seguito una prassi poi cambiata dall’amministrazione). – Istruzioni fuorvianti o mancanti: se l’Agenzia delle Entrate stessa ha tardato a chiarire certi aspetti, il contribuente può essersi trovato in difficoltà. Ad esempio, le specifiche tecniche del “nuovo esterometro” versione 1.7 sono uscite poco prima di luglio 2022, e non tutti i software erano pronti; oppure la FAQ sui 5 giorni per file scartato è del 2018 (per spesometro) ma non fu subito nota a tutti. Se l’errore deriva da questo (ad esempio, un file fu scartato e non fu rinviato perché il contribuente ignorava la tolleranza di 5 giorni), si può far leva sulla collaborazione e sull’assenza di volontà di violare. – Colpa del commercialista/intermediario: spesso l’omissione avviene perché il consulente fiscale ha dimenticato di effettuare l’adempimento. Purtroppo, nel nostro ordinamento “la colpa del consulente non esonera il contribuente” sul piano sanzionatorio amministrativo. La Cassazione ha più volte ribadito che l’imprenditore risponde comunque, potendo semmai agire contro il professionista per danni. Tuttavia, si può provare a far leva su equità: ad esempio allegando una dichiarazione del commercialista che ammette l’errore, e chiedendo almeno la riduzione della sanzione al minimo. Alcune CTP possono essere sensibili a questo argomento umano, anche se giuridicamente la responsabilità resta. In fase di accertamento con adesione o mediazione, però, evidenziare che c’è stata negligenza del consulente potrebbe convincere l’ufficio a un trattamento più mite (magari limitandosi al minimo edittale se non già applicato). – Forza maggiore: casi rari ma possibili – es. l’azienda ha subito un attacco informatico che ha bloccato i sistemi proprio a ridosso delle scadenze, rendendo impossibile inviare i dati; oppure un grave evento (terremoto, alluvione) ha impedito l’adempimento. In tali circostanze, la difesa è di giustificare il perché oggettivamente non si poteva fare diversamente. Spesso il legislatore interviene con proroghe ad hoc in questi casi (zone colpite da calamità), ma se non l’ha fatto, il contribuente può autonomamente invocare la forza maggiore. Se l’evidenza è forte, l’ufficio stesso in autotutela potrebbe archiviare.
4. Vizi procedurali dell’atto di contestazione
Oltre alle argomentazioni sul merito della violazione, non bisogna trascurare possibili vizi dell’atto con cui la sanzione è irrogata: – Notifica tardiva (decadenza): verificare la data di commissione della violazione e quella di notifica dell’atto. Se sono passati più di 5 anni (o il termine specifico applicabile) la sanzione è decaduta. Il computo può essere insidioso se l’omissione è considerata violazione istantanea al momento della scadenza dell’adempimento (es: omissione esterometro Q1 2019 al 30/4/2019 => termine 31/12/2024). Se notificano dopo, eccepire decadenza ex art.20 D.Lgs.472/97. Questo è un motivo di annullamento totale. – Difetto di motivazione: l’atto deve indicare chiaramente quali fatture non risultano comunicate o quali errori sono contestati, con riferimento a periodi e controparti. Se l’ufficio si limitasse a dire “non hai trasmesso esterometro per il 2020” senza dettagli, potrebbe violare l’art.7 L.212/2000 (statuto contribuente) che prescrive la motivazione. Il contribuente deve essere messo in grado di capire a cosa si riferisce la sanzione per potersi difendere . La Cassazione ha ritenuto legittimo un avviso basato su dati dello spesometro purché riporti il contenuto essenziale delle fatture mancanti . Quindi se mancano questi elementi essenziali, si può contestare. Di solito però l’Agenzia allega o elenca le operazioni contestate. – Errore nel calcolo sanzione: bisogna rifare i conti: l’ufficio potrebbe aver calcolato €2 a fattura senza applicare il tetto, oppure non aver dimezzato per invii entro 15gg. Se emergono errori a sfavore del contribuente, questo va eccepito. Spesso, ad esempio, per distrazione potrebbero aver sanzionato 300 fatture omesse in un mese con €600 (300×2) quando per legge dovevano fermarsi a €400. Un ricorso su questo è vincente: il giudice riduce alla soglia. Anche su questo profilo c’è giurisprudenza che conferma come in presenza di un tetto massimo, la sanzione eccedente è illegittima (in realtà qui il giudice semplicemente applica la legge). – Omessa valutazione delle memorie difensive: se l’iter sanzionatorio si è articolato in una fase di “contestazione” seguita da una “ordinanza-ingiunzione” (più tipico per sanzioni degli enti locali, raramente il fisco fa due atti separati), e il contribuente ha presentato delle memorie difensive in risposta, l’ufficio avrebbe l’obbligo di valutarle. La mancata considerazione può viziare il procedimento (per violazione del diritto di difesa). Questo scenario però è più comune in sanzioni extratributarie. Nel nostro caso, di solito l’Agenzia emette un unico atto definivo ex art.16 c.1 D.Lgs.472/97 (che funge sia da contestazione che da atto esecutivo se non impugnato).
5. Proporzionalità della sanzione e potere del giudice di ridurla
È un po’ la “linea di ultima istanza”. Se effettivamente la violazione c’è stata e l’atto è formalmente regolare, si può fare appello alla clemenza del giudice, sostenendo che la sanzione, pur dovuta, appare eccessiva rispetto al caso concreto, e chiedendone una riduzione. La base giuridica è duplice: – L’art. 7 del D.Lgs.472/97 prevede circostanze attenuanti: ad esempio se il contribuente ha eliminato le conseguenze della violazione (qui: ha poi inviato i dati, seppur tardi) o se ha cooperato con l’amministrazione, la sanzione può essere ridotta fino alla metà. Queste attenuanti possono essere applicate dallo stesso ufficio già in fase di irrogazione (spesso però l’Agenzia non lo fa) oppure dal giudice in sede contenziosa . – Il principio di proporzionalità, di derivazione comunitaria, è immediatamente applicabile: la Corte di Giustizia UE ha affermato che sanzioni fiscali sproporzionate vanno disapplicate. Ad esempio, in passato alcune sanzioni fisse per omessi elenchi Intrastat sono state giudicate sproporzionate rispetto all’omissione e i giudici le hanno ridotte.
Nel contesto esterometro, si potrebbe argomentare: “Il contribuente ha omesso per errore l’invio di alcuni dati, ma ha comunque registrato tutte le operazioni e pagato le imposte. La sanzione complessiva di €X risulta sproporzionata. Si chiede al giudice, in via di equità e in applicazione degli artt. 7 e 12 D.Lgs.472/97 come interpretati costituzionalmente, di ridurre la sanzione al minimo edittale per ciascuna violazione, oppure nella misura di 1/3 come se il contribuente avesse definito in sede amministrativa”. In pratica si chiede una riduzione discrezionale. Non c’è garanzia che venga accolta, ma va posta come richiesta subordinata nel ricorso (dopo gli altri motivi eventualmente assorbenti). Alcune CTR hanno mostrato apertura a ridurre sanzioni formali palesemente eccessive. Ad esempio, ci sono casi in cui, per irregolarità ripetute, la CTR ha applicato il cumulo giuridico in via analogica nonostante la legge lo escludesse, proprio per ragioni di proporzionalità (anche se ufficialmente non sarebbe corretto, viene fatto passare come “riduzione sanzione per circostanze”).
Come sponda giurisprudenziale, si cita di solito Cass. 11816/2019, Cass. 2190/2021 e pronunce della CGUE (cause C-418/14, C-210/10 ecc.) sul fatto che le sanzioni non devono eccedere il necessario. La già menzionata Consulta 46/2023 può essere citata per rimarcare il dovere di commisurare la sanzione al disvalore concreto . Certo, il giudice tributario non può riscrivere la legge, ma può applicare la norma sulle attenuanti (art.7) per dimezzare la sanzione. La Consulta ha praticamente detto che art.7 c.4 è una “valvola di sicurezza” per evitare effetti draconiani .
Giurisprudenza rilevante
Purtroppo, essendo l’esterometro obbligo relativamente recente, non abbondano sentenze specifiche sul tema. Però possiamo menzionare: – Cassazione, sez. trib., ord. n. 22714/2022: ha confermato che l’omessa comunicazione di dati (in quel caso spesometro) è sanzionabile anche se l’IVA è stata assolta, trattandosi di adempimento autonomo. Rigettava l’idea di non punibilità solo perché formale, ma apriva alla riduzione sanzione se irragionevole (richiamando il principio di proporzionalità). – Cassazione penale, sent. n. 39960/2019: in ambito penale, ma citata per dire che i dati dello spesometro hanno valenza probatoria nei controlli (quindi la loro mancanza può ostacolare accertamenti) . Questo a sfavore del contribuente, perché avvalora l’importanza dell’obbligo. – CTR Lombardia, sent. n. 1659/2022 (21/04/2022): ha respinto l’appello di un contribuente, confermando sanzioni per omesso esterometro, e condannandolo alle spese . Non conosciamo le motivazioni, ma presumibilmente ha ritenuto corretto l’operato dell’ufficio. – Cass. n. 9999/2025 (penale): riportata su fonti non ufficiali, avrebbe sancito che i dati dello spesometro possono costituire prova anche in processi penali tributari . Questo indirettamente rafforza la tesi che l’esterometro è utile al Fisco e quindi la sua omissione è presa sul serio. – CTP Reggio Emilia, 2021 (inedita): viene citata in dottrina per aver annullato un accertamento basato su dati comunicati, perché l’ufficio aveva ignorato costi correlati. Non riguarda direttamente sanzioni, ma indica la tendenza di alcuni giudici a scrutinare la correttezza del Fisco nell’utilizzo dei dati.
In definitiva, la giurisprudenza specifica in materia di sanzioni esterometro è scarsa e tendenzialmente non favorevole (quando c’è, di solito ha confermato le sanzioni a meno di evidenti errori del Fisco). Tuttavia, molte pronunce generali su sanzioni tributarie e principi di diritto offrono strumenti difensivi. Il successo in giudizio dipenderà molto dalla bontà del caso concreto e dalla sensibilità del collegio giudicante. Ad esempio, un giudice potrebbe essere colpito dall’idea di multare per €400 qualcuno che ha versato milioni di IVA regolarmente solo perché ha tardato un file – potrebbe percepirlo come ingiusto e trovare il modo di ridurre. Un altro giudice più formalista dirà “la legge prevede la sanzione, punto”.
Esempio pratico: simulazione di un contenzioso sull’esterometro
Per concretizzare quanto detto, vediamo una simulazione di contenzioso, con protagonisti un contribuente (debitore) e il Fisco, passo per passo:
Scenario: La Alfa Srl, società di impianti industriali, nel 2023 acquista macchinari dalla Germania (operazioni intracomunitarie) e riceve servizi di consulenza dagli USA. A causa di un disguido con il nuovo gestionale, la società non invia l’esterometro per alcuni mesi del 2023 (luglio, agosto, settembre). Si accorge a ottobre 2023 dell’omissione e trasmette subito via SDI tutte le autofatture mancanti per quei mesi, ma non versa le sanzioni pensando di aver risolto tutto. Nel luglio 2024, l’Agenzia delle Entrate le notifica un Atto di contestazione in cui irroga sanzioni per omessa comunicazione: €400 per luglio, €400 per agosto, €400 per settembre, totale €1.200, ridotti a €800 se paga entro 60gg (1/3 di 1200 ≈ 400, sembra stiano offrendo 2/3? In realtà per acquiescenza la formula è 1/3 del max edittale complessivo, ipotizziamo 1200 edittale, 400 ridotto – teniamo coerente: diciamo che l’ufficio ha considerato ridotto già i 15gg? Forse complicato. Vabbè, totale 1200, offerta pagamento definito 400 entro 60gg, che è un terzo).
La Alfa Srl si rivolge a un avvocato. Cosa fare? – Innanzitutto l’avvocato verifica che effettivamente l’omissione c’è stata per quei mesi e che Alfa ha inviato tardi i dati (ottobre). Rileva che l’ufficio sta applicando 400€ a mese, cioè il massimo, segno che le fatture non comunicate erano >200 in ciascun mese? Oppure semplicemente appena superato 200€ di sanzioni. – L’avvocato nota però che Alfa Srl ha inviato spontaneamente i dati a ottobre, quindi prima della contestazione. Ciò equivale a una regolarizzazione spontanea (anche se parziale, perché non ha pagato le sanzioni). Questo potrà essere usato per chiedere clemenza (circostanza attenuante). – Si considera la via breve: pagare €400 e chiudere. Ma Alfa ritiene la sanzione ingiusta, perché di fatto l’IVA sugli acquisti intra-UE l’hanno versata (con integrazioni) e i fornitori esteri erano tutti in regola. Decide di ricorrere.
Ricorso: L’avvocato presenta ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria provinciale entro 60 giorni. Nei motivi di ricorso argomenta: 1. Violazione formale non punibile: evidenzia che la società ha comunque presentato tutte le autofatture seppur con ritardo di circa un mese, e che l’IVA è stata assolta tempestivamente. Quindi il controllo non è stato compromesso in modo significativo; l’omissione è di natura meramente formale e, ai sensi dell’art.6 co.5-bis D.Lgs.472/97, non andrebbe sanzionata. Richiama principi di offensività e proporzionalità, nonché la cooperazione successiva della società (che prima della contestazione aveva già inviato i dati, mancando solo il versamento sanzionatorio). 2. In subordine, sproporzione della sanzione: €1.200 (o anche 800) appare sproporzionato rispetto all’unico mese di ritardo. Chiede l’applicazione dell’attenuante di cui all’art.7 D.Lgs.472/97 in quanto il contribuente ha eliminato le conseguenze (ha inviato i dati ad ottobre 2023, prima dell’ispezione). Domanda quindi che la sanzione sia ridotta almeno della metà o nella misura ritenuta equa dal giudice. 3. Errore nel computo (eventuale): poniamo che l’ufficio avesse contato una fattura due volte, portando la multa a 400 quando magari erano 180€ di sanzione: l’avvocato controlla e se trova incongruenze, lo segnala come motivo. 4. Richiesta istruttoria: allega copie delle autofatture inviate e ricevute di ottobre 2023 per provare la cooperazione. Chiede eventualmente di escutere il responsabile amministrativo per confermare che fu un problema tecnico poi risolto. 5. Istanza di sospensione: Dato che l’atto è solo sanzione e non c’è iscrizione a ruolo immediata (le sanzioni tributarie se non pagate diventano cartella solo dopo sentenza definitiva), non c’è pericolo imminente di esecuzione. L’avvocato potrebbe non chiedere sospensione. Se invece quell’atto comportasse già iscrizione a ruolo (in alcuni casi se non impugni possono dopo 60gg iscrivere a ruolo), si potrebbe chiedere sospensiva evidenziando la probabile fondatezza del ricorso e il danno (ma su 1200€ di solito non si concede sospensione, riservata a importi elevati).
Difesa dell’ufficio: L’Agenzia si costituisce sostenendo che la violazione c’è stata, il ravvedimento non è stato perfezionato (manca pagamento), e che la legge è chiara nel sanzionare. Cita magari la ratio antievasione dell’obbligo: se uno non comunica, potrebbe nascondere fatture, quindi la sanzione è giustificata per deterrenza. Sulla proporzionalità, dirà che il legislatore ha già ridotto a 2€ a fattura con tetto, segno di proporzionalità; ulteriori riduzioni non sono previste se non col pagamento in misura ridotta (che Alfa ha rifiutato).
Esito ipotetico: La Corte di Giustizia Tributaria di primo grado esamina il caso. Possibili esiti: – Ipotesi A: la Corte accoglie parzialmente il ricorso, riconoscendo le attenuanti. Potrebbe ad esempio ridurre la sanzione del 50%, portandola da 1200 a 600€, e condannare ciascuno alle proprie spese. Motivazione: “Considerato che la contribuente ha provveduto spontaneamente, seppur tardivamente, all’invio dei dati prima della contestazione e che nessun rilevante pregiudizio è derivato all’erario, si ritiene equo applicare l’art.7 D.Lgs.472/97 riducendo della metà le sanzioni. Per il resto, la violazione sussiste e la sanzione, così rideterminata, rispetta il principio di proporzionalità”. Alfa Srl potrebbe accettare questo compromesso o appellare per azzerare tutto, ma con rischio. – Ipotesi B: la Corte rigetta il ricorso, ritenendo che la legge non consente l’esimente formale in questo caso e che 1200€ non è sproporzionato perché addirittura riducibile a 400€ se pagato subito (insinuando che Alfa avrebbe dovuto aderire). Conferma quindi le sanzioni. A questo punto Alfa valuterebbe appello in secondo grado. – Ipotesi C: la Corte accoglie in toto il ricorso annullando le sanzioni. Potrebbe farlo sposando la tesi della non punibilità per particolare tenuità, o magari rilevando un vizio dell’atto (es. notifica tardiva, ma nel nostro esempio non c’è). Sarebbe un successo pieno per Alfa, ma attenzione: se il Fisco appellasse e la CTR ribaltasse, poi Alfa rischierebbe sanzione piena più interessi.
Questa simulazione mostra come nel contenzioso tributario non ci sia mai certezza assoluta sull’esito, soprattutto su questioni di principio. La difesa ben impostata può portare a risultati positivi (riduzioni, annullamenti parziali), ma molto dipende dalla discrezionalità del giudice nel valutare proporzionalità e buona fede.
Modelli pratici di atti difensivi e comunicazioni
In questa sezione forniamo alcuni fac-simile utili: un modello di istanza di autotutela da inviare all’Agenzia delle Entrate per chiedere l’annullamento/revisione della sanzione prima o durante il contenzioso, e un schema di ricorso/memoria difensiva da utilizzare in Commissione Tributaria (Corte di Giustizia Tributaria). Questi modelli vanno adattati al caso specifico, ma offrono una traccia del linguaggio e dei contenuti appropriati, di livello avanzato ma comprensibile.
Fac-simile di istanza di autotutela all’Agenzia delle Entrate
Da utilizzare quando si ritiene che la sanzione sia manifestamente indebita (es. errore di calcolo, doppia imposizione, esclusione non considerata) o per presentare elementi che possano indurre l’ufficio a riesaminare la posizione. L’istanza va inviata preferibilmente a mezzo PEC all’Ufficio territoriale che ha emesso l’atto, prima di presentare ricorso (o anche dopo, ma l’ufficio difficilmente interviene se la questione è sub iudice).
Alla cortese attenzione dell’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di ____
Ufficio Controlli/Sanzioni (o ufficio competente indicato nell’atto)
Oggetto: Istanza di annullamento/revisione in autotutela – Provvedimento di irrogazione sanzioni n. __ notificato il __ – Violazione esterometro
Il sottoscritto ________________, nato a ___ il ___, in qualità di legale rappresentante della ________________ (C.F./P.IVA ____________), con sede in ____________,
espone quanto segue:
– In data __/__/** ho ricevuto la notifica dell’atto in oggetto, con il quale codesto Ufficio contesta alla società rappresentata la violazione di omessa/errata comunicazione dei dati delle operazioni transfrontaliere (cd. “esterometro”) riferite al periodo ________, irrogando la sanzione amministrativa pari ad € ______.
– Premesso sin d’ora che la scrivente intende comunque conformarsi alle prescrizioni normative, con la presente istanza si desidera sottoporre all’attenzione dell’Ufficio alcuni elementi di fatto e di diritto che potrebbero indurre a una rivalutazione del provvedimento in sede di autotutela, ai sensi dell’art. 2-quater, D.L. 564/1994 (L. 656/1994) e art. 68 DPR 287/1992.
**1) Insussistenza (o cessazione) della violazione contestata:**
Dal controllo interno effettuato, risulta che la pretesa sanzionatoria si fonda sull’assunta omissione dell’esterometro per [es. il mese di agosto 2022]. Tuttavia, si fa presente che le operazioni estere di tale periodo **non erano soggette all’obbligo comunicativo**, in quanto [**motivazione**: es. “si tratta esclusivamente di importazioni documentate da bolle doganali, come da documenti allegati, rientranti tra i casi di esclusione ex art. 1 co.3-bis D.Lgs.127/2015”]. Pertanto, la contestazione si basa su un presupposto errato di fatto e di diritto. Si allegano copia delle bolle doganali n. XXX del __/08/2022, attestanti l’assolvimento dell’IVA all’importazione e l’esenzione da esterometro . Alla luce di ciò, si richiede l’annullamento dell’atto per inesistenza della violazione.
**2) Errore nel calcolo della sanzione:**
Si rileva che, anche volendo configurare la violazione, l’importo sanzionato risulta calcolato oltre i limiti di legge. In particolare, l’atto indica una sanzione di € 600,00 per il trimestre Q4 2021, a fronte di 50 fatture omesse. Si rammenta che l’art. 11, c.2-bis D.Lgs.471/97 (nella versione pro-tempore) prevedeva un massimo di € 500 per trimestre in caso di invio entro 15 gg . Dalle evidenze emerge che la società ha trasmesso i dati seppur con un lieve ritardo di 10 giorni (invio effettuato il 10/02/2022 per il trimestre Q4 2021, come da ricevuta SDI allegata). Conseguentemente, doveva applicarsi la sanzione ridotta (massimo € 500), ulteriormente suscettibile di riduzione per ravvedimento. L’atto in autotutela potrebbe quindi rettificare l’importo, riducendolo quanto meno a € 500 (ove non annullarlo del tutto per intervenuto ravvedimento, v. punto seguente).
**3) Intervenuta regolarizzazione spontanea (ravvedimento operoso):**
Si evidenzia che prima della notifica dell’atto impugnato, la società aveva già provveduto a regolarizzare la propria posizione: in data __/__/__ sono state trasmesse telematicamente le comunicazioni mancanti (esterometro) e, contestualmente, in data __/__/** è stato eseguito versamento di € ___ a titolo di sanzione ridotta con F24 (copia allegata) – ravvedimento ex art.13 D.Lgs.472/97. Tale circostanza potrebbe non essere stata presa in considerazione dall’Ufficio. In base ai principi di economicità e buon andamento, nonché all’art. 13 citato, il ravvedimento perfezionato rende non dovute ulteriori sanzioni. Si chiede dunque l’annullamento dell’atto, in quanto emesso nonostante l’avvenuta definizione spontanea della violazione da parte del contribuente.
**4) Elementi di buona fede e carenza di offensività:**
In via subordinata, si fa presente che la violazione contestata è frutto di un mero errore formale senza intenti evasivi. Tutte le operazioni in questione erano state contabilizzate e dichiarate correttamente ai fini IVA; il mancato invio dei relativi esterometri non ha arrecato alcun pregiudizio all’attività accertativa (principio di non punibilità delle violazioni formali di cui all’art. 6 co.5-bis D.Lgs.472/97). La società ha agito in buona fede, confidando (erroneamente) che [ad es. “l’invio delle fatture elettroniche potesse esonerare dall’esterometro”]. Considerato ciò, ove non si ritenga di annullare l’atto, si invita quantomeno l’Ufficio a riesercitare il potere dell’autotutela riducendo la sanzione al minimo edittale, riconoscendo le circostanze attenuanti (art. 7 D.Lgs.472/97) e la collaborazione post-violazione.
**Conclusioni:**
Alla luce delle argomentazioni sopra esposte e della documentazione allegata, il sottoscritto istante **chiede** che codesto Spettabile Ufficio voglia:
– annullare in autotutela, totale o parziale, il provvedimento sanzionatorio n. ___ del __/__/__ per insussistenza dei presupposti ovvero per errore manifesto di calcolo;
– in subordine, ridurre la sanzione irrogata nei limiti minimi di legge, tenuto conto della buona fede e della regolarizzazione spontanea effettuata.
Si confida in un favorevole riscontro, restando a disposizione per eventuali chiarimenti o integrazioni.
Luogo, data.
Firma
(nome e cognome del legale rappresentante o procuratore)
Note: Questo modello va integrato con i dettagli specifici del caso (dati atto, importi esatti, motivi precisi). L’istanza di autotutela non sospende i termini di ricorso: conviene comunque presentare ricorso entro 60 giorni se non si ha risposta positiva immediata. Spesso l’autotutela in materia di sanzioni viene usata per errori grossolani (ad es. sanzione calcolata male) o se l’ufficio si rende conto di aver notificato a soggetto sbagliato, ecc. In casi di interpretazione (buona fede, ecc.) è raro che l’AE annulli, ma tentar non nuoce – talvolta, in sede di mediazione, l’ufficio può accogliere parzialmente i rilievi.
Schema di ricorso in Commissione Tributaria (Corte di Giustizia Tributaria)
Di seguito proponiamo uno schema di ricorso (primo grado) avverso un atto di irrogazione sanzioni per esterometro, con struttura domanda-risposta che evidenzia i punti salienti:
Ricorso innanzi alla Corte di Giustizia Tributaria di Primo Grado di ________
Ricorrente: Società XYZ S.r.l., C.F./P.IVA _________, con sede in ________, in persona del legale rappresentante pro tempore Sig. ________, elettivamente domiciliata in ________ presso lo studio dell’Avv. ________ (C.F. ________, fax ____ PEC _____) che la rappresenta e difende giusta procura in calce al presente atto;
Resistente: Agenzia delle Entrate – Ufficio Territoriale di ________ (provvedimento impugnato emesso dalla Direzione Provinciale di ________);
**Oggetto:** impugnazione del Provvedimento di irrogazione sanzioni n. ___/_____ del ______, notificato il ______, relativo a sanzioni per omessa/irregolare comunicazione operazioni transfrontaliere (esterometro).
**Fatti in breve:**
– In data ______ l’Ufficio ha notificato alla Società ricorrente un atto (All.1) con cui irroga sanzioni per complessivi €_____, sostenendo che la società avrebbe omesso/ritardato l’invio dei dati relativi a fatture estere del periodo ______.
– In particolare, l’atto elenca n.__ fatture di vendita verso l’estero e n.__ fatture di acquisto dall’estero, per le quali la trasmissione dei dati sarebbe avvenuta oltre i termini di legge (dettaglio in All. A all’atto impugnato).
– La ricorrente, pur avendo effettivamente trasmesso con ritardo i dati in questione (in data ___, rispetto alla scadenza del ___), rileva che tutte le operazioni erano regolarmente contabilizzate e dichiarate ai fini IVA, e che il ritardo è dipeso da cause eccezionali (malfunzionamento del software di interscambio).
– Prima della notifica dell’atto, la società aveva provveduto ad effettuare un invio integrativo dei dati mancanti e a predisporre il pagamento delle sanzioni ridotte (ravvedimento), tuttavia il pagamento non risulta agli atti dell’ufficio (non essendo stato perfezionato per un errore formale di compensazione in F24).
**Diritti del contribuente violati:**
La società ritiene l’atto sanzionatorio parzialmente illegittimo e comunque meritevole di riesame per i seguenti motivi in diritto.
**Motivi di ricorso:**
1. **Violazione di legge – Erronea applicazione dell’art. 11 D.Lgs.471/97 – Insussistenza della violazione per operazione esclusa dall’obbligo.**
(Spiegazione: alcune operazioni contestate non andavano comunicate)
**Dettaglio:** L’ufficio ha sanzionato anche la mancata comunicazione di n.2 fatture emesse verso un privato extra-UE di importo modesto (operazioni fuori campo IVA per €300 ciascuna). Tali operazioni, ai sensi dell’art.1 comma 3-bis D.Lgs.127/2015 e dei chiarimenti di prassi, **non erano soggette a esterometro** in quanto di importo < €5.000 e non rilevanti territorialmente ai fini IVA . Sanzionarle costituisce violazione del principio di legalità: si applica una sanzione al di fuori delle ipotesi previste. Pertanto l’atto impugnato è illegittimo nella parte in cui include dette operazioni. (Si chiede l’annullamento parziale corrispondente ad €4 di sanzioni indebitamente irrogate, oltre accessori).
2. **Violazione degli artt. 6 co.5-bis e 10 Statuto Contribuenti – Carenza di offensività e buona fede – Non punibilità della violazione meramente formale.**
(Spiegazione: il ritardo non ha inciso sul controllo né sull’obbligo tributario, dunque niente sanzione)
**Dettaglio:** La ricorrente evidenzia che il mancato invio nei termini è frutto di un errore tecnico e **non ha comportato alcun danno all’Erario**. Tutte le fatture estere in oggetto sono state comunque comunicate (seppur con lieve ritardo) e l’IVA relativa agli acquisti intracomunitari è stata regolarmente liquidata e versata. Si tratta quindi di una violazione puramente formale, che **non ha ostacolato l’attività di controllo** in modo sostanziale né arrecato pregiudizio all’accertamento dell’imposta dovuta. In base all’art. 6, c.5-bis, D.Lgs.472/97, **“non sono punibili le violazioni che non arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo…”** . Nel caso di specie la tardiva comunicazione è stata spontaneamente sanata prima di qualunque richiesta da parte dell’Ufficio, evidenziando la buona fede della società (art. 10, co.3 L.212/2000). Si richiama il principio affermato dalla Corte Costituzionale n. 185/2021 sulla necessità di commisurare la sanzione alla concreta offensività del fatto . Si chiede pertanto l’annullamento totale delle sanzioni, in quanto la violazione può ritenersi non punibile per le ragioni suesposte.
3. **Violazione del principio di proporzionalità (art. 3 Cost. e art. 5 TUE) – Eccessiva entità della sanzione rispetto alla gravità del ritardo.**
(Spiegazione: multa troppo alta per un ritardo di pochi giorni, chiediamo riduzione)
**Dettaglio:** In subordine rispetto ai motivi precedenti, si evidenzia che la sanzione applicata (€2 per fattura, totalizzando €___) risulta manifestamente sproporzionata rispetto all’entità della violazione. Il ritardo accumulato è stato di soli __ giorni oltre la scadenza, in un contesto di primo periodo di applicazione della nuova normativa. La Corte di Giustizia UE ha costantemente affermato che le sanzioni tributarie devono rispettare il **principio di proporzionalità** (cause UE C-418/14, C-210/10, etc.), ed anche la Consulta ha recentemente ribadito che va assicurata un’adeguatezza caso per caso . Nel caso di specie, punire con il massimo edittale mensile (€400) un ritardo lieve appare irragionevole. Pertanto, si invita il Giudice a ridurre la sanzione entro limiti equi, ad esempio applicando l’art.7 D.Lgs.472/97 (circostanze attenuanti generiche) per dimezzarla, ovvero quanto meno ad €1 per fattura (come se la regolarizzazione fosse avvenuta entro 15 gg dalla scadenza).
4. **Errore di calcolo – Violazione art. 11 D.Lgs.471/97 – Sanzione oltre il limite mensile.**
(Spiegazione: l’ufficio ha superato il tetto mensile per ogni mese violato)
**Dettaglio:** Dall’esame analitico dell’atto impugnato risulta che per il mese di settembre 2022 sono state sanzionate 250 fatture per un totale di €500 (250×2€). Ciò contrasta con la chiara previsione normativa secondo cui la sanzione massima per mese è €400 . L’importo irrogato eccede di €100 il limite edittale. L’atto è dunque illegittimo per violazione di legge e va annullato/rettificato in parte qua. (Su questo punto l’Ufficio stesso, investito dell’istanza di autotutela, non ha formulato controdeduzioni).
**Provvedimenti richiesti:**
Alla luce di tutti i motivi esposti, la Società ricorrente **chiede**:
– In via principale, l’annullamento dell’atto impugnato e delle sanzioni ivi irrogate, per insussistenza o non punibilità della violazione contestata (motivi 1 e 2).
– In via subordinata, la rideterminazione delle sanzioni in misura ridotta secondo equità e legge, ad es. nella misura minima (motivi 3 e 4), con ogni conseguente statuizione di legge.
– In ogni caso, vittoria di spese del giudizio.
Si allegano i seguenti documenti:
1) Copia del provvedimento impugnato,
2) Ricevute di trasmissione esterometro tardive (ottobre 2022),
3) Modello F24 preparato per ravvedimento (non andato a buon fine)
4) Documentazione operazioni escluse (fatture export allegate),
5) Estratto contabilità IVA 2022 della società (prova versamenti IVA relativi).
Istanza di pubblica udienza: Si richiede, ai sensi di legge, la trattazione in pubblica udienza stante la novità delle questioni giuridiche sollevate (principio di proporzionalità sanzioni) e l’opportunità di illustrarle oralmente.
Luogo, data.
Firma del ricorrente e del difensore
Procura alle liti a margine/seguito
Commento: Il ricorso è strutturato con più motivi, alcuni principali (per far cadere del tutto la sanzione) e altri subordinati (per ottenere riduzioni). Nella pratica, non tutti i motivi potrebbero sussistere insieme; qui li abbiamo inseriti come esempio di possibili argomenti. È cruciale adattare le motivazioni al caso concreto: non si dovrebbe invocare art.6(5-bis) a sproposito se effettivamente il controllo è stato pregiudicato. Ugualmente, l’errore di calcolo va indicato solo se reale. Le allegazioni di prova (ricevute SDI, estratti contabili) servono a sostenere i fatti (es. che i dati furono inviati anche se tardi, che l’IVA fu pagata ecc.).
Notare l’istanza di pubblica udienza: è facoltativa, ma in casi complessi può aiutare a spiegarsi davanti al giudice. Dal 2023 la riforma prevede la regola generale dell’udienza solo se richiesta.
Memorie difensive successive: Dopo il ricorso introduttivo, in base al processo tributario telematico, si possono depositare memorie e repliche. In una memoria successiva, ad esempio, si potrebbe citare una nuova sentenza di Cassazione uscita nelle more (es. Cass. 28077/2024) che supporta la tesi del ricorrente sulla proporzionalità delle sanzioni . È sempre utile aggiornare il collegio su eventuali novità giurisprudenziali pertinenti.
Domande frequenti (FAQ) su esterometro e difesa dalle sanzioni
D1: L’esterometro è ancora obbligatorio nel 2025?
R: Sì. Dal 1° luglio 2022 l’esterometro consiste nell’invio tramite Sistema di Interscambio dei dati di ogni fattura estera emessa o ricevuta . Quindi, anche nel 2025, chi opera con l’estero deve continuare a trasmettere questi dati. È cessato l’obbligo del vecchio invio trimestrale, ma è in vigore la “comunicazione estera” integrata nel sistema fattura elettronica. In pratica, nel 2025 devi emettere fattura elettronica (codice XXXXXXX) per i clienti esteri e un’autofattura elettronica per gli acquisti esteri: così adempi l’obbligo. Restano esclusi dall’obbligo solo i casi particolari (bolle doganali, fatture elettroniche già inviate, acquisti fuori campo IVA < €5.000) .
D2: Sono un professionista in regime forfettario: devo inviare l’esterometro?
R: Sì, dal 1° luglio 2022 anche i forfettari (prima esclusi dalla fattura elettronica) sono tenuti a comunicare le operazioni con l’estero . In pratica, se emetti fattura a un cliente estero, devi inviarla via SdI (puoi usare il formato FatturaPA anche da forfettario). Se ricevi una fattura estera (ad esempio servizi da un fornitore extra-UE), devi trasmettere un’autofattura elettronica. Fai attenzione: nel 2022 c’è stata tolleranza per chi era nuovo all’obbligo, ma ora la disciplina è a regime.
D3: Ho emesso una fattura elettronica verso un cliente UE con partita IVA, devo fare anche l’esterometro?
R: No, se hai emesso regolarmente la e-fattura tramite SdI, non devi duplicare l’operazione nell’esterometro . La trasmissione via SdI infatti rende l’operazione già nota all’Agenzia. Ricorda solo che per le cessioni intracomunitarie devi comunque compilare l’Intrastat. Ma l’esterometro no, sarebbe un doppione. Un errore comune era inviare comunque il dato attraverso il vecchio esterometro: oggi non serve, potrebbe anzi generare confusione (doppia segnalazione).
D4: Cosa succede se dimentico di inviare un esterometro o lo invio in ritardo?
R: Incorri in una sanzione amministrativa di 2 euro per ogni fattura non comunicata o comunicata tardi, fino a un massimo di 400 euro per ogni mese (dal 2022; prima era 1.000 €/trimestre) . Se però invii i dati entro 15 giorni dal termine, la sanzione è dimezzata a 1 euro a fattura (max 200 €/mese) . Inoltre, se ti accorgi dopo il 15° giorno, puoi comunque sanare col ravvedimento operoso pagando una frazione ridotta della sanzione (ad es. 1/9 se entro 90 gg) . Quindi, in caso di dimenticanza, agisci subito: trasmetti i dati mancanti e paga la sanzione ridotta spontaneamente. Se fai tutto prima che il Fisco ti contesti l’errore, eviti il grosso del problema.
D5: Mi sono accorto di aver indicato un importo sbagliato in un esterometro già inviato. Come correggo?
R: Dal 2022, per correggere un dato trasmesso via SDI, non c’è un “esterometro integrativo” vero e proprio, ma devi utilizzare i documenti di rettifica nel formato elettronico. In pratica: – Se hai sbagliato una fattura attiva inviata (es. importo errato), devi emettere una nota di credito o una fattura correttiva elettronica. – Se hai sbagliato una autofattura/integrazione per acquisto (TD17/18/19), l’Agenzia consiglia di emettere un documento TD20 di tipo “autofattura di regolarizzazione” per stornare i dati errati, e poi reinviare correttamente con un nuovo TD17/18/19 . In alternativa, alcuni errori possono essere corretti semplicemente reinviando la fattura con lo stesso numero e data (ma rischi di duplicare). Conviene seguire le indicazioni ufficiali: ad esempio, mettere “STORNO” nella descrizione e inserire il riferimento al file precedente. In ogni caso, se la correzione avviene entro 15 giorni, come detto la sanzione è dimezzata, e col ravvedimento anche ulteriormente ridotta. Tecnicamente, l’Agenzia incrocia i file: se vede due comunicazioni per la stessa fattura (una errata e una corretta), di solito considera valida l’ultima e non sanziona se la correzione è tempestiva.
D6: L’Agenzia delle Entrate mi ha contestato un esterometro omesso. Posso ancora fare ravvedimento?
R: No, una volta notificato l’atto di contestazione, il ravvedimento non è più ammesso (dovevi farlo prima) . A questo punto, hai due opzioni: – Pagare la sanzione con lo sconto per acquiescenza (di solito 1/3 del totale irrogato) entro 60 giorni , chiudendo la questione senza contenzioso. – Oppure presentare ricorso in Commissione Tributaria (entro 60 giorni) per provare a farla annullare o ridurre. Se scegli di ricorrere, perdi l’opportunità dello sconto 1/3, ma puoi eventualmente trovare un accordo in mediazione o conciliazione con una riduzione (spesso il 50%). Va valutata la convenienza: per importi piccoli, spesso pagare il terzo è la via più economica; per questioni di principio o sanzioni più rilevanti, il ricorso può valere la pena.
D7: Qual è il termine entro cui il Fisco può farmi una multa per esterometro omesso?
R: Le sanzioni tributarie devono essere irrogate entro certi termini di decadenza. Nel caso di esterometro, parliamo di violazione formale non collegata a un tributo specifico, quindi si applica il termine generale di cui all’art. 20 D.Lgs.472/97: 5 anni dall’anno in cui è avvenuta la violazione. Ad esempio, se hai omesso esterometro di aprile 2020, l’ufficio ha tempo fino al 31 dicembre 2025 per notificarti la sanzione. Dopo, non può più legalmente farti la multa (eventualmente potrai eccepire la decadenza in ricorso). Se invece la violazione concorre con un reato tributario grave, i termini potrebbero allungarsi, ma per l’esterometro in sé non ci sono reati. Dunque 5 anni è lo standard. Tieni presente però che se l’omissione si protrae su più periodi, contano i singoli periodi: un 2019 omesso decade a fine 2024, un 2020 a fine 2025, e così via.
D8: Cosa rischio se sbaglio l’esterometro? Ci sono conseguenze penali o sul rimborso IVA?
R: No, le conseguenze sono solo amministrative pecuniarie. L’errore/omissione dell’esterometro non configura reato (non è come omettere la dichiarazione IVA o occultare contabilità). Inoltre, non influisce sui rimborsi o sulla detrazione IVA. Questo lo ha chiarito anche l’Agenzia: il tardivo invio è una violazione formale che non incide sul diritto alla detrazione né sul dovere di versamento dell’imposta dovuta . Quindi, se dimentichi un esterometro di un acquisto, non perdi la detraibilità di quell’IVA (a patto che hai fatto l’integrazione contabile). Allo stesso modo, se ometti esterometro di vendite, non è che quelle operazioni diventano imponibili IVA all’improvviso o che scatta una presunzione di evasione – di per sé no, anche se ovviamente se uno omette di comunicare potrebbe anche non aver dichiarato i ricavi, e lì sarebbe altro discorso. In sintesi: niente penale, niente sanzioni accessorie particolari (non ti chiudono la partita IVA o simili), solo la multa in denaro. Occhio però: se accumuli tante violazioni formali, l’Agenzia potrebbe considerarti contribuente “non affidabile” e rendere più probabili controlli.
D9: Il mio commercialista non ha inviato l’esterometro ed è arrivata la multa a me. Posso fare qualcosa?
R: Dal punto di vista fiscale, l’obbligato sei tu (la tua società). Quindi devi gestire la difesa e/o pagamento della sanzione con l’Agenzia. Non puoi addurre come scusa “ci ha pensato il commercialista” per evitare la sanzione – la legge impone l’adempimento al contribuente, che può delegare un intermediario ma ne risponde comunque. Quello che puoi fare, dopo, è rivalerti civilmente sul commercialista per il danno. Se c’è un accordo scritto, verifica le clausole di responsabilità. Spesso i professionisti hanno polizze assicurative che coprono i danni da errori. Potresti ottenere dal commercialista il rimborso delle sanzioni pagate (o almeno in parte). Alcuni, in via bonaria, si offrono di pagare la multa se riconoscono l’errore. Comunque, nel frattempo, valuta di fare ravvedimento tu stesso appena scoperto l’errore, per minimizzare la sanzione – e poi ne chiedi conto al consulente. In Commissione Tributaria, provare a dare la colpa al consulente raramente porta all’annullamento della sanzione, però se documenti che hai sempre fornito tutti i dati in tempo al professionista, potresti ottenere dal giudice una riduzione sanzione in considerazione della tua buona fede e della colpa altrui (non c’è garanzia, dipende dalla sensibilità del collegio).
D10: Se il Sistema di Interscambio scarta il file esterometro, ho qualche margine di tolleranza per reinviarlo?
R: Sì. L’Agenzia ha esteso all’esterometro la stessa regola prevista per le dichiarazioni: 5 giorni per reinviare senza sanzioni . Quindi, se hai trasmesso il file entro la scadenza ma questo viene scartato (per errori formali), hai fino a 5 giorni dalla ricevuta di scarto per sistemare e rimandare. In tal caso, l’invio si considera tempestivo . Ad esempio, scadenza 31 luglio, mandi il 30 luglio ma il file viene scartato il 31: hai fino al 5 agosto per rimandarlo corretto e sarai considerato nei termini. Se invece lo invii dopo i 5 giorni, sarà tardivo (ma se dentro 15 gg, sanzione dimezzata). È importante monitorare le ricevute SDI: non dare per scontato che “nessuna notizia, buona notizia”. Controlla sempre che i file risultino accettati; se uno risulta scartato e non te ne accorgi, passati i 5 giorni quell’invio manca e scatteranno le sanzioni come omissione.
D11: Le violazioni esterometro rientrano nella “definizione agevolata” delle liti o in altri condoni?
R: Ci sono stati due casi recenti: – La sanatoria delle irregolarità formali 2023: come detto, pagando 200€ per anno si potevano sanare, tra le altre, le omissioni di esterometro fino al 2022 . Chi ha aderito non rischia più sanzioni su quelle violazioni. – La definizione agevolata delle liti pendenti 2023 (L.197/2022) permetteva, per i ricorsi pendenti al 1° gennaio 2023, di chiudere pagando il 40% del valore se si era perso in primo grado, 15% se si era vinto ecc. Questo riguarda tutte le liti tributarie, quindi anche un’eventuale lite sulle sanzioni esterometro. Non è un condono automatico, va presentata domanda e pagato il dovuto. Ad oggi (2025) quelle definizioni sono chiuse. In futuro, se ci fossero nuove definizioni agevolate, verosimilmente includerebbero le liti su sanzioni. – Aggiungo: con la riforma 2024 c’è l’istituto della rinuncia agevolata in appello per le sole sanzioni, pagando 1/5 se il Fisco perde in primo grado. Dipende da quando si applica.
In generale, quindi, sì, anche le sanzioni formali possono essere oggetto di definizioni agevolate quando il legislatore le prevede. Occorre tenere d’occhio eventuali nuove norme di “tregua fiscale”. Nel frattempo, gli strumenti ordinari rimangono ravvedimento e conciliazione giudiziale (in giudizio ci si può accordare col Fisco per chiudere la lite magari a metà sanzione, a discrezione delle parti).
D12: In sede di controllo fiscale (es. verifica Guardia di Finanza), possono contestarmi l’esterometro?
R: Sì, durante un accertamento o una verifica, i funzionari controllano anche gli adempimenti formali. Se trovano esterometri omessi, lo verbalizzano. A volte inseriscono la violazione nel Processo Verbale di Constatazione (PVC) e la sanzione viene poi irrogata con apposito atto dall’AE. Puoi in quella fase presentare osservazioni difensive entro 60 giorni dal PVC (D.Lgs. 218/97) per cercare di evitare l’irrogazione. Ad esempio, potresti far presente che hai già ravveduto tutto (allega F24 pagati) oppure che i dati erano in possesso del Fisco per altra via. Se le tue osservazioni convincono, l’Ufficio in sede di emanazione dell’atto finale potrebbe archiviare o attenuare. Se non convincono, avrai comunque anticipato la tua difesa (e forse l’atto ne darà conto). Ricorda: se il PVC contiene anche rilievi di imposte evase, puoi aderire per quelle (ma sulle sole sanzioni formali non c’è adesione). Potresti comunque proporre, durante l’adesione sulle imposte, di includere anche le sanzioni formali in un accordo forfettario. Dipende dalla disponibilità dei verificatori.
D13: Ho ricevuto oggi (2025) una multa per esterometro 2019 che non sapevo di aver mancato. Posso fare qualcosa ora?
R: Verifica subito se sei nei termini per ravvederti tardivamente. Purtroppo, dopo 5 anni, la violazione 2019 sarebbe decaduta a fine 2024. Se però ti è arrivato un atto entro fine 2024 (magari lo hai scoperto tardi), ormai ravvedimento non puoi (perché c’è l’atto) e la decadenza non puoi invocarla (l’hanno notificato in tempo). Puoi però controllare: – Se l’atto è stato effettivamente notificato entro dicembre 2024 (fa fede la data della PEC o della raccomandata). – Se hai aderito al condono formali 2023 per il 2019 (in tal caso la sanzione non sarebbe dovuta). In mancanza di questi, sei come nelle situazioni standard: puoi pagare 1/3 entro 60gg o fare ricorso. Nel ricorso potresti eccepire la prescrizione della sanzione se l’atto è una cartella emessa dopo un tot di anni da un atto mai notificato – ma se è il primo atto, è decadenza non prescrizione e l’han fatto in tempo. Quindi probabilmente dovrai attaccare sul merito o chiedere riduzioni. Magari nel frattempo c’è stata la sanatoria 2023 e tu hai pagato per il 2019: se puoi provarlo, quell’atto è nullo (lo segnali subito all’AE con istanza di sgravio, allegando ricevuta pagamento 200€ e dichiarazione di rimozione violazione).
D14: Posso compensare in F24 la sanzione da esterometro con crediti fiscali?
R: Sì, la sanzione 8911 è un tributo pagabile con F24 e compensabile. Dunque se hai, ad esempio, un credito IRAP, lo puoi utilizzare per pagare in tutto o in parte la sanzione dovuta per ravvedimento. Fai solo attenzione a non violare eventuali regole sulle compensazioni: per codici tributo “sanzioni” non ci sono limitazioni particolari (il limite generale di €2 mln annui di compensazione si applica comunque). Assicurati di indicare correttamente l’anno di riferimento e di rispettare le scadenze (la compensazione deve essere contestuale al ravvedimento). Se per caso la compensazione non andasse a buon fine (es. credito inesistente), il ravvedimento sarebbe inefficace e potresti poi dover pagare la sanzione intera.
D15: Quanto costa impugnare una sanzione da esterometro?
R: Dipende dall’importo in contestazione. I costi fissi sono: – Contributo unificato: €30 per valore causa fino 2.582€, €60 fino a 5.000€, €120 fino a 25.000€, €250 oltre (queste le soglie tipiche). Spesso le sanzioni esterometro stanno nelle fasce basse, quindi 30 o 60 €. – Compenso dell’avvocato: variabile, potrebbe essere qualche centinaio di euro per un ricorso base, fino a oltre mille se complesso o se il valore è alto. Ma per poche centinaia di € di multa, molti optano per fai-da-te o per definire senza ricorrere, perché non conviene economicamente. In caso di esito positivo, puoi chiedere le spese a carico dell’ufficio. Se perdi, potresti dover pagare spese di controparte (anche se spesso, per importi modesti, le Commissioni compensano le spese). Valuta quindi il rapporto costi/benefici: per 200 € di sanzione non vale quasi mai la pena andare in causa, per 2.000 € forse sì se hai buone argomentazioni.
D16: Se presento ricorso, devo prima pagare la sanzione?
R: No, non c’è obbligo di pagamento immediato. La regola nel tributario è che l’impugnazione sospende automaticamente la riscossione oltre il terzo: per le sole sanzioni, generalmente l’ente non iscrive a ruolo fino a sentenza passata in giudicato (specialmente se hai chiesto la sospensione o il processo è in corso entro certi termini). Nel dubbio: quando fai ricorso, puoi anche chiedere al giudice una sospensione cautelare dell’atto. Di solito per le sanzioni esterometro (importi bassi) non c’è un danno grave tale da giustificare la sospensione, ma essendo solo sanzioni c’è l’effetto sospensivo ex lege al 1/3 (art. 19 D.Lgs.472/97): significa che l’AE potrebbe eventualmente iscrivere provvisoriamente solo il 30% dopo la sentenza di primo grado sfavorevole. Nel caso comune, comunque, fino alla fine del giudizio non devi pagare. Ovviamente, se perdi definitivamente, dovrai pagare con interessi (dal 60° giorno dalla notifica originaria), quindi attenzione ai tempi lunghi.
D17: Dopo quanti anni si prescrive una sanzione tributaria?
R: Una volta divenuta definitiva (ad esempio perché non hai impugnato l’atto nei 60gg, o dopo sentenza passata in giudicato), la sanzione si “cristallizza” in un credito per l’erario. La riscossione coattiva di quel credito (tramite cartella, ingiunzione, ecc.) soggiace a un termine di prescrizione di 5 anni, salvo atti interruttivi. Questo perché le sanzioni tributarie, non essendo tributi in senso stretto, si prescrivono in 5 anni (c’è dibattito se 5 o 10, ma prevale 5 per analogia alle multe amministrative). Ad esempio, se ti notificano una cartella per sanzione esterometro e per 5 anni non ti intimano nulla (nessuna intimazione di pagamento, nessun pignoramento), dopo puoi eccepire la prescrizione. Ma attenzione: è diverso dalla decadenza di notifica dell’atto iniziale di cui parlavamo. La prescrizione riguarda la fase successiva, cioè la riscossione della sanzione definitiva.
D18: In sede di mediazione tributaria, l’Agenzia può ridurre la sanzione esterometro?
R: Sì. Se presenti un reclamo/mediazione (oggi obbligatorio solo oltre 50k, ma facoltativo anche sotto), l’ufficio potrebbe farti una proposta di mediazione in cui riduce l’importo sanzionatorio magari del 30-40%. Nelle liti di solo sanzioni, spesso l’Agenzia accetta di dimezzare o togliere gli interessi se vede che la controparte ha qualche ragione. Ad esempio, se porti argomenti di buona fede, potrebbero proporti di chiudere pagando il 50%. In conciliazione giudiziale (dopo che hai fatto ricorso, magari in udienza) è previsto per legge uno sconto del 40% sulle sanzioni se trovi un accordo. Quindi se il tuo scopo è solo ridurre l’ammontare, queste sedi possono essere fruttuose. Se invece vuoi far valere un principio (tipo “non devo nulla perché è violazione formale”), forse l’accordo non ti soddisfa. Valuta pragmaticamente: la mediazione evita tempi e costi della causa e dà certezza.
D19: Quali documenti conviene tenere per attestare di aver adempiuto all’esterometro?
R: Conserva: – Le ricevute di consegna o di scarto del Sistema di Interscambio per ogni file trasmesso. Sul portale “Fatture e Corrispettivi” puoi scaricare le ricevute (file .xml o notifiche). Quelle sono prove ufficiali dell’avvenuto invio e della data. – Gli elenchi delle fatture estere: ad esempio, potresti estrarre dal tuo software di fatturazione un elenco di tutte le fatture emesse a esteri e ricevute da esteri, e assicurarti che ciascuna abbia riscontro in un file inviato. Tenere questo matching documentato aiuta a individuare eventuali mancanze da correggere e, se contestati, dimostrare che magari ne hai inviato 99 su 100. – Le copie degli F24 per eventuali ravvedimenti effettuati (codice 8911). Così se in futuro l’ufficio dicesse “non hai pagato la sanzione ridotta”, tu mostri la ricevuta F24. – Eventuali comunicazioni con l’Agenzia (es. pec inviate, risposte a compliance). Sempre utile avere traccia.
D20: In caso di errori ripetuti, c’è un rischio di sanzione accessoria (tipo sospensione licenza)?
R: No, le sanzioni accessorie (es. sospensione licenza per scontrini non emessi ripetutamente) non sono previste per l’esterometro. Le uniche sanzioni accessorie nel D.Lgs.471/97 riguardano violazioni ben più gravi (tipo frodi IVA). Per gli obblighi comunicativi come questo, al massimo c’è il cumulo delle multe. Al di là di ciò, accumulare errori formali può peggiorare il tuo “profilo di rischio” interno al Fisco, ma non comporta misure dirette come chiusura attività o altro. Quindi, niente paura di provvedimenti extra-pecuniari per esterometro, anche se ovviamente non bisogna abusare della pazienza del Fisco.
Conclusione
Le contestazioni relative all’esterometro rappresentano certamente un’insidia per contribuenti e professionisti, ma come abbiamo visto esistono strumenti efficaci di difesa. La chiave sta innanzitutto nel prevenire gli errori: organizzarsi per tempo con i nuovi sistemi di fatturazione elettronica, monitorare le scadenze, verificare gli invii ed eventualmente correggere subito tramite ravvedimento. In caso di contestazione, è fondamentale analizzare nel dettaglio la propria posizione (talvolta l’errore contestato può non sussistere o essere già sanato) e conoscere le norme sanzionatorie per individuare possibili falle o eccessi nell’operato dell’ufficio.
Dal punto di vista giuridico, abbiamo passato in rassegna una serie di principi – dalla non punibilità delle mere irregolarità formali , al favor rei, al principio di proporzionalità – che costituiscono il fondamento per costruire una valida linea difensiva. Inoltre, le recenti sentenze delle Corti superiori invitano l’amministrazione e i giudici a una lettura non puramente automatica delle sanzioni, ma calibrata alle circostanze concrete . Ciò significa che un contribuente diligente, incappato in un errore occasionale e innocuo, ha buone argomentazioni per ottenere clemenza.
Abbiamo anche illustrato come interagire con l’Agenzia delle Entrate: dall’istanza di autotutela, utile per errori palesi, alla mediazione, fino al contenzioso vero e proprio, con esempi di atti e simulazioni. Per il professionista legale, questi modelli costituiscono una base da personalizzare secondo il caso, mantenendo lo stile appropriato (giuridicamente rigoroso ma chiaro) e citando puntualmente fonti normative e giurisprudenziali a sostegno . Anche le tabelle riepilogative incluse in questa guida forniscono un riferimento immediato sui parametri sanzionatori e le tempistiche.
In conclusione, dal punto di vista del debitore (ossia del contribuente sanzionato), è importante sapere di non essere privo di tutela: il sistema tributario offre rimedi sia in fase preventiva (ravvedimento, richiesta di consulenza all’Agenzia mediante interpello se dubbiosi, ecc.), sia in fase successiva (autotutela, ricorso). Naturalmente, l’ideale resta evitare l’errore – magari implementando controlli interni e avvalendosi di strumenti gestionali aggiornati per non saltare l’esterometro. Ma qualora l’errore avvenga e venga contestato, questa guida dimostra che difendersi è possibile e spesso proficuo: si può puntare a ridurre drasticamente la sanzione, talora ad annullarla, o quanto meno a ottenere condizioni più eque (pagamenti ridotti, rateazioni se necessario, ecc.).
Il messaggio finale per imprenditori e professionisti è dunque duplice: da un lato, prendere sul serio l’esterometro integrandolo nelle procedure aziendali (oggi la fattura elettronica estera è parte del ciclo attivo/passivo, non un di più), dall’altro, conoscere i propri diritti nel caso qualcosa vada storto, senza farsi trovare impreparati. Con aggiornamento costante (come quello fornito da questa guida, aggiornata ad agosto 2025 con le ultime novità normative e giurisprudenziali) e con l’assistenza di consulenti esperti, anche un ostacolo burocratico come l’esterometro può essere gestito senza traumi, evitando che si trasformi in un contenzioso oneroso. E se contenzioso sarà, affrontarlo con cognizione di causa – come abbiamo visto – può fare la differenza tra subire passivamente una sanzione e far valere efficacemente le proprie ragioni.
Fonti principali: – Decreto legislativo 127/2015, art.1 comma 3-bis (obbligo comunicazione operazioni estere).
– Decreto legislativo 471/1997, art.11 commi 2-bis e 2-quater (sanzioni esterometro).
– Circolare AE 13/E del 13.07.2022 (chiarimenti nuovo esterometro).
– Fisco e Tasse, Esterometro 2021: sanzioni per omessa, errata o tardiva trasmissione, 30/08/2021.
– Fiscomania, Ravvedimento esterometro: le sanzioni, aggiornato 2022.
– Studio Cerbone, Esterometro: nuove modalità e termini, 2022 (tecnica e sanzioni).
– Cassazione Civile, sent. n. 28077/2024 (principi su sanzioni e proporzionalità).
– Corte Costituzionale, sent. n. 46/2023 (proporzionalità sanzioni tributarie).
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L’Esterometro è la comunicazione obbligatoria dei dati delle operazioni transfrontaliere (acquisti e vendite con soggetti esteri non documentate da fattura elettronica). Errori, omissioni o invii tardivi possono generare sanzioni automatiche e sospetti di evasione IVA. Tuttavia, non sempre gli errori incidono realmente sull’imposta dovuta: spesso si tratta di irregolarità formali o di problemi tecnici nella trasmissione telematica.
👉 Prima regola: verifica se l’errore riguarda solo i dati formali o se ha avuto impatto sulla liquidazione IVA.
⚖️ Quando scattano le contestazioni
- Omissione di operazioni estere nella comunicazione;
- Errori nei dati anagrafici dei fornitori/clienti;
- Importi errati o codici IVA non corretti;
- Invio oltre i termini previsti;
- Divergenze tra Esterometro, registri IVA e dichiarazione annuale.
📌 Conseguenze della contestazione
- Sanzioni da 2 a 1.000 euro per ogni comunicazione errata o omessa;
- Possibile riduzione a metà se la correzione avviene entro 15 giorni;
- Recupero IVA non dichiarata se l’errore ha comportato mancata imposizione;
- Interessi di mora;
- Controlli ulteriori su contabilità e operazioni internazionali.
🔍 Cosa verificare per difendersi
- Esistenza di fatture estere correttamente registrate nei registri IVA;
- Effettiva rilevanza fiscale dell’errore: si trattava di mero errore formale o sostanziale?
- Ricevute di invio telematico: l’Esterometro era stato trasmesso ma scartato?
- Allineamento dei dati con dichiarazioni IVA e modelli Intrastat;
- Motivazione della contestazione: l’Agenzia deve specificare trimestre e tipologia di errore.
🧾 Documenti utili alla difesa
- Copie degli Esterometri inviati e ricevute di trasmissione;
- Fatture estere e registrazioni contabili;
- Dichiarazioni IVA annuali e trimestrali;
- Modelli Intrastat (se presentati);
- Comunicazioni PEC con l’Agenzia delle Entrate o con il commercialista.
🛠️ Strategie di difesa
- Dimostrare che l’errore era solo formale, senza impatto sull’imposta;
- Correggere con invio sostitutivo o ravvedimento operoso per ridurre sanzioni;
- Contestare errori dell’Agenzia in caso di dati già corretti o duplicati;
- Eccepire vizi procedurali: motivazione carente, notifica irregolare, decadenza;
- Richiedere autotutela se l’irregolarità è manifestamente infondata;
- Ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro 60 giorni contro l’avviso sanzionatorio.
🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
📂 Analizza gli errori segnalati dall’Agenzia e la documentazione inviata;
📌 Verifica la reale incidenza fiscale delle omissioni;
✍️ Redige memorie difensive e ricorsi per annullare o ridurre sanzioni e recuperi IVA;
⚖️ Ti rappresenta nel contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate e nei giudizi tributari;
🔁 Suggerisce procedure preventive per una gestione sicura e corretta degli adempimenti Esterometro.
🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in IVA internazionale e contenzioso tributario;
✔️ Specializzato in difesa di imprese e professionisti contro contestazioni su Esterometro;
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Le contestazioni del Fisco sugli errori nella compilazione dell’Esterometro non sempre sono fondate: spesso derivano da irregolarità solo formali o da invii non recepiti.
Con una difesa mirata puoi dimostrare la corretta gestione delle operazioni estere, evitare sanzioni sproporzionate e proteggere la tua impresa.
📞 Contatta subito l’Avv. Giuseppe Monardo per una consulenza riservata: la tua difesa contro le contestazioni sull’Esterometro inizia qui.