Come Posso Richiedere Il Rimborso Di Una Cartella Esattoriale?

Hai pagato una cartella esattoriale e successivamente hai scoperto che non era dovuta? In questi casi, il contribuente ha diritto a chiedere il rimborso delle somme versate indebitamente, comprese eventuali sanzioni e interessi. Tuttavia, la procedura non è automatica: occorre rispettare termini e modalità precise per ottenere la restituzione del denaro.

Quando si può chiedere il rimborso di una cartella
– Se la cartella è stata annullata dal giudice tributario o dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione
– Se il pagamento è stato effettuato due volte per errore o duplicazione
– Se l’importo riscosso era superiore al dovuto
– Se la pretesa fiscale è decaduta o prescritta al momento del pagamento
– Se la cartella è stata emessa a seguito di un accertamento poi dichiarato nullo

Conseguenze di un rimborso non richiesto
– Perdita del diritto alla restituzione trascorsi i termini di legge
– Mancato recupero di somme che avresti potuto riottenere
– Eventuali ulteriori contestazioni per mancata regolarizzazione delle posizioni fiscali

Come richiedere il rimborso della cartella esattoriale
– Presentare un’istanza di rimborso all’Agenzia delle Entrate o all’ente creditore competente
– Allegare copia della cartella, delle ricevute di pagamento e dell’eventuale sentenza di annullamento
– Indicare l’IBAN per l’accredito delle somme da restituire
– In caso di inerzia dell’Amministrazione, presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria
– Verificare che la domanda sia presentata entro il termine di prescrizione decennale (art. 2946 c.c.)

Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Verificare la sussistenza del diritto al rimborso e i termini di prescrizione
– Redigere l’istanza in modo completo e giuridicamente fondato
– Assistere il contribuente nei rapporti con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione
– Impugnare i dinieghi o i silenzi dell’Amministrazione davanti ai giudici tributari
– Tutelare il patrimonio personale evitando perdite economiche ingiustificate

Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– La restituzione delle somme pagate indebitamente
– Il rimborso di sanzioni e interessi non dovuti
– La sospensione di eventuali ulteriori richieste di pagamento collegate
– La certezza di non subire un danno economico per errori dell’Amministrazione

⚠️ Attenzione: per ottenere il rimborso è necessario agire entro i termini previsti dalla legge. Se non presenti l’istanza per tempo, il diritto alla restituzione si estingue.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e contenzioso fiscale – spiega come richiedere il rimborso di una cartella esattoriale e come tutelare i tuoi diritti.

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Introduzione

La cartella esattoriale (o cartella di pagamento) è un atto formale con cui l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (già Equitalia) o altro agente della riscossione ingiunge al contribuente il pagamento di somme dovute a titolo di imposte, contributi previdenziali o sanzioni amministrative . Se la cartella non viene pagata entro 60 giorni dalla notifica, essa diventa titolo esecutivo e legittima l’agente della riscossione ad attivare misure coercitive come pignoramenti, ipoteche o fermi amministrativi . Dal punto di vista del debitore, ricevere una cartella esattoriale significa trovarsi di fronte a una pretesa di pagamento spesso già scaduta e maggiorata di interessi e oneri di riscossione.

In alcuni casi può accadere che le somme richieste in cartella non siano effettivamente dovute dal contribuente – ad esempio per errori, doppi versamenti, prescrizione intervenuta, annullamento della pretesa originaria in sede giudiziale o in autotutela amministrativa (“sgravio”) . Se il destinatario ha già pagato la cartella (in tutto o in parte) e successivamente tali somme risultano indebite, sorge il diritto alla restituzione di quanto corrisposto indebitamente. Questa guida esamina in dettaglio come richiedere il rimborso di una cartella esattoriale pagata ma non dovuta, illustrando le diverse casistiche, i riferimenti normativi aggiornati ad agosto 2025, e le procedure da seguire. L’esposizione adotta un linguaggio tecnico-giuridico ma divulgativo, adatto sia a professionisti legali sia a contribuenti privati e imprenditori, con il focus sul punto di vista del debitore.

Nel prosieguo analizzeremo tutte le situazioni che possono dare luogo a un rimborso, comprese:

  • Pagamenti non dovuti per errore o duplicazione, inclusi i versamenti eccedenti o effettuati due volte.
  • Annullamento della cartella in autotutela da parte dell’ente creditore (sgravio totale o parziale) e conseguente diritto al rimborso.
  • Annullamento giudiziale della cartella o dell’atto presupposto (es. sentenza delle Commissioni Tributarie o del Giudice di Pace favorevole al contribuente) e rimborso delle somme pagate in pendenza di giudizio.
  • Altre ipotesi particolari (ad es. pagamento di cartella per debito già prescritto, errore di persona, cartella “pazza” notificata per sbaglio, ecc.).
  • I casi in cui non è possibile ottenere rimborso (ad es. mancata impugnazione tempestiva della cartella o condono legislativo delle cartelle già pagate).

La guida fornirà i riferimenti normativi chiave della legislazione italiana (dal D.P.R. 602/1973 sulle riscossioni, al D.Lgs. 112/1999 sulle procedure degli agenti di riscossione, allo Statuto del Contribuente e alle leggi di bilancio rilevanti) nonché i principali orientamenti della giurisprudenza (sentenze di Cassazione e Corti competenti aggiornate al 2025). Verranno inoltre presentati schemi riassuntivi e tabelle per sintetizzare i tempi e le modalità per ottenere il rimborso nelle varie casistiche, una sezione di domande e risposte frequenti, alcune simulazioni pratiche riguardanti situazioni tipiche, e infine in appendice dei modelli di istanza di rimborso e di ricorso per agevolare la pratica operativa.

Nota terminologica: utilizzeremo il termine “rimborso di una cartella esattoriale” per indicare la restituzione al contribuente delle somme versate indebitamente in seguito a una cartella di pagamento. Tecnicamente il rimborso riguarda le somme contenute nella cartella (tributi, contributi o sanzioni) che risultano non dovute. Tali somme possono essere state pagate dal contribuente in via volontaria (anche ratealmente) oppure riscosse mediante azioni esecutive. In ogni caso, qualora emerga che il pagamento non doveva essere effettuato, il debitore ha titolo a chiederne la restituzione. Vediamo dunque il quadro normativo e le procedure per esercitare tale diritto.

Quadro normativo di riferimento

Richiedere il rimborso di somme pagate con una cartella esattoriale indebita implica la conoscenza di un insieme di norme fiscali e procedurali. Di seguito sintetizziamo i principali riferimenti normativi italiani, aggiornati al 2025, che disciplinano la ripetizione dell’indebito tributario e la riscossione:

  • Art. 26 D.Lgs. 13 aprile 1999 n. 112 (“Rimborso delle somme iscritte a ruolo riconosciute indebite”) – È la norma cardine che regola il meccanismo di rimborso delle somme riscosse mediante cartella e poi risultate indebite. Prevede che, se le somme iscritte a ruolo e pagate dal debitore sono riconosciute indebite, l’ente creditore deve incaricare l’agente della riscossione di eseguire il rimborso entro un termine prestabilito, anticipando quest’ultimo le somme al contribuente . In particolare, l’agente della riscossione (es. Agenzia Entrate-Riscossione) deve pagare il rimborso al contribuente entro 60 giorni dall’incarico, anticipando le somme di tasca propria, che poi gli verranno restituite dall’ente creditore con interessi legali . Questo schema vale per i tributi statali; per gli enti creditori diversi dallo Stato (es. Comuni per tributi locali, enti previdenziali come l’INPS) la norma consente di adottare procedure di rimborso diverse con propri provvedimenti – ad esempio taluni enti preferiscono eseguire il rimborso direttamente senza avvalersi dell’agente.
  • Art. 68, comma 2, D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 (Processo tributario) – Stabilisce che in caso di esito favorevole al contribuente di un giudizio tributario, l’ufficio finanziario è tenuto al rimborso d’ufficio delle imposte corrisposte in eccedenza entro 90 giorni dalla notificazione della sentenza . Questa disposizione si riferisce al caso tipico in cui il contribuente impugna un atto (avviso di accertamento o cartella) dinanzi alla Commissione Tributaria e ottiene l’annullamento della pretesa: le somme pagate in pendenza di giudizio vanno restituite automaticamente dall’Amministrazione entro il termine indicato. In mancanza di adempimento spontaneo, il contribuente può attivare gli strumenti di tutela (istanza di rimborso e successivo ricorso per silenzio-rifiuto, v. infra) .
  • Art. 19, comma 1, lett. g), D.Lgs. 546/1992 – Qualifica il rifiuto espresso o tacito di rimborso tra gli atti impugnabili innanzi alle Commissioni Tributarie. Ciò significa che se l’Amministrazione finanziaria nega (espressamente o ignorando la richiesta) il rimborso di tributi, il contribuente può proporre ricorso in sede tributaria contro tale diniego. Questa norma è fondamentale perché delinea il percorso processuale: prima va presentata la domanda di rimborso in sede amministrativa, e solo in caso di mancato accoglimento (anche per silenzio protratto oltre un certo termine) si può adire il giudice .
  • Art. 21, comma 2, D.Lgs. 546/1992 – Fissa un termine generale di decadenza biennale per la presentazione di domande di rimborso in materia tributaria, “in mancanza di disposizioni specifiche” . In altre parole, qualora la legge del singolo tributo non preveda uno specifico termine per chiedere il rimborso, il contribuente deve presentare l’istanza entro 2 anni dal pagamento (o dal momento in cui si è verificato il presupposto della restituzione). Tuttavia, molte leggi particolari prevedono termini propri (più lunghi) che prevalgono su questa regola generale, come vedremo tra poco.
  • Art. 38 D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 – Stabilisce per le imposte dirette (es. IRPEF, IRES) un termine di 48 mesi dalla data del versamento per poter richiedere all’amministrazione finanziaria il rimborso di importi pagati indebitamente o in eccedenza (ad es. per errore materiale, doppio pagamento, inesistenza totale o parziale dell’obbligo tributario) . Decorso questo termine quadriennale, il diritto al rimborso dell’imposta si estingue per decadenza. Questa disposizione è fondamentale per i versamenti diretti di imposte statali risultate non dovute (ad esempio un contribuente che versa erroneamente due volte un F24).
  • Art. 1, comma 164, Legge 27 dicembre 2006 n. 296 (Legge finanziaria 2007) – Riguarda i tributi locali (come IMU, TASI, TARI e in generale le entrate comunali). Stabilisce che “Il rimborso delle somme versate e non dovute deve essere richiesto dal contribuente entro il termine di cinque anni dal giorno del versamento, ovvero da quello in cui è stato accertato il diritto alla restituzione. L’ente locale provvede ad effettuare il rimborso entro 180 giorni dalla data di presentazione dell’istanza” . Dunque per i tributi degli enti locali il termine per chiedere il rimborso è più lungo (5 anni) rispetto a quello ordinario, e una volta presentata l’istanza il Comune ha 180 giorni di tempo per decidere ed erogare le somme dovute. In caso di inerzia o rifiuto, il contribuente potrà impugnare tale situazione dinanzi alla giustizia tributaria (poiché anche per i tributi locali il giudice competente è la Commissione Tributaria). Va notato che questa norma della L.296/2006 prevale sulla regola generale biennale di cui sopra, come confermato dalla prassi .
  • Legge 7 agosto 1990 n. 241 (procedimento amministrativo) – Rilevante in tema di autotutela e annullamento di atti amministrativi illegittimi. L’ente impositore (Agenzia delle Entrate, Comune, ecc.) ha il potere di annullare in autotutela i propri atti riconosciuti illegittimi o errati, anche oltre i termini di ricorso, se ciò non lede un affidamento qualificato. Quando una cartella o il relativo accertamento vengono annullati in autotutela (sgravio d’ufficio), questo comporta la cessazione dell’obbligo di pagamento e, se il pagamento era già avvenuto, l’avvio del procedimento di rimborso al contribuente. Non esiste un diritto soggettivo all’autotutela, ma un comportamento omissivo grossolanamente ingiusto da parte dell’ente può dare luogo eccezionalmente a responsabilità per danni (c.d. responsabilità da mancata autotutela in presenza di errore evidente) .
  • Norme sulla compensazione dei crediti tributari – Per completezza, va citato che esiste un meccanismo di compensazione tra crediti di rimborso e debiti iscritti a ruolo. In particolare, l’art. 28-ter D.P.R. 602/1973 (introdotto dal D.Lgs. 110/2024) prevede dal 2025 un sistema di “blocco” dei rimborsi fiscali superiori a 500 € in presenza di cartelle esattoriali scadute . Ciò significa che se un contribuente vanta un rimborso d’imposta significativo ma ha debiti a ruolo non pagati, l’Agenzia delle Entrate può sospendere l’erogazione del rimborso e proporne la compensazione con i debiti stessi . Pur non trattandosi di una procedura di rimborso di cartella in senso stretto, questa novità normativa (attiva da gennaio 2025) è importante perché incide sulla restituzione di crediti d’imposta in presenza di cartelle. In sintesi: un contribuente con cartelle scadute non può ottenere rimborsi fiscali oltre 500 € senza prima compensarli con i debiti, salvo rifiutare la compensazione col risultato però di vedersi congelare il rimborso . Questo contesto normativo evidenzia come il legislatore sia attento a evitare che lo Stato eroghi somme a chi ha contemporaneamente debiti esecutivi. Tuttavia, tale meccanismo di compensazione non pregiudica il diritto al rimborso di quanto effettivamente non dovuto: significa solo che, invece di ricevere materialmente il denaro, il contribuente potrebbe vederlo utilizzato per azzerare le proprie cartelle pendenti.

Oltre alle norme sopra elencate, si segnala che il Codice di procedura civile (artt. 615 e 617 c.p.c.) può divenire rilevante in specifici casi di opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi quando si contestino vizi della riscossione coattiva (es. pignoramenti) successiva alla cartella. Tali opposizioni, di competenza del giudice ordinario, esulano però dall’oggetto principale di questa guida (che è focalizzata sul rimborso post-pagamento, più che sulla contestazione pre-pagamento).

In definitiva, il quadro normativo sul rimborso di cartelle esattoriali si presenta complesso e stratificato. Si deve tenere presente: (a) le decadenze amministrative per presentare l’istanza di rimborso (variabili a seconda del tipo di entrata: 2 anni, 4 anni, 5 anni, ecc.), (b) le procedure che l’ente e l’agente della riscossione devono seguire per restituire il denaro (art. 26 D.Lgs.112/1999 con obbligo di rimborso tramite agente in 60 giorni), (c) gli eventuali limiti o compensazioni se coesistono altri debiti, e (d) i rimedi giurisdizionali attivabili (ricorso tributario, giudizio di ottemperanza, ecc. in caso di inerzia).

Nei capitoli seguenti esamineremo separatamente le principali casistiche che possono dare luogo a un rimborso, con riferimento sia alla normativa sia alla giurisprudenza applicabile, illustrando per ciascuna il da farsi dal punto di vista pratico del contribuente.

Casistiche principali di rimborso delle somme pagate con cartella

In questa sezione analizziamo le principali situazioni-tipo in cui un contribuente/debitore può aver diritto al rimborso di quanto pagato a seguito di cartella esattoriale. Per ogni casistica indichiamo in sintesi quando si verifica, quali norme o sentenze la regolano, e quali passi deve compiere il debitore per ottenere la restituzione.

1. Versamento non dovuto per errore o duplicazione (eccedenza di pagamento)

Scenario: Il contribuente ha pagato una cartella esattoriale per un importo maggiore del dovuto. Ciò può avvenire, ad esempio, se per errore viene eseguito due volte lo stesso pagamento, oppure se viene versata una somma eccedente rispetto a quella indicata (magari a causa di interessi calcolati erroneamente o di un refuso nell’F24), o ancora se il contribuente paga nonostante il debito fosse già stato pagato in precedenza o non era più dovuto (ad es. per prescrizione già maturata, ma non eccepita prima del versamento).

Diritto al rimborso: In tutti questi casi, le somme versate in eccedenza configurano un indebito oggettivo e devono essere restituite al contribuente. Non si tratta di contestare la legittimità della cartella (che poteva anche essere corretta in origine), ma semplicemente di recuperare importi pagati che eccedono il dovuto. Dal punto di vista normativo, rilevano in particolare: – L’art. 38 DPR 602/1973 (per imposte statali dirette) che consente la richiesta di rimborso entro 48 mesi per errori materiali, duplicazioni, eccedenze . – L’art. 1 co.164 L.296/2006 (per tributi locali) che fissa il termine di 5 anni per richiedere il rimborso di somme non dovute . – In mancanza di disciplina specifica (es. per talune entrate non coperte da norme ad hoc), vale il termine generale biennale ex art.21 D.Lgs.546/92 . – Per contributi previdenziali, l’INPS prevede procedure interne di rimborso di contributi indebitamente versati (ad es. la Circolare INPS n.165/2004 disciplina la restituzione di somme versate in eccesso mediante cartella, con modulistica dedicata). In genere, il termine di decadenza per contributi non dovuti è di 10 anni salvo diversa indicazione, ma è buona prassi agire entro termini più brevi (spesso 5 anni viene applicato analogicamente).

Procedura pratica: Se ci si accorge di aver pagato più del dovuto, occorre presentare una istanza di rimborso per eccedenza di versamento all’ente creditore competente: – Agenzia delle Entrate per tributi erariali (IRPEF, IVA, ecc.) – tipicamente tramite istanza in carta libera presso l’ufficio locale o tramite servizi telematici se disponibili. – Ente locale (Comune/Regione) per tributi locali – in genere tramite apposito modulo previsto dal regolamento comunale dei tributi, da presentare all’ufficio tributi. – INPS o altro ente previdenziale per contributi – tramite i servizi online (ad es. portale INPS c’è il servizio “Richiesta rimborso contributi indebiti”) o PEC alla sede competente, citando la cartella e l’eccesso versato. – Agente della riscossione (Agenzia Entrate-Riscossione): in alcuni casi il contribuente può rivolgersi anche all’Agente, il quale però funge da intermediario. AdER sul suo sito distingue il “rimborso da eccedenza di pagamento” (quando hai pagato più del dovuto) dal “rimborso da sgravio” (quando la cartella è annullata) . Per il rimborso da eccedenza > 50 €, AdER invia una comunicazione al contribuente . Se ciò non avviene, è consigliabile comunque segnalare l’eccedenza ad AdER tramite sportello o PEC, la quale istruirà la pratica con l’ente creditore.

Nell’istanza occorre indicare i propri dati, il numero della cartella, la data e l’importo pagato, e motivare la richiesta spiegando l’errore (es: “ho eseguito due volte il pagamento, come da ricevute allegate, pertanto chiedo il rimborso di € X indebitamente versati in eccedenza”). Allegare copie delle ricevute di pagamento effettuate.

Iter di rimborso: Una volta ricevuta l’istanza, l’ufficio verifica l’indebito. In caso di riscontro positivo, emetterà un provvedimento di rimborso. Per le somme riscosse tramite ruolo, l’ente creditore di norma incarica l’Agente della Riscossione di restituire il dovuto al contribuente: – Se l’importo è consistente (di solito sopra €50), AdER invierà una comunicazione di rimborso al contribuente, invitandolo a recarsi presso i propri sportelli entro un certo tempo (es. 3 mesi) per ritirare la somma o comunicare le coordinate bancarie per l’accredito . Questa procedura è prevista internamente da AdER per rimborsi da eccedenza. – Il contribuente dunque potrà riscuotere la somma presentandosi con un documento allo sportello indicato, oppure riceverla tramite bonifico se ha optato per tale modalità.

Va sottolineato che il rimborso dell’eccedenza non viene automaticamente compensato con eventuali altre cartelle a debito, salvo che il contribuente stesso non lo richieda. Infatti, trattandosi di importo pagato indebitamente, spetta al contribuente riaverlo. Tuttavia, attenzione: se nel frattempo il contribuente ha altri debiti a ruolo scaduti, l’agente potrebbe proporre di utilizzare quel credito in compensazione (applicando l’art. 28-ter DPR 602/73 se pertinente). Ad esempio, se Caio ha versato €1000 in più e ha una cartella impagata di €800, AdER potrebbe suggerire di scalarli. È facoltà del contribuente accettare o meno tale compensazione volontaria.

Tempistiche: Il tempo di legge per l’ente creditore di evadere il rimborso varia: – Per tributi locali la legge prevede 180 giorni dall’istanza . – Per tributi erariali non c’è un termine fisso generale, ma prassi e Statuto del Contribuente auspicano tempestività (in alcuni casi, come rimborsi da 730, si parla di pochi mesi; per istanze varie può volerci fino a 1-2 anni). Se trascorrono 90 giorni senza risposta su un’istanza di rimborso tributario, si configura il diniego tacito impugnabile . – AdER, una volta incaricata, deve eseguire il pagamento entro 60 giorni , ma spesso prima deve attendere la disposizione dell’ente creditore.

Interessi sul rimborso: Generalmente, per i versamenti eccedentari di imposte, spettano interessi dal 90° giorno dalla richiesta (se si tratta di imposte periodiche, spesso il tasso è quello fissato per i rimborsi fiscali, ad es. ~2% annuo) . AdER di solito rimborsa solo il capitale, mentre l’ente creditore riconosce gli interessi eventualmente maturati. Tuttavia, in casi di errore palese, spesso l’amministrazione restituisce solo l’importo versato senza interessi se il rimborso avviene in tempi brevi (come nell’aneddoto: “mi arrivò un rimborso di una multa pagata due volte, 358 euro dopo 8 anni senza interessi” ). In linea di principio, l’art. 26 D.Lgs.112/1999 prevede che l’ente paghi gli interessi legali all’agente per le somme da questi anticipate . Ma nulla dice sugli interessi dovuti al contribuente: questi ultimi sono regolati dalle norme dei singoli tributi (es. per imposte erariali è spesso previsto il tasso di interesse per rimborsi da eccedenza).

Esempio pratico: Tizio paga per errore €500 in più su una cartella IRPEF. Presenta istanza all’Agenzia delle Entrate entro il termine di 4 anni. L’ufficio verifica l’errore (i due pagamenti risultanti dal sistema) e predispone il rimborso incaricando AdER. AdER notifica a Tizio una lettera di rimborso: Tizio si reca allo sportello Equitalia/AdER indicato, esibisce documento e ottiene l’assegno circolare dell’importo eccedente, chiudendo la vicenda (in alternativa, Tizio aveva fornito IBAN e riceve accredito). Tutto ciò idealmente entro pochi mesi dalla richiesta.

2. Annullamento o sgravio della cartella in autotutela (provvedimento amministrativo)

Scenario: Il contribuente, ritenendo la cartella errata o illegittima, non si limita a pagarla ma presenta una richiesta di annullamento all’ente creditore. Questa richiesta può avvenire attraverso: – Un’istanza di autotutela formale all’ente impositore (es. Agenzia Entrate, Comune, INPS) evidenziando i motivi per cui la cartella è sbagliata (esempio: “il tributo era già stato pagato prima, ecco le prove” oppure “la sanzione era già annullata in precedenza”). – Oppure mediante la procedura di sospensione legale della riscossione introdotta dalla L.228/2012 (art.1 commi 537-544): il contribuente invia all’Agente della Riscossione una domanda (anche online) con documenti che provano l’inesistenza del debito (pagamento già effettuato, provvedimento di sgravio emesso, sentenza favorevole, prescrizione maturata, errore di persona, ecc.). L’agente sospende la riscossione e chiede all’ente conferma; se entro 220 giorni l’ente non risponde o conferma l’errore, la cartella viene annullata di diritto.

Quando l’ente riconosce che la cartella (o l’atto presupposto) non è dovuta – totalmente o parzialmente – emette un provvedimento di sgravio. Lo sgravio totale annulla integralmente la cartella, quello parziale ne annulla solo una quota . Questo è un atto amministrativo con cui l’ente fa marcia indietro sulla pretesa.

Diritto al rimborso: Se il contribuente aveva già pagato in tutto o in parte la cartella prima che intervenisse l’annullamento, ha diritto alla restituzione di tali somme indebitamente versate. Lo sgravio, infatti, dichiara non dovuto quel carico, quindi il pagamento precedente risulta non dovuto (ex tunc). L’ente dovrà attivarsi per il rimborso come da art.26 D.Lgs.112/1999:

“Se le somme iscritte a ruolo, pagate dal debitore, sono riconosciute indebite, l’ente creditore incarica dell’effettuazione del rimborso il concessionario [agente della riscossione]…” .

Procedura pratica: In genere il procedimento è questo: 1. Contribuente presenta l’istanza di annullamento/sgravio all’ente (o di sospensione ad AdER, che però poi coinvolge l’ente). 2. Ente creditore adotta il provvedimento di accoglimento in autotutela: es. “Sgravio totale della cartella n. XYZ per importo €…, motivazione: errore riconosciuto”. Questo atto viene comunicato sia al contribuente sia all’Agente della riscossione . 3. L’Agente della riscossione registra lo sgravio: se la cartella non era stata pagata, semplicemente ferma ogni azione e chiude la posizione; se invece risulta un pagamento già effettuato, quelle somme sono da rimborso (dette “rimborso da sgravio” in gergo AdER ). 4. A questo punto scatta il meccanismo di rimborso: l’ente incarica formalmente l’agente di restituire le somme al contribuente . AdER anticipa il denaro e poi lo recupera dall’ente con interessi legali dal giorno in cui ha pagato il contribuente .

Interessi al contribuente: Diversamente dal caso precedente, qui il contribuente di norma matura anche degli interessi sul rimborso, perché non si tratta di un mero errore suo ma di un indebito derivante da atto annullato. In assenza di specifiche, si applicano gli interessi legali dal giorno del pagamento indebito (principio generale dell’indebito civile ex art. 2033 c.c., se l’ente era “in mala fede” riguardo all’indebito; spesso però l’ente si considera in buona fede finché non annulla, quindi riconosce interessi solo dal provvedimento di sgravio). Nella pratica, per tributi erariali l’Agenzia delle Entrate riconosce interessi al tasso applicabile ai rimborsi di quel tributo. AdER invece non aggiunge interessi nel tagliando di rimborso al contribuente, poiché riceverà interessi dall’ente per sé .

Esempio: Il Comune emette una cartella per IMU che Tizio paga. Successivamente Tizio scopre che l’IMU era stata calcolata due volte sullo stesso immobile. Presenta istanza di autotutela al Comune allegando le prove. Il Comune emette sgravio totale della cartella. Dato che Tizio aveva pagato €1000, ora il Comune incarica AdER di rimborsare €1000 a Tizio. AdER invierà a Tizio comunicazione per riscuotere il rimborso presso i propri sportelli (salvo accredito). Entro ~60 giorni dall’incarico Tizio dovrebbe ottenere i suoi €1000 indietro. Il Comune poi rifonderà AdER di €1000 + interessi legali maturati da quando AdER ha pagato Tizio . Tizio potrebbe richiedere al Comune anche gli interessi dal giorno del proprio pagamento a quello di effettivo rimborso: spesso i Comuni li riconoscono al tasso legale ma solo su richiesta specifica e al netto di eventuali ritardi imputabili al contribuente.

Tempistiche e tutele: Una volta ricevuto lo sgravio, l’ente dovrebbe attivare subito il rimborso. Se entro un termine ragionevole (es. 90 giorni) nulla accade, è bene sollecitare per iscritto. In casi estremi di inerzia, il contribuente può: – per tributi erariali, presentare ricorso per silenzio inadempimento alla Commissione Tributaria trascorsi 90 gg dalla richiesta di rimborso (o dalla conoscenza dello sgravio) ; – per tributi locali, analogamente ricorso in Commissione dopo 180 gg dall’istanza rimasta inevasa; – per contributi INPS, attivare un ricorso amministrativo interno o un’azione giudiziaria al giudice del lavoro per indebito.

Fortunatamente, la situazione di solito si risolve senza bisogno di giudice, perché l’annullamento implica un chiaro obbligo di restituzione. Anzi, spesso l’Agente della riscossione provvede d’ufficio: AdER invia l’assegno di rimborso direttamente al domicilio del contribuente, specie se l’importo non è elevato (talvolta sotto una certa soglia spediscono assegni non trasferibili per posta). AdER stessa conferma: “Se hai pagato cartelle/avvisi che poi sono stati annullati: rimborso da sgravio” – quindi trattano automaticamente questi casi.

Ricapitolando: lo sgravio in autotutela “pulisce” la cartella e, se c’è stato pagamento, dà diritto al rimborso. Dal lato pratico il contribuente deve: – Assicurarsi di avere una copia del provvedimento di sgravio. – Se il rimborso non arriva entro qualche mese, presentare all’ente o ad AdER un sollecito allegando copia dello sgravio e delle ricevute di pagamento, chiedendo l’immediata attivazione dell’art.26 D.Lgs.112/99. – In caso di ulteriore inerzia, valutare il ricorso per silenzio-rifiuto.

Domanda frequente: “E se lo sgravio è solo parziale ma io avevo pagato tutto?” – In tal caso ti spetta il rimborso solo della parte sgravata. Ad esempio, cartella €10.000, pagata interamente, sgravio parziale del 30% (€3.000) per errore riconosciuto: ti devono restituire €3.000. Il resto €7.000 resta dovuto (e infatti la cartella per quel residuo rimane valida, non ti rinotificano una nuova cartella , perché hai già pagato).

3. Annullamento giudiziale (ricorso vinto) e rimborso delle somme pagate

Scenario: Il contribuente ha impugnato la cartella esattoriale (o l’atto presupposto, come un avviso di accertamento) davanti all’autorità giudiziaria competente – tipicamente la Commissione Tributaria Provinciale per tributi, il Giudice di Pace per multe stradali, il Tribunale per contributi previdenziali, ecc. – ottenendone l’annullamento con sentenza. Questo è il caso in cui, dopo un contenzioso, il giudice dichiara che la pretesa dell’ente è infondata o viziata e dunque elimina l’obbligo di pagare.

Può succedere però che prima o durante il processo il contribuente, per varie ragioni, abbia pagato tutto o parte del dovuto: – Talvolta si paga prima di fare ricorso (magari per avvalersi di una definizione agevolata o per evitare sanzioni da ritardato pagamento, o semplicemente perché si è pagato e poi ci si è accorti di errori e si è deciso di ricorrere). – Oppure si paga dopo la sentenza di primo grado sfavorevole, in attesa dell’appello. – O ancora si è costretti a pagare per non subire misure cautelari: ad esempio, spesso per chiedere la sospensione dell’atto bisogna pagare un terzo delle imposte (art. 15 D.Lgs. 546/92), o se la sospensione non viene concessa l’Agente procede su 1/3 subito (art.68 D.Lgs.546/92). Insomma, vi sono casi in cui, pur avendo una causa pendente, parte dell’importo viene versato.

Ora, se alla fine il contribuente vince la causa (sentenza definitiva a suo favore, o comunque sentenza esecutiva non sospesa), quelle somme pagate risultano indebite e vanno restituite.

Diritto al rimborso: È sancito dall’art. 68, co.2, D.Lgs. 546/92: l’ufficio deve rimborsare d’ufficio il tributo pagato in eccedenza entro 90 giorni dalla notifica della sentenza favorevole . Attenzione: qui “tributo in eccedenza” significa tutto ciò che risulta non dovuto in base alla sentenza. La giurisprudenza conferma che spetta il rimborso automatico appena la decisione lo stabilisce . Ad esempio la Cassazione ha chiarito che in caso di sentenza della Commissione che annulla una cartella, l’ente deve predisporre lo sgravio entro 90 giorni e contestualmente il rimborso delle somme pagate dal contribuente prima della decisione .

Procedura pratica: Dopo una sentenza favorevole, il contribuente dovrebbe: 1. Notificare la sentenza all’ente soccombente (es. Agenzia Entrate, Comune, INPS) se questa è una sentenza definitiva, o comunque far pervenire la conoscenza legale della decisione, chiedendo contestualmente l’ottemperanza (cioè l’esecuzione) di quanto statuito. 2. In molti casi l’ente provvede spontaneamente: emette provvedimento di sgravio per sentenza e avvia il rimborso tramite Agente della riscossione (per i ruoli). In effetti, come visto, art.26 D.Lgs.112/99 entra in gioco anche qui . L’agente invierà la comunicazione al contribuente per la restituzione presso sportello o via bonifico . L’ente resta obbligato in via principale: la Cassazione a Sezioni Unite ha statuito che la legittimazione passiva a rimborsare resta in capo all’ente impositore, non all’agente, perché il ruolo tra ente e concessionario riguarda i loro rapporti interni . Tradotto: se l’ente non muove l’agente, è l’ente che il contribuente deve incalzare o citare. 3. Se entro 90 giorni dalla notifica della sentenza il rimborso non arriva, il contribuente deve attivarsi. La legge prevede che prima di andare di nuovo in causa, egli presenti un’istanza sollecitando il rimborso in sede amministrativa . Questo può consistere in una lettera all’ufficio intimando il pagamento dovuto in virtù della sentenza (spesso chiamata “diffida ad adempiere”). 4. Se dopo tale sollecito nulla accade (o l’ente risponde negativamente), allora il contribuente potrà presentare: – Ricorso per ottemperanza (giudizio di ottemperanza) dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale/Regionale competente, chiedendo di ordinare all’ente l’esecuzione della sentenza e nominare eventualmente un commissario ad acta. Questo rimedio è tipico per far rispettare una sentenza passata in giudicato. – Oppure, in alternativa, ricorso avverso il silenzio-rifiuto sul rimborso (ex art.19 co.1 lett.g). In sostanza, decorsi 90 gg dalla richiesta di rimborso senza esito, si può impugnare il silenzio come diniego tacito davanti alla Commissione (ed è quello che è avvenuto nel caso deciso da Cass. ord. 8500/2023 ). – Entrambi i percorsi portano comunque il giudice a ordinare il pagamento se riconosce il diritto già accertato.

In genere, la differenza è che l’ottemperanza si usa su sentenza definitiva non eseguita, mentre il ricorso per diniego di rimborso può essere usato anche se la sentenza non è definitiva ma dichiarata provvisoriamente esecutiva (perché l’ufficio potrebbe procrastinare appellando, ma intanto la legge impone di pagare, vedi ad esempio art.69 D.Lgs.546/92 per sentenze non definitive con garanzia).

Interessi e accessori: In caso di rimborso a seguito di giudizio, spettano: – Interessi: di regola gli interessi maturano dal giorno del versamento indebito. La Cassazione ha chiarito che per i tributi si applicano gli interessi al tasso previsto dalle leggi fiscali (spesso interessi “da rimborso” più eventuale interessi moratori se ritardano oltre 90 gg). – Eventuale rivalutazione monetaria: su somme di natura non tributaria potrebbe spettare (ad es. per sanzioni, o contributi, in certi casi la Cassazione ha riconosciuto rivalutazione + interessi). – Spese legali: se la sentenza le liquida a favore del contribuente, l’ente deve pagarle separatamente, non sono oggetto di rimborso tramite agente ma vanno pagate dall’ente direttamente all’avvocato.

Esempio: Una società impugna una cartella IVA di €50.000 e perde in primo grado; è costretta a pagare metà delle somme per evitare un fermo amministrativo. In appello la Commissione Regionale le dà ragione e annulla la cartella. La società notifica la sentenza all’Agenzia Entrate. Entro 3 mesi l’Agenzia dispone lo sgravio in base alla sentenza e tramite AdER rimborsa, poniamo, €25.000 + interessi legali maturati. L’Agenzia tuttavia propone ricorso per Cassazione e non paga subito. La società allora, decorsi 90 gg, presenta istanza di rimborso all’Agenzia e poi impugna il silenzio. La Commissione Tributaria ordina all’Agenzia di eseguire il pagamento immediatamente, confermando che l’obbligo c’era già ex lege entro 90 gg . A questo punto l’Agenzia paga, evitando ulteriori azioni esecutive.

Caso particolare: multe e sanzioni amministrative: Se la cartella riguardava, ad esempio, una multa stradale, l’impugnazione in genere avviene davanti al Giudice di Pace. Se il GdP annulla la sanzione già pagata, il diritto al rimborso sorge nei confronti dell’ente che ha emesso la multa (Comune, Prefettura, ecc.). Il procedimento non è tributario ma civile/amministrativo: va chiesto il rimborso all’ente e, se non paga, si può agire con atto di precetto basato sulla sentenza (che costituisce titolo esecutivo per la restituzione delle somme). In pratica, anche in questo caso l’ente spesso rimborsa spontaneamente tramite il concessionario (per le multe, alcune Prefetture incaricano Equitalia/AdER di rimborsare). Ad esempio, se una multa di €200 era stata iscritta a ruolo e pagata, e il GdP la annulla, il Comune deve fare sgravio e disporre rimborso di €200. Se tentenna, il cittadino, forte della sentenza, può notificarla e poi iniziare esecuzione forzata contro il Comune stesso.

Attenzione alla mancata impugnazione: È fondamentale distinguere la situazione in cui si è avuta una vittoria in giudizio da quella in cui non si è fatto ricorso e la cartella è divenuta definitiva. Se il contribuente non impugna la cartella entro i termini di legge (di solito 60 giorni), la pretesa diventa definitiva e incontestabile. In tal caso, come vedremo meglio più avanti, la Cassazione ha escluso che il contribuente possa successivamente ottenere un rimborso sostenendo che quella somma non era dovuta . In altre parole, il pagamento di una cartella non opposta non può essere rimesso in discussione tramite un’istanza di rimborso, perché equivarrebbe ad aggirare i termini decadenziali di impugnazione. Quindi, il caso che stiamo trattando qui presuppone che ci sia stata impugnazione e annullamento. Se così è, il rimborso è dovuto; se non c’è stata impugnazione, di norma il rimborso non è ammesso (salvo ipotesi di autotutela volontaria dell’ente).

4. Cartella pagata spontaneamente ma non impugnata: rimborso generalmente precluso

È opportuno dedicare una breve analisi anche alla casistica opposta, cioè quando il contribuente paga senza contestare e solo dopo, a distanza di tempo, sostiene che la somma non era dovuta (magari scoprendo un errore a suo favore o un vizio della cartella).

Regola generale: se una cartella non viene impugnata nei termini (60 giorni per le cartelle da accertamento tributario, 30 giorni per cartelle da multe stradali, 40 giorni per cartelle da contributi INPS, ecc. a seconda dei casi), essa diventa definitiva. Il pagamento che ne segue, in quanto riferito a un atto definitivo, non è ripetibile salvo poche eccezioni. La Corte di Cassazione ha affermato a più riprese che “l’omessa impugnazione della cartella di pagamento … preclude la possibilità di richiedere in un successivo procedimento un nuovo giudizio sull’esistenza del credito” . Dunque non è ammesso presentare un’istanza di rimborso per far riesaminare il merito di una pretesa ormai definitiva (si tratta di evitare che l’istanza di rimborso diventi un modo per riaprire i termini scaduti, in violazione del principio di certezza). In altri termini: pagare e tacere equivale ad accettare la legittimità del debito.

Un contribuente non può quindi, decorso inutilmente il termine di ricorso, pretendere un rimborso sostenendo ad esempio che la cartella aveva un vizio originario (errore di calcolo, prescrizione, ecc.), perché avrebbe dovuto far valere tali ragioni tempestivamente in giudizio . Un tentativo in tal senso verrebbe rigettato come inammissibile. Ad esempio, Cass. n.31236/2020 ha giudicato inammissibile l’azione di rimborso Iva intrapresa da un contribuente che non aveva impugnato la cartella di pagamento, sottolineando che ciò avrebbe costituito un “nuovo giudizio sull’esistenza del credito” precluso dalla definitività dell’atto .

Eccezioni possibili: Quali sono le situazioni in cui, malgrado la mancata impugnazione, si riesce comunque ad avere un rimborso? – Errore di persona o scambio di soggetto passivo: se ad esempio la cartella era intestata erroneamente a un soggetto che non centrava nulla (omonomia, codice fiscale errato) e questi ha pagato, la restituzione è doverosa perché quell’atto non avrebbe dovuto riguardarlo. In tali casi l’istanza di rimborso non mette in discussione il credito in sé, ma l’erroneità soggettiva del pagamento. – Pagamento di importo non dovuto per fatto sopravvenuto di legge: esempio, il contribuente paga una cartella relativa a un tributo poi abolito con effetto retroattivo per legge o oggetto di un condono tombale. Se il legislatore stabilisce espressamente che i pagamenti già fatti vanno restituiti, allora il rimborso avviene (sono situazioni rare, di solito le sanatorie NON prevedono restituzioni di quanto già versato). Ad esempio, la “rottamazione” e lo “stralcio” delle cartelle recenti hanno sempre escluso rimborsi per chi aveva già pagato; solo si estinguevano i debiti residui. – Autotutela dell’ente oltre i termini: se l’ente creditore spontaneamente riconosce un errore anche dopo la definitività e dispone sgravio (cosa che in teoria può fare in casi eccezionali, benché non obbligato), allora conseguentemente rimborserà quanto incamerato indebitamente. È una via di favore, discrezionale. Ad esempio, Equitalia nei suoi regolamenti interni prevedeva che, se un contribuente dimostrava un errore palese (tipo doppio pagamento, o pagamento effettuato su cartella annullata per vizio di notifica scoperto dopo), potesse essere accolto il rimborso anche fuori termine, previo benestare dell’ente creditore. – Riscossione coattiva viziata: se il contribuente non ha impugnato la cartella ma al momento dell’esecuzione forzata (pignoramento) solleva opposizione eccependo che nulla era dovuto perché, ad esempio, il credito era già estinto o prescritto, talvolta il giudice dell’esecuzione può riconoscere l’inesigibilità. In tal caso, se nel frattempo il denaro è stato prelevato (p.es. pignoramento sul conto), il giudice può disporre la restituzione di quanto pignorato illegittimamente. Questo rientra però nelle opposizioni ex art.615 c.p.c., dove la giurisprudenza è molto restrittiva: consente di discutere solo fatti estintivi sopravvenuti o vizi formali gravi, non il merito del tributo (se era dovuto o no, se prescritto prima della cartella è questione che doveva essere fatta valere impugnando la cartella stessa). Quindi è un margine stretto.

In sintesi, pagare subito senza reagire è la scelta peggiore se si vuole conservare la chance di riavere indietro i soldi. Il sistema normativo premia chi contesta nei termini dovuti e scoraggia chi cerca rimedi tardivi. Pertanto, questa “casistica” serve più che altro come monito: se avete dubbi sulla legittimità di una cartella, conviene presentare ricorso o istanza di sgravio subito, piuttosto che pagare e tentare poi improbabili recuperi.

Procedura generale per la richiesta di rimborso

Dalle diverse situazioni esaminate emergono alcuni passaggi comuni che il debitore deve seguire per ottenere il rimborso di somme pagate e non dovute. Riassumiamo quindi la procedura generale, evidenziando le differenze in base alla tipologia di cartella o di ente coinvolto.

1. Presentazione dell’istanza di rimborso

Il primo passo, in assenza di un automatismo già in corso, è sempre quello di presentare una richiesta formale di rimborso all’autorità competente. Questa istanza può assumere nomi leggermente diversi (istanza di rimborso, domanda di rimborso, istanza di restituzione somme indebitamente versate, ecc.), ma la sostanza è la stessa: il contribuente spiega perché ritiene di aver pagato indebitamente e chiede la restituzione.

  • A chi indirizzarla? Nella maggior parte dei casi, l’istanza va rivolta all’ente creditore che ha beneficiato delle somme (Agenzia delle Entrate, Agenzia Entrate-Riscossione per il ruolo Stato, Comune per tributi locali o multe, INPS per contributi, etc.). Questo perché è l’ente che “deve” quei soldi indebitamente percepiti. L’Agente della riscossione, di regola, agisce su istruzione dell’ente creditore. Tuttavia, l’istanza può essere inoltrata per conoscenza anche all’Agente della riscossione quando si tratta di ruoli, dato che sarà coinvolto nel pagamento. Ad esempio, si potrebbe inviare una PEC sia all’Ufficio dell’Agenzia Entrate competente sia ad Agenzia Entrate-Riscossione. In alcuni moduli (come sul sito AdER) addirittura c’è la possibilità di fare la richiesta attraverso l’agente stesso, che poi la trasmette all’ente . Riassumendo: per tributi statali conviene inviare all’Agenzia Entrate; per tributi locali al Comune; per contributi a INPS; se incerti, spedire copia anche ad AdER.
  • Forma dell’istanza: Meglio scritto protocollato o PEC, così da avere prova di presentazione e far decorrere i termini per un eventuale silenzio-rifiuto. Alcuni enti hanno modelli predefiniti: ad esempio vari Comuni pubblicano sul sito moduli per “Istanza di rimborso tributi locali” . In mancanza, va bene una lettera in carta semplice con:
  • Dati anagrafici e di contatto del contribuente (e/o del suo legale rappresentante o procuratore).
  • Riferimenti della cartella: numero di ruolo o di cartella, ente impositore, data notifica.
  • Importo pagato e data del pagamento (allegare ricevute).
  • Motivazione dettagliata per cui il pagamento è indebito: es. “la cartella è stata annullata da sentenza… (allegata)”, “ho versato per errore due volte… (allegate distinte)”, “il debito era già prescritto al momento della cartella, come da documenti…”, “pagamento richiesto non dovuto in quanto non ero più proprietario dell’immobile tassato, vedi atti…”.
  • Richiesta espressa di rimborso della somma X, indicando eventualmente le modalità preferite (es. bonifico indicando IBAN, oppure assegno al domicilio).
  • Data e firma. Se spedita via PEC, firmata digitalmente o con firma autografa scansionata.
  • Allegati: prove di pagamento; copia di eventuali provvedimenti di annullamento (sentenze, sgravio amministrativo); ogni altro documento utile a corroborare la pretesa.
  • Termini di presentazione: Come discusso, variano:
  • Tributi erariali: spesso 48 mesi (4 anni) dal pagamento . Ad esempio per un versamento IRPEF indebito, 4 anni.
  • Tributi locali: 5 anni dal pagamento o da quando si scopre il diritto .
  • Contributi previdenziali: l’INPS indica generalmente 10 anni (termine prescrizionale ordinario) ma per alcuni contributi c’è decadenza di 5 anni. Meglio non aspettare troppo, presentare entro 5 anni è prudente.
  • Multe/sanzioni: 5 anni è il termine di prescrizione ordinario delle sanzioni amministrative (D.Lgs. 150/2011), quindi oltre non avrebbe senso chiedere. Direi 5 anni dal pagamento come limite generale.
  • Se applica l’art.21 D.Lgs.546 (assenza altra norma): 2 anni dal pagamento .

Nota: Questi sono termini di decadenza per l’istanza amministrativa, da non confondere con la prescrizione civilistica. Il risultato pratico però è lo stesso: se ti svegli dopo troppo tempo, perdi il diritto.

2. Attesa dell’esito: accoglimento, diniego o silenzio

Una volta presentata l’istanza di rimborso, l’ente la esamina. Possibili esiti: – Provvedimento di accoglimento: l’ente riconosce il diritto al rimborso e emette un atto (detto talvolta “provvedimento di rimborso” o “provvedimento di sgravio con rimborso”) che dispone il pagamento al contribuente di €X. Questo provvedimento viene di solito comunicato al contribuente. Spesso contestualmente l’ente attiva l’Agente della riscossione per l’erogazione materiale se trattasi di ruolo . L’accoglimento può essere totale o parziale (ad esempio l’ente ammette a rimborso solo una parte, respingendo altra parte). – Provvedimento di diniego (rigetto): l’ente emette un atto formale in cui nega il rimborso, motivando (es: “istanza respinta perché la cartella era legittima e definitiva; non risultano errori né doppie percezioni”, oppure “istanza tardiva oltre i termini di legge”, ecc.). Il diniego deve essere notificato al contribuente. – Silenzio (nessuna risposta entro il termine): se l’ente non adotta alcun provvedimento entro un certo lasso di tempo, la legge considera questo silenzio come rifiuto tacito impugnabile. In ambito tributario, il termine per la formazione del silenzio-rifiuto è 90 giorni dalla richiesta , salvo che la legge speciale preveda un termine diverso. Per i Comuni, essi hanno 180 giorni per decidere , dopodiché si può assimilare il silenzio a diniego. In ogni caso, trascorsi molti mesi senza risposte, conviene muoversi come se fosse diniego.

3. Impugnazione del diniego (espresso o tacito)

Se il rimborso non viene concesso o non arriva, il contribuente deve passare alla fase giurisdizionale per tutelare il proprio diritto.

  • Giudice competente:
  • Per tributi (erariali o locali) e relativi accessori: la competenza è del giudice tributario, ovvero le nuove Corti di Giustizia Tributaria di primo grado (ex Commissioni Tributarie Provinciali). Esse giudicano su rifiuti di rimborso di tasse, imposte, sanzioni tributarie, ecc.
  • Per contributi previdenziali: la competenza è del Tribunale ordinario, sezione lavoro, perché è materia assistenziale/previdenziale. Quindi un diniego di rimborso contributi INPS va portato innanzi al giudice del lavoro (previa eventuale fase amministrativa se richiesta, tipo ricorso al Comitato).
  • Per multe e altre sanzioni amministrative: la competenza rimane del giudice ordinario (Giudice di Pace o Tribunale a seconda del valore). In verità, raramente si arriva a un giudizio sul rimborso di una multa: di solito, come detto, c’è già una sentenza di annullamento, e se non rimborsano spontaneamente si agisce in esecuzione forzata più che in giudizio ordinario di cognizione.
  • Per altri tipi di entrate (es. sanzioni della Corte dei Conti, contributi consortili, ecc.) bisogna vedere caso per caso, ma in generale vale: se l’entrata rientra nella giurisdizione tributaria o pensionistica, seguire quelle; altrimenti il giudice ordinario.
  • Oggetto del ricorso: sarà l’atto di diniego (se c’è un provvedimento scritto) oppure il silenzio-rifiuto. Nel ricorso si chiede al giudice di dichiarare il diritto al rimborso di €X e di conseguenza annullare il diniego e ordinare all’ente il pagamento. Nel processo tributario, come visto, prima bisogna aver presentato l’istanza e attendere 90 gg .
  • Termini per ricorrere:
  • Se c’è un diniego espresso notificato, si hanno 60 giorni (in tributario) dalla notifica per proporre ricorso.
  • Se c’è silenzio-rifiuto, la legge non fissa un termine stringente per impugnare, poiché il silenzio su istanza di rimborso non decade facilmente. Tuttavia, è buona norma non indugiare troppo: entro un anno dal compiersi del silenzio sarebbe opportuno agire, per evitare eccezioni di decadenza impropria. Nel dubbio, considerare 60 gg dal 91° giorno successivo all’istanza.
  • In sede civile (es. giudice del lavoro per INPS) il termine è quello di prescrizione (generalmente 10 anni per indebito), ma conviene agire sollecitamente.
  • Svolgimento del giudizio: Il contribuente (spesso assistito da un avvocato o commercialista, soprattutto in casi di valore elevato) dovrà provare il fatto del pagamento e le ragioni dell’indebito. Se c’era già una sentenza favorevole (caso 3 di cui sopra), la questione è semplice: basta esibire la sentenza e il fatto del pagamento. Se invece è un errore senza contenzioso (caso 1), bisognerà convincere il giudice dell’errore con documenti contabili. L’ente potrà opporsi sostenendo, ad esempio, la tardività o la definitività dell’atto (caso 4). La giurisprudenza, come visto, in quest’ultimo caso è netta: rigetta il ricorso se si cerca di mettere in discussione un atto definitivo .
  • Esito: Se il giudice dà ragione al contribuente, la sentenza condannerà l’ente al rimborso di quanto dovuto, spesso con interessi e spese di lite. Quella sentenza, una volta definitiva, costituisce titolo esecutivo: se l’ente ancora non paga, si potrà agire con esecuzione forzata sui suoi beni (nei limiti consentiti contro la P.A.) o con giudizio di ottemperanza (per gli enti pubblici, specialmente in tributario, l’ottemperanza è preferita perché nomina un commissario ad acta). Comunque, arrivati a questo punto, raramente l’ente si ostina a non pagare, anche perché maturano ulteriori interessi e spese.

4. Erogazione del rimborso

Quando l’ente finalmente dispone il rimborso, occorre monitorare la fase di pagamento: – Se viene effettuato tramite Agenzia Entrate-Riscossione, di regola il contribuente riceverà una comunicazione in cui gli si dice di presentarsi presso uno sportello AdER indicato per riscuotere, entro un certo tempo (es. 3 mesi) . Presentandosi con documento e codice fiscale, gli verrà erogata la somma (contante entro certi limiti o assegno vidimato). In alternativa, la comunicazione gli chiederà un IBAN se preferisce bonifico. – In molti casi, se l’importo è basso (sotto €50) o se non ci si presenta entro il tempo, l’agente può spedire un assegno di traenza non trasferibile all’indirizzo del contribuente, emesso dalla Banca d’Italia per conto del Tesoro. Ciò capita, ad esempio, con alcuni rimborsi fiscali. – Se il rimborso è disposto direttamente dall’ente (alcuni Comuni lo fanno tramite mandato di pagamento), il contribuente potrebbe ricevere un bonifico sul conto (se aveva fornito IBAN) o un vaglia postale. – Controllare che eventuali interessi dovuti siano stati inclusi. Se non lo fossero e spettavano, si può fare ulteriore richiesta per la differenza. – Verificare la trattazione fiscale del rimborso: i rimborsi di imposte indebitamente versate non sono tassati (sono restituzioni di capitale). I relativi interessi invece costituiscono redditi da capitale imponibili per il percettore (es. gli interessi sui rimborsi fiscali sono soggetti a tassazione separata al 20% circa, spesso trattenuta a monte).

5. Chiusura della partita a ruolo

Dopo il rimborso, sarebbe opportuno assicurarsi che la propria posizione presso l’Agente della Riscossione risulti aggiornata. Lo sgravio dovrebbe risultare registrato, in modo che la cartella non compaia più tra i debiti (né possa mai dare adito a futuro pignoramento per errore). Questo controllo può essere fatto accedendo al proprio cassetto fiscale/riscossione online o chiedendo un estratto di ruolo aggiornato post-sgravio.

Nel caso di rimborsi parziali (es. annullata sanzione ma confermato tributo), la cartella potrebbe risultare “pagata parzialmente con sgravio per il resto”. Il residuo eventualmente rimane dovuto.

Infine, conservare tutta la documentazione (istanze, protocolli, ricevute, corrispondenza e l’eventuale provvedimento di rimborso e prova dell’avvenuto accredito), almeno per 5-10 anni, per eventuali futuri controlli o contestazioni.

Domande frequenti (FAQ)

Di seguito, una serie di domande comuni relative al rimborso di cartelle esattoriali, con risposte concise e riferimenti dove opportuno:

D: Ho pagato una cartella “pazza” (cioè palesemente errata). Posso riavere indietro i soldi?
R: Sì, se la cartella era effettivamente errata e non dovevi pagarla, hai diritto al rimborso. È però necessario far annullare la cartella dall’ente che l’ha emessa, tramite autotutela o ricorso. Una volta annullata (sgravio), le somme versate ti saranno restituite tramite l’Agente della riscossione . Senza un provvedimento di annullamento o una sentenza, difficilmente otterrai un rimborso perché l’atto, se non contestato, rimane valido.

D: Ho scoperto di aver pagato due volte la stessa cartella (doppio versamento). Cosa devo fare?
R: Invia subito un’istanza di rimborso per versamento duplicato all’ente creditore (Agenzia Entrate se era un tributo statale, o altro ente). Allegando le prove di entrambi i pagamenti, chiedi la restituzione dell’importo pagato in più. L’ente, verificato l’errore, incaricherà Agenzia Entrate-Riscossione di rimborsarti l’eccedenza . Se l’importo eccedente supera 50€, AdER ti manderà una comunicazione per riscuotere il rimborso . Tempi stimati: pochi mesi se tutto va bene. Se non rispondono entro 90 giorni, puoi sollecitare e successivamente fare ricorso in Commissione Tributaria per il silenzio-rifiuto.

D: Ho vinto il ricorso in Commissione Tributaria contro una cartella e avevo pagato delle somme in pendenza di giudizio. Devo fare domanda di rimborso o mi restituiscono tutto automaticamente?
R: In teoria dovrebbe avvenire d’ufficio entro 90 giorni dalla notifica della sentenza . Nella pratica, conviene trascorsi 90 giorni presentare comunque un’istanza di rimborso (o quantomeno un sollecito/diffida) all’Ufficio, per formalizzare la richiesta . Ciò ti permette, se l’Ufficio non paga, di impugnare il diniego tacito in Commissione. Quindi, benché la legge parli di rimborso automatico, tu assicurati di chiederlo per iscritto non appena la sentenza passa in giudicato, in modo da tutelarti.

D: Chi mi deve materialmente pagare il rimborso? L’Agenzia delle Entrate o Agenzia Entrate-Riscossione?
R: Giuridicamente, il debitore del rimborso è l’ente impositore (Agenzia Entrate, Comune, etc.) . Tuttavia, operativamente, il pagamento viene quasi sempre eseguito dall’Agente della riscossione per conto dell’ente . AdER funge da “sportello” di pagamento: ti inviterà a ritirare la somma o ti manderà un assegno. Questo perché la norma prevede che l’ente incarichi il concessionario che anticipa le somme . Ma se l’ente non dà tale incarico, devi rivolgerti all’ente (magari in giudizio) per sbloccare la situazione . In sintesi: ti paga materialmente AdER, ma su ordine e con fondi dell’ente creditore.

D: Quanto tempo ho per chiedere il rimborso di una cartella pagata?
R: Dipende dal tipo di entrata: – Per tributi statali (es. imposte) spesso 4 anni dal pagamento (48 mesi, ex art. 38 DPR 602/73) . – Per tributi locali (IMU, TARI, ecc.) 5 anni dal pagamento . – Per contributi previdenziali direi entro 5-10 anni (termine di prescrizione contributi, a seconda dei casi). – Per multe e sanzioni amministrative generalmente entro 5 anni dal pagamento (prescrizione quinquennale delle sanzioni). Meglio non aspettare: presentare l’istanza appena scopri l’indebito. Attenzione: questi termini sono per la domanda amministrativa. Se li superi, l’ente rigetterà per decadenza e non potrai far molto.

D: Se non mi rispondono, il silenzio vale come accoglimento?
R: No, nel diritto tributario il silenzio dell’amministrazione sul rimborso vale come rifiuto (silenzio-rigetto) , non come assenso. Quindi non puoi considerare approvata la tua richiesta solo perché l’ente non replica. Al contrario, devi impugnare il silenzio come se fosse un diniego. Fa eccezione la procedura di sospensione L.228/2012: lì, se l’ente non risponde entro 220 giorni alla richiesta di annullamento, scatta l’annullamento automatico del debito iscritto a ruolo. Ma quella è sospensione della riscossione, non rimborso. Per il rimborso in sé, il silenzio ti costringe ad agire legalmente.

D: La cartella riguardava contributi INPS. Per il rimborso devo rivolgermi all’INPS o all’Equitalia (AdER)?
R: L’istanza va presentata all’INPS, essendo l’ente creditore (puoi farla tramite il portale INPS – servizio “rimborso contributi indebiti” – oppure per PEC). Sarà poi l’INPS, una volta riconosciuto l’indebito, a disporre il rimborso. Talvolta l’INPS rimborsa direttamente tramite mandato di pagamento al tuo IBAN, altre volte può avvalersi dell’Agente della riscossione se la somma era transitata da lì. Ad esempio, anni fa l’INPS con Circolare n.165/2004 diede istruzioni per rimborsi di contributi versati in eccesso tramite cartella, prevedendo accrediti diretti al contribuente. Quindi: contatta l’INPS. Equitalia/AdER entra in gioco solo se delegata a pagare (in caso tu debba recarti ai loro sportelli). In molti casi comunque l’INPS preferisce compensare eventuali tuoi crediti con altri periodi contributivi, ma se chiedi espressamente il rimborso liquido, ne hai diritto.

D: Ho pagato una multa a rate tramite cartella, ma poi il Prefetto (o Giudice) l’ha annullata. Mi restituiscono anche le rate che ho già pagato?
R: Sì, se la sanzione viene annullata, tutto ciò che hai pagato deve esserti restituito. Se avevi una rateizzazione in corso, non dovrai pagare le rate successive e hai diritto al rimborso delle rate già versate. Dovrai rivolgerti all’ente impositore (Prefettura per multe del Prefetto, Comune per multe comunali) con copia del provvedimento di annullamento e delle ricevute di pagamento, chiedendo la restituzione. L’ente emanerà lo sgravio sul residuo e ti farà rimborsare, di solito tramite il concessionario della riscossione. Preparati a sollecitare: a volte i rimborsi di sanzioni amministrative sono lenti perché non c’è un termine stringente come per i tributi. Ma il diritto c’è, in base ai principi generali dell’indebito amministrativo.

D: Mi rimborseranno anche gli interessi di mora e le sanzioni che avevo pagato con la cartella?
R: Sì, il rimborso deve comprendere tutte le somme indebitamente pagate, nella misura in cui la cartella è annullata o riconosciuta non dovuta. Quindi non solo il tributo principale, ma anche eventuali sanzioni pecuniarieinteressi di moraaggi di riscossione che erano stati versati, vanno restituiti. Ad esempio, se hai pagato €1000 di cui €800 imposta, €100 interessi e €100 sanzioni, e risulta che nulla era dovuto, ti spettano €1000. Se solo una parte non era dovuta, ti spetta quella parte proporzionale. L’art.26 D.Lgs.112/99 parla in generale di “somme iscritte a ruolo riconosciute indebite” , che comprende ogni componente del ruolo. Inoltre, se avevi pagato spese di esecuzione (pignoramento ecc.) e risulta che non dovevi subire l’esecuzione, potresti chiedere la rifusione anche di quelle (art.17 D.Lgs.112/99). Quindi la risposta è: sì, ti devono rimborsare ogni voce pagata in più. Non ha senso restituire il tributo ma tenersi la sanzione, se la sanzione cade con il tributo.

D: Il mio caso rientrava nella rottamazione delle cartelle, ma io ho pagato tutto prima. Posso avere un rimborso per “eccesso di zelo”?
R: Purtroppo no, le definizioni agevolate (rottamazioni) e gli stralci previsti dal legislatore hanno effetto solo per i debiti non pagati. Se tu hai pagato anticipatamente una cartella che poi è stata condonata per chi non pagava, non è previsto alcun rimborso. È un’amara constatazione ma le norme (es. DL 119/2018, DL 34/2019, L.197/2022 ecc.) esplicitamente affermano che quanto già versato rimane acquisito e non rimborsabile. L’unico conforto: avendo pagato, hai evitato comunque l’aggravio di interessi e sanzioni che invece i morosi avrebbero dovuto in parte pagare anche con la rottamazione. Dunque, la tua “premialità” non è recuperabile monetariamente. Diverso è se hai pagato in più rispetto a quanto prevedeva la rottamazione (ad esempio hai fatto una rateazione ordinaria e poi è intervenuta la rottamazione che prevedeva lo sconto di sanzioni): anche in questo caso, la legge non rimborsa la differenza. Solo chi era in regola con rottamazione e aveva versato somme eccedenti le rate dovute ha potuto imputarle ad altre posizioni, ma non rimborso cash.

D: Ho presentato l’istanza di rimborso al Comune per un tributo locale indebito, ma l’hanno rigettata dicendo che è decorso il termine di 5 anni dal pagamento. Posso fare qualcosa?
R: Se effettivamente sono trascorsi più di 5 anni dal pagamento (o da quando hai scoperto di aver pagato non dovuto) il Comune è nel giusto dal punto di vista della legge: la tua istanza era tardiva e quindi il diniego è legittimo. Purtroppo la decadenza di 5 anni è perentoria e i giudici tributari la applicheranno. Puoi valutare se c’è stato qualche evento che interrompeva o sospendeva il termine (ad es. un ricorso pendente in quei 5 anni, o riconoscimento del debito da parte dell’ente), ma in assenza di ciò, difficilmente otterrai il rimborso. In futuro, ricorda di rispettare i termini; oltre 5 anni subentra la prescrizione.

D: C’è differenza tra “sgravio” e “rimborso”?
R: Sì. Sgravio significa l’eliminazione del debito dal ruolo, cioè l’annullamento (totale o parziale) della cartella . Il rimborso è la materiale restituzione di denaro pagato indebitamente. Lo sgravio può avvenire anche senza rimborso (esempio: sgravio prima che tu paghi, quindi non c’è nulla da rimborsare). Il rimborso avviene di solito “contestualmente allo sgravio” se avevi pagato . In pratica: prima si sgrava (si annulla il debito nell’archivio), poi si rimborsa (si restituisce il soldi). Nel gergo AdER, parlano di “rimborso da sgravio” proprio per indicare i rimborsi conseguenti a uno sgravio disposto dall’ente . Quindi sono concetti collegati ma distinti.

D: Posso chiedere di compensare il mio credito da rimborso con altre cartelle che devo pagare?
R: In linea di massima, la compensazione “fai-da-te” non è ammessa per importi iscritti a ruolo (c’era una vecchia facoltà di compensare crediti con debiti a ruolo ma oggi è molto limitata). Tuttavia, normative recenti hanno introdotto la compensazione forzosa: se hai un rimborso fiscale > €500, l’Agenzia può automaticamente usarlo per pagare tue cartelle in sospeso . Quindi potrebbe accadere senza che tu lo chieda. Se invece vuoi tu chiedere di scalare il credito su debiti, alcuni enti lo consentono: ad esempio, un Comune potrebbe accordare di compensare un rimborso IMU con la tua posizione TARI dovuta. Ufficialmente però dovresti ricevere il rimborso e poi pagare a parte le altre cartelle. L’art. 28-ter DPR 602/73 ora come detto impone la compensazione per crediti erariali in presenza di debiti >500€. Quindi la tua volontà qui conta poco: il meccanismo scatterà d’ufficio. In conclusione, raramente vedrai i soldi se hai altri debiti pendenti: verranno trattenuti per quelli, tranne l’eventuale eccedenza che ti sarà data .

D: Cosa succede se l’ente rifiuta di rimborsare nonostante sia palese che ho ragione?
R: Dopo aver esperito il ricorso e ottenuto una sentenza favorevole, se l’ente ancora non paga, puoi andare in esecuzione forzata (pignorare conti correnti dell’ente pubblico, nei limiti consentiti dalla legge – per esempio, non si possono pignorare fondi destinati a stipendi o servizi essenziali, ma i fondi in bilancio per rimborsi sì). In ambito tributario conviene attivare il giudizio di ottemperanza presso la Corte di Giustizia Tributaria: questa nominerà un commissario che preleverà le somme dovute dal bilancio dell’ente e te le accrediterà. È una procedura incisiva e risolve il problema. In casi estremi, valutabili con un legale, si può anche chiedere il risarcimento danni per ingiustificato ritardo (ad esempio se il mancato rimborso ti ha causato danni patrimoniali). Ricorda però che questi sono scenari rari: di solito, ottenuta una sentenza, la P.A. si adegua.

Tabelle riepilogative

Di seguito, alcune tabelle di sintesi che riassumono gli aspetti chiave del rimborso di una cartella esattoriale dal punto di vista del debitore.

Tabella 1: Tipologie di cartella e riferimenti per il rimborso

Tipologia di debito in cartellaGiurisdizione competenteTermine per richiesta rimborsoNormativa chiaveNote
Tributi erariali (es. IRPEF, IVA, bollo)Giustizia Tributaria (Commissioni/Corti tributarie)48 mesi dal pagamento (in genere)DPR 602/1973 art.38 ; D.Lgs.546/92 art.2190 gg silenzio = diniego ; art.68 D.Lgs.546 rimborso entro 90 gg da sentenza .
Tributi locali (IMU, TARI, ecc.)Giustizia Tributaria5 anni dal pagamentoL.296/2006 art.1 c.164Ente locale deve decidere in 180 gg . Silenzio dopo 180 gg = rifiuto impugnabile.
Contributi previdenziali (INPS, INAIL)Tribunale ordinario (sez. lavoro)10 anni (prescrizione)¹– (Circolari interne INPS; art.2033 c.c. per indebito)Obbligo previa domanda amministrativa all’ente (es. INPS). Ricorso giudiziale entro termini di prescrizione se diniego.
Multe stradali, sanzioni amm.veGiudice di Pace / Tribunale5 anni (prescrizione sanzioni)L.689/81 art.28 (indebito amm.vo); Codice della Strada artt.203-204Necessaria previa cancellazione della sanzione (es. da Prefetto/Giudice). Sentenza di annullamento = titolo per rimborso.
Altre entrate (es. tasse camere commercio)Dipende (spesso giudice ord.)Variabile (spesso 10 anni)Norme specifiche dell’ente; c.civ. indebitoSeguire regole generali se non c’è norma ad hoc (2 anni se tributo non fiscale).
  1. Nota: per contributi previdenziali il termine di 10 anni è quello di prescrizione ordinaria ex art.2946 c.c.; alcune contribuzioni hanno termini più brevi per il rimborso, ma per importi a ruolo generalmente si adotta la prescrizione decennale salvo diversa indicazione.

Tabella 2: Casi di indebito e procedure di rimborso

Causa dell’indebito (casistica)Come ottenerne riconoscimentoDocumenti chiave da allegareProcedura di rimborso
Errore di pagamento (importo versato in eccesso o doppio pagamento)Istanza di rimborso all’ente creditore.Ricevute di tutti i pagamenti effettuati; estratti conto se utili.Ente verifica l’eccedenza, emette provvedimento, incarica Agente riscossione di restituire l’eccedenza (entro ~60 gg dall’incarico) . AdER notifica al contribuente di riscuotere il rimborso .
Cartella annullata in autotutela (sgravio)Provvedimento di sgravio dall’ente creditore. (Previa istanza di autotutela o sospensione legale da parte del contribuente)Provvedimento di sgravio; eventuale prova che la richiesta di annullamento è stata presentata (istanza, PEC, ecc.).Ente comunica lo sgravio ad AdER . Se pagamento già avvenuto, l’ente incarica AdER del rimborso . AdER eroga il rimborso al contribuente (comunicazione per ritiro/bonifico).
Cartella annullata da sentenza (ricorso vinto)Sentenza favorevole (passata in giudicato o provvisoriamente esecutiva).Copia conforme della sentenza; prova della notifica della sentenza all’ente; ricevute pagamenti effettuati.Ente deve eseguire la sentenza entro 90 gg : emette sgravio e dispone rimborso tramite AdER . Se ente inerte: contribuente fa diffida e poi ricorso per silenzio/ottemperanza . AdER una volta incaricata paga il dovuto.
Pagamento di cartella non dovuta ma non impugnata (atto definitivo)– (Nessun riconoscimento automatico; solo per autotutela discrezionale)Eventuali prove di errore macroscopico (es. attestazione doppio pagamento, errore persona).Nessun diritto automatico al rimborso . Si può tentare istanza di autotutela all’ente, sperando in sgravio volontario. Senza sgravio, l’istanza di rimborso verrà rigettata come inammissibile. In generale, rimborso precluso .
Condono/Stralcio legislativo dopo il pagamento– (La legge di condono in genere esclude rimborsi)Nessun rimborso ammesso salvo previsione espressa (rara). Se la legge prevedesse rimborso, seguire modalità attuative previste dal legislatore. Di solito, “quanto pagato è acquisito”.
Pagamento in pendenza di giudizio (senza sospensione) e poi vittoria parziale (es. importo ridotto)Sentenza che ridetermina la somma dovuta (es. annulla sanzioni, riconosce prescrizione parziale, etc.).Sentenza; prova di versamenti effettuati.Ente esegue sentenza predisponendo rimborso della parte non dovuta . Il contribuente può contestualmente compensare l’eventuale parte residua dovuta. Se ente non paga, solito iter di sollecito e ricorso per silenzio.
Versamento spontaneo su cartella poi sospesa (es. in attesa di definizione)Provvedimento finale che esonera dal pagamento (es. esito autotutela o sanatoria).Documento che dispone l’esonero (annullamento, o adesione a sanatoria con importo minore). Ricevuta versamento effettuato.Il surplus versato viene rimborsato. Talora l’ente può imputarlo ad altri debiti se il contribuente acconsente. Altrimenti, stesso iter: ente -> incarico a AdER -> rimborso al contribuente.

Tabella 3: Tempistiche del procedimento di rimborso

FaseTempistica prevista/auspicataRiferimenti
Presentazione istanza di rimborsoEntro 2, 4 o 5 anni dal pagamento (in base al tributo).DPR 602/73 art.38 ; L.296/06 c.164 ; D.Lgs.546/92 art.21 .
Risposta dell’ente (accoglimento/rigetto)90 giorni (tributi erariali); 180 giorni (tributi locali); variabile altri casi. Silenzio dopo tale periodo = diniego tacito.Statuto contrib. art.6 c.5; L.296/06 c.164 ; Cass. 8500/2023 .
Rimborso erogato da AdER dopo incarico60 giorni dall’incarico dell’ente a AdER (per legge). Spesso comunicazione al contribuente entro 30 gg e poi pagamento in 60 gg.D.Lgs.112/99 art.26 co.1 ; Cass. SSUU 2017 n.1238 (termini ordinatori).
Ricorso contro diniego/silenzioEntro 60 gg da notifica diniego oppure decorso 90 gg (silenzio).D.Lgs.546/92 art.19 e 21 .
Sentenza di condanna al rimborso: esecuzione90 gg dall’intimazione/ notifica sentenza per adempiere volontariamente.D.Lgs.546/92 art.68 (per sentenze tributarie esecutive).
Giudizio di ottemperanza (in caso di mancato adempimento)Non prima di 90 gg dalla notifica della sentenza definitiva. Durata giudizio: ~6-12 mesi.D.Lgs.546/92 art.70.

(Le tempistiche sopra indicate sono orientative e riferite al caso di rimborso tributario. In ambito civilistico/previdenziale, i tempi di causa possono variare.)

Simulazioni pratiche (casi esemplificativi)

Per comprendere meglio l’applicazione concreta di queste regole, esaminiamo alcune situazioni tipo dal punto di vista di un contribuente/debitore e vediamo come andrebbe gestita la richiesta di rimborso.

Caso 1: Doppio pagamento di una cartella IRPEF
Tizio riceve una cartella per IRPEF da €2.000. Paga tramite home banking ma, per un errore del sistema, il pagamento viene eseguito due volte (risultano due addebiti da €2.000 ciascuno). Tizio se ne accorge dall’estratto conto e vede anche sul sito dell’Agente Riscossione che la cartella risulta “pagata” con un’eccedenza di versamento di €2.000. Cosa deve fare Tizio?
– Azione: Tizio presenta immediatamente un’istanza di rimborso all’Agenzia delle Entrate (ente creditore), segnalando il doppio pagamento e allegando le ricevute bancarie. Invia copia anche ad Agenzia Entrate-Riscossione.
– Evoluzione: Dopo 2 mesi, Tizio riceve da Agenzia Entrate-Riscossione una raccomandata: è una “Comunicazione di rimborso” che riconosce un’eccedenza di €2.000 e invita Tizio a recarsi presso lo sportello Equitalia/AdER di zona entro 3 mesi per riscuotere, oppure a comunicare un IBAN per accredito .
– Risoluzione: Tizio opta per il bonifico, inserisce i dati sul portale come indicato. Nel giro di altri 30 giorni riceve €2.000 sul conto. Caso risolto.
– Note: Tizio ha agito entro termini (subito) quindi nessun problema di decadenza. Ha avuto fortuna che l’iter è stato rapido (talora bisogna attendere un po’ di più). Non ha dovuto pagare spese né fare ricorsi, il meccanismo amministrativo ha funzionato.

Caso 2: Cartella INPS per contributi indebitamente richiesti
Caio, artigiano, riceve nel 2019 una cartella per contributi INPS di anni passati per €5.000. Lui paga tutto subito per evitare problemi. Dopo qualche mese, l’INPS stessa gli comunica di aver riscontrato un errore: in realtà Caio non doveva quei €5.000 (doppia iscrizione di un periodo già versato). Viene emesso dall’INPS un provvedimento di annullamento del debito. Come riavrà i soldi Caio?
– Azione: In teoria Caio non deve neanche fare istanza, dato che l’INPS ha riconosciuto l’errore. L’INPS invia ad Equitalia (AdER) lo sgravio della cartella per €5.000 con causale “errata iscrizione”. Caio però, per sollecitare, presenta comunque un’istanza di rimborso online sul portale INPS, allegando il provvedimento di annullamento e le ricevute di pagamento.
– Evoluzione: Dopo 4 mesi, non avendo ricevuto nulla, Caio contatta il numero INPS: apprende che il rimborso è stato autorizzato ma c’è attesa di fondi. Dopo 6 mesi dall’istanza, Caio riceve un bonifico dall’INPS di €5.000 sul suo conto (avendo egli registrato l’IBAN sul profilo INPS).
– Risoluzione: Caio ha ottenuto il rimborso integrale.
– Note: Qui AdER paradossalmente non è intervenuta a pagare (INPS ha preferito rimborsare direttamente). Se Caio non avesse ricevuto nulla, avrebbe potuto portare l’INPS in Tribunale; non ce n’è stato bisogno. Questo caso mostra che per contributi la trafila può essere diversa: ente che riconosce l’indebito = rimborso d’ufficio (ma tempistiche non garantite, Caio ha dovuto sollecitare).

Caso 3: Rimborso dopo vittoria in Commissione Tributaria
Sempronio riceve una cartella per IVA non versata di €10.000. Impugna la cartella alla Commissione Tributaria sostenendo di aver già pagato quell’IVA tramite F24 (dunque trattasi di doppia imposizione). Non ottiene sospensione, quindi per evitare ipoteche versa €10.000 ad Equitalia. Un anno dopo, la Commissione Tributaria Provinciale gli dà ragione: cartella annullata perché il debito non esisteva (era un errore dell’Ufficio). Sempronio ha quindi diritto al rimborso dei €10.000. Come procede?
– Azione: Appena la sentenza diventa definitiva (l’ufficio non appella, o eventualmente dopo l’appello), Sempronio notifica la sentenza all’Agenzia Entrate e contestualmente presenta istanza di rimborso dei €10.000 pagati, con interessi dal giorno del pagamento.
– Evoluzione: L’Agenzia delle Entrate emette entro 60 giorni lo sgravio per sentenza e trasmette ordine di rimborso ad Agenzia Entrate-Riscossione . AdER invia a Sempronio una lettera dove lo invita a recarsi presso la filiale locale. Sempronio si presenta con documento e riceve un assegno circolare di €10.000 + €150 di interessi maturati (importo fittizio di esempio).
– Risoluzione: Rimborso eseguito entro circa 4 mesi dalla conclusione del giudizio. Sempronio incassa l’assegno versandolo in banca.
– Note: In questo caso, l’Ufficio ha collaborato. Se fosse rimasto inerte 90+ giorni, Sempronio avrebbe fatto ricorso per silenzio e/o ottemperanza e avrebbe comunque ottenuto soddisfazione, magari con qualche mese in più e spese legali aggiuntive rifuse.

Caso 4: Cartella non impugnata e pagata, poi ritenuta ingiusta
Mevia riceve nel 2018 una cartella per TARSU (tassa rifiuti) dal suo Comune per €800. Crede che sia dovuta e la paga subito. Solo nel 2021 scopre, parlando con un nuovo commercialista, che in realtà quella cartella era errata: il Comune le aveva addebitato anni prescritti. Mevia vorrebbe riavere gli €800. Che chance ha?
– Azione: Mevia nel 2021 presenta istanza di rimborso al Comune, sostenendo la prescrizione.
– Evoluzione: Il Comune risponde con diniego motivando che la cartella del 2018 non fu impugnata e che comunque il rimborso è richiesto oltre 5 anni dal versamento (2018-2021 sono 3 anni, quindi entro i termini, ma la non impugnazione basta come motivo di rigetto).
– Risoluzione: Mevia consulta un avvocato: questi le spiega che effettivamente la giurisprudenza esclude rimborsi in assenza di impugnazione . Anche volendo fare ricorso, sarebbe respinto. L’avvocato suggerisce semmai di chiedere in autotutela al Comune la cortesia di riconsiderare il caso visto che c’era prescrizione, ma il Comune aveva ragione legale nel rigettare. Nessun rimborso ottenuto.
– Note: Questo caso illustra l’importanza di non far decorrere i termini di ricorso. Mevia è rimasta senza rimedio legale. L’unica speranza (remota) è un atto di clemenza del Comune, che però è vincolato dalla legge. Risultato: €800 persi per sempre.

Caso 5: Pagamento parziale in conciliazione e rimborso eccedenza
Baldo riceve un avviso di accertamento IRAP da €50.000, impugna e durante il giudizio di primo grado ottiene una conciliazione giudiziale: concorda col Fisco di pagare €30.000 e rinunciare al resto. Viene emessa cartella per €30.000 (con sanzioni ridotte) che Baldo paga subito. Anni dopo, però, la Direzione regionale invalida quell’accertamento per un vizio formale e annulla tutto (ipotesi rara). Baldo aveva pagato €30.000 ma ora non deve più nulla. Come ottiene rimborso?
– Azione: L’Agenzia Entrate comunica l’annullamento in autotutela di quel accertamento e trasmette sgravio totale del ruolo da €30.000. Baldo presenta comunque un’istanza di rimborso per sicurezza.
– Evoluzione: L’Agenzia incarica AdER di rimborsare. Baldo riceve il rimborso tramite bonifico di €30.000 (poiché aveva fornito IBAN nell’istanza).
– Risoluzione: Tutto risolto entro pochi mesi dall’annullamento.
– Note: Situazione non comune, ma dimostra che anche pagamenti derivanti da accordi transattivi, se cadono gli accordi per causa non imputabile al contribuente, generano indebito da restituire.

Ogni caso reale può presentare particolarità ulteriori, ma gli esempi fatti coprono un ventaglio di ipotesi frequenti (errore, vittoria giudiziale, inerzia nel ricorso, ecc.). L’importante per il contribuente è muoversi con tempestività e tenere traccia documentale di tutto.

Appendice A – Fac-simile di Istanza di Rimborso

(Di seguito un modello generico di istanza di rimborso somme indebitamente versate a seguito di cartella esattoriale. Va adattato al caso specifico compilando le parti in maiuscolo e inserendo le informazioni pertinenti.)

Oggetto: Istanza di rimborso somme indebitamente versate – Cartella di pagamento n. XXX

Alla c.a. ENTE CREDITORE (Agenzia delle Entrate/Direzione Provinciale di …, Comune di …, INPS sede di …, ecc.)
e, p.c. Agenzia delle Entrate-Riscossione – Area di … (se pertinente)

Il/La sottoscritto/a NOME COGNOME, Codice Fiscale XXX, residente in Indirizzo, in qualità di destinatario della cartella di pagamento indicata in oggetto, espone quanto segue:

  • In data DATA NOTIFICA gli è stata notificata la cartella di pagamento n. XXX emessa da ENTE per conto di ENTE CREDITORE avente ad oggetto descrizione del debito (es: IRPEF anno …, IMU anno …, Contributi INPS …) per un importo totale di € XXXX.
  • In data DATA PAGAMENTO il sottoscritto provvedeva al pagamento della suddetta cartella, come da copia della ricevuta di pagamento allegata (allegato 1).
  • Si ritiene tuttavia che l’importo pagato risulti indebitamente versato in tutto/in parte, per le seguenti motivazioni: (descrivere in modo chiaro e dettagliato le ragioni dell’indebito). Esempio di motivazione: “la somma era già stata corrisposta in precedenza in data … come da attestazione (allegato 2)”, oppure “il Tribunale di … con sentenza n. … del … (allegato 3) ha annullato in toto la pretesa tributaria sottesa alla cartella”, oppure “l’ente impositore con provvedimento prot. … del … (allegato X) ha annullato d’ufficio il debito iscritto a ruolo”, oppure altra causa (errore di calcolo, doppio pagamento, ecc. con relativi riferimenti documentali).
  • Pertanto, alla luce di quanto sopra, le somme versate dal sottoscritto risultano non dovute e ne è maturato il diritto alla restituzione ai sensi dell’art. 26 D.Lgs.112/1999 e delle altre disposizioni normative applicabili (es. art. 38 DPR 602/73, art.1 c.164 L.296/06, art.2033 c.c. etc. a seconda dei casi).

Tutto ciò premesso, il sottoscritto istante

CHIEDE

che codesto spett.le ENTE CREDITORE voglia: 1. Riconoscere l’indebito e disporre il rimborso in suo favore della somma di € XXX, corrisposta in eccesso/non dovuta a seguito della cartella di pagamento n. XXX. 2. Provvedere a tal fine all’emissione del relativo provvedimento di rimborso/sgravio e all’accredito della somma indicata oltre agli interessi di legge maturati, preferibilmente mediante bonifico bancario sul c/c IBAN ITXX XXXX intestato a NOME COGNOME (in alternativa: “mediante emissione di vaglia/assegno intestato al sottoscritto, da inviarsi al domicilio”). 3. Comunicare l’esito della presente istanza all’indirizzo sopra indicato o via PEC all’indirizzo PEC DEL CONTRIBUENTE.

Si allegano i seguenti documenti a supporto: – Copia della cartella di pagamento n. XXX e relazione di notifica (allegato ). – Copia ricevuta di pagamento della cartella in data  (allegato ). – (Altri allegati rilevanti: ad es. copia di sentenza, provvedimento di sgravio, ricevuta di precedente pagamento duplicato, estratto conto contributivo, ecc.).

Si resta in attesa di cortese riscontro. In difetto, decorsi i termini di legge (90 giorni, ai sensi dell’art.19 D.Lgs.546/92, ovvero 180 giorni ex art.1 c.164 L.296/06 per i tributi locali) senza risposta, ci si riserva di tutelare le proprie ragioni nelle competenti sedi giudiziarie.

Distinti saluti.

Luogo e data: XXXX
Firma: Nome Cognome

Recapiti:
– Indirizzo postale: Via…, Città
– Indirizzo PEC: …@…
– Telefono: 

(Questo modello va adattato caso per caso. In particolare, modulare i riferimenti normativi e termini: per un tributo locale citare la L.296/06 e il termine 5 anni/180gg; per un tributo erariale citare DPR 602/73 e 90gg, etc.)

Appendice B – Schema di Ricorso (Commissione Tributaria)

(Si fornisce uno schema di ricorso introduttivo avanti la Commissione Tributaria per impugnare un diniego (espresso o tacito) di rimborso relativo a una cartella. È uno schema generale; in caso di giurisdizione diversa – es. giudice ordinario – andrebbe redatto secondo le regole proprie, ma i contenuti fattuali sarebbero analoghi.)

RICORSO
Alla Corte di Giustizia Tributaria di Primo Grado di XXX (già Commissione Tributaria Provinciale)

Ricorrente: NOME COGNOME, C.F. , residente in …, elettivamente domiciliato in … presso lo studio dell’Avv. …, che lo rappresenta e difende giusta procura in calce/allegata (eventuale indicazione difensore);

Resistente: Ente creditore (es. Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di …, C.F. …), in persona del Direttore pro tempore, con domicilio in … (indirizzo dell’ufficio locale);

Oggetto: Impugnazione diniego (anche tacito) di rimborso somme versate su cartella di pagamento n. 

  • Fatti e svolgimento: Il ricorrente espone che in data  ha ricevuto la cartella di pagamento n. … per €…, relativa a …(descrizione). La cartella veniva pagata in data … come da ricevuta. Successivamente è emerso che tale importo non era dovuto per le ragioni che seguono: …(spiegare brevemente: ad es. “la cartella è stata annullata da sentenza …”, oppure “il versamento era stato effettuato due volte, come comunicato all’Ufficio…” ecc.). Pertanto, il Sig. … presentava a Ente istanza di rimborso in data … (protocollo n. …), rimasta senza esito (ovvero: respinta con provvedimento prot. … notificato il …). Sono decorsi oltre 90 giorni dalla presentazione senza ricevere il dovuto. Si configura dunque diniego tacito di rimborso ai sensi dell’art.19 co.1 lett.g) D.Lgs.546/92.
  • Motivi di diritto: Il diniego di rimborso è illegittimo per i seguenti motivi:
    1) Insussistenza dell’obbligazione tributaria originaria / Pagamento indebito. (Illustrare il motivo per cui la somma non era dovuta: ad esempio, “la sentenza CTR n…/2023 passata in giudicato ha annullato l’avviso presupposto, dunque il pagamento è indebito ex art.68 D.Lgs.546/92”, oppure “si è verificato errore di doppio versamento, quindi indebito oggettivo ex art.2033 c.c., l’Ufficio avrebbe dovuto riconoscerlo”). Conseguentemente, le somme versate dal ricorrente devono essere restituite.
    2) Violazione di legge – obbligo di rimborso d’ufficio. Si richiama l’art.26 D.Lgs.112/99 che impone all’ente impositore di rimborsare le somme iscritte a ruolo riconosciute indebite , nonché l’art.68 co.2 D.Lgs.546/92 per cui il rimborso andava eseguito entro 90 gg . Il comportamento omissivo dell’Ufficio viola tali disposizioni.
    3) Eccesso di potere per difetto di istruttoria (se diniego espresso): L’Ufficio, nel rigettare l’istanza, non ha adeguatamente considerato la documentazione prodotta (es: quietanza precedente pagamento, sentenza, etc.) che prova l’indebito. Ciò rende il diniego ingiusto e infondato.
    (Altri eventuali motivi, ad es. violazione Statuto Contribuenti, ecc.)
  • Prove: Si offre in comunicazione, mediante deposito, la seguente documentazione:
  • Copia cartella di pagamento n… e relativa prova di notifica;
  • Ricevuta versamento €… del … (pagoPA/F24 ecc.);
  • Istanza di rimborso del … con protocolli;
  • Eventuale provvedimento impugnato (diniego scritto) se esistente;
  • (Altro: ad es. sentenza Commissione Tributaria, documenti attestanti doppio pagamento, provvedimento di sgravio dell’ente, ecc.).
    Si chiede sin d’ora, ove necessario, di ordinare all’Ente resistente l’esibizione dei propri fascicoli relativi al ruolo n…, nonché si riserva di integrare prove in corso di causa ove consentito.
  • Diritto applicabile: Art.19 D.Lgs.546/92 (impugnabilità diniego rimborso), art.21 (tempistica domanda), art.68 co.2 (rimborso ufficio 90gg), art.26 D.Lgs.112/99 (modalità rimborso tramite agente) e norme del codice civile in tema di indebito oggettivo (art.2033 c.c.). Giurisprudenza: Cass. n.8500/2023 su legittimazione passiva dell’ente impositore e necessità di previa istanza ; Cass. n.31236/2020 su preclusione a rimborso senza impugnazione (non applicabile qui poiché cartella già annullata) .

Tutto ciò premesso, il ricorrente conclude chiedendo che Codesta Ecc.ma Corte voglia:

  • In via principale: accertare il diritto del ricorrente al rimborso della somma di €  indebitamente versata in relazione alla cartella n. … e, per l’effetto, annullare il silenzio-rifiuto opposto dall’ente resistente disponendo che lo stesso provveda al pagamento di detto importo in favore del ricorrente, oltre agli interessi previsti dalla legge dal giorno del versamento al saldo effettivo.
  • In via subordinata (eventuale): nominare, in sede di ottemperanza, un commissario ad acta che provveda alla erogazione del rimborso, stante l’inerzia sinora mostrata dall’ente. (NB: questa richiesta in realtà si fa dopo, nel giudizio di ottemperanza, non nel ricorso principale).
  • Con vittoria di spese di giudizio da liquidarsi a carico della parte resistente.

Luogo, data.

Firma Avvocato/Contribuente ricorrente

(Segue la procura alle liti se non a margine, e la notifica del ricorso all’ente secondo le regole – es. via PEC nel processo tributario telematico.)

Osservazione finale: La redazione di un ricorso tributario formale è materia tecnica; sopra ne abbiamo abbozzato uno semplificato. In ogni caso, il ricorrente dovrà adattare le conclusioni al suo caso (ad es. importo esatto richiesto, indicazione se includere interessi e spese). Nel caso in cui il ricorso avesse esito positivo, la sentenza ottenuta costituirà la base per ottenere il rimborso forzoso qualora l’ente ancora tardasse nell’esecuzione.

Bibliografia normativa & giurisprudenziale essenziale:
– D.P.R. 602/1973, art. 38 (rimborso imposte entro 48 mesi) .
– D.Lgs. 112/1999, art. 26 (rimborso somme iscritte a ruolo indebite: ente incarica concessionario) .
– Legge 296/2006, art.1 c.164 (rimborso tributi locali entro 5 anni, 180 gg per erogazione) .
– D.Lgs. 546/1992, art. 19 co.1 lett.g (impugnabilità rifiuto di rimborso); art.21 (decadenza istanza 2 anni se no norma); art.68 co.2 (rimborso d’ufficio entro 90 gg da sentenza) .
– Cass. civ. Sez. Trib. ord. n.31236/2020 (omessa impugnazione cartella preclude contestazione successiva del credito, no rimborso) .
– Cass. civ. Sez. Trib. ord. n.8500/2023 (rimborso post-sentenza: ente impositore passivamente legittimato, obbligo sollecito amministrativo prima del ricorso) .
– Comune di Cesano Boscone – Carta servizi (procedure rimborso tributi locali e sgravio) .

Hai pagato una cartella esattoriale e hai scoperto che l’importo richiesto era indebito o non dovuto? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Hai pagato una cartella esattoriale e hai scoperto che l’importo richiesto era indebito o non dovuto?
Vuoi sapere come chiedere il rimborso e quali sono i tuoi diritti?

Il contribuente ha diritto al rimborso delle somme versate indebitamente, a condizione che presenti la domanda entro i termini di legge e con la documentazione necessaria. Il rimborso può riguardare imposte non dovute, sanzioni illegittime, duplicazioni di pagamento o somme richieste da una cartella annullata.

👉 Prima regola: controlla sempre le cartelle già pagate e verifica se sono state successivamente annullate o rideterminate.


⚖️ Quando puoi chiedere il rimborso

  • Pagamento di somme non dovute a seguito di errore dell’Agenzia delle Entrate o dell’agente della riscossione;
  • Cartella annullata con sentenza o autotutela dopo che era già stata pagata;
  • Versamento duplicato della stessa imposta;
  • Sanzioni o interessi riscossi oltre i limiti di legge;
  • Pagamenti eccedenti rispetto al debito effettivo.

📌 Termini da rispettare

  • In generale, la richiesta va presentata entro 48 mesi dal pagamento;
  • Per alcuni tributi locali (IMU, TARI, ecc.), si applicano i termini previsti dai regolamenti comunali;
  • La decorrenza parte dalla data del pagamento o dall’annullamento della cartella.

🔍 Come presentare la domanda

  1. Individua l’ente creditore: può essere l’Agenzia delle Entrate, l’INPS, un Comune o altro ente impositore;
  2. Compila l’istanza di rimborso, indicando i dati della cartella, la somma versata e le ragioni della richiesta;
  3. Allega i documenti: ricevute di pagamento, cartella esattoriale, provvedimenti di annullamento, eventuale sentenza;
  4. Invia la richiesta all’ente creditore tramite PEC, raccomandata o sportello;
  5. Attendi la risposta: l’ente ha l’obbligo di esaminare la domanda e pronunciarsi.

🧾 Documenti utili

  • Copia della cartella esattoriale;
  • Ricevute di pagamento (F24, bollettini, quietanze);
  • Provvedimento di annullamento o sgravio (se esistente);
  • Sentenza della Corte di Giustizia Tributaria o altro organo;
  • Copia di eventuali comunicazioni con l’ente impositore o l’agente della riscossione.

🛠️ Strategie di difesa

  • Agire subito: non perdere i termini di decadenza;
  • Richiedere autotutela se il debito era manifestamente inesistente;
  • Ricorrere al giudice tributario se l’ente rifiuta il rimborso;
  • Chiedere interessi legali sulle somme restituite;
  • Verificare altre cartelle per individuare ulteriori importi rimborsabili.

🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

📂 Verifica la legittimità delle cartelle già pagate;
📌 Redige e presenta l’istanza di rimborso con la documentazione necessaria;
✍️ Predispone ricorsi contro il diniego o il silenzio dell’ente creditore;
⚖️ Ti rappresenta davanti alla Corte di Giustizia Tributaria;
🔁 Suggerisce controlli preventivi sulle cartelle per evitare futuri pagamenti indebiti.


🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in riscossione esattoriale e rimborsi tributari;
✔️ Specializzato in difesa di contribuenti contro cartelle illegittime;
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.


Conclusione

Il rimborso di una cartella esattoriale indebitamente pagata è un diritto del contribuente, ma va richiesto nei tempi e con la documentazione corretta.
Con l’assistenza legale adeguata puoi ottenere la restituzione delle somme, comprensive di interessi, e difendere i tuoi diritti fiscali.

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  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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