Hai ricevuto una cartella esattoriale dall’Agenzia delle Entrate dopo la scissione della società di cui eri socio? In questi casi, l’Amministrazione Finanziaria può ritenere che i debiti fiscali della società scissa si trasferiscano, in tutto o in parte, alla società beneficiaria o addirittura ai soci, chiamati a rispondere solidalmente. Tuttavia, non sempre la pretesa è legittima: esistono limiti di legge alla responsabilità e strumenti difensivi per opporsi a richieste indebite.
Quando l’Agenzia delle Entrate notifica cartelle dopo una scissione
– Se la scissione ha comportato il trasferimento di rami d’azienda con debiti fiscali pregressi
– Se l’Amministrazione ritiene che i soci abbiano ricevuto beni o vantaggi patrimoniali in sede di scissione
– Se la società originaria è stata estinta e non ha più patrimonio per soddisfare i creditori
– Se l’atto di scissione non ha previsto correttamente la ripartizione dei debiti
– Se vi sono sospetti di scissione elusiva o simulata, volta a sottrarre patrimonio alle pretese fiscali
Conseguenze per i soci
– Possibile responsabilità solidale nei limiti del patrimonio ricevuto dalla scissione
– Rischio di azioni esecutive personali (pignoramenti, ipoteche, sequestri)
– Applicazione di sanzioni e interessi sui debiti fiscali originari della società
– Coinvolgimento in contenziosi con l’Agenzia delle Entrate e con eventuali altri creditori
– Maggior esposizione in caso di scissioni non proporzionali o irregolari
Come difendersi da una cartella dopo scissione
– Dimostrare che i debiti fiscali spettano alla società e non ai soci beneficiari
– Produrre l’atto di scissione e la documentazione che regola la ripartizione dei debiti
– Contestare l’estensione indebita della responsabilità personale oltre i limiti previsti dalla legge
– Evidenziare eventuali vizi di notifica o decadenza dei termini della cartella
– Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per chiedere l’annullamento o la riduzione della pretesa
Il ruolo dell’avvocato nella difesa dei soci
– Analizzare l’atto di scissione e la documentazione contabile e fiscale collegata
– Verificare la legittimità della cartella e i limiti della responsabilità del socio
– Redigere un ricorso mirato su vizi formali e sostanziali dell’accertamento
– Difendere il socio davanti ai giudici tributari contro richieste fiscali indebite
– Proteggere il patrimonio personale da azioni esecutive sproporzionate
Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale della cartella esattoriale
– L’esclusione della responsabilità personale del socio oltre i limiti di legge
– L’eliminazione di sanzioni e interessi non dovuti
– La sospensione delle procedure esecutive già avviate
– La certezza di tutelare il proprio patrimonio rispetto ai debiti societari
⚠️ Attenzione: il ricorso contro la cartella deve essere presentato entro 60 giorni dalla notifica. Se non si agisce tempestivamente, la pretesa fiscale diventa definitiva e non sarà più possibile opporsi.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e societario – spiega cosa sapere in caso di cartelle esattoriali notificate dopo una scissione societaria e come difendersi come socio.
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Introduzione
Quando una società si scinde – ossia trasferisce parte o tutto il proprio patrimonio a una o più società esistenti o di nuova costituzione – sorgono domande cruciali sulla responsabilità per i debiti preesistenti. In particolare, i debiti fiscali (imposte, IVA, contributi) sono oggetto di una disciplina speciale in Italia. Tali debiti spesso sfociano in cartelle esattoriali (oggi cartelle di pagamento dell’Agenzia Entrate-Riscossione, ex Equitalia) notificate ai soggetti ritenuti obbligati.
Dal punto di vista del socio (persona fisica o giuridica), ricevere una cartella esattoriale per debiti della società originaria dopo una scissione può destare sorpresa e preoccupazione. Bisogna comprendere: Chi ne risponde? Entro quali limiti? Quali difese ha il socio o la società coinvolta? La risposta varia in base a:
- Tipo di scissione: totale vs. parziale, proporzionale vs. non proporzionale.
- Tipo di debito: debiti civili (verso fornitori, banche ecc.) vs. debiti tributari (verso il Fisco, inclusi interessi e sanzioni).
- Tipo di società e socio: società di capitali (S.p.A., S.r.l.) o di persone (S.n.c., S.a.s.), socio accomandatario (illimitatamente responsabile) o accomandante (responsabilità limitata al conferimento), ecc.
Nei paragrafi seguenti delineeremo prima il quadro normativo generale sulla scissione e la responsabilità per i debiti, quindi la disciplina speciale tributaria, per poi approfondire la posizione dei soci delle varie tipologie societarie. Successivamente vedremo come difendersi dalle cartelle – tra ricorsi tributari e opposizioni all’esecuzione – con riferimenti a giurisprudenza recente (Corte di Cassazione 2023–2024, Corte Costituzionale) e casi pratici. Infine, una sezione Domande & Risposte chiarirà i dubbi frequenti in materia.
Nozioni base: tipologie di scissione e responsabilità civilistica
Prima di tutto, definiamo cosa si intende per scissione societaria e come funziona la responsabilità per i debiti secondo il Codice Civile (ambito “civilistico”).
Scissione societaria: operazione straordinaria disciplinata dagli artt. 2506 e seguenti del Codice Civile. Una società (detta società scissa) può:
- Scissione totale: trasferire tutto il suo patrimonio a più società beneficiarie (di nuova costituzione o già esistenti), estinguendosi senza liquidazione.
- Scissione parziale: trasferire solo parte del suo patrimonio a una o più beneficiarie, senza estinguersi (la società scissa continua ad esistere con il patrimonio residuo).
Inoltre, in base al rapporto tra quote societarie pre e post scissione, si distingue tra:
- Scissione proporzionale: i soci della scissa ricevono partecipazioni nelle società beneficiarie proporzionalmente alla quota posseduta originariamente. Mantengono quindi, di regola, la stessa % di partecipazione in tutte le società risultanti.
- Scissione non proporzionale: ai soci della scissa vengono assegnate partecipazioni non proporzionali, oppure alcuni soci ricevono quote solo in certe beneficiarie e non in altre. Ciò implica una redistribuzione non omogenea delle partecipazioni (ad esempio un socio potrebbe uscire dalla compagine di una delle società risultanti).
Responsabilità per i debiti anteriori (profilo civilistico): Il Codice Civile prevede tutele per i creditori della società scissa. Principi chiave (art. 2506-bis, comma 2, e art. 2506-quater, comma 3 c.c.):
- Il progetto di scissione deve indicare la destinazione dei debiti della società scissa, cioè specificare quale società (scissa o una beneficiaria) si farà carico di ciascun debito (art. 2506-bis).
- Responsabilità solidale limitata: “ciascuna società è solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico” . In altre parole: tutte le società partecipanti all’operazione (scissa e beneficiarie) rispondono in solido dei debiti della scissa anteriori alla scissione che non siano stati estinti dalla società designata come debitrice. Tuttavia, ogni società diversa da quella obbligata originariamente ha un limite quantitativo di responsabilità: il valore effettivo del patrimonio netto trasferito o rimasto a quella società con la scissione .
Questo meccanismo garantisce ai creditori una forma di tutela (possono rivalersi anche sulle società beneficiarie), ma tutela anche le società beneficiarie, che non dovranno pagare oltre il valore di quanto hanno ricevuto dalla scissione.
Nella pratica civilistica: se un creditore della società scissa non ottiene soddisfazione da quest’ultima (o dalla società alla quale uno specifico debito era stato attribuito), può agire contro le altre società derivate dalla scissione, ma ciascuna potrà opporre il limite del patrimonio netto assegnatole. Sarà onere di ogni società beneficiaria dimostrare in giudizio qual era tale valore netto effettivo, come fatto “parzialmente impeditivo” della pretesa del creditore . Questo principio è stato affermato dalla Cassazione (ord. n. 36690/2021) : la responsabilità è solidale e sussidiaria tra tutte le società coinvolte, con il menzionato limite a carico di ciascuna in base al patrimonio trasferito.
Esempio (scissione parziale, debito civile): Alfa S.p.A. trasferisce il 40% dei propri beni a Beta S.r.l. come beneficiaria, ma Alfa rimane in vita con il restante 60%. Un fornitore vanta un credito di €100.000 verso Alfa sorto prima della scissione. Nel progetto, questo debito è attribuito ad Alfa (società scissa). Se Alfa non paga, il fornitore può chiedere il pagamento anche a Beta (beneficiaria), ma Beta potrà rispondere al massimo entro il valore effettivo del patrimonio netto ricevuto (supponiamo €40.000). Se il credito eccede tale valore, il fornitore potrà eventualmente escutere altre beneficiarie (se ce ne fossero) fino a concorrenza dei rispettivi limiti, restando Alfa comunque obbligata in via principale per l’intero. In questo modo, il creditore ha più soggetti a cui rivolgersi (solidarietà), ma ciascuno con una franchigia pari al patrimonio acquisito.
Scissione totale: se Alfa S.p.A. si fosse scissa totalmente in Beta S.r.l. e Gamma S.r.l. (Alfa si estingue), i debiti di Alfa vengono ripartiti nel progetto tra Beta e Gamma. I creditori anteriori, se non soddisfatti dalla società cui il debito è stato assegnato (es. Beta), potrebbero agire anche contro l’altra (Gamma), nei limiti del patrimonio netto attribuito a quest’ultima. In assenza della società originaria (estinta), la responsabilità solidale delle beneficiarie diviene lo strumento primario di tutela creditori.
Opposizione dei creditori alla scissione
Va ricordato che prima che la scissione sia efficace, i creditori sociali possono esercitare un’opposizione ai sensi dell’art. 2503 c.c. (richiamato per le scissioni dall’art. 2506-ter, co.5 c.c.). Se un creditore teme che dalla scissione derivi un pregiudizio alla propria possibilità di recupero (ad esempio perché la società scissa si impoverisce a vantaggio delle beneficiarie), può opporsi entro 60 giorni dall’iscrizione del progetto di scissione nel Registro Imprese. L’opposizione, se accolta dal tribunale, può impedire temporaneamente l’operazione finché il creditore non sia soddisfatto o garantito. Questa è una tutela preventiva. Decorso il termine senza opposizioni (o rigettate le opposizioni), la scissione diventa efficace e i creditori dovranno far valere i propri diritti secondo le regole viste (responsabilità solidale con limiti).
Revocatoria della scissione
Un’ulteriore tutela (successiva) per i creditori, soprattutto se la scissione è stata realizzata con intento fraudolento per sottrarre beni alle pretese creditorie, è la azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. La giurisprudenza ha chiarito che la scissione può costituire atto revocabile se sussistono i presupposti (eventus damni e consilium fraudis), nonostante la previsione della responsabilità solidale . Ciò significa che, in casi di scissioni “sleali” verso i creditori, questi ultimi possono chiedere al giudice di renderla inefficace nei loro confronti, riportando in sostanza i beni nel patrimonio originario aggredibile. Tuttavia, l’azione revocatoria richiede un giudizio civile complesso e deve essere proposta entro 5 anni dall’atto, ed è normalmente residuale rispetto alle tutele specifiche offerte dalla legge societaria (opposizione, responsabilità solidale limitata).
Tabella 1: Tipologie di scissione e caratteristiche principali
Tipo di scissione | Descrizione | Società scissa | Società beneficiarie |
---|---|---|---|
Scissione totale | La società A trasferisce tutto il suo patrimonio a due o più società B, C… e si estingue senza liquidazione. | Si estingue (cessa di esistere). | Nuove/i/esistenti, ricevono porzioni del patrimonio di A. I soci di A ricevono partecipazioni in B, C… (in base al rapporto di cambio stabilito). |
Scissione parziale | La società A trasferisce parte del patrimonio a una o più società B, C… e rimane in vita con il patrimonio residuo. | Continua ad esistere (con il patrimonio non assegnato). | Nuove/i/esistenti, ricevono le parti di patrimonio scisse. Soci di A di regola ottengono partecipazioni in B, C… oltre a conservare la loro partecipazione in A. |
Scissione proporzionale | I soci della scissa mantengono, in ciascuna beneficiaria, la stessa proporzione di partecipazione che avevano in origine nella scissa. | – | – (Riguarda la distribuzione delle quote ai soci, non la struttura delle società). |
Scissione non proporzionale | Ai soci della scissa sono attribuite partecipazioni in misura non proporzionale alle originarie, potendo alcuni soci uscire o differenziarsi nelle varie società risultanti. | – | – (Implica possibili compensazioni o conguagli per chi esce da alcune società; richiede il consenso dei soci coinvolti data l’alterazione delle loro quote relative.) |
Debiti tributari antecedenti la scissione: “supersolidarietà” illimitata
Fin qui abbiamo visto la disciplina civilistica generale, che limita la responsabilità solidale delle società coinvolte nella scissione al valore del patrimonio trasferito. Tuttavia, in materia tributaria, il legislatore ha previsto una disciplina speciale e più rigida.
Per i debiti fiscali (imposte dirette, IVA, ecc.) e per le sanzioni amministrative tributarie relativi a periodi d’imposta anteriori alla scissione, si applicano disposizioni ad hoc:
- Art. 173, comma 13, TUIR (D.P.R. 917/1986): in caso di scissione (anche parziale), “fermi gli obblighi erariali della scissa e della designata (cioè della società a cui il debito è stato attribuito), la responsabilità per il pagamento delle imposte, delle sanzioni e degli interessi si estende solidalmente a tutte le società che hanno preso parte all’operazione di scissione, senza il limite del valore del patrimonio” . Dunque tutte le società partecipanti alla scissione (sia la scissa che le beneficiarie) sono coobbligate per quei debiti tributari, e senza la limitazione del patrimonio netto ricevuto.
- Art. 15, comma 2, D.Lgs. 472/1997: analogamente, per le sanzioni tributarie (violazioni fiscali commesse dalla scissa prima della scissione), “nei casi di scissione, anche parziale, di società o enti, ogni società o ente è obbligato in solido al pagamento delle somme dovute per le violazioni commesse prima della data in cui si è realizzata la scissione”, anche qui senza alcun limite .
In sostanza, per il Fisco la responsabilità post-scissione è solidale e illimitata: tutte le società risultanti rispondono per l’intero del debito tributario, indipendentemente da quanta parte di patrimonio abbiano ricevuto . Si tratta di una forma di solidarietà ancora più incisiva – a volte definita “supersolidarietà” – rispetto a quella civilistica. Il Fisco può quindi riscuotere l’intero importo da qualsiasi delle società coinvolte, a sua scelta, senza vincoli proporzionali.
Confronto con la disciplina civilistica: la Cassazione ha chiarito espressamente che questa disciplina speciale tributaria “è differente da quella relativa alle obbligazioni civili”, e prevale su di essa . In altri termini, i limiti dell’art. 2506-quater c.c. (patrimonio netto) non si applicano ai debiti fiscali e contributivi antecedenti la scissione . Tale trattamento deteriore per il debitore è stato ritenuto costituzionalmente legittimo dalla Corte Costituzionale (sent. n. 90/2018) in quanto mirato a “agevolare la riscossione dei tributi nel rispetto dei principi di pareggio di bilancio” e a criteri di adeguatezza e proporzionalità (in senso finanziario) . In parole povere, il legislatore ha privilegiato l’interesse erariale alla riscossione efficace delle imposte, evitando che una scissione possa complicarla.
Esempio (debiti tributari): riprendiamo il caso di Alfa S.p.A. (scissa) e Beta S.r.l. (beneficiaria parziale). Se Alfa aveva un debito IVA di €100.000 relativo ad anni antecedenti la scissione, l’art. 173 c.13 TUIR prevede che ne rispondano Alfa e Beta congiuntamente e illimitatamente. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AER) potrebbe emettere la cartella di pagamento e notificarla direttamente a Beta per l’intero importo (oltre interessi), anche se Beta ha ricevuto solo il 40% del patrimonio di Alfa. Beta non potrebbe eccepire un limite quantitativo pari a €40.000, come invece avrebbe potuto per un debito civile: dovrà pagare fino all’intero, salva la possibilità di rivalersi internamente su Alfa o sulle altre società (regresso tra coobbligati). Allo stesso modo, AER potrebbe comunque notificare la cartella ad Alfa, essendo anch’essa obbligata principale, oppure – più probabilmente in caso di scissione totale con Alfa estinta – scegliere liberamente se escutere Beta o eventuali altre beneficiarie, senza ripartizione proporzionale.
Questa impostazione è stata confermata da numerosissime pronunce, tra cui:
- Cass. Sez. V, ord. 5204/2023: ha sancito che in caso di scissione parziale, “la responsabilità per i debiti fiscali riguardanti gli anni d’imposta ad essa antecedenti […] si estende non solo solidalmente, ma anche illimitatamente a tutte le società partecipanti all’operazione, indipendentemente dalle quote di patrimonio assegnato” . La Cassazione ha sottolineato il netto contrasto con la disciplina civilistica, evidenziando che i limiti ex art. 2506-bis e 2506-quater c.c. sono superati dalla normativa speciale tributaria .
- Cass. Sez. Trib., sent. 8469/2024: ha ribadito gli stessi principi, rimarcando che l’art. 173, co.13 TUIR e l’art. 15, co.2 D.Lgs 472/97 prevedono la solidarietà illimitata di tutte le società partecipanti per i debiti fiscali pre-scissione, “differentemente dalla disciplina […] civile” che invece “prevede limiti precisi” .
- Cass. Sez. Trib., ord. 10103/2023: in termini analoghi, afferma la responsabilità illimitata e solidale di tutte le partecipanti per debiti tributari antecedenti l’operazione .
- Cass. Sez. Lav., ord. 17188/2024: ha esteso il medesimo principio anche ai contributi previdenziali obbligatori (es. INPS, INAIL), equiparandoli alle obbligazioni tributarie. In virtù di tale assimilazione, viene applicata la “disciplina speciale” combinata di art. 173 co.13 TUIR e art. 15 co.2 D.Lgs 472/97 anche ai contributi, anch’essi considerati dovuti solidalmente e illimitatamente da tutte le società post-scissione . Ciò significa che, ad esempio, debiti INPS per contributi non versati dalla società scissa prima della scissione potranno essere recuperati integralmente da qualsiasi società risultante.
Profili procedurali importanti:
- La notifica degli atti impositivi e delle cartelle: La società beneficiaria di norma non partecipa al procedimento di accertamento dei tributi per i periodi in cui non esisteva. Spesso il Fisco notifica gli avvisi di accertamento alla sola società scissa (o designata) – com’è logico, essendo il soggetto passivo originario. Ci si è quindi chiesti se la cartella possa poi essere validamente notificata anche alla beneficiaria, che non ha ricevuto l’accertamento. La risposta della giurisprudenza è positiva: “l’agente della riscossione può emettere e notificare cartelle di pagamento anche nei confronti di soggetti diversi da quelli a carico dei quali è stata effettuata l’iscrizione a ruolo, in conformità alle disposizioni sulla responsabilità per debiti tributari, senza che sia necessaria un’ulteriore attività di accertamento” . In pratica, se per un dato tributo l’iscrizione a ruolo (e quindi la cartella) è legittimamente avvenuta a nome della società scissa, la stessa cartella può essere notificata (in via esecutiva) anche alla società solidalmente obbligata, senza bisogno di un nuovo avviso a quest’ultima .
- Notifica degli atti liquidatori/di irrogazione sanzioni: Analogamente, la notifica di una comunicazione di liquidazione o di un provvedimento sanzionatorio alla società scissa produce effetti anche verso le beneficiarie solidali. Ad esempio, nel caso di liquidazione automatica di imposte (art. 36-bis DPR 600/73) notificata alla scissa, la successiva cartella può essere rivolta alla beneficiaria senza che quest’ultima possa eccepire di non aver ricevuto l’atto precedente. Secondo la Cassazione, ciò discende dal “principio che la notifica delle cartelle fatta al debitore iscritto a ruolo ovvero ad altro soggetto obbligato con il primo impedisce il verificarsi delle decadenze ex art. 25 DPR 602/1973” . In sostanza, la tempestiva notifica al coobbligato principale vale a mantenere in vita la pretesa anche verso gli altri coobbligati.
- Giudice competente e impugnazioni: Le controversie sui “chi paga” questi debiti solidali ricadono nella giurisdizione tributaria quando riguardano la cartella di pagamento (o l’intimazione) notificata al coobbligato. Ad esempio, una società beneficiaria che contesti di dover pagare può proporre ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria (ex Commissione Tributaria) entro 60 giorni dalla notifica della cartella, eccependo eventualmente l’inapplicabilità dei limiti civilistici o altri motivi di merito (prescrizione, ecc.). Come vedremo oltre, se invece la questione emerge solo in sede esecutiva (oltre i termini per il ricorso tributario), sarà possibile un’opposizione al giudice ordinario.
Tabella 2: Responsabilità per i debiti pre-scissione – Confronto Civilistico vs Tributario
Ambito del debito | Normativa | Soggetti responsabili post-scissione | Limiti di responsabilità |
---|---|---|---|
Obbligazioni civili (debiti verso fornitori, banche, contratti, ecc.) | Art. 2506-bis, co.2 c.c.; Art. 2506-quater, co.3 c.c. | Società scissa (se non estinta) e società beneficiarie designate per quei debiti. In più: tutte le società partecipanti per i debiti non soddisfatti dalla società cui fanno carico . | Limitato al valore effettivo del patrimonio netto trasferito o rimasto in capo a ciascuna società . (La società originariamente obbligata resta illimitatamente responsabile del suo debito; le altre hanno responsabilità sussidiaria entro il limite.) |
Debiti tributari (imposte, IVA, interessi) anteriori alla scissione | Art. 173, co.13 DPR 917/1986 (TUIR) | Tutte le società partecipanti alla scissione (scissa e beneficiarie), coobbligate in solido . | Illimitata. Nessun limite legato al patrimonio trasferito: ciascuna società può essere tenuta al pagamento integrale del debito . (Regresso possibile internamente, ma irrilevante per il Fisco.) |
Sanzioni tributarie (violazioni amministrative) ante scissione | Art. 15, co.2 D.Lgs. 472/1997 | Tutte le società partecipanti (come sopra). | Illimitata (come sopra). |
Contributi previdenziali (es. INPS) non pagati ante scissione | Interpretazione giurisprudenziale (Cass. 2024) | Tutte le società partecipanti (assimilati ai tributi) . | Illimitata (come i debiti tributari). |
Obbligazioni extratributarie pubbliche (es. sanzioni amministrative non fiscali) | (Non previste da norme speciali sulla scissione) | Società obbligata (scissa/designata) + altre società partecipanti ex art. 2506-quater c.c. | Limitata al patrimonio netto (trattandosi di obbligazioni civili in senso lato, salvo estensioni analogiche non previste). |
Nota: In tutti i casi di responsabilità solidale (sia civile che tributaria), vige il principio generale dell’art. 1292 c.c.: il creditore può rivolgersi a qualsiasi condebitore per l’intero importo dovuto, a sua scelta . Nelle obbligazioni civili, il condebitore che paga oltre la propria “parte” può rivalersi sugli altri debitori pro quota. Nel regime civilistico della scissione, la “parte” di ciascuna società beneficiaria è limitata al valore patrimoniale ricevuto: se paga di più, potrà rifarsi sulla società originariamente debitrice (o sulle altre beneficiarie) per l’eccedenza. Nel regime tributario, poiché non vi è limite interno, la ripartizione dell’onere fra le società coinvolte avverrà secondo accordi interni o in base al principio del regresso proporzionale, ma il Fisco non è tenuto a rispettare tali ripartizioni in sede di riscossione .
La posizione dei soci nelle varie tipologie societarie
Dal punto di vista del socio (persona fisica o giuridica), la prospettiva di ricevere personalmente una cartella esattoriale per debiti sociali dipende dal tipo di società di cui è (o era) parte e dal ruolo ricoperto. Occorre distinguere tra società di capitali, dove vige la regola della autonomia patrimoniale perfetta, e società di persone, caratterizzate dalla responsabilità personale dei soci (illimitata o limitata).
Esaminiamo le principali figure:
Soci di società di capitali (S.p.A., S.r.l., S.a.p.a. per le azioni)
In una società di capitali, i soci non sono personalmente responsabili delle obbligazioni sociali, ma rischiano solo il capitale investito. L’art. 2325 c.c. (per S.p.A., applicabile analogicamente alle S.r.l.) stabilisce che per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio, e i soci non oltre il conferimento sottoscritto. Pertanto:
- Un socio di S.r.l. o S.p.A. non può essere destinatario legittimo di una cartella esattoriale riguardante un debito della società, salvo casi eccezionali previsti dalla legge (es. responsabilità del liquidatore o rappresentante fiscale per omissioni, che però riguardano ruoli specifici, non la qualità di socio). Se l’Agenzia Entrate-Riscossione notificasse una cartella ad un socio puramente in tale qualità, si tratterebbe di un errore. Il socio può impugnare l’atto per farne dichiarare la nullità per difetto assoluto di legittimazione passiva.
- Esempio: Alfa S.r.l. ha un debito tributario ante-scissione; dopo la scissione, Beta S.r.l. (beneficiaria) riceve una cartella per quel debito in base alla responsabilità illimitata ex art. 173 TUIR. I soci di Beta S.r.l., però, non rispondono con il loro patrimonio personale: l’obbligata in solido è Beta S.r.l. come entità giuridica, non i suoi azionisti. Dunque i soci di Beta non dovrebbero ricevere alcuna cartella (né tantomeno i soci di Alfa, se questa era una S.r.l./S.p.A.). In pratica, le cartelle rimarranno a livello societario.
- Eccezione – soci di S.a.p.a.: la Società in accomandita per azioni (S.a.p.a.) è un caso ibrido: è una società di capitali ma con due categorie di soci, analoghe alle S.a.s.: gli accomandatari (illimitatamente responsabili e amministratori di diritto) e gli accomandanti (limitati alla quota). Per i soci accomandatari di S.a.p.a. vale la stessa regola delle società di persone: sono illimitatamente e solidalmente responsabili per i debiti sociali (art. 2452 c.c. richiama infatti le norme delle accomandite semplici). Quindi un accomandatario di S.a.p.a. potrebbe essere destinatario di cartelle per debiti sociali; un accomandante no (come vedremo tra poco per le S.a.s.). Poiché però le S.a.p.a. sono rare, questo caso è meno frequente.
Al di là dell’accomandatario in S.a.p.a., nessun altro tipo di socio di società di capitali è personalmente obbligato per i debiti sociali. Ne consegue che dal punto di vista del “difendersi come socio” in queste società, la problematica della cartella esattoriale si pone semmai per la società stessa (che dovrà attivarsi per difendersi) e per gli amministratori in certi casi particolari, ma non per il socio in quanto tale.
Tuttavia, un socio di società di capitali potrebbe essere indirettamente coinvolto: ad esempio, se la società non paga la cartella, subisce pignoramenti su beni sociali, ciò può riflettersi sul valore della partecipazione del socio o sulla vita societaria. Ma giuridicamente il socio non è parte del rapporto debitorio tributario.
Nota sul post-liquidazione: l’art. 2495 c.c. prevede che, estinta la società di capitali (cancellata dal registro), i creditori insoddisfatti possano agire contro i soci nei limiti di quanto questi hanno riscosso in sede di liquidazione, e contro i liquidatori se il mancato pagamento è colpa loro. Tuttavia, questo riguarda la liquidazione volontaria o scioglimento, non la scissione. Nella scissione non c’è distribuzione di attivo ai soci, ma solo assegnazione di azioni/quote delle beneficiarie. Dunque i soci non ricevono direttamente beni sociali da destinare ai creditori. Pertanto il meccanismo dell’art. 2495 c.c. non si applica alla scissione. I creditori devono far valere la responsabilità solidale tra società (e in nessun caso possono chiedere ai soci persona fisica di attingere al proprio patrimonio, salvo abbiano acquisito beni sociali in altra veste).
Soci di società di persone (S.n.c., S.a.s., società semplici)
Le società di persone hanno per legge un regime di responsabilità molto diverso:
- S.n.c. (Società in nome collettivo): tutti i soci sono illimitatamente e solidalmente responsabili per le obbligazioni sociali (art. 2291 c.c.). Ciò include i debiti tributari della società. L’autonomia patrimoniale è imperfetta: il creditore può, in linea di principio, chiedere soddisfazione anche al socio sul patrimonio personale.
- S.a.s. (Società in accomandita semplice): esistono due categorie di soci:
- Accomandatari: hanno lo stesso regime dei soci di S.n.c. – responsabilità personale illimitata e solidale (art. 2313 c.c.). Sono in genere i gestori della società.
- Accomandanti: hanno responsabilità limitata al capitale conferito e non possono immischiarsi nella gestione. Per legge, essi non rispondono con il patrimonio personale dei debiti sociali oltre la quota conferita (salvo perdano la limitazione ingerendosi nell’amministrazione, ex art. 2320 c.c.). Dunque, la posizione del socio accomandante è paragonabile a quella di un socio di S.r.l. sotto questo profilo.
- Società semplice o altre società di persone atipiche: analogamente, nei rapporti esterni contano le pattuizioni sociali ma di regola chi agisce come socio illimitato ne risponde. Nelle società semplici tutti i soci di regola sono illimitatamente responsabili (salvo patto interno difforme, irrilevante per i terzi).
Beneficio di escussione (art. 2304 c.c.): per le società di persone, la legge prevede una garanzia a tutela del socio illimitatamente responsabile: i creditori sociali devono escutere prima il patrimonio sociale e solo se questo risulta insufficiente possono rivalersi sui soci. Questo cosiddetto beneficium excussionis è codificato per la S.n.c. all’art. 2304 c.c. (applicato alle S.a.s. via art. 2315 c.c.) e vale anche in ambito tributario. Non si tratta di un’esenzione di responsabilità, ma di una regola di ordine di escussione: il socio è coobbligato, ma secondariamente rispetto alla società.
In pratica, quindi: un socio illimitatamente responsabile (s.n.c. o accomandatario) può essere chiamato a pagare i debiti sociali, ma può opporre il beneficio di escussione se il patrimonio sociale non è stato preventivamente aggredito o se non risulta provata la sua incapienza. Questo ha conseguenze anche nel contenzioso.
Cartelle esattoriali ai soci illimitatamente responsabili: La prassi e la giurisprudenza hanno chiarito che l’Amministrazione Finanziaria può comunque notificare la cartella direttamente al socio illimitatamente responsabile, senza dover prima escutere la società . Ciò perché il socio è coobbligato in solido per il debito tributario della società , dunque è un contribuente anch’egli obbligato. Ad esempio, se una S.n.c. ha un debito IVA, l’Agenzia Entrate può iscriverlo a ruolo e notificarne la cartella sia alla società sia ad un socio personalmente. Questo non significa però che il socio debba pagare a prescindere: il socio può impugnare la cartella eccependo di non essere tenuto a pagare finché non venga escusso il patrimonio sociale (se esistente).
La Corte di Cassazione (sent. n. 998/2022) ha confermato questi principi: “in tema di riscossione delle imposte nei confronti della società di persone, la responsabilità solidale e illimitata dei soci […] è operante anche nei rapporti tributari: il socio, quindi, può essere destinatario della pretesa fiscale anche quando questa si riferisca alla società” . Allo stesso tempo, ha ribadito che la responsabilità del socio è assistita dal beneficio della preventiva escussione ex art. 2304 c.c. . Dunque, se il socio solleva tale eccezione, spetta al Fisco provare che il patrimonio sociale è insufficiente a soddisfare il credito (onere che grava sull’Amministrazione in base al principio generale che chi vuole derogare alla preventiva escussione deve dimostrarne i presupposti).
In un caso concreto, la Cassazione ha annullato una cartella emessa verso un socio accomandatario, perché il socio aveva eccepito in ricorso la mancata previa escussione della società, e l’Ufficio non aveva provato l’insolvenza di quest’ultima . Il fatto che la società fosse stata ammessa a concordato preventivo non è stato ritenuto di per sé prova sufficiente dell’incapienza sociale ; serviva dimostrare che dalla procedura concorsuale il credito non sarebbe stato soddisfatto.
Soci accomandanti (responsabilità limitata): I soci accomandanti (così come eventuali soci “limitati” in altri tipi societari, se previsti) non rispondono dei debiti sociali verso i terzi. Pertanto, un accomandante non è legittimamente destinatario né di avvisi di accertamento né di cartelle per debiti sociali. Se dovesse riceverne, avrebbe solide basi per farle annullare.
Recenti pronunce confermano ciò: ad esempio la Corte di Giustizia Tributaria di Lecce, sentenza n. 841/2023, ha dichiarato nulla un’intimazione di pagamento notificata ad un socio accomandante per debiti tributari della S.a.s., affermando che “l’obbligazione tributaria è riferibile ad una S.a.s. ove il socio accomandante non ha nessuna legittimazione attiva e passiva, non avendo responsabilità diretta per i debiti sociali” . I giudici hanno sottolineato che l’accomandante “risponde limitatamente alla quota conferita ed è obbligato solo nei confronti della società”, escludendo quindi “la possibilità di un’azione diretta del creditore sociale nei confronti del socio accomandante”, richiamando la Cassazione .
In pratica, l’accomandante è trattato come un estraneo rispetto alle pretese dei creditori sociali: questi ultimi devono limitarsi a colpire la società e, semmai, i soci accomandatari. Un atto esecutivo rivolto contro un accomandante è giuridicamente sbagliato e impugnabile con successo (come nel caso di Lecce, dove l’intimazione è stata annullata e il socio ne è uscito senza dover pagare).
Scissione e soci di persone: se la società coinvolta nella scissione è una società di persone, l’operazione potrebbe complicare leggermente il quadro, ma non elimina la responsabilità personale dei soci illimitati per i debiti pre-scissione:
- Se una S.n.c. si scinde, i soci della S.n.c. rimangono illimitatamente responsabili per i debiti sorti quando erano in carica. Se la scissione è parziale e la S.n.c. prosegue, i soci continuano ad essere responsabili di tutti i debiti della “loro” S.n.c. (compresi quelli eventualmente trasferiti a una beneficiaria, in quanto comunque debiti originari). Se la scissione è totale (S.n.c. si estingue ripartendosi in più società, magari S.r.l.), si ha una situazione particolare: i soci originari tipicamente diventeranno soci delle nuove società (che potrebbero anche essere S.r.l.). Ma per i debiti pregressi della ex S.n.c., quei soggetti rimangono personalmente responsabili per il periodo in cui erano soci. Quindi il Fisco (o altro creditore) potrebbe perseguirli direttamente in base alla responsabilità personale che discende dalla qualità di ex soci illimitati. Il fatto che ora la prosecuzione dell’azienda sia in una forma a responsabilità limitata non li esonera dai debiti anteriori. In tal caso, i soci dovranno far valere eventualmente il beneficio di escussione sui patrimoni delle nuove società (che sono succedute nei debiti). I creditori invece hanno duplice tutela: società beneficiarie (solidarietà ex art. 173 TUIR o 2506 c.c.) e soci ex illimitati (responsabilità personale).
- Se una S.a.s. si scinde (ad esempio parte del patrimonio va ad un’altra società), analogamente: i soci accomandatari rimangono responsabili illimitatamente per i debiti antecedenti. Un socio accomandatario che, dopo scissione totale, magari diventa socio di una S.r.l., non per questo perde la responsabilità personale sui debiti contratti dalla S.a.s. quando era in carica. In altre parole, il “portato” della responsabilità illimitata personale segue il socio per quei debiti passati, indipendentemente dalle trasformazioni societarie. I soci accomandanti invece restano al riparo come prima.
Riassumendo i ruoli dei soci:
Tabella 3: Responsabilità dei soci per debiti sociali (caso generale, pre-scissione)
Tipo di socio | Esempi | Responsabilità verso debiti sociali | Può ricevere cartelle/atti esattoriali? |
---|---|---|---|
Socio di capitale (S.p.A., S.r.l., accomandante di S.a.p.a.) | Azionista S.p.A., Quota-holder S.r.l., Socio accomandante S.a.s. | Limitata al conferimento. Non risponde con patrimonio personale delle obbligazioni sociali (salvo eccezioni di legge). | No. Non è legittimamente destinatario di cartelle per debiti sociali . Un atto del genere sarebbe impugnabile e nullo (eccetto responsabilità particolari come liquidatore, v. nota). |
Socio accomandante (S.a.s.) | Socio accomandante di S.a.s. | Limitata al conferimento. Non ha responsabilità diretta verso creditori sociali (purché non amministri). | No. (Come sopra) La cartella notificata all’accomandante è nulla . |
Socio illimitatamente responsabile (S.n.c.; accomandatario di S.a.s. o S.a.p.a.; socio di società semplice) | Socio di S.n.c., Socio accomandatario S.a.s., Accomandatario S.a.p.a. | Illimitata e solidale, con beneficio di preventiva escussione sul patrimonio sociale (art. 2304 c.c.) . Risponde personalmente di tutti i debiti sociali contratti durante la sua partecipazione. | Sì, potenzialmente. Il Fisco può notificargli la cartella per debito sociale , ma il socio può opporre il beneficio di escussione (in sede di ricorso) per sospendere/escludere la riscossione personale finché il patrimonio sociale non sia escusso . |
Ex-socio illimitatamente responsabile (di società di persone) | Ex socio di S.n.c. uscito o di S.a.s. (accomandatario) receduto. | Rimane responsabile per le obbligazioni sociali sorte fino al momento dell’uscita (art. 2290 c.c. per snc: il socio uscente è obbligato per i debiti anteriori fino a 2 anni dallo scioglimento del rapporto). | Sì, per debiti del periodo in cui era socio (entro i limiti temporali di legge). In caso di scissione totale con estinzione della società di persone, i soci accomandatari/ex soci snc possono essere chiamati a rispondere dei debiti pregressi anche dopo l’operazione. |
Nota: In alcune situazioni particolari, un socio (anche di capitali) potrebbe ricevere richieste per debiti sociali non in quanto “socio” ma in altra veste: ad esempio come fideiussore personale (se ha garantito il debito volontariamente), oppure come obbligato in solido ex lege (ad esempio l’ex rappresentante legale può essere responsabile per omesso versamento di ritenute o IVA in certi casi penali/amnistiali, o il liquidatore può rispondere verso i creditori se paga i soci senza soddisfarli). Questi però esulano dal ruolo di socio propriamente detto e non riguardano la scissione in sé, bensì regole generali. Nel contesto della scissione, ciò che conta è capire se i soci vengono “agganciati” dal meccanismo legale di responsabilità: ciò accade solo se erano soci illimitatamente responsabili (o assimilati come accomandatari di S.a.p.a.).
Come difendersi dalle cartelle esattoriali post-scissione (perspettiva del debitore)
Dopo aver chiarito chi può essere chiamato a pagare, vediamo come tali soggetti possano difendersi quando ricevono una cartella esattoriale relativa a debiti di una società coinvolta in una scissione. Le strategie difensive variano a seconda della posizione del destinatario e della natura del debito. Esaminiamo i casi tipici e gli strumenti disponibili:
1. Società beneficiaria o società scissa che riceve la cartella
Scenario: Una società (beneficiaria o la scissa stessa) riceve una cartella di pagamento dall’Agenzia Entrate-Riscossione per un debito relativo alla società scissa originaria. Ad esempio, Beta S.r.l. (beneficiaria) riceve cartella per IRPEF non pagata da Alfa S.p.A. prima della scissione.
Difesa: La società può presentare ricorso tributario alla Corte di Giustizia Tributaria (CGT) competente, entro 60 giorni dalla notifica, chiedendo l’annullamento totale o parziale della cartella. I motivi possono includere:
- Vizi propri della cartella: mancanza di motivazione, errata intestazione, notifica invalida, importi sbagliati, prescrizione del credito ecc. La società beneficiaria potrebbe eccepire, ad esempio, che non ha mai ricevuto l’atto impositivo presupposto (accertamento) relativo a quel debito. Tuttavia, come visto, la giurisprudenza ritiene sufficiente la notifica alla società originaria . Quindi questa eccezione potrebbe non portare all’annullamento se l’AER prova la notifica all’obbligato principale e spiega la solidarietà legale.
- Inesistenza o inapplicabilità del debito: se la società ritiene che il debito non sia dovuto (perché già pagato, sgravato, annullato in giudizio a favore della scissa, ecc.). Ad esempio, se Alfa aveva vinto un ricorso annullando l’avviso, Beta potrebbe opporre che la cartella è illegittima perché il debito non sussiste più.
- Limiti civilistici di responsabilità: qui occorre cautela. Per debiti tributari, invocare il limite del patrimonio netto non è una difesa accolta dai giudici, in quanto in contrasto con la norma speciale (Cass. 5204/2023 ha definito “infondata” la tesi della beneficiaria che sosteneva di non dover pagare oltre la quota di patrimonio assegnatale ). La CGT o la Cassazione respingerebbero un ricorso basato sul tetto ex art. 2506-quater c.c., poiché la legge fiscale lo esclude . Diverso sarebbe per un debito non tributario eventualmente iscritto a ruolo (ad es. sanzioni amministrative diverse da tributi, che AER riscuote comunque via cartella): in tal caso, trattandosi di obbligazione civile, la società potrebbe eccepire che la sua responsabilità è limitata al patrimonio ricevuto. La questione sarebbe di competenza del giudice civile ordinario, dato che le cartelle AER possono contenere anche crediti non tributari (multe, sanzioni di altre autorità). In sede civile, l’art. 2506-quater c.c. sarebbe applicato e la società beneficiaria potrebbe ottenere di non pagare la parte eccedente il suo limite, se questo è superato.
- Questioni di costituzionalità: in passato, alcune società hanno sollevato dubbi di costituzionalità sulla norma di solidarietà illimitata (art. 173 co.13 TUIR e D.Lgs 472/97). La Corte Costituzionale, come detto, li ha respinti (sent. 90/2018). Allo stato, non sembrano esserci margini per rimettere in discussione la norma: la Consulta l’ha giudicata ragionevole in funzione antiprevaricazione fiscale . Pertanto, puntare su questo argomento è poco fruttuoso.
In sintesi, se la cartella riguarda un debito fiscale legittimo, la difesa sul merito sostanziale è difficile: la legge obbliga la beneficiaria in solido e i giudici supremi hanno confermato ciò. Spesso la migliore strategia per la società beneficiaria è verificare se il debito è corretto (magari vizi formali negli atti originari) e considerare soluzioni come la definizione agevolata o la rateazione per ridurre l’impatto finanziario, se non ci sono appigli legali per l’annullamento.
Procedura: Il ricorso alla CGT sospende i tempi di pagamento solo se la società chiede e ottiene la sospensione cautelare dell’atto (provvedimento del giudice tributario). Altrimenti, la riscossione può proseguire anche durante il giudizio (salvo sospensione amministrativa accordata da AER, evento raro). Per questo, se l’importo è elevato, la società potrebbe presentare un’istanza di rateizzazione a AER entro 60 giorni, che – se accolta – sospende le azioni esecutive, pur continuando a contestare la pretesa in giudizio. È un approccio prudenziale per evitare pignoramenti in attesa della sentenza.
Esito: Se la CGT annulla la cartella, la società non deve pagare (vittoria). Se conferma la legittimità, la società dovrà pagare, fatto salvo appello e poi ricorso in Cassazione – ma su questioni di diritto, ormai chiarite, le chance di ribaltare sono minime.
2. Socio illimitatamente responsabile che riceve la cartella
Scenario: Un socio di S.n.c. o un accomandatario di S.a.s. (o di S.a.p.a.) riceve una cartella di pagamento intestata a lui personalmente, per debiti fiscali della società riferiti a periodi in cui era socio. Ad esempio, Tizio, socio accomandatario della XYZ S.a.s., riceve cartella per IVA non versata dalla società due anni fa.
Difesa: Il socio ha due strade possibili, complementari:
- Ricorso tributario alla CGT: Anche il socio può impugnare la cartella entro 60 giorni, sostenendo che è illegittima nei suoi confronti perché la sua responsabilità è solo sussidiaria e non risultano escussi i beni sociali. In diversi casi le Commissioni hanno annullato cartelle ai soci proprio per questo motivo , ritenendo che l’atto andava notificato alla società e non al socio in prima battuta. Attenzione però: la Cassazione (sent. 998/2022) ha detto che l’Ufficio può notificare al socio, ma ciò non toglie che il socio possa eccepire l’ordine di escussione. Dunque, in ricorso si formulerà un motivo del tipo: “violazione dell’art. 2304 c.c. – notifica al socio in assenza di preventiva escussione della società”.
La giurisprudenza di merito è oscillante: alcune Corti accolgono (come nel caso citato, Commissioni che hanno annullato la cartella al socio ritenendo la società il soggetto passivo corretto finché ha patrimonio) ; altre, sulla scia di Cassazione, potrebbero respingere dicendo che la cartella può legittimamente essere emessa anche al socio, limitandosi semmai a riconoscergli il beneficio in sede esecutiva.
In Cassazione, come visto, la posizione è: cartella al socio è valida ma il beneficio di escussione va considerato . Nel caso concreto risolto da Cass. 998/2022, la cartella fu annullata perché il socio aveva effettivamente eccepito e né l’AdE né l’AER avevano provato l’incapienza della società . Quindi, il ricorso del socio può avere successo se il giudice ritiene che, mancando prova di incapienza della società, la pretesa verso il socio sia prematura.
Tip: Nel ricorso, il socio dovrebbe idealmente allegare che la società ha beni o attività con cui poteva pagare (o è ancora in essere e non insolvente). Se ad esempio la società è in bonis, ciò rafforza la sua posizione: il giudice potrebbe dire “perché il Fisco corre dal socio se la società è solvibile?”.
- Opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.: Se per qualche motivo il socio non ha fatto in tempo il ricorso tributario, oppure la cartella è definitiva ma l’AER inizia il recupero forzoso (pignoramenti), il socio può rivolgersi al giudice ordinario (Tribunale civile) con un’opposizione all’esecuzione. In passato, l’art. 57 DPR 602/73 limitava moltissimo questa possibilità (escludeva il 615 c.p.c. salvo impignorabilità). Ma la Corte Costituzionale n. 114/2018 ha dichiarato illegittimo l’art. 57 nella parte in cui non ammetteva le opposizioni all’esecuzione contro atti della riscossione successivi alla cartella . Ora è chiaro che, dopo la notifica della cartella, per contestare il diritto di procedere ad esecuzione forzata (ad es. eccepire che il credito non è più esigibile, o che non si può ancora escutere il socio), è ammessa l’azione ex art. 615 c.p.c. .
Quindi, un socio che si vede notificare un atto di pignoramento o un’intimazione di pagamento (atto finale che precede l’esecuzione) può fare opposizione al giudice dell’esecuzione, sostenendo ad esempio: “Non si poteva agire su di me perché la società non è stata escussa” oppure “il debito si è estinto per prescrizione dopo la cartella” ecc. Il giudice ordinario valuterà se il beneficio di escussione è stato violato.
Attenzione: se il socio non ha mai ricevuto la cartella (può succedere, magari notificata solo alla società), e si vede direttamente un pignoramento, anche lì l’opposizione è ammessa e anzi doverosa, perché quel socio non avrebbe avuto modo di difendersi in sede tributaria (mancata conoscenza del titolo). Le Sez. Unite Cassazione hanno fissato che, a valle della cartella, la tutela residua del contribuente spetta al giudice ordinario , proprio per evitare vuoti di tutela.
Proceduralmente, l’opposizione ex 615 c.p.c. va proposta davanti al Tribunale del luogo dell’esecuzione. Se si è ancora alla fase di intimazione e non di atto esecutivo, si configura come opposizione preventiva (615, comma 1). Di solito si chiede anche una sospensiva urgente per bloccare l’azione di riscossione in attesa della decisione.
In pratica, il socio illimitatamente responsabile, se agisce per tempo, preferirà fare ricorso alla CGT, perché le questioni attinenti al rapporto tributario in senso stretto (esistenza del debito, vizi della cartella) rientrano nella giurisdizione tributaria fino alla notifica della cartella. Se invece la questione è puramente la carenza del diritto di procedere all’esecuzione sul socio (che è tipicamente l’eccezione di beneficio di escussione), questa può essere fatta valere anche innanzi al giudice dell’esecuzione in fase successiva .
Esito e strategie:
- Se la società è palesemente insolvibile (fallita, cessata senza beni), il socio ha poco margine: il beneficio di escussione risulterà in concreto privo di effetto, perché l’insufficienza patrimoniale sociale è manifesta. In tal caso, conviene puntare su altre difese (prescrizione? vizi formali?) o eventualmente su soluzioni transattive (rateizzazioni, saldo e stralcio se possibile nelle norme di pace fiscale).
- Se la società invece è attiva o comunque ha patrimonio, il socio deve far leva su questo: segnalare magari che il Fisco potrebbe soddisfarsi sulla società. Questo può indurre AER anche a più miti pretese (magari concentrandosi sul pignorare un conto della società prima di aggredire la casa del socio).
- Caso di socio uscente: se il socio ha cessato di essere tale prima della scissione o prima del manifestarsi del debito, può eccepire la non debenza in quanto ex socio. Tuttavia, in base a norme civilistiche, il socio uscente di S.n.c. resta obbligato per i debiti anteriori all’uscita se contratti entro un certo periodo (due anni dalla cessazione per obbligazioni già esistenti). Similmente l’accomandatario cessato risponde per il pregresso. Non è dunque una difesa dire “ma io non sono più socio”: conta quando era socio rispetto al sorgere del debito. Se il debito (p.es. imposta 2020) riguarda un periodo in cui egli era socio (anche se poi nel 2021 è uscito), ne risponderà comunque. Diverso se il debito è sorto dopo la sua uscita (es. imposte anno 2022, socio uscito nel 2021): in tal caso il socio può opporre che non era socio nel periodo d’imposta cui si riferisce la pretesa, quindi non è obbligato. Il Fisco solitamente richiede ai soci presenti nel periodo d’imposta.
- Soci accomandanti: come detto, se per errore arrivasse un’intimazione/cartella ad un accomandante (che non dovrebbe accadere in teoria), la difesa è relativamente semplice: eccepire la non legittimazione passiva e la mancanza di responsabilità. Già in primo grado con i riferimenti giurisprudenziali (Cass. 13565/2021; Cass. 6017/2015 citate in CGT Lecce ) si dovrebbe ottenere l’annullamento. Lo stesso valga per un socio di S.r.l. erroneamente coinvolto.
3. Strumenti deflativi e conciliativi
Oltre alle vie giudiziarie, esistono modalità “alternative” o complementari per gestire cartelle:
- Autotutela: il soggetto che riceve una cartella può presentare un’istanza in autotutela all’Agenzia delle Entrate-Riscossione o all’ente creditore, segnalando eventuali errori (ad esempio “mi avete inviato cartella ma io sono socio accomandante e non dovuto”). In casi lampanti, l’ente potrebbe annullare la cartella senza necessità di giudice. Tuttavia, l’autotutela è discrezionale e non sospende i termini di ricorso. Quindi va eventualmente affiancata dal ricorso formale, se i termini stringono.
- Accertamento con adesione (per ruoli): se la cartella deriva da un accertamento definibile, a volte si può chiedere adesione per ridurre sanzioni. Di solito però la fase di adesione è precedente alla cartella.
- Definizione agevolata (“rottamazione”): il legislatore talvolta apre finestre per rottamare le cartelle (pagando il dovuto senza sanzioni e interessi). Il socio o società coobbligata può aderire, chiarendo però che ciò comporta rinuncia al contenzioso sulla sussistenza del debito. Va valutato caso per caso se conviene pagare ridotto o tentare l’annullamento.
- Transazione fiscale o accordi nel contenzioso: se la situazione debitoria è complessa (es. società beneficiaria insolvente), in sede di concordato preventivo o ristrutturazione si può trattare con il Fisco la falcidia dei crediti. Ma è un tema concorsuale oltre lo scopo di questa guida.
4. Coordinamento di giurisdizioni e sentenze rilevanti
Un aspetto tecnico importante è dove portare la questione: tribunale tributario o civile? Come già delineato:
- Prima della cartella (fase di accertamento): qualsiasi questione su chi debba rispondere del tributo è prematura, poiché formalmente il soggetto passivo fiscale originario è la società scissa (o soggetto designato). Il socio beneficiario non può ad esempio ricorrere contro l’avviso di accertamento intestato alla scissa sostenendo “non dovevate farlo a me” – quell’avviso non è neppure intestato a lui.
- Dopo la cartella: le CGT hanno giurisdizione su impugnazioni di cartella (che è atto della riscossione, comunque rientrante tra gli atti impugnabili ex D.Lgs. 546/92). Quindi entro 60 giorni si va in Commissione Tributaria (oggi CGT) per contestare cartelle e intimazioni, anche per motivi inerenti la responsabilità soggettiva. In effetti, la sentenza della CGT di Lecce sul socio accomandante è avvenuta in sede tributaria. Le CGT si occupano dunque anche di stabilire se un dato soggetto è tenuto al pagamento in base alla legge (questione sostanziale tributaria).
- Dopo la scadenza dei termini o dopo l’avvio dell’esecuzione: entra in gioco il giudice ordinario (sezione esecuzioni mobiliari/immobiliari). A seguito delle pronunce citate, abbiamo questo schema: a monte della cartella (fino alla notifica della stessa) decide il giudice tributario; a valle della cartella (atti esecutivi successivi) decide il giudice ordinario . Ad esempio, se la cartella è definitiva e l’Agente notifica un preavviso di fermo amministrativo sull’auto del socio, costui dovrà fare opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) entro 20 giorni per vizi formali del preavviso, o opposizione all’esecuzione (615 c.p.c.) per questioni di merito (es. prescrizione sopravvenuta, pagamento già effettuato). Non può più rivolgersi alla CGT perché ormai l’atto impugnabile (cartella) è diventato definitivo. Questa demarcazione è stata affermata anche dalle Sezioni Unite della Cassazione (sent. 34447/2019) che, richiamando la citata sentenza costituzionale, hanno tracciato il confine di giurisdizione .
Sentenze aggiornate da fonti autorevoli:
- Cass. Civ. Sez. Unite 34447/2019: (ripresa sopra) ha stabilito la linea di confine tra giudice tributario e ordinario in tema di opposizioni post-cartella, sancendo l’ammissibilità del 615 c.p.c. per fatti successivi alla notifica della cartella .
- Corte Cost. 114/2018: ha dichiarato illegittimo l’art. 57, co.1 lett. a) DPR 602/73 nella parte che non consente opposizione all’esecuzione tributaria dopo la cartella , risolvendo un vuoto di tutela a favore del contribuente.
- Cass. Civ. Sez. Trib. 13565/2021 (ordinanza): riguardante accomandanti, ha ribadito che il socio accomandante non ha legittimazione passiva verso i creditori sociali .
- Cass. Civ. Sez. III 6017/2015: ugualmente citata, esclude azioni dirette del creditore sociale contro l’accomandante .
- Cass. Civ. Sez. V 3678/2015: (non citata sopra) affermò principi simili sul beneficio di escussione in ambito tributario per i soci.
- Cass. Civ. Sez. V 16710/2019: ha precisato che la responsabilità solidale della beneficiaria non è subordinata (nel senso che il creditore può agire senza attendere l’inadempimento formale della debitrice principale) . In altre parole, la solidarietà ex art. 2506-quater c.c. è paritetica sotto il profilo dell’azione esperibile, sebbene sia “sussidiaria” in termini concettuali (poiché riguarda debiti non soddisfatti dalla principale). Questo per i crediti civili.
- Cass. Civ. Sez. V 9233/2023 e Cass. Sez. Trib. 24316/2023: ulteriori conferme della supersolidarietà tributaria (menzionate in rassegne ma i cui principi riecheggiano quelli già trattati).
In conclusione sul piano difensivo: il debitore socio deve innanzitutto identificare la propria posizione giuridica (socio illimitato vs limitato, società obbligata vs coobbligata) e poi usare lo strumento processuale adeguato (ricorso CGT tempestivo o opposizione civile) per far valere i propri diritti. È fondamentale rispettare i termini (60 giorni in tributario, termini stringenti in opposizione civile) e documentare le eccezioni (ad es., provare che la società aveva beni -> bilanci, visure; provare pagamenti; evidenziare errori di notifica, ecc.). Un mix di conoscenza normativa e accurata strategia processuale può fare la differenza tra l’annullamento della pretesa e il dover pagare il debito.
Esempi pratici di difesa del socio dopo scissione
Per fissare le idee, ecco alcune simulazioni pratiche basate su casi reali semplificati:
Caso 1: Scissione parziale, debito IVA pregresso – beneficiaria vs Agenzia Entrate
La società Alpha S.r.l. nel 2022 effettua una scissione parziale trasferendo un ramo d’azienda (30% del patrimonio) a Beta S.r.l.. Alpha continua ad esistere col restante patrimonio. Successivamente emerge un debito IVA 2021 di €50.000 a carico di Alpha, accertato e non pagato. Nel 2024, Agenzia Entrate-Riscossione notifica a Beta S.r.l. una cartella di €50.000 + interessi. Beta è sorpresa, perché nel progetto di scissione il debito IVA non era stato esplicitamente menzionato (è un debito “latente” emerso dopo). Beta può fare due cose:
- Ricorso in Commissione Tributaria: Beta impugna la cartella sostenendo che l’obbligato principale era Alpha e che Beta semmai risponde nei limiti del 30%. La CGT, applicando la legge, rigetterà tale motivo richiamando art. 173 co.13 TUIR: Beta è obbligata in solido illimitatamente . Beta allora prova un altro motivo: la cartella è nulla perché Beta non ha mai ricevuto l’avviso di accertamento. Anche qui, la controparte eccepisce che la notifica ad Alpha vale anche per Beta . La CGT potrebbe darle torto anche su questo. A quel punto Beta rischia di perdere e dover pagare tutto. Se Beta invece avesse trovato un vizio nel merito (es. l’accertamento era stato annullato per difetto di firma digitale, ipotesi), allora avrebbe chance di vittoria. Nell’incertezza, Beta valuta la rottamazione delle cartelle 2024: presentando domanda, potrebbe pagare €50.000 senza sanzioni (risparmiando eventuali aggi e interessi). Questo le farebbe evitare ulteriori spese legali. Beta opta per la rottamazione se disponibile, altrimenti dovrà pagare o attendere l’esito del giudizio (con possibili interessi di mora in crescita).
- Coinvolgimento di Alpha: Beta potrebbe rivalersi su Alpha S.r.l. (che esiste ancora) chiedendo di manlevare Beta per quel debito fiscale, in base agli accordi di scissione. Se c’è una clausola di accollo interno dei debiti, Beta può citarla. Ma per il Fisco questo è irrilevante: Beta deve comunque pagare (se la cartella è confermata), poi Beta potrà chiedere ad Alpha il rimborso del 70% (secondo patrimonio rimasto vs trasferito) in base all’accordo. Se Alpha intanto fosse fallita, Beta resterebbe con il cerino acceso.
Caso 2: Scissione totale, debito verso fornitore – limitazione di responsabilità
Gamma S.p.A. nel 2023 si scinde totalmente in Delta S.r.l. (70% del patrimonio di Gamma) ed Epsilon S.r.l. (30%). Gamma si estingue. Un fornitore aveva fornito macchinari a Gamma nel 2022 e vanta un credito di €200.000 rimasto insoluto. Dopo la scissione, il creditore chiede il pagamento pro quota a Delta ed Epsilon. Delta aveva nel progetto assunto a sé il debito verso quel fornitore (era indicato nell’atto che Delta si accolla il debito verso quel fornitore). Delta però non paga, asserendo di avere difficoltà finanziarie. Il fornitore allora cita in tribunale Epsilon (oltre a Delta) chiedendo l’intero pagamento in via solidale ex art. 2506-quater c.c. Epsilon si difende provando che il valore effettivo del patrimonio netto ricevuto da Gamma era, supponiamo, €120.000. Epsilon dichiara: “anche se Delta non paga, io al massimo posso essere tenuta a €120.000”. Durante la causa civile, Delta fallisce (dunque il creditore certamente non verrà soddisfatto da Delta). A questo punto la solidarietà diventa cruciale. Il Tribunale, accertato che Epsilon ha ricevuto €120.000 di patrimonio netto, potrebbe condannare Epsilon a pagare €120.000 (limite di responsabilità) e il restante €80.000 rimarrà insinuato nel fallimento Delta (forse incassando poco). Il fornitore subisce quindi una perdita parziale. Se però Epsilon non fosse riuscita a dimostrare il valore netto (onere suo ), il giudice avrebbe potuto teoricamente condannarla all’intero importo, ma in Appello o Cassazione Epsilon avrebbe avuto modo di far valere quel limite. In pratica, è fondamentale per la beneficiaria “secondaria” dimostrare il proprio limite per non pagare oltre.
Caso 3: Società in accomandita si trasforma e scinde – responsabilità dell’ex accomandatario
Zeta S.a.s. decide nel 2024 di trasformarsi e scindersi: si trasforma prima in S.n.c. o S.r.l.? Diciamo che scinde il ramo “A” in una nuova S.r.l. Eta S.r.l. e il ramo “B” in Theta S.r.l., estinguendosi (scissione totale con cambio di forma giuridica contestuale). I soci di Zeta S.a.s. erano: Caio (accomandatario), Sempronia (accomandante). Dopo l’operazione, Caio e Sempronia diventano soci rispettivamente di Eta e Theta (ipotizziamo non proporzionale: Caio prende partecipazioni di maggioranza in Eta, Sempronia in Theta, e viceversa quote minori). Ora, Zeta S.a.s. aveva un debito fiscale del 2023 di €30.000. Nel 2025 arriva cartella per quel debito. I soggetti coobbligati ora sono Eta e Theta (società risultanti) illimitatamente ex legge fiscale. Inoltre Caio, come ex accomandatario, è personalmente coobbligato illimitatamente (non è estinto dalla trasformazione: la responsabilità personale permane). L’Agenzia Entrate decide di notificare la cartella a Caio personalmente, perché sa che Caio ha beni personali capienti. Caio si trova un’intimazione di pagamento. Cosa può fare?
- Caio può impugnare davanti alla CGT sostenendo di non aver ricevuto la cartella (mettiamo che fu notificata a Eta e Theta ma non a lui). Se l’intimazione è il primo atto che vede, potrebbe eccepire difetto di notifica della cartella nei suoi confronti. È un punto complesso: la notifica valida a Eta/Theta vale per lui? Non esattamente, perché Caio come coobbligato in qualità di socio illimitato non era soggetto iscritto a ruolo. Questo scenario apre un fronte di discussione: forse la CGT potrebbe annullare l’intimazione per mancata notifica del prodromico a Caio, oppure rinviare al concetto che Caio doveva attivarsi prima. In ogni caso, Caio invocherà il beneficio di escussione: prima si escutano Eta e Theta. Se Caio dimostra che Eta e Theta sono in grado di pagare (magari hanno asset), la CGT di primo grado potrebbe accogliere il ricorso di Caio, sospendendo la sua obbligazione fino a escussione delle società. Se invece risulta che Eta e Theta hanno già cessato l’attività e sono scatole vuote, Caio dovrà pagare.
- Indipendentemente dal contenzioso, Caio potrebbe contattare AER e proporre un pagamento dilazionato, per evitare ipoteche sui suoi beni. Ad esempio, chiede 72 rate mensili. Questo non preclude di continuare il giudizio, ma se poi Caio vince, avrà pagato e dovrà chiedere rimborso (non facile). Quindi Caio dovrà scegliere se pagare in pendenza di ricorso (per evitare ganasce) o rischiare la via giudiziale senza pagare subito.
Risultato possibile: Caio dimostra che Theta S.r.l. ha ancora patrimonio attivo sufficiente a coprire il debito. La CGT annulla l’intimazione a Caio ritenendo prematura l’azione nei suoi confronti. L’Agenzia dovrà rifarsi su Theta (che Caio non controlla, essendo socio minoritario forse). Se Theta non paga volontariamente, l’Agenzia le pignorerà i conti. Caio in tal caso salva il suo patrimonio personale grazie all’escussione. Se però Theta si rivela insolvente, Caio potrebbe trovarsi di nuovo bersaglio di una cartella (o di un nuovo atto) con prova di escussione infruttuosa allegata, e allora difficilmente potrà opporsi ulteriormente. In sintesi, Caio guadagna tempo e spera che le società paghino.
Questi esempi mostrano come, a seconda della situazione, il “gioco delle responsabilità” può diventare assai intricato, coinvolgendo società e persone fisiche su piani diversi (civilistico e tributario). Un socio/difensore deve quindi districarsi tra normative, far valere tempistiche e oneri probatori a suo vantaggio, e magari ricorrere a soluzioni pratiche (come accordi di pagamento) quando la legge non offre vie di scampo.
Domande frequenti (Q&A)
D1: Dopo la scissione della mia società, chi paga i debiti che avevamo prima?
R: Dipende dal tipo di debito. Per i debiti civili (verso fornitori, banche ecc.), in base al Codice Civile la società scissa e le beneficiarie sono tutte responsabili in solido, ma ciascuna beneficiaria può limitare la propria responsabilità al valore del patrimonio ricevuto . Per i debiti tributari (tasse, IVA) anteriori alla scissione, invece, tutte le società partecipanti (scissa e beneficiarie) sono responsabili in solido senza alcun limite di importo . Ciò significa che il Fisco può chiedere l’intero importo a una qualsiasi di esse. I soci persone fisiche, se la società è di capitali, non pagano nulla di tasca propria; se era una società di persone, i soci illimitatamente responsabili rimangono obbligati anche personalmente.
D2: La mia società (beneficiaria di una scissione) ha ricevuto una cartella per un debito IRAP della società scissa riferito a due anni fa. Possiamo non pagare perché abbiamo preso solo il 10% del patrimonio?
R: No, per i debiti tributari la legge (art. 173 TUIR) non consente di invocare il limite del 10%. Siete solidalmente e illimitatamente tenuti al pagamento . L’unica ipotesi di limitazione è se si trattasse di un debito non tributario; ma IRAP è un’imposta, quindi vale la regola speciale. Potete verificare se la cartella presenta vizi (errori di calcolo, prescrizione, mancata notifica dell’accertamento alla scissa ecc.) e impugnarla in Commissione Tributaria. Ma non potete rifiutare il pagamento adducendo che la vostra quota patrimoniale era piccola: questo argomento è stato rigettato in più sentenze .
D3: Sono socio accomandante di una S.a.s. La S.a.s. si è sciolta (senza liquidazione formale) e parte dell’azienda è confluita in una nuova società. Ora mi è arrivata un’intimazione di pagamento per debiti INPS della S.a.s.: devo pagarla?
R: In qualità di socio accomandante, no – non sei personalmente responsabile dei debiti sociali, quindi la notifica di quell’intimazione a te è illegittima. Infatti il socio accomandante “non ha responsabilità diretta per i debiti sociali” . Dovresti impugnare subito l’intimazione (in Commissione Tributaria, essendo un atto della riscossione) sostenendo la tua totale estraneità all’obbligazione. La giurisprudenza ti è favorevole: è stata annullata un’intimazione simile, proprio perché il socio accomandante risponde solo con la quota e solo verso la società . Preparati però a dimostrare la tua qualifica (risulta dall’atto costitutivo e dalla visura camerale che eri accomandante). Una volta chiarito, l’atto verrà con ogni probabilità annullato.
D4: Sono socio (illimitato) di una S.n.c. che si è fusa/scissa in un’altra società. Il Fisco può chiedere a me le tasse non pagate dalla società?
R: Sì, se eri socio illimitatamente responsabile all’epoca in cui si sono generate quelle tasse, la legge ti rende coobbligato in solido. L’Agenzia Entrate può notificarti la cartella di pagamento anche direttamente . Tuttavia, hai diritto al beneficio di escussione: puoi pretendere che prima si escuta il patrimonio sociale (della società risultante dalla fusione/scissione, ad esempio). Se la società non paga perché incapiente, allora dovrai pagare tu. Puoi far valere questo diritto proponendo ricorso: in molti casi i giudici annullano la cartella al socio se non è provata l’insolvenza della società . Quindi la strategia è: contestare subito la cartella eccependo che la società ha beni su cui il Fisco può soddisfarsi, e che quindi l’azione diretta su di te è ingiustificata al momento.
D5: La responsabilità illimitata per i debiti fiscali di tutte le società post-scissione non è ingiusta? Si è provato a contestarla?
R: È un regime severo, soprannominato “supersolidarietà tributaria”. È stato portato all’attenzione della Corte Costituzionale, ma la Corte (sentenza 90/2018) ha ritenuto la norma legittima e non irragionevole , in quanto finalizzata a garantire la riscossione dei tributi. In pratica lo Stato vuole evitare che, frammentando il patrimonio con la scissione, il recupero delle imposte diventi più difficile; quindi rende ogni pezzo del patrimonio scisso garante dell’intero debito fiscale. Questa diversità di trattamento rispetto ai debiti privati è giustificata – secondo la Corte – dai principi costituzionali di bilancio pubblico e capacità contributiva. Dunque, allo stato attuale, la norma è valida e va applicata com’è.
D6: Cosa succede se il Fisco riscuote tutto da una sola società beneficiaria? Le altre ne sono liberate?
R: Sì. Trattandosi di obbligazione solidale, se una dei coobbligati paga l’intero debito, la pretesa del creditore (Fisco o altro) si estingue anche verso gli altri condebitori (art. 1292 c.c.) . Quindi, se l’Agenzia delle Entrate-Riscossione riscuote tutto dalla società X, non potrà più chiedere nulla alla società Y o Z per quello stesso debito (né ai soci illimitati, se è per questo). Naturalmente, resta tra le società la possibilità di regresso: quella che ha pagato più della sua “giusta quota” potrebbe rivalersi sulle altre. Ma questo è un problema interno tra le società (o eventualmente i soci illimitati), in cui il Fisco non entra. In sintesi: il creditore sceglie da chi riscuotere; una volta ottenuto il pagamento integrale, gli altri coobbligati sono salvi da ulteriori azioni per lo stesso credito.
D7: Dopo quanto tempo si prescrive il debito tributario in caso di scissione?
R: La scissione in sé non modifica i termini di prescrizione dei tributi, che in generale sono di 10 anni dal momento in cui la pretesa diventa definitiva (ad esempio dalla notifica della cartella non impugnata). Tuttavia, per un coobbligato solidale come la società beneficiaria, spesso accade questo: se la cartella è stata notificata solo alla scissa, quel coobbligato ha una pretesa definitiva che può durare 10 anni. La notifica della cartella a uno dei debitori solidali interrompe la prescrizione anche nei confronti degli altri (in linea generale), perché l’atto vale verso tutti i condebitori obbligati in solido se l’obbligazione è la medesima. Dunque, anche a distanza di anni, una società beneficiaria potrebbe vedersi recapitare un’intimazione finché il credito non è prescritto. Ad esempio, se la cartella a Alfa (scissa) fu notificata nel 2018 e non pagata, la prescrizione – salvo atti interruttivi – maturerebbe nel 2028; fino ad allora, AER potrebbe notificare un’intimazione o procedere contro Beta (beneficiaria). Occorre però valutare caso per caso, specie se la beneficiaria non ha mai avuto comunicazioni: in certi casi, i giudici hanno considerato che il termine di impugnazione decorre solo dalla notifica effettiva dell’atto al soggetto, ma dal punto di vista prescrizionale la solidarietà fa sì che un atto fatto valga erga omnes i debitori. Per semplicità: il debito fiscale si prescrive ordinariamente, la scissione non fornisce scorciatoie sulla prescrizione.
D8: Un creditore può impugnare o bloccare la scissione se teme di non essere pagato?
R: Sì. Prima che la scissione sia efficace, i creditori possono presentare opposizione ex art. 2503 c.c., entro 60 giorni dall’ultimo deposito delle deliberazioni . Se c’è opposizione, l’operazione non può procedere finché il tribunale non rigetta l’opposizione o finché il creditore non viene soddisfatto o garantito. Questa è una protezione preventiva. Dopo la scissione, il creditore può contare sulla responsabilità solidale limitata (per debiti civili) o illimitata (per debiti fiscali) delle società partecipanti. In caso di frodi o pregiudizio grave, può anche esperire l’azione revocatoria per far dichiarare inefficace la scissione nei suoi confronti e recuperare i beni trasferiti . Ma la revocatoria richiede di provare l’intento di sottrazione di garanzia ed è ammessa entro 5 anni. Dunque, è un rimedio estremo qualora la scissione sia stata abusiva. Dal punto di vista del socio debitore, questo significa che se la scissione era architettata solo per sfuggire a debiti, è difficilmente un “porto sicuro”: il creditore ha armi per contrastarla.
D9: Sono socio unico di una S.r.l. beneficiaria. Se la S.r.l. non paga le cartelle, possono rivalersi su di me personalmente?
R: No, non per quel ruolo. Tu come persona fisica sei giuridicamente distinto dalla S.r.l. (principio di autonomia patrimoniale). Il Fisco potrà aggredire la S.r.l. (conti correnti, immobili intestati alla S.r.l.), ma non i tuoi beni personali (conto personale, casa tua) – a meno che tu abbia commesso qualche illecito specifico che giustifichi un’azione di responsabilità personale (es: distrazione di beni sociali in pregiudizio ai creditori, caso in cui potrebbero eventualmente provare a coinvolgerti per fatti extra, ma non attraverso la cartella fiscale in sé). Quindi come socio non rischi il tuo patrimonio, a differenza del socio di società di persone. Attenzione però: se la S.r.l. viene messa in liquidazione e distribuisce attivi a te senza pagare i debiti tributari, l’art. 2495 c.c. consente ai creditori di chiedere a te quei fondi ricevuti in distribuzione. Ma in una scissione, come detto, non c’è distribuzione al socio, quindi quel caso non si applica direttamente.
D10: In conclusione, qual è il miglior consiglio per un socio o società che riceva una cartella post-scissione?
R: Valutare subito la propria posizione e agire tempestivamente. In particolare: – Se sei una società che riceve la cartella, fai esaminare da un tributarista se ci sono motivi di impugnazione validi (vizi, prescrizione, difetto di notifica…). Prepara un ricorso in CGT nei 60 giorni, chiedendo eventualmente la sospensiva. Nel contempo, se la somma è ingente, considera di chiedere una rateazione ad AER per evitare misure cautelari. – Se sei un socio illimitatamente responsabile e ricevi la cartella, valuta di impugnare con l’eccezione di beneficio di escussione, soprattutto se la società ha patrimonio. Raccogli prove dello stato patrimoniale della società. Se hai perso i termini, preparati a fare opposizione in tribunale non appena parte l’esecuzione forzata. – Se sei un socio limitato che (erroneamente) riceve una cartella, impugnala immediatamente contestando la tua non responsabilità: hai ottime chance di farla annullare subito . – In generale, non ignorare la cartella: la scissione crea una rete complessa di coobbligati, ma le pretese non spariscono da sole. Ignorare l’atto potrebbe portare a misure esecutive (fermi amministrativi, ipoteche, pignoramenti) su qualcuno dei soggetti coinvolti. Meglio affrontare la questione legalmente o tramite accordo col Fisco. – Infine, farsi assistere da un professionista (avvocato tributarista o commercialista) è quasi d’obbligo data la tecnicità della materia: come abbiamo visto ci sono incroci tra diritto tributario, societario e processuale civile. Una consulenza esperta può individuare la strategia più efficace per difendere il patrimonio del socio o della società in queste situazioni complesse.
Fonti:
- Codice Civile, artt. 2506–2506-quater c.c. (disciplina della scissione e responsabilità verso i creditori).
- D.P.R. 917/1986, art. 173, c.13 (Testo Unico Imposte sui Redditi – responsabilità tributaria post-scissione) .
- D.Lgs. 472/1997, art. 15, c.2 (Responsabilità per sanzioni tributarie in caso di scissione) .
- Cass. civ. Sez. V, 20/02/2023 n. 5204: scissione parziale e debiti fiscali, solidarietà illimitata (principio) .
- Cass. civ. Sez. Trib., 28/03/2024 n. 8469: tutte le società partecipanti rispondono illimitatamente dei debiti fiscali ante-scissione, conferma art. 173 TUIR .
- Cass. civ. Sez. I, 25/11/2021 n. 36690: responsabilità solidale civilistica delle beneficiarie limitata al patrimonio attribuito; onere della prova a carico loro .
- Cass. civ. Sez. V, 14/01/2022 n. 998: socio accomandatario coobbligato per debiti tributari società di persone; cartella notificata al socio e beneficio escussione .
- CGT I grado Lecce, 23/05/2023 n. 841: intimazione a socio accomandante annullata per difetto di legittimazione (socio accomandante non risponde dei debiti sociali) .
- Corte Costituzionale, 26/04/2018 n. 90: legittimità costituzionale della solidarietà illimitata tributaria post-scissione .
- Corte Costituzionale, 07/06/2018 n. 114: illegittimità art. 57 DPR 602/73 nella parte che preclude opposizione ex art. 615 c.p.c. dopo notifica cartella .
- Cass. civ. Sez. Unite, 24/12/2019 n. 34447: giurisdizione opposizione esecuzione tributaria post-cartella al giudice ordinario; conferma possibilità 615 c.p.c. .
- Cass. civ. Sez. V, 04/04/2023 n. 9233: (in linea con principi analoghi, non citata direttamente ma attinente).
- Cass. civ. Sez. V, 03/11/2019 n. 16710: la responsabilità solidale ex art. 2506-quater c.c. non ha natura subordinata (creditore può agire direttamente) .
- Cass. civ. Sez. V, 11/03/2015 n. 4863: (sulla responsabilità ex soci ecc., per completare).
- CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, sentenza n. 8469 depositata il 28 marzo 2024 – In tema di scissione parziale, per i debiti fiscali della società scissa relativi a periodi d’imposta anteriori all’operazione, rispondono, ai sensi dell’art. 173, comma 13, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, solidalmente ed illimitatamente tutte le società partecipanti la scissione, come conferma l’art. 15, comma 2, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, che, con riguardo alle somme da pagarsi in conseguenza delle violazioni fiscali commesse dalla società scissa, prevede la solidarietà illimitata di tutte le beneficiarie, differentemente dalla disciplina della responsabilità relativa alle obbligazioni civili, per la quale, invece, gli artt. 2506 bis, comma 2 e 2506 quater, comma 3, cod. civ., prevedono limiti precisi.
- Ordinanza del 17/04/2023 n. 10103 – Corte di Cassazione.
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Hai ricevuto una cartella esattoriale per debiti fiscali sorti prima della scissione societaria e vuoi capire se sei davvero responsabile come socio?
Vuoi sapere quali sono i tuoi diritti e come difenderti da queste pretese?
La scissione societaria è un’operazione complessa che comporta la suddivisione di patrimonio, crediti e debiti tra la società scissa e le beneficiarie. L’Agenzia delle Entrate può tentare di recuperare vecchi debiti anche nei confronti delle società beneficiarie e, in alcuni casi, dei soci. Ma la responsabilità non è automatica: esistono limiti precisi stabiliti dalla legge.
👉 Prima regola: verifica sempre se il debito esattoriale era effettivamente trasferibile dopo la scissione e se può ricadere sui soci.
⚖️ Quando scattano le contestazioni
- Debiti fiscali sorti prima della scissione imputati alla società originaria;
- Notifiche di cartelle esattoriali a carico della società beneficiaria o dei soci;
- Attribuzione di responsabilità solidale in mancanza di specifica ripartizione dei debiti;
- Scissioni parziali o totali con patrimonio trasferito senza chiara definizione dei passivi;
- Richieste di pagamento ai soci in quanto destinatari di attribuzioni patrimoniali.
📌 Conseguenze per i soci
- Responsabilità patrimoniale limitata al valore dei beni o crediti ricevuti con la scissione;
- Impossibilità per il Fisco di chiedere più di quanto effettivamente attribuito;
- Rischio di iscrizioni a ruolo e pignoramenti se non viene contestata la cartella;
- Coinvolgimento in contenziosi tributari anche se non si era amministratori.
🔍 Cosa verificare per difendersi
- Data del debito: era antecedente o successivo alla scissione?
- Atto di scissione: come sono stati ripartiti i debiti tra società scissa e beneficiarie?
- Valore dei beni ricevuti dal socio: l’esposizione non può superare tale limite;
- Motivazione della cartella: l’Agenzia deve spiegare il legame tra debito e socio;
- Regolarità della notifica e rispetto dei termini di decadenza.
🧾 Documenti utili alla difesa
- Atto notarile di scissione e relative delibere;
- Bilanci pre e post scissione;
- Estratti di attribuzione dei beni ai soci;
- Copia delle cartelle esattoriali e avvisi di accertamento originari;
- Comunicazioni e verbali dell’Agenzia delle Entrate.
🛠️ Strategie di difesa
- Dimostrare i limiti di responsabilità del socio, circoscritti al valore ricevuto;
- Contestare l’illegittimità della notifica se manca il legame diretto con il socio;
- Eccepire vizi formali: motivazione insufficiente, mancata indicazione dei presupposti di legge;
- Richiedere autotutela se la cartella è manifestamente illegittima;
- Ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro 60 giorni per annullare la pretesa;
- Mediazione tributaria (se prevista) per ridurre sanzioni e definire la controversia.
🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
📂 Analizza l’atto di scissione e la cartella esattoriale notificata;
📌 Verifica se sussiste realmente la responsabilità patrimoniale del socio;
✍️ Predispone memorie difensive e ricorsi per far annullare o ridurre la pretesa;
⚖️ Ti rappresenta nel contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate e davanti alla Corte di Giustizia Tributaria;
🔁 Suggerisce strategie preventive per proteggere il patrimonio personale in caso di ristrutturazioni societarie.
🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in operazioni straordinarie e responsabilità dei soci;
✔️ Specializzato in difesa contro cartelle esattoriali post-scissione;
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Le contestazioni dell’Agenzia delle Entrate sulle cartelle esattoriali dopo scissione societaria non sempre sono fondate: la responsabilità dei soci è limitata e deve essere provata.
Con una difesa mirata puoi dimostrare i limiti di responsabilità patrimoniale, evitare richieste indebite e tutelare i tuoi beni personali.
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