Contestazioni per omessa comunicazione delle liquidazioni periodiche IVA

Hai ricevuto una contestazione dall’Agenzia delle Entrate per non aver presentato le comunicazioni periodiche IVA (LIPE)? In questi casi, l’Ufficio presume che l’omissione abbia comportato l’occultamento di dati fiscali rilevanti e procede con l’applicazione di sanzioni, interessi e in alcuni casi con accertamenti sul versamento dell’imposta. Tuttavia, non sempre la contestazione è fondata: vi sono strumenti difensivi che consentono di regolarizzare la posizione o di contestare l’atto se illegittimo.

Quando l’Agenzia delle Entrate contesta l’omessa comunicazione delle LIPE
– Se le liquidazioni periodiche IVA non sono state inviate entro le scadenze previste
– Se le comunicazioni sono state presentate in ritardo oltre i termini consentiti per il ravvedimento operoso
– Se le LIPE trasmesse risultano incomplete o con dati difformi rispetto alle dichiarazioni IVA annuali
– Se emergono incongruenze tra i versamenti IVA effettuati e i dati comunicati
– Se l’omissione viene interpretata come indice di evasione o irregolarità contabile

Conseguenze della contestazione
– Applicazione di sanzioni amministrative per omessa o tardiva comunicazione (da 500 a 2.000 euro per trimestre)
– Interessi di mora sulle somme eventualmente non versate o versate in ritardo
– Rischio di accertamenti più approfonditi sull’intera posizione IVA
– Possibile iscrizione a ruolo e avvio di procedure di riscossione coattiva
– Maggior rischio di contestazioni anche sulle dichiarazioni IVA annuali

Come difendersi dalla contestazione
– Dimostrare che le comunicazioni sono state inviate regolarmente o che eventuali errori sono stati corretti nei termini
– Utilizzare il ravvedimento operoso, se ancora possibile, per ridurre le sanzioni
– Contestare l’applicazione di sanzioni sproporzionate in caso di irregolarità meramente formali
– Evidenziare vizi procedurali, errori di sistema o difetti di notifica nell’atto contestato
– Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per ottenere l’annullamento della contestazione

Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare gli adempimenti IVA e verificare la correttezza delle contestazioni mosse dall’Agenzia
– Individuare eventuali margini per la regolarizzazione spontanea della posizione fiscale
– Redigere un ricorso fondato su vizi formali e sostanziali dell’accertamento
– Difendere l’impresa davanti ai giudici tributari contro pretese fiscali indebite
– Tutelare la continuità aziendale ed evitare conseguenze sproporzionate

Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– La riduzione o l’annullamento delle sanzioni applicate
– L’eliminazione di interessi non dovuti
– La sospensione delle richieste di pagamento già avviate
– Il riconoscimento della regolarità della posizione in caso di adempimenti correttamente effettuati
– La certezza di pagare solo quanto realmente previsto dalla legge

⚠️ Attenzione: il ricorso contro la contestazione deve essere presentato entro 60 giorni dalla notifica dell’atto. Trascorso questo termine, l’accertamento diventa definitivo e non sarà più possibile difendersi.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e contenzioso fiscale – spiega come difendersi in caso di contestazioni per omessa comunicazione delle liquidazioni periodiche IVA e come tutelare i tuoi diritti.

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Introduzione

La comunicazione delle liquidazioni periodiche IVA (LIPE) è un adempimento normativamente distinto dalla dichiarazione annuale IVA, introdotto per contrastare l’evasione fiscale e migliorare i controlli incrociati tra fatture emesse e dichiarazioni annuali. L’obbligo è previsto dall’art. 21-bis del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (convertito in L. 122/2010) e successive modifiche . In particolare, i soggetti passivi IVA devono trasmettere telematicamente all’Agenzia delle Entrate, entro l’ultimo giorno del secondo mese successivo a ciascun trimestre, una comunicazione riepilogativa dei dati contabili delle liquidazioni periodiche calcolate ai sensi del DPR 633/1972 . L’adempimento è quindi trimestrale (o mensile, se previsto), distinto dalla dichiarazione annuale.

Sono esonerati dall’obbligo di inviare la comunicazione LIPE solo i contribuenti che, per l’intero anno d’imposta, non devono né presentare la dichiarazione IVA annuale, né effettuare liquidazioni periodiche dell’imposta. La norma lo prevede espressamente: “sono esonerati dalla presentazione della comunicazione i soggetti passivi non obbligati alla dichiarazione annuale IVA o all’effettuazione delle liquidazioni periodiche” . In pratica, ciò riguarda ad esempio chi applica regimi agevolati (come il regime forfettario) non tenuto a dichiarazione annuale IVA, oppure chi è privo di operazioni imponibili per tutto l’anno. Se tali condizioni cessano nel corso dell’anno, l’esonero decade (ad esempio, se in un trimestre compare un’operazione imponibile). In particolare, per il quarto trimestre è ammessa un’ulteriore semplificazione: la comunicazione delle liquidazioni del IV trimestre può essere sostituita da quella che avviene nella dichiarazione IVA annuale, presentata entro il mese di febbraio dell’anno successivo . Di conseguenza, il contribuente può evitare di inviare separatamente il modello LIPE di dicembre se integra i dati nel quadro corrispondente della dichiarazione IVA finale entro febbraio.

Obblighi del contribuente e scadenze

In pratica, il contribuente IVA (società, ditte individuali, professionisti, ecc.) deve compilare trimestralmente il modello “Comunicazione liquidazioni periodiche IVA” secondo le specifiche tecniche dell’Agenzia delle Entrate. L’invio va effettuato esclusivamente per via telematica, mediante il servizio “Fatture e Corrispettivi” o canali abilitati (ex art. 3, DPR 322/1998) .

Le scadenze ordinarie sono: – 16 giugno per la comunicazione del primo trimestre (termine derogato al 12 giugno 2017 dai provvedimenti straordinari, ma in condizioni ordinarie 16 giugno), – 30 settembre per il secondo trimestre , – 16 novembre per il terzo trimestre, – e ultimo giorno di febbraio dell’anno successivo per il quarto trimestre (se scelta l’alternativa di trasmissione nella dichiarazione annuale) .

Ad esempio, per l’anno d’imposta 2024 i termini sarebbero (salvo proroghe generali): 16/06/2024, 30/09/2024, 16/11/2024, 28/02/2025 (oppure 31/02/2025 nella modalità dichiarativa). Tabella riepilogativa delle scadenze:

Periodo di liquidazioneTermine ordinario di invio LIPEModalità alternativa
I trimestre (gen-mar)16 giugno (successivo anno 2017 → 12 giugno)
II trimestre (apr-giu)30 settembre
III trimestre (lug-set)16 novembre
IV trimestre (ott-dic)ultimo giorno febbraio anno successivocongiunto nella dichiarazione annuale, da presentare entro febbraio

Per soggetti in determinazione mensile, i termini sono analoghi (ultimi giorni del mese successivo al mese di riferimento). L’adempimento concerne i dati contabili riepilogativi delle liquidazioni periodiche IVA effettuate, ossia gli importi dell’imposta dovuta e detratta nel trimestre (anche con evidenza di eventuali eccedenze a credito) . In particolare, la comunicazione va fatta anche in caso di liquidazione a credito (il contribuente comunica che l’IVA pagata supera quella incassata).

Sanzioni per omissione o irregolarità

Il legislatore ha previsto sanzioni amministrative pecuniarie specifiche per le omissioni o irregolarità nella comunicazione delle liquidazioni periodiche IVA. L’art. 11, comma 2-ter, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 (introdotto dal D.L. 193/2016 collegato alla Legge di Bilancio 2017) stabilisce che “l’omessa, incompleta o infedele comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche” è punita con una sanzione da € 500 a € 2.000 per ciascuna comunicazione . Tale sanzione è commisurata all’importo imponibile relativo al trimestre e può essere applicata per ogni trimestrale omessa (ad esempio, fino a €8.000 di sanzioni per quattro trimestri omessi in un anno). L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che questa norma ha natura amministrativo-tributaria e, in assenza di specifiche deroghe, si applica l’istituto del ravvedimento operoso (art. 13 D.Lgs. 472/1997) . In pratica, il contribuente può regolarizzare spontaneamente l’omissione o l’errore pagando sanzioni ridotte.

In dettaglio, se il contribuente effettua tardivamente la comunicazione entro 15 giorni dalla scadenza, la sanzione da applicare è ridotta alla metà (ossia 250-1.000 € invece di 500-2.000 €). Se invece la regolarizzazione avviene oltre i 15 giorni ma entro termini più ampi, si applicano le percentuali previste dall’art. 13 D.Lgs. 472/97: ad esempio, entro 90 giorni la sanzione effettiva da pagare sarà pari a 1/9 di quella ordinaria, entro 1 anno 1/8, entro 2 anni 1/7, e oltre 2 anni 1/6 (fino alla prescrizione, in misura massima). In altre parole, la sanzione minima di 500 € può ridursi drasticamente con il ravvedimento. N.B. Queste riduzioni sono stabilite dai commi 1-bis e seguenti dell’art. 13 D.Lgs. 472/97 e non dipendono da pericolosità della violazione.

È importante anche l’aspetto del calcolo degli interessi: in caso di ritardato versamento dell’imposta IVA risultante dalla liquidazione, vanno aggiunti gli interessi moratori legali dall’ultimo giorno utile al pagamento fino all’effettivo versamento.

Da notare che l’omessa LIPE può dare origine anche ad altre contestazioni: ad esempio, se l’omissione provoca errori nel calcolo dell’IVA dovuta o detratta (o nel versamento), l’Agenzia può procedere ai sensi del D.P.R. 633/1972 come per qualsiasi dichiarazione omessa o infedele. In particolare, la circolare esplicativa della risoluzione AE 104/E/2017 evidenzia che la violazione dell’art. 21-bis, comma 1 si somma all’eventuale violazione della dichiarazione IVA (art. 5 D.Lgs. 471/97). Tuttavia, il primo rimedio è sempre il ravvedimento. La prassi consiglia di regolarizzare immediatamente l’omissione (ad es. inviando la comunicazione omessa) e versare la sanzione minima ridotta secondo il ravvedimento .

Ricapitolando le sanzioni pecuniarie per la comunicazione LIPE:

  • Omessa comunicazione periodica: sanzione da €500 a €2.000 per comunicazione (per trimestre) . Se la comunicazione è tardiva entro 15 giorni, la sanzione è ridotta alla metà ; oltre 15 giorni si applicano le aliquote del ravvedimento (1/9, 1/8, etc).
  • Comunicazione incompleta o infedele (dati inesatti): stessa sanzione di €500-2.000, ridotta se regolarizzata entro 15 giorni .
  • Errata trasmissione dei dati delle fatture (obbligo trimestrale ex art. 21 D.L. 78/2010) comporta invece la sanzione di €2 per fattura mancata fino a max €1.000, ma la metà se entro 15 giorni. (Questo riguarda i modelli fatture, non le LIPE, ma è anch’esso introdotto dal D.L. 193/2016).

In tutti i casi di sanzione, il contribuente può avvalersi del ravvedimento operoso (art. 13 D.Lgs. 472/97) per ottenere l’ulteriore riduzione (come già specificato) . L’Agenzia ribadisce infatti che “in assenza di una deroga espressa” la disciplina sanzionatoria rimane soggetta al ravvedimento .

Controlli fiscali e comunicazioni dell’Agenzia

L’Agenzia delle Entrate ha predisposto meccanismi automatizzati per individuare i contribuenti inadempienti. In particolare, il Provvedimento n. 314644/2018 ha istituito la procedura di controllo incrociato tra i dati del “dati fatture” (ex spesometro o Sistema di Interscambio) e le comunicazioni LIPE . Di fatto, il sistema confronta il numero e gli importi delle fatture emesse registrate dal contribuente e dai suoi clienti con le eventuali comunicazioni di liquidazione IVA presentate. Se emergono fatture emesse nel trimestre di riferimento ma non risulta inviata alcuna comunicazione LIPE, il contribuente viene segnalato come potenzialmente inadempiente.

Il contribuente inadempiente riceve quindi specifiche comunicazioni di controllo: l’Agenzia provvede ad inviare un avviso (via PEC o nell’area personale del portale Fatture e Corrispettivi) con informazioni sul trimestre omesso e sulla anomalia riscontrata . La comunicazione di compliance contiene dati identificativi, indicazione del periodo omesso, e invito a regolarizzare entro un termine prestabilito (solitamente 30 giorni) tramite chiarimenti e/o versamenti compensativi . Viene lasciata facoltà al contribuente di fornire elementi a sua difesa (ad esempio indicando che le fatture segnalate non gli competono) oppure di correggere spontaneamente l’errore .

È importante sottolineare che, come confermato dal Provv. 314644/2018, il ravvedimento operoso è ammesso anche dopo l’avvio di controlli fiscali, purché non sia ancora stato formalmente notificato un atto accertativo. In altre parole, il contribuente può regolarizzarsi “a prescindere dalla circostanza che la violazione sia già stata constatata” fino a quando non riceve una notifica di accertamento o di applicazione sanzioni . Ciò favorisce l’adempimento spontaneo: in pratica, se si riceve la comunicazione di anomalia, conviene integrare subito la comunicazione liquidazioni omessa e versare la sanzione ridotta (con interessi), prima che l’ufficio formalizzi un accertamento.

Se invece il contribuente ignora l’avviso o non provvede a regolarizzare, l’Agenzia potrà iscrivere a ruolo le somme dovute. Questo può avvenire con cartella di pagamento che include la sanzione originaria e gli interessi (spesso attraverso un processo di riscossione coatta). In caso di mancata impugnazione, il debito diventa definitivo. In ogni caso, il momento di notifica dell’avviso di accertamento determina una certezza del termine: dopo tale notifica il contribuente non può più usare il ravvedimento per lo stesso trimestre omesso (si applicano altre regole di definizione/ricorso).

Strategie difensive del contribuente

Dal punto di vista del contribuente-debitore, è fondamentale conoscere i rimedi e le strategie difensive possibili. Di seguito si elencano le principali:

  • Ravvedimento operoso ex art. 13 D.Lgs. 472/97. È l’iniziativa più efficace e semplice. Consiste nel regolarizzare spontaneamente l’omessa comunicazione inviando i dati omessi (o corretti) e versando sanzione ridotta e interessi. Come detto, entro 15 giorni l’ammontare è dimezzato; entro 90 giorni e oltre, si applicano le percentuali progressive di riduzione. In sede di definizione spontanea non si applica alcuna sanzione superiore (es. non si applicano le penalità ridotte del 3% che raddoppiano dopo 90 giorni, come avviene per alcune altre violazioni), ma solo la percentuale fissa del ravvedimento . Gli interessi sono calcolati al tasso legale giornaliero.
  • Esempio di calcolo (solo per illustrazione): se la sanzione base è 500 €, effettuando il ravvedimento entro 90 giorni la sanzione da pagare sarà 500 €×½×(1/9) ≈ 27,78 € (più interessi) . Se invece il ravvedimento viene fatto dopo 2 anni dalla scadenza, la sanzione sarà 500 €×½×(1/6) ≈ 41,67 €. Questo dimostra come il ravvedimento riduca drasticamente l’onere.
  • Il ravvedimento operoso si può usare anche dopo l’inizio di controlli, fino alla notifica di un atto accertativo . Quindi, se si riceve la comunicazione di anomalia o si nota l’omissione autonomamente, conviene ravvedersi prontamente. Anche dopo la scadenza di 15 giorni, pagare il ravvedimento rimane più conveniente dell’eventuale azione dell’Agenzia (che applicherebbe sanzioni piene e inerenti giuridici).
  • Istanza di accertamento con adesione (definizione bonaria). Dal 2016 è possibile definire bonariamente molte controversie tributarie mediante l’istituto dell’accertamento con adesione (art. 6-bis del D.P.R. 600/1973, come modificato dal D.Lgs. 128/2015 e successive leggi). In pratica, dopo aver ricevuto un avviso di accertamento per omissione di LIPE (che include la sanzione), il contribuente può proporre un concordato con l’Agenzia. Ciò può portare a riduzioni ulteriori delle sanzioni (in base a tabella ministeriale) e al ricalcolo dell’imposta. In alternativa, esiste anche lo scudo penale (art. 13-bis D.Lgs. 472/97) per definire i contenziosi con sanzioni tributarie prima della Cassazione. Questi strumenti richiedono però solitamente l’assistenza di professionisti e non costituiscono un diritto del contribuente (la controparte, l’Agenzia, può non concordare i termini).
  • Ricorso tributario. Se l’Agenzia notifica un avviso di accertamento o una cartella esattoriale relativa alle LIPE omesse, il contribuente può impugnare l’atto davanti alla Commissione Tributaria Provinciale competente (entro 60 giorni dalla notifica) . In sede giudiziaria si potranno sollevare varie eccezioni difensive, per esempio: vizi di notifica, incompetenza, tardività dell’atto, ma soprattutto l’insussistenza dell’illecito. Quest’ultima può basarsi sull’assunto che il contribuente non era obbligato a inviare LIPE (es. perché esonerato per tutto l’anno) , oppure che l’omissione non ha arrecato pregiudizio tributario (se tutte le fatture erano state comunque dichiarate). In alternativa, si può contestare la misura della sanzione (per esempio sostenendo che gli elementi di fatto non giustificano l’importo massimo). In ogni caso, i giudici tributari tendono a riconoscere diritto al ravvedimento se la richiesta è avanzata tempestivamente: l’art. 13 D.Lgs. 472/97 è infatti applicabile anche dopo un ricorso tributario, fino al giudizio di legittimità (Cassazione) .
  • Reclamo-mediazione. In casi di controversie IVA, esiste la procedura facoltativa di mediazione tributaria (introdotta dal D.Lgs. 5/2003 per alcuni tributi, non sempre applicabile all’IVA). Più rilevante è l’istituto del reclamo-mediazione tributaria (art. 17-ter D.Lgs. 546/1992, introdotto nel 2018): prima di agire giudizialmente, il contribuente può tentare di accordarsi con l’Agenzia. Tale procedura è generalmente obbligatoria prima del ricorso per alcune controversie, ma per le sanzioni tributarie resta spesso facoltativa. Tuttavia, può valere la pena avviare un reclamo motivato con l’Ufficio anche per questo tipo di contestazione, in alternativa o in preparazione del ricorso.
  • Oneri probatori: va ricordato che, in contenzioso, grava sul contribuente la prova che l’omissione sia scusabile o rettificabile senza sanzioni aggiuntive. Ad esempio, se il contribuente afferma di essere esonerato, dovrà dimostrare le condizioni (es. di non aver mai effettuato operazioni imponibili). Viceversa, l’Agenzia dovrà dimostrare l’inesistenza di tali condizioni, cioè l’esistenza di operazioni imponibili nel periodo. Ad ogni modo, la semplice trasmissione tardiva della comunicazione (entro 15 giorni) fa automatica applicazione della riduzione di sanzione: non richiede dimostrazioni aggiuntive.

Strumenti di autotutela e compliance volontaria

Oltre alle difese in sede giudiziaria, esistono strumenti di autotutela e compliance che il contribuente può utilizzare prima dell’instaurazione formale del contenzioso:

  • Accertamento con adesione preventiva e compliance: come accennato, è possibile avviare trattative con l’Agenzia per chiudere la partita senza ricorso. La legge prevede che molti contrasti tributari si possano definire con l’adesione ovvero con la conciliazione giudiziale (art. 3 D.Lgs. 128/2015). Nel caso delle LIPE omesse, il contribuente può proporre di pagare una sanzione definita dall’Agenzia (spesso inferiori al massimo) oppure far compensare il credito IVA con eventuali sanzioni. Questi accordi sono però del tutto su base volontaria e spesso riservati a posizioni di maggior rilievo fiscale.
  • Istanza di autotutela (art. 3 D.P.R. 602/1973): teoricamente il contribuente può chiedere direttamente all’Amministrazione di annullare o mitigare l’atto impositivo (sanzione o accertamento) tramite un’istanza amministrativa (autotutela). Nella prassi tributaria questa strada è poco utilizzata per questioni IVA, mentre è comune per compensazioni o errori materiali. In ogni caso, va tenuto presente che l’istanza amministrativa non ha effetto sospensivo vincolante sull’accertamento, e l’Amministrazione non è obbligata a soddisfarla.
  • Ritiro spontaneo degli atti: se il contribuente nota palesi errori formali nell’avviso di accertamento (ad esempio una comunicazione non recapitata regolarmente), l’Agenzia può annullare d’ufficio l’atto per vizi di notifica o impugnabilità, senza bisogno che il contribuente ricorra. In pratica, se un avviso è nullo per difetto di notificazione o per errori procedurali, il contribuente può sollecitare l’ufficio per ottenere annullamento di autotutela.

In ogni caso, il ravvedimento operoso rimane l’arma principale di autotutela: secondo la normativa, anche dopo l’avvio di indagini si può sfruttare l’art. 13 D.Lgs. 472/97 . Questo significa che, al di fuori di situazioni penali o gravissime, il contribuente ha sempre l’opportunità di sanare la propria posizione con sanzioni ridotte.

Esempi di contenziosi risolti

Sebbene la materia delle LIPE omesse sia relativamente giovane, alcuni orientamenti di merito emergono da casi analoghi di omissione dichiarative. Non risultano molte sentenze specifiche sulle comunicazioni periodiche (trattandosi di adempimento introdotto solo dal 2017), ma si applicano i principi generali sulla regolarizzazione delle violazioni formali. Ad esempio:

  • Cassazione, sentenza n. 6488/2018 – pur riguardando la dichiarazione annuale e il diritto alla detrazione, questa pronuncia ribadisce che il contribuente che abbia annotato correttamente le fatture e detratto l’IVA nelle liquidazioni periodiche può portare in detrazione l’eccedenza anche se poi presenta tardivamente la dichiarazione annuale. Questo principio fa capire che l’omessa presentazione di un modello (dichiarazione o comunicazione) non blocca automaticamente i diritti d’imposta, purché i dati contabili oggettivi siano corretti . Traslato alle LIPE, ciò suggerisce che l’amministrazione non può togliere un credito IVA già maturato se l’errore riguarda solo un adempimento formale (in assenza di dolo).
  • Cassazione, sentenza n. 18642/2023 – ha affermato che non può essere negato il credito IVA maturato anche in caso di omessa dichiarazione annuale, se tutti i dati giustificativi sono regolari . Analogamente, se un contribuente omette la LIPE ma i dati contabili sono veritieri, il diritto d’imposta rimane (sempre ravveduto o concesso in sede di provvedimento di rimborso).
  • Commissions tributarie – In pratica, molti contenziosi proposti per omissione di LIPE finiscono con un accordo. Le Commissioni possono annullare la sanzione se il contribuente regolarizza tempestivamente (ravvedimento) e dimostra l’assenza di effettivo danno erariale. Non esistono precisi “precedenti” vincolanti, ma di norma si tende a favorire il contribuente che adopera il ravvedimento o fornisce spiegazioni plausibili.

Strategie difensive emerse in contenzioso: – Dimostrare l’assenza di dolo: se si ricorre, si può sostenere che l’omissione è stata involontaria (es. sostituzione di software, errore contabile) e che il contribuente si è subito adoperato per rettificare. In mancanza di prova di dolo dell’erario, il Giudice può ridurre o annullare la sanzione. – Contestare l’inesistenza dell’obbligo: ad esempio, affermare di essere stati esonerati per tutto l’anno (cosa che va provata con documenti che attestino l’assenza di operazioni imponibili). – Sollevare vizi di notifica: se l’avviso o la cartella non recita esattamente gli estremi, oppure è notificato fuori termini (es. più di 5 anni dall’omissione), è possibile ottenere l’annullamento per decadenza/estinzione del diritto dell’amministrazione . – Richiedere accesso agli atti: l’art. 22 cod. trib. (oggi art. 22 D.Lgs. 546/1992) consente di ottenere copia della documentazione della Guardia di Finanza o degli uffici che hanno effettuato il controllo sui dati fatture. Questi atti potrebbero mostrare errori dell’amministrazione o dati non aggiornati.

Domande frequenti (Q&A)

D: Che cos’è la comunicazione delle liquidazioni periodiche IVA (LIPE)?
R: È un modello telematico introdotto dalla legge per riepilogare i dati contabili delle liquidazioni periodiche IVA di ciascun trimestre. In esso si indicano l’imposta dovuta (o il credito) risultante dalle liquidazioni di competenza del trimestre . L’obbligo è generico per i titolari di partita IVA (società, professionisti, ecc.), salvo esoneri. La funzione è quella di permettere all’Agenzia di verificare in anticipo se i dati fatture dei contribuenti combaciano con quelli dichiarati come base delle liquidazioni.

D: Chi è obbligato a inviare la LIPE?
R: Sono obbligati tutti i soggetti passivi IVA tenuti a presentare la dichiarazione annuale o a effettuare liquidazioni periodiche (mensili/trimestrali) ai sensi del DPR 633/72 . In pratica, imprenditori e professionisti che operano in regime di IVA ordinario o con regimi speciali che prevedono dichiarazione annuale (minimi, semplificati, ecc.) devono inviare le liquidazioni periodiche. Non devono inviarla invece i soggetti che, per l’intero anno, non hanno l’obbligo né della dichiarazione annuale né delle liquidazioni (ad es. chi non effettua operazioni imponibili) .

D: Entro quando va presentata la comunicazione?
R: Di regola entro l’ultimo giorno del secondo mese successivo al trimestre di riferimento. Ad esempio, per il secondo trimestre 2024 (aprile-giugno) la scadenza ordinaria è il 30 settembre 2024. È ammessa deroga per il primo trimestre (scadenza 16/6 salvo proroghe) e un’alternativa per il quarto trimestre: i dati del quarto trimestre possono essere comunicati insieme alla dichiarazione IVA annuale (da presentare entro febbraio dell’anno successivo) .

D: Cosa succede se ometto di inviare la LIPE?
R: Se non si invia una comunicazione periodica entro il termine previsto, si applica la sanzione amministrativa di €500-2.000 per ciascun trimestre omesso . L’Agenzia potrà contestare l’omissione (ad esempio tramite i controlli automatizzati) e chiedere la regolarizzazione. Prima di una notifica formale, è sempre consigliabile avvalersi del ravvedimento operoso. Una volta notificato un avviso di accertamento per omessa LIPE, il contribuente potrà decidere se proporre ricorso, definire con adesione o ricorrere ad altri rimedi (vedi oltre).

D: Posso ravvedermi se invio la comunicazione in ritardo?
R: Sì. Il ravvedimento operoso (art. 13 D.Lgs. 472/97) si applica all’omessa comunicazione LIPE . Questo significa che, anche tardivamente, è possibile trasmettere i dati omessi pagando una sanzione ridotta e gli interessi. Se la trasmissione tardiva avviene entro 15 giorni dalla scadenza, la sanzione è ridotta alla metà . Se avviene oltre, la sanzione è ridotta da frazioni minori (ad es. 1/9 se entro 90 giorni). Gli interessi sono calcolati al tasso legale sui giorni di ritardo. In sintesi, è quasi sempre conveniente avvalersi subito del ravvedimento e pagare la sanzione minima piuttosto che attendere un accertamento.

D: Cosa posso contestare in un avviso di accertamento per LIPE omesse?
R: In giudizio, si può contestare ogni aspetto dell’avviso: la legittimità dell’atto (es. vizi di notifica), l’effettivo obbligo tributario, la determinazione della sanzione, l’esistenza del credito IVA, ecc. In particolare, il contribuente potrà sostenere di essere stato esonerato (dimostrando che non rientra tra gli obbligati ), oppure che i dati fatture erano già stati dichiarati annualmente. Può anche verificare eventuali violazioni procedurali (es. termini di accertamento decaduti). Inoltre, l’omesso versamento risultante dall’invio tardivo della LIPE può essere compensato tramite dichiarazione integrativa su ravvedimento dell’IVA .

D: Esistono tabelle di riduzione delle sanzioni?
R: Sì. L’art. 13, comma 1, lett. a-bis e seguenti, del D.Lgs. 472/97 contiene le percentuali che riducono la sanzione ordinaria in caso di ravvedimento . Non serve riportarle integralmente qui, ma in pratica: entro 15 giorni 1/2, entro 90 giorni 1/9 (o 1/8 per alcuni anni fiscali), entro 1 anno 1/8, entro 2 anni 1/7, oltre 2 anni 1/6 (entro termine di decadenza). Questi coefficienti vanno applicati dopo aver eventualmente già dimezzato la sanzione (entro 15gg).

D: Se ricevo un accertamento, come mi difendo?
R: Il primo passo è verificare l’anomalia. Se si tratta di semplice omissione, valutare subito il ravvedimento (se è ancora possibile farlo). Se l’atto è illegittimo (per esempio, manca il riferimento normativo corretto o è notificato dopo 5 anni dalla violazione), si può chiedere annullamento. Altrimenti, si può procedere con ricorso o accordo. In fase contenziosa, l’onere della prova spetta al contribuente per dimostrare che non era obbligato o che non vi è stato dolo. Tuttavia, dato che la normativa ammette esplicitamente il ravvedimento, un’argomentazione solida è: “ho provveduto subito a correggere (ravvedermi), non ledendo l’erario” .

Esempi pratici di applicazione

  • Esempio 1: ravvedimento entro 15 giorni. Il 2 luglio 2024 un contribuente scopre di non aver trasmesso la LIPE relativa al II trimestre 2024 (scadenza 30/9). Pur se in ritardo, invia la comunicazione il 10 luglio 2024 (entro 15 giorni). La sanzione ordinaria sarebbe di €500; con ravvedimento entro 15gg essa si dimezza a €250 . Gli interessi legali per ~12 giorni di ritardo sono trascurabili (circa 0,04%). Quindi il contribuente versa ~€250 + interessi.
  • Esempio 2: ravvedimento oltre 15 giorni. Stesso caso, ma il contribuente si accorge dell’errore il 15 ottobre 2024, a ~45 giorni dalla scadenza. Deve trasmettere la LIPE con ravvedimento, versando la metà della sanzione (€250) e l’ulteriore percentuale di ravvedimento. Applicando 1/9 (perché entro 90 giorni dall’omissione), la sanzione finale è 250 €×(1/9) ≈ €27,78. A tale importo vanno aggiunti gli interessi legali (circa €1,00 su 45 giorni). L’importo complessivo dovuto è quindi molto basso, nonostante l’originaria sanzione elevata.
  • Esempio 3: partecipazione alla dichiarazione annuale. Il contribuente non trasmette la LIPE del IV trimestre 2024 entro febbraio 2025, ma compila la dichiarazione IVA entro fine febbraio 2025 includendo i dati mancanti (opzione ammessa dalla legge ). In questo caso, l’obbligo è in pratica adempiuto con la dichiarazione: non scatta alcuna sanzione (poiché la legge ha previsto quest’eccezione). Il contribuente ha regolarizzato la posizione utilizzando la facoltà normativa, evitando l’omissione.
  • Esempio 4: differenza nell’imposta dovuta. Supponiamo che, a seguito di controllo, l’Agenzia accerti un’imposta IVA aggiuntiva dovuta perché la comunicazione trimestrale era errata. Se il contribuente non ha versato l’IVA dichiarata, l’Ufficio potrebbe applicare l’art. 54-bis D.P.R. 633/72 sulla base imponibile maggiorata (anche senza pericolo di riscossione, ex art. 21-bis ). In tale caso, oltre alla sanzione LIPE, si aggiungerebbe la sanzione IVA (30% + interessi) per accertamento dell’imposta omessa. Anche qui però il contribuente ha la possibilità di ravvedersi prima che il fisco iscriva a ruolo la differenza IVA.

Tabelle riepilogative

Tabella 1: Sanzioni per comunicazioni LIPE

ViolazioneSanzione ordinariaSanzione ridotta (15 gg)Ravvedimento (oltre 15 gg)
Omessa/incompleta/infedele comunic.€500 – €2.000 per comunicazione= ½ della sanzione ordinariaGraduale: 1/9, 1/8, 1/7, … della sanzione dimezzata (art.13 D.Lgs.472/97)
Tardiva (entro 15 giorni)Sanzione dimezzata

Tabella 2: Riepilogo strumenti di tutela

StrumentoDescrizione breve
Ravvedimento operosoPagamento sanzione ridotta + interessi entro termini (es. 1/15 gg, 1/90 gg…) . Attivo fino a notifica atto.
Accertamento con adesioneConcordato con Ufficio per chiudere il contenzioso, con riduzione sanzioni (art.6-bis DPR 600/73). Richiede volontà di ambo le parti.
Reclamo/MediazioneTentativo di conciliazione con l’Agenzia/Commissione tributaria. Strumento deflativo prima del ricorso (art. 17-ter D.Lgs. 546/92).
Ricorso tributarioImpugnazione in Commissione Tributaria (entro 60 gg da notifica atto) se non si è definito bonariamente. Necessario motivare le deduzioni difensive.
Istanza di autotutelaRichiesta formale di annullamento/annullamento in autotutela dell’atto ingiuntivo (art.3 DPR 602/1973). Poco usata per IVA.

Tabella 3: Esempi numerici di calcolo delle sanzioni (semplificato)

Omessa comunicazioneSanzione ordinariaRavvedimento entro 15 ggRavvedimento entro 90 ggRavvedimento dopo 2 anni (fino a 3 anni)
Base = €1.000€1.000€500€500×(1/9) ≈ €55,56€500×(1/6) ≈ €83,33
(es. omessa LIPE)
Base = €2.000€2.000€1.000€1.000×(1/9) ≈ €111,11€1.000×(1/6) ≈ €166,67

(Note: nella simulazione si considera che la sanzione ordinaria di riferimento sia stata già dimezzata entro i 15 giorni. Le aliquote 1/9 e 1/6 sono esempi tratti dalle regole del ravvedimento operoso).

Conclusioni

L’omessa comunicazione delle liquidazioni periodiche IVA comporta sanzioni rilevanti e attiva meccanismi di controllo del Fisco, ma il legislatore ha altresì previsto strumenti di regolarizzazione. Dal punto di vista del contribuente (debitore), è fondamentale tenere presente che:

  • L’obbligo di invio LIPE va assolto con puntualità. In assenza, è bene agire prontamente.
  • Le sanzioni sono pesanti (€500-2.000 per trimestre) , ma si riducono significativamente con il ravvedimento .
  • Il ravvedimento operoso è sempre applicabile (anche dopo accessi o controlli) e consente di chiudere la posizione con oneri minimi .
  • In caso di avviso di accertamento, il contribuente deve valutare se ravvedersi (ammesso prima della notifica), definire con adesione, oppure contestare in Tribunale. In giudizio si può sostenere l’assenza dell’obbligo o la regolarizzazione spontanea come prova di buona fede.
  • Le fonti normative e giurisprudenziali richiamano costantemente il principio che gli obblighi formali, seppur obbligatori, non possono pregiudicare i diritti sostanziali del contribuente se adeguatamente comprovati. Come evidenziato dalla Cassazione, il mero tardivo adempimento non elimina i diritti d’imposta già maturati .

In sintesi, la strategia migliore è la prevenzione e l’autoregolazione: curare le comunicazioni nel rispetto dei termini e, in caso di errori, regolarizzarsi subito con il ravvedimento . Questo riduce i rischi di contenzioso e i costi di eventuali sanzioni, mantenendo inalterati i diritti (crediti IVA) del contribuente.

Fonti principali: DPR 633/1972 (art.27, art.54-bis) e D.Lgs. 472/1997 (art. 11, art.13) ; D.L. 78/2010, art. 21-bis (modificato) ; Provvedimento Agenzia Entrate 314644/2018 (controlli LIPE) ; Risoluzione AE 104/E/2017 (ravvedimento LIPE) ; Cass. 6488/2018 (IVA e dichiarazioni) ; Cass. 18642/2023 (credito IVA in caso di dec. omessa) .

  • DECRETO-LEGGE 31 maggio 2010, n. 78
  • CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 16 marzo 2018, n. 6488 – Il contribuente può portare in detrazione l’eccedenza d’imposta anche in assenza della dichiarazione IVA annuale finale.
  • Sentenza del 03/07/2023 n. 18642 – Corte di Cassazione

Hai ricevuto una comunicazione di irregolarità o un avviso dall’Agenzia delle Entrate per omessa comunicazione delle liquidazioni periodiche IVA (LIPE)? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Hai ricevuto una comunicazione di irregolarità o un avviso dall’Agenzia delle Entrate per omessa comunicazione delle liquidazioni periodiche IVA (LIPE)?
Vuoi sapere quali rischi corri e come puoi difenderti da queste contestazioni?

Dal 2017 i soggetti IVA sono obbligati a trasmettere telematicamente le comunicazioni trimestrali delle liquidazioni periodiche IVA. L’omessa o errata trasmissione viene intercettata automaticamente dai sistemi dell’Agenzia delle Entrate, che attiva controlli e sanzioni.
Tuttavia, non sempre la contestazione è corretta: possono esserci errori tecnici, invii già effettuati ma non recepiti o situazioni particolari che giustificano l’omissione.

👉 Prima regola: verifica subito se l’invio era stato effettuato correttamente e, in caso contrario, regolarizza la posizione con ravvedimento.


⚖️ Quando scattano le contestazioni

  • Mancato invio della comunicazione trimestrale delle liquidazioni IVA;
  • Invio oltre i termini di legge;
  • Comunicazione incompleta o errata nei dati dichiarati;
  • Scarto telematico della trasmissione non corretto dal contribuente;
  • Divergenze tra dati dichiarati e F24 di versamento IVA.

📌 Conseguenze della contestazione

  • Sanzione da 500 € a 2.000 € per ogni trimestre omesso;
  • Riduzione della sanzione in caso di trasmissione entro 15 giorni dalla scadenza;
  • Interessi e sanzioni aggiuntive se risulta anche omesso versamento dell’IVA;
  • Rischio di controlli successivi su dichiarazioni IVA e redditi.

🔍 Cosa verificare per difendersi

  • Effettivo invio della LIPE: è stata trasmessa ma scartata? Esistono ricevute di invio?
  • Dati comunicati: erano corretti e completi?
  • Versamenti IVA effettuati: sono coerenti con le liquidazioni interne?
  • Motivazione della contestazione: l’Agenzia deve specificare trimestre e tipologia di omissione;
  • Applicabilità del ravvedimento operoso per ridurre le sanzioni.

🧾 Documenti utili alla difesa

  • Ricevute telematiche degli invii LIPE;
  • Copie delle liquidazioni IVA trimestrali;
  • Modelli F24 dei versamenti IVA;
  • Comunicazioni PEC con l’Agenzia delle Entrate;
  • Dichiarazioni IVA annuali presentate.

🛠️ Strategie di difesa

  • Dimostrare l’avvenuto invio con ricevute telematiche o PEC;
  • Regolarizzare l’omissione con ravvedimento operoso per ridurre la sanzione;
  • Contestare errori dell’Agenzia (invii non recepiti o duplicazioni);
  • Eccepire vizi formali dell’accertamento (notifica irregolare, motivazione carente);
  • Richiedere autotutela se la contestazione è manifestamente infondata;
  • Ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro 60 giorni, se l’Agenzia insiste sul recupero.

🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

📂 Verifica la correttezza degli invii telematici e dei versamenti IVA;
📌 Analizza la legittimità della contestazione dell’Agenzia;
✍️ Predispone memorie difensive e ricorsi per ridurre o annullare le sanzioni;
⚖️ Ti rappresenta nel contraddittorio e nei giudizi tributari;
🔁 Suggerisce procedure preventive per evitare future irregolarità nelle comunicazioni IVA.


🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in accertamenti IVA e sanzioni tributarie;
✔️ Specializzato in difesa di imprese e professionisti contro contestazioni sulle LIPE;
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.


Conclusione

Le contestazioni per omessa comunicazione delle liquidazioni periodiche IVA non sempre sono corrette: spesso derivano da errori tecnici o da invii non recepiti.
Con una difesa mirata puoi dimostrare la regolarità degli adempimenti, ridurre drasticamente le sanzioni e proteggere la tua impresa da accertamenti più pesanti.

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