Agenzia Delle Entrate Accerta Errori In Liquidazioni Periodiche Iva: Come Difendersi

Hai ricevuto una contestazione dall’Agenzia delle Entrate per errori nelle liquidazioni periodiche IVA? In questi casi, l’Ufficio presume che l’imposta sia stata versata in misura inferiore al dovuto o che le comunicazioni (LIPE) non corrispondano ai dati contabili reali, con conseguente recupero dell’IVA, applicazione di sanzioni e interessi. Tuttavia, non sempre la contestazione è fondata: errori formali o differenze minime possono essere sanati e, in alcuni casi, l’accertamento può essere annullato.

Quando l’Agenzia delle Entrate contesta errori nelle liquidazioni periodiche IVA
– Se vi sono incongruenze tra le LIPE inviate e la dichiarazione annuale IVA
– Se gli importi versati risultano inferiori a quelli dichiarati
– Se sono stati commessi errori di calcolo nelle compensazioni o nei crediti riportati
– Se mancano giustificazioni documentali per detrazioni o crediti utilizzati
– Se i dati trasmessi telematicamente risultano incompleti o inesatti

Conseguenze della contestazione
– Recupero dell’IVA ritenuta non versata o non correttamente liquidata
– Applicazione di sanzioni per insufficiente versamento o infedele dichiarazione
– Interessi di mora calcolati dalla scadenza originaria della liquidazione
– Possibile iscrizione a ruolo e riscossione coattiva delle somme contestate
– Rischio di ulteriori accertamenti fiscali sulle scritture contabili

Come difendersi dalla contestazione
– Dimostrare la correttezza delle liquidazioni con registri IVA, fatture e documentazione contabile
– Rettificare eventuali errori materiali con dichiarazioni integrative o ravvedimento operoso
– Contestare differenze minime prive di rilevanza sostanziale, considerate meri vizi formali
– Evidenziare vizi di motivazione, errori procedurali o decadenza dei termini dell’accertamento
– Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per chiedere l’annullamento totale o parziale della contestazione

Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare le liquidazioni contestate e la corrispondenza con la dichiarazione annuale
– Verificare la legittimità della contestazione e la proporzionalità delle sanzioni applicate
– Redigere un ricorso fondato su prove documentali e vizi dell’atto di accertamento
– Difendere l’impresa davanti ai giudici tributari contro pretese fiscali indebite
– Tutelare il patrimonio aziendale e la continuità dell’attività commerciale

Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale della contestazione
– La riduzione o l’eliminazione delle sanzioni applicate
– Il riconoscimento della correttezza delle liquidazioni presentate
– La sospensione delle richieste di pagamento già avviate
– La certezza di pagare solo quanto realmente dovuto secondo la legge

⚠️ Attenzione: il ricorso contro la contestazione deve essere presentato entro 60 giorni dalla notifica dell’atto. Se non si agisce nei termini, l’accertamento diventa definitivo e non sarà più possibile difendersi.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e contenzioso fiscale – spiega come difendersi in caso di contestazioni su errori nelle liquidazioni periodiche IVA e come tutelare i tuoi diritti.

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Introduzione

Le liquidazioni periodiche IVA (c.d. LIPE) sono gli adempimenti telematici che imprenditori, professionisti e altri soggetti passivi IVA devono presentare mensilmente o trimestralmente per comunicare all’Agenzia delle Entrate i dati riepilogativi dell’IVA a debito o a credito. In sede di accertamento, l’Agenzia confronta i versamenti e i dati dichiarati nelle LIPE con i pagamenti registrati (modelli F24) e con la dichiarazione annuale. Eventuali incongruenze possono dare origine a comunicazioni di irregolarità (lettere di compliance) o a veri e propri avvisi di accertamento. In questa guida – aggiornata a agosto 2025 – analizziamo in modo approfondito i profili normativi (DPR 633/1972, D.Lgs. 472/1997, D.Lgs. 546/1992 e s.m.i., nonché le novità del Testo Unico delle sanzioni tributarie D.Lgs. 173/2024), la giurisprudenza recente (Corte di Cassazione, CT provinciali e regionali, Consulta) e le prassi dell’Agenzia delle Entrate, sempre dal punto di vista del contribuente. Forniamo risposte a domande chiave, simulazioni di casi pratici (per contribuente individuale, regime forfettario, cooperative ecc.), tabelle riepilogative e consigli operativi su come correggere errori e contestare eventuali contestazioni dell’Agenzia. Particolare attenzione è dedicata alla distinzione tra errori formali ed errori sostanziali, ai limiti di punibilità e alle possibili conseguenze penali, nonché ai diritti di difesa (contraddittorio preventivo, ricorsi tributari).

Fonti e riferimenti normativi: DPR n. 633/1972 (Testo Unico IVA), D.Lgs. n. 546/1992 (Codice del processo tributario), D.Lgs. n. 472/1997 (sanzioni tributarie), D.Lgs. n. 74/2000 (reati tributari), D.Lgs. n. 173/2024 (Testo Unico sanzioni), leggi annuali di bilancio (irregolarità formali), circolari e interpelli AE, sentenze Cassazione e CT (es. Cass. ord. 24.6.2025 n. 16900), nonché prassi consolidate (Agenzia delle Entrate). Tutte le informazioni riportate sono citate con fonti autorevoli secondo il seguente schema.

Che cos’è la comunicazione delle liquidazioni periodiche IVA e chi è obbligato

Per il periodo d’imposta 2017 e seguenti l’art. 21-bis del DL 31/5/2010, n. 78 (conv. L. 30/7/2010, n. 122) ha introdotto l’obbligo di inviare telematicamente i dati riepilogativi delle liquidazioni periodiche IVA. L’adempimento è trimestrale (entro l’ultimo giorno del secondo mese successivo a ciascun trimestre solare) e, per i contribuenti mensili, mensile. La comunicazione si compila con il modello “Comunicazione LIPE” (quadro VP): contenendo i dati delle liquidazioni IVA, evidenzia l’IVA a debito o credito per ciascun periodo .

Tutti i soggetti passivi IVA tenuti a presentare la dichiarazione annuale IVA sono obbligati a inviare le LIPE, anche se nei periodi in cui risultano in credito IVA.

  • Soggetti obbligati: imprese individuali, società (di persone, capitali, cooperative, Enti commerciali) ed esercenti arti e professioni abituali residenti in Italia, nonché stabili organizzazioni estere e contitolari esteri con rappresentante fiscale o identificazione diretta in Italia. Anche coloro che hanno adesioni a regimi speciali (es. impresa agricola, Enti del terzo settore in regime L.398/1991) devono inviare la LIPE se non ricorrono le condizioni di esonero .
  • Soggetti esonerati (assenza di obbligo): sono esonerati dall’invio delle LIPE i soggetti passivi non obbligati né alla dichiarazione annuale IVA né alle liquidazioni periodiche, purché perdurino le condizioni. In particolare sono esonerati: i contribuenti in regime forfettario (art. 1 commi 54-89 L.190/2014), i contribuenti “minimi” (regime di vantaggio art.27 DL 98/2011), i soggetti che effettuano solo operazioni esenti (o non imponibili) ex art.10 DPR 633/72, alcune categorie come produttori agricoli in regime di esonero, ecc. . In questi casi l’ordinamento non prevede la presentazione della LIPE: ad es. il forfetario non addebita IVA in fattura e non detrae l’IVA sugli acquisti, pertanto non effettua liquidazioni periodiche .

Tabella 1: Soggetti obbligati ed esonerati dalle LIPE (art.21-bis DL 78/2010)
| Categoria contribuenti | Adempimento LIPE | Riferimento normativo | | ———————————————— | ——————————- | ————————————————- | | Regime ordinario (imprese, società, professionisti con IVA) | Obbligati (mensile o trimestrale) | Art.21-bis, D.L. 78/2010 (convertito con L.122/2010) | | Regime forfettario (L.190/2014) | Esentati (no LIPE) | Art.21-bis, co.3 D.L. 78/2010; L.190/2014, art.1, co.54-89 | | Regime minimi (DL 98/2011) | Esentati (no LIPE) | Art.21-bis, co.3 D.L. 78/2010; DL 98/2011, art.27 | | Operazioni esenti totali (art.10 DPR 633/72) | Esentati (no LIPE) | Art.21-bis, co.3 D.L. 78/2010 | | Enti con opzione L.398/1991 | Esentati (no LIPE) | Art.21-bis, co.3 D.L. 78/2010 | | Produttori agricoli con esonero art.34 DPR 633/72 | Esentati | Art.21-bis, co.3 D.L. 78/2010 | | Soggetti non obbligati alla dichiarazione IVA (es. esenti totali) | Esentati (no LIPE) | Art.21-bis, co.3 D.L. 78/2010 |

In caso di dubbio è sempre consigliabile verificare gli elenchi aggiornati dell’Agenzia Entrate o rivolgersi ad un professionista. D’altro canto, qualunque sia il regime, se si hanno dubbi sulle proprie posizioni (ad es. passaggio da forfetario a ordinario), è bene chiedere chiarimenti all’Agenzia o attivare il CIVIS (servizio telematico di assistenza) per evitare contestazioni future.

Errori formali vs errori sostanziali nelle LIPE

Un aspetto cruciale nella gestione delle LIPE è distinguere gli errori formali da quelli sostanziali. In generale:

  • Errori formali: sono violazioni formali dei modelli e delle istruzioni che non incidono direttamente sull’imposta dovuta. Esempi tipici: omissione di dati identificativi (es. partita IVA errata, mancata indicazione del rappresentante legale), errata compilazione di caselle non rilevanti per il calcolo del tributo, invio tardivo del modello (oltre il termine) a cui non corrisponde alcuna differenza di imposta. Recentemente la Legge di Bilancio 2023 (L.197/2022, commi 166-173) ha definito puntualmente il concetto di irregolarità formale, predispone uno specifico istituto di sanatoria formale (500€ in luogo della sanzione ordinaria), e consente la regolarizzazione con € 200 per anno d’imposta di irregolarità . Le irregolarità formali sanabili sono quelle che la legge descrive come inosservanze che non modificano l’imposta; ad es. la mancata indicazione del numero di protocollo nel modello o la firma digitale resa in modo incompleto rientrano in questa categoria.
  • Errori sostanziali: sono quelli che influiscono sulla determinazione dell’imposta (maggiore o minore) e, quindi, implicano un’imposta diversa da quella dovuta. Ad es.: valore IVA indicato in eccesso o difetto nella LIPE rispetto a quanto effettivamente dovuto; omissione di corrispettivi imponibili rilevanti; detrazioni IVA indebitamente esercitate; uso di aliquote sbagliate che alterano il calcolo. In caso di errori sostanziali, oltre alle sanzioni formali potenzialmente applicate, l’Agenzia recupera l’imposta aggiuntiva e applica le sanzioni tipiche (omissione o infedele dichiarazione, riduzione fittizia del debito).

Tabella 2: Riepilogo errori nelle LIPE (formali vs sostanziali)
| Tipo di errore | Caratteristiche principali | Conseguenze tributarie | Sanzione amministrativa (D.Lgs.472/97) | |—————————————–|————————————————————–|————————————————————|———————————————————| | Errori formali | Non modificano l’imposta dovuta (es. dati anagrafici sbagliati, codice attività errato, firma digitale non apposta, invio tardivo del modello senza differenze IVA) | L’imposta rimane calcolata correttamente (nessun recupero d’imposta); si applica solo sanzione per violazioni formali (anche 0 in caso di ravvedimento formale in 30 gg). Possibile sanatoria formale (ad es. €200 per anno) se prevista. | Sanzioni “formali” da 250 a 2.000 € (art.8 D.Lgs.472/97) se l’irregolarità riguarda dati identificativi o formali ; in alternativa €200 l’anno in luogo di tali sanzioni (sanatoria formale, L.197/2022) | | Errori sostanziali | Incidono sull’imposta (es. errato calcolo dell’IVA, omissione/importi errati, detrazione indebita) | L’Agenzia recupera l’imposta maggiorata (+ interessi), verifica eventuale credito indebito, e la differenza si somma a debito. In pratica il dichiarante subirà un accertamento con calcolo dell’imposta corretta. | Sanzione “dichiarativa” dal 90% al 180% dell’imposta evasa (art.1 D.Lgs.471/97, ma ridotta nel caso di ravvedimento “avviso bonario”). Se l’infedele comunicazione non è riscontrata come frode, si applica di regola la minima (ex art.13, D.Lgs.472/97): 90% riducibile al 3,75% con ravvedimento entro 90 gg (casi standard IVA). L’errata indicazione dei dati formali (non sostanziali) nelle LIPE rimane sanzionata secondo art.11, co.2-ter D.Lgs.472/97 (500–2000 €) . |

Nel dettaglio, la prassi e la giurisprudenza hanno evidenziato che anche alcuni errori che potrebbero sembrare solo formali vengono considerati sostanziali dal Fisco. Ad esempio, l’Agenzia Entrate ha chiarito che l’invio tardivo del modello LIPE (o l’errata indicazione del rappresentante legale) non rientra fra le violazioni “meramente formali” ai fini della sanzione di cui al comma 5-bis art.6 D.Lgs.472/97 . In tali casi si applica comunque la sanzione da € 500 a € 2.000 prevista per l’omessa o infedele comunicazione LIPE (art.11, comma 2-ter D.Lgs.472/97) . Ciò è confermato anche dal fatto che l’attuale Testo Unico sanzioni (D.Lgs.173/2024, in vigore dal 29.11.2024) ha ricompattato le disposizioni precedenti senza ridurne la portata sostanziale.

Controlli dell’Agenzia: comunicazioni di irregolarità (lettere bonarie) ed eventuale accertamento

In caso di incongruenze nelle LIPE, l’Agenzia delle Entrate può agire in vari modi. In genere, prima di emettere un atto formale (avviso di accertamento), invia una comunicazione di irregolarità – spesso chiamata “lettera bonaria” o “invito al contraddittorio”. Tali lettere sono disciplinate dall’art.54-bis del DPR 633/1972 (nuovo art.54-bis introdotto dalla Finanziaria 2014) e mirano a garantire un confronto informale fra contribuente e Fisco.

  • Avviso bonario (art.54-bis DPR 633/72): quando dal confronto dei registri e dei versamenti emerge un debito d’imposta non versato o insufficiente (per esempio, registro IVA con maggiore imposta rispetto ai versamenti fatti), il sistema informativo genera una comunicazione di irregolarità. Nella lettera viene indicato il periodo e l’importo “scoperto”, invitando il contribuente a regolarizzare con ravvedimento operoso. In pratica, se si paga entro 30 giorni dalla lettera, si azzera la sanzione (0% invece del 30% ordinario) . Se invece passa più tempo ma ancora entro i 90 giorni, la sanzione minima (attualmente 3% secondo il ravvedimento lungo) si applica. Notiamo che, come ribadito in prassi, il mancato versamento IVA importante può configurare reato (omesso versamento IVA, art.10-ter D.Lgs.74/2000) se non sanato entro termini (soglia €250.000 annui) .
  • Comunicazioni di anomalie LIPE: analogamente, l’Agenzia invia lettere specifiche quando rileva irregolarità nelle LIPE stesse (omissioni, errori, variazioni rispetto alla dichiarazione annuale). Ad es., se il contribuente non ha inviato alcuna LIPE per un trimestre in cui invece ha effettuato operazioni imponibili, scatta una lettera di compliance. Tale omissione è considerata un’“irregolarità formale” ma viene contestata dall’Ufficio . La comunicazione tipica indica i trimestri mancanti e invita a inviare le LIPE omesse e a pagare la sanzione ridotta con ravvedimento . L’Agenzia fornisce anche un “modello calcolo” e indica i codici tributo per imposta, sanzioni e interessi . Se l’omissione riguarda il 4° trimestre, è possibile adempiere trasmettendo la dichiarazione annuale IVA (Quadro VP) entro la scadenza di febbraio successivo, che surroga la LIPE mancante . In mancanza di risposta o pagamento entro i termini indicati, l’ufficio può procedere con l’avviso di accertamento formale.
  • Contraddittorio endoprocedimentale: dal 2019 il codice tributario prevede un obbligo generale di ascolto del contribuente prima dell’emissione di alcuni atti (contraddittorio preventivo, art.12-bis D.Lgs.546/92). Tuttavia, in pratica questo passaggio si applica solo in casi gravi o su richiesta esplicita. Non è comune che l’Agenzia conceda un incontro prima dell’avviso. La lettera bonaria stessa rappresenta in parte un tentativo informale di contraddittorio, dando la possibilità al contribuente di fornire chiarimenti, documentazione o rettifiche entro il termine fissato . È buona prassi rispondere sempre alle comunicazioni tramite CIVIS o PEC, allegando spiegazioni e prove (es. fatture, registri) se si ritiene l’errore imputabile al sistema e non al contribuente.

Come regolarizzare gli errori: ravvedimento, sanatorie e opportunità

Alla ricezione di una comunicazione di irregolarità, il contribuente ha diverse opzioni per regolarizzare e mitigare le sanzioni:

  • Ravvedimento operoso: in qualunque momento prima dell’accertamento formale, è possibile versare spontaneamente l’imposta dovuta con gli interessi legali e la sanzione ridotta (“ravvedimento”). L’entità della sanzione dipende dal momento del ravvedimento (ad es. 3% se entro 90 gg, 1,5% entro 1 anno, ecc. – secondo le regole previste dall’art.13 D.Lgs.472/1997). La lettera bonaria stessa invia spesso un modulo F24 precompilato, semplificando il pagamento . Se la regolarizzazione avviene entro 30 giorni dall’avviso bonario, la sanzione può azzerarsi del tutto (0%), come previsto dal regime di “sanatoria dell’avviso bonario”. In pratica, se si paga entro i termini brevi, si estingue l’accertamento senza sanzione (salvo nel caso di errori sostanziali gravi).
  • Sanatoria formale (L.197/2022): per gli errori puramente formali elencati dalla legge, è possibile sanare con un versamento unitario di € 200 per anno di imposta in cui sono state commesse le irregolarità formali . Ad esempio, se in un dato anno si è omesso di indicare il PEC nell’adempimento LIPE (violazione formale), la Legge di Bilancio consente una regolarizzazione agevolata. Attenzione: la sanatoria formale riguarda specifiche violazioni “riconosciute”, e l’omessa LIPE è stata esplicitamente inclusa (ex art. 11, co.2-ter, D.Lgs.472/1997) tra le fattispecie sanabili. La decorrenza e i termini per esercitare questa sanatoria vanno verificati ogni anno (fino al 31/10/2024 per gli anni precedenti) e possono richiedere specifica richiesta all’Agenzia.
  • Accordo bonario e definizioni agevolate: in alcuni casi è possibile chiedere una definizione agevolata (cd. definizione agevolata tributi) tramite l’accordo di conciliazione di cui all’art.6 D.Lgs.218/1997, in sede di contraddittorio. Ad esempio, se si contesta un maggior credito IVA non riconosciuto, l’Agenzia può concordare di rettificare parzialmente la pretesa. Analogamente, se si riceve un avviso, il contribuente può presentarsi all’udienza tributaria chiedendo anche l’applicazione di ravvedimento operoso evenif-prima (art.6, co.5-bis D.Lgs.472/97) per abbattere le sanzioni. È fondamentale segnalare tempestivamente eventuali sviste all’ufficio, allegando documenti che provino l’errore del sistema e non un comportamento fraudolento. Ricordiamo anche che un conto non allineato (liquidazione sovrastimata o sottostimata) non implica automaticamente reato fiscale: la Cassazione ha più volte chiarito che, in tema di IVA, sussiste il diritto alla detrazione solo se sono rispettate le norme di fatturazione e registrazione; la mancata regolarità formale (ad es. registri non prodotti) non cancella il diritto di detrazione quando l’IVA è realmente esigibile. In altre parole, il contribuente ha onere di provare la legittimità dell’IVA detratta esibendo le fatture d’acquisto, e il Fisco non può limitarsi ad annullare il credito solo perché in contabilità risultano differenze: serve effettiva verifica dei documenti.

Contraddittorio preventivo e motivazione degli atti

Prima di un avviso di accertamento definitivo, la legge prevede un obbligo di “contraddittorio preventivo” (art. 12-bis D.Lgs.546/92) in determinate ipotesi. In pratica, l’amministrazione dovrebbe ascoltare il contribuente prima di emettere l’atto per chiarire dati, ma questo avviene raramente nel settore IVA se non nei casi di proposte molto complesse. Tuttavia, ogni avviso deve contenere una motivazione adeguata che indichi i fatti contestati. Se un contribuente ritiene che l’atto sia viziato (mancanza di motivazione, omissione della fase di verifica, errori di calcolo evidenti), può farne eccezione nel ricorso tributario. La Corte di Cassazione ha precisato che “l’onere dell’Amministrazione è quello di motivare adeguatamente l’avviso di accertamento, indicando i fatti dedotti a sostegno della pretesa” (Cass. n. 16900/2025 e Cass. n. 25053/2022, tra le altre). Pertanto, in caso di errori palesi indicati nella LIPE, l’ufficio deve esplicitare come è giunto ai conteggi (interessi, aliquote, aliquota minimale, ecc.), e il contribuente può obiettare che la semplice presenza di un importo non indica la fonte dell’errore.

Ricorsi e possibili strategie di contenzioso

Se non è possibile regolarizzare prima dell’atto, il contribuente può impugnare l’avviso di accertamento presso la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) entro 60 giorni dalla notifica (ai sensi degli artt. 18 e 19 D.Lgs.546/92). In appello la CT Regionale e, infine, la Corte di Cassazione tributaria valutano le questioni di merito (calcoli, sanzioni, legittimità formale). Il ricorso dovrebbe articolarsi sui seguenti punti, fra gli altri:

  • Invalidità dell’accertamento: in alcuni casi l’avviso può essere annullato perché notificato oltre i termini di decadenza (ordinariamente 5 anni dall’anno di imposta ai sensi dell’art.43 DPR 600/73). Cassazione ha più volte stabilito che “il termine di decadenza decorre dall’anno successivo a quello in cui è esigibile l’imposta”, e pertanto non può essere interrotto dal contenzioso (Cass. n. 18642/2023). Se il tempo è scaduto, anche un grave errore formale non legittima l’accertamento.
  • Diritto alla detrazione: se l’Amministrazione nega credito IVA fondandosi solo sulle LIPE, il contribuente può richiamare la sentenza della Cassazione del 24.6.2025 n. 16900, secondo cui “il diritto alla detrazione IVA è subordinato all’assolvimento degli obblighi di fatturazione e registrazione”. Dunque il contribuente deve documentare le fatture (anche con estratti dei registri), e se li dimostra genuini, non spetta all’Agenzia negare il credito per mere incongruenze di calcolo. In sostanza, come evidenziato nella pronuncia, il fatto che un certo ammontare di IVA sia riportato nelle liquidazioni non prova da solo la legittimità del credito; il contribuente può superare le contestazioni producendo la fattura e la registrazione in partita doppia dell’operazione.
  • Errori formali sanati: se le irregolarità sono di natura puramente formale e già sanate (ad esempio tramite ravvedimento o sanatoria del 2023 ), il contribuente deve sottolineare in ricorso che l’unica violazione punibile era già nulla o superata. Ad esempio, se è stata pagata la sanzione ridotta di € 200 prevista dalla legge per le irregolarità formali, non resta più alcuna sanzione da infliggere. Analogamente, se l’intero debito d’imposta è stato versato entro il termine di ravvedimento citato nell’avviso bonario, le sanzioni gravanti sul ricorso devono essere ridotte o azzerate. In generale, il contribuente deve far valere i possibili benefici di ravvedimento o definizione.
  • Prescrizione e annullamento d’ufficio: se l’avviso ha contenuti palesemente errati, il contribuente può chiedere all’Agenzia di annullarlo in via amministrativa (autotutela). Ad esempio, se l’istante di accertamento risulta inconciliabile con i dati effettivi (lipe già inviate, importi errati della lettera), l’ufficio può rettificare il proprio atto. In seguito, se la CTP respinge il ricorso, è possibile appellare alla Commissione Tributaria Regionale (CTR) e, in ultima istanza, ricorrere in Cassazione (terzo grado, D.Lgs.546/92). La Cassazione può altresì dichiarare la prescrizione se rileva che il termine quinquennale è spirato senza valida interruzione.

Contributi normativi e giurisprudenziali aggiornati

Normative recenti: Il Testo Unico delle sanzioni tributarie (D.Lgs. 5/11/2024, n. 173) ha riordinato le leggi esistenti in materia di sanzioni amministrative e penali, senza stravolgerle. In particolare, per l’IVA gli articoli 30-32 del nuovo decreto consolidano i precedenti articoli 11 e 54-bis del DPR 633/72. Restano in vigore le sanzioni già note: art.11, c.2-ter D.Lgs.472/97 (5-20% del minimo per omissione/infedeltà comunicazione LIPE) e art.54-bis DPR 633/72 (ravvedimento dell’avviso bonario).

Giurisprudenza penale e contenzioso: Vale infine considerare i profili penali. L’omessa comunicazione LIPE in sé non è soggetta a reato tributario specifico (non esiste un «reato LIPE»). Tuttavia, se essa comporta un’imposta non versata entro i limiti di legge, può confluire in reati generali dell’IVA. In particolare: – Art. 10-ter D.Lgs.74/2000 (“Omesso versamento IVA”): punisce la mancata indicazione o omissione nel pagamento dell’IVA dovuta, al superamento di €250.000 di IVA per anno. Se le LIPE errate hanno causato una mancata liquidazione/versamento superiore a tale soglia, e il contribuente non rimedia con ravvedimento nei termini, può configurarsi il reato . – Art. 4 (dichiarazione fraudolenta): se, ad esempio, la LIPE contiene crediti IVA palesemente fittizi (frutto di fatture false o inesistenti), si entra nell’ambito della frode fiscale e dei reati di dichiarazione infedele. In ogni caso, l’interessato deve valutare con il proprio difensore l’ipotesi di regolarizzazione (ravvedimento che estingue il reato di omesso versamento ex art.10-ter) o la contestazione dell’atto (avvocato tributarista, ricorso e possibilità di misure alternative).

Costituzionalità delle LIPE: merita una menzione anche la sentenza della Corte Costituzionale n. 111/2024, che ha respinto un ricorso contro l’utilizzo delle LIPE ai fini di un’imposta straordinaria sugli “extra-profitti” (windfall tax). Nelle motivazioni la Corte ha ribadito che le LIPE contengono dati provvisori: “sono espressive solo di un quadro provvisorio delle operazioni realizzate nel trimestre, che trova compiuta rappresentazione solo nella dichiarazione annuale” . In sostanza, secondo la Consulta, basarsi solo sulle LIPE (senza attendere la dichiarazione) può essere problematico. Questo principio conferma che il contribuente può opporsi se l’Agenzia fonda interamente l’accertamento su dati provvisori delle LIPE, anziché sui dati definitivi della dichiarazione annuale.

Domande e risposte (FAQ)

D.1: Se ricevo una “lettera bonaria” per LIPE irregolari, cosa devo fare?
R.1: Leggere attentamente la comunicazione. Se gli addebiti (IVA non versata o LIPE omesse/errate) sono fondati, conviene regolarizzare subito: compilare ed inviare i moduli (LIPE o modello F24) come indicato nella lettera e pagare l’imposta maggiorata di interessi e sanzioni ridotte (ravvedimento operoso). In genere la lettera indica i codici tributo e un prospetto di calcolo precompilato . Se invece la contestazione è infondata (errore dell’Agenzia), occorre rispondere fornendo documenti e spiegazioni entro il termine. In ogni caso, sanando entro 30 giorni si può azzerare la sanzione. Se non si interviene, trascorsi i termini l’Agenzia potrà notificare un avviso di accertamento formale.

D.2: La mancata presentazione di una LIPE è sempre sanzionabile?
R.2: Sì, l’omessa LIPE è una violazione formale prevista dall’art.21-bis DL 78/2010 e sanzionata dall’art.11, c.2-ter D.Lgs.472/97 con 500–2.000 €. Tuttavia, per il forfettario, l’invio della LIPE non è obbligatorio . Se un forfettario ha inviato per sbaglio una LIPE non dovuta (ad es. aveva crediti solo d’imposta ma in regime di esonero), deve correggere con ravvedimento (evitando la sanzione) ovvero chiedere annullamento altrimenti. Lo stesso vale per i “minimi” o per chi era esentato.

D.3: Quali differenze tra sanzioni per omessa LIPE e per errata comunicazione LIPE?
R.3: L’omessa comunicazione LIPE (liquidazione mancante) e la comunicazione infedele/incompleta (dati errati) sono punite entrambe con la sanzione del 500–2.000 € (art.11, c.2-ter D.Lgs.472/97) . Se invece l’errore è meramente formale (ad es. casella compresa al posto di un’altra, codice fiscale sbagliato), si applica la sanzione più lieve di art.8 D.Lgs.472/97 (250–2.000 €) . In pratica, l’Agenzia tende a uniformare: se un dato essenziale (numero LIPE, importo) è sbagliato, si tratta come violazione infedele. Da notare che la Legge 197/2022 ha ridotto a € 200 (per anno) la sanzione unica per irregolarità formali sanabili .

D.4: Se mi trovo in debito IVA per un trimestre, posso pagare con la prossima LIPE?
R.4: No. La legge prevede il pagamento in F24 separato entro i termini di versamento (generalmente il 16 del mese successivo). Dal 2024 la soglia minima è €100 di imposta prima di dover versare il mese successivo . Se lasci un debito non versato, l’Agenzia te lo notificherà come credito d’imposta non versato (vedi art.54-bis) e verrà in ogni caso chiesto tramite lettera di regolarizzazione.

D.5: Posso fare ravvedimento anche dopo aver ricevuto un avviso di accertamento?
R.5: Sì, il ravvedimento operoso è sempre ammesso fino al pagamento dell’imposta richiesto. Anche dopo notifica dell’avviso di accertamento, il contribuente può decidere di versare il dovuto con sanzioni ridotte (art.13 D.Lgs.472/97). In tal caso si deposita poi il ricorso tributario e si può dedurre la regolarizzazione spontanea quale circostanza attenuante. Tuttavia, in sede penale non valgono gli istituti di ravvedimento previsto in sede amministrativa.

D.6: Cosa devo fare se l’avviso di accertamento contesta un credito IVA da me indicato?
R.6: Occorre dimostrare il diritto alla detrazione. Ciò significa produrre le fatture d’acquisto e i registri IVA che comprovano la spesa, oltre al rispetto delle norme di fatturazione (ad es. fatture immediate o differite, con i requisiti formali). La Cassazione ha stabilito che non basta riportare l’ammontare del credito in dichiarazione o LIPE: il contribuente deve esibire la prova dell’effettiva operazione con documento fiscale valido. In caso contrario, l’ufficio può legittimamente disconoscere l’IVA detratta. Quindi tenere sempre copia delle fatture e registrarle correttamente è fondamentale.

D.7: In caso di controllo, l’Agenzia è tenuta a convocarmi?
R.7: L’obbligo di contraddittorio preventivo (c.d. contraddittorio endoprocedimentale) sussiste per alcuni atti (art. 12-bis D.Lgs.546/92), ma tradizionalmente in sede IVA non sempre viene applicato. Nonostante ciò, il contribuente ha diritto di essere ascoltato. Infatti, se nell’accertamento non compare alcuna motivazione sulla mancata convocazione o sul perché non è stato fatto un contraddittorio, si può contestare la mancata valutazione delle ragioni esposte nel contraddittorio stesso. Cassazione e CTR hanno affermato che in mancanza di contraddittorio le ragioni del contribuente vanno comunque accolte se provate.

D.8: Che ricorso posso fare contro l’avviso di accertamento?
R.8: Il contribuente ha 60 giorni di tempo dalla notifica per impugnare l’avviso in Commissione Tributaria Provinciale (CTP). Se in compensazione autoliquidativa tra LIPE e dichiarazione, occorre far valere in sede di ricorso gli errori materiali, il pagamento già effettuato o le sanatorie applicate. È possibile articolare il ricorso chiedendo anche la compensazione d’ufficio (art.64 Tuir) se l’Agenzia ha considerato come credito un debito già pagato. In appello (CTR) possono intervenire anche nuovi elementi di prova. In caso di soccombenza in primo grado, l’atto può essere impugnato in Corte di Cassazione (tramite il nostro collegio tributario o avvocato). Eventuali spese di giudizio possono essere chieste al Fisco se viene vinta la causa.

D.9: Le cooperative hanno regole diverse?
R.9: Le cooperative commerciali sono soggetti IVA come le società di capitali, quindi inviando LIPE con la medesima periodicità (art.4 DPR 633/72). Alcuni aspetti particolari riguardano cooperative agricole o assimilate: queste sono assoggettate a regimi speciali (D.Lgs. 143/2004) che prevedono obblighi diversi di dichiarazione IVA. Tuttavia, l’invio delle LIPE rimane previsto per la generale disciplina IVA. Per le cooperative sociali (art. 148 TUIR ex L.398/91), l’opzione L.398 esonera da adempimenti IVA ordinari, inclusa la dichiarazione annuale ma non la LIPE se operano attività commerciali (vedi Tabella 1). In ogni caso, se una cooperativa riceve una contestazione sulle LIPE, il ragionamento sulla distinzione formale/sostanziale e sui metodi di difesa è identico a quello visto per le imprese individuali.

D.10: Che conseguenze penali corro se invio LIPE errate?
R.10: L’invio in sé di una LIPE contenente errori non integra un reato tributario autonomo. La giurisprudenza conferma che la comunicazione periodica è un mero adempimento informativo. Ciò detto, se un errore (o omissione) nelle LIPE fa maturare un debito d’imposta IVA non versato, possono scattare i reati fiscali generali: ad esempio, l’art.10-ter D.Lgs.74/2000 punisce l’omesso versamento IVA quando è superiore alla soglia annua di € 250.000 . In questi casi, tuttavia, la regolarizzazione spontanea (ravvedimento) esclude il reato (salvo frode). Se nell’invio delle LIPE compaiono riferimenti a operazioni inesistenti (falsi o fatture false), si configura reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (art.4 D.Lgs.74/2000) o frode IVA. A tal proposito, l’istante obbliga ad allegare sempre la documentazione giustificativa: se si tratterà di contabilità non veritiera la Procura potrà aprire accertamenti penali paralleli. In sintesi: mantenete la tracciabilità delle fatture e correggete tempestivamente gli errori informativi; eventuali rischi penali derivano non dall’errore stesso, ma dalle conseguenze fiscali in termini di IVA non versata o di false fatturazioni.

Esempi pratici (simulazioni)

Esempio 1 – Libero professionista in regime ordinario: Mario, ingegnere libero professionista, invia regolarmente ogni trimestre la LIPE (è mensile), indicando l’IVA attiva e passiva. Si accorge alla fine del secondo trimestre 2025 di avere inserito erroneamente l’IVA passiva (acquisti) per un importo inferiore al dovuto. L’errore ha fatto risultare un credito IVA di € 1.000 in più. A inizio luglio riceve una lettera di compliance per LIPE difforme. Soluzione: Mario invia la LIPE corretta entro 30 giorni dalla lettera (ravvedimento). Versa la differenza d’imposta con interessi (3,75% di sanzione minima ravvedibile). Poiché l’errore è sostanziale (ha inciso sul totale IVA), la sanzione minima resta dovuta, ma può comunque sanare con il ravvedimento . In sede contenziosa, avrebbe dovuto esibire la ricevuta di ravvedimento; in Cassazione la pronuncia gli sarebbe favorevole perché dimostra la fondatezza del credito rettificato.

Esempio 2 – Impresa individuale con LIPE omessa: Luca gestisce un negozio di impianti idraulici. È obbligato a LIPE trimestrali. Dimentica di inviare la LIPE del 3° trimestre 2024. A febbraio 2025 riceve una lettera dell’Agenzia: “Mancata comunicazione liquidazione periodica IVA 3° trim. 2024”. Nella lettera sono riportati i dati di fatturato del trimestre (da registri) con l’invito a inviare la LIPE omessa e a versare la sanzione ridotta. Soluzione: Luca si attiva subito: trasmette la LIPE relativa al 3° trim 2024 entro il termine e paga € 500 (sanzione fissa minima ex DLgs.472/97) con ravvedimento operoso. In tale caso l’errore è formale, l’importo dell’imposta non è in discussione perché Luca ha sempre pagato l’IVA in contanti; ha solo dimenticato l’invio telematico. Avendo regolarizzato con pagamento ridotto, azzera ogni ulteriore contenzioso. Se non avesse provveduto, l’Agenzia avrebbe potuto notificare accertamento con la stessa richiesta d’imposta (solo IVA da versare, già presente in altra forma) e sanzione piena. Notiamo che se il trimestre mancato fosse stato il 4° trim, Luca avrebbe potuto anche provvedere nella dichiarazione 2025, senza lettera, inserendo nel quadro VP i valori riepilogativi.

Esempio 3 – Soggetto in regime forfettario: Alessia è architetto in regime forfettario (minimi IVA). Non applica IVA in fattura né detrae alcun credito. Non dovrebbe inviare le LIPE, ma per errore aveva installato il software dell’Agenzia e trasmesso qualche comunicazione con zero ovunque. Riceve però una lettera di compliance: “Omessa liquidazione periodica IVA 2° trim. 2025”. Soluzione: Alessia mostra subito al suo commercialista la lettera, evidenziando che in realtà era esonerata dall’obbligo (regime forfettario) . Il professionista invia un’istanza spiegando la situazione: in regime forfettario non si addebita né versa l’IVA (quindi non esiste né credito né debito) . Chiede l’annullamento dell’avviso in autotutela. L’Agenzia accerta il ragionamento (anche la circolare n.32/E/2023 conferma l’esonero) e annulla la richiesta. Eventualmente, Alessia paga i 200€ di sanatoria formale (per essere certa di estinguere ogni contestazione futura), ma non è dovuto alcun tributo aggiuntivo. In un contenzioso, la documentazione contabile (copie fatture e software contabile) mostrerebbe l’effettiva assenza di operazioni imponibili.

Tabella 3: Timeline di difesa e ricorsi
| Fase | Azione del contribuente | Riferimento / conseguenze | |————————————|—————————————————————–|————————————————-| | Ricezione lettera di compliance| – Verificare i dati e regolarizzare entro 30 giorni (ravvedimento) per evitare sanzioni. <br> – Se errata: rispondere con documenti entro il termine fissato (30/60/90 gg) . | Se regolarizza entro 30gg, la sanzione è annullata (0% o 3% ex ravvedimento). | | Notifica avviso di accertamento| – Pagare quanto dovuto entro 30 giorni per evitare aggravio. <br> – Opporsi entro 60 giorni con ricorso in CTP (oppure controdedurre con ravvedimento). | Ricorso a CTP (60gg dall’avviso) – si sospende l’esecuzione. | | Commissione Tributaria | – Esporre errori formali/sostanziali, fornire prove/fatture. <br> – Chiedere difetti procedurali (mancanza motivazione, contraddittorio). | Decisione di primo grado. Potenziale compensazione o annullamento. | | Appello e Cassazione | – Eventuale ricorso in CTR e poi Cassazione. <br> – Utilizzare sentenze recenti (es. Cass. 16900/2025) a proprio favore. | Decisione definitiva: annullamento (piena o parziale) con rifusione spese se vittoria. |

Conclusioni

Gli errori nelle liquidazioni periodiche IVA sono un tema complesso ma gestibile con la giusta strategia difensiva. Chi riceve una contestazione deve subito verificare se si tratta di un vizio formale (facilmente sanabile) o sostanziale (che incide sull’imposta). In ogni caso il contribuente dispone di strumenti di autotutela (ravvedimento, sanatoria, chiarimenti scritti) e di difesa (contraddittorio, ricorso tributario) che, se utilizzati tempestivamente e con l’assistenza di un professionista esperto, possono ridurre al minimo l’onere fiscale e sanzionatorio. È altresì fondamentale tenere sempre la documentazione contabile aggiornata e pronta all’uso, in particolare le fatture (vere) che giustificano l’IVA detratta. Infine, le novità legislative recenti (legge di bilancio 2023 e Testo Unico sanzioni 2024) hanno parzialmente semplificato le “irregolarità formali”, ma non cambiano la sostanza delle sanzioni collegate agli errori sostanziali. Sul piano penale, l’invio di LIPE errate non integra di per sé un reato, ma le relative omissioni tributarie possono sfociare nell’omesso versamento (art.10-ter D.Lgs.74/2000) o in frodi se vi è malafede.

In sintesi, al contribuente conveniene sempre verificare la correttezza delle LIPE e agire prontamente in caso di errori: la regolarizzazione spontanea è premiata (sanzioni ridotte o azzerate), mentre l’inerzia comporta rischi maggiori. Le fonti legislative e giurisprudenziali ricordano che “il contribuente non può subire illecito dalla sola forma del modello, ma dall’effettiva evasione o frode” (cassazione e prassi concordano). In caso di contestazione, il punto di vista del debitore è quindi quello di far emergere in giudizio la correttezza sostanziale del tributo (ove possibile) e di sfruttare ogni sgravio procedurale e sanzionatorio previsto dalla legge .

Fonti: La presente guida si basa su provvedimenti legislativi (DPR 633/72; D.Lgs. 472/97; D.Lgs.546/92; L.197/2022; D.Lgs.173/2024, ecc.) e su prassi dell’Agenzia delle Entrate (circolari, interpelli), nonché su sentenze e ordinanze della Corte di Cassazione e delle Commissioni tributarie . In caso di dubbi interpretativi o di ricezione di atti ispettivi, si consiglia sempre un consulto personalizzato con un avvocato o commercialista tributarista.

Hai ricevuto una comunicazione di irregolarità o un avviso dall’Agenzia delle Entrate per errori nelle liquidazioni periodiche IVA (LIPE)? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Hai ricevuto una comunicazione di irregolarità o un avviso dall’Agenzia delle Entrate per errori nelle liquidazioni periodiche IVA (LIPE)?
Vuoi sapere cosa rischi e come puoi difenderti da queste contestazioni?

Le liquidazioni periodiche IVA devono riportare correttamente i dati delle operazioni attive e passive del trimestre. Errori, omissioni o incongruenze tra LIPE, dichiarazione annuale e versamenti F24 possono generare comunicazioni di anomalia o veri e propri accertamenti. Spesso, però, si tratta di errori materiali o formali, non sempre con effetti reali sull’imposta dovuta.

👉 Prima regola: controlla se l’errore ha effettivamente inciso sull’IVA da versare o se è solo un errore di compilazione.


⚖️ Quando scattano le contestazioni

  • Dati incompleti o errati inseriti nelle comunicazioni trimestrali;
  • Differenze tra LIPE e dichiarazione IVA annuale;
  • Mancata corrispondenza con i versamenti F24;
  • Errori nel calcolo del credito o del debito IVA;
  • Scarti telematici non corretti dall’intermediario o dal contribuente.

📌 Conseguenze della contestazione

  • Richiesta di chiarimenti tramite comunicazione di anomalia;
  • Avviso di irregolarità con sanzioni e interessi se risulta un debito non versato;
  • Sanzioni amministrative da 500 € a 2.000 € per dati errati o incompleti;
  • Possibile recupero dell’imposta in caso di versamenti insufficienti;
  • Ulteriori controlli su dichiarazioni e registri IVA.

🔍 Cosa verificare per difendersi

  • Correttezza dei dati dichiarati: le fatture attive e passive sono state contabilizzate?
  • Confronto con i registri IVA: i numeri corrispondono a quelli riportati?
  • Versamenti IVA effettuati: risultano coerenti con le liquidazioni?
  • Motivazione della contestazione: l’Agenzia ha indicato trimestre e tipologia di errore?
  • Possibilità di ravvedimento operoso per correggere spontaneamente.

🧾 Documenti utili alla difesa

  • Copie delle LIPE trasmesse e ricevute di invio;
  • Registri IVA vendite, acquisti e corrispettivi;
  • Modelli F24 di versamento;
  • Dichiarazione IVA annuale;
  • Comunicazioni ricevute dall’Agenzia delle Entrate.

🛠️ Strategie di difesa

  • Dimostrare che l’errore era solo formale, senza effetti sull’imposta dovuta;
  • Presentare correzioni con dichiarazione integrativa o ravvedimento operoso;
  • Contestare errori dell’Agenzia in caso di dati già corretti o versamenti regolari;
  • Eccepire vizi procedurali: motivazione carente, notifica irregolare, decadenza dei termini;
  • Richiedere autotutela se l’irregolarità è palesemente infondata;
  • Ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro 60 giorni, se l’Agenzia insiste sul recupero.

🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

📂 Verifica la regolarità delle liquidazioni periodiche e dei versamenti IVA;
📌 Analizza la legittimità della contestazione e l’impatto dell’errore;
✍️ Predispone memorie difensive e ricorsi per ridurre o annullare le sanzioni;
⚖️ Ti rappresenta nel contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate e nei giudizi tributari;
🔁 Suggerisce soluzioni preventive per una gestione più sicura delle liquidazioni IVA.


🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in accertamenti e contenzioso IVA;
✔️ Specializzato in difesa di imprese e professionisti su errori dichiarativi e versamenti;
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.


Conclusione

Le contestazioni per errori nelle liquidazioni periodiche IVA non sempre comportano un reale debito: spesso si tratta di irregolarità solo formali o di dati già corretti.
Con una difesa mirata puoi dimostrare la corretta posizione fiscale, ridurre drasticamente le sanzioni ed evitare conseguenze peggiori.

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