Hai ricevuto una contestazione dall’Agenzia delle Entrate perché ritiene che la trasformazione societaria effettuata avesse come unico scopo il risparmio fiscale? In questi casi, l’Ufficio presume che l’operazione sia stata posta in essere in modo elusivo, cioè non per ragioni organizzative o economiche, ma solo per ridurre il carico tributario. La conseguenza è la riqualificazione dell’operazione e il recupero delle imposte, con applicazione di sanzioni e interessi. Tuttavia, non sempre la contestazione è legittima: con una difesa mirata è possibile dimostrare la validità della trasformazione societaria.
Quando l’Agenzia delle Entrate contesta una trasformazione societaria
– Se la trasformazione da società di persone a società di capitali (o viceversa) appare strumentale a evitare imposte
– Se l’operazione riduce o annulla basi imponibili senza un reale motivo economico
– Se vengono trasferiti beni o partecipazioni a valori incongrui rispetto al mercato
– Se emergono incongruenze tra l’assetto societario dichiarato e l’attività effettiva
– Se la trasformazione è seguita immediatamente da cessioni o operazioni straordinarie sospette
Conseguenze della contestazione
– Riqualificazione della trasformazione come operazione elusiva o abuso del diritto
– Recupero delle imposte dirette e indirette considerate indebitamente risparmiate
– Applicazione di sanzioni per elusione fiscale
– Interessi di mora sulle somme accertate
– Maggior rischio di ulteriori controlli su bilanci, operazioni straordinarie e soci
Come difendersi dalla contestazione
– Dimostrare la presenza di valide ragioni economiche, organizzative o gestionali alla base della trasformazione
– Produrre documentazione societaria, contrattuale e aziendale a sostegno della scelta operata
– Contestare la presunzione di elusività se l’operazione ha avuto un effettivo impatto positivo sull’attività
– Evidenziare vizi di motivazione, difetti procedurali o decadenza dei termini dell’accertamento
– Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per ottenere l’annullamento della contestazione
Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare l’operazione societaria e la documentazione collegata
– Verificare la legittimità della contestazione sotto il profilo fiscale e societario
– Redigere un ricorso mirato su vizi sostanziali e formali dell’accertamento
– Difendere la società davanti ai giudici tributari contro pretese indebite
– Tutelare i soci e gli amministratori da conseguenze patrimoniali e fiscali sproporzionate
Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale della contestazione
– La conferma della validità della trasformazione societaria effettuata
– L’eliminazione di sanzioni e interessi non dovuti
– La sospensione delle richieste di pagamento già avviate
– La certezza di gestire liberamente l’organizzazione societaria senza indebite pressioni fiscali
⚠️ Attenzione: il ricorso contro la contestazione deve essere presentato entro 60 giorni dalla notifica dell’atto. Trascorso questo termine, l’accertamento diventa definitivo e non sarà più possibile difendersi.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e societario – spiega come difendersi in caso di contestazioni sulle trasformazioni societarie e come tutelare i tuoi diritti.
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Introduzione
Le trasformazioni societarie – ossia i cambiamenti di forma giuridica di una società (ad esempio da S.r.l. a S.n.c., o da società di capitali a società di persone) – sono operazioni legittime e disciplinate dal diritto societario italiano. Spesso vengono effettuate per ragioni organizzative, strategiche o patrimoniali. Tuttavia, possono anche essere impiegate con il fine (o il risultato) di ottenere specifici vantaggi fiscali. Quando l’Amministrazione finanziaria ritiene che tali operazioni siano prive di una reale sostanza economica e mirino essenzialmente al risparmio d’imposta, può contestare l’operazione ai sensi delle norme sull’abuso del diritto o, nei casi più gravi, come condotta elusiva/evasiva. Ne consegue un potenziale contenzioso tributario, in cui il debitore d’imposta (il contribuente, sia esso imprenditore individuale o società) deve difendere la legittimità delle proprie scelte.
In questa guida avanzata – aggiornata ad agosto 2025 – esamineremo in dettaglio le contestazioni tipiche riguardanti trasformazioni societarie effettuate per scopi fiscali, con particolare riferimento all’ordinamento italiano. Verranno analizzate la normativa rilevante, le sentenze più recenti e autorevoli, le possibili strategie difensive dal punto di vista del contribuente (debitore), esempi pratici e simulazioni di casi, oltre a fornire domande e risposte frequenti e tabelle riepilogative per schematizzare i concetti chiave. Il taglio è tecnico-giuridico ma con intento divulgativo, pensato sia per professionisti del diritto tributario (avvocati, consulenti) sia per imprenditori e privati che si trovino ad affrontare tali questioni.
Trasformazioni societarie: nozioni generali e normativa di riferimento
Che cos’è una trasformazione societaria? In diritto societario italiano, la trasformazione è l’operazione mediante la quale una società muta la propria forma giuridica, passando da un tipo sociale ad un altro, senza estinguersi e senza dar vita ad un nuovo ente. La disciplina civilistica è contenuta nel Codice Civile (artt. 2498 e seguenti). Si distingue tra: – Trasformazione omogenea: il passaggio avviene tra enti della stessa natura giuridica generale. Le più comuni sono le trasformazioni omogenee interne tra società commerciali (es. da S.n.c. a S.r.l. o viceversa) e tra società non commerciali (es. associazione riconosciuta in fondazione).
– Trasformazione eterogenea: il passaggio avviene tra un ente societario commerciale e un ente di diversa natura. Ad esempio, la trasformazione di una società di capitali in consorzio, in società consortile, in comitato, in associazione o fondazione, e viceversa (ove ammesso). Queste operazioni sono previste dagli artt. 2500-septies e 2500-octies c.c. (ad esempio la trasformazione di una S.r.l. in fondazione viene detta eterogenea regressiva).
Dal punto di vista temporale si parla anche di: – Trasformazione progressiva: da un tipo con minore complessità ad uno di maggiore complessità (tipicamente, da società di persone a società di capitali). Esempio: da S.n.c. a S.p.A. – Trasformazione regressiva: l’inverso, ossia da un tipo “maggiore” ad uno “minore” (ad esempio da S.p.A. a S.n.c., o da società commerciale a società semplice non commerciale).
Continuità dei rapporti giuridici: la trasformazione non comporta la creazione o estinzione di soggetti distinti: la società trasformata prosegue in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi dell’ente originario (principio di continuità). Non c’è un trasferimento di beni a terzi, ma un semplice mutamento formale dell’atto costitutivo. Ne deriva che, di regola, la trasformazione non è considerata un atto traslativo e mantiene la titolarità dei beni e dei rapporti in capo al medesimo soggetto (prima e dopo l’operazione).
Profilo fiscale generale: in ossequio al principio civilistico di continuità, anche sul piano fiscale la trasformazione, in sé considerata, è normalmente neutrale. L’art. 170 del TUIR (D.P.R. 917/1986) stabilisce il regime fiscale delle trasformazioni omogenee: – Nella trasformazione progressiva (società di persone che diventa società di capitali) non si genera realizzo di plusvalenze sui beni sociali; tuttavia, cambia il regime fiscale applicabile da IRPEF (trasparenza fiscale per i soci) a IRES (tassazione autonoma della società). Ai fini delle imposte sui redditi, occorre pertanto “spezzare” l’esercizio in due periodi: uno ante-trasformazione (con tassazione secondo le regole delle società di persone) e uno post-trasformazione (con tassazione da società di capitali) . Ciò richiede la redazione di due bilanci infrannuali ai soli fini fiscali, poiché civilmente l’esercizio sociale non si fraziona . I componenti di reddito (utili, perdite) prodotti prima della data di trasformazione restano imputati ai soci secondo trasparenza; quelli successivi concorrono all’IRES della società trasformata. – Nella trasformazione regressiva (società di capitali che diventa società di persone) la legge prevede ugualmente neutralità fiscale sugli asset aziendali. Le riserve e i fondi della società di capitali diventano patrimonio della società di persone mantenendo il regime fiscale che avevano (ad esempio, riserve di utili tassati rimangono tali). Anche in questo caso si applica il principio del doppio periodo d’imposta ai fini reddituali (frazione di anno come società di capitali fino alla trasformazione, poi tassazione per trasparenza dopo).
Nota: La neutralità fiscale delle trasformazioni viene meno se, contestualmente alla trasformazione, si verifica un evento impositivo autonomo. Ad esempio, nel caso di trasformazioni eterogenee, può sorgere imposizione indiretta (imposta di registro) o altre conseguenze se si trasferisce la società in un ente non commerciale. Ne vedremo un esempio a breve.
Imposte indirette: L’atto di trasformazione societaria va registrato ma generalmente sconta l’imposta di registro in misura fissa (attualmente 200 euro), salvo che comporti il trasferimento di immobili o altri beni (in quel caso le normali imposte ipotecarie-catastali). Un caso particolare è la trasformazione eterogenea in ente non commerciale: qui l’Agenzia delle Entrate tendeva a esigere l’imposta di registro proporzionale, ritenendo non applicabile l’agevolazione del “fisso” se l’ente risultante non è commerciale. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14465 del 23 maggio 2024, ha affrontato proprio la trasformazione di una S.r.l. in fondazione (quindi eterogenea regressiva) ai fini dell’imposta di registro . In quel caso l’Ufficio pretendeva il registro al 3% (ritenendo la fondazione esclusa dal regime agevolato riservato alle società commerciali), ma i giudici di merito e la Cassazione hanno dato ragione al contribuente. La Suprema Corte ha ribadito che, per l’attuale art. 20 del TUR (D.P.R. 131/1986), l’imposta di registro va applicata secondo la natura intrinseca e gli effetti giuridici dell’atto, considerandone solo gli elementi desumibili dall’atto medesimo, senza estendere l’analisi ad atti collegati o finalità extra-testuali . Pertanto l’atto di trasformazione in fondazione, preso di per sé, rientra nell’ipotesi agevolata (trattandosi comunque di trasformazione di società già commerciale) e va tassato in misura fissa.
Trasformazioni transfrontaliere: Un cenno infine alle trasformazioni con elementi di internazionalità. Prima del 2023, l’ordinamento italiano non consentiva espressamente ad una società nazionale di “trasformarsi” in una società estera (o viceversa); nei fatti ciò veniva realizzato tramite trasferimento della sede legale all’estero o altre operazioni combinate, con vari ostacoli pratici e giuridici. Dal 2023, per effetto della Direttiva (UE) 2019/2121, attuata con D.Lgs. 2 marzo 2023 n.19, esiste una disciplina organica sulle trasformazioni transfrontaliere in ambito UE . In sostanza, oggi una società di capitali italiana può trasformarsi direttamente in una società di altro Stato membro UE (e viceversa) attraverso una procedura armonizzata, senza liquidazione. Questo ha eliminato precedenti restrizioni alla libertà di stabilimento delle società. Resta fermo che un’operazione del genere comporta la fuoriuscita dal regime fiscale italiano (emersione di eventuali plusvalori latenti da assoggettare ad exit tax, salvo differenti previsioni comunitarie) e l’ingresso nel regime fiscale estero. Inoltre, come vedremo, se tali operazioni sono meramente strumentali a ottenere un risparmio d’imposta trasferendo fittiziamente la residenza all’estero, possono essere contestate come esterovestizione.
Vantaggi fiscali: perché trasformare una società per fini tributari?
In condizioni normali, la scelta di trasformare una società viene dettata da ragioni economico-giuridiche genuine: ad esempio, i soci di una S.n.c. potrebbero voler limitare la responsabilità patrimoniale trasformandola in S.r.l.; oppure una S.r.l. familiare con un immobile di proprietà e nessuna attività commerciale potrebbe trasformarsi in una società semplice per gestire l’immobile in ambito non imprenditoriale. Tuttavia, proprio questi casi evidenziano alcuni effetti fiscali appetibili: – La società semplice non è soggetta all’IRES né all’IRAP, in quanto ente non commerciale e fiscalmente trasparente (il reddito prodotto, se di natura fondiaria o finanziaria, viene tassato direttamente in capo ai soci persone fisiche). Ciò significa che determinati proventi, come le plusvalenze immobiliari maturate oltre il quinquennio, possono risultare non tassabili in capo ai soci. Trasformando una società commerciale in semplice (specie se detiene immobili non strumentali), si può trasferire l’immobile nella sfera privata dei soci con un carico fiscale ridotto o nullo. È proprio il tipo di pianificazione fiscale alla base di molti casi di contestazione, come vedremo. – La trasformazione può consentire di fruire di regimi fiscali agevolati previsti da normative temporanee. Ad esempio, la Legge di Bilancio 2025 (L. 30 dicembre 2024 n. 207) ha riaperto la possibilità di effettuare, entro il 30 settembre 2025, assegnazioni agevolate di beni ai soci o trasformazioni agevolate in società semplice pagando un’imposta sostitutiva ridotta (8% in luogo delle ordinarie imposte sui redditi e relative a eventuali plusvalenze) . Tali norme incentivano il passaggio di beni (immobili non strumentali, beni mobili registrati non utilizzati nell’attività) dalla società ai soci ovvero alla sfera “non commerciale” mediante trasformazione. L’ovvio vantaggio fiscale è che si estrae il bene dall’attività d’impresa pagando un importo forfettario molto inferiore alla tassazione ordinaria. – Un altro vantaggio può consistere nel far emergere o meno componenti di reddito in modo pianificato. Ad esempio, se una società di persone si trasforma in società di capitali, i futuri utili saranno tassati con aliquota IRES (24%) a livello societario, che potrebbe essere inferiore alle aliquote IRPEF marginali dei singoli soci (che in alcuni casi superano il 40%). Viceversa, trasformare una società di capitali in società di persone può evitare la doppia tassazione (utile IRES + dividendi tassati in capo al socio) a favore di un’unica tassazione diretta in capo ai soci. – In certi casi, la trasformazione viene utilizzata come passo intermedio di una pianificazione più complessa. Ad esempio: una società potrebbe prima trasformarsi, poi fondersi o scindersi, con l’obiettivo di aggirare limiti fiscali. Un caso storico è l’uso di fusioni e conferimenti post-trasformazione per rivalutare asset o far sì che determinate riserve o perdite potessero essere usate aggirando le restrizioni. Nel 2019 la Cassazione ha esaminato un’operazione complessa (fusione seguita da conferimento di ramo d’azienda in una newco) volta a ottenere ammortamenti maggiorati su un marchio rivalutato gratuitamente: benché le operazioni singolarmente fossero regolari, l’insieme fu giudicato elusivo in quanto privo di sostanza economica . Questo mostra come la trasformazione (in quel caso da S.p.A. a S.r.l., cfr. caso “Domino”) possa essere una tessera del mosaico utilizzata per creare artificiosamente vantaggi fiscali (nel caso specifico, la possibilità di dedurre ammortamenti su un marchio rivalutato “a costo zero”).
Riassumendo, i principali vantaggi fiscali che si possono perseguire con le trasformazioni societarie sono: – Estromissione agevolata di beni dal patrimonio sociale verso i soci o la sfera privata, minimizzando le imposte su plusvalenze e distribuzioni (tipicamente tramite trasformazione in società semplice o assegnazioni). – Ottimizzazione delle aliquote d’imposta: scegliere il regime IRES o IRPEF più conveniente per il tipo di reddito prodotto (pianificazione tra tassazione per trasparenza vs tassazione societaria). – Elusione di vincoli fiscali specifici: ad esempio eludere la disciplina di disconoscimento delle perdite fiscali nelle fusioni (test di vitalità) spezzettando l’operazione in più fasi, oppure rivalutare beni immateriali sfruttando conferimenti post-trasformazione. – Riduzione della tassazione su realizzi futuri: come nel caso di immobili posseduti da tempo, che in capo a persone fisiche (o società semplice) sono esenti da tassazione se venduti dopo 5 anni, mentre in capo a società sarebbero tassati come plusvalenze. La trasformazione consente di cogliere questa esenzione temporale spostando l’asset in una forma non tassata al momento del realizzo.
È importante sottolineare che la pianificazione fiscale non è di per sé illecita: il contribuente ha il diritto di scegliere tra diverse alternative consentite dalla legge quella fiscalmente meno onerosa. Questo principio è riconosciuto anche dalla Cassazione e dallo Statuto del Contribuente. Tuttavia, come vedremo, esiste un confine oltre il quale l’ordinamento considera tale scelta un abuso del diritto. Nella sezione successiva analizzeremo proprio la disciplina anti-elusiva italiana e come essa si applica alle trasformazioni societarie “sospette”.
Abuso del diritto ed elusione fiscale: la disciplina anti-elusiva in Italia
Per affrontare le contestazioni fiscali in materia di trasformazioni societarie, occorre comprendere la cornice giuridica dell’abuso del diritto (o elusione fiscale). In Italia, dopo anni di elaborazione giurisprudenziale, la disciplina è stata codificata nell’art. 10-bis della Legge 27 luglio 2000 n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), entrato in vigore dal 1° ottobre 2015 .
Definizione di abuso del diritto: secondo l’art. 10-bis, configurano abuso una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Questa definizione riflette esattamente la situazione di alcune trasformazioni societarie “di comodo”: formalmente legittime, ma poste in essere senza una vera ragione economica se non il risparmio d’imposta. La Cassazione ha più volte ribadito il concetto: “una serie di operazioni societarie, sebbene singolarmente legittime, possono configurare un abuso del diritto quando mancano di sostanza economica e sono finalizzate unicamente a ottenere risparmi d’imposta” . In altre parole, il divieto di abuso mira a impedire l’uso distorto degli strumenti giuridici al solo fine di ottenere benefici fiscali .
Vediamo gli elementi chiave dell’abuso del diritto: – Sostanza economica dell’operazione: significa che l’operazione deve avere una ragione non marginale diversa dal risparmio fiscale, e deve modificare in modo apprezzabile la posizione del contribuente al di fuori del mero aspetto fiscale. Se la trasformazione societaria (o la serie di operazioni) non comporta reali effetti economici/giuridici se non quello di ridurre le tasse, si considera priva di sostanza. Ad esempio, nel caso deciso dalla Cassazione n. 34750/2019, dopo una fusione e un conferimento l’assetto sostanziale del gruppo era rimasto invariato, cambiando solo il valore fiscale degli asset: ciò è indice di mancanza di sostanza economica . – Vantaggio fiscale indebito: è il risparmio d’imposta ottenuto in contrasto con la finalità delle norme fiscali. Non basta dunque qualsiasi risparmio, ma uno che il legislatore non intendeva concedere in quella situazione. Nel nostro contesto, ad esempio, trasformare una società immobiliare in società semplice per vendere un immobile senza tassazione di plusvalenza potrebbe essere visto come vantaggio indebito perché la norma che esenta le plusvalenze sulle cessioni dopo 5 anni (art. 67 TUIR) è pensata per privati non imprenditori, non per permettere a società di evitare l’imposizione su beni relativi all’impresa. Se il risultato fiscale complessivo contrasta con l’obiettivo della norma, l’operazione è abusiva .
In sintesi, due sono le condizioni cumulative per qualificare un’operazione come abuso del diritto: (i) assenza di valide ragioni extrafiscali (sostanza economica), (ii) conseguimento di un vantaggio fiscale indebito rispetto alla ratio delle norme .
Onere della prova: L’art. 10-bis L.212/2000 stabilisce che spetta all’Amministrazione finanziaria l’onere di dimostrare la sussistenza dei presupposti dell’abuso, quindi di provare sia il vantaggio fiscale indebito sia la mancanza di sostanza economica. Il contribuente, dal canto suo, può evitare la contestazione fornendo la prova contraria, cioè evidenziando le ragioni extrafiscali (di tipo gestionale, organizzativo, motivi di mercato, etc.) che giustificano l’operazione e che non siano puramente marginali. In ambito di trasformazioni societarie, ad esempio, potrebbe dimostrare che la modifica della forma giuridica rispondeva a esigenze reali dell’impresa (es. adeguare la struttura societaria alla tipologia di attività, attrarre investitori, semplificare la governance, evitare costi di gestione non sostenibili, ecc.), e che il beneficio fiscale è una conseguenza secondaria.
Effetti delle condotte abusive: se l’operazione viene qualificata come abusiva, vengono disconosciuti i vantaggi fiscali indebitamente conseguiti. In pratica, il Fisco ridetermina le imposte dovute come se l’operazione non fosse avvenuta o fosse avvenuta in forma legittima. Importante sottolineare che non si applicano sanzioni penali né amministrative quando c’è abuso del diritto, purché le operazioni contestate siano state effettivamente poste in essere (cioè non si tratta di frode o di documenti falsi). L’art. 10-bis infatti tutela la “buona fede formale” del contribuente, prevedendo che l’abuso non dà luogo a fatti punibili penalmente né ad sanzioni amministrative tributarie, rimanendo fermo solo il recupero delle imposte e degli interessi. Questo distingue l’abuso dall’evasione fiscale vera e propria (in cui invece c’è violazione di norme tributarie e si applicano sanzioni).
Elusione fiscale vs evasione fiscale: nel linguaggio comune a volte si confondono. L’elusione fiscale è sostanzialmente sinonimo di abuso del diritto in ambito tributario: consiste nello schivare un tributo utilizzando lecito formalmente la legge ma contro la sua finalità. L’evasione fiscale, invece, implica una violazione diretta di norme fiscali (ad esempio omessa dichiarazione, false fatturazioni, occultamento di redditi) ed è sempre illecita, con sanzioni e possibili reati. Nel caso di trasformazioni societarie: – Se la società compie realmente l’operazione dichiarata (ad esempio, la trasformazione avviene con atto notarile e iscrizione al Registro Imprese, quindi è reale), non c’è simulazione assoluta. L’operazione esiste ma può essere considerata elusiva/abusiva se realizzata per fini fiscali indebiti. – Se invece l’operazione è fittizia o simulata, si entra nell’ambito dell’evasione: ad esempio, una società potrebbe fingere una trasformazione o un atto straordinario solo cartolarmente per mascherare una distribuzione di utili ai soci senza tassazione. In tal caso il Fisco può disconoscere completamente l’atto come inesistente o simulato e riqualificare ciò che è realmente avvenuto (applicando le imposte dovute e anche le sanzioni per dichiarazione mendace). La “simulazione” è un concetto civilistico (artt. 1414 c.c. e seguenti) che in ambito tributario consente all’Ufficio, ai sensi delle norme generali (ex art. 37-bis, c. 4, vecchio DPR 600/1973, ora art. 10-bis, c.13 L.212/2000), di disregard il vestito giuridico simulato e tassare il negozio dissimulato. Esempio: se dietro una trasformazione societaria si nasconde in realtà la liquidazione della società con distribuzione di utili, il Fisco potrebbe riqualificare l’operazione come liquidazione (tassando le riserve distribuite).
Abuso del diritto e libertà di scelta del contribuente: la normativa anti-abuso (comma 4 dell’art. 10-bis) conferma un principio importante: “resta ferma la libertà del contribuente di scegliere tra regimi fiscali diversi previsti dalla legge”. Dunque il contribuente può legittimamente scegliere il percorso meno oneroso se la norma stessa offre opzioni. L’abuso scatta solo quando viene creato un meccanismo artificioso non voluto dal legislatore. Ad esempio, se la legge prevede una tassazione agevolata per l’assegnazione di immobili ai soci oppure per la trasformazione in società semplice, la società può scegliere l’una o l’altra opzione, o combinarle se consentito. Ma se combina una serie di atti in modo da ottenere un risultato fiscale ulteriore non previsto, allora oltrepassa il limite. Nella risposta ad interpello n. 456/2023 l’Agenzia delle Entrate ha proprio sottolineato questo: la società è libera di scegliere il percorso consentito più conveniente, purché il risultato complessivo non sia un vantaggio aggiuntivo contrario alla ratio delle norme . In quel caso (che esamineremo dettagliatamente più avanti) la combinazione di scissione, trasformazione agevolata e cessione di immobili portava un risparmio d’imposta ulteriore non voluto dal legislatore, configurando quindi abuso.
Procedura di contestazione (il contraddittorio): l’Agenzia, prima di emettere un avviso di accertamento fondato su abuso del diritto, deve attivare un contraddittorio endoprocedimentale con il contribuente. L’art. 10-bis prevede che al contribuente sia notificata una richiesta di chiarimenti (in pratica una contestazione preventiva) con l’indicazione delle ragioni per cui si ravvisa un abuso. Il contribuente ha 60 giorni per fornire osservazioni e controdeduzioni, indicando le sue motivazioni economiche. Solo dopo l’Ufficio può emettere l’accertamento motivato, se non è stato convinto dalle giustificazioni. Questo passaggio è fondamentale per il diritto di difesa e spesso è l’occasione per evitare la lite dimostrando la legittimità dell’operazione. In sede contenziosa (Commissione Tributaria Provinciale e poi Regionale, fino alla Cassazione) il giudice valuterà se effettivamente c’era o meno abuso, sulla base degli elementi di fatto e della condotta delle parti.
Nei paragrafi seguenti analizzeremo casi specifici di contestazioni riferite a trasformazioni societarie per vantaggi fiscali, distinguendo varie tipologie di operazioni e gli orientamenti emersi in dottrina e giurisprudenza. Passeremo poi alle strategie difensive che il contribuente può adottare e ad alcune FAQ sul tema.
Trasformazioni “sospette” e tipologie di contestazioni fiscali
Non tutte le trasformazioni societarie sono oggetto di contestazione da parte del Fisco. Nella prassi, l’attenzione dell’Amministrazione si concentra su quelle operazioni che aumentano la convenienza fiscale in modo significativo e inusuale, specie se realizzate in prossimità di eventi imponibili o come parte di schemi più complessi. Esaminiamo le principali situazioni.
1. Trasformazione di società di capitali in società di persone (o semplice)
Questo tipo di trasformazione regressiva è frequentemente sotto la lente del Fisco quando la società di partenza possiede asset rivalutati o plusvalenze latenti (tipicamente immobili) e la trasformazione viene seguita da operazioni che monetizzano tali asset. Il caso classico, già anticipato, è la trasformazione di una S.r.l. immobiliare in società semplice, sfruttando normative agevolative.
Esempio tipico – “Trasformazione agevolata in società semplice”: La Legge n. 197/2022 (Bilancio 2023) ha consentito alle società commerciali di trasformarsi in società semplice entro il 30/9/2023 pagando un’imposta sostitutiva dell’8% sulla plusvalenza implicita degli immobili (calcolata sul valore catastale, molto inferiore a quello di mercato). Lo scopo dichiarato della norma era favorire la fuoriuscita degli immobili dal regime d’impresa verso l’ambito privato a un costo fiscale ridotto. Una società Alfa S.r.l. con un immobile iscritto a bilancio a 1 milione ma dal valore di mercato di 5 milioni avrebbe, trasformandosi in società semplice, pagato l’8% sul valore catastale (poniamo 2 milioni) – quindi €160.000 – in luogo della tassazione ordinaria su 4 milioni di plusvalenza (che tra IRES e imposte in capo ai soci poteva facilmente superare €1 milione). Fin qui, nulla di illegittimo: la legge lo consentiva.
Il “disegno” elusivo contestato nel 2023: Molte società hanno combinato questa opportunità con altre operazioni per azzerare del tutto il carico fiscale su una successiva vendita degli immobili. Uno schema emerso (oggetto della risposta interpello 456/2023) è stato: 1. Scissione parziale: la società originaria scinde il ramo immobiliare conferendolo a una Newco (beneficiaria). In tal modo, la Newco riceve gli immobili mantenendo la “storicitá” del possesso (l’anzianità di detenzione) grazie alla neutralità della scissione. 2. Trasformazione agevolata: la Newco (ora proprietaria degli immobili) si trasforma in società semplice usufruendo dell’agevolazione dell’8%. In questa sede vengono tassate le plusvalenze sugli immobili, ma calcolate sul valore catastale (notevolmente inferiore al mercato), dunque con un esborso minimo. 3. Cessione degli immobili: la società semplice, dopo la trasformazione, vende gli immobili a terzi. Poiché gli immobili erano formalmente detenuti (considerando l’anzianità trasferita con la scissione) da più di 5 anni, la plusvalenza non è soggetta a tassazione ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. b) TUIR (cessione di immobili da parte di privati dopo 5 anni esenti) . 4. Liquidazione finale: la società semplice incassa il corrispettivo della vendita e poi si scioglie, distribuendo il denaro ai soci. La distribuzione non sconta ulteriori imposte, essendo restituzione di capitale e riserve di una società non commerciale.
Il risultato complessivo per i soci originari è di aver monetizzato gli immobili pagando solo l’8% sul valore catastale (e poco o nulla all’atto della vendita e distribuzione). Un risultato estremamente vantaggioso rispetto alla vendita degli immobili direttamente dalla S.r.l., che avrebbe comportato tassazione della plusvalenza in capo alla società e ulteriori imposte in caso di distribuzione di utili.
La posizione del Fisco: L’Agenzia delle Entrate ha qualificato questo schema come abuso del diritto . Pur riconoscendo che ciascuna delle singole operazioni è, isolatamente considerata, consentita e legittima, ha sostenuto che il loro concatenamento intenzionale produce un vantaggio fiscale indebito, in contrasto con la ratio delle norme agevolative applicate . Infatti, la finalità delle norme (assegnazione/trasformazione agevolata) era agevolare l’estromissione di beni dall’impresa, ma non quella di annullare completamente la tassazione sulle plusvalenze immobiliari realizzate dai soci. Nel caso di specie, grazie alla sequenza scissione-trasformazione-cessione-liquidazione, si è ottenuto un risparmio ulteriore: i soci hanno incassato il ricavato della vendita senza alcuna imposizione su una plusvalenza sostanziale di milioni di euro . Ciò eccede lo scopo delle agevolazioni, che prevedevano sì un’imposta ridotta ma non l’esenzione totale dei proventi da cessione.
È interessante notare che l’Agenzia era al corrente di precedenti documenti di prassi in senso opposto. Nel 2016, in occasione di analoghe agevolazioni, aveva affermato che la scissione propedeutica alla trasformazione agevolata non costituiva abuso, ritenendo lecite le operazioni preparatorie atte a rientrare nei requisiti di legge (Risoluzione AE 101/E del 3 novembre 2016) . Anche la dottrina notarile e aziendalistica aveva considerato ammissibile lo schema, se finalizzato a realizzare l’intento agevolativo voluto dalla legge . Tuttavia, nella risposta del 2023, l’Agenzia ha preso una posizione più restrittiva, probabilmente per l’impatto finanziario della pratica diffusa.
Difesa del contribuente in tali casi: Un contribuente che si vede contestare un’operazione simile potrebbe argomentare, in sede di contraddittorio o contenzioso, che: – La scissione aveva una giustificazione economica (separare il patrimonio immobiliare dall’attività d’impresa attiva, ad esempio per tutelare i beni o per focalizzare il core business nella società scissa). – La trasformazione in società semplice era espressamente contemplata dalla legge agevolativa: quindi agiva all’interno della scelta offerta dal legislatore, non contro di essa. – La successiva vendita potrebbe anch’essa avere motivazioni non elusive (ad esempio, i soci decidono di dismettere l’immobile perché non più utile all’impresa e reinvestire personalmente altrove). – In sostanza, provare a convincere che non c’è stato un disegno preordinato unicamente al vantaggio fiscale, ma un percorso dettato anche da ragioni di riorganizzazione sostanziale.
Va detto che in situazioni così spinte la difesa è complessa, perché i passaggi risultano evidentemente coordinati nel tempo. Non a caso, l’interpello stesso era stato presentato per avere certezza, ma con esito sfavorevole. Sarà interessante vedere l’evoluzione giurisprudenziale: se casi analoghi arriveranno in Commissione Tributaria, occorrerà verificare se i giudici propendono per la tesi dell’abuso o se, viceversa, riterranno rispettata la libertà di scelta del contribuente all’interno delle opzioni di legge (un contribuente potrebbe citare la stessa Risoluzione 101/E/2016 dell’Agenzia come “affidamento” su cui contava). Al momento attuale (2025) prevale la linea anti-abuso prospettata dal Fisco.
Altri casi di trasformazione regressiva sotto osservazione: – Trasformazione di società operativa in società di persone seguita da liquidazione: questo può essere utilizzato per distribuire le riserve ai soci con tassazione diversa. Ad esempio, se una S.p.A. si trasforma in S.n.c. e poi si liquida, i beni residui vanno ai soci. Il regime fiscale delle somme ai soci in liquidazione di società di persone può differire da quello di una società di capitali (in quest’ultimo caso sarebbero dividendi tassabili). Anche qui potrebbe profilarsi un’elusione se l’operazione è fatta unicamente per far uscire utili ai soci in forma esentasse. – Trasformazione eterogenea in ente non commerciale (es. associazione o fondazione): un’impresa potrebbe essere tentata di trasformarsi in ente non profit per beneficiare di esenzioni fiscali. Tuttavia, va ricordato che un ente non commerciale deve effettivamente svolgere attività non profit e destinare le risorse a scopi altruistici; se la trasformazione fosse un escamotage per non pagare tasse ma di fatto l’attività economica prosegue, il Fisco (e anche altri organi, come l’autorità di vigilanza sul non profit) potrebbero intervenire per simulazione o incompatibilità. Ad esempio, una S.r.l. trasformata in associazione che però continua a generare utili per i soci (che magari rimangono come amministratori stipendiati) verrebbe smascherata come costruzione artificiosa. – Trasformazione in società di persone per azzerare perdite fiscali: quando una società di capitali ha molte perdite pregresse utilizzabili, la trasformazione in società di persone porta al regime di trasparenza (le perdite transitano ai soci in certi limiti). Operazioni volte solo a far “sparire” le perdite in capo ai soci o a utilizzarle impropriamente possono essere contrastate invocando l’abuso (anche se la normativa in materia di perdite è già restrittiva di suo, ad esempio vietando il riporto di perdite in caso di cambi di controllo e attività).
In conclusione, tutte le volte che una trasformazione da società di capitali a forma più semplice produce un forte risparmio d’imposta (specialmente se seguita da vendita di beni o distribuzione di utilità ai soci), c’è un alto rischio che il Fisco contesti l’operazione come elusiva. Il contribuente dovrà in tali casi mettere in evidenza con forza le ragioni extra-fiscali e la genuinità del risultato voluto, per superare la presunzione di intento elusivo.
2. Trasformazione da società di persone a società di capitali (progressiva)
Le trasformazioni progressive (da S.n.c./S.a.s. a S.r.l./S.p.A.) in genere destano meno sospetti di elusione, perché comportano l’assoggettamento a un regime fiscale “più oneroso” (passaggio da trasparenza IRPEF a IRES). Tuttavia, possono esservi casi particolari: – Uso opportunistico del regime IRES: Se i soci persone fisiche hanno aliquote IRPEF altissime, trasformando la società in soggetto IRES, i profitti saranno tassati al 24% e poi i soci potranno decidere se/quanto distribuirli (subendo in tal caso la tassazione da dividendi). Questo può ridurre l’imposizione complessiva se i dividendi non vengono immediatamente distribuiti (rimandando la tassazione a momenti più opportuni, o magari usufruendo di crediti d’imposta). Non è propriamente un abuso, è un arbitraggio consentito dalla legge. Finché la società svolge effettiva attività d’impresa e la scelta è giustificata (es. necessità di reinvestire utili in azienda), non c’è appiglio per contestare. – Rivalutazioni di attivo: in passato alcune norme consentivano rivalutazioni di beni aziendali pagando imposte sostitutive; c’erano differenze di trattamento a seconda del tipo sociale. Ad esempio, può darsi che una società di persone si trasformi in S.p.A. per poi accedere a un regime di rivalutazione riservato alle società di capitali. Se fatto esclusivamente per questo, l’Amministrazione potrebbe valutare se c’è abuso, ma se la norma di rivalutazione non lo vieta espressamente, è difficile sanzionare la mera scelta di forma giuridica. – Operazioni straordinarie successive: spesso la trasformazione progressiva precede altre operazioni (fusioni, cessioni di partecipazioni) per rendere l’assetto societario conforme a certe regole. Ad esempio, trasformare una S.a.s. in S.r.l. prima di una fusione, perché le società di persone non possono fondersi con società di capitali se non trasformandosi contestualmente. Queste situazioni raramente sono viste come elusive di per sé; anzi, sono generalmente necessarie per finalizzare operazioni più grandi (e spesso giustificate da valide ragioni industriali). – Caso “Domino”: un esempio noto, tratto da una vicenda reale, vide una società (Domino S.p.A.) trasformarsi in Domino S.r.l. per poi effettuare operazioni societarie che portarono a una rivalutazione di un marchio senza pagare imposte. Questo fu ritenuto abusivo dalla Guardia di Finanza e dall’Agenzia, e la Cassazione confermò la natura elusiva del disegno . In particolare, attraverso la trasformazione in S.r.l. e un successivo conferimento in una newco veicolo, fu possibile capitalizzare un marchio (Albatros) ad un valore elevato creando un disavanzo di fusione, poi dedotto come ammortamento. La Cassazione evidenziò l’assenza di valide ragioni economiche (l’operazione era circolare e l’assetto del gruppo invariato) e l’ottenimento di un vantaggio fiscale indebito (deduzione di ammortamenti su un plusvalore generato artificiosamente) . Questo caso dimostra che anche una trasformazione “in avanti” può essere parte di un schema elusivo più complesso. La difesa in tali casi deve dimostrare che ogni passaggio aveva una logica di business, altrimenti la concatenazione verrà vista come artificiosa.
In sintesi, le trasformazioni progressive sono meno attaccate singolarmente, ma possono diventare oggetto di contestazione se sono un ingranaggio di un meccanismo volto principalmente a un risparmio d’imposta (es. ottenere un beneficio fiscale riservato a società di capitali, senza un vero cambiamento di sostanza).
Valide ragioni extrafiscali tipiche che giustificano una trasformazione progressiva e possono difenderla da sospetti: – Acquisire personalità giuridica e responsabilità limitata per proteggere il patrimonio personale dei soci. – Requisiti di mercato: p.es. diventare S.p.A. per quotarsi in borsa o per accrescere il prestigio e la fiducia verso terzi. – Facilitare l’ingresso di nuovi soci investitori, che preferiscono forme di capitali con capitale frazionato in quote o azioni. – Adeguarsi a normative di settore che richiedono una certa forma (alcune attività regolamentate richiedono società di capitali). Queste motivazioni, se presenti e documentate, rendono la trasformazione intrinsecamente non abusiva, anche se incidentalmente c’è un diverso trattamento fiscale.
3. Trasformazioni eterogenee in enti non commerciali
Le trasformazioni eterogenee riguardano, come detto, il passaggio da società lucrative a enti che per statuto non hanno scopo di lucro (fondazioni, associazioni, comitati) e viceversa. Il codice civile consente tali operazioni, ma pone tutele per i creditori (possibilità di opposizione) data la diversa configurazione patrimoniale e di responsabilità.
Dal punto di vista fiscale, quando una società di capitali si trasforma in, ad esempio, una fondazione, perde la qualifica di soggetto IRES commerciale (a meno che la fondazione svolga attività commerciale). Potenzialmente i redditi futuri potrebbero essere esenti o tassati in modo agevolato (molte fondazioni godono di esenzioni, specie se ONLUS o ETS). È chiaro che una società d’impresa non può semplicemente diventare un ente non profit per non pagare più tasse continuando la medesima attività commerciale: ciò sarebbe visto come elusione o addirittura evasione.
Tuttavia, ci sono contesti leciti: ad esempio la trasformazione in fondazione per perseguire scopi filantropici (molte casse di risparmio si sono trasformate in fondazioni bancarie negli anni ’90 in attuazione di riforme di settore). In tali casi la finalità non è il risparmio fiscale ma un cambio radicale di missione dell’ente.
Le contestazioni in ambito fiscale possono sorgere se: – La trasformazione appare come un modo per “disperdere” utili o patrimonio in un ente non tassato, pur mantenendone il controllo di fatto. Ad esempio, trasformare una s.r.l. in una associazione culturale senza scopo di lucro, ma poi utilizzare l’associazione per far godere ai ex soci (ora dirigenti dell’associazione) beni o redditi senza tassazione. Questo potrebbe configurare non solo abuso ma interposizione fittizia. – Oppure se attraverso la trasformazione si cerca di evitare imposte indirette su passaggi di beni: ad esempio, la trasformazione di società in trust o in fondazione benefica potrebbe essere finalizzata a sottrarre beni a future imposizioni su successione/donazione (anche se qui entriamo in ambito di pianificazione patrimoniale più che di impresa).
Come visto sopra, anche il semplice trattamento dell’imposta di registro può essere oggetto di disputa. La Cassazione 14465/2024 sul caso S.r.l.–>Fondazione ha dato un orientamento favorevole al contribuente, affermando che l’atto di trasformazione eterogenea va tassato in base alla sua natura intrinseca e non in base a criteri economici extratestuali . Ciò significa che non si deve guardare, ai fini fiscali, se l’ente risultante svolgerà attività commerciale o meno: l’atto rimane classificato come trasformazione societaria, tassabile in misura fissa se rientra nelle ipotesi previste, indipendentemente dal fatto che cambi la destinazione dei beni. Questa interpretazione impedisce al Fisco di riqualificare l’operazione come un’ipotesi residuale tassabile proporzionalmente (cosa che invece l’Agenzia aveva tentato di fare appellandosi all’art. 9 della Tariffa, definendo l’atto “patrimoniale” per via di un conferimento al fondo di dotazione della fondazione) . La Suprema Corte non ha accettato questa lettura, isolando la trasformazione come atto a sé stante .
In conclusione, le trasformazioni eterogenee lecite esistono e sono riconosciute, ma se l’Amministrazione scorge un intento surrettizio (ad esempio evitare tasse cambiando pelle all’ente, ma proseguendo di fatto la stessa attività), può reagire con: – la disapplicazione dei benefici fiscali (negando l’esenzione e tassando come se l’attività fosse commerciale, o applicando imposte come in un conferimento patrimoniale); – contestazioni sul piano dell’abuso, se la forma associativa viene considerata scelta solo per vantaggi fiscali; – segnalazioni se del caso agli organi di controllo (es Agenzia del Terzo Settore) per verificare se l’ente non profit rispetta davvero i requisiti di legge.
Difese possibili: Il contribuente (società trasformata in ente non commerciale) dovrà provare che: – la trasformazione risponde a un cambiamento reale dello scopo sociale (ad esempio la cessazione dell’attività lucrativa e la destinazione dell’intero patrimonio a finalità di pubblica utilità); – i vecchi soci non traggono utilità dirette dall’ente trasformato (se i soci rimangono come beneficiari occulti dei vantaggi, l’operazione è sospetta); – ogni eventuale agevolazione fiscale fruita è in linea con quella concessa a quel tipo di ente (cioè non c’è stato un uso distorto, ma la normale applicazione del regime fiscale previsto per l’ente non commerciale).
4. Operazioni transfrontaliere e “esterovestizione”
Un capitolo a parte riguarda le trasformazioni o trasferimenti all’estero di società per ottenere vantaggi fiscali. Con la nuova disciplina sulle trasformazioni transfrontaliere (Dlgs 19/2023 e Dlgs 88/2025) è più semplice per una società italiana trasferire la propria “forma” in un altro Stato UE mantenendo continuità. Ad esempio, una S.r.l. potrebbe diventare una Limited di diritto inglese (malgrado la Brexit, ipotizziamo un paese UE come la Francia: S.r.l. che diventa SARL francese). Perché farlo? Tipicamente per stabilire la residenza fiscale in un paese con regime più favorevole (aliquote più basse, ruling accomodanti, ecc.) o per sfuggire a determinati obblighi italiani.
Quando però tale trasferimento è solo apparente, si parla di esterovestizione: la società risulta formalmente localizzata all’estero, ma la direzione effettiva o l’attività rimane in Italia. Le autorità fiscali italiane contrastano questo fenomeno in due modi: 1. Presunzioni legali antielusive: l’art. 73 co.5-bis TUIR prevede che se una società estera è controllata da soggetti residenti e ha asset o attività principalmente in Italia (specie funzioni di mero holding di partecipazioni italiane), essa è presunta residente in Italia salvo prova contraria . Questa è una presunzione relativa che inverte l’onere sul contribuente: dovrà dimostrare che la società ha invece una sostanza all’estero. 2. Accertamento della sede effettiva: a prescindere dalle presunzioni, il Fisco può provare che la sede di direzione effettiva (luogo in cui si prendono decisioni strategiche e si gestisce l’attività) è in Italia. L’art. 73 comma 3 TUIR definisce la sede dell’amministrazione in termini simili al concetto internazionale di place of effective management. Se viene accertato che le decisioni e l’operatività sono condotte dall’Italia, la società verrà considerata fiscalmente residente in Italia, con tutte le relative conseguenze (tassazione su redditi mondiali, sanzioni per omessa dichiarazione in Italia, etc.).
Esterovestizione e abuso del diritto: La giurisprudenza recente ha chiarito che l’esterovestizione in realtà non rientra nell’alveo dell’abuso del diritto (che implicherebbe discutere sulle motivazioni fiscali), bensì è vista come un fenomeno evasivo puro e semplice: ovvero, se la società è amministrata dall’Italia, deve pagare le tasse in Italia, a prescindere da ogni considerazione sul fine di risparmio fiscale. Lo ha affermato Cassazione Sez. Trib. n. 34723/2022, dicendo che non occorre provare un disegno elusivo particolare; è sufficiente accertare la presenza dei criteri di collegamento in Italia per far scattare la residenza, senza necessità di dimostrare l’intento abusivo . In altre parole, l’esterovestizione è considerata un inadempimento oggettivo (mancata dichiarazione in Italia di una società di fatto ivi residente), non una “lecita scelta tra regimi”.
Questo orientamento ha delle implicazioni difensive: il contribuente non può giustificarsi dicendo “avevo valide ragioni per spostare la società a Londra”; conta solo la realtà sostanziale. O è estera davvero, o è italiana. Punto.
Libertà di stabilimento UE: Va comunque ricordato che all’interno dell’UE vige la libertà di stabilimento (art. 49 e 54 TFUE). Ciò significa che costituire o trasferire società in un altro Stato membro è un diritto, anche se motivato da vantaggi fiscali (Cadbury Schweppes, Corte di Giustizia UE, 2006). Tuttavia, la tutela UE non si applica a costruzioni puramente artificiali. La Cassazione 5066/2023 e 5075/2023, riguardanti proprio casi di società formalmente in Slovacchia ma gestite dall’Italia, hanno ribadito che la libertà di stabilimento trova limite nell’artificiosità dell’insediamento: se la società estera è solo “schermo”, non vi è protezione comunitaria, ed è lecito per lo Stato contrastarla . In linea con la Corte UE, i giudici italiani affermano che la mera convenienza fiscale non basta a rendere legittimo il trasferimento, e il contribuente deve provare la genuinità della sua presenza all’estero (struttura organizzativa, decisioni prese lì, attività reale svolta) .
Addirittura, la Cassazione con ordinanza n. 3386/2024 ha esteso il principio anti-esterovestizione anche fuori dall’ambito delle imposte sui redditi: in un caso di conferimento di immobili italiani in una S.r.l. di Londra poi rivenduti, la Corte ha negato l’agevolazione dell’imposta di registro fissa, sostenendo che il contrasto all’esterovestizione è un principio generale applicabile anche alle imposte indirette . Ciò sul presupposto che i criteri di collegamento dell’art.73 TUIR hanno valore generale, derivato da norme UE/OCSE, e dunque se una società è esterovestita, va trattata come residente anche per registro e IVA. In quell’episodio, quindi, il conferimento a una società “esterovestita” non ha goduto del registro fisso ma è stato tassato proporzionalmente, come se avvenuto verso società italiana.
Come difendersi dalle contestazioni di esterovestizione: Dal punto di vista del contribuente (debitore d’imposta in questi casi), le strade difensive sono principalmente basate sui fatti: – Dimostrare che la società ha effettiva sede all’estero: esibire documenti che provino che le decisioni si prendono nel paese estero (verbali di CDAsvolti all’estero, luogo di residenza degli amministratori, contratti firmati localmente, sede operativa con uffici e personale, bollette, conti bancari locali, iscrizione a registri locali, etc.). – Evidenziare la presenza di una struttura economica reale: ad esempio stabilimenti produttivi, magazzini, dipendenti nello Stato estero. Più la società ha sostanza, meno sarà credibile l’accusa di esterovestizione. – Utilizzare eventuali Convenzioni contro le doppie imposizioni: in caso di doppia residenza (Italia e altro Stato rivendicano la residenza), le convenzioni prevedono criteri di tie-break (centro di direzione effettiva, sede dell’amministrazione centrale, luogo di costituzione, ecc.). Ad esempio, Cass. n. 35284/2023 ha riconosciuto che una persona fisica trasferita in paradiso fiscale può comunque far valere i criteri convenzionali per evitare la presunzione di residenza italiana . Analogamente per società, se un trattato esiste, occorre applicarlo. Questo può aiutare in alcuni casi a sostenere che la residenza spetta all’altro Stato. – Mostrare ragioni economiche sostanziali del trasferimento: se l’azienda ha seguito un mercato, un grande cliente, o ha ottenuto vantaggi non fiscali (es. manodopera più economica, legislazione più favorevole per il proprio settore, prossimità a materie prime), evidenziarlo può corroborare la genuinità della scelta. Attenzione: le ragioni fiscali possono coesistere, ma non devono essere l’unico motivo. Ad esempio, dire “mi sono trasferito a Dublino per la bassa tassazione” non aiuta; meglio se c’è anche che a Dublino c’è l’hub europeo del settore, infrastrutture, etc. – Curare gli adempimenti formali: se ci si trasferisce all’estero, per persone fisiche è obbligatorio iscriversi all’AIRE, per società depositare bilanci dove dovuti. La mancanza di adempimenti (es. società non iscritta realmente nel registro estero, o persona non AIRE) non è di per sé prova di residenza, ma certo indebolisce la posizione difensiva. Dal 2024, tra l’altro, la legge italiana ha inasprito sanzioni per chi omette l’iscrizione AIRE (L. 213/2023).
In sintesi: La linea difensiva in materia di esterovestizione è dimostrare che non si tratta di una trasformazione “di comodo”, ma di un autentico trasferimento di business e attività all’estero. Se questa prova manca, difficilmente si vince, perché i giudici (come visto) considerano legittimo tassare in Italia chi, pur avendo cambiato “vestito” societario e sede legale, continua a operare dall’Italia. Anche qui il concetto di substance over form è sovrano.
5. Altre operazioni straordinarie correlate (fusioni, scissioni, conferimenti)
Sebbene il focus di questa guida sia sulle trasformazioni, è utile un breve richiamo ad altre operazioni societarie – fusioni, scissioni, conferimenti – spesso esaminate con gli stessi occhi anti-elusivi, specie quando concatenate con trasformazioni. Le autorità fiscali e la giurisprudenza hanno sviluppato una casistica estesa: – Fusioni: sono neutre fiscalmente, ma l’abuso emerge quando sono fatte per far confluire in una società perdite fiscali altrimenti non riportabili (loss trafficking). L’art. 172 TUIR prevede infatti il famoso test di vitalità per impedire fusioni strumentali a usare perdite di società “barely alive”. Cassazione ha confermato che fusioni seguite da cessione di partecipazioni, se fatte solo per monetizzare valori rivalutati o per far emergere goodwill, possono costituire abuso (es. creare disavanzo di fusione deducibile) . – Scissioni: analogamente neutre, ma se seguite da cessioni delle beneficiarie a terzi possono essere viste come aggiramento della cessione di ramo d’azienda (più che di trasformazioni). Anche qui il legislatore è intervenuto: dal 2024 per alcune scissioni proporzionali si applicano limiti come per le perdite (vedi D.Lgs. 192/2024 che ha introdotto art. 173 co.15-ter TUIR). In mancanza di norme specifiche, spetta all’antiabuso generale colpire eventuali scissioni puramente strumentali. – Conferimenti d’azienda: anch’essi neutrali (art. 176 TUIR), ma se usati per rivalutare beni o aggirare regole di competenza possono essere contestati (come nel caso Cass. 34750/2019, dove conferimento e fusione permisero di dedurre ammortamenti doppi in un anno – la Corte lì chiarì come calcolare gli ammortamenti correttamente e negò il beneficio) . Una novità normativa: la L. 108/2025 ha esteso ai conferimenti d’azienda alcune limitazioni analoghe al test di vitalità (nuovo comma 5-bis art. 176 TUIR) per evitare spostamento di perdite e interessi passivi in società neo-conferitarie.
In sostanza, ogni operazione straordinaria può diventare “abusiva” se priva di sostanza economica e volta a vantaggi fiscali indebiti. Nel caso di trasformazioni societarie, come abbiamo visto, i sospetti principali riguardano: – Estrazione di utili o beni a tassazione ridotta tramite trasformazione regressiva; – Ottenimento di benefici fiscali particolari tramite trasformazione progressiva seguita/preceduta da altri atti; – Trasferimenti di sede mascherati (esterovestizione).
Nei capitoli seguenti, affronteremo come predisporre una difesa efficace in caso di contestazione e forniremo alcune simulazioni pratiche che illustrano situazioni tipo, con le possibili argomentazioni delle parti.
Come difendersi: strategie e strumenti a tutela del contribuente
Quando un contribuente (società o imprenditore) si vede muovere una contestazione di abuso del diritto per una trasformazione societaria, è fondamentale impostare una difesa chiara e documentata. Ecco i punti chiave e gli strumenti utilizzabili.
1. Preparazione a monte (prima dell’operazione) – Prevenire è meglio che curare:
– Interpello preventivo: L’istituto dell’interpello anti-abuso (art. 11, co.1, lett. c) L.212/2000) consente di sottoporre all’Agenzia delle Entrate un’operazione non ancora realizzata per ottenere conferma che non costituisca abuso. Come visto, nell’esempio del 2023 la risposta è stata negativa, ma in altri casi può essere positiva o indicare correttivi. L’interpello dà certezza: se l’Agenzia risponde che non c’è abuso, poi non può contestare (salvo condotte difformi dai fatti esposti). Se risponde che c’è abuso, il contribuente può rinunciare all’operazione o modificarla. Certo, non sempre conviene esporsi (specie se si teme una risposta sfavorevole), ma è un’opzione da valutare. – Pareri professionali e studi di fattibilità: Far predisporre da un consulente un memorandum che elenca tutte le ragioni economiche della trasformazione e analizza i possibili rischi fiscali. Questo documento interno servirà sia per decidere in modo consapevole, sia eventualmente come prova di buona fede e di sostanza in caso di accertamento (dimostra che l’operazione è stata studiata considerando pro e contro, e per motivi non solo fiscali). – Documentazione societaria coerente: è cruciale che delibere, verbali assembleari, piani industriali, evidenzino gli obiettivi non fiscali. Ad esempio, il verbale che approva la trasformazione dovrebbe motivarla (es. “considerato che la società intende cessare l’attività commerciale e limitarsi alla gestione immobiliare familiare, si propone la trasformazione in società semplice…”). Parole come “razionalizzazione”, “riorganizzazione” supportano la tesi extrafiscale. Se invece nei documenti sociali non vi è traccia di motivazioni (o peggio, emergono intenti di risparmio fiscale), la posizione difensiva sarà molto debole.
2. Difesa in sede di verifica e accertamento:
– Contraddittorio anticipato: come detto, l’Ufficio deve inviare una comunicazione al contribuente indicando perché reputa l’operazione abusiva. A questo punto è fondamentale predisporre una risposta scritta ben strutturata. In essa: – Elencare tutte le ragioni economico-giuridiche dell’operazione, spiegando il contesto: ad es., “la società aveva un immobile inutilizzato e in vendita da tempo, i soci avevano deciso di uscire dal settore immobiliare; la scissione è servita a separare rischi e consentire la cessione, la trasformazione a sfruttare un regime voluto dal legislatore per agevolare tali dismissioni”. Insomma, raccontare una storia credibile in cui l’operazione è strumentale a un vero obiettivo imprenditoriale/patrimoniale e non fine a sé stessa. – Evidenziare eventuali incertezze normative: se la situazione non era chiara, menzionare che ci si è basati su prassi ufficiali (es. le risoluzioni 2016 citate) o su consulenze esperte. Questo per mostrare che non c’era dolo ma si agiva in buona fede interpretativa. – Sottolineare la conformità formale e sostanziale alle norme: ad esempio, se l’operazione rientrava esattamente nei parametri della legge agevolativa (come termini, requisiti soggettivi, oggettivi), rimarcarlo, affermando che seguire la legge non può essere considerato abuso a meno di snaturarne completamente la funzione – cosa che si nega di aver fatto. – Se applicabile, far leva sul concetto di “doppia alternativa”: cioè, se il legislatore concede due strade (assegnazione o trasformazione agevolata), utilizzare entrambe potrebbe essere visto come logica di ottimizzazione (certo, l’Agenzia dice “non oltrepassare l’obiettivo della norma”, ma il confine può essere opinabile). – Citare eventuale giurisprudenza o prassi favorevoli: se esistono casi in cui analoghe operazioni non sono state considerate elusive (es. pronunce di Commissioni Tributarie di merito, risposte ad interpello favorevoli in casi simili, risoluzioni passate), allegarle come riferimento. Ad esempio, se un’altra società ha ottenuto un interpello positivo su scissione+trasformazione in contesto analogo, questo può convincere che il caso non è pacifico.
- Ricorso in Commissione Tributaria: se l’accertamento viene emesso, si passa al ricorso. Qui la difesa dovrà formalizzare in punti di diritto e fatto perché non sussistono i requisiti dell’abuso:
- Esistenza di sostanza economica: argomentare che l’operazione ha modificato in modo non meramente formale la posizione del contribuente. Portare testimonianze, documenti, per es. dopo la trasformazione l’attività sociale è cambiata (o l’assetto proprietario, o la governance), c’era un intento di risolvere una situazione (es. immobilizzo di capitale), ecc.
- Assenza di vantaggio indebito: sostenere che il vantaggio fiscale ottenuto era proprio quello voluto dal legislatore (se è nell’alveo di una norma agevolativa) e non oltre. Oppure che era marginale rispetto agli obiettivi primari. Contestare anche l’indebito: magari c’è risparmio d’imposta ma non in contrasto con la ratio, oppure la norma non aveva una ratio anti-elusiva stringente (caso tipico: se la legge agevolativa non ha clausole antiabuso interne, significa che certi comportamenti li tollera).
- Errore scusabile / incertezza (sussidiario): qualora il giudice fosse orientato a vedere abuso, invocare in subordine l’assenza di mala fede, evidenziando la complessità normativa. Questo non evita il recupero imposte, ma può aiutare sul profilo sanzionatorio qualora l’ufficio – erroneamente – avesse irrogato sanzioni (che andrebbero comunque tolte ex art.10-bis, co.13).
- Prove testimoniali e perizie: Nel processo tributario non è ammessa la testimonianza orale, ma si possono produrre dichiarazioni scritte di terzi (affidavit), perizie tecniche e quant’altro. Ad esempio, una perizia giurata che dimostri come il valore di mercato dell’immobile fosse inferiore a certe soglie, o che la vendita sarebbe stata antieconomica senza quell’iter, etc., può dare credibilità. Oppure lettere di banche/investitori che motivano certe scelte (es. “finanzieremo solo se diventate una S.p.A.”).
3. Transazione e strumenti deflattivi:
– Spesso, soprattutto se le somme in ballo non sono enormi, può convenire valutare la definizione agevolata dell’accertamento (se prevista da norme tempo per tempo: ad es. il “concordato” o adesione con sanzioni ridotte). Nel caso di abuso del diritto, peraltro, non essendoci sanzioni, la leva per transigere è minore – si tratta di pagare le imposte e interessi. Ma se c’è rischio anche solo remoto di profili penali (es. contestazioni miste con frode o dichiarazione infedele), definire può mettere al sicuro. – In alternativa, l’accertamento con adesione (negoziazione con l’ufficio) può essere un tavolo dove ridiscutere la pretesa. Magari portando nuovi documenti il funzionario potrebbe convincersi a riqualificare diversamente. Non frequente che ciò porti all’annullamento totale (l’ufficio difficilmente smentisce sé stesso), ma potrebbe ridurre l’importo in gioco (ad es. riconoscere parzialmente alcune componenti).
4. Livelli di giudizio superiori:
– Se si arriva in Cassazione, la difesa sarà più in diritto: attaccare la sentenza di merito su vizi logici (mancato esame di prove che attestavano le ragioni extrafiscali), o violazione di norme (errata applicazione art.10-bis). Ad esempio, c’è stato dibattito se l’art.10-bis sia applicabile retroattivamente a operazioni antecedenti la sua introduzione – in genere si ritiene di sì, trattandosi di norma interpretativa generale di principi già vigenti, però è un tema che a volte è stato sollevato.
Cosa fare in pratica come contribuente? Ecco un breve checklist operativo: – Conservare ogni traccia (email, verbali, piani) che provi la logica aziendale dell’operazione. – Se emergono novità normative o interpretazioni dopo l’operazione (es. una nuova circolare o sentenza sfavorevole), farsi trovare pronti a controbattere magari con un parere pro-veritate aggiornato. – Valutare l’impatto mediatico: a volte essere in tanti a fare la stessa cosa (es. centinaia di imprese che hanno usufruito di una legge) rende il proprio caso meno “sospetto” isolatamente e può essere utile fare fronte comune in associazioni di categoria o tramite studi legali che seguono casi simili, per condividere difese e magari giurisprudenza di merito favorevole.
Conclusione su difesa: In definitiva, la miglior difesa è dimostrare la “good faith” dell’operazione, ovvero che la trasformazione societaria: – era un mezzo per raggiungere un fine imprenditoriale o patrimoniale lecito e non un fine in sé di risparmio fiscale; – ha rispettato le norme in buona fede, confidando eventualmente anche su indirizzi ufficiali; – non ha procurato al contribuente alcun vantaggio che la legge non volesse concedergli (o se lo ha procurato, era inconsapevole e sarebbe stato impossibile evitarlo senza pregiudizio).
Con ciò, passiamo ora a sintetizzare i concetti appresi in tabelle riepilogative e quindi ad alcune domande e risposte frequenti che aiutano a fissare i punti essenziali.
Tabelle riepilogative
Tabella 1 – Tipologie di trasformazione e possibili profili fiscali
Tipo di trasformazione | Descrizione | Vantaggi fiscali potenziali | Rischio contestazione Fisco | Riferimenti normativi/casi |
---|---|---|---|---|
Omogenea progressiva (società persone → capitali) | S.n.c./S.a.s. → S.r.l./S.p.A. | – Aliquota IRES fissa al 24% (se soci avevano IRPEF più alta) <br> – Possibilità di retention utili in società (tassazione differita per i soci) <br> – Accesso a regimi riservati a società di capitali (es. PEX su cessioni partecipazioni, rivalutazioni beni in certi casi) | Basso (di per sé rara l’elusione) <br> Medio se parte di schema elusivo complesso (es. per creare disavanzi di fusione, usare perdite) | Art. 170 TUIR (neutralità trasformazione) <br> Cass. 34750/2019 (abuso fusione+conf.) |
Omogenea regressiva (società capitali → persone) | S.r.l./S.p.A. → S.n.c./S.a.s. | – Tassazione per trasparenza (evita doppia imposta su utili) <br> – Distribuzione di utili/riserve come redditi diversi o esenti (a seconda dei casi) <br> – Semplificazione adempimenti (no bilanci pubblici, no organo controllo obblig.) | Medio-Alto se finalizzata a distribuire utili tassando meno i soci <br> (Es. trasformare in S.n.c. e poi liquidare per dare utili ai soci senza tassazione da dividendi) | Art. 170 TUIR <br> Cass. 13285/2011 (trasf. regressive lecite se non distribuiscono riserve occulte) – ipotetico |
Trasformazione in società semplice (agevolata) | Società commerciale → Società semplice (non commerciale) | – Estromissione beni ai soci con imposta sostitutiva ridotta (8% su plusvalore) <br> – Niente IRES/IRAP su redditi futuri dell’ex patrimonio <br> – Plusvalenze future esenti (es. immobili>5 anni) <br> – Distribuzione attivi ai soci senza tassazione (patrimonio già nettizzato) | Alto se combinata con cessione beni a terzi o altre operazioni volte ad azzerare imposte (schema potenzialmente abusivo) <br> Basso se svolge effettivamente scopo voluto dalla legge (uscita beni non utilizzati dall’impresa) e non ci sono passaggi ulteriori | L. 197/2022 e L. 207/2024 (assegnazione/trasformazione agevolata) <br> Risoluzione AE 101/E/2016 (lecita) <br> Risposta AE 456/2023 (abusiva se concatenata ad altri atti) |
Eterogenea progressiva (ente non lucro → società) | Associazione/Fondazione → Società di capitali | – Ingresso di attività commerciali in ente prima non tassato <br> – Possibile riconoscimento fiscale agevolato di valori (a seconda norme) | Basso (rara contestazione: di solito queste trasformazioni sono per avviare attività commerciale, anzi ampliano base imponibile) | Art. 2500-octies c.c. (es. trasf. associazione in S.p.A.) |
Eterogenea regressiva (società → ente non lucro) | S.p.A./S.r.l. → Fondazione, Associazione, ecc. | – Ente risultante potenzialmente esente da imposte sui redditi (se qualificato ONLUS, ETS, ecc.) <br> – Patrimonio destinato a scopi non lucrativi (no tasse su utilizzo interno) <br> – Imposta di registro in teoria fissa (Cass. 14465/2024) | Medio se l’ente prosegue di fatto attività lucrative a favore ex soci (simulazione) <br> Medio rischio di diniego benefici fiscali se l’operazione è vista come elusiva (es. trasformazione poco prima di realizzo di plusvalenze, per evitarne la tassazione) | Cass. 14465/2024 (registro fissa su Srl→Fondaz.) <br> Art. 2500-septies c.c. (trasf. eterog.) |
Trasformazione transfrontaliera (uscita) | Società italiana → Società estera (UE) | – Assoggettamento al regime fiscale estero (se più favorevole) <br> – Possibile risparmio fiscale strutturale (aliquote minori, ruling, ecc.) <br> – Sottrazione a normative fiscali italiane (es. niente obbligo fatturazione elettronica, etc.) | Alto se esterovestizione: società di fatto gestita dall’Italia → verrà considerata residente in Italia (tassazione sia diretta che indiretta, più sanzioni) . <br> Medio se effettiva (c’è exit tax all’uscita, monitoraggio) – no abuso se genuina, ma attenti a presunzioni su società controllate da italiani . | Dlgs 19/2023 (disciplina UE) <br> Cass. 5066/2023 e 5075/2023 (limiti libertà stabilimento) <br> Cass. 34723/2022 (esterovest. = evasione) |
Trasformazione transfrontaliera (entrata) | Società estera → Società italiana | – Possibile applicazione di regime “new entry” (a volte step-up di valori in entrata previo pagamento imposta) <br> – Vantaggi non tanto elusivi quanto di organizzazione (accesso a mercato italiano) | Basso (l’Italia di solito non contesta chi viene, semmai valuta i valori d’ingresso per evitare sotto-tassazione; rileva l’anti-abuso se era un rientro dopo finta esterovestizione) | Dlgs 19/2023 (trasf. in entrata) <br> Norme su step-up valori (se prev.) |
Tabella 2 – Abuso del diritto vs. altre fattispecie (elusione, evasione, simulazione)
Concetto | Descrizione | Rilevanza nelle trasformazioni | Conseguenze legali | Onere prova |
---|---|---|---|---|
Elusione fiscale / Abuso del diritto | Condotta formalmente lecita che aggira lo spirito della legge per ottenere un vantaggio fiscale indebito. Codificata da art. 10-bis L.212/2000. | Es: trasformazione societaria senza sostanza economica, finalizzata solo a ridurre le tasse (p.es. società semplice pre-vendita immobile). | Vantaggio fiscale negato (riqualificazione dell’operazione secondo la sostanza). No sanzioni amministrative/penali specifiche per l’abuso . Contenzioso in Commissione Trib. possibile. | Prova a carico Fisco di vantaggio indebito e mancanza sostanza. Contribuente può difendersi mostrando ragioni economiche . |
Evasione fiscale (fraudolenta o meno) | Violazione di legge fiscale: omissione di dichiarare redditi, uso di atti fittizi o false fatture, simulazioni assolute. | Es: fingere una trasformazione che in realtà cela una liquidazione con distribuzione ai soci, senza dichiarare nulla; oppure spostare sede all’estero ma gestire tutto dall’Italia senza dichiararlo (esterovestizione considerata evasione) . | Recupero imposte dovute + sanzioni amministrative (30% imposta evasa, etc.) e potenzialmente penali (se superate soglie di punibilità in DLgs 74/2000). L’atto simulato può essere dichiarato nullo/inopponibile al Fisco. | Prova a carico Fisco dell’atto simulato o della condotta omissiva (spesso tramite verifiche bancarie, documenti, indizi concordanti). |
Simulazione (civile) | Le parti fingono un negozio diverso da quello voluto (simulazione relativa) o non vogliono gli effetti dell’atto (simulazione assoluta). In ambito tributario si traduce nel far apparire una operazione inesistente o diversa per risparmiare tasse. | Es: trasformazione simulata – caso raro, perché atto pubblico; più comune in vendite simulate, conferimenti gonfiati, etc. In trasformazioni, potrebbe essere invocato se la società finge trasformazione in ente non commerciale ma in realtà prosegue attività lucrativa per i vecchi soci (quindi società di fatto). | L’atto simulato non produce effetti verso il Fisco, che tassa l’operazione reale dissimulata. Sanzioni ed eventualmente reati se c’è frode. | Il Fisco deve provare la simulazione (es. con elementi che mostrano che l’attività reale prosegue invariata, che c’è un accordo segreto). Ci si avvale anche di indizi forti. |
Legittimo risparmio d’imposta | Vantaggio fiscale ottenuto tramite scelte consentite dalla norma, senza aggirarla. Pianificazione fiscale lecita. | Es: trasformare società di persone in S.r.l. per sfruttare PEX (esenzione 95% plusvalenze su cessione partecipazioni): se si rispettano condizioni PEX, è legittimo. Oppure scegliere regime più conveniente offerto dalla legge (es. adesione a regime forfettario vs ordinario). | Nessuna conseguenza negativa. L’Amministrazione riconosce il risparmio ottenuto perché coerente con la norma. | – (Non si pone questione di prova, essendo scenario lecito e trasparente). Semmai sta al contribuente documentare di rientrare nelle condizioni normative per l’agevolazione. |
Aggiramento di norme extra-fiscali (cenno) | A volte si parla di “abuso di diritto” anche in ambito societario/civile (es. abuso forma societaria). Fuori dal nostro focus, ma es: costituire una società di comodo per fini illeciti. | Nel nostro caso potrebbe essere abuso di personalità giuridica: creare trasformazioni a catena per sottrarsi a obblighi verso creditori, ecc. Non direttamente fiscale, ma può accompagnarsi (il fisco potrebbe allegare che non c’era ragione genuina ma solo fuga da creditori e fisco). | Nel civile: possibilità di azioni revocatorie, di dichiarare la società schermo come società di fatto (Cass. 7105/2025 ha ribadito che l’abuso della forma societaria non esclude di riconoscere una società di fatto dietro le quinte) . | – (Omissis, esula dall’ambito tributario se non indirettamente). |
Tabella 3 – Giurisprudenza e prassi rilevanti (recenti) in materia
Anno / Pronuncia | Operazione contestata | Decisione | Principio enunciato (sintesi) |
---|---|---|---|
2016 – Risoluzione AE 101/E | Scissione di società in due (immobili conferiti a beneficiaria) con immediata trasformazione della beneficiaria in società semplice (agevolata). | Non abuso (OK) – L’Agenzia ritiene l’operazione coerente con finalità legge 208/2015. | Le operazioni propedeutiche per integrare i requisiti delle agevolazioni (es. scissione preordinata a trasformazione agevolata) sono lecite e non abusive se rispettano lo scopo delle norme agevolative. |
2019 – Cass. 34750 (Sez. V) | Fusione di società + costituzione newco con capitale esiguo + conferimento ramo d’azienda alla newco, il tutto per rivalutare un marchio e dedurre ammortamenti maggiorati. | Abuso (NO) – Cassazione conferma natura elusiva, nega deduzioni. | Una concatenazione di operazioni societarie formalmente corrette ma senza sostanza economica, che produce un vantaggio fiscale altrimenti non ottenibile, costituisce abuso del diritto. Occorrono: assenza di valide ragioni economiche e vantaggio fiscale indebito. |
2022 – Cass. 34723 (Sez. Trib.) | Società di diritto estero (U.E.) con sede legale fuori Italia ma attività e controllo in Italia – contestazione di esterovestizione. | Non in ambito abuso – Cassazione: è evasione, non serve indagare finalità elusiva. | L’esterovestizione non rientra nell’abuso del diritto fiscale (che implicherebbe analisi scopo); è qualificata come mera evasione: se la sede effettiva è in Italia, la società è residente in Italia ex lege, indipendentemente dal fine. |
2023 – Cass. 5066 & 5075 (Sez. Trib.) | Società slovacca controllata da italiani, sospettata di essere stabilita artificiosamente all’estero (esterovestizione UE). | Confermato recupero – Cassazione ribadisce criteri anti-abuso UE. | In tema di libertà di stabilimento, la mera scelta di uno Stato a fiscalità favorevole non è di per sé illecita, ma se lo stabilimento estero è puramente artificiale, privo di genuina attività, allora scatta l’abuso di diritto UE: gli Stati possono ignorare la forma estera e tassare secondo realtà (richiamato caso Cadbury Schweppes). |
2023 – Risposta AE interpello n. 456 | Scissione di immobiliare in newco + trasformazione agevolata in società semplice + vendita immobile + liquidazione (tutto entro breve). | Abuso (parere AE) – L’Agenzia qualifica l’operazione come abusiva, vantaggio indebito. | Anche se ogni step è a sé lecito, il risultato complessivo – assenza di imposizione su plusvalenze immobiliari distribuite ai soci – è estraneo alla finalità delle norme agevolative. Si oltrepassa il perimetro del risparmio d’imposta lecito voluto dal legislatore, configurando un vantaggio indebito. |
2024 – Cass. 3386 (Sez. V) | Conferimento di immobili da Italia a una S.r.l. con sede in UK; quest’ultima rivende immobili. Disputa su imposta registro fissa vs 3%. | Imposta proporzionale – Cassazione applica principio anti-esterovestizione anche a registro. | Il contrasto all’esterovestizione societaria ha valore di principio generale, applicabile non solo alle imposte dirette ma anche a quelle indirette. Se un’operazione coinvolge soggetto esterovestito, non si concedono benefici fiscali (es. registro fisso) che presuppongono genuina estero-residenza. |
2024 – Cass. 14465 (Sez. V) | Trasformazione eterogenea regressiva: S.r.l. in Fondazione. Agenzia chiedeva registro 3% per atto avente natura patrimoniale. | Imposta fissa – Cassazione respinge tesi Agenzia, tassazione fissa. | L’art. 20 TUR impone di guardare all’intrinseca natura giuridica dell’atto. Nella trasformazione Srl->Fondazione, l’atto è una trasformazione societaria (continuità giuridica soggetto) e come tale fruisce del registro fisso per atti societari, indipendentemente da elementi economici estranei all’atto (come conferimenti al patrimonio della fondazione). |
2025 – Cass. ord. 22922 (Sez. V) | Trasformazione omogenea progressiva (società di persone in capitali) e regressiva (viceversa) – aspetti operativi (bilanci). | Conferma prassi fiscale – Cassazione (ord.) su aspetti tecnici. | Ai fini fiscali, la trasformazione omogenea comporta la necessità di suddividere l’esercizio in due periodi d’imposta (ante e post), con redazione di due situazioni contabili infrannuali, al fine di applicare correttamente il diverso regime impositivo (trasparenza vs IRES) nei rispettivi periodi . (Conferma art.170 TUIR). |
2025 – Cass. 35284 (Sez. V) | Persona fisica trasferita in paese black-list (paradiso fiscale); presunzione di residenza fiscale in Italia. | Pro contribuente – Cassazione ammette deroga grazie a Convenzione. | La presunzione di residenza (art.2 co.2-bis TUIR) per chi si trasferisce in paradisi fiscali è superabile se, in presenza di Convenzione contro doppie imposizioni, i criteri convenzionali (tie-breaker rules) attribuiscono la residenza all’estero. Anche in ambito antielusivo interno, i trattati internazionali prevalgono se individuano diversamente la residenza. |
(Nota: le pronunce Cass. 35284/2023 e altre su persone fisiche non riguardano trasformazioni societarie ma attengono a esterovestizione di individui; sono incluse per analogia sul principio di prevalenza delle convenzioni internazionali.)
Domande frequenti (FAQ)
D: Quali trasformazioni societarie rischiano maggiormente di essere contestate dal Fisco?
R: In generale, quelle che producono un significativo risparmio d’imposta senza una chiara giustificazione economica. Ad esempio, la trasformazione di una società commerciale in società semplice prima di vendere immobili o distribuire attivi ai soci è una delle operazioni più a rischio, perché può azzerare la tassazione su plusvalenze immobiliari e utili accumulati. Anche combinazioni di operazioni (scissioni, fusioni, conferimenti) intorno a una trasformazione possono destare sospetti di aggiramento di norme fiscali. Viceversa, una trasformazione effettuata per ragioni organizzative (cambio di forma per ampiamento attività, responsabilità limitata, ecc.) e che non comporti particolari vantaggi fiscali, di solito non viene contestata.
D: Come distingue la legge un caso di pianificazione fiscale lecita da un caso di abuso del diritto?
R: La distinzione si basa sui criteri dell’art. 10-bis L.212/2000: un caso è lecito se l’operazione ha sostanza economica (cioè è giustificata da valide ragioni non esclusivamente fiscali) e se l’eventuale vantaggio fiscale rientra tra quelli previsti o consentiti dall’ordinamento. Si configura abuso quando l’operazione, pur rispettando le norme alla lettera, è essenzialmente finalizzata al risparmio d’imposta indebito, ossia in contrasto con la ratio delle norme. In pratica, c’è una linea sottile: il contribuente può scegliere l’alternativa meno onerosa tra quelle offerte dalla legge, ma non può costruire artificiosamente una sequenza di atti che producono un risultato fiscale vantaggioso che la legge non aveva contemplato. La Cassazione ha sintetizzato che bisogna guardare alla sostanza e non solo alla forma: se l’operazione è “vuota” economicamente e piena solo di vantaggi fiscali, allora è oltre il lecito .
D: Quali sono le fonti normative principali in materia di abuso del diritto fiscale in Italia?
R: Il pilastro è l’art. 10-bis dello Statuto del contribuente (L. 212/2000), introdotto dal decreto attuativo della Delega Fiscale 2014, in vigore dal 2015. Esso disciplina in modo generale l’abuso/elusione per tutti i tributi. Oltre a ciò, esistono norme antielusive specifiche in certi ambiti: ad esempio, art. 172 TUIR per l’utilizzo delle perdite nelle fusioni, art. 173 TUIR per le scissioni (commi anti-elusione introdotti di recente), art. 176 TUIR per conferimenti (come modificato nel 2025), art. 37, co.3 del DPR 600/73 per la simulazione con interposti, art. 73 TUIR commi 5-bis (esterovestizione società) e art. 2 co.2-bis TUIR (esterovestizione persone fisiche, ora abrogato nel 2019 ma concetti analoghi persistono). Anche la giurisprudenza UE fornisce principi rilevanti, come la dottrina dell’abuso di diritto elaborata dalla Corte di Giustizia (caso Halifax in materia IVA, caso Cadbury Schweppes in materia di stabilimento UE, ecc.), che hanno influenzato la normativa interna.
D: Cosa si rischia se l’Agenzia delle Entrate contesta una trasformazione come operazione abusiva?
R: Principalmente, il rischio è di dover pagare le imposte che si era cercato di evitare, con relativi interessi. Nello specifico, l’Ufficio emetterà un avviso di accertamento in cui riqualifica l’operazione secondo la sostanza: ad esempio, potrà considerare i proventi ai soci come dividendi tassabili invece che esenti, oppure la vendita dell’immobile come effettuata dalla società originaria (con tassazione della plusvalenza) invece che dalla società semplice. Le eventuali imposte sostitutive già pagate (es. l’8%) vengono in parte scomputate o riconteggiate. Non si applicano sanzioni amministrative per il solo abuso (quindi niente sanzione 90% per infedele dichiarazione se la sotto-dichiarazione d’imposta deriva da operazione abusiva, cfr. art.10-bis co.13). Inoltre l’abuso non costituisce reato, quindi non scattano denunce penali (a meno che l’operazione non comporti anche elementi fraudolenti ulteriori). Quindi, in sintesi: recupero del tributo non pagato, maggiorato di interessi (al tasso legale) calcolati dal momento in cui si sarebbe dovuto pagare. Se però l’atto contestato include anche aspetti di simulazione/evasione (ad es. documenti falsi, valori occultati), allora quelle parti possono portare sanzioni e guai più seri.
D: La trasformazione in società semplice di per sé è illegittima?
R: No, affatto. La società semplice è una forma giuridica perfettamente valida e viene spesso utilizzata per gestioni patrimoniali familiari, immobili, partecipazioni non di controllo, ecc. Ci sono anche agevolazioni di legge che incentivano la trasformazione in società semplice (nel 2016, 2017 e ora nel 2023-2025 come abbiamo visto), il che dimostra che il legislatore la considera uno strumento utile in certi contesti (principalmente per togliere beni dall’impresa che non sono funzionali all’attività). Quindi la trasformazione in sé non è illegittima. Diventa problematica se inserita in un disegno elusivo: ad esempio, se una società trasformandosi in semplice riesce a far arrivare ai soci dei guadagni su cui, diversamente, si sarebbe pagata molta più imposta. La lecita trasformazione agevolata paga comunque un’imposta (8%) proprio per sanare in parte il passaggio dalla tassazione d’impresa a quella personale: se ci si attiene a quello, tendenzialmente non c’è abuso. L’abuso viene contestato quando, come nell’esempio di interpello 456/2023, quella imposta sostitutiva diventa il solo importo versato a fronte di un’operazione che invece ha generato guadagni ben maggiori, sfuggendo al fisco (nel caso concreto, una plusvalenza da milioni di euro non tassata). Insomma, trasformare in società semplice è lecito, ma bisogna stare attenti a non usarla come schermo per operazioni che se fatte restando società commerciale avrebbero prodotto un’imposizione significativa.
D: In cosa consiste esattamente la “sostanza economica” di un’operazione?
R: È un concetto chiave: significa che l’operazione deve avere una logica di business o comunque una giustificazione oggettiva che vada oltre il risparmio di tasse. Può essere data da elementi quantitativi o qualitativi. Alcuni esempi: – Riorganizzazione aziendale reale: la struttura dell’impresa cambia per migliorare l’efficienza (fusioni tra società complementari, scissione di rami per focalizzarsi su core business, trasformazione per accedere a mercati finanziari, ecc.). Se dopo l’operazione l’azienda è in grado di operare meglio, di crescere, di ridurre costi operativi, questa è sostanza. – Mutamento nei rapporti giuridici sostanziali: ad esempio, cambio nei soggetti giuridici che hanno responsabilità o proprietà. Una trasformazione da società di capitali a società di persone accolla in capo ai soci responsabilità illimitata (a meno di soci accomandanti): perché qualcuno dovrebbe farlo? Se i soci lo fanno perché sono tutti membri di una famiglia e vogliono semplificare la gestione, può avere senso (sostanza: semplificazione amministrativa, risparmio costi di governance, ecc.). Se invece subito dopo chiudono l’attività e incassano utili, potrebbe essere vista come priva di sostanza (perché la stessa distribuzione utili poteva farsi da società di capitali, l’unica differenza è la tassazione). – Effetti non marginali sui flussi finanziari o sul mercato: ad esempio, una scissione che isola patrimonio immobiliare potrebbe consentire di ottenere un finanziamento ipotecario separato, oppure di attrarre un investitore in quel ramo. Se ciò avviene davvero, indica sostanza (c’era un progetto industriale). – Viceversa, se dopo l’operazione nulla cambia se non le scritture contabili, allora manca sostanza. Nel caso Cass. 2019 citato, la Corte disse: l’assetto del gruppo era rimasto uguale, stessi beni in mano agli stessi soggetti, solo che contabili e fiscalmente si era creato un plusvalore su cui dedurre ammortamenti . Ecco un esempio di assenza di sostanza economica: l’operazione non ha portato nessuna nuova risorsa, nessun nuovo mercato, nessuna ristrutturazione effettiva, era solo “carta” per risparmiare imposte.
D: C’è differenza tra “elusione fiscale” e “abuso del diritto”?
R: Oggi, in Italia, i due termini sono usati come sinonimi, grazie proprio all’art. 10-bis che li unifica nella disciplina. In passato si parlava di elusione per dire “risparmio d’imposta ottenuto aggirando la norma, ma senza violarla”. “Abuso del diritto” è un concetto di derivazione europea, poi recepito: indica l’uso strumentale di un diritto per scopi diversi da quelli per cui è riconosciuto, causando un danno all’Erario. Tecnicamente elusione = abuso in ambito tributario (entrambi sono comportamenti leciti nella forma ma censurati nella sostanza). Invece va distinto da evasione che è illegale ab origine. Una differenza pratica è che l’elusione fiscale in epoche passate poteva riferirsi a specifiche operazioni (es. le fattispecie previste dal vecchio art. 37-bis DPR 600/73, come sottocapitalizzazione, transfer pricing fittizio, ecc.), mentre abuso del diritto è concetto generale. Oggi comunque, con la norma vigente, non c’è differenza sanzionatoria o concettuale: si usa spesso il termine abuso del diritto (anche perché “elusione” nel linguaggio comune suona simile a evasione e può confondere).
D: Se un’operazione viene ritenuta abusiva, i soci o amministratori rischiano conseguenze personali (es. reati tributari)?
R: In linea di massima no, se parliamo unicamente di abuso. Come detto, l’art. 10-bis tutela dal penale e dalle sanzioni amministrative. Quindi, ad esempio, i soci che hanno beneficiato di un’operazione abusiva dovranno eventualmente versare le imposte in più, ma non commettono reato (il reato di dichiarazione infedele, D.Lgs. 74/2000, scatta se l’imposta evasa supera certe soglie e deriva da elementi attivi sottratti o elementi passivi fittizi; nel caso dell’abuso, formalmente la dichiarazione rispecchia le operazioni compiute secondo legge, solo che l’Ufficio le riqualifica – non c’è occultamento). Allo stesso modo gli amministratori o consulenti che hanno orchestrato l’operazione non rispondono penalmente per il semplice fatto di aver scelto una strada poi dichiarata elusiva. Diverso sarebbe se nell’attuare l’operazione si fossero compiuti atti falsi (es. per simulare requisiti inesistenti): allora in quel caso subentrano possibili reati (frode fiscale se uso fatture false, falso in atto pubblico se si attestano cose non vere al notaio, ecc.). Ma questo esula dall’abuso in sé e rientra nell’evasione/frode. Dunque, in uno scenario di abuso puro: niente penale. Anche le sanzioni tributarie sono escluse. Quindi la posizione dei soci/amministratori è principalmente patrimoniale (pagare quanto dovuto) e di immagine (un accertamento per abuso può portare a controversie lunghe, costi legali, ecc., e magari pubblicità negativa se l’azienda è nota).
D: Le operazioni transfrontaliere (come trasferire la società in un altro paese) sono di per sé considerate abusive?
R: No, trasferire la sede di una società all’estero o effettuare una trasformazione transfrontaliera è un diritto garantito nell’UE. Ci possono essere molte ragioni legittime: espansione internazionale, vicinanza ai mercati di sbocco, stabilità normativa, ecc. Non si può accusare di abuso solo perché una società va in un paese con tasse più basse, se effettivamente vi svolge l’attività. Il confine però è l’artificiosità: se la società trasferita è tale solo sulla carta (ufficio vuoto all’estero e tutta la gestione rimane in Italia, magari stessi dipendenti che operano da qui), allora per l’Italia la società resta residente qui e quindi il trasferimento “fallisce” fiscalmente. Ma in quel caso non si parla neanche di abuso: come dicevamo, si parla di esterovestizione trattata come evasione. In pratica: – Trasferimento reale all’estero: le autorità italiane potranno applicare l’exit tax (tassare le plusvalenze su asset che “escono” dal territorio) ma poi accettano che da lì in avanti le tasse si pagano all’estero (salvo re-ingressi di utili in Italia, CFC rules se applicabili, etc.). Non è abuso, è pianificazione internazionale. – Trasferimento fittizio: le autorità lo ignorano e considerano la società ancora italiana. Anche qui non invocano neanche l’art. 10-bis (non serve provare fine elusivo, basta provare i fatti: direzione effettiva in Italia), quindi contestano direttamente come omessa dichiarazione dei redditi in Italia. In tal caso la difesa del contribuente sta nel provare che non era fittizio (ossia che non c’è artificio, ma sostanza estera). Se riesce, operazione valida e non abusiva; se non riesce, è come se il trasferimento non fosse mai avvenuto agli occhi del Fisco italiano.
D: Cosa posso fare prima di una trasformazione per ridurre il rischio di future contestazioni?
R: Alcune best practice: 1. Consulenza preventiva: rivolgersi a un esperto tributarista per analizzare la situazione. A volte il consulente può suggerire modifiche all’operazione per allinearla a prassi accettate (ad esempio, attendere un certo tempo tra trasformazione e successiva cessione per dimostrare che non era tutto preordinato; oppure strutturare diversamente l’operazione, ad es. facendo un conferimento piuttosto che una trasformazione se meno contestabile). 2. Interpello: come detto, presentare un interpello all’Agenzia se l’operazione è borderline. Ci sono pro e contro (si ottiene certezza ma si rischia una risposta negativa che vincola), va valutato caso per caso. 3. Timing e sostanza: evitare operazioni “troppo rapide” e concluse in breve successione se possibile. Più un’operazione appare contestuale e concatenata, più appare costruita a tavolino. Se invece intercorre del tempo e nel frattempo l’operazione produce effetti gestionali (es. trasformi in società semplice e per un paio d’anni gestisci effettivamente l’immobile come affitto ai soci, poi un’opportunità di mercato porta a vendere; questo scenario è meno attaccabile di: trasformi e il giorno dopo vendi). 4. Raccolta documenti: predisporre e tenere traccia di delibere, relazioni degli amministratori, perizie di stima, corrispondenza commerciale, tutto ciò che corrobori le ragioni economiche. Anche mail interne che discutono della scelta (ovviamente se non vi si scrive “lo facciamo per non pagare tasse”!) possono all’occorrenza diventare materiale probatorio. 5. Compliance formale: rispettare pedissequamente tutti i requisiti di legge per eventuali agevolazioni. Ad esempio, se si applica la trasformazione agevolata, versare l’imposta sostitutiva nei termini, fare la perizia se richiesta, indicare correttamente tutto in dichiarazione dei redditi. Non dare appigli al Fisco su violazioni formali, che complicherebbero la posizione. 6. Valutare alternative meno rischiose: se l’unico scopo era fiscale e ci si rende conto che è troppo aggressiva l’operazione, valutare se esistono strade alternative, magari un po’ meno vantaggiose ma più sicure. Ad esempio, se la finalità è far avere un immobile ai soci, l’assegnazione agevolata diretta ai soci (pagando 8% e imposta registro ridotta) potrebbe essere meno contestabile che non passare per la trasformazione in società semplice e poi vendita. Certo, ogni caso è a sé.
D: Quali sono esempi di valide ragioni extrafiscali che hanno salvato operazioni apparentemente elusive?
R: Ci sono casi in cui i contribuenti hanno vinto dimostrando buone ragioni. Alcuni esempi: – Caso di scissione e vendita partecipazioni: la Cassazione in passato (es. sent. n. 7576/2018) ha escluso l’abuso in una scissione seguita da cessione delle quote della beneficiaria, perché è stato provato che lo scopo principale era di tipo organizzativo/giuridico (separare asset diversi tra soci diversi) e la vendita era una conseguenza di strategie imprenditoriali, non solo fiscale. I giudici hanno accettato spiegazioni come la volontà di separare soci conflittuali. – Trasformazione per motivi regolamentari: se una società per esempio si trasforma in società europea (SE) o in altro tipo perché la legge di settore lo richiedeva (ci sono state banche popolari costrette a trasformarsi in S.p.A. per legge, p.es.), è ovvio che la ragione extrafiscale c’è (ottemperanza a norma). – Ragioni successorie o familiari: talvolta si è riconosciuto che operazioni societarie erano fatte per sistemare questioni ereditarie o di passaggio generazionale, il che è considerato valido motivo extrafiscale. Ad esempio, trasformare una s.r.l. in accomandita per permettere l’ingresso dei figli come accomandanti e il padre come accomandatario può essere motivato da questioni di controllo famigliare e tutela, non da tasse. – Evitate sanzioni o decadenze: un’altra ragione extrafiscale può essere evitare la decadenza da un beneficio non fiscale. Ad es., se una società di persone si trasforma in capitali per poter partecipare a un appalto pubblico (che richiede S.p.A.), qui la ragione è chiaramente extrafiscale (accesso a mercato).
L’importante è che tali ragioni non siano puramente pretestuose. Devono essere plausibili e preferibilmente documentate. Se il quadro logico tiene, l’operazione verrà considerata lecita anche se comporta risparmio di imposta. Questo concetto è espresso anche nella circolare OCSE sull’abuso: serve un business purpose. In Italia si parla appunto di “valide ragioni extrafiscali non marginali”.
D: Una società considerata “di comodo” (non operativa) può incontrare problemi in caso di trasformazione?
R: Le società non operative (c.d. di comodo) sono quelle che non superano il test dei ricavi minimi per più anni, indice che possano essere usate solo per possesso di beni personali dei soci. Il Fisco le penalizza con una tassazione minima forfettaria e limitazioni (ad esempio divieto di rimborsare crediti IVA). Se una società è di comodo e decide di trasformarsi in società semplice usufruendo dell’agevolazione, paga un’imposta sostitutiva un po’ più alta (10,5% invece di 8%) . Ora, in sede di contestazione abuso, sicuramente una società “di comodo” è già vista con sospetto (perché per definizione non aveva reale attività d’impresa). Tuttavia, paradossalmente, la trasformazione di comodo in società semplice potrebbe essere vista meno gravemente, perché quell’agevolazione del 10,5% fu pensata proprio per agevolare l’uscita dal business di società inerti. Quindi se la società era non operativa da anni, la trasformazione in semplice e liquidazione del patrimonio ai soci è un risultato voluto dalla norma (far pagare qualcosa e chiudere il “guscio vuoto”). Se invece la società era operativa e diventa di colpo non operativa solo per sfruttare l’agevolazione, allora di nuovo c’è planning aggressivo. In generale, lo status di non operatività implica già restrizioni di legge (ad esempio, l’agevolazione assegnazione/trasformazione prevede l’aliquota più alta come detto, e alcuni vantaggi – tipo l’utilizzo delle perdite pregresse – sono preclusi). Quindi, più che un abuso, quello scenario è coperto da norme specifiche anti-elusive proprie del regime di comodo. Riassumendo: se sei di comodo e ti trasformi, segui la legge (paghi 10,5%) e di solito non ti contestano l’abuso; se non eri di comodo ma l’operazione è fatta per diventare “di comodo” e liquidare, allora guardano la sostanza (ma se non c’è attività, forse eri di comodo di fatto già).
Conclusione: La materia delle contestazioni su trasformazioni societarie per vantaggi fiscali è complessa e in continua evoluzione, ma ruota attorno a un principio cardine: la realtà economica prevale sulla forma giuridica quando si tratta di valutare la legittimità fiscale di un’operazione. Il contribuente che agisce con trasparenza, motivazioni legittime e documentazione solida potrà difendersi efficacemente, facendo valere i propri diritti e la propria buona fede. Al contrario, l’utilizzo spregiudicato di strumenti societari al solo fine di azzerare l’imposizione sarà verosimilmente ricondotto all’alveo della tassazione dovuta, come confermano le più recenti sentenze di legittimità e l’orientamento dell’Amministrazione finanziaria. L’auspicio è che, grazie anche alla chiarezza normativa introdotta e alla pianificazione attenta, si possano evitare i contenziosi, utilizzando le trasformazioni societarie in modo conforme sia alle esigenze imprenditoriali sia al rispetto delle regole del gioco fiscale.
Fonti
- Cassazione civile Sez. Trib. sentenza n. 5075 del 17 febbraio 2023
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Vuoi sapere quali rischi corri e come puoi difenderti da queste contestazioni?
Le trasformazioni societarie (da società di persone a società di capitali, da società a ditta individuale, fusioni o scissioni) sono operazioni lecite se motivate da esigenze organizzative, patrimoniali o di mercato. Tuttavia, il Fisco può contestarle come operazioni elusive o abusive, se ritiene che l’unico scopo sia stato ridurre il carico fiscale.
👉 Prima regola: dimostra sempre le ragioni economiche e organizzative che hanno portato alla trasformazione.
⚖️ Quando scattano le contestazioni
- Trasformazioni formali che non modificano realmente l’attività;
- Operazioni prive di valide ragioni economiche, motivate solo da risparmio d’imposta;
- Abuso del diritto (art. 10-bis Statuto del Contribuente): quando l’operazione, pur legittima, ha come unico effetto quello di ottenere un indebito vantaggio fiscale;
- Passaggi societari strumentali per aggirare imposte su plusvalenze, distribuzioni o successioni;
- Fusioni o scissioni realizzate con finalità elusive.
📌 Conseguenze della contestazione
- Disconoscimento dei vantaggi fiscali ottenuti con la trasformazione;
- Recupero delle imposte non pagate (IRES, IRAP, IVA, registro, successioni/donazioni);
- Applicazione di sanzioni tributarie;
- Interessi di mora;
- Rischio di ulteriori controlli su altre operazioni societarie.
🔍 Cosa verificare per difendersi
- Ragioni economiche reali: la trasformazione ha migliorato la gestione, la capitalizzazione o l’accesso a finanziamenti?
- Documentazione interna: verbali, delibere, relazioni illustrative;
- Motivazione dell’accertamento: l’Agenzia deve spiegare perché considera l’operazione elusiva;
- Confronto con la normativa: l’operazione era consentita e rispettava i requisiti di legge?
- Regolarità della notifica e rispetto dei termini di decadenza.
🧾 Documenti utili alla difesa
- Delibere societarie e verbali assembleari;
- Statuti e atti notarili di trasformazione;
- Relazioni tecniche o perizie che giustificano la scelta;
- Documentazione bancaria e finanziaria che provi i vantaggi economici reali;
- Bilanci prima e dopo la trasformazione.
🛠️ Strategie di difesa
- Dimostrare le valide ragioni extrafiscali della trasformazione;
- Contestare l’abuso del diritto quando il Fisco non prova l’assenza di motivazioni economiche;
- Eccepire vizi formali: motivazione insufficiente, notifica irregolare, decadenza;
- Richiedere autotutela in caso di contestazioni palesemente infondate;
- Ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro 60 giorni con possibilità di sospendere la riscossione;
- Mediazione tributaria (nei casi previsti) per ridurre sanzioni e interessi.
🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
📂 Analizza l’operazione societaria contestata e i motivi dell’accertamento;
📌 Verifica la presenza di reali ragioni economiche a supporto della trasformazione;
✍️ Redige memorie difensive e ricorsi per dimostrare la legittimità dell’operazione;
⚖️ Ti rappresenta nel contraddittorio e nei giudizi tributari;
🔁 Suggerisce strategie preventive per pianificare in sicurezza ristrutturazioni e trasformazioni societarie.
🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in accertamenti fiscali su operazioni societarie;
✔️ Specializzato in difesa di imprese e soci contro contestazioni di elusione fiscale;
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Le contestazioni del Fisco sulle trasformazioni societarie per vantaggi fiscali non sempre hanno basi solide: spesso si fondano su presunzioni o interpretazioni restrittive.
Con una difesa mirata puoi dimostrare le vere ragioni economiche della trasformazione, evitare la riqualificazione come abuso del diritto e proteggere la tua impresa da richieste fiscali indebite.
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