Hai ricevuto una contestazione dall’Agenzia delle Entrate perché gli straordinari corrisposti ai dipendenti non sono stati dichiarati correttamente? In questi casi, l’Ufficio presume che le ore di lavoro straordinario siano state pagate “fuori busta” o non assoggettate a tassazione e contribuzione, con conseguente recupero di imposte, sanzioni e interessi. Tuttavia, non sempre la contestazione è fondata: vi sono difese e strumenti per dimostrare la corretta gestione delle retribuzioni aziendali.
Quando l’Agenzia delle Entrate contesta gli straordinari non dichiarati
– Se risultano differenze tra le ore di lavoro effettivamente prestate e quelle registrate nei cedolini paga
– Se emergono segnalazioni da controlli incrociati con l’INPS o con l’Ispettorato del Lavoro
– Se vi sono incongruenze tra i costi del personale contabilizzati e i dati fiscali dichiarati
– Se parte delle retribuzioni è stata corrisposta in contanti senza adeguata tracciabilità
– Se gli straordinari sono stati compensati con indennità o rimborsi non correttamente giustificati
Conseguenze della contestazione
– Riqualificazione delle somme come redditi da lavoro dipendente imponibili
– Recupero delle imposte non versate e dei contributi previdenziali omessi
– Applicazione di sanzioni per infedele dichiarazione e violazioni contributive
– Interessi di mora sulle somme accertate
– Rischio di ispezioni e ulteriori verifiche su rapporti di lavoro e buste paga
Come difendersi dalla contestazione
– Dimostrare la corretta registrazione e dichiarazione delle ore di straordinario nei cedolini paga
– Produrre documentazione attestante la tracciabilità dei pagamenti effettuati ai dipendenti
– Contestare eventuali errori di calcolo o valutazioni presuntive prive di fondamento
– Evidenziare vizi di forma, carenza di motivazione o decadenza dei termini dell’accertamento
– Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per ottenere l’annullamento della contestazione
Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare i prospetti paga, i contratti di lavoro e la documentazione aziendale
– Verificare la legittimità della contestazione sia sotto il profilo fiscale che contributivo
– Redigere un ricorso mirato basato su prove documentali e vizi dell’atto notificato
– Difendere l’impresa davanti ai giudici tributari contro pretese indebite
– Proteggere l’azienda e i suoi amministratori da conseguenze economiche e reputazionali
Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale della contestazione
– L’eliminazione di sanzioni e interessi non dovuti
– Il riconoscimento della regolarità dei pagamenti effettuati ai dipendenti
– La sospensione delle richieste di pagamento già avviate
– La certezza di pagare solo quanto realmente previsto dalla legge
⚠️ Attenzione: il ricorso contro la contestazione deve essere presentato entro 60 giorni dalla notifica dell’atto. Se non si agisce in tempo, l’accertamento diventa definitivo e non sarà più possibile difendersi.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e del lavoro – spiega come difendersi in caso di contestazioni sugli straordinari non dichiarati e come tutelare i tuoi diritti.
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Introduzione
Le contestazioni relative agli straordinari non dichiarati dal datore di lavoro rappresentano un tema scottante nel diritto del lavoro italiano. Si tratta delle ore di lavoro extra prestate dal dipendente ma non registrate ufficialmente dall’azienda e spesso non retribuite con le dovute maggiorazioni. Queste situazioni danno luogo a controversie legali sempre più frequenti: il lavoratore (creditore di retribuzioni straordinarie) reclama il pagamento delle ore aggiuntive, mentre il datore di lavoro (debitore) deve difendersi da richieste talvolta ingenti e da possibili sanzioni amministrative. Nel contesto odierno (aggiornato ad agosto 2025), caratterizzato da un inasprimento dei controlli ispettivi sul lavoro “sommerso” e da una giurisprudenza in evoluzione, è fondamentale per avvocati, privati e imprenditori conoscere a fondo la normativa applicabile e le più recenti sentenze in materia, per approntare strategie difensive efficaci.
In questa guida di livello avanzato – ma dal taglio pratico e divulgativo – analizzeremo la disciplina italiana sugli straordinari, i diritti dei lavoratori e gli obblighi dei datori di lavoro, focalizzandoci sulle modalità di difesa dal punto di vista del datore di lavoro (il “debitore” degli straordinari reclamati). Verranno esaminate le norme di legge, le pronunce giurisprudenziali più autorevoli e aggiornate (anche di Cassazione), nonché gli aspetti contrattuali (richiamando previsioni di contrattazione collettiva in settori chiave come edilizia, logistica e metalmeccanico). Non mancheranno tabelle riepilogative di sanzioni e differenze contrattuali, esempi pratici simulati e una sezione Domande & Risposte per chiarire i dubbi frequenti. L’obiettivo è fornire una guida completa (oltre 10.000 parole) su come prevenire e fronteggiare contestazioni riguardanti straordinari non dichiarati, bilanciando linguaggio giuridico rigoroso e spiegazioni comprensibili.
Scenario attuale: negli ultimi anni il legislatore e gli organi ispettivi hanno intensificato gli sforzi contro il lavoro irregolare. Il Decreto PNRR 2024 ha aumentato le sanzioni per il lavoro “nero” fino a 46.800€ per ciascun lavoratore completamente non dichiarato (impiegato oltre 60 giorni) . Parallelamente, la giurisprudenza – anche di legittimità – ha prodotto orientamenti innovativi: ad esempio la Cassazione ha riconosciuto che persino i quadri direttivi (tradizionalmente esclusi dal computo dell’orario) possono avere diritto a compensi straordinari se l’azienda ne abusa . Inoltre si è ribadito che la mancata formale autorizzazione dello straordinario non esclude il diritto alla retribuzione se il lavoro extra è stato comunque svolto con il consenso, anche implicito, del datore di lavoro . D’altro canto, datore di lavoro e management dispongono di strumenti per prevenire gli abusi (come la forfettizzazione degli straordinari o rigorose policy interne) e difendersi in giudizio (contestando l’onere della prova, eccependo la prescrizione quinquennale dei crediti di lavoro, ecc.).
Nei paragrafi che seguono analizzeremo nel dettaglio tutti questi aspetti, fornendo un vademecum operativo su “Contestazioni su straordinari non dichiarati dal datore di lavoro: come difendersi”.
Nozione di lavoro straordinario e quadro normativo di riferimento
Per affrontare adeguatamente le controversie sugli straordinari, occorre partire dalla definizione giuridica di “lavoro straordinario” e dal quadro normativo che ne disciplina limiti e trattamento economico. In base all’ordinamento italiano (armonizzato con la normativa UE), per lavoro straordinario si intende “il lavoro prestato oltre l’orario normale di lavoro”. La durata normale dell’orario di lavoro è fissata dalla legge in 40 ore settimanali, salvo che la contrattazione collettiva nazionale stabilisca una durata inferiore (ad esempio molti CCNL prevedono 36 o 38 ore settimanali per particolari categorie) . In altre parole, se il contratto collettivo applicabile riduce l’orario standard (es. 37 o 39 ore settimanali), qualsiasi ora oltre tale soglia contrattuale costituisce straordinario. Diversamente, in mancanza di disciplina diversa, si considera straordinaria ogni ora oltre le 40 ore settimanali stabilite dalla legge .
Va sottolineato che in Italia non esiste un codice del lavoro unico, ma la materia è regolata da varie fonti: il Codice Civile (articoli sul lavoro subordinato), leggi speciali e decreti legislativi (in particolare il D.Lgs. 8 aprile 2003 n.66 sull’orario di lavoro, emanato in attuazione delle direttive UE), oltre ai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL) di settore. Quest’ultimi rivestono un ruolo centrale: il legislatore spesso demanda alla contrattazione collettiva la definizione delle modalità di esecuzione del lavoro straordinario e dei relativi compensi . Dunque, accanto alle norme legali generali, ogni settore produttivo può avere specifiche regole contrattuali da rispettare.
Ecco i principali riferimenti normativi sullo straordinario in Italia:
- D.Lgs. 66/2003: È la normativa di base sull’orario di lavoro. Stabilisce all’art.4 che “la durata media dell’orario di lavoro non può superare le 48 ore, comprese le ore di straordinario, per ogni periodo di sette giorni” . Questo significa che, pur essendo possibili picchi settimanali superiori a 48 ore, su base plurimensile (di regola 4 mesi, salvo diverso accordo collettivo) la media non deve eccedere le 48 ore settimanali . Il D.Lgs.66/2003 prevede inoltre un limite annuale di ore straordinarie pari a 250 ore per lavoratore, salvo diversa previsione del CCNL (art.5). Molti contratti collettivi fissano limiti più bassi (ad es. 200 ore annue nel settore Metalmeccanico, 165 ore annue nel settore Logistica con possibilità di arrivare a 250 tramite banca ore , etc., come vedremo). Lo straordinario è ammesso solo previo consenso del lavoratore, in difetto di disciplina collettiva (art.5, c.2 D.Lgs.66/2003), e comunque nel rispetto delle tutele di salute.
- R.D. 10 settembre 1923 n. 692: benché risalente, fissava la durata massima giornaliera di lavoro in 8 ore (salvo deroghe per mansioni direttive). Oggi è in parte superato dal D.Lgs.66/2003, ma il principio delle 8 ore giornaliere rimane un riferimento storico per definire lo straordinario oltre tale soglia (salvo diversi regimi di orario).
- Codice Civile, art.2108: stabilisce che il lavoratore ha diritto a compensi maggiorati per il lavoro eseguito di notte o in giorni festivi o eccedente la durata normale (“Il prestatore di lavoro ha diritto a un trattamento economico di maggior favore in caso di prestazioni lavorative eccedenti l’orario normale”). L’entità di tali maggiorazioni è demandata ai contratti collettivi.
- Art. 36 Costituzione: anche se non menziona espressamente lo straordinario, sancisce il diritto a una retribuzione equa e sufficiente in proporzione alla quantità e qualità del lavoro. Giurisprudenza e dottrina collegano il concetto di equità retributiva anche al compenso degli straordinari: costringere un lavoratore a orari eccessivi senza adeguata retribuzione potrebbe configurare una violazione del principio costituzionale di proporzionalità della retribuzione. Inoltre la Costituzione (art.32) tutela la salute, principio sotteso ai limiti d’orario.
- Statuto dei Lavoratori (L. 300/1970): all’art.10 vieta espressamente di adibire gli studenti lavoratori a lavoro straordinario, salvo casi eccezionali, a tutela del loro diritto allo studio. Lo Statuto all’art. 7 inoltre annovera il rifiuto ingiustificato a svolgere straordinario richiesto come potenziale illecito disciplinare.
- Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro: come anticipato, dettagliano aspetti fondamentali. In genere ogni CCNL definisce: la durata dell’orario contrattuale settimanale (spesso inferiore a 40 ore), il limite massimo di straordinario annuo (in molti casi 200-250 ore), le maggiorazioni retributive percentuali per le ore straordinarie (che variano a seconda se lo straordinario è feriale, notturno, festivo, etc.), eventuali procedure di autorizzazione o informative sindacali e l’eventuale utilizzo di banca ore o sistemi di riposo compensativo. Più avanti esamineremo esempi di tre settori: Edilizia, Logistica/Trasporti e Metalmeccanico, in cui la contrattazione collettiva prevede regole ad hoc.
- Eccezioni di campo di applicazione: il D.Lgs.66/2003 esclude o deroga per alcune categorie speciali (forze dell’ordine, autisti soggetti a normativa sui tempi di guida, dirigenti apicali, ecc.). Ad esempio, i dirigenti e in parte i quadri con funzioni direttive sono esclusi dai limiti di orario (art.17, c.5 D.Lgs.66/2003) e tradizionalmente non percepiscono “straordinari” in senso classico, ma benefit forfettari. Su questo la Cassazione (ord. n.13178/2025) ha puntualizzato che pur restando esclusi dai limiti, anche per i direttivi esiste un limite globale di ragionevolezza delle ore lavorabili, legato alla tutela della salute psicofisica, oltre il quale sorge il diritto a un compenso aggiuntivo . Quindi la regola generale è: tutti i lavoratori subordinati hanno diritto a un compenso per le ore supplementari, salvo siano qualificati come “dirigenti” (categoria ancora diversa, spesso regolata a parte).
In sintesi, il lavoro straordinario è normativamente concepito come una prestazione eccezionale o saltuaria rispetto alla normale organizzazione del lavoro . La legge impone soglie per prevenire abusi e tutelare la salute, mentre affida ai contratti collettivi il compito di disciplinarne modalità, compensi e limiti specifici per settore. Da notare che, sebbene il lavoratore non possa unilateralmente decidere di fare straordinato, neppure il datore di lavoro può imporre straordinari illimitati: esiste un punto oltre il quale il rifiuto del lavoratore è legittimo (ad es., richieste non giustificate da effettive esigenze, richieste “abnormi” quantitativamente o senza il dovuto preavviso possono essere contestate). Approfondiremo questi aspetti parlando del diritto del lavoratore al riposo e dei casi giurisprudenziali sul rifiuto di straordinario.
Tutele del riposo e limiti inderogabili
Il sistema normativo prevede alcune tutele inderogabili a presidio del diritto al riposo e alla salute del lavoratore, che fanno da contraltare alla possibilità di effettuare straordinari. In particolare, il D.Lgs.66/2003 stabilisce:
- Riposo giornaliero: almeno 11 ore consecutive di riposo ogni 24 ore . Ciò significa che tra la fine di una giornata lavorativa e l’inizio della successiva devono intercorrere almeno 11 ore senza lavoro. Questo vincolo incide sulla possibilità di effettuare straordinario prolungato: es., se un lavoratore termina alle 20:00, non potrebbe ricominciare prima delle 7:00 del mattino successivo.
- Riposo settimanale: almeno 24 ore di riposo continuativo ogni 7 giorni, di regola coincidente con la domenica (salvo turnazioni) . La legge permette che il riposo settimanale sia calcolato come media in un periodo di 14 giorni , offrendo flessibilità (ad esempio può essere spostato, ma ogni 14 giorni il lavoratore deve aver usufruito di due giornate di riposo). Lo straordinario non può comprimere il diritto a questo riposo: far lavorare senza giorno di riposo settimanale è illecito.
- Pausa intermedia: se l’orario giornaliero supera 6 ore, il lavoratore ha diritto a una pausa (la durata è spesso determinata dal CCNL; es. 30 minuti dopo 6 ore). Lo straordinario spesso si innesta oltre le 8 ore, quindi diventa cruciale rispettare la pausa.
- Limiti per categorie speciali: i lavoratori minorenni non possono svolgere lavoro straordinario per legge (art.18 L.977/1967). Le donne in gravidanza non possono essere obbligate a lavoro notturno, ecc. Inoltre, come detto, gli studenti lavoratori hanno diritto di rifiutare straordinari per motivi di studio (art.10 L.300/1970).
Va ricordato che una violazione sistematica dei limiti d’orario può avere risvolti anche in termini di sicurezza sul lavoro: ad esempio, turni eccessivamente lunghi e mancanza di riposi aumentano il rischio di infortuni. Per questo la normativa su orario di lavoro è considerata anche norma di sicurezza e le sue violazioni sono sanzionate (vedremo nel dettaglio le sanzioni amministrative per superamento limiti).
In ottica di contenzioso, l’osservanza o meno di questi limiti può rilevare: un lavoratore che dimostri di aver lavorato 60 ore settimanali continuative per mesi, oltre a chiedere il pagamento delle ore extra, potrebbe evidenziare il danno biologico o da usura psicofisica. Dal lato datoriale, invece, dimostrare di aver rispettato pause e riposi può aiutare a contenere le accuse di condotta illegittima.
Obbligatorietà o facoltatività dello straordinario
Un punto cruciale è capire se il lavoratore possa rifiutarsi di fare straordinari e in quali limiti il datore possa pretenderli. In linea generale, lo straordinario non è un obbligo assoluto del lavoratore, salvo accordi o esigenze specifiche; tuttavia, se previsto dal contratto collettivo e richiesto nei limiti di legge, un rifiuto immotivato può costituire inadempimento disciplinare .
Alcuni CCNL (soprattutto del settore pubblico o specifici comparti) richiedono espressamente il consenso del lavoratore per prestazioni straordinarie. Ad esempio, nel pubblico impiego contrattualizzato è prassi che lo straordinario sia preventivamente autorizzato e concordato, pena la non obbligatorietà. Nel settore privato, di solito, vige la regola opposta: se lo straordinario è contemplato dal CCNL e rientra nei limiti legali, il lavoratore deve effettuarlo se richiesto. La Cassazione già nel 1992 affermò che il lavoratore non può sottrarsi allo straordinario richiesto nei limiti di legge e di contratto , a meno di giustificato motivo. Esempi di giustificato motivo di rifiuto: richieste di straordinario arbitrarie o non fondate su effettive esigenze aziendali (Cass. 11821/2003) o richieste di quantitativi di ore “abnormi” oltre i limiti (Cass. 2073/1992) . In tali casi il rifiuto è lecito. Anche situazioni personali gravi o di salute possono giustificare il diniego.
In pratica, l’azienda deve richiedere lo straordinario in modo chiaro e motivato (meglio se per iscritto, salvo urgenze) e con un ragionevole preavviso se possibile. Alcuni CCNL prevedono espressamente un preavviso minimo: ad esempio il CCNL Edilizia Artigianato richiede un preavviso di 72 ore per il lavoro straordinario, salvo casi urgenti . Se il datore di lavoro viola queste regole (es. chiedendo improvvisamente a fine turno di trattenersi per molte ore, senza urgenza reale), il lavoratore potrebbe rifiutare legittimamente.
È interessante citare un caso recente relativo al settore Logistica: un autista si era rifiutato di effettuare un viaggio aggiuntivo non programmato comunicatogli il venerdì sera (che avrebbe comportato straordinario nel weekend). L’azienda lo licenziò per insubordinazione, ma la Cassazione (ord. n.22459/2024) ha ritenuto il licenziamento illegittimo, confermando che il rifiuto del lavoratore era giustificato perché lo straordinario richiesto era eccessivo e intempestivo rispetto ai limiti legali e contrattuali . In particolare, si è evidenziato che: (a) la legge impone che lo straordinario sia “contenuto” entro certi limiti; (b) il CCNL Logistica applicabile fissava un massimo di 36 ore straordinarie in 9 settimane (165 ore annue) e richiedeva adeguato preavviso; (c) la richiesta dell’azienda – a fine settimana, senza preavviso e con un carico di lavoro gravoso (permanenza fuori casa e pernotto) – violava i principi di correttezza e buona fede. Inoltre il lavoratore non era stato pagato per precedenti straordinari, rafforzando la legittimità del suo rifiuto . In sintesi: lo straordinario può essere richiesto, ma deve essere coerente con le norme e non porre il lavoratore in condizioni penalizzanti. Un ordine di servizio inesigibile (perché oltre i limiti o privo di basi) non giustifica sanzioni disciplinari al dipendente.
Di contro, se il lavoratore rifiuta uno straordinario regolare e necessario, può incorrere in provvedimenti disciplinari. Ad esempio, se in una fabbrica c’è un guasto improvviso che richiede la presenza oltre l’orario normale per riparazioni urgenti, il dipendente tecnico che si rifiuti senza motivo può subire sanzioni (richiamo scritto, e nei casi più gravi sospensione o licenziamento per insubordinazione, proporzionato alla recidiva). Dunque il punto di equilibrio è: il datore di lavoro deve esercitare il potere di chiedere straordinari con correttezza e nei limiti, e il lavoratore deve attuare buona fede contrattuale rendendosi disponibile nei limiti del ragionevole.
Infine, la giurisprudenza ha chiarito che la richiesta di straordinario non deve essere necessariamente formale: può essere anche implicita, ad esempio derivare dal contesto lavorativo. Se l’azienda crea condizioni tali per cui il dipendente deve trattenersi oltre per completare il lavoro, e non contesta tali prolungamenti quando ne viene a conoscenza, ciò equivale ad una richiesta tacita di straordinario . Cassazione ha affermato che se il datore è consapevole delle ore extra e le permette (anche senza ordinarle esplicitamente), lo straordinario si considera autorizzato e va retribuito . Questo concetto è espresso con il latino “non insciente neque prohibente domino” – ossia l’attività svolta non all’oscuro né contro il volere del padrone (datore) comporta diritto al pagamento. Su questo torneremo parlando dell’onere della prova.
Obblighi del datore di lavoro in materia di straordinari
Dal punto di vista datoriale, la gestione degli straordinari comporta precisi obblighi legali e contrattuali. Un’azienda che neghi o non registri le ore straordinarie effettivamente svolte incorre in inadempimenti sia verso il lavoratore (sul piano civile retributivo), sia verso lo Stato (sul piano contributivo/previdenziale e amministrativo). Vediamo i principali obblighi:
Registrazione delle ore di lavoro (Libro Unico del Lavoro)
Ogni datore di lavoro in Italia è tenuto per legge a tenere il Libro Unico del Lavoro (LUL), su cui vanno registrate, per ciascun lavoratore, tutte le ore lavorate (ordinarie e straordinarie), le ferie, le assenze, nonché la retribuzione corrisposta. L’art.39 del D.L. 112/2008 (conv. in L.133/2008) sanziona l’omessa o infedele registrazione di dati sul LUL. In particolare, la mancata annotazione delle ore di straordinario costituisce illecito formale a sé stante, indipendentemente dal fatto che quelle ore siano state o meno retribuite al lavoratore.
Una recente decisione della Corte d’Appello di Genova (settembre 2024) lo conferma: un’azienda era stata multata dagli ispettori per non aver registrato sul LUL centinaia di ore di lavoro straordinario svolte da un dipendente, sebbene avesse corrisposto al lavoratore somme aggiuntive sotto voce “premio di operosità”. Ebbene, i giudici hanno stabilito che l’omessa registrazione sul LUL è un illecito che sussiste per il solo fatto della violazione formale, a prescindere dal pagamento o meno delle ore extra . Lo scopo della norma infatti è garantire trasparenza e tracciabilità: registrare fedelmente l’orario serve a tutela del lavoratore e degli organi di vigilanza . Il tentativo dell’azienda di giustificarsi dicendo “ma il dipendente è stato comunque pagato (sia pure con un premio forfettario)” è stato vano: la sanzione è stata confermata perché pagare in modo occulto non esime dall’obbligo di registrare .
È dunque fondamentale che il datore di lavoro annoti tutte le ore effettivamente lavorate. Qualsiasi scostamento tra il reale orario svolto e quanto risulta dal LUL può portare a multe. La normativa sanzionatoria prevede: multa da €150 a €1.500 per omessa/infedele registrazione di presenze (per ciascun periodo mensile) ; se la violazione coinvolge più di 10 lavoratori, la multa sale da €500 a €3.000 . Inoltre, in caso di verifica ispettiva, la discrepanza tra ore lavorate e ore registrate può far presumere lavoro “in nero”. Anche se il lavoratore è formalmente assunto, la parte di ore non dichiarate configura lavoro sommerso parziale. L’Ispettorato può quindi applicare la cosiddetta maxi-sanzione lavoro nero in misura proporzionata.
Si pensi a un part-time registrato per 4 ore al giorno che in realtà ne lavora 8: le 4 ore eccedenti, non risultando sul LUL né nelle comunicazioni, integrano lavoro irregolare. In casi del genere gli ispettori spesso adottano la maxi-sanzione ridotta, conteggiando il periodo come uso di manodopera irregolare (ad esempio se per 6 mesi il lavoratore ha fatto il doppio delle ore rispetto al contratto dichiarato). La maxi-sanzione, aggiornata nel 2024, può variare da €1.950 a €11.700 per lavoro nero fino a 30 giorni, raddoppiare per periodi maggiori e arrivare fino a €46.800 oltre i 60 giorni (importi poi maggiorati del 30% in caso di recidiva ). Queste cifre si applicano tipicamente ai lavoratori completamente “in nero”; per situazioni di sotto-dichiarazione (lavoro “grigio”) l’ispettorato può valutare sanzioni proporzionate, ma in ogni caso parliamo di migliaia di euro. È bene ribadire: registrare accuratamente le ore straordinarie è un dovere primario del datore, la cui violazione comporta sanzioni certe. Anche se quelle ore sono state retribuite forfettariamente o con bonus, vanno riportate sul LUL nelle voci orarie corrette .
Oltre al LUL, l’azienda deve conservare eventualmente i timesheet, fogli presenza o badge da cui risultino le entrate/uscite del personale. Tali documenti, pur non essendo obbligatori da allegare al LUL, sono spesso richiesti in caso di causa o ispezione. La mancanza di un sistema di rilevazione è frequente nelle piccole imprese e ciò rende più ardua la difesa in giudizio: se non ci sono orari ufficiali, il giudice potrà basarsi su testimonianze o altri indizi presentati dal lavoratore. In ambito pubblico la legge finanziaria 2008 (L.244/2007) richiede sistemi automatici di rilevazione delle presenze come condizione per pagare straordinari, ma la Cassazione ha chiarito che anche nel pubblico il dipendente ha diritto al compenso se prova con altri mezzi di aver lavorato (ad es. testimoni), senza potergli opporre l’assenza di timbrature . Questo orientamento, ancor più nel privato dove simili vincoli non esistono, implica che tenere registri precisi è la migliore tutela per il datore: in mancanza, il giudice potrebbe ritenere valide le prove fornite dal lavoratore (email, messaggi, testimoni) e quantificare gli straordinari dovuti in base a esse.
Retribuzione degli straordinari e maggiorazioni contrattuali
Ogni ora di lavoro straordinario deve essere compensata con una retribuzione maggiorata rispetto all’ora ordinaria. Questo principio è sancito sia dalla legge (art.2108 c.c.) sia esplicitamente dal D.Lgs.66/2003 (art.5, c.5) che rinvia ai contratti collettivi per determinare le percentuali di maggiorazione . In assenza di contratto collettivo applicabile, la maggiorazione andrebbe stabilita equamente (orientativamente almeno il 15-20%). Nella prassi, tutti i principali CCNL contengono dettagliate tabelle di maggiorazione.
Le maggiorazioni contrattuali variano per settore, ma si attestano in genere su questi ordini di grandezza: +15-25% per straordinario diurno feriale (le prime ore); +30% oltre una certa soglia giornaliera; +50% per straordinario festivo o notturno; punte di +70% per straordinario svolto in orario sia notturno che festivo. Tali percentuali si applicano sulla retribuzione oraria base. Ad esempio, se la paga base oraria è €10, un’ora straordinaria al 25% va pagata €12,50. Le maggiorazioni non sono cumulative ma alternative a seconda della tipologia (ovvero, se un’ora è sia notturna che festiva straordinaria, di solito si applica la percentuale più alta prevista, es. 70%, non somma di 50+20).
Di seguito una tabella riepilogativa delle regole principali in tre settori significativi, per evidenziare le differenze:
CCNL (Settore) | Orario contrattuale settimanale | Limite annuo straordinario | Maggiorazioni per lavoro straordinario | Note particolari |
---|---|---|---|---|
Edilizia (Industria & Artigianato) | 40 ore (ripartite in 5 o 6 gg) | 250 ore/anno | +35% straord. diurno; +45% festivo; +55% festivo straord.; +28% notturno; +40% notturno straord.; altre casistiche dettagliate | Richiesto preavviso di 72 ore all’operaio (salvo urgenze) . Comunicazione bimestrale alle RSU territoriali sul monte straordinari effettuati . Impiegati: maggiorazioni simili (35% diurno, 45% festivo, 55% straord.) con lieve differenze per notturno . Impiegati non possono rifiutare entro limiti di legge (art.57 CCNL) . |
Logistica, Trasporto Merci e Spedizione | 39 ore (personale non viaggiante) ; 39 ore conducenti (media sett.) | 165 ore/anno individuali (straordinario “saltuario o eccezionale”) . Possibile fino a 250 ore/anno con banca ore o su richiesta del lavoratore oltre 165 | +30% prime 2 ore straordinarie/giorno; +50% ore successive; +50% straord. notturno; +60% straord. festivo; +75% straord. festivo notturno (valori indicativi medi del settore) . CCNL prevede maggiorazioni differenziate e riposi compensativi se straordinario oltre soglie mensili. | Orario sett. 5 o 6 gg; se distribuito su 6 gg, il sabato è considerato straordinario con +20% (se non giorno di riposo) . Oltre 48 ore medie sett/4 mesi vietato. Banca ore: ore tra 165 e 250 possono essere accantonate su richiesta del lavoratore . Art.13 CCNL: straordinario ha carattere eccezionale; se supero 2 ore/giorno o 8/sett serve accordo con RSU e ulteriore maggiorazione 50% per le ore eccedenti . |
Metalmeccanico (Industria) | 40 ore (con riduzione annua ~104 ore di permessi per arrivare a ~38 sett. medie) | 200 ore/anno (indicativo: in passato limite contrattuale 200h) | +25% prime 2 ore straord./giorno ; +30% ore successive nella stessa giornata ; +50% straordinario di sabato oltre le 2 ore (non lavorativo) ; +50% straord. notturno feriale; +55% straord. festivo; +70% straord. notturno festivo (valori comuni). | Max 2 ore straord. al giorno e 8 ore settimanali senza accordo sindacale . Se orario distribuito su 5 gg (lun-ven), è ammesso lavoro il sabato oltre le 2h/giornaliere solo per manutenzioni urgenti ; in altri casi straordinari al sabato vanno concordati con RSU e pagati al 50% oltre le prime 2 ore . Previsto utilizzo della banca ore per recupero straordinari entro limiti. Il CCNL distingue straordinario comandato vs richiesto dal lavoratore (es. “straordinario in quote esenti” fino 80h con maggiorazione ridotta +8%) . |
Tabella 1: Confronto indicativo di disciplina dello straordinario in tre CCNL (dati semplificati; consultare i testi contrattuali per dettagli).
Dalla tabella emergono alcune differenze ma anche linee comuni. Ad esempio, tutti i contratti esaminati confermano il tetto legale di 250 ore annue, spesso modulandolo (Logistica: 165 ore normali + 85 via banca ore; Edilizia: 250 ore; Metalmeccanici: di fatto 200 ore praticate). Tutti inoltre prevedono che oltre un certo monte di ore sia necessario il coinvolgimento sindacale (accordo con RSU per ulteriori straordinari, come in Metalmeccanici) o che ci siano informative periodiche sui carichi di straordinario (Edilizia). Questo per evitare abusi e monitorare che lo straordinario resti occasionale e non diventi lavoro ordinario mascherato.
È obbligo del datore di lavoro rispettare le condizioni di ammissibilità dello straordinario previste dal CCNL: ad esempio, in Edilizia violare il preavviso di 72 ore (salvo urgenza) significa violare il contratto; in Metalmeccanico, fare 3 ore di straordinario in un giorno senza accordo sindacale quando il limite è 2 ore costituisce infrazione contrattuale e possibile illecito amministrativo (superamento limiti). Infatti, se il datore non rispetta i limiti legali o contrattuali dello straordinario, è passibile di sanzione. Il D.Lgs.66/2003 punisce con multa €25 a €154 ciascun lavoratore impiegato oltre i limiti annuali o senza le maggiorazioni dovute . Anche qui, se la violazione riguarda più di 5 lavoratori o si protrae per oltre 50 giornate lavorative in un anno, la sanzione sale fino a €1.032 . Tali importi possono sembrare modesti, ma vanno conteggiati per ciascun lavoratore e possono sommarsi (oltre ad aggiungersi alle paghe arretrate dovute al dipendente).
Un altro obbligo è compensare lo straordinario con riposi compensativi se previsto. Molti CCNL, in linea col D.Lgs.66/03, contemplano la banca ore: il lavoratore può scegliere (o l’azienda può stabilire, se concordato) di accantonare le ore extra in un monte ore da recuperare come permessi retribuiti invece di essere pagate subito. Se esiste questa previsione, il datore deve consentire al lavoratore di fruire dei riposi maturati. Ad esempio, se nel CCNL X c’è scritto che lo straordinario oltre 48 ore mensili confluisce in banca ore, l’azienda non può ignorarlo pagando tutto: deve applicare la regola e poi dare i riposi. La mancata fruizione dei riposi obbligatori (settimanali, giornalieri, compensativi) è anch’essa sanzionata dalla legge: ad es. la mancata concessione del riposo settimanale è punita con sanzione da €130 a €780 per ogni lavoratore .
Forfettizzazione degli straordinari
Un istituto spesso utilizzato dalle aziende per gestire il lavoro oltre orario è la forfettizzazione: si concorda con il lavoratore un compenso fisso mensile in aggiunta allo stipendio base, destinato a remunerare un certo numero di ore straordinarie predeterminate. Tipicamente questo avviene per quadri, impiegati di livello alto o personale di fiducia, ma può applicarsi a qualunque dipendente consenziente. La forfettizzazione non è vietata dalla legge, purché non leda i diritti del lavoratore. I requisiti principali, delineati da prassi e giurisprudenza, sono:
- Accordo scritto chiaro: meglio se all’atto dell’assunzione o con patto separato, dove si indica quante ore straordinarie mensili sono forfettariamente compensate e con quale importo . Ad esempio: “lo stipendio mensile di € X comprende fino a 20 ore di lavoro straordinario”. Così il dipendente sa cosa copre il forfait.
- Importo congruo: il forfait deve essere ragionevole. Se, ad esempio, 20 ore di straordinario sarebbero valse €300 di maggiorazioni secondo CCNL, il forfait non può essere, poniamo, di soli €50, altrimenti si configura una rinuncia illegittima. In genere si calcola forfettariamente un po’ meno di quanto costerebbe pagarle una per una (un risparmio per l’azienda, compensato dalla comodità per il lavoratore di avere un fisso). Ma se troppo basso, il lavoratore potrà pretendere differenze.
- Monitoraggio delle ore effettive: avere il forfait non esonera il datore dal controllare quante straordinarie il lavoratore fa davvero. Infatti, se le ore straordinarie reali superano quelle coperte dal forfait, le ore eccedenti vanno pagate con le consuete maggiorazioni . Su chi grava l’onere di provare l’eventuale superamento? Secondo la Cassazione, è il lavoratore a dover dimostrare di aver svolto ore in più rispetto a quelle forfettizzate . Questo perché l’azienda ha già corrisposto il forfait per un certo monte concordato; se il dipendente sostiene di aver lavorato oltre, deve provarlo per ottenere altro compenso. Dunque, ai fini difensivi, è cruciale che l’azienda tracci comunque tutte le ore lavorate anche in caso di forfait .
- Non includere il forfait nel calcolo del lavoro straordinario futuro: il forfait viene considerato dalla giurisprudenza come un superminimo assorbibile per gli straordinari pattuiti . Se però il lavoratore fa straordinario oltre il pattuito, quell’importo non copre le ore extra, che si pagano a parte. Inoltre, i compensi forfettari di questo tipo, se fissi e continui, sono considerati parte integrante della retribuzione anche ai fini del TFR e istituti indiretti . Cassazione ha statuito che le somme corrisposte con regolarità a titolo di straordinario fisso concorrono al trattamento di fine rapporto . Quindi il datore deve inserirle nella base di calcolo del TFR (e contribuire ad INPS su di esse come retribuzione). Solo lo straordinario occasionalmente prestato e pagato mese per mese può essere escluso dal TFR, non quello sistematico.
In caso di contenzioso, se l’accordo di forfettizzazione è ben fatto, l’azienda può difendersi mostrando che il lavoratore era già retribuito per un monte ore extra. Il dipendente dovrà dimostrare di aver ecceduto tale soglia in modo significativo e che l’azienda ne era consapevole senza adeguare il forfait. Ad esempio, se un quadro con forfait 20 ore/mese in realtà per 6 mesi fa 40 ore extra/mese, potrà chiedere il pagamento delle 20 ore eccedenti mensili. L’azienda in tal caso rischia di pagare differenze e sanzioni sui contributi omessi per quelle ore. Inoltre, un abuso di straordinario forfettizzato – come far lavorare regolarmente il dipendente 12 ore al giorno pagandone 8 + un piccolo forfait – può essere considerato elusione di norme imperative (su orario e retribuzione proporzionata) e quindi nullo in parte.
Un’ulteriore cautela: l’accordo individuale di forfait non può peggiorare condizioni fissate dal CCNL. Ad esempio, se il CCNL dice che il tetto annuale è 250 ore, non si può imporre forfettariamente di farne 400. Né si può con un accordo privare del tutto il lavoratore di ogni compenso straordinario: sarebbe una rinuncia preventiva a diritti futuri, nulla ex art.2113 c.c. (rinunce sui diritti del prestatore). Quindi la forfettizzazione va usata per semplificare la gestione, non per aggirare la tutela economica del lavoratore.
In conclusione, la forfettizzazione degli straordinari è lecita ma richiede trasparenza e correttezza. Se ben congegnata può prevenire contenziosi (il lavoratore sa di avere un extra fisso e non accumula pretese), ma se abusata li aggrava (il lavoratore potrebbe rivendicare centinaia di ore non compensate). È una strategia che il datore di lavoro dovrebbe impiegare con equilibrio e rispettando le forme scritte .
Versamento di contributi previdenziali e altri obblighi fiscali
Parallelamente al pagamento delle retribuzioni straordinarie, il datore di lavoro è tenuto a versare i relativi contributi previdenziali e premi assicurativi. Le somme corrisposte per lavoro straordinario sono soggette a contribuzione INPS e a tassazione esattamente come la retribuzione ordinaria (fanno eccezione eventuali trattamenti particolari per straordinari in regime di esenzione fiscale, concessi in alcuni anni per incrementi di produttività, ma si tratta di dettagli fiscali oltre lo scopo di questa trattazione). Dunque, se un datore non dichiara gli straordinari, sta omettendo anche i contributi su quelle somme.
In caso di accertamento, oltre a dover pagare le differenze retributive al lavoratore, l’azienda dovrà versare all’INPS i contributi arretrati maggiorati di sanzioni civili (interessi e somme aggiuntive). Le sanzioni civili per omissione contributiva oscillano di solito tra il 30% e il 60% dell’importo omesso su base annua (con un minimo del tasso ufficiale + 5,5%), riducibili se il versamento avviene spontaneamente prima di contestazioni. Se però la somma di contributi omessi supera una certa soglia (circa €10.000 annui di quote a carico dipendente non versate entro termine, ex art. 2 D.L. 463/83), scatta addirittura un reato penale per omesso versamento contributi. Normalmente, nel caso di straordinari non dichiarati, i contributi a carico del lavoratore non sono stati prelevati in busta paga e quindi l’azienda è responsabile dell’intero importo (sia quota datore che quota dipendente) ai fini sanzionatori. Il datore potrà poi rivalersi sul dipendente per la quota a suo carico, ma difficilmente ciò avviene (anche perché sarebbe surreale far pagare al lavoratore contributi su somme che non ha mai ricevuto ufficialmente). In sintesi, la evasione contributiva collegata a straordinari in nero è un grosso rischio economico. Ad esempio, €5.000 di straordinari non pagati su un lavoratore possono generare circa €1.500 di contributi non versati; con sanzioni e interessi, dopo qualche anno l’azienda potrebbe trovarsi a pagare il doppio di quella cifra.
Ci sono poi implicazioni fiscali: le retribuzioni omesse sfuggono all’IRPEF e relative addizionali. In un accertamento, l’azienda potrebbe subire contestazioni anche dall’Agenzia delle Entrate per omessa applicazione delle ritenute fiscali sul lavoro dipendente. Tuttavia, in genere, questi aspetti vengono sistemati una volta pagate le somme arretrate al lavoratore (che poi le dichiarerà) e versati i contributi, quindi sono secondari rispetto alle sanzioni lavoro/INPS.
Infine, esiste un obbligo di informativa e consultazione sindacale sul tema orario e straordinari in alcune realtà: ad esempio, in imprese con RSU, spesso i contratti richiedono incontri periodici per esaminare l’andamento degli straordinari, o notifiche preventive se si prevede di fare super-lavoro per picchi produttivi. Non ottemperare a queste procedure può esporre l’azienda a rivendicazioni sindacali (diffide, richieste di compensazione, ecc.), sebbene non sempre con conseguenze giuridiche immediate. Ma in caso di causa, il sindacato potrebbe testimoniare che “non siamo mai stati informati dei carichi di straordinario”, rafforzando la posizione del lavoratore sul carattere anomalo della gestione aziendale.
In conclusione, gli obblighi del datore rispetto agli straordinari possono riassumersi in: corretta rilevazione, corretto pagamento con maggiorazioni, rispetto dei limiti e delle procedure contrattuali, versamento dei contributi dovuti. Il mancato rispetto di tali obblighi pone l’azienda in posizione debole sia verso pretese del lavoratore (che avrà buon gioco a dimostrare l’irregolarità), sia verso le autorità ispettive. Nei prossimi paragrafi vedremo appunto come queste violazioni vengono contestate e quali difese sono possibili.
Contestazioni degli straordinari non dichiarati: cause, prove e recenti orientamenti
Esaminiamo ora più da vicino quando e come nascono le contestazioni sugli straordinari non dichiarati, e soprattutto come si atteggiano le prove in questi contenziosi. Dal punto di vista pratico, possiamo individuare due principali situazioni in cui il “non dichiarato” viene a galla:
- Controversia individuale promossa dal lavoratore (o ex lavoratore): È il caso tipico in cui un dipendente, ancora in servizio o più spesso dopo la cessazione del rapporto, agisce per ottenere il pagamento di ore straordinarie che afferma di aver svolto ma che l’azienda non gli ha riconosciuto. Spesso il lavoratore aspetta la fine del rapporto, poiché durante il lavoro attivo è più difficile (per timore di ritorsioni) rivendicare questi diritti. Una volta dimessosi o licenziato, può inviare una lettera di contestazione/pagamento e poi fare causa al datore di lavoro per “differenze retributive da straordinario”. Queste cause rientrano nella competenza del Tribunale – sezione Lavoro, e seguono il rito del lavoro (procedura accelerata, con inversione delle memorie e udienza di conciliazione iniziale).
- Accertamento ispettivo e sanzioni amministrative: In altri casi, è l’Ispettorato Territoriale del Lavoro (ITL) o l’INPS che, durante un controllo, riscontra l’uso di ore extra non dichiarate. Ciò può avvenire d’ufficio (controlli a campione) o su segnalazione (spesso di un dipendente, magari anonima, o di un ex dipendente arrabbiato). Gli ispettori esaminano documenti, ascoltano lavoratori e testimoni, confrontano buste paga e orari, e se emergono incongruenze elevano verbali di contestazione. Il datore può vedersi recapitare una ordinanza-ingiunzione con le sanzioni amministrative (multe) come visto prima, e/o un verbale di accertamento contributivo con richiesta di versare contributi evasi. Contro l’ordinanza sanzionatoria l’azienda può proporre opposizione al Tribunale entro 30 giorni, instaurando di fatto un giudizio civile contro il Ministero del Lavoro per contestare le violazioni addebitate.
In entrambe le situazioni, un punto cruciale è la prova degli straordinari effettuati. La domanda chiave è: come può il lavoratore dimostrare di aver lavorato ore in più che il datore di lavoro non ha riconosciuto? E, specularmente, come può il datore difendersi e provare il contrario? Su questo tema si è sviluppata un’ampia giurisprudenza.
Onere della prova e mezzi di prova ammessi
Nei giudizi di lavoro vige il principio generale per cui chi afferma un diritto deve provare i fatti che lo fondano. Dunque, un lavoratore che chiede il pagamento di 100 ore straordinarie deve provare di aver effettivamente svolto quelle ore e che esse non furono compensate. Tuttavia, la posizione del lavoratore viene agevolata da alcune presunzioni e dal fatto che il datore è il custode delle scritture obbligatorie (LUL, fogli presenza). Se il datore possiede i registri orari, dovrebbe esibirli: l’eventuale rifiuto di esibizione potrebbe indurre il giudice a desumere che il loro contenuto sarebbe sfavorevole all’azienda (art. 210 c.p.c. e art. 116 c.p.c. sulla valutazione della prova).
Nella pratica, spesso il lavoratore non ha documenti “ufficiali” per provare le ore fatte – proprio perché non erano dichiarate. E qui entrano in gioco le prove testimoniali e indiziarie. La Cassazione, con un orientamento ormai consolidato, ha ribadito che la prestazione di lavoro straordinario può essere provata anche attraverso testimoni (colleghi di lavoro, ex dipendenti, persino clienti o fornitori che abbiano visto il lavoratore all’opera fuori orario) . Non è necessario che esistano fogli firma o timbrature, né che la prova sia “documentale”. Ad esempio, Cass. n.17912/2024 (Sez. Lavoro) e Cass. n.4984/2025 hanno affermato in ambito pubblico che il dipendente ha diritto al compenso straordinario se le prestazioni sono state rese con il consenso (anche implicito) del datore, e la mancanza di un’autorizzazione formale o di riscontri documentali non impedisce la tutela del diritto, potendo l’attività svolta essere dimostrata tramite testi . Questo principio, pur espresso per il pubblico impiego contrattualizzato (dove una legge finanziaria prevedeva l’obbligo di sistemi di rilevazione, eluso in quel caso), è valso a maggior ragione nel privato.
Che tipo di testimonianze possono convincere un giudice? Per esempio: colleghi che confermano “anche io restavo fino a tardi insieme al ricorrente, so che faceva 2 ore in più ogni giorno”; oppure sottoposti che dicano “vedevo spesso il caporeparto X trattenersi dopo la fine del turno”; o addirittura guardiani, portinai (“l’ho visto uscire dall’azienda ogni sera alle 20”). Le testimonianze devono essere il più possibile precise su orari e frequenza, per permettere al giudice di quantificare. Una certa tolleranza c’è: i testimoni possono anche riferire per approssimazione (es. “in generale finivamo alle 19, un’ora oltre l’orario delle 18, per 3-4 giorni a settimana”) e il giudice farà una valutazione equitativa delle ore totali.
Accanto ai testimoni, possono essere utilizzati elementi indiziari: email aziendali inviate dal lavoratore a tarda sera, messaggi whatsapp di superiori che chiedono di fare qualcosa di sabato, registri di accesso ai locali (badge, se disponibili), tabulati di telefoni o pc log aziendali (ad esempio, log-in al computer in orari tardivi). Nessuno di questi da solo fa piena prova, ma messi insieme possono dare un quadro coerente. Esempio reale: nel caso genovese citato prima, la Corte d’Appello ha ritenuto provato che un operaio facesse 10 ore al giorno + 5 il sabato (anziché 8 al giorno registrate) grazie alle convergenti dichiarazioni di più testimoni – compreso il diretto interessato – e dal fatto che in un separato giudizio l’azienda aveva transatto pagando €22.000 per straordinari arretrati . Quella transazione, benché extragiudiziale, è stata considerata un’ammissione implicita che le ore extra c’erano.
Dal lato del datore di lavoro, quali prove si possono addurre per contrastare la pretesa? Le possibili strategie probatorie includono:
- Esibire i cartellini e documenti ufficiali: se il LUL e i fogli presenza non riportano straordinari, il datore li esibirà per dire “vedete, risultava che usciva in orario”. Questo però non è decisivo, perché se l’accusa è proprio di non aver dichiarato, i registri combaceranno con le buste paga ma non con la realtà (anzi, confermano che non c’è traccia ufficiale). Tuttavia, se l’azienda ha in contrapposizione registri di reparto, note di consegna, insomma qualsiasi diario aziendale che contraddice i testimoni del lavoratore, può essere utile.
- Testimoni a discarico: l’azienda può far testimoniare i superiori gerarchici o altri dipendenti che sostengano che lo straordinario non avveniva. Ad esempio, il responsabile può dire: “il reparto chiudeva regolarmente alle 18, io controllavo che tutti andassero via”. Oppure: “il lavoratore Tizio non aveva le chiavi per restare, e io alle 18:30 attivavo l’allarme, quindi non poteva essere dentro dopo”. Tali testimonianze da sole rischiano di essere lette come interessate (un capo potrebbe coprire l’azienda per evitare guai), ma se credibili possono ridurre l’affidabilità delle prove di controparte.
- Documentare che lo straordinario non era necessario: una linea difensiva è cercare di dimostrare che il carico di lavoro assegnato poteva essere svolto nelle ore ordinarie, e che quindi le eventuali permanenze oltre erano dovute a iniziativa del lavoratore, non richieste. Magari portando dati su produttività, confronti con altri reparti, ecc. Non facile da far valere, ma se il ruolo era del tutto autonomo, l’azienda può dire: “non gli ho mai chiesto di fermarsi, se lo ha fatto era per sua organizzazione personale”.
- Ordini di servizio contrari: se il datore aveva emesso ordini o policy che vietavano espressamente lo straordinario non autorizzato (es. un regolamento interno che impone ai dipendenti di uscire in orario, o di chiedere permesso scritto per restare), può produrli. Ciò per dimostrare che ufficialmente l’azienda non voleva straordinari, e se qualcuno li faceva era contro le regole. Ad esempio, un regolamento aziendale potrebbe prevedere il divieto di permanenza oltre l’orario senza autorizzazione . Chiaramente, la presenza di una regola scritta aiuta solo se l’azienda può dire di averla fatta rispettare (se poi tutti la ignoravano, perde forza).
- Compensazioni già avvenute: il datore può sostenere che eventuali ore extra erano state compensate in altro modo: ad esempio con riposi compensativi (se può mostrare che il lavoratore ha fruito di permessi extra equivalenti alle ore contestate) o con un premio forfettario. Nel caso citato, l’azienda pagava un “premio di operosità” mensile proprio con questa finalità, ma il giudice l’ha considerata un’ammissione di straordinario non dichiarato, non una scriminante . Però, se formalizzato, il datore può dire: “Guardi, c’è un accordo di forfettizzazione firmato; il lavoratore ha già avuto i soldi per X ore al mese”. Questo può ridurre il dovuto (allargando la diatriba a quante ore eccedevano il forfait).
- Prescrizione: un aspetto importante su cui torneremo è la prescrizione dei crediti di lavoro. In generale, i crediti retributivi (come lo straordinario) si prescrivono in 5 anni ai sensi dell’art.2948 cod.civ. Recenti sentenze (Cass. n.26246/2022) hanno chiarito che tale termine decorre dalla cessazione del rapporto se durante il rapporto il lavoratore era in condizione di subordinazione tale da non poter liberamente agire . Oggi, con il regime di tutela contro i licenziamenti cambiato, la tendenza è considerare che la prescrizione inizi alla fine del rapporto per la maggior parte dei lavoratori a tempo indeterminato assunti dopo il 2015. Comunque, se il lavoratore pretende straordinari di oltre 5 anni addietro, l’azienda può eccepire che sono prescritti (non dovuti perché il diritto si è estinto per decorso del tempo). L’eccezione di prescrizione, se accolta, riduce il periodo risarcibile. Ad esempio, una causa nel 2025 potrà coprire al massimo straordinari dal 2020 in avanti se eccepita la prescrizione quinquennale. Questo è un tipico stratagemma difensivo in giudizio: a volte dimezza o riduce notevolmente il debito. Naturalmente, la prescrizione va eccepita tempestivamente dal convenuto datore (nelle memorie difensive iniziali), altrimenti è tacitamente rinunciata.
In definitiva, nei processi per straordinari, il giudice del lavoro valuta complessivamente le risultanze. Non è raro che riconosca solo una parte di quanto preteso dal lavoratore: ad esempio, quest’ultimo magari chiede 10 ore a settimana per 3 anni, ma il giudice, basandosi su prove meno solide per periodi remoti, ne riconosce 5 ore settimanali per un anno e 2 per il restante, ex aequo et bono. Ciò avviene quando la prova non è precisa al minuto ma fornisce un quadro di “molti straordinari svolti”. Al datore di lavoro conviene quindi mettere in dubbio la quantità anche qualora non possa negare in toto l’esistenza di straordinari. Se riesce a ridimensionare la quantificazione (ad esempio provando che non erano 2 ore ogni giorno ma solo 2 alla settimana), il suo esborso sarà minore.
Da notare un risvolto: se il lavoratore, oltre al pagamento, chiedesse una rivalsa per danni (es. danno biologico da superlavoro, danno da usura psicofisica), la prova si complicherebbe perché dovrebbe mostrare il nesso tra orari e danno subito. Queste sono cause più rare e di solito separate. Nella maggior parte dei casi il contendere riguarda solo le ore di straordinario non pagate e gli accessori (interessi e rivalutazione).
Orientamenti giurisprudenziali aggiornati e casi particolari
Come accennato, la giurisprudenza recente si è espressa su vari aspetti relativi agli straordinari non dichiarati, fornendo principi utili sia per i lavoratori sia per i datori di lavoro. Riassumiamo alcuni punti chiave emersi da sentenze autorevoli (2024-2025), che dal punto di vista datoriale possono rappresentare criticità da tenere presenti in un contenzioso:
- Straordinari non autorizzati formalmente, ma consapevolmente svolti: La Cassazione conferma che manca l’autorizzazione scritta non esonera dal pagamento se il datore sapeva e non ha proibito. Come abbiamo citato, la Suprema Corte ha affermato che la violazione di regole interne (come mancanza di preventiva autorizzazione o superamento di budget di spesa) potrà semmai comportare responsabilità dirigenziale interna, ma non può tradursi in un danno per il lavoratore che la prestazione l’ha svolta . In altre parole, l’azienda non può opporre al dipendente: “Non avevi il mio permesso formale, quindi niente straordinario pagato”. Se poi un quadro intermedio ha fatto lavorare il dipendente oltre senza autorizzazione superiore, la questione riguarda l’azienda e quel quadro (responsabilità contabile o disciplinare di quest’ultimo), ma al lavoratore va comunque corrisposto quanto dovuto .
- Lavoro straordinario di personale direttivo: Come già anticipato, l’orientamento tradizionale era che quadri e direttivi, esclusi dai limiti di orario, non avessero diritto a straordinari. La Cassazione n.13178/2025 ha “rotto” parzialmente questo paradigma, affermando che anche i dipendenti con funzioni direttive hanno un limite oltre il quale scatta il diritto a compenso, sebbene non fissato in un numero preciso di ore, ma desumibile dal rispetto della salute e dalla natura delle mansioni . Nella specie si trattava di un quadro FCA che percepiva una indennità fissa di funzione (€1.812 annui) invariata per 10 anni a fronte di orari enormi: la Cassazione ha cassato la sentenza d’appello che gli negava ulteriori compensi, riconoscendo che va valutata la ragionevolezza del rapporto tra indennità e straordinario effettivo. Questo significa che un’azienda convenuta da un quadro non può limitarsi a dire “tu eri escluso dall’orario, punto”, ma dovrà dimostrare che il compenso forfettario eventualmente dato era adeguato e che le ore prestate rientravano nell’elasticità attesa per quel ruolo. Oltre un certo “limite quantitativo globale” anche un quadro può pretendere la differenza . È un avvertimento per i datori: attenzione a non sovraccaricare il personale direttivo confidando che non timbrano il cartellino – potrebbero rivalersi.
- Rifiuto dello straordinario e licenziamento: Abbiamo visto il caso del conducente della logistica, ma va sottolineato: se il datore reagisce a un rifiuto licenziando, rischia poi di dover reintegrare il dipendente con risarcimento pieno (12 mensilità in quel caso) . Questo ovviamente è dall’ottica del lavoratore, ma al datore conviene sapere che non ha carta bianca nel pretendere straordinari arbitrari. La difesa di un’azienda in un eventuale contenzioso su licenziamento per rifiuto potrà reggere solo se lo straordinario chiesto era del tutto ragionevole e il rifiuto immotivato. Ad esempio, se un addetto si rifiuta di fare mezz’ora in più per finire un lavoro urgente senza scuse plausibili, allora l’azienda potrà sostenere la legittimità del licenziamento (previa contestazione disciplinare etc.). Ma casi così netti sono rari.
- Conteggio delle ore e arrotondamenti: a volte le contestazioni riguardano minuti o frazioni. Giurisprudenza minore ha ritenuto che far timbrare l’uscita arrotondando per difetto (es. chi esce alle 18:10 viene registrato 18:00) per prassi aziendale è scorretto, e quei 10 minuti al giorno, sommati, vanno pagati. Sembra marginale, ma in ottica collettiva può costare caro.
- Straordinario e sicurezza: Un filone attiene al legame tra superamento di orario e infortuni. Se un incidente sul lavoro avviene durante o a causa di straordinari massacranti, l’azienda può subire conseguenze (es. l’INAIL che fa regresso per violazione norme di sicurezza relative al riposo). È un tema trasversale, ma da considerare come rischio.
- Part-time e straordinario (lavoro supplementare): per i part-time le ore oltre l’orario contrattuale si chiamano “supplementari” fino al raggiungimento del tempo pieno. Devono anch’esse essere retribuite con maggiorazione (di solito +15%). Il datore che le “occulta” incorre in violazioni simili allo straordinario standard, con in più il rischio che il lavoratore part-time chieda la trasformazione a full-time se l’uso di ore supplementari è sistematico (la giurisprudenza tende a riconoscere il diritto al full-time in caso di abuso sistematico del part-time che lavora sempre come un full-time).
- Straordinari forfettari e rivendicazioni: abbiamo trattato la forfettizzazione. Segnaliamo una Cass. 4/2015 che evidenziava come l’accordo individuale di forfait sia valido e quell’importo sia considerato superminimo assorbibile . Ma se il lavoratore dimostra di aver ecceduto costantemente il tetto forfettizzato, potrà esigere differenze (Cass. 13606/2017, Cass. 9458/2015 hanno confermato onere probatorio in capo al lavoratore, come già detto).
In generale, l’orientamento attuale tutela molto il lavoratore sul piano probatorio (ammettendo ogni mezzo di prova anche surrettizio) e sul piano sostanziale (invalidando ogni patto che miri a eludere retribuzioni dovute). Il datore di lavoro deve quindi giocare d’anticipo ed evitare di lasciare zone d’ombra nella gestione oraria.
Riassumiamo in una tabella i principi giurisprudenziali recenti più rilevanti:
Principio affermato | Sentenza (Anno) | Dettagli |
---|---|---|
Straordinario va pagato anche senza formale autorizzazione, se il datore ne era consapevole (implicita autorizzazione) | Cass. Sez. Lav. n.17912/2024; Cass. n.4984/2025 | Casi settore pubblico: violazione di procedure interne o budget straordinari rileva come responsabilità amministrativa interna, ma il lavoratore ha comunque diritto al compenso. Autorizzazione = prestazione svolta non “insciente o prohibente” il datore. |
Prova dello straordinario tramite testimoni è ammessa anche in assenza di documenti | Cass. n.4984/2025 | Confermato che la mancanza di timbrature o fogli presenza non preclude la tutela: il dipendente può dimostrare con testimoni l’orario svolto. Principio applicato nel pubblico impiego contrattualizzato (dove era richiesto badge) ma estensibile al privato. |
Limite implicito allo straordinario per i direttivi; oltre soglia ragionevole, compenso dovuto oltre forfait | Cass. ord. n.13178/2025 | Personale con funzioni direttive escluso dai limiti di orario: riconosciuto comunque un “limite quantitativo globale” ex art.36 Cost. e tutela salute. Nel caso, quadro con indennità fissa insufficiente vs ore fatte: cassata sentenza che negava differenze. |
Rifiuto di straordinario “abnorme” è legittimo – licenziamento annullato | Cass. ord. n.22459/2024 (caso autista) | Straordinario richiesto a fine settimana senza preavviso e oltre limiti CCNL: giudicato inesigibile; licenziamento per rifiuto dichiarato illegittimo con reintegra. Confermato che richieste eccessive violano buona fede contrattuale. |
Omessa registrazione su LUL straordinari = illecito formale sanzionabile, anche se ore pagate forfettariamente | Corte Appello Genova 2024 (confermativa sanzione ITL) | Ribadita autonomia della violazione di infedele registrazione: obbligo di tenuta scritture non subordinato a danno economico. Pagare sotto voce diverse (es. “premio”) non salva da sanzione perché elude tracciabilità. |
Banca ore: ore eccedenti tetto confluiscono in riposi, se non goduti diventano straordinario pagato | Vari (principio contrattuale, es. Cass. 7859/2017 su banca ore commercio) | Il datore che non consente il recupero dei riposi compensativi entro termini contrattuali deve pagare le ore corrispondenti con relative maggiorazioni. L’accordo su banca ore non fa perdere il diritto alla retribuzione se i riposi non vengono fatti fruire. |
Tabella 2: Principi giurisprudenziali e di prassi rilevanti sullo straordinario non dichiarato (ultimi anni).
Come si nota, le sentenze più recenti spingono per scoraggiare l’irregolarità: pagare il dovuto, registrare tutto, rispettare i limiti. Dal punto di vista di un datore di lavoro convenuto in giudizio o sanzionato, ciò significa che dovrà preparare una difesa rigorosa per giustificare eventuali discrepanze.
Nei prossimi paragrafi passeremo appunto in rassegna le strategie difensive che un’azienda (o il suo legale) può adottare di fronte a contestazioni di straordinario non dichiarato, distinguendo tra fase ispettiva/amministrativa e fase giudiziale contenziosa, senza trascurare l’importanza di giocare d’anticipo tramite misure organizzative.
Come difendersi dalle contestazioni: strategie per il datore di lavoro
Affrontare una contestazione di straordinari non dichiarati richiede un approccio su più fronti. Possiamo distinguere tra la difesa “preventiva”, volta a evitare che sorgano contestazioni (o mettersi in posizione favorevole qualora sorgano), e la difesa “successiva” quando ormai è in atto un accertamento o un giudizio. Inoltre, le azioni da intraprendere variano se si è in sede amministrativa/ispettiva oppure in sede giudiziaria (causa di lavoro o opposizione a sanzione). Analizziamo separatamente queste situazioni, tenendo sempre presente il punto di vista del datore di lavoro (debitore) che deve minimizzare perdite economiche e sanzioni.
Prevenzione e organizzazione interna
La miglior difesa è prevenire il problema. Un datore di lavoro può adottare diverse misure organizzative per evitare il sorgere di contestazioni sugli straordinari:
- Policy chiare sugli straordinari: Emanare un regolamento interno o direttive scritte in cui si stabilisce che lo straordinario deve essere autorizzato dai superiori e che è vietato ai dipendenti trattenersi oltre l’orario senza permesso . Si può anche specificare l’orario di spegnimento macchinari o chiusura locali. Questa policy va comunicata a tutto il personale e, soprattutto, fatta rispettare. Ciò tutela il datore perché, se qualcuno poi pretende straordinari non autorizzati, l’azienda potrà dire che aveva dato regole contrarie (anche se, come visto, ciò non basta in assoluto, ma aiuta a mostrare buona fede). Importante: la policy dovrebbe prevedere sanzioni disciplinari per chi la viola (es. richiamo se uno resta senza dire nulla), così da poter dimostrare di aver disincentivato attivamente gli abusi.
- Sistema di registrazione presenze affidabile: Implementare sistemi di rilevazione elettronica (badge, tornelli, login computer con orario, etc.) e conservare i log. Questo serve sia a pagare correttamente le ore sia, in ottica difensiva, ad avere dati oggettivi in caso di contestazioni. Ad esempio, se un dipendente sostiene di aver lavorato fino alle 22, ma il badge mostra uscita alle 18:05 tutti i giorni, ciò demolisce la sua pretesa (salvo provi che restava senza timbrare, ma in tal caso viola regole e appare meno credibile). Anche registri manuali firmati giornalmente possono servire in assenza di tecnologia. L’importante è la coerenza dei dati: se pure emergesse qualche straordinario non pagato, almeno le ore sarebbero note e limitate, evitando sorprese.
- Limitare lo straordinario sistematico: Monitorare i carichi di lavoro e, se si vede che in certi reparti si fa sempre straordinario, intervenire (assumere nuovo personale, riorganizzare turni, etc.). Straordinario cronico = terreno fertile per cause. L’ideale sarebbe mantenere lo straordinario nei limiti di saltuarietà indicati nei contratti (“saltuario e eccezionale” dice il CCNL Logistica ). Se l’azienda ha bisogno costantemente di quelle ore in più, valuti di trasformarle in orario ordinario (magari contrattando con il personale una rimodulazione dell’orario).
- Forfettizzazione trasparente: Se si opta per compensi fissi, formalizzare con accordi precisi (come già detto) . Inoltre, aggiornare tali accordi se le condizioni cambiano: es., se inizialmente il forfait copriva 10 ore/mese ma l’azienda chiede poi 20 ore, meglio rinegoziare l’importo forfettario invece di restare fermi e rischiare un contenzioso.
- Formazione dei responsabili: I manager di linea vanno istruiti sulle regole. Devono sapere che non possono “fare i furbi” chiedendo straordinari in nero o promettendo recuperi non autorizzati. Spiegare loro i rischi aziendali (sanzioni, cause) può responsabilizzarli. Magari prevedere che nei loro obiettivi di performance ci sia anche il rispetto del budget straordinari ufficiale.
- Rapporti con le RSU/RSA: Coinvolgere i rappresentanti dei lavoratori può essere utile. Se l’azienda prevede picchi di lavoro, meglio convocare la RSU e concordare un piano di straordinari temporanei, magari riconoscendo poi permessi extra o un premio. Un clima di collaborazione riduce la probabilità che i dipendenti facciano vertenze. Inoltre, verbali d’incontro con il sindacato su straordinari possono documentare che l’azienda non aveva nulla da nascondere e che c’era trasparenza.
- Sorvegliare il rispetto dei riposi: Far rispettare i riposi giornalieri e settimanali. Se un dipendente chiede di fare straordinario di notte o di domenica, valutarlo attentamente e comunque assicurarsi che recuperi il riposo dopo. Evitare di avere persone in continuo straordinario per settimane senza un giorno libero: a parte essere illegale, è logorante e li spingerà prima o poi a denunciare.
- Documentare autorizzazioni e richieste: Quando si richiede straordinario per iscritto (es. email: “Autorizzo il team a fare 2h in più per spedire l’ordine”), conservare queste comunicazioni. Esse mostrano che l’azienda lo aveva previsto, autorizzato e (si suppone) pagato. Se poi qualcuno dicesse di più ore, avrete traccia di quelle autorizzate.
In sostanza, prevenire significa creare un ambiente di lavoro dove gli straordinari sono ben gestiti, retribuiti e tracciati. Non solo si evitano cause, ma si migliora la produttività (il personale non è scontento perché vede riconosciuto il proprio impegno). Tuttavia, sappiamo che, specialmente in certi settori (es. piccole imprese edili o artigiane, ristorazione, ecc.), la realtà spesso vede straordinari informali. In tal caso, se scoppia la disputa, bisogna ricorrere alle strategie “successive”.
Gestire un accertamento ispettivo e le sanzioni amministrative
Quando un datore di lavoro viene fatto oggetto di un controllo ispettivo in materia di orari di lavoro, è importante agire con cautela e cognizione di causa fin da subito. Durante l’ispezione, l’atteggiamento collaborativo può aiutare: fornire i documenti richiesti (LUL, buste paga, turni), evitare ostacoli o dichiarazioni false. Se gli ispettori fanno domande, rispondere con verità (negare l’evidenza o dare versioni aggiustate spesso peggiora la posizione, specie se i lavoratori poi raccontano altro).
Se l’ispettore riscontra irregolarità (ad esempio raccoglie testimonianze sul posto che confermano straordinari non registrati), a fine accesso lascerà un verbale interlocutorio. Di solito, prima di emettere la sanzione formale, viene notificato un verbale di accertamento con l’esito. A questo punto, il datore può presentare scritti difensivi all’ente (ITL o INPS) entro il termine indicato (generalmente 30 giorni). Negli scritti difensivi l’azienda dovrebbe:
- Evidenziare eventuali errori o fraintendimenti. Ad es.: “Nel verbale si parla di 100 ore non registrate, ma erano ore di viaggio non computabili come lavoro ai sensi del CCNL” – se vero, allegare la norma contrattuale. Oppure: “Il lavoratore Caio intervistato sostiene di aver lavorato 10 sabati, ma in realtà in quei giorni l’azienda era chiusa e ha confuso con altri giorni feriali (si allega calendario di chiusura)”. Insomma, smontare punto per punto le affermazioni contestate con elementi oggettivi.
- Sottolineare eventuali zone d’ombra procedurali. Ad esempio: notifica tardiva del verbale. La legge prevede che i verbali vanno notificati entro 90 giorni dalla conclusione accertamento (o 180 se azienda fuori provincia). Se l’ispettorato ha sforato i termini, si può far valere la decadenza (come fece l’azienda nel caso di Genova in primo grado, ma lì poi la Corte d’Appello spiegò che il termine decorreva dalla fine delle indagini, non dall’accesso iniziale, giudicando tempestiva la notifica ). Comunque, verificare date e scadenze è utile: un vizio procedurale può annullare la sanzione.
- Mettere in luce la buona fede e l’assenza di danno. Anche se formalmente non esime da sanzione, può influire su un eventuale potere di discrezionalità nella quantificazione. Ad esempio: “È vero che non abbiamo registrato come straordinario quelle ore, ma le abbiamo retribuite come premio di risultato, pagando anche i contributi su di esse” (attenzione: nel caso di Genova ciò non ha evitato la multa , però evidenziare che almeno contributi e tasse erano versati può portare a considerare l’illecito meno grave). Oppure: “Il monte ore straordinario annuo è rimasto nei limiti legali, l’errore è stato solo formale di registrazione”.
Gli scritti difensivi spesso non fermano l’iter (gli ispettori tendono a confermare il proprio operato), ma servono a preparare il terreno per una eventuale opposizione giudiziaria. Infatti, se poi si va in Tribunale contro l’ordinanza ingiunzione, quelle memorie e allegati saranno esaminati dal giudice.
Una volta emanata la ordinanza-ingiunzione (il provvedimento che commina la sanzione amministrativa, ad esempio tot euro di multa per LUL infedele, tot per superamento limiti, ecc.), il datore ha due scelte: pagare oppure opporsi. Pagare subito talvolta dà diritto a una riduzione (in alcuni casi di sanzioni amministrative, il pagamento entro 60 giorni riduce del 30% l’importo – occorre verificare se applicabile a quella fattispecie specifica). Questa opzione è da valutare se la sanzione è modesta e la violazione effettivamente c’è stata, per chiudere la faccenda velocemente e senza ulteriori costi legali.
Se invece la sanzione è elevata o ritenuta ingiusta, si può proporre opposizione al giudice (Tribunale Lavoro, perché in materia di lavoro l’opposizione a ordinanze ITL va lì, non dal giudice di pace). L’opposizione è un ricorso in cui si chiede al giudice di annullare o ridurre la sanzione. Nella causa, l’ente (ITL) starà in giudizio normalmente tramite l’Avvocatura dello Stato.
Le strategie difensive in giudizio amministrativo ricalcano gli argomenti già accennati, con qualche particolarità:
- Contestare la sussistenza della violazione: se l’ispettore ha qualificato come “lavoro straordinario” ciò che per l’azienda non lo era. Ad esempio, alcune ore potrebbero essere state trasformate in riposi equivalenti (e quindi non andavano registrate come straordinario retribuito, se c’era banca ore – su questo però attenzione, vanno comunque registrate come ore lavorate). Oppure l’orario contestato era in realtà tempo di viaggio non computabile (certi contratti escludono i tempi di trasferta dal computo orario se indennizzati a parte). Se c’è un appiglio del genere, va sfruttato.
- Contestare il metodo di calcolo: gli ispettori a volte quantificano le ore presumendo da testimonianze generiche. L’azienda può portare documentazione più precisa per ridurre il numero di ore contestate (es. registro di accesso ai locali). Meno ore = sanzione forse ridotta (alcune sanzioni scattano per fasce di ore/lavoratori come visto ). Ad esempio, se l’ispettore ha detto “violazione su 6 lavoratori”, ma in realtà 2 di quelli 6 facevano straordinari entro il limite contrattuale, si può cercare di escluderli, scendendo a 4 (sotto la soglia aggravante di >5 lavoratori).
- Evidenziare irregolarità procedurali: come detto, notifica tardiva, difetto di firma del funzionario competente, mancata indicazione delle modalità di pagamento in ordinanza, ecc. Sono aspetti tecnici che un avvocato esperto valuterà. A volte errori formali portano all’annullamento dell’ordinanza.
- Chiedere l’applicazione del cumulo giuridico o altre attenuanti: in diritto sanzionatorio amministrativo esiste il principio del cumulo giuridico se più violazioni della stessa indole vengono commesse con un’unica azione o sono in continuazione. Ad esempio, se la mancata registrazione riguarda 10 dipendenti per 12 mesi ciascuno, teoricamente sarebbe 120 violazioni, ma spesso viene considerata una condotta continuata unica e si applica una sola sanzione base aumentata (ma non moltiplicata per 120). Occorre perorare questa visione per non pagare somme astronomiche. Inoltre, se la normativa lo consente, chiedere al giudice l’applicazione del minimo edittale (adducendo magari che l’azienda ha sanato le irregolarità, ha pagato subito i contributi omessi, ecc.).
- Dimostrare ravvedimento operoso: se l’azienda, appena saputo dell’ispezione, ha provveduto spontaneamente a pagare al lavoratore le ore dovute o a mettere in regola i contributi prima della notifica del verbale, lo segnali. Potrebbe non estinguere l’illecito (dipende dal tipo; per alcuni il pagamento spontaneo prima dell’accertamento estingue o attenua), ma crea un clima favorevole. Ad esempio, versare i contributi evasi prima che l’INPS li ingiunga può evitare la sanzione penale (perché il reato di omesso versamento si estingue se paghi entro termini).
Da un punto di vista pratico, in sede di opposizione a sanzione il datore di lavoro spesso può sperare in un esito positivo se i rilievi ispettivi erano borderline o viziati. Se invece effettivamente c’erano straordinari nascosti e l’ispettore li ha accertati bene, le chance sono poche: il giudice di solito conferma la sanzione (magari riducendo l’importo se c’è margine interpretativo).
Un’altra via è cercare di conciliarsi con l’organo di vigilanza prima dell’ordinanza. In passato esisteva la “maxi-sanzione lavoro nero diffidabile” in cui, se il datore regolarizzava subito il lavoratore pagando contributi e assumendolo, la sanzione veniva ridotta al minimo. Tuttora, per alcune violazioni, la legge consente la diffida obbligatoria: l’ispettore deve diffidare a regolarizzare, e se il datore adempie, paga la sanzione minima. Bisogna vedere se applicabile allo specifico caso di straordinari non registrati. Ad esempio, per omessa registrazione sul LUL, la diffida non è ammessa perché è una violazione formale non sanabile ex post (le ore ormai sono passate). Per superamento limiti d’orario, essendo già avvenuto, idem. Quindi, in questo ambito, raramente c’è diffida. Tuttavia l’ispettorato talvolta suggerisce al datore di stipulare conciliazioni con i lavoratori per pagare loro il dovuto (ciò non estingue la sanzione, ma migliora la situazione per eventuale contenzioso civile).
In conclusione, la difesa in sede ispettiva mira principalmente a ridurre i danni economici: contenere le sanzioni, dilazionare i pagamenti (si può chiedere rateazione delle sanzioni amministrative se elevate), ed evitare implicazioni penali. La tempestività è essenziale: far seguire il caso a un consulente del lavoro o avvocato fin da subito può evitare passi falsi.
Difesa in sede giudiziale (contro rivendicazioni del lavoratore)
Quando un (ex) dipendente intraprende un’azione legale per straordinari non pagati, il datore di lavoro deve strutturare una difesa focalizzata sugli aspetti contrattuali e probatori, come già in parte delineato parlando dell’onere della prova. Ricapitoliamo le principali strategie difensive in causa di lavoro dal punto di vista datoriale:
- Eccepire la prescrizione: Come detto, è spesso la prima linea di difesa. Se parte della pretesa riguarda periodi temporalmente lontani (oltre 5 anni prima della causa), conviene sollevare l’eccezione di prescrizione per quei crediti. Ad esempio, causa avviata nel settembre 2025: chiedere di dichiarare prescritti gli straordinari antecedenti al settembre 2020. Se il rapporto di lavoro era ancora in essere in quel periodo e il lavoratore era un assunto ante 2015 con art.18, il giudice potrebbe rigettare l’eccezione ritenendo che la prescrizione correva già durante il rapporto; ma con le nuove regole, la tendenza è considerare la decorrenza dalla fine (soprattutto per rapporti iniziati dopo il Jobs Act). In ogni caso, nulla vieta di provare: se il giudice accoglie, quella porzione di domanda viene tagliata via.
- Negare l’esistenza delle ore straordinarie o ridimensionarle: In sede di memoria difensiva scritta (ricorso e memoria di costituzione) il datore contesterà puntualmente quanto affermato dal lavoratore. Ad esempio: il ricorrente sostiene di aver lavorato fino alle 20 ogni sera – la difesa nega e afferma che egli terminava alle 18 come da contratto, e che al massimo in rare eccezioni è rimasto un’ora in più, peraltro compensata. Questa posizione va poi mantenuta e supportata con prove durante il processo. L’azienda cercherà di far emergere che il racconto del lavoratore è esagerato o non credibile.
- Sfruttare eventuali anomalie nella domanda: Se il lavoratore non è stato chiaro su cosa rivendica (es. non specifica i giorni/mesi in cui ha fatto straordinari, o chiede una somma forfettaria senza dettagli), la difesa può attaccare la genericità della domanda, chiedendo al giudice di dichiararla inammissibile per indefinizione. Spesso però i giudici permettono di dettagliare in corso di causa, quindi non ci si può basare solo su questo.
- Produrre documenti aziendali: presentare i registri orari ufficiali, come discusso. Anche se non registravano tutto, è necessario metterli agli atti perché fanno fede fino a prova contraria. Il lavoratore cercherà di vincere quella “prova contraria” con testimoni, ma intanto c’è un pezzo di carta con orari contrattuali. Se esistono lettere firmate dal lavoratore – per esempio, fogli mensili di presenza controfirmati – in cui egli attesta le sole ore ordinarie, questo è un elemento a favore del datore (dimostra che il lavoratore, all’epoca, non segnalava straordinari). Tale firma potrebbe essere frutto di costrizione o abitudine e non impedisce di reclamare poi, ma agli occhi del giudice può sollevare dubbi sulla veridicità delle nuove affermazioni.
- Testimoni: convocare eventuali testimoni come già indicato: capi, colleghi, ecc., per smentire o attenuare le dichiarazioni dei testi di controparte. È importante preparare bene i testimoni, senza istruirli a dire il falso (illecito), ma assicurandosi che ricordino gli aspetti salienti (es. fargli rivedere magari i turni o i registri, se erano responsabili). Se c’è il timore che ex colleghi ora amici del ricorrente testimonino a favore suo con enfasi, l’azienda può cercare altri colleghi neutrali. A volte, più che negare in blocco, è efficace avere testimonianze che contraddicono in parte il ricorrente: ad esempio, un collega potrebbe confermare che “sì, ci capitava di fermarci, ma succedeva solo 1 volta a settimana non tutti i giorni come dice lui”. Questo rende la versione aziendale più credibile e ragionevole.
- Invocare l’accordo di forfettizzazione (se esistente): come già detto, produrre l’accordo scritto e dimostrare che l’importo era corrisposto regolarmente. In causa, il lavoratore spesso risponde che quel forfait era insufficiente rispetto alle ore fatte; il datore può replicare mostrando magari che il forfait era calcolato su 10 ore/mese e nei fatti il lavoratore ne faceva in media 12 – quindi se differenze ci sono, sono minime. Inoltre, se il lavoratore non ha mai formalmente contestato in passato, l’azienda può sostenere che quell’accordo costituiva tacito assenso a quel regime (anche se legalmente non impedisce la rivendicazione, specie alla fine del rapporto).
- Mettere in dubbio l’attendibilità del lavoratore e dei suoi testimoni: se emergono contraddizioni nelle loro affermazioni o interessi particolari, sottolinearlo. Ad esempio, il testimone è a sua volta in causa con l’azienda? Allora è interessato e meno credibile. Il lavoratore in passato firmò quietanze liberatorie? Allora perché ora dice diversamente? La credibilità è tutto nei giudizi basati su testimonianze.
- Offrire una conciliazione: Questa è più una strategia negoziale che difensiva in aula. Valutare seriamente l’opportunità di un accordo transattivo con il dipendente, soprattutto se il giudice lascia intendere che le prove gli paiono a favore del lavoratore. Spesso nelle prime udienze, il giudice tenta la conciliazione. Il datore di lavoro potrebbe proporre una somma forfettaria (magari pari al 50% di quanto richiesto) per chiudere la controversia. Vantaggi: evita ulteriori spese legali e il rischio di dover pagare tutto più interessi. Svantaggi: si paga qualcosa anche se si ritiene di avere ragione, e può fare da precedente per altri (ma le transazioni di solito si fanno con clausola di riservatezza). Spesso, specie se il rapporto è già cessato, il lavoratore accetta un compromesso pur di non attendere anni di causa. La transazione andrebbe formalizzata con cura (meglio se in sede protetta, cioè dinanzi al giudice o in Commissione di Conciliazione presso l’ispettorato, per renderla non impugnabile ex art.2113 c.c.). Se si trova un accordo, l’azienda deve poi onorarlo puntualmente per evitare riaccensioni della lite.
- Contestare voci accessorie o calcoli errati: qualora il giudice propenda per accogliere, almeno verificare che il conteggio del lavoratore sia corretto. Spesso gli avvocati di parte lavoratore includono interessi, rivalutazione e magari anche una maggiorazione per straordinario sul TFR. L’azienda deve controllare: se quello straordinario era già nel TFR (perché forfettizzato e conglobato), evitare doppio conteggio. Oppure, verificare il periodo di interessi (che decorrono dalla scadenza di ogni paga). Contestare anche 100 euro può sembrare poco, ma a livello di principio e per ridurre spese fa la differenza.
- Evidenziare condotte del lavoratore: come ultima spiaggia, se vi sono elementi per gettare una luce diversa. Ad esempio: il lavoratore era inefficiente e per quello restava di più (quindi non dovrebbe essere pagato per la sua lentezza); oppure: il lavoratore aveva già percepito un’indennità ad hoc (es. un bonus fine anno che, verbalmente, era inteso anche a compensare quelle ore – se si può argomentare con testimoni). O ancora: eccepire l’eventuale dolo del lavoratore che, se ipoteticamente timbrava l’uscita e poi rientrava abusivamente per fare straordinario non autorizzato, commetteva un’irregolarità. Questo tipo di argomenti può non escludere il compenso dovuto, ma potrebbe persuadere il giudice a limitare le riconoscenze (specie se non è chiarissimo il quadro).
Va ricordato che il giudizio del lavoro permette al giudice di farsi un’opinione basata sul complesso delle prove. Dunque, la coerenza e credibilità complessiva della versione aziendale è fondamentale. Se il datore di lavoro fornisce una spiegazione logica del perché il lavoratore mente o esagera (es. “si è offeso per un declassamento e ci vuole colpire con questa causa”), supportata da qualche riscontro, e riesce a dimostrare di aver generalmente rispettato le norme (magari mostrando che per altri dipendenti lo straordinario veniva pagato correttamente e solo con quel lavoratore c’era quell’accordo particolare), allora ha chance di ottenere una decisione favorevole o almeno mitigata.
Al contrario, se emergono violazioni sistematiche e consapevoli (tipo: l’azienda teneva tutti 1 ora in più al giorno e pagava in nero quelle ore, o non le pagava affatto), difficilmente si scamperà a una condanna piena, con tanto di contributi arretrati da versare e possibili segnalazioni all’INPS/INL se non già avvenute.
Un capitolo a parte è il caso in cui il lavoratore abbia firmato quietanze liberatorie o conciliazioni relative al rapporto di lavoro. Ad esempio, all’atto delle dimissioni, molte aziende fanno firmare dichiarazioni tipo “di aver ricevuto tutto il dovuto e di non aver null’altro a pretendere”. Purtroppo, secondo l’art.2113 c.c., tali quietanze non precludono al lavoratore di agire successivamente, a meno che siano fatte in sede protetta (sindacale o ITL). Se il datore ne ha una firmata, la produca: magari moralmente scredita un po’ il ricorrente (“perché hai detto nulla a pretendere e poi fai causa?”). Ma legalmente non lo blocca, a meno che la quietanza sia specifica e in sede protetta. Se invece c’è stata una conciliazione in sede sindacale/ITL in cui il lavoratore ha espressamente rinunciato agli straordinari in cambio magari di un incentivo all’esodo, allora quell’accordo fa stato ed è irrevocabile. In tal caso la difesa opporrà l’accordo e chiederà il rigetto totale per intervenuta transazione.
Casi pratici simulati (esempi di difesa riuscita e non)
Per rendere più concreta la teoria esposta, presentiamo alcuni scenari pratici simulati che illustrano l’applicazione delle strategie difensive dal lato datoriale, con un esito ipotetico basato su casi realistici:
Caso pratico 1: Officina meccanica e straordinari non pagati
Scenario: Marco, operaio in un’officina metalmeccanica (15 dipendenti), lamenta di aver lavorato 2 ore extra al giorno per 3 anni senza adeguata retribuzione. Nell’orario contrattuale (8-17 con un’ora pausa) spesso si fermava fino alle 19 per finire commesse urgenti. Sostiene di aver accumulato circa 1.200 ore di straordinario impagato e fa causa chiedendo ~€18.000. L’azienda non aveva un sistema di badge; gli orari sul LUL risultano sempre 8 ore/die.
Difesa del datore: Il titolare contesta l’entità: afferma che solo in alcuni periodi di punta (es. 2 mesi all’anno) si è lavorato oltre, per massimo 1 ora al giorno, compensata con riposi a fine settimana (chiusure anticipate il venerdì). Porta in giudizio 3 colleghi di Marco che testimoniano: “Sì, capitava di fare straordinario, ma non tutti i giorni. In genere solo quando c’erano consegne urgenti, direi 2-3 volte al mese.” Vengono mostrati i registri di produzione dai quali risulta che i macchinari venivano spenti di solito entro le 18, salvo raramente più tardi (registri manutenzione con orari). Inoltre, il datore esibisce le buste paga di Marco dove compaiono diversi permessi retribuiti aggiuntivi fruiti (sostenendo che erano recuperi delle ore fatte). Eccepisce la prescrizione per il primo anno.
Esito ipotetico: Il giudice ritiene provato che straordinari ci fossero ma in misura minore di quanto preteso. I testimoni di Marco (due ex colleghi) dichiarano scenari un po’ vaghi (“tutti i giorni facevamo tardi”), ma quelli aziendali e i documenti mostrano che non era ogni giorno. Il giudice accoglie parzialmente la domanda, riconoscendo ~600 ore di straordinario in 3 anni (circa 1 ora al giorno media in alcuni periodi), detratto il primo anno per prescrizione. L’azienda viene condannata a pagare circa €8.000 più interessi e contributi su tali somme. Le sanzioni amministrative intanto non c’erano state (nessun ispettorato coinvolto). Dunque, una difesa parzialmente efficace: ha dimezzato l’esborso rispetto a quanto richiesto, grazie a prove che hanno convinto il giudice di ridurre il numero di ore credibili.
Caso pratico 2: Azienda di logistica sanzionata dall’Ispettorato
Scenario: L’ITL ispeziona un magazzino logistico e scopre che gli addetti caricamento container facevano abitualmente straordinario di sabato non dichiarato. Sul LUL risultavano 40 ore settimanali, ma tramite interviste si accerta che lavoravano 6 sabati al mese (praticamente tutti, mattina di straordinario) senza segnarlo. L’ispettore contesta: omessa registrazione LUL per 10 dipendenti, superamento limiti (perché facevano anche oltre 250 ore annue), evasione contributiva. Viene notificata un’ordinanza di sanzioni per €10.000 totali.
Difesa del datore: L’azienda propone opposizione in Tribunale. Sostiene che i sabati lavorati erano in realtà recuperi compensativi di giornate infruttifere in settimana (alcuni giorni i container non arrivavano e i lavoratori restavano inattivi, recuperando al sabato – una sorta di flessibilità oraria). Porta come prova i registri di arrivo container: in diversi mercoledì non c’era attività e il personale stava a disposizione (pur pagato). Quindi afferma: non erano straordinari, ma spostamenti di orario (anche se non formalizzati in banca ore). Chiede di inquadrare quindi la violazione come meno grave. Inoltre, evidenzia che dopo l’ispezione l’azienda ha assunto 3 persone in più per evitare straordinari e ha pagato ai dipendenti una somma forfettaria per i sabati pregressi (cerca di mostrarsi ravveduta).
Esito ipotetico: Il giudice riduce la sanzione ritenendo applicabile il cumulo giuridico: vede la condotta come un’unica prassi continuata e non somma le sanzioni per ogni mese e ogni dipendente. Abbassa quindi la sanzione totale a €5.000. L’obbligo contributivo resta: l’azienda versa all’INPS i contributi per quei sabati (circa €3.000) e l’ordinanza (modificata) viene confermata per €5.000. Nessuna revoca completa quindi, ma grazie alla difesa l’importo è dimezzato. L’azienda, pur pagando sanzione e contributi, evita ulteriori strascichi penali o sospensioni dell’attività, anche perché ha dimostrato di aver sanato la situazione.
Caso pratico 3: Quadro direttivo che rivendica extra orario
Scenario: Un responsabile IT (livello quadro) di una società informatica, con stipendio fisso e un piccolo forfait straordinari di €200 mensili, dopo le dimissioni avvia causa. Sostiene di aver lavorato mediamente 12 ore al giorno per anni a causa di emergenze continui (server down, reperibilità notte, ecc.) e chiede un compenso aggiuntivo di €50.000 invocando l’art.36 Cost. e straordinario eccedente il ragionevole.
Difesa del datore: L’azienda ribatte che il ruolo di quadro prevedeva flessibilità e alta retribuzione (€60.000 annui + bonus) già comprensiva. Mostra l’organigramma: il quadro aveva un team di 5 persone, poteva delegare e organizzare turni di reperibilità (dunque se faceva tutto lui, era per scelta). Porta email dove il quadro rifiutava l’assunzione di un assistente (segno che gestiva col personale esistente). Argomenta che eventuali carichi maggiori erano compensati dai bonus annuali (il quadro riceveva premi di risultato di €10.000 l’anno, che l’azienda dice coprivano anche lo sforzo extra). Inoltre, il datore chiama a testimoniare un dirigente che afferma: “Nel nostro settore è normale essere sempre connessi, ma Tizio aveva anche libertà: a volte usciva prima, gestiva lui il suo tempo, non gli abbiamo mai imposto orari specifici oltre le 8 ore.”
Esito ipotetico: Il giudice, applicando Cass. 13178/2025, valuta se c’è stato un eccesso. Riconosce che il quadro faceva orari molto lunghi nelle settimane di progetto, ma nota che aveva ottenuto ricchi bonus. Decide un compromesso: condanna l’azienda a pagare un’indennità aggiuntiva di €10.000 (non l’intera somma richiesta) ritenendo che, oltre a quanto già percepito, quella cifra ristora il lavoro straordinario eccedente il tollerabile non coperto dal forfait. L’azienda considera ciò una “vittoria” parziale, avendo evitato un esborso ben maggiore; il quadro ottiene un riconoscimento ma inferiore a quanto sperato. In questo caso la difesa ha puntato su compensazioni già erogate (bonus) e sull’autonomia del quadro, argomenti che hanno convinto il giudice a limitare la condanna.
Questi esempi illustrano che l’esito può variare moltissimo in base alle prove. Un’azienda può ambire all’integrale vittoria (nessun straordinario dovuto) se dimostra che le pretese sono infondate o già soddisfatte; più spesso otterrà un ridimensionamento. L’importante è limitare i danni e magari chiudere la partita il prima possibile (anche valutando accordi transattivi, come nel caso 2 l’azienda ha fatto con i dipendenti pagando un forfait per dissuaderli da cause individuali).
Rischi e conseguenze per il datore di lavoro inadempiente
Dal quadro delineato emergono chiaramente i rischi cui va incontro un datore di lavoro che non gestisca correttamente gli straordinari. Riepiloghiamo le principali conseguenze negative che possono derivare da straordinari non dichiarati o non pagati, così da averne una visione unitaria:
- Esborso di retribuzioni arretrate: è l’effetto più immediato in caso di causa persa. L’azienda dovrà corrispondere al lavoratore le ore straordinarie con le relative maggiorazioni. Su tali somme vanno aggiunti gli interessi legali (dal giorno in cui ogni singola retribuzione era esigibile) e la rivalutazione monetaria ISTAT (trattandosi di crediti da lavoro, ex art. 429 c.p.c., si cumulano interesse e rivalutazione). Questo può far lievitare l’importo del 10-15% in più, in periodi di bassa inflazione, ma molto di più in periodi inflazionistici. Ad esempio, €10.000 di straordinari dovuti 5 anni fa possono diventare ~€13.000 oggi con rivalutazione e interessi. Inoltre il giudice può condannare l’azienda a rifondere le spese legali del lavoratore se perde la causa, aumentando il costo (anche qualche migliaio di euro a seconda del valore della controversia).
- Contributi previdenziali evasi e sanzioni civili INPS: Oltre al netto al dipendente, l’azienda deve versare i contributi su quelle somme all’ente previdenziale. L’INPS di solito, a seguito della sentenza o dell’accordo, emette un conteggio dei contributi omessi (circa 30% della retribuzione lorda straordinaria, al netto di eventuali massimali). Vanno aggiunte le sanzioni civili per ritardato pagamento: tipicamente sono pari al tasso ufficiale + qualche punto, e possono essere ridotte se l’azienda paga subito dopo la diffida. Non si tratta di sanzioni penali (che scattano solo se il datore poi ancora non paga), ma comunque di costi aggiuntivi.
- Sanzioni amministrative (maxi-sanzioni): come visto, l’Ispettorato può comminare multe per omessa registrazione, violazione limiti orario, lavoro nero parziale. Abbiamo elencato in precedente tabella gli importi base . In sintesi:
- Per omessa o infedele registrazione sul LUL: €150-1500 (per ciascun mese e lavoratore), aumentabile per recidiva o pluralità;
- Per superamento limiti straordinario o mancato pagamento maggiorazioni: €25-154 per lavoratore, aumentabile fino a 1.032 in caso di più lavoratori/periodi ;
- Maxisanzione lavoro nero se straordinario non registrato viene considerato impiego irregolare: da €1.950 a €46.800 a seconda della durata (in genere per un lavoratore formalmente assunto ma con ore extra non dichiarate, si potrebbe applicare il minimo della fascia fino a 30gg lavorativi “in nero” ogni tot mesi di ore non registrate; è una valutazione discrezionale). Va detto che gli ispettori tendono a usare la maxi-sanzione soprattutto per lavoratori completamente sconosciuti: per ore extra non registrate di lavoratori regolari di solito preferiscono contestare LUL infedele e contributi omessi. Ma se le ore non dichiarate sono tante (es. un 50% dell’orario effettivo), qualcuno ha applicato la maxi-sanzione considerandolo lavoro nero al 50%.
Le sanzioni amministrative, se non pagate volontariamente, vengono riscosse coattivamente (ruolo e cartella esattoriale). Possono pesare sul bilancio aziendale e talvolta costituire causa di revoca di benefici (un’azienda con gravi violazioni potrebbe perdere requisiti per partecipare ad appalti pubblici, ad esempio, se la condotta viene certificata come sfruttamento – in casi estremi).
- Rischi penali: generalmente, la gestione impropria degli straordinari non comporta reati, a meno di situazioni peculiari. Potrebbero configurarsi ipotesi di reato in due casi:
- Falsificazione di documenti obbligatori: se qualcuno alterasse dolosamente i registri (ad es. distruggendo i fogli firma dove i lavoratori segnavano le ore, o facendo firme false) si potrebbe ipotizzare un reato di falsità in documenti o intralcio alla vigilanza. Ma sono situazioni limite.
- Omesso versamento di ritenute previdenziali: come accennato, se a seguito del riconoscimento delle somme, il datore non versa i contributi trattenuti al lavoratore entro il termine (30 giorni dalla notifica di avviso INPS), e l’importo supera ca. €10.000, scatta il reato ex art.2 D.L.463/83. Però in questo contesto, trattandosi di contributi su somme non pagate inizialmente, di solito il datore versa tutto insieme quando salda il dipendente, evitando omissioni frazionate.
- Non ultimo, se gli straordinari non pagati sono indice di un più ampio sfruttamento o violazioni di sicurezza (orari massacranti oltre i limiti di legge), in teoria un PM potrebbe valutare un reato di caporalato/sfruttamento del lavoro (art.603-bis c.p.) se concorrono altre condizioni (paghe inferiori ai minimi, approfittamento dello stato di bisogno, etc.). È più tipico per lavoro nero o gravemente sottopagato, ma conviene non sottovalutare la possibilità in situazioni estreme che il penale entri in gioco.
- Effetti sul rapporto di lavoro e clima aziendale: un lavoratore scontento per straordinari non pagati sarà demotivato e conflittuale. Possono insorgere scioperi dello straordinario (il sindacato può proclamare il cosiddetto sciopero dello straordinario come forma lecita di protesta). Inoltre, se la questione coinvolge più dipendenti, si rischiano azioni collettive: magari una dozzina di operai supportati dal sindacato fanno tutti causa insieme, con impatto potenzialmente molto oneroso (si pensi a risarcire 12 persone). La reputazione dell’azienda può soffrirne, specie se la vicenda diventa di dominio pubblico (p.es. articolo di giornale su “dipendenti costretti a fare straordinari gratis”). Oggi l’attenzione a welfare e work-life balance è alta: pratiche scorrette sugli orari possono danneggiare l’immagine e rendere difficile attrarre nuovi lavoratori.
- Obblighi di regolarizzazione: dopo una causa o ispezione persa, il datore spesso si trova costretto a regolarizzare la situazione per il futuro. Ad esempio, l’Ispettorato potrebbe ordinare di mettere in regola l’orario di lavoro, e successivamente tornerà a controllare. Inoltre, in caso di recidiva le sanzioni raddoppiano . Quindi, una volta colpito, il datore deve cambiare approccio (assumere più personale, introdurre il badge, ecc.), con costi e adattamenti organizzativi.
In definitiva, l’inadempimento sugli straordinari può costare caro: tra arretrati, contributi, multe e spese, può facilmente superare di molte volte il risparmio che l’azienda pensava di ottenere nel breve termine non pagando quegli straordinari. Per questo motivo, dal punto di vista imprenditoriale, conviene sempre fare un’analisi costi-benefici: il “costo” di pagare regolarmente le maggiorazioni straordinarie è di norma inferiore al “costo” di affrontare cause e sanzioni poi. Senza contare i costi indiretti (tempo dirigenza assorbito da cause, peggioramento rapporti sindacali, ecc.).
Va detto che in alcune realtà il lavoro straordinario non dichiarato è stato per anni considerato quasi normale e “conveniente” per entrambe le parti (il lavoratore magari prendeva qualcosa fuori busta esentasse, l’azienda risparmiava contributi). Tuttavia questa pratica è sempre più rischiosa e malvista, sia per l’evoluzione normativa (inasprimento sanzioni) sia per quella socio-culturale (nuove generazioni di lavoratori sono meno disposte ad accettare informalità penalizzanti). L’orientamento attuale spinge verso la emersione totale del tempo di lavoro.
Domande frequenti (FAQ)
Di seguito, una serie di domande comuni sul tema degli straordinari non dichiarati e le relative risposte, per chiarire i dubbi più ricorrenti in materia:
D: Cosa si intende esattamente per “straordinari non dichiarati” dal datore di lavoro?
R: Si intendono le ore di lavoro effettivamente prestate oltre l’orario normale, che però il datore di lavoro non registra ufficialmente (ad es. non risultano sul Libro Unico del Lavoro o nei cartellini) e spesso neppure retribuisce con la dovuta maggiorazione. In pratica è lavoro straordinario “in nero” o “grigio”, poiché il lavoratore magari riceve una somma forfettaria oppure nulla, e l’azienda non lo dichiara né paga contributi su di esse.
D: Il datore di lavoro può rifiutarsi di pagare le ore straordinarie sostenendo che non le aveva autorizzate?
R: No, se il datore di lavoro era a conoscenza che il dipendente stava svolgendo quelle ore e ne ha tratto beneficio, deve retribuirle. Anche in mancanza di un ordine scritto o di autorizzazione formale preventiva, la giurisprudenza ha chiarito che conta il fatto che il lavoro extra sia avvenuto “non insciente neque prohibente domino”, cioè non all’insaputa né contro la volontà del datore . Quindi l’azienda non può fare leva su proprie omissioni burocratiche per negare il pagamento. Se invece il lavoratore svolge ore extra contro una chiara proibizione aziendale (es. violando un divieto espresso), quel tempo potrebbe non essere riconosciuto come straordinario dovuto; ma casi del genere sono rari e difficili da gestire (il datore dovrebbe provare di averlo vietato e che il dipendente ha agito di nascosto).
D: Un lavoratore come può provare gli straordinari non registrati?
R: Può farlo attraverso qualsiasi mezzo di prova disponibile: testimonianze di colleghi o terzi, email o messaggi inviati in orari tardivi, documenti (es. registro ingressi/uscite se accessibile), fotografie o video (in qualche caso si sono prodotti video delle telecamere di sorveglianza interni per mostrare operai al lavoro fuori orario), ecc. La legge non richiede un documento ufficiale firmato dal datore: i giudici ammettono esplicitamente la prova testimoniale del lavoro straordinario . Una volta che il lavoratore fornisce una prova anche presuntiva credibile delle ore fatte, spetterà al datore semmai dimostrare il contrario.
D: Entro quanto tempo un dipendente può reclamare il pagamento degli straordinari non pagati?
R: I crediti da straordinario (come tutti i crediti retributivi) si prescrivono in 5 anni (art. 2948 cod.civ.). La decorrenza di questo termine può iniziare dal giorno in cui il credito era esigibile oppure – secondo la giurisprudenza più recente – dalla data di cessazione del rapporto di lavoro (soprattutto per i rapporti più recenti). In pratica, se il lavoratore è ancora in servizio, conviene comunque non attendere troppo: rischia che gli ultimi 5 anni si prescrivano man mano. Ma se, ad esempio, si dimette, ha 5 anni da lì per agire su tutto il periodo lavorato non pagato. Per prudenza, l’azienda può eccepire la prescrizione per gli straordinari svolti oltre 5 anni prima dalla rivendicazione scritta del dipendente.
D: Gli straordinari vanno considerati nel TFR e nelle ferie, tredicesima etc.?
R: Gli straordinari occasionali normalmente non rientrano nei conteggi di ratei ferie, 13ª, TFR ecc., salvo diversa previsione contrattuale. Infatti, per definizione, il compenso straordinario è escluso dalla retribuzione ordinaria salvo accordo . Tuttavia, se lo straordinario diventa strutturale e sistematico (ad es. un fisso mensile, o straordinario svolto con regolarità settimanale), la giurisprudenza tende a includerlo nel TFR e negli istituti indiretti, in quanto parte integrante della normale remunerazione . Ad esempio, se un dipendente fa 10 ore di straordinario ogni mese per anni, quelle somme sono considerate continuative e vanno calcolate nel TFR. Se invece fa ore extra solo saltuariamente, no. Nel dubbio, molto dipende dalla contrattazione e da eventuali clausole: alcuni CCNL includono espressamente certe indennità nel calcolo del TFR.
D: Cosa rischia concretamente un datore di lavoro se viene “scoperto” ad avere straordinari non dichiarati?
R: Rischia diverse cose: (1) dover pagare al lavoratore tutte le differenze retributive arretrate con interessi; (2) pagare all’INPS i contributi omessi più sanzioni civili; (3) incorrere in multe amministrative – ad esempio, circa €150-1500 per ogni mensilità non registrata per dipendente , più eventuali maxi-sanzioni se gli straordinari nascosti sono equiparati a lavoro nero ; (4) se i fatti sono gravi e reiterati, possibili sospensioni dell’attività imprenditoriale (l’ispettorato può sospendere l’attività se trova più del 10% di personale “in nero”); (5) danni d’immagine e peggioramento dei rapporti con il personale. In casi estremi, come detto, potrebbero configurarsi responsabilità penali (omesso versamento contributi sopra soglia, ecc.). Insomma, può diventare un conto molto salato – ben superiore al costo che avrebbe avuto pagare regolarmente quelle ore.
D: Se un dipendente ha accettato un forfait straordinari, può poi pretendere altro?
R: Può pretenderlo solo se dimostra che l’orario effettuato ha ecceduto la soglia di ore coperta dal forfait. Se l’accordo era chiaro (es. forfait di 20 ore al mese) e il dipendente ha lavorato entro quel tetto, non può chiedere extra perché è già stato pagato forfettariamente. Se invece spesso ha sforato, può reclamare le ore eccedenti. Ad esempio, Cassazione ha stabilito che le ore straordinario eccedenti il numero forfettizzato vanno compensate a parte e l’onere di provarle spetta al lavoratore . Naturalmente, se il forfait era palesemente irrisorio e copriva un numero enorme di ore (es. 100 € per 50 ore), il lavoratore potrebbe contestare l’intero accordo come lesivo di diritti inderogabili, ma sono casi limite. In genere un forfait ragionevole regge, salvo abusi evidenti in pratica.
D: Un dirigente o quadro ha diritto a straordinari?
R: In linea di massima, i dirigenti veri e propri no, perché esclusi dall’orario di lavoro e con retribuzioni forfettarie molto elevate. I quadri e impiegati direttivi sono esclusi dai limiti di orario per legge (art.17 D.Lgs.66/03), ma la Cassazione ha riconosciuto che oltre una certa soglia anche per loro scatta un diritto a compenso . Quindi, se un quadro fa orari eccezionalmente estesi per lungo tempo, può chiedere un compenso supplementare (che non chiama “straordinario” tecnicamente, ma sostanzialmente lo è) per l’eccesso di lavoro. Resta comunque un ambito grigio: molto dipende dal contratto individuale. Se quel quadro percepiva già robuste indennità e bonus, difficilmente avrà margine per reclamare altro. In sintesi: dirigenti esclusi dal pagamento straordinari (salvo rarissime eccezioni equitative), quadri/direttivi in casi estremi possono ottenere un compenso se l’azienda ha abusato della loro elasticità.
D: Il lavoratore può rifiutarsi di fare straordinari?
R: Sì, ma solo in determinate circostanze. Se lo straordinario è richiesto legittimamente (nei limiti di legge e CCNL) e senza motivi arbitrari, il rifiuto immotivato può costituire un illecito disciplinare . Tuttavia, il lavoratore può rifiutare se ha giustificato motivo: ad esempio problemi familiari urgenti, ragioni di salute, o se ritiene la richiesta iniqua (troppo poco preavviso, carichi abnormi, ecc.). Abbiamo visto che la Cassazione ha giudicato legittimo il rifiuto di un autista a uno straordinario eccessivo a fine settimana . Quindi dipende dal contesto: lo straordinario non è un obbligo assoluto, ma un dovere contrattuale entro certi confini. Alcune categorie (studenti, genitori con figli piccoli in certi orari, minorenni) hanno per legge diritto al rifiuto. In pratica, se un lavoratore pensa di avere motivo, dovrebbe comunicarlo al datore; se viene sanzionato, potrà impugnare la sanzione davanti al giudice che valuterà chi aveva ragione.
D: E se l’azienda vuole vietare gli straordinari non autorizzati?
R: Ha tutto il diritto di farlo. Anzi, è buona prassi. Può inserire nel regolamento interno un divieto di effettuare straordinario di propria iniziativa e di trattenersi in azienda oltre l’orario salvo esplicita autorizzazione . Così, se qualcuno pretende poi compensi per ore fatte di testa propria, l’azienda opporrà che ha violato le regole. Attenzione però: se poi l’azienda di fatto tollera che la gente si fermi (magari con la scusa del “non ti ho autorizzato, ma se vuoi fermarti fallo”), quel divieto scritto perde efficacia. Deve essere effettivo: ad esempio, alcuni implementano sistemi che spengono le luci o bloccano i pc dopo un certo orario, per impedire fisicamente lo straordinario oltre soglia. In conclusione, vietare formalmente tutela il datore sul piano teorico e disciplinare, ma non lo autorizza comunque a non pagare ore che, divieto o no, siano state lavorate con suo beneficio.
D: Come incidono i contratti collettivi (CCNL) in queste controversie?
R: Incidono moltissimo. Il CCNL definisce quali maggiorazioni vanno applicate (quindi quantifica il dovuto), quanti straordinari si possono fare (superare quei limiti può aggravare la posizione del datore) e se ci sono procedure particolari (preavvisi, accordi sindacali per straordinari prolungati, ecc.). Inoltre, in giudizio il CCNL viene usato per interpretare la volontà delle parti: se un datore non rispetta una previsione del CCNL sugli straordinari, è quasi certamente soccombente. Ad esempio, nel CCNL Logistica era scritto “lo straordinario ha carattere eccezionale e non può superare 165 ore annue” : nel caso di quell’autista licenziato, il giudice ha proprio citato questa clausola per dire che la richiesta aziendale era in contrasto con il contratto . Dunque, in qualsiasi contestazione, conoscere il CCNL applicabile è fondamentale. Anche per il datore di lavoro: potrebbe trovare nel contratto difese utili (es. clausole che consentono flessibilità di orario senza pagamento immediato, banca ore, ecc.). Se, per fare un altro esempio, il CCNL Edilizia richiede preavviso di 72 ore per straordinario e un datore lo ha ignorato, il lavoratore può usarlo a suo favore (richiesta illegittima). Viceversa, se il lavoratore rifiuta straordinario e il CCNL dice che non può salvo giustificato motivo, l’azienda userà quella clausola per evidenziare l’inadempimento del dipendente. Insomma, il CCNL è la “regola del gioco” settoriale che integra la legge.
D: Un lavoratore può essere sanzionato disciplinarmente se denuncia gli straordinari non pagati (magari all’ispettorato)?
R: Assolutamente no. Sporgere denuncia o testimoniare a un ispettore circa irregolarità del datore è un diritto del lavoratore, anzi un atto tutelato (rientra nella libertà di agire per far valere i propri diritti). Qualsiasi ritorsione disciplinare o licenziamento a causa di ciò sarebbe nullo e potrebbe configurare una condotta antisindacale o di molestia. Il lavoratore è protetto: se venisse licenziato perché ha “fatto la spia”, il giudice ordinerebbe la sua reintegrazione immediata per ritorsività. Quindi l’azienda deve stare attenta: meglio risolvere il merito della questione piuttosto che prendersela col dipendente segnalante.
D: Se un dipendente ha firmato una quietanza “nulla a pretendere”, può ancora fare causa?
R: Sì, se quella quietanza è stata firmata in modo generico e non in sede protetta (ad esempio al momento delle dimissioni, nel tuo ufficio, senza assistenza sindacale), essa non impedisce di agire dopo. La legge (art. 2113 c.c.) tutela il lavoratore da rinunce non consapevoli: solo le conciliazioni fatte presso commissioni di conciliazione o sindacati hanno efficacia tombale. Quindi spesso quelle frasi in calce alle lettere di dimissioni hanno valore psicologico ma non legale. Se però la quietanza era specifica (tipo: “ricevo €1000 a saldo di 20 ore straordinarie e dichiaro nulla più a pretendere su straordinari”), potrebbe far fede su quelle 20 ore. Ma non su eventuali altre non menzionate. Insomma, il datore non può dormire tranquillo solo perché il dipendente firmò “ho avuto tutto”: se non era in sede protetta, quella firma è annullabile su richiesta del lavoratore .
D: Conviene all’azienda fare un accordo transattivo se emergono contestazioni?
R: Molte volte sì, conviene. Se il lavoratore non ha ancora adito le vie legali, l’azienda può proporre un accordo – magari tramite il sindacato o all’ITL – riconoscendo una certa somma a titolo transattivo, in cambio di una liberatoria specifica su straordinari. Questo evita cause lunghe e costose. Ovviamente la convenienza dipende: se l’azienda è certa di poter vincere (perché le pretese sono false) allora potrebbe voler far accertare la verità in giudizio. Ma in situazioni borderline, chiudere con un accordo economico evita l’incertezza e ulteriori problemi (anche di rapporti interni). Importante: far sottoscrivere l’accordo in sede protetta (presso commissione di conciliazione o sindacato) così che poi il lavoratore non possa impugnarlo. Un accordo privato, oltre a esser nullo se rinuncia a diritti indisponibili, può comunque essere contestato dal lavoratore dicendo che firmò sotto pressione. Invece, un verbale di conciliazione in sede sindacale o giudiziale è inoppugnabile e definitivamente liberatorio.
Conclusioni
La gestione degli straordinari non dichiarati rappresenta una zona ad alto rischio per i datori di lavoro. Ciò che un tempo poteva sembrare una “furberia” conveniente – ottenere ore di lavoro in più senza formalizzarle – oggi può trasformarsi in un boomerang legale ed economico. La normativa italiana, supportata dalla giurisprudenza recente, va in una direzione chiara: trasparenza, tracciabilità e corretto pagamento del tempo di lavoro . I datori di lavoro sono chiamati a cambiare mentalità, considerando lo straordinario come un elemento da regolarizzare e non da occultare.
Per un avvocato che assiste un’azienda (o per un imprenditore informato sui fatti), è essenziale giocare d’anticipo: implementare regole interne, contrattare soluzioni (forfait, banca ore) lecite, mantenere evidenze documentali. Se nonostante tutto sorge una contestazione, bisogna attrezzarsi con una difesa puntuale, sfruttando ogni appiglio normativo e probatorio a favore, ma anche valutando con realismo le eventuali mancanze dell’azienda. Spesso la scelta più saggia è riconoscere l’errore e rimediare (pagando il dovuto magari in forma negoziata), anziché arroccarsi in una causa dall’esito incerto che può aggravare i costi.
Dal punto di vista dell’equità e del clima aziendale, riconoscere le ore di lavoro straordinario significa rispettare il principio “a ciascuno il suo”: il lavoratore percepisce il giusto compenso per il suo maggiore impegno, il che tende a motivarlo e a farlo lavorare meglio, anziché alimentare malcontento sotterraneo. Un dipendente che sente violati i propri diritti (perché fatica oltre l’orario senza compenso) difficilmente sarà leale e produttivo nel lungo periodo. D’altro canto, un’azienda che organizza bene i turni e remunera gli straordinari probabilmente avrà meno necessità di straordinario (perché il personale, adeguatamente dimensionato e motivato, rispetterà di più i tempi) – in una sorta di circolo virtuoso.
In conclusione, “come difendersi” dalle contestazioni su straordinari non dichiarati significa in primo luogo non mettersi nelle condizioni di subirle, attraverso la conformità normativa e la buona fede gestionale. Qualora l’azienda si trovi comunque “debitrice” verso i propri lavoratori per straordinari pregressi, la strada migliore è affrontare il problema con trasparenza, valutando un accordo o, se si va davanti al giudice, presentandosi con le carte in regola per dimostrare eventuali esagerazioni o infondatezze.
Il diritto del lavoro italiano offre tutti gli strumenti affinché il lavoratore ottenga il giusto – dalle maggiorazioni contrattuali alle tutele giudiziarie e ispettive – e affinché il datore corretto non sia penalizzato rispetto a chi tenta scorciatoie (da qui l’inasprimento delle sanzioni per chi elude). Il punto di vista del datore di lavoro deve quindi essere lungimirante: meglio prevedere nel budget i costi degli straordinari dichiarati che dover affrontare, anni dopo, costi ben maggiori per quelli occultati.
Come abbiamo visto, le sentenze più aggiornate (fino ad agosto 2025) confermano questa filosofia di fondo: dal riconoscimento del diritto alla prova per il lavoratore (anche in mancanza di autorizzazioni) , alla condanna del formalismo dell’azienda che non registra le ore neanche se le paga . È un monito chiaro: forma e sostanza devono coincidere, nel senso che le ore lavorate vanno sia pagate sia registrate.
Per i professionisti legali, ciò significa che in controversie del genere occorre esaminare con cura sia la normativa del lavoro (leggi, CCNL) sia eventuali profilazioni sanzionatorie amministrative, offrendo al cliente (datore o lavoratore) un quadro completo di rischi e opportunità. Il lavoratore cercherà di massimizzare le prove e le tutele, il datore di minimizzare le conseguenze. Questa guida – approfondita e aggiornata – intende fornire gli strumenti conoscitivi per entrambe le parti, con un focus particolare sull’impresa convenuta in giudizio, affinché possa orientarsi in un territorio insidioso con maggiore consapevolezza e preparazione.
In sintesi, la difesa migliore per un datore di lavoro è la regolarità: se però la regolarità è venuta meno, vanno messe in campo tutte le azioni possibili (tecniche, probatorie, conciliative) per correggere il tiro e risolvere la vertenza nel modo meno oneroso e conflittuale possibile. Come recita un noto adagio giuridico, “il diritto non aiuta i dormienti”: nel nostro contesto, significa che un’azienda non può permettersi di ignorare a lungo un problema di straordinari non pagati sperando che scompaia – prima o poi riemergerà, e a quel punto la reattività e la buona fede dimostrate faranno la differenza tra una soluzione gestibile e una debacle.
Fonti
- CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, Ordinanza n. 13178 depositata il 18 maggio 2025 – Il diritto al compenso per lavoro straordinario va comunque riconosciuto ai dipendenti con funzioni direttive in quanto un limite quantitativo globale, ancorché non stabilito dalla legge o dal contratto in un numero massimo di ore di lavoro, sussiste pur sempre, anche per il personale direttivo, anzitutto in rapporto alla necessaria tutela della salute ed integrità fisiopsichica, garantita dalla Costituzione a tutti i lavoratori, e, sempre nel rispetto di questo principio, in rapporto alle obbiettive esigenze e caratteristiche dell’attività richiesta alle diverse categorie di dirigenti o funzionari con mansioni direttive
- CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, Ordinanza n. 22459 depositata l’ 8 agosto 2024 – Limiti di durata dell’orario di lavoro e del riposo settimanale e giornaliero
- Cassazione Civile, Sez. Lav., 18 maggio 2025, n. 13178 – Compenso per lavoro straordinario del lavoratore con funzioni direttive
- Art. 2948 codice civile – Prescrizione di cinque anni
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Vuoi sapere quali rischi corri e come puoi difenderti da queste contestazioni?
Gli straordinari, come parte della retribuzione, sono soggetti a tassazione e devono essere dichiarati dal datore di lavoro tramite CU e modello 770. Se il Fisco rileva discrepanze tra quanto corrisposto e quanto dichiarato, può accusare il datore di omessa dichiarazione e il dipendente di mancata tassazione dei compensi.
👉 Prima regola: verifica se le somme contestate sono state effettivamente percepite e se erano già state assoggettate a ritenuta d’acconto.
⚖️ Quando scattano le contestazioni
- Ore di straordinario pagate in nero, senza evidenza in busta paga;
- Corrispondenza tra orari lavorati e importi dichiarati non coerente;
- CU e modello 770 incompleti o difformi dai pagamenti effettivi;
- Straordinari mascherati come rimborsi spese o indennità;
- Incongruenze emerse da controlli incrociati tra INPS, Agenzia delle Entrate e dati bancari.
📌 Conseguenze della contestazione
- Recupero delle imposte non versate sugli straordinari;
- Sanzioni fiscali per dichiarazioni infedeli o omesse;
- Interessi di mora;
- Contestazioni contributive con recupero dei contributi INPS;
- Rischio di profili penali per dichiarazione fraudolenta se le somme sono elevate.
🔍 Cosa verificare per difendersi
- Effettiva percezione delle somme: gli straordinari contestati sono stati realmente pagati?
- Buste paga e CU: riportano correttamente i compensi straordinari?
- Tracciabilità dei pagamenti: esistono bonifici, assegni o ricevute?
- Motivazione dell’accertamento: l’Agenzia deve specificare su quali prove si fonda;
- Regolarità della notifica e rispetto dei termini.
🧾 Documenti utili alla difesa
- Buste paga con indicazione degli straordinari;
- Certificazione Unica (CU) rilasciata dal datore di lavoro;
- Modello 770 presentato dall’azienda;
- Estratti conto bancari o altri documenti di pagamento;
- Comunicazioni interne aziendali sugli straordinari autorizzati.
🛠️ Strategie di difesa
- Dimostrare che gli straordinari erano già tassati tramite ritenute operate dal datore;
- Contestare errori dell’Agenzia basati su dati incompleti o duplicazioni;
- Eccepire vizi dell’accertamento: notifica irregolare, carenza di motivazione, decadenza dei termini;
- Chiedere autotutela se la contestazione è manifestamente infondata;
- Ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro 60 giorni, con sospensione cautelare della riscossione;
- Mediazione tributaria (quando prevista) per ridurre sanzioni e interessi.
🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
📂 Analizza gli atti di accertamento e i dati contestati;
📌 Verifica se gli straordinari sono stati effettivamente dichiarati e tassati;
✍️ Redige memorie difensive e ricorsi per ridurre o annullare la pretesa fiscale;
⚖️ Ti rappresenta nel contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate e nei giudizi tributari;
🔁 Suggerisce strategie preventive per una gestione trasparente dei rapporti di lavoro e dei pagamenti accessori.
🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in accertamenti fiscali e diritto del lavoro tributario;
✔️ Specializzato in difesa di imprese e lavoratori contro contestazioni su straordinari e retribuzioni;
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Le contestazioni del Fisco sugli straordinari non dichiarati dal datore di lavoro non sempre sono fondate: spesso derivano da errori formali o da controlli incrociati non aggiornati.
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