Hai richiesto un rimborso IVA e l’Agenzia delle Entrate lo ha bloccato perché la tua società è stata considerata non operativa (o “di comodo”)? Si tratta di una delle contestazioni più frequenti: il Fisco ritiene che la società non abbia svolto reale attività economica e quindi non abbia diritto a utilizzare crediti IVA o a chiederne il rimborso. Ma non sempre la contestazione è fondata: ci sono strumenti di difesa per sbloccare il credito.
Quando una società è considerata non operativa
– Se i ricavi dichiarati sono inferiori a determinati parametri presuntivi fissati dalla legge
– Se la società dichiara perdite fiscali per più anni consecutivi
– Se non svolge un’attività effettiva ma detiene solo beni (immobili, auto, partecipazioni) senza produrre reddito adeguato
– Se, sulla base dei controlli, non risulta congrua ai criteri di operatività stabiliti dal Fisco
Perché viene bloccato il rimborso IVA
– Perché le società considerate non operative non possono utilizzare o chiedere a rimborso crediti IVA
– L’Agenzia delle Entrate presume che l’attività sia meramente strumentale a vantaggi fiscali
– In assenza di prove contrarie, il rimborso viene sospeso o negato
Cosa rischi in caso di rimborso bloccato
– Perdita temporanea o definitiva del credito IVA
– Applicazione di sanzioni se hai compensato un credito considerato non spettante
– Interessi di mora sulle somme contestate
– Maggiori controlli su tutta la dichiarazione della società
– Blocco della liquidità aziendale, con conseguenze sulla gestione finanziaria
Come difendersi da una contestazione di società non operativa
– Dimostrare che la società svolge effettivamente attività economica con contratti, fatture, bilanci e documentazione bancaria
– Evidenziare le cause oggettive che hanno impedito di superare i parametri di operatività (crisi di mercato, lavori in corso, investimenti, eventi straordinari)
– Presentare istanza di disapplicazione della disciplina sulle società non operative
– Contestare gli automatismi dell’Agenzia delle Entrate richiamando la giurisprudenza che tutela le società effettivamente operative ma penalizzate da eventi straordinari
– Impugnare il provvedimento di diniego del rimborso davanti alla Corte di Giustizia Tributaria
Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare la posizione fiscale della società e i motivi del blocco del rimborso
– Predisporre la documentazione necessaria a dimostrare la reale operatività dell’impresa
– Contestare la presunzione di non operatività quando non supportata da fatti concreti
– Difendere la società in sede di contraddittorio e in giudizio
– Tutelare la liquidità aziendale e il diritto al rimborso del credito IVA
Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– Lo sblocco e l’erogazione del rimborso IVA spettante
– L’annullamento totale o parziale della contestazione di non operatività
– La riduzione di sanzioni e interessi applicati
– La protezione della continuità aziendale e della liquidità finanziaria
– La certezza di mantenere i benefici fiscali spettanti
⚠️ Attenzione: il fatto che una società sia in perdita o con ricavi bassi non significa automaticamente che sia non operativa. La disciplina può essere disapplicata se esistono cause oggettive: serve una difesa documentale solida.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in difesa tributaria e contenzioso fiscale – ti spiega come affrontare il blocco di un rimborso IVA per presunta non operatività della società e come difenderti in modo efficace.
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Introduzione
La società non operativa (o “società di comodo”) è una persona giuridica che, pur formalmente costituita per svolgere un’attività economica, non realizza in pratica ricavi sufficienti rispetto al valore dei propri beni o della produzione. In Italia la disciplina delle “società non operative” è contenuta nell’art. 30 della legge 23 dicembre 1994 n. 724 . Secondo tale normativa, i ricavi presunti di una società si ottengono applicando percentuali forfettarie (determinati coefficienti) al valore degli elementi patrimoniali (beni immobili, partecipazioni, titoli, ecc.) dell’impresa. Se, in media negli ultimi tre esercizi, i ricavi effettivi aumentati di incrementi di rimanenze e proventi (esclusi quelli straordinari) risultano inferiori a questa soglia di reddito presunto, la società presuntivamente assume carattere non operativo .
La disciplina non operativa (c.d. “di comodo”) si applica a società di capitali e di persone residenti o con stabile organizzazione in Italia (S.p.A., S.r.l., S.A.p.A., S.n.c., S.a.s. e assimilate) . Vengono invece escluse le società con almeno 10 dipendenti nei due esercizi precedenti, le società in amministrazione straordinaria, le quotate o partecipate da enti pubblici, le imprese di trasporti pubblici, ecc., secondo quanto elencato all’art. 30 co. 1. Le società di comodo subiscono effetti fiscali particolarmente severi: tra questi rientra il divieto di rimborso o compensazione del credito IVA emergente dalla dichiarazione annuale, nonché limiti al riporto delle perdite e all’accesso ad alcune agevolazioni . In particolare, l’art. 30 comma 4 della legge 724/94 stabilisce espressamente che l’eccedenza di credito IVA risultante dalla dichiarazione di una società non operativa non è ammessa al rimborso né può essere compensata o ceduta . Questa norma si giustifica come misura antielusiva per contrastare casi di aziende costituite ad hoc al solo scopo di beneficiare dell’IVA detraibile sui beni personali, e rientra nello sforzo di evitare frodi e abusi del diritto alla detrazione .
Test di operatività: come si calcolano i ricavi presunti
Il test di operatività verifica se i ricavi dichiarati dalla società sono congrui rispetto a determinati parametri patrimoniali. La legge 724/94 indica le categorie di beni e le percentuali da applicare (art. 30 co. 1). In sintesi:
- Partecipazioni e titoli (art. 85 Tuir, art. 5 Tuir): la norma originaria (prima delle modifiche recenti) prevedeva il 2% del loro valore medio (oggi ridotto allo 0,75%) .
- Immobili strumentali e navi: il 6% del valore (oggi ridotto al 2,38%) . Per gli immobili in cat. A/10: dal 5% al 2% . Per immobili abitativi acquistati o rivalutati nei tre esercizi precedenti: dal 4% al 1,5% . Per immobili in Comuni <1000 abitanti: dallo 1% allo 0,45% .
- Altre immobilizzazioni (impianti, macchinari, ecc.): il 15% (rimane 12%) . La legge D.Lgs. 192/2024 ha dimezzato quasi tutte queste aliquote , rendendo più basso il reddito minimo presunto a fini IRPEF/IRES (si veda tabella sotto). Le percentuali del test si applicano sui valori medi dei tre esercizi considerati .
Categoria di beni | Prima del 2024 | Dopo il D.Lgs. 192/2024 |
---|---|---|
Titoli, partecipazioni (Tuir) | 1,5% | 0,75% |
Immobili strumentali | 4,75% | 2,38% |
Immobili cat. A/10 | 4% | 2% |
Immobili residenziali (nuovi) | 3% | 1,5% |
Immobili in comuni <1000 ab. | 0,9% | 0,45% |
Navi commerciali (art. 8-bis VAT) | 4,75% | 4,75% (staz.) |
Altre immobilizzazioni | 12% | 12% |
Impianti fotovoltaici/eolici | 4,75% | 2,38% |
Tab. 1 – Aliquote patrimoniali del “test di operatività”: valori originari e modificati (D.Lgs. 192/2024)
Conseguenze pratiche: se una società risulta “non operativa” per almeno tre anni consecutivi (cioè non raggiunge la soglia di reddito presunto nei tre esercizi precedenti), non solo si applica automaticamente la presunzione di reddito minimo ai fini IRPEF/IRES , ma – come detto – il suo credito IVA a credito diventa inaccessibile: non si può chiedere il rimborso, né utilizzarlo in compensazione, né cederlo . Rimane però possibile portare il credito in riporto (fino a tre anni) finché la società non compie tre anni “non operativi” consecutivi. Oltre tale limite, il credito si perde definitivamente .
Effetti sul rimborso/compensazione IVA
In generale, il credito IVA di un’impresa (l’eccedenza di IVA detraibile rispetto all’IVA a debito) può essere richiesto a rimborso se non si intende compensarlo (art. 30 DPR 633/1972). Tuttavia, per le società non operative la legge vieta espressamente questo rimborso . Il credito non utilizzato non può essere compensato (ad esempio tramite Modello F24) , né ceduto (ad altri soggetti), come dispone il comma 4 dell’art. 30 . L’unica possibilità per il contribuente era portare avanti il credito come riporto IVA, ma – se la società rimane qualificata non operativa per tre periodi consecutivi – anche il riporto si esaurisce .
In pratica, una società di comodo che presenta un modello IVA con saldo a credito rischia di vedere “bloccato” il rimborso. L’Agenzia delle Entrate verifica infatti l’esito del test di operatività e, in presenza di mancata operatività, può rifiutare il rimborso . Questo vale sia per il rimborso annuale sia per richieste infrannuali (IVA trimestrale), ove consentite. In alternativa al rimborso, si potrebbe pensare di usare il credito in compensazione: ma anche questo è precluso dalla norma per le società di comodo . Dal punto di vista del debitore (contribuente), il risultato è che la richiesta di rimborso resta inevasa o respinta finché non cambia la qualifica fiscale della società o interveniene altra impugnativa.
Tabella 2 – Conseguenze per le società non operative (società “di comodo”)
Situazione | Conseguenze IVA (art. 30 L.724/94) |
---|---|
Società operativa (test superato) | Rimborso IVA ammesso e compensazione ordinaria |
Società non operativa (test non superato) | Rimborso IVA vietato; compensazione del credito vietata |
Società non operativa per 3 anni consecutivi | Perduto il credito IVA in eccesso – non è più riportabile |
Società con cause oggettive di mancata operatività | Deve provare le cause straordinarie; se accertate, può contestare la non operatività (vedi Cass. 35816/2023) |
Iter procedurale e modalità di difesa
Quando il rimborso IVA viene “bloccato” su base di società non operativa, il contribuente può reagire formalmente seguendo la procedura prevista per i rimborso rifiutati o crediti in compensazione irregolari. In linea generale:
- Rimborso annuale: se la dichiarazione IVA annuale evidenzia un credito superiore a soglie (5.000 euro o anche inferiore), bisogna presentare il modello IVA TR. In caso di rigetto della richiesta di rimborso, si produce un atto amministrativo di diniego.
- Reclamo amministrativo: in risposta al diniego (o alla compensazione disconosciuta), si può presentare un reclamo all’Agenzia delle Entrate entro 30 giorni, ai sensi dell’art. 41-bis del D. Lgs. 546/1992 (c.d. Statuto del contribuente). Il reclamo sospende il termine per ricorso fino alla sua definizione. Spesso le Entrate possono riformare il diniego o confermarlo.
- Ricorso giurisdizionale: se il reclamo viene respinto o scaduto il termine, si deposita ricorso in Commissione Tributaria Provinciale (CTP) competete, entro 60 giorni dalla notifica della decisione di secondo grado o dalla scadenza del termine di risposta al reclamo. Il giudizio verte sulla legittimità del rifiuto del rimborso .
È cruciale presentare nel ricorso (e in udienza) tutti gli elementi probatori utili: estratti conto, documenti contabili, contratti, permessi amministrativi, fatture, testimonianze, ecc. Questi potranno comprovare sia l’effettiva attività economica svolta (anche se minima), sia eventuali cause oggettive che hanno impedito lo svolgimento dell’attività. Ad esempio, come vedremo, la Cassazione ha riconosciuto che ritardi burocratici o legislativi (permessi di costruire, ritardi nell’avvio di un appalto, atti amministrativi) costituiscono situazioni oggettive indipendenti dalla volontà del contribuente e possono giustificare la mancata produzione di ricavi .
Azioni per il debitore
Dal punto di vista del debitore (società creditrice del rimborso), le strategie difensive si basano sui seguenti punti:
- Contestation della qualificazione di “non operativa”. Mostrare che la società ha effettivamente svolto un’attività economica, anche se con ricavi “modesti”. La Corte di Cassazione ha affermato che ai fini del diritto a detrarre (e quindi a ottenere il rimborso) rileva l’effettivo esercizio di un’attività economica indipendentemente dallo scopo o dai risultati . In altre parole, il contribuente può sostenere che, benché i ricavi dichiarati siano inferiori alla soglia, la società ha comunque operato economicamente (ad esempio, gestione patrimoniale, affitti, prestazioni occasionali) e che il c.d. test di operatività non può essere l’unico metro per negare il rimborso .
- Prove delle cause oggettive. Se i ricavi sono bassi per motivi esterni (cause di forza maggiore, atti amministrativi, crisi di settore, sequestri, lavori in corso, ecc.), il contribuente deve documentarlo. La Cassazione, con l’ordinanza n. 35816/2023, ha esplicitamente riconosciuto che le cosiddette ragioni burocratiche o amministrative (permessi edilizi, carenze nel rilascio di autorizzazioni, inadempimenti di terzi) rappresentano fatti oggettivi tali da giustificare la temporanea insufficienza di fatturato . Tali elementi consentono di chiedere la disapplicazione della disciplina di comodo («società non operativa») ex art. 30 L.724/94 per il periodo in cui essi sussistono.
- Rispetto del procedimento. È fondamentale aver presentato correttamente le istanze di interpello/disapplicazione o di rimborso. In passato l’Agenzia eccepiva che la richiesta di disapplicazione dell’art. 30 doveva essere presentata tramite interpello, ma la giurisprudenza ha ammesso ricorsi anche in assenza di interpello, trattando il diniego di rimborso come atto autonomamente impugnabile . Nella sentenza del 22/12/2023 (Cass. n. 35816/2023) si afferma infatti che il diniego del rimborso può essere impugnato davanti al giudice tributario, nonostante l’art. 19 del D. Lgs. 546/92 non lo elenchi esplicitamente, in ragione della tutela del contribuente . Ciò significa che anche se l’Agenzia sostiene che il ricorso è improcedibile, la giustizia tributaria può comunque decidere sul merito, valutando i fatti oggettivi inviati dall’impresa.
Giurisprudenza recente: principio comunitario e Cassazione
Negli ultimi due anni la giurisprudenza, sia comunitaria che nazionale, ha profondamente inciso sul tema. La Corte di Giustizia UE, con la sentenza C‑341/22 (Feudi di San Gregorio, 7 marzo 2024), ha stabilito che la disciplina nazionale italiana che esclude automaticamente la detrazione (e il conseguente rimborso) IVA sulla base di mere presunzioni statistiche di fatturato è incompatibile con la direttiva IVA . In particolare la Corte ha affermato due principi chiave :
- Soggetto passivo IVA: chi esercita un’attività economica (come definita dall’art. 9 Direttiva 2006/112/CE) è soggetto passivo IVA, a prescindere dal volume dei ricavi realizzati. Di conseguenza non si può negare la qualifica di soggetto passivo né il diritto alla detrazione (a monte) unicamente perché i ricavi sono inferiori a una certa soglia presunta .
- Diritto alla detrazione/neutralità: il diritto alla detrazione dell’IVA è principio fondamentale del sistema IVA, che garantisce la neutralità fiscale. Esso non può essere limitato senza giustificato motivo. Secondo la Corte europea, il diritto alla detrazione non può essere negato per il solo fatto che i ricavi sono “insufficienti” rispetto ai parametri statistici stabiliti a priori . Un tale meccanismo si considererebbe irragionevole e sproporzionato, in contrasto con i principi di neutralità e proporzionalità del sistema IVA. In sostanza la CGUE ha chiarito che il vantaggio fiscale (rinvio del credito IVA) può essere negato solo se provato l’abuso o la frode con elementi concreti, e non può basarsi su mere supposizioni .
Sulla base di questi principi, anche la giurisprudenza interna si è adeguata. La Corte di Cassazione ha più volte rimarcato che l’art. 30 L.724/1994 va disapplicato quando produca effetti contrari alla direttiva comunitaria . In diverse pronunce del 2024-2025 (ordinanze n. 24416 e 24442 del 11/9/2024; sent. n. 4151 del 18/2/2025; ordinanza n. 21887 del 2025) la Cassazione ha accolto ricorsi di imprese creditrici IVA e ha stabilito che il mancato superamento del test di operatività non preclude automaticamente il diritto alla detrazione (e quindi al rimborso) . In particolare, i giudici di legittimità hanno ribadito che:
- L’IVA detraibile grava sui costi effettivamente sostenuti per l’attività economica svolta. Se sussistono gli elementi formali di soggetto passivo (fatture d’acquisto emesse da altri soggetti passivi) e l’utilizzo di beni/servizi per operazioni imponibili, la detrazione spetta in principio per intero . Non è previsto dalla Direttiva un limite minimo di fatturato.
- L’art. 30 può essere disapplicato se fondato su semplici presunzioni statistiche, mentre viceversa il diritto alla detrazione può essere negato solo se emerge un concreto abuso. La Corte UE ha infatti precisato che «il beneficio del diritto a detrazione può essere negato solo qualora […] i fatti invocati […] siano stati sufficientemente dimostrati con elementi diversi da supposizioni» . La Cassazione ha fatto proprie queste indicazioni: ha affermato che la preclusione del rimborso IVA per la società di comodo non può basarsi sul semplice scostamento dalla soglia prefissata, ma solo su accertati abusi .
Esempio di principio affermato: l’ordinanza della Cassazione n. 21887/2025 ha confermato che una società di comodo (caduta nel test perché era fermo in attesa di permessi per un immobile) aveva comunque diritto al rimborso, essendo dimostrato l’effettivo esercizio economico in presenza di cause oggettive . In sostanza, l’interprete tributario deve anzitutto verificare se la società ha svolto qualsiasi attività rilevante ai fini IVA (anche con ricavi ridotti) . È solo in assenza totale di operazioni imponibili e in presenza di elementi fattuali che provino l’abuso, che l’IVA a credito può legittimamente essere negata.
Perciò, secondo la Cassazione: «il mancato superamento della soglia di operatività non può automaticamente escludere il diritto alla detrazione o al rimborso dell’IVA» . Il giudice tributario chiamato a decidere deve invece accertare “se la società ha svolto operazioni rilevanti ai fini IVA” – condizione sufficiente per l’esercizio del diritto – e valutare separatamente la legittimità della presunta non operatività . In particolare, si richiede prova dell’effettivo esercizio di attività economica secondo la nozione dell’art. 9 direttiva IVA , tenendo come riferimenti i fatti concreti (contratti, fatture, spese di gestione, ecc.).
Domande e risposte (FAQ)
D. Una società è di comodo se fattura poco o niente?
R. Non necessariamente. La qualificazione “non operativa” scatta per legge solo quando si fallisce il test di operatività previsto dall’art. 30 L.724/94 . Ciò significa che i ricavi complessivi degli ultimi tre esercizi sono inferiori a quelli minimi teorici calcolati sulle immobilizzazioni secondo percentuali forfetarie . Se l’ammontare dei ricavi dichiarati è superiore alla soglia, la società non è considerata di comodo. Viceversa se ricavi e proventi rimanenze risultano inferiori per tre anni consecutivi. Tuttavia la giurisprudenza UE e nazionale ha chiarito che il mero dato contabile non basta per escludere la qualità di impresa attiva . Serve un’analisi di merito dell’attività svolta e degli elementi obiettivi (incapacità di operare, cause esterne, ecc.) che possano giustificare il basso fatturato .
D. Che succede se non supero il test di operatività?
R. Se alla fine dell’accertamento tributario (o al momento del rimborso IVA) emerge la mancata operatività, scattano le penalità fiscali di cui all’art. 30 L.724/94. Sul piano dei redditi, viene presunto un reddito minimo addizionale e si applica un’IRES maggiorata. Sull’IVA, il risultato è che l’eccedenza di credito IVA non può essere rimborsata né compensata . Ciò significa che la richiesta di rimborso viene respinta e il credito non può più essere usato a ridurre altre imposte. Se la società resta non operativa per tre anni di fila, anche il credito in riporto si azzera definitivamente . Attenzione: questo è l’effetto di diritto ordinario, ma può essere contrastato in giudizio, in base ai principi di cui sopra .
D. Una società inattiva può avere comunque diritto al rimborso IVA?
R. In base alla disciplina comunitaria e alla giurisprudenza attuale, il diritto alla detrazione (e quindi al rimborso del credito IVA) spetta sempre se sono sussistite operazioni imponibili e non si prova frode . Anche una società con “fatturato zero” nell’anno di riferimento ha diritto al rimborso se ha comunque esercitato un’attività economica (ad esempio, una start-up in fase di avvio, o un’azienda con solo spese generali). L’unico caso in cui la detrazione può legittimamente essere negata è quando si dimostra, con elementi concreti, che il diritto viene invocato in modo fraudolento o abusivo (ad es. fatture false, frodi carosello, società di comodo fittizie). Nessuna norma europea impone un minimo di fatturato per non essere soggetto IVA, come ribadito dalla Corte UE .
D. Cosa cambia con la sentenza della Corte di giustizia UE?
R. In sostanza cambia il quadro delle regole: dopo la sentenza C-341/22 (7 marzo 2024) in teoria l’Italia dovrebbe consentire alle società di comodo di esercitare il diritto a detrarre e rimborsare l’IVA, salvo provati abusi. Tuttavia, la normativa nazionale non è stata ancora adeguata a questi principi. Pertanto, al momento – fino a un intervento legislativo che recepisca la sentenza UE – rimane vigente il divieto di rimborso per le società non operative . Ciò non impedisce comunque al contribuente di far valere i principi comunitari in giudizio: molte sentenze degli ultimi mesi hanno effettivamente disapplicato l’art. 30 L.724/94, dichiarandolo incompatibile con la direttiva IVA e riconoscendo il rimborso .
D. In concreto, come posso difendermi se l’Agenzia blocca il rimborso?
R. Le principali azioni difensive sono:
– Ricorso in Commissione Tributaria: impugnare il diniego di rimborso o compensazione. È fondamentale produrre tutti i documenti che dimostrano l’attività effettivamente svolta (contratti, fatture vendite, promemoria di lavori in corso, ecc.) e le cause oggettive di eventuali ritardi (permessi edilizi, incidenti, inadempienze di terzi). Citare la giurisprudenza UE e nazionale (C-341/22; Cass. 4151/2025, 21887/2025, 24416/2024, etc.) e sostenere la disapplicazione dell’art. 30 .
– Istanza di disapplicazione (interpello): preventivamente, è possibile presentare un interpello disapplicativo all’Agenzia (art. 30 co. 4-bis L.724/94) specificando le situazioni oggettive. Se esiste un provvedimento favorevole in via amministrativa, più avanti facilita il giudizio; altrimenti resta procedura giudiziale.
– Garanzia e rivalsa: se l’Amministrazione permane sulla decisione, si può fornire idonea garanzia (bancaria o assicurativa) e sollecitare comunque il rimborso (magari parziale) in attesa del giudizio, come a volte suggerito dall’Agenzia per le annualità di imposta in corso.
– Contraddittorio obbligatorio: in sede di reclamo, l’Agenzia ha l’obbligo di convoca il contribuente a contraddittorio (art. 12 D.Lgs. 218/97) in caso di reclamo per riscossione/rimborso: sfruttare questo strumento per illustrare per iscritto o oralmente le motivazioni oggettive della ridotta operatività (se invitati) può rafforzare la posizione.
D. Se il credito IVA è bloccato, posso usare il meccanismo della compensazione?
R. No: come detto, la legge vieta esplicitamente la compensazione del credito IVA di una società non operativa . Pertanto non si può aggirare il divieto passando da rimborso a compensazione in F24. Qualsiasi compensazione sarà bloccata dall’Agenzia se la società risulta di comodo. L’unica possibilità rimasta è chiedere giudizialmente di disapplicare tale divieto.
Tabelle riepilogative
Aspetto | Società operativa | Società non operativa |
---|---|---|
Diritto alla detrazione IVA | Sempre riconosciuto (se condizioni) | Sospeso in base a presunzioni (di legge vietato di rimborso) |
Rimborso IVA | Ammesso (presentata dichiarazione) | Vietato dalla legge (art. 30 c.4 L.724/94) |
Compensazione IVA | Libera (rispettando limiti normativi) | Vietata (anche a prescindere da soglia) |
Prova di operazioni effettive | Non richiesta per il diritto alla detrazione (diritto generale) | Deve essere prodotta per contrastare la presunzione di non operatività |
Documentazione da presentare | Fatture, scontrini, scritture contabili ordinarie | Plus: prove oggettive (autorizzazioni, contratti, preventivi, fatture d’acquisto) in caso di contestazione |
Esito impugnazioni giurisdizionali | Avverso eventuali accertamenti (meno frequente) | Spesso favorevole al contribuente (applicazione dei principi UE e Cassazione) |
Tab. 3 – Sintesi di diritti e obblighi di una società operativa vs non operativa
Simulazioni pratiche
Esempio 1 – Calcolo del test di operatività:
La S.r.l. “Alfa” possiede un capannone strumentale del valore civile di €200.000 (nuovo), una porzione di immobile ad uso abitativo acquistata nell’esercizio per €100.000, e altre immobilizzazioni per €50.000. Nel triennio 2021-2023 dichiara ricavi, incrementi rimanenze e proventi effettivi rispettivamente di €3.000, €1.000, €4.000. Calcolo del reddito minimo presunto:
- Immobili industriali: €200.000 × 2% = €4.000 (categoria edifici a destino artigianale: aliquota dal 4% al 2%).
- Immobili abitativi nuovi: €100.000 × 1,5% = €1.500 (da 3% a 1,5%).
- Altre immobilizzazioni: €50.000 × 12% = €6.000.
- Totale reddito presunto annuo: €4.000 + €1.500 + €6.000 = €11.500.
Poiché i ricavi medi dichiarati (~€2.667) sono inferiori a €11.500, Alfa risulta teoricamente “non operativa”. In questo caso l’Agenzia vieterebbe il rimborso del suo credito IVA . Tuttavia, Alfa può tentare di dimostrare motivi oggettivi (ad es. ritardi nelle vendite dovuti a pandemia o a permessi edilizi) per disapplicare la regola e chiedere il rimborso legittimo del credito IVA.
Esempio 2 – Situazione oggettiva comprovata:
La S.r.l. “Beta” è nel settore turistico. Nel 2019 presenta un credito IVA di €10.000 a causa di acquisti di beni per un nuovo bed & breakfast. Tuttavia, nel 2018-2019 non realizza ricavi perché l’attività è rimasta in standby in attesa dell’agibilità dei locali (ritardo per lavori urbanistici). L’Agenzia nega il rimborso per mancato test di operatività. In giudizio, Beta produce permessi comunali e perizie di progetto che dimostrano cause estranee al mercato. Sulla base di Cass. 35816/2023 , il giudice tributario accoglie: riconosce che Beta ha effettivamente operato (intendendo investimenti per l’apertura) e che gli ostacoli burocratici sono fattori non imputabili al contribuente. Pertanto, dichiara inapplicabile la sanzione IVA e dispone il rimborso del credito.
Esempio 3 – Ricorso e risultato positivo:
La “Gamma S.r.l.” ha chiesto rimborso IVA 2018 pari a €5.000 e 2019 pari a €6.000. L’Agenzia blocca entrambi imputando la qualifica di società non operativa (ricavi minimi presunti 2015-2017 di €20.000, ma ricavi effettivi €8.000 e €5.000). Gamma fa ricorso in CTP, allegando fatture attive per servizi realmente prestati e contratti non eseguiti per causa di forza maggiore (lockdown). La Cassazione (se appellato) potrebbe applicare i principi di cui sopra e ordinare il rimborso. Infatti, come affermato, non basta il fallimento del test per togliere il diritto alla detrazione .
Conclusioni
In sintesi, il “blocco” del rimborso IVA per una società non operativa è una pratica prevista dalla legge italiana, ma oggi fortemente contrastata da principi comunitari e nazionali. Dal punto di vista del contribuente-debitore è fondamentale impugnare tempestivamente il diniego di rimborso, basandosi su: (i) motivazioni di merito relative all’effettivo esercizio di attività economica; (ii) presupposti di diritto derivanti dalle recenti sentenze UE e Cassazione. Fino a quando la legislazione italiana non sarà aggiornata, il confronto fra il contribuente e l’Agenzia avverrà prevalentemente in sede giurisdizionale. Esempi pratici e simulazioni mostrano che, con la corretta strategia (istanza di interpello, reclamo, ricorso, documentazione probatoria), è possibile ottenere l’annullamento del divieto fiscale basato su mere presunzioni, riconoscendo così al contribuente il rimborso legittimo dell’IVA.
Fonti e giurisprudenza
- Legge 23 dicembre 1994, n. 724, art. 30 (disciplinante le “società non operative”).
- D.Lgs. 192/2024 (modifica le aliquote del test di operatività, senza intervenire sulle limitazioni IVA) .
- Direttiva 2006/112/CE (“Direttiva IVA”), in particolare art. 9 e 167 (principio di neutralità e diritto alla detrazione).
- Sentenza Corte di Giustizia UE 7 marzo 2024, causa C-341/22 (Feudi di San Gregorio) .
- Corte di Cassazione, ord. 21887/2025 (interpretazione art. 30 L.724/1994 e rimborso IVA) .
- Corte di Cassazione, sent. 4151/2025 (contestazione principî comunitari sul test di operatività) .
- Corte di Cassazione, ord. 24416 e 24442/2024 (disapplicazione sanzioni IVA per società di comodo) .
- Corte di Cassazione, ord. 35816/2023 (possibilità di disapplicare art. 30 in presenza di cause oggettive) .
- Commissione Tributaria Regionale Lazio, sent. 2403/17/24 (24/6/2024) – prima disapplicazione giudiziale dei limiti IVA per società di comodo .
- Risposta all’interrogazione parlamentare 13 maggio 2025, n. 5-03950 (Ministero Economia e Finanze/Agenzia Entrate) (orientamenti operativi post C-341/22).
- Normativa sul recupero dell’IVA (DPR 633/1972, art. 30; D.Lgs. 241/1997, art. 17; D.L. 70/1988, art. 5 c.4-ter).
- Giurisprudenza del Consiglio di Stato e TAR (su cessione quote, gravi vizi di valutazione, ecc.), nonché Circolari e Risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate.
- LEGGE 23 dicembre 1994, n. 724.
- Le società di comodo: novità introdotte dal D.Lgs n. 192/2024 al reddito imponibile.
- Cass. 35816 /2023.
- Cass., n. 4151/2025.
Hai richiesto un rimborso IVA e l’Agenzia delle Entrate lo ha bloccato perché la tua società è stata qualificata come non operativa (o di comodo)? Fatti Aiutare da Studio Monardo
Hai richiesto un rimborso IVA e l’Agenzia delle Entrate lo ha bloccato perché la tua società è stata qualificata come non operativa (o di comodo)?
Vuoi sapere quali sono i tuoi diritti e come puoi difenderti?
La normativa sulle società non operative prevede che, se una società non supera determinati parametri di redditività, venga considerata “di comodo”. In questo caso subisce forti limitazioni fiscali, tra cui il blocco del rimborso o della compensazione del credito IVA.
👉 Non sempre però la presunzione di non operatività è corretta: la società può dimostrare di essere attiva e di avere diritto al rimborso.
⚖️ Perché scatta il blocco del rimborso IVA
- Mancato superamento dei parametri di operatività previsti dalla legge;
- Risultati fiscali con perdite pluriennali o ricavi troppo bassi;
- Presunzione di società “contenitore”, usata solo per detenere beni senza attività reale;
- Controlli automatizzati che classificano la società come non operativa.
📌 Conseguenze per la società
- Blocco del rimborso IVA richiesto;
- Impossibilità di compensare il credito IVA in F24;
- Applicazione di imposte sostitutive con minimo imponibile presunto;
- Sanzioni e interessi in caso di utilizzo del credito non spettante.
🔍 Come difendersi
- Analizza il provvedimento di diniego: verifica i motivi per cui l’Agenzia ha ritenuto la società non operativa.
- Raccogli documentazione probatoria: bilanci, contratti, fatture, relazioni che dimostrino l’effettiva attività.
- Dimostra la sussistenza di cause di esclusione (es. società in fase di start-up, situazioni straordinarie, crisi di mercato).
- Contesta la presunzione di non operatività: la società può provare di essere attiva anche se non rispetta i parametri standard.
- Presenta ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria contro il blocco del rimborso.
🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
- 📂 Esamina il diniego di rimborso IVA e la qualificazione della società come non operativa;
- 📌 Ricostruisce l’attività reale della società con prove concrete;
- ✍️ Predispone memorie difensive e ricorsi per ottenere lo sblocco del rimborso;
- ⚖️ Ti rappresenta nei giudizi tributari per contestare la presunzione di non operatività;
- 🔁 Suggerisce strategie preventive per gestire i parametri di operatività ed evitare futuri blocchi.
🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
- ✔️ Avvocato esperto in IVA e società di comodo;
- ✔️ Specializzato in contenzioso tributario su crediti e rimborsi IVA;
- ✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Il blocco del rimborso IVA per società non operativa non è sempre legittimo: la società può dimostrare di avere un’attività reale e un credito IVA pienamente spettante.
Con una difesa legale mirata puoi contestare la presunzione di non operatività, ottenere lo sblocco del rimborso e proteggere la liquidità aziendale.
📞 Contatta subito l’Avv. Giuseppe Monardo per una consulenza riservata: la tua difesa contro il diniego di rimborso IVA inizia qui.