Omissione Plusvalenze Da Cessione Di Azienda: Come Difendersi

Hai ceduto un’azienda o un ramo d’azienda e hai ricevuto una contestazione dall’Agenzia delle Entrate per omissione della plusvalenza realizzata? In caso di cessione, il guadagno generato dall’operazione costituisce una plusvalenza tassabile. Se non viene dichiarata correttamente, il Fisco può emettere un avviso di accertamento con imposte, interessi e sanzioni molto rilevanti.

Quando si genera una plusvalenza da cessione d’azienda
La plusvalenza si realizza quando:
– Il corrispettivo della cessione è superiore al valore contabile netto dell’azienda o del ramo ceduto
– Nella cessione sono compresi beni strumentali, avviamento, marchi e altri elementi immateriali
– Viene trasferita la proprietà a titolo oneroso, con contratto regolarmente registrato

Quando scatta la contestazione del Fisco
– Se la plusvalenza non è stata dichiarata nella dichiarazione dei redditi
– Se il valore dichiarato nell’atto di cessione è ritenuto inferiore al valore reale di mercato
– Se emergono incongruenze tra corrispettivi ricevuti e contabilità aziendale
– Se parte del corrispettivo non è stata tracciata e appare occultata
– Se l’Agenzia delle Entrate ritiene che l’operazione sia stata sottovalutata per ridurre l’imposizione fiscale

Cosa rischi in caso di omissione della plusvalenza
– Recupero delle imposte sulla plusvalenza non dichiarata
– Applicazione di sanzioni dal 90% al 180% delle imposte dovute
– Interessi di mora che aumentano il debito fiscale
– Possibile contestazione di dichiarazione infedele o omessa dichiarazione, con conseguenze penali in caso di importi rilevanti
– Blocco dei beni aziendali o personali in caso di mancato pagamento

Come difendersi da una contestazione sulla cessione d’azienda
– Dimostrare la correttezza del corrispettivo dichiarato con perizie e valutazioni indipendenti
– Produrre documentazione contrattuale e contabile che giustifichi il prezzo di cessione
– Contestare la ricostruzione del valore di mercato da parte dell’Agenzia delle Entrate
– Evidenziare eventuali costi deducibili che riducono l’imponibile della plusvalenza
– Impugnare l’avviso di accertamento davanti alla Corte di Giustizia Tributaria entro i termini previsti

Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare l’atto di cessione e l’accertamento ricevuto
– Verificare la corretta determinazione della plusvalenza tassabile
– Raccogliere prove tecniche e contabili per contestare le presunzioni del Fisco
– Difendere il contribuente nel contraddittorio e in giudizio contro l’Agenzia delle Entrate
– Negoziare soluzioni come l’accertamento con adesione per ridurre sanzioni e interessi

Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale della contestazione fiscale
– La riduzione delle imposte e delle sanzioni richieste
– La sospensione di eventuali procedure esecutive
– La tutela del patrimonio aziendale e personale
– La certezza di pagare solo quanto realmente dovuto

⚠️ Attenzione: nelle cessioni d’azienda il Fisco tende spesso a rideterminare il valore della plusvalenza sulla base di stime. Non sempre queste valutazioni corrispondono alla realtà economica: con una difesa documentale solida è possibile contestarle e ridurre la pretesa fiscale.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in difesa tributaria e contenzioso fiscale – ti spiega come affrontare le contestazioni per omissione di plusvalenze da cessione d’azienda e come tutelarti in modo efficace.

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Introduzione

Introduzione: La plusvalenza da cessione d’azienda è un reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi. Ai sensi dell’art. 86 del TUIR, le plusvalenze realizzate per cessione onerosa di beni e, in particolare, delle intere aziende (incluso l’avviamento) devono concorrere alla formazione del reddito fiscale . In pratica, il risultato imponibile è la differenza tra il corrispettivo di vendita e il costo fiscalmente residuo dell’azienda ceduta . La Cassazione ha recentemente confermato che la plusvalenza si considera realizzata al momento della stipula dell’atto di vendita, indipendentemente da circostanze successive . Ciò significa che, anche se in seguito il contratto viene risolto per inadempimento dell’acquirente, l’obbligo fiscale del venditore sorge già in sede di contratto concluso .

Dal punto di vista pratico, l’omessa indicazione in dichiarazione di tali plusvalenze integra un’infrazione tributaria. In particolare, se il valore del tributo evaso supera la soglia di punibilità, la violazione può configurare reato di omessa dichiarazione o dichiarazione infedele (D.Lgs. 74/2000). Da ultimo la Cassazione – nell’ambito di accertamenti tributari – ha affermato che il regime dei termini d’accertamento si applica al cessionario solidale anche quando il reato (es. omessa dichiarazione) è stato commesso dal solo cedente . In caso di cessione in frode fiscale, inoltre, le normali tutele (beneficio di escussione, limite del triennio, valore azienda, certificato liberatorio) decadono completamente .

Profilo civilistico e contrattuale

La cessione di azienda è regolata dal Codice Civile. L’art. 2558 c.c. dispone che «se non è pattuito diversamente, l’acquirente subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa» . In pratica, i rapporti contrattuali continueranno automaticamente con il compratore (ad es. contratti di fornitura, locazione, lavoro), salvo clausole particolari.
L’art. 2560 c.c. (responsabilità per debiti aziendali) stabilisce invece che l’alienante non viene liberato dai debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta, a meno che i creditori non abbiano prestato assenso . Al comma 2 prevede che l’acquirente dell’azienda risponde solidalmente per i debiti risultanti dalla contabilità obbligatoria. In altre parole, il venditore rimane sostanzialmente responsabile dei debiti pregressi (anche tributari) a meno che non siano stati espressamente autorizzati dai creditori; il compratore si assume solo il ruolo di garante limitatamente ai debiti risultanti dai libri contabili obbligatori . Questo principio è volto a tutelare i creditori, assicurando che possano rivalersi sul patrimonio dell’acquirente (entro i limiti di legge) in aggiunta a quello del cedente.

Clausole contrattuali di tutela: È prassi inserire nel contratto di cessione clausole di garanzia che il cedente dichiara l’assenza di passività occulte e garantisce il compratore da oneri fiscali futuri. Ad esempio, il venditore può dichiarare che l’azienda è in regola con il fisco, accompagnando tale dichiarazione a una clausola di manleva: se emergessero debiti tributari ante-cessione non dichiarati, il cedente si impegna a risarcire il compratore . Si possono inoltre concordare penali o caparre confirmatorie per incentivare la veridicità delle informazioni fiscali. Tali garanzie privatistiche non hanno effetti diretti sull’accertamento tributario, ma servono come strumenti di tutela civile per ottenere risarcimenti o rivalsa sul venditore in caso di contestazioni fiscali successive.

Profilo tributario e reati tributari

Dal punto di vista fiscale, il cedente deve includere la plusvalenza nella dichiarazione dei redditi del periodo di imposta in cui è avvenuta la cessione. Le cessioni d’azienda sono esenti da IVA (art.2 co.3 lett. b) DPR 633/72) e soggette a imposta di registro al 3% (circolare 18/E/2013 Agenzia Entrate). L’eventuale plusvalenza si determina come differenza tra il prezzo di vendita (al netto di oneri accessori) e il costo fiscalmente residuo degli asset trasferiti . Se cedente è impresa, può optare per il regime di tassazione differita (riparto della plusvalenza in quote costanti fino a 4 anni) se ne ricorrono i requisiti; altrimenti la plusvalenza concorre interamente al reddito d’impresa. Le plusvalenze non sono imponibili ai fini IRAP, ma gravano sull’IRPEF/IRES ordinaria.

Normativa speciale – Solidarietà tributaria: L’art. 14 del D.Lgs. 472/1997 prevede una disciplina più rigorosa rispetto al civile: il compratore risponde in solido con il venditore per il pagamento delle imposte, tasse e sanzioni relative a violazioni commesse nell’anno della cessione e nei due anni precedenti . Tale solidarietà sussiste per i tributi (es. IVA, imposte sui redditi) maturati entro il triennio anteriore al passaggio di proprietà, anche se non ancora notificati al momento della cessione . Tuttavia, il cessionario gode di due benefici: (i) beneficio di preventiva escussione: l’Agenzia deve prima rivalersi sul patrimonio del cedente; (ii) limitazione di valore: l’obbligazione del compratore non può superare il valore dell’azienda trasferita (valore dichiarato o accertato) . L’art.14 co.2 stabilisce inoltre che la responsabilità del cessionario è limitata ai debiti risultanti dagli atti dell’Amministrazione alla data del trasferimento. A tutela del compratore esiste anche il certificato dei carichi pendenti (art.14, comma 3): se il cessionario ottiene un certificato “negativo”, non risulta alcuna pendenza, il venditore viene liberato (e dunque anche il compratore ne trae beneficio) .

Caso di frode fiscale: In presenza di cessione in frode ai crediti tributari (art.14, comma 4), le limitazioni previste vengono meno . Ciò significa che, se l’operazione è finalizzata a sottrarsi al pagamento di imposte (ad es. vendita di beni fittizia o sottovalutazione dolosa), il cessionario perde il beneficio di escussione preventiva, il limite del triennio e il tetto di valore: potrà essere chiamato a rispondere di tutti i tributi evasi (anche oltre il triennio) e con sanzioni massime . A livello penale, l’accertamento di una frode può integrare reati più gravi (es. sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte). In base alla giurisprudenza, la mera timidezza negli scambi tra cedente e cessionario (ad es. ripartizioni contrattuali interne) non preclude all’Amministrazione di colpire in solido entrambi se sussistono evidenze di frode fiscale. In ogni caso, in caso di frode dichiarata, non sono più opponibili al Fisco garanzie contrattuali o certificati liberatori .

Strumenti difensivi in sede amministrativa

Contraddittorio endoprocedimentale: Prima della conclusione dell’atto di accertamento, il contribuente ha diritto a un contraddittorio preventivo con l’Agenzia delle Entrate. Non appena ricevuto l’avviso di accertamento, il contribuente può richiedere entro i termini (di regola 20 giorni dall’atto) l’accesso agli atti e inviare memorie scritte. In tale sede può articolare in forma scritta le proprie deduzioni tecniche e giuridiche, chiedendo ad esempio chiarimenti sulla valutazione dell’azienda e presentando documenti di supporto (perizie, bilanci integrativi, stime alternative) . L’obiettivo è dimostrare la correttezza del valore dichiarato o l’errore delle presunzioni fiscali.

Accertamento con adesione: Entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso, il cedente (o il cessionario, se destinatario di un atto proprio) può chiedere di avviare la procedura di accertamento con adesione (art.6 D.Lgs.218/1997). L’adesione costituisce un vero e proprio contraddittorio formale: l’ufficio e il contribuente concordano un nuovo importo, spesso riducendo sanzioni e interessi . La presentazione dell’istanza sospende i termini di impugnazione (si aggiungono 90 giorni) . È importante ricordare che l’adesione vincola solo le parti che la sottoscrivono: se cedente e cessionario hanno posizioni distinte, ciascuno deve aderire per proprio conto . Ad esempio, se l’avviso contesta una plusvalenza al venditore e il cessionario è chiamato in solido, l’accordo sul cedente non estingue automaticamente l’obbligo del cessionario.

Ricorso tributario: Se il contraddittorio formale non conduce a una soluzione soddisfacente, il contribuente può impugnare l’accertamento davanti alla Commissione Tributaria Provinciale entro 60 giorni dalla notifica (o entro 60 gg + i 90 di sospensione dell’adesione) . Nel ricorso – e in appello alla CTR – bisogna esporre puntualmente le ragioni di diritto e i rilievi tecnici (ad es. errata applicazione del TUIR, valutazioni arbitrarie, mancanza del presupposto giuridico della plusvalenza, documentazione alternativa). La giurisprudenza recente riconosce ampio spazio alla prova liberatoria del contribuente: la Cassazione, ad esempio, ha ritenuto erronea una valutazione induttiva dell’avviamento in mancanza di elementi concreti, e ha ribadito che la plusvalenza si considera comunque realizzata al rogito . Se il tributo contestato è infondato o sovrastimato, il contribuente può ottenere l’annullamento totale o parziale dell’accertamento. In ogni fase del contenzioso tributario è possibile ricorrere a perizie tecniche e consulenti fiscali per rafforzare le proprie argomentazioni.

Simulazioni pratiche

  • Esempio 1 – Cessione con plusvalenza non dichiarata: Supponiamo che l’imprenditore Rossi venda la sua ditta con un corrispettivo di €150.000, mentre il valore contabile netto dell’azienda (beni ammortizzabili e avviamento) risulta pari a €100.000. In dichiarazione Rossi omette di inserire plusvalenza. L’Agenzia invia avviso di accertamento per €50.000 di plusvalenza (150-100), maggiorando le imposte (ad es. IRPEF/IRES) e irrogando sanzioni fino al 200%. Rossi può avviare il contraddittorio: presentare perizie valutative che confermino il prezzo come congruo o evidenzino passività occulte, dimostrare tramite il bilancio che il valore contabile è corretto, far valere analogie di mercato. Se la difesa tiene, il giudice tributario potrà ridurre o annullare l’imposta aggiuntiva.
  • Esempio 2 – Cessione e responsabilità del cessionario: Chi acquista un ramo d’azienda (es. €500.000) chiede al venditore il certificato dei carichi pendenti. Il documento certifica l’assenza di contenziosi fiscali pendenti al momento del rogito. Anni dopo, l’Agenzia contesta al cedente tributi non versati (es. IVA) del periodo pre-cessione. Il compratore può opporre il certificato: per legge le eventuali cartelle pendenti non risultanti al trasferimento non possono essergli addebitate . Dovrà rispondere solo dei tributi emersi entro la data di cessione (e non versati), e comunque entro il limite del valore aziendale.
  • Esempio 3 – Ritenute dipendenti: Una società cede un ramo di azienda senza i dipendenti. L’acquirente non assume il personale trasferito. Successivamente emergono ritardi nei versamenti delle ritenute IRPEF del personale rimasto in capo al cedente. Secondo la Cassazione, tali debiti non possono “trasmigrare” al cessionario perché non inerenti all’oggetto ceduto . Dunque l’acquirente non risponde delle ritenute IRPEF dei dipendenti rimasti alle dipendenze del venditore (ex ordinanza Cass. n.18117/2021 ).
  • Esempio 4 – Cessione simulata: Se emerge che la vendita era simulata (per esempio il cedente continua a incassare profitti senza effettivo passaggio d’azienda), l’operazione sarà considerata in frode al Fisco. Il compratore diventa corresponsabile di tutti i tributi evasi dal cedente (senza limiti temporali o di valore) e rischia persino sequestri cautelari . In tali casi di frode conclamata, il Fisco abbandona le garanzie civili e agisce direttamente contro l’acquirente. La difesa, oltre a ogni possibile linea cautelativa, dovrà puntare in primis a dimostrare la reale sussistenza dell’operazione (ad es. prezzo congruo pagato regolarmente) per tentare di rientrare nel regime ordinario con benefici di legge.

Tabelle riepilogative

AspettoCedente (Venditore)Cessionario (Acquirente)
Responsabilità civileRimane debitore dei debiti aziendali pregresse (fino a escussione di garanzia) .Subentra nei contratti aziendali (art.2558 c.c.) , ma risponde per debiti solo se derivanti dalla contabilità ceduta .
Debiti tributariSempre responsabile per imposte sui periodi ante-cessione (art. 2560 c.c.) .Responsabile in solido per tributi degli ultimi 3 anni (art.14 D.Lgs.472/97) , con beneficio di escussione preventiva.
Limiti responsabilitàNessun limite di valore (cedente principale).Non paga più del valore dell’azienda (art.14) ; può opporre il certificato liberatorio se negativo.
Cessione fraudolentaResponsabilità illimitata (cade ogni tutela: triennio, valore, ecc.) .
Accertamento + termineAccertamenti entro 5 anni (10 se reato).Anche in caso di reato del cedente, cassazione ha previsto raddoppio del termine di accertamento .
Fase proceduraleTempisticaAzioni del contribuente
Notifica avviso di accertamentogiorno 0Ricevuto l’atto, valutare motivi contestati e raccogliere documenti (contratto, bilancio).
Contraddittorio amministrativoentro 20 giorniRichiedere accesso agli atti; inviare memorie difensive con rilievi tecnico-economici .
Accertamento con adesioneentro 60 giorniPresentare istanza di adesione con motivazioni; sospende termini 90 gg . L’Ufficio convoca e negozia una soluzione (riduce sanzioni).
Ricorso alla CTP (1° grado)entro 60 gg (o 150)Se fallita adesione: impugnare con ricorso, specificando vizio dell’atto (valore, legge applicata, etc.) . Allegare perizie a favore.
Appello alla CTR (2° grado)30 gg dalla notifica sentenza CTPSostenere le stesse ragioni in grado superiore; eventualmente chiedere giudizio in Cassazione.
Eventuale Cassazione(facoltativa)Per questioni di diritto (articolate su interpretazione leggi, retroattività, errori procedurali).

Domande frequenti (FAQ)

  • D: Dopo aver acquistato un’azienda, devo pagare le cartelle del vecchio proprietario?
    R: Potenzialmente sì, ma con limitazioni. In base all’art.14 D.Lgs.472/97, l’acquirente risponde in solido con il venditore per i tributi maturati entro tre anni precedenti alla cessione . Ad esempio, se al momento del rogito esiste già un’IVA o IRPEF non versata negli ultimi tre anni, l’Erario può rivolgersi al compratore. Tuttavia, non risponde dei debiti sorti dopo la vendita. Inoltre, se ha richiesto il certificato liberatorio fiscale, egli potrà opporlo per esonerarsi dai debiti tributari non risultanti al trasferimento . In sostanza, pagherà solo tributi anteriori all’acquisto e notificati entro il termine legale, entro il valore dell’azienda.
  • D: Chi paga l’IMU o la TARI dell’immobile aziendale l’anno della vendita?
    R: Non esistono norme tributarie speciali per le imposte locali in caso di cessione: di solito si applica la regola civilistica del possesso. In mancanza di diversa pattuizione contrattuale, il venditore liquida le imposte locali sino alla data del rogito e il compratore da quella in poi. Ad esempio, l’IMU si divide pro-rata (venditore paga fino al rogito, acquirente dal giorno successivo). Salvo specifici accordi, l’acquirente non può essere obbligato a pagare tributi arretrati (IMU, TARI) riferiti a periodi in cui non era proprietario.
  • D: E le ritenute fiscali dei dipendenti non versate dal cedente?
    R: Dipende se il cessionario ha assunto il personale trasferito. Secondo Cassazione (Cass. ord. n.18117/2021) il cessionario risponde delle ritenute IRPEF solo se in sede di cessione ha assunto i dipendenti del ramo ceduto . Se i dipendenti rimangono alle dipendenze del venditore (non ceduti), i debiti da ritenute pregresse restano a carico del vecchio titolare. In pratica: se non si è subentrati nei rapporti di lavoro, l’acquirente non risponde delle ritenute non versate relative ai lavoratori ceduti (ma se li assume, possono diventare suo debito in solido).
  • D: Cosa succede se la cessione era simulata per evadere il fisco?
    R: In questo caso scatta il comma 4 dell’art.14 D.Lgs.472/97: cedente e cessionario sono equiparati e rispondono di tutti i debiti tributari del cedente senza limiti (cade il triennio e il limite di valore) . Il certificato liberatorio perde efficacia, e il Fisco può agire direttamente contro l’acquirente. Sul piano penale, si configura il reato di frode fiscale (art.4 D.Lgs.74/2000). Le conseguenze sono gravissime: il cessionario può essere chiamato a pagare tutte le somme dovute e subire sequestri cautelari. Se il contribuente ritiene di essere in buona fede, dovrà fornire tutte le prove di legittimità dell’operazione (prezzo congruo, reale patto di vendita, ecc.). In tal caso può tentare di reclassificare l’operazione come ordinaria per riottenere i limiti di legge, o ricorrere a soluzioni transattive (incluse misure premiali penali come l’estinzione del reato per pagamento integrale del debito ).
  • D: Come tutelarsi contrattualmente nei contratti di cessione?
    R: Per prevenire contestazioni, è essenziale inserire nel contratto clausole di garanzia e manleva. Il cedente può dichiarare «l’azienda è in regola con tutte le imposte e non gravata da debiti tributari occultati», specificando gli eventuali debiti noti (tassazione anticipata) . È buona norma chiedere il certificato carichi pendenti fiscale e negoziare clausole di indennizzo: se emergono imposte ante-cessione non rilevate, il venditore dovrà risarcire l’acquirente dell’ammontare versato al Fisco. Si possono anche inserire clausole penali (caparra confirmatoria) che vincolino le parti al rimborso in caso di contenzioso tributario. Tali patti civili non impediscono l’accertamento tributario, ma garantiscono rimedi contrattuali contro il cedente in sede civile.

Le tabelle precedenti riassumono i principali profili di responsabilità e i passaggi procedurali, evidenziando le differenze tra cedente e cessionario e i tempi per agire.

Fonti normative e giurisprudenziali: gli orientamenti summenzionati si fondano su codici civili (art.2558, 2560 c.c.) e fiscali (art.86 TUIR, art.14 D.Lgs.472/97), nonché su pronunce aggiornate della Corte di Cassazione . In sede penale si applicano gli articoli del D.Lgs.74/2000 sui reati tributari. Gli esempi e le strategie difensive illustrate derivano dall’interpretazione coordinata della normativa vigente e della prassi amministrativa e giurisprudenziale recente (Cassazione, CTR).

  • DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 22 dicembre 1986, n. 917
  • Cassazione, ordinanza 13 febbraio 2024, n. 3936, sez. V
  • Cassazione: la plusvalenza collegata alla cessione di azienda si realizza al momento di conclusione del contratto
  • CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 giugno 2021, n. 18117 – In caso di cessione di ramo d’azienda, l’acquirente, pur in presenza di una contabilità unitaria, risponde, a norma dell’art. 2560 cod. civ., dei debiti pregressi risultanti dai libri contabili obbligatori, a condizione, però, che siano “inerenti” alla gestione del ramo d’azienda ceduto

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La plusvalenza da cessione di azienda è la differenza positiva tra il corrispettivo incassato e il valore fiscale netto dell’azienda ceduta. Essa costituisce reddito imponibile e deve essere dichiarata, salvo specifiche esenzioni o regimi agevolati.
Molti accertamenti nascono da controlli su atti notarili, registri delle imprese, o incroci di dati con i registri fiscali.

👉 Non sempre, però, le contestazioni sono corrette: errori di calcolo, incertezze sulla valutazione o particolari regimi fiscali possono cambiare radicalmente l’esito dell’accertamento.


⚖️ Perché scatta la contestazione

  • Cessione di azienda non dichiarata nella dichiarazione dei redditi;
  • Errata qualificazione dell’operazione come “cessione di beni” e non come “cessione di azienda”;
  • Differenze tra corrispettivo dichiarato e quello riportato nell’atto di cessione;
  • Applicazione non corretta di regimi agevolati (es. imprenditori in regime forfettario o regimi di neutralità fiscale);
  • Incongruenze nei valori dei beni aziendali ceduti.

📌 Conseguenze possibili

  • Recupero delle imposte non versate sulle plusvalenze;
  • Sanzioni fiscali dal 90% al 180% dell’imposta evasa;
  • Interessi di mora;
  • Nei casi più complessi, rischio di accertamenti penali tributari per dichiarazione infedele.

🔍 Come difendersi

  1. Analizza l’atto di cessione e il metodo di calcolo della plusvalenza.
  2. Raccogli la documentazione: bilanci, perizie di stima, registri contabili, contratti.
  3. Dimostra la corretta qualificazione dell’operazione: non tutte le cessioni generano plusvalenze tassabili.
  4. Contesta eventuali errori di calcolo da parte del Fisco.
  5. Presenta memorie difensive o ricorso davanti alla Corte di Giustizia Tributaria.

🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

  • 📂 Analizza l’accertamento e l’atto di cessione contestato;
  • 📌 Verifica il corretto calcolo della plusvalenza e l’applicabilità di eventuali regimi agevolati;
  • ✍️ Predispone memorie difensive e ricorsi per ridurre o annullare la pretesa;
  • ⚖️ Ti rappresenta nel contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate e nei giudizi tributari;
  • 🔁 Valuta soluzioni alternative, come adesione o definizione agevolata.

🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

  • ✔️ Avvocato esperto in cessioni d’azienda e fiscalità straordinaria;
  • ✔️ Specializzato in contenzioso tributario su plusvalenze e operazioni straordinarie;
  • ✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.

Conclusione

Un accertamento per omissione di plusvalenze da cessione di azienda può avere conseguenze molto rilevanti, ma non sempre le contestazioni del Fisco sono corrette.
Con una difesa legale mirata puoi dimostrare la corretta qualificazione dell’operazione, contestare errori di calcolo e ridurre l’impatto fiscale.

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