Hai ricevuto una contestazione dall’Agenzia delle Entrate perché ritiene che il trasferimento della sede legale all’estero sia solo fittizio? Molte imprese decidono di spostare la propria sede in altri Paesi per motivi organizzativi o fiscali, ma se il Fisco dimostra che la gestione effettiva continua a svolgersi in Italia, può considerare la società come residente fiscalmente qui, con conseguenze pesanti in termini di imposte, sanzioni e interessi.
Quando scatta la contestazione di sede estera fittizia
– Se la società ha sede legale all’estero ma l’amministrazione e la direzione effettiva restano in Italia
– Se mancano uffici, personale o strutture operative nel Paese estero indicato
– Se i contratti e le decisioni societarie vengono firmati e gestiti in Italia
– Se i conti bancari e le principali attività economiche risultano localizzate in Italia
– Se l’impresa è costituita in un Paese a fiscalità privilegiata e il Fisco presume intenti elusivi
Cosa rischi in caso di accertamento
– Tassazione in Italia di tutti i redditi prodotti dalla società, anche se formalmente estera
– Applicazione di sanzioni dal 90% al 180% delle imposte accertate
– Addebito di interessi di mora
– Contestazione di esterovestizione, con possibili conseguenze penali se i redditi nascosti sono rilevanti
– Sequestro di beni e conti societari o personali in caso di procedimenti penali collegati
Come difendersi da una contestazione di sede fittizia all’estero
– Dimostrare con prove concrete la reale presenza della società nel Paese estero (uffici, dipendenti, contratti, clientela locale)
– Presentare la documentazione contabile e bancaria che provi la gestione effettiva fuori dall’Italia
– Contestare le presunzioni dell’Agenzia delle Entrate quando non supportate da elementi oggettivi
– Richiamare le convenzioni contro le doppie imposizioni per evitare tassazioni indebite
– Impugnare l’avviso davanti alla Corte di Giustizia Tributaria entro i termini di legge
Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare l’accertamento e verificare la legittimità delle prove utilizzate dal Fisco
– Predisporre un dossier difensivo basato su documentazione societaria e operativa estera
– Contestare l’automatismo con cui l’Agenzia delle Entrate presume l’esterovestizione
– Difendere la società sia in sede tributaria che, se necessario, in sede penale
– Negoziare soluzioni con l’Agenzia delle Entrate per ridurre sanzioni e interessi
Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale dell’accertamento fiscale
– La riduzione di imposte, sanzioni e interessi applicati
– La sospensione di eventuali procedure esecutive e sequestri
– La tutela del patrimonio aziendale e personale degli amministratori
– La possibilità di continuare ad operare legittimamente all’estero
⚠️ Attenzione: il trasferimento della sede legale all’estero non è di per sé illecito. Diventa contestabile solo se privo di sostanza economica e organizzativa. Una difesa ben documentata è decisiva per dimostrare la reale operatività della società fuori dall’Italia.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in fiscalità internazionale e difesa tributaria – ti spiega cosa fare se l’Agenzia delle Entrate verifica un trasferimento fittizio della sede all’estero e come difenderti.
👉 La tua società è accusata di aver trasferito fittiziamente la sede all’estero? Richiedi in fondo alla guida una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo la tua posizione, raccoglieremo la documentazione utile e predisporremo la strategia più efficace per proteggerti.
Introduzione
La determinazione della residenza fiscale – di una persona fisica o di una società – è un tema cruciale in ambito tributario italiano. Se l’Agenzia delle Entrate sospetta che il trasferimento della sede (legale o amministrativa) o della residenza fiscale all’estero sia avvenuto solo “di facciata” (esterovestizione), può avviare verifiche fiscali approfondite. Dal punto di vista del debitore (contribuente: imprenditore o privato), è fondamentale sapere quali criteri normativi e giurisprudenziali valgono, quali prove raccogliere e come difendersi. In questa guida aggiornata ad agosto 2025, illustreremo in dettaglio il quadro legislativo italiano, le più recenti sentenze, i rischi connessi, le sanzioni, nonché le strategie di difesa (compresi contraddittorio e contenzioso). Non mancheranno tabelle riepilogative, domande e risposte e simulazioni pratiche di casi tipici. Tutto dal punto di vista del contribuente.
Quadro normativo generale sulla residenza fiscale
Persone fisiche
La legge fiscale italiana (Testo Unico delle Imposte sui Redditi, TUIR) definisce la residenza fiscale delle persone fisiche con criteri formali e sostanziali. In base all’art. 2 TUIR, una persona è fiscalmente residente in Italia se, per la maggior parte del periodo d’imposta (almeno 183 giorni), possiede in Italia almeno uno di questi requisiti :
- Iscrizione all’anagrafe della popolazione residente in Italia (presunzione relativa di residenza) .
- Domicilio in Italia, inteso come il centro principale dei propri affetti familiari e personali (art. 43 c.c.) .
- Residenza abituale in Italia, intesa come la dimora abituale (il luogo in cui la persona dimora abitualmente) .
Dal 2024 è entrato in vigore un nuovo criterio di presenza fisica : anche la semplice permanenza fisica continuativa o frazionata per la maggior parte dell’anno sul territorio italiano conta ai fini di residenza fiscale . La riforma ha riformulato l’art. 2, c. 2 TUIR: oggi sono residenti in Italia le persone che soddisfano almeno uno dei criteri sopraindicati (iscrizione all’anagrafe, domicilio, residenza o presenza fisica per ≥183 giorni) . L’iscrizione all’AIRE (cancellazione dalle anagrafi) non abolisce di per sé la residenza fiscale se, di fatto, permangono gli interessi vitali in Italia .
La legge introduce inoltre presunzioni a sfavore del contribuente. L’art. 2-bis TUIR (legge 448/1998) stabilisce che i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi residenti e trasferiti in paesi non black-list (Paesi a fiscalità normale) sono considerati, salvo prova contraria, residenti in Italia . In pratica, il peso della prova è invertito: spetta al contribuente dimostrare di non avere più interessi sostanziali in Italia. Qualora la residenza all’estero sia in un Paese “black-list” (ex paradiso fiscale), la presunzione di residenza italiana è rafforzata e si applicano norme speciali.
Il criterio della presenza fisica (introdotto nel 2024) ha formalizzato pratiche già consolidate: di fatto, anche la permanenza materiale per oltre metà anno in Italia fa scattare la residenza fiscale, indipendentemente dall’anagrafe . Questo è particolarmente rilevante per lavoratori all’estero o persone che vivono abitualmente fuori ma mantengono legami stretti con l’Italia (famiglia, casa, ecc.).
Società ed enti
Per le società e gli enti diversi dalle persone fisiche (soggetti passivi IRES), l’art. 73 del TUIR definisce i criteri di collegamento personale all’imposizione. Fino al 2023, il comma 3 dell’art. 73 stabiliva che una società è fiscalmente residente in Italia se, per la maggior parte del periodo d’imposta (sessantadue giorni per anno solare coincidente), manteneva in Italia la sede legale, la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale . In altri termini, uno solo di questi criteri bastava a radicare la residenza fiscale in Italia.
Dal 2024 (attuazione della delega fiscale con D.Lgs. 209/2023, legge 111/2023) la normativa è stata aggiornata, sostituendo i vecchi criteri con parametri più “sostanziali” . Oggi la società si considera fiscalmente residente in Italia se:
- Sede legale in Italia.
- Sede di direzione effettiva in Italia: il luogo in cui vengono prese le decisioni strategiche principali riguardanti l’attività dell’ente .
- Gestione ordinaria in Italia: il luogo in cui si svolgono prevalentemente le attività di gestione quotidiana della società .
In pratica, il criterio della “sede dell’amministrazione” è stato sostituito da due nuovi parametri sostanziali (direzione effettiva e gestione principale) . Ad esempio, la sede di direzione effettiva è definita come “il luogo in cui si prendono le decisioni strategiche principali che riguardano l’ente nel suo complesso” , mentre la gestione ordinaria principale indica il luogo dove si svolgono le attività di routine. L’oggetto principale non è più un criterio autonomo, attenuando incertezza (v. tabella 1 più avanti).
Dal punto di vista del diritto europeo, è importante ricordare che la sola scelta di una forma societaria o di una giurisdizione estera non è di per sé abusiva. In base alla giurisprudenza UE (principio di libertà di stabilimento), creare una società in un altro Stato membro per usufruire di una fiscalità più favorevole non costituisce automaticamente un abuso . Tuttavia, il principio è limitato dal divieto di artifici puri: l’Ufficio può intervenire quando il trasferimento è finalizzato a realizzare un indebito vantaggio fiscale attraverso uno schema artificiale sprovvisto di sostanza economica . In altre parole, la residenza fittizia all’estero (esterovestizione) è considerata elusiva/abusive se è priva di realtà operativa concreta .
Esterovestizione: definizione e modalità
Il fenomeno dell’esterovestizione indica appunto la simulazione di residenza fiscale estera da parte di un soggetto (persona fisica o società) che in realtà mantiene il proprio centro di attività o interessi in Italia. In ambito societario, si ha esterovestizione quando una società formalmente costituita all’estero viene gestita e amministrata dall’Italia, con lo scopo di usufruire di un regime fiscale più vantaggioso . In altri termini, la sede all’estero è “solo di facciata”: “una simulazione priva di una reale sostanza economica, mentre la sede effettiva di direzione rimane in Italia” . Secondo la giurisprudenza, è configurabile come abuso del diritto se l’unico scopo del trasferimento all’estero è ottenere indebito risparmio d’imposta, senza ragione economica genuina .
Anche per le persone fisiche valgono concetti simili: si parla di esterovestizione delle persone fisiche quando il contribuente trasferisce la propria residenza all’estero solo sulla carta, continuando di fatto a vivere e avere i propri interessi vitali in Italia . Un esempio tipico è il cittadino italiano cancellato dalle anagrafi per iscriversi all’AIRE in un paese estero, ma che trascorre la maggior parte dell’anno in Italia, con famiglia o lavoro qui . Anche in questo caso, l’operazione è considerata una forma di abuso del diritto di stabilimento quando è priva di effettività economica e finalizzata a un risparmio fiscale indebito .
L’esistenza di un’effettiva attività economica all’estero è quindi un fattore chiave. La recente Cassazione ha sottolineato che “laddove la società svolga all’estero un’effettiva attività economica non può aversi esterovestizione” . In altri termini, se una società opera realmente all’estero (con uffici, dipendenti, clienti locali, bilanci e documentazione operativa), la mera presenza di suoi amministratori o soci in Italia non comporta automaticamente la tassazione in Italia. Lo stesso principio vale per i privati: trasferire la residenza formale in un altro Stato non impedisce di fatto che si rimanga residenti italiani se la vita quotidiana resta in Italia.
La normativa italiana mira a contrastare la residenza fiscale fittizia proprio tramite presunzioni e regole di collegamento sopra descritte. L’art. 2-bis TUIR inverte l’onere della prova per i cittadini AIRE . L’art. 73 TUIR (pre-2024) presumeva la residenza italiana se soddisfatti i criteri formali. Inoltre, il D.Lgs. 209/2023 ha aggiornato l’art. 73 introducendo i criteri sostanziali di direzione effettiva e gestione principale . A livello di prassi, la Circolare AdE n. 20/E del 4 novembre 2024 fornisce indicazioni operative alle Entrate sulla nuova disciplina , sottolineando che dalle modifiche non risultano più applicabili le interpretazioni precedenti in ordine alla residenza fiscale, e richiamando i nuovi criteri attuativi.
Rischi, sanzioni e responsablità
Quando l’Agenzia delle Entrate accerta l’esterovestizione, ne derivano conseguenze pesanti per il contribuente. Sul fronte fiscale, la società/persona fisica viene considerata residente in Italia: ciò comporta l’obbligo di dichiarare e pagare l’imposta sui redditi ovunque prodotti nel mondo. In pratica, i redditi esteri della società o del contribuente sono sottoposti a IRES/IRPEF italiana (oggi anche IRAP/IVA se dovute). Inoltre, scattano le sanzioni tributarie ordinarie per omessa o infedele dichiarazione: generalmente dal 90% al 180% delle imposte non versate (la percentuale dipende dal comportamento contestato: 100% per frode, 90% per mera omissione volontaria, come per l’IVA estera omessa, ecc.). Gli interessi moratori annuali si aggiungono all’importo. Se il conteggio delle imposte effettuato dall’Amministrazione risulta eccessivo o errato, il contribuente ha comunque l’onere di chiederne lo sconto in contraddittorio o ricorso (spesso, come ricordato, negli atti iniziali il fisco liquida solo l’imposta lorda ).
Sulle imprese, possono piovere anche maggiorazioni e sanzioni penali. Il fisco può contestare l’infedele dichiarazione con rideterminazione del reddito (art. 2 D.Lgs. 74/2000) se ritiene l’operazione elusiva/fittizia, con applicazione di sanzioni penali dal 100% al 200% e reati (frode fiscale o dichiarazione fraudolenta) se superato il limite penale. In alcune ipotesi, sono configurabili anche reati societari (ad es. se si travisano o occultano documenti). Gli amministratori o chi in concreto ha gestito l’azienda in Italia possono essere chiamati a rispondere in solido per le imposte evase . In estrema sintesi: spese sanitarie, affitti, conti correnti e bollette in Italia; una casa in Italia; legami personali continuativi; un’amministrazione fittizia: il Fisco considera tutto ciò nella valutazione dei rischi .
Se la sede estera si trova in un paradiso fiscale (lista UE di paesi black-list), il rischio cresce. L’Agenzia applica presunzioni rafforzate: ai sensi del D.Lgs. 167/1990 e successive (art. 2-bis, 5-bis TUIR), il contribuente deve provare l’effettiva localizzazione all’estero degli interessi. Ad esempio, in caso di esterovestizione società in paradisi fiscali l’Amministrazione “inverte l’onere della prova” – è il contribuente a dover dimostrare la genuinità della struttura estera . I controlli si fanno serrati: verifica di flussi bancari internazionali, operazioni intra-gruppo, struttura societaria reale. Le transazioni possono essere trattate come simulate. In particolare, gli strumenti CRS (scambio automatico di info finanziarie) e la Segnalazione ICI degli istituti, come pure incroci con anagrafica tributaria, redditometro, archivio conti (dati finanziari) e banche dati UE, consentono di scovare facilmente elementi anomali . Anche l’Anagrafe Tributaria e l’Anagrafe Valutaria raccolgono dati sugli investimenti all’estero.
Chi è individuato fiscalmente residente in Italia subisce, insomma, una tassazione mondiale dei redditi . Per le persone fisiche che hanno conseguito redditi esteri e non li hanno dichiarati, possono scattare accertamenti (sanzioni 90-180%) per omessa compilazione del quadro RW e infedele dichiarazione dei redditi esteri. Per i pensionati espatriati, l’Agenzia può retrocedere la residenza in Italia e pretendere le imposte sulle pensioni non versate, fino a 4 anni (più sanzioni) .
Fattori di rischio di esterovestizione
Alcuni comportamenti o elementi concreti segnalano fortemente l’esterovestizione. È utile ricordarli come check-list per valutare la solidità della propria posizione:
- Gestione dall’Italia di una società estera: la presenza stabile in Italia di soci/amministratori che prendono tutte le decisioni (riunioni del CDA, direttive di gestione, contabilità) mentre la società è formalmente all’estero .
- Sede legale fittizia: apertura di una sede all’estero solo sulla carta (indirizzo virtuale, casella postale, uffici non operativi), senza conto corrente, dipendenti o infrastrutture locali .
- Legami personali o familiari in Italia: il contribuente mantiene famiglia, casa o interessi personali in Italia (ad esempio casa di proprietà, reddito immobiliare italiano, coniuge/figli in Italia) .
- Mancata dismissione di beni in Italia: conservazione di immobili, veicoli, attività economiche italiane pur vivendo all’estero.
- Comunicazioni incoerenti: ad es., AIRE da oltre tre anni senza giustificare la permanenza fisica all’estero; omissione del quadro RW, mancato invio della dichiarazione italiana relativa ai redditi esteri quando dovuto.
- Attività economiche pendenti in Italia: continuare a operare (fatturare, prestazioni, commesse) prevalentemente in Italia pur avendo sede formale estera.
- Uso di paradisi fiscali: scelta di Paesi con regimi fiscali privilegiati (lussemburgo, Irlanda, Malta, UK pre-Brexit, paesi caraibici, mediorientali, ecc.) aumenta i sospetti. In questi casi, l’Amministrazione vigila con particolare attenzione e potrebbe applicare l’inversione dell’onere della prova .
In sintesi, si rischia l’accertamento se i legami con l’Italia rimangono forti nonostante il trasferimento formale. Al contrario, una “residenza estera genuina” si basa su evidenze coerenti: stabile effettivo spostamento di famiglia e interessi, contratti esteri, AIRE regolare e comprovato, saltuaria presenza in Italia, documentazione continuativa .
Verifica dell’Agenzia delle Entrate: fasi e strumenti
1. Avvio del controllo e invito a contraddittorio
L’iter tipico inizia con l’Agenzia delle Entrate che individua un contribuente “a rischio” (ad esempio tramite incrocio banche dati, segnalazioni UE o verifiche periodiche). Può inviare una lettera di invito a fornire documentazione (misure preventive) e fissare un incontro in contraddittorio oppure direttamente formulare contestazioni formali.
Il contraddittorio preventivo (D.Lgs. 218/1997 modificato dal D.Lgs. 156/2015, e dal 2024 art. 6-bis L. 212/2000) consente al contribuente di essere ascoltato e presentare documenti prima di un atto ufficiale. Per gli atti di accertamento importanti (come ipotesi di estero-vestizione con maggiori imposte), l’incontro è obbligatorio; in assenza l’atto potrebbe essere annullato . Durante il contraddittorio, il contribuente espone la sua versione, presenta prove documentali e confuta gli indizi dell’ufficio. È fondamentale prepararsi con un avvocato o commercialista tributarista: raccogliere tutta la documentazione utile (contratti di affitto esteri, estratti conto, carte d’imbarco, bollette estere, verbali assembleari in lingua locale, ecc.) e spiegare coerentemente il processo di trasferimento.
2. Accertamento formale
Se il contraddittorio non chiarisce la questione, o il contribuente non risponde positivamente, l’Agenzia emette un avviso di accertamento. Questo atto formale contiene le motivazioni (mancata prova residenza estera reale) e i nuovi imponibili calcolati. Può contestare per gli anni pregressi mancati redditi esteri e applicare sanzioni e interessi. Spesso l’avviso è preceduto da un invito formale a comparire presso l’ufficio oppure dal pre-accertamento. Il contribuente ha 60 giorni (dal ricevimento) per proporre istanza di autotutela o prendere contatti, altrimenti decade il diritto a presentarsi spontaneamente.
3. Attività di indagine
L’Agenzia possiede vari strumenti investigativi. Può accedere ai dati di banche estere tramite convenzioni, utilizzare lo scambio di informazioni CRS/AEOI, esaminare la segnalazione IVA intracomunitaria (esterometro), controllare i dati finanziari anonimi (Anagrafe dei rapporti finanziari) . Inoltre incrocia dati con Inps, anagrafe tributaria, documenti camerali e visure. L’analisi viene spesso affiancata a sopralluoghi indiretti (incrociando utenze, sanità, movimenti fiscali, redditometro) . L’obiettivo è ricostruire l’effettiva presenza nel territorio: ticket medici in Italia, pagamenti bollette italiane, multe o altri indizi di permanenza continuativa sul territorio fanno peso .
Strategie di difesa del contribuente
Il contribuente (persona fisica o impresa) soggetto a verifica deve prepararsi con cura per difendere la propria posizione. Ecco i passi consigliati dal punto di vista del debitore:
- Documentare l’effettiva permanenza all’estero: raccogliere prove materiali della vita nel Paese estero. Per i privati: contratti di locazione esteri, bollette di luce/gas estere, ricevute di spese scolastiche o sanitarie all’estero, certificati di iscrizione scolastica figli, timbri passaporto, ecc. Per le società: contratti di affitto dell’ufficio estero, documenti di registrazione locale, libri sociali tenuti all’estero, conti correnti esteri attivi (estratti conto e bonifici), buste paga dei dipendenti locali, partecipazione a fiere o appuntamenti con clienti all’estero, fatture emesse dall’estero. Ogni documento deve corrispondere al periodo verificato. È utile anche produrre buste paga o dichiarazioni dei redditi del Paese estero, che attestino il domicilio fiscale all’estero (il “certificato di residenza fiscale”) .
- Dimostrare la cessazione dei legami in Italia: è importante mostrare che si sono disattivati gli interessi italiani. Per i privati, chiudere contratti di affitto in Italia, vendere o affittare abitazioni, cancellare utenze (luce, telefono, auto aziendali) intestate, notificare la dimora in Italia come non più abituale. Per le imprese, verificare di non avere più immobili o attività operative in Italia, chiudere conti italiani, spostare la contabilità nel nuovo paese. Alcuni di questi elementi sono evidenze forti nel contraddittorio .
- Verificare l’iscrizione AIRE: accertarsi che l’iscrizione all’AIRE sia corretta (data e luogo reale di residenza all’estero) e non solo un adempimento formale. Se l’AIRE non esiste o è segnalato un comune italiano, bisogna regolarizzare immediatamente e allegare la documentazione che dimostra la residenza effettiva all’estero. L’iscrizione AIRE è condizione necessaria ma non sufficiente; in caso di contestazione, l’Amministrazione la considererà come un indicatore da corroborare con prove aggiuntive .
- Preparare atti societari e documenti: se si tratta di una società formalmente estera, mettere in evidenza verbali del consiglio di amministrazione o assemblee tenute all’estero (se possibili e in anticipo), contratti stipulati all’estero con soggetti locali, corrispondenza commerciale, report di attività estere. Di contro, è importante non far emergere che i decisori principali sono rimasti a Roma o Milano. Nel caso di avviso contesti la gestione italiana (come esempi in [16†L495-L504]), occorre dimostrare deleghe formali a manager esteri, nomine di amministratori locali e prove che gli impulsi gestionali vengono assunti fuori Italia .
- Pratiche bancarie e fiscali: utilizzare le banche estere per le principali transazioni, e non far transitare denaro italiano negli anni interessati al trasferimento. Non dimenticare di dichiarare i conti esteri nel quadro RW; diversamente l’Ufficio potrà contestare omissione. Se si erano già omessi conti RW, in contraddittorio si dovranno spiegare le ragioni (idealmente ammettendo l’errore e regolarizzando con ravvedimento operoso).
- Analisi preventiva della struttura societaria: come consigliato da esperti, prima di trasferire la sede è opportuno simulare gli scenari. Affidarsi a un consulente tributario esperto di fiscalità internazionale può aiutare a strutturare correttamente la governance all’estero (ad esempio, istituendo un organo decisionale reale in loco, distribuendo compiti e firme in modo congruo con il luogo di trasferimento) . In breve, occorre che il piano imprenditoriale e la proprietà intellettuale riflettano la realtà del nuovo paese.
- Contraddittorio e contenzioso: nel contraddittorio preventivo, presentare subito tutta la documentazione raccolta (tradotta, se necessario). Rispondere puntualmente alle contestazioni specifiche. Se l’avviso di accertamento viene emesso, si può valutare istanza di accertamento con adesione o proporre ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale entro 60 giorni . In ricorso, puntare sulla mancanza di prova dell’abuso (se la documentazione la mostra), citare la giurisprudenza favorevole (p.e. Cass. 23842/2025 ). In sede giurisdizionale, la Commissione può essere più flessibile nell’ammettere prove documentali anche nuovi elementi (la giurisprudenza tributaria consente di integrare la prova nel contenzioso quando emergono fatti nuovi ).
- Non creare ostacoli: è fondamentale cooperare evitando omissioni che aggraverebbero la posizione. Non rispondere passivamente all’avviso, né ignorarlo. Anzi, proattività è l’atteggiamento migliore: assumere subito contatti con l’ufficio, concordare incontri, chiedere chiarimenti. Le circolari fiscali ricordano che il contribuente ha diritto di essere ascoltato nel contraddittorio e può cercare di far desistere l’ufficio presentando prove convincenti fin da subito .
Comportamenti da evitare
Alcune azioni fanno scattare immediatamente l’allarme; vanno evitate sin dall’inizio:
- Non aprire semplicemente una società estera solo per risparmiare tasse, senza reale struttura. Un ufficio in proprio dovrebbe avere sedi, conti, attività operativa reali .
- Non intestare società a prestanome o parenti per mascherare la gestione: se il fisco scopre la “comandita occulta”, si va incontro a pesanti imputazioni.
- Non trasferire la residenza fiscale in modo fittizio (senza cambiare vita): mantenere conti e affari in Italia dichiarando altrove la residenza ne compromette la credibilità.
- Non ignorare i documenti italiani: non cancellare utenze o dismettere immobili solo dopo aver ricevuto il controllo. Meglio attivarsi prima dell’accertamento.
In sostanza, i contribuenti devono essere coerenti: ciò che dichiarano all’anagrafe, nelle banche, nelle fatture e nella vita quotidiana deve corrispondere al luogo in cui chiedono di pagare le tasse .
Giurisprudenza rilevante
La giurisprudenza della Cassazione – in linea con la Corte di Giustizia UE – chiarisce le condizioni per parlare di esterovestizione e quali fatti probatori contano:
- Cass. SS.UU. 5419/2016 (sezioni unite): nel contesto fallimentare, la Cassazione ha stabilito che lo spostamento formale della sede all’estero non determina automaticamente il “centro degli interessi principali” (CIP) al di fuori dell’Italia . Se, come nel caso concreto, non c’era un effettivo insediamento operativo all’estero (assenza di attività, nessun conto corrente estero, amministratore unico residente in Italia), il trasferimento è risultato fittizio. Ne segue che la competenza a dichiarare il fallimento rimane italiana . Questo orientamento vale anche in ambito tributario: il semplice spostamento formale non basta se il controllo economico resta in Italia .
- Cass. n. 2869/2013: aveva affermato che una società è residente in Italia se l’amministrazione effettiva si svolgeva in Italia, indipendentemente dalla sede legale all’estero (confermato da successive sentenze ). Di fatto, le decisioni strategiche italiane prevalgono sul mero domicilio legale.
- Cass. n. 33234/2018: rielabora il principio Cadbury-Schweppes; stabilisce che “una misura nazionale limitatrice della libertà di stabilimento è ammissibile solo quando riguarda specificamente costrutti di puro artificio finalizzati ad eludere la normativa nazionale” . In quel caso (giudizio di merito favorevole al contribuente), si era già concluso che la localizzazione in Lussemburgo non era di per sé abusiva .
- Cass. n. 16697/2019 (Corte UE, 12.9.2006, Cadbury – richiamata in Cass. 28697/2018): riafferma la stessa linea del Cadbury-Schweppes: creare società estere per vantaggi fiscali non è abusivo di per sé, se non c’è artificio puro.
- Cass. n. 21695/2020 (8.10.2020): riguarda un famoso cantante trasferitosi nel Regno Unito. La Corte ha puntualizzato come individuare il «domicilio fiscale» di una persona fisica trasferita all’estero . In questo orientamento, entrambi gli aspetti – interessi economici e familiari – vanno tenuti presenti; si richiede una valutazione globale di tutti gli elementi presuntivi (come scheda anagrafica, assetti familiari, svolgimento attività). Non essendo previste prove legali assolute, si conferma la difficoltà del contribuente nel farla franca se i dati concreti non supportano il trasferimento .
- Cass. n. 6476/2021 (ordinanza 9.3.2021): ribadisce che “contano le decisioni di management, non il luogo di esecuzione delle operazioni” . La Cassazione ha confermato che, ai fini dell’esterovestizione, il parametro decisivo è il luogo dove si adottano le decisioni di direzione e gestione dell’attività. Anche se la società svolge operazioni in un dato territorio, il reddito è tassabile in Italia se le decisioni rilevanti avvengono in Italia . In tale pronuncia viene precisato che la “sede di amministrazione” coincide con la “sede effettiva” di cui all’art. 73: ovvero dove realmente risiedono gli organi societari e si svolgono le funzioni centrali . I giudici ricordano inoltre i principi UE: beneficiare di vantaggi fiscali esteri non è di per sé abuso (citando la sentenza Cadbury) .
- Cass. n. 8297/2022: un caso di società lussemburghese “riconosciuta” residente in Italia dal fisco, poi annullato in Cassazione . I giudici hanno sancito che localizzare la sede in un paese fiscalmente più vantaggioso “non costituisce di per sé un’operazione elusiva” . L’esterovestizione sussiste solo in presenza di un artificio puro privo di sostanza economica . Nel caso di specie, il giudizio di merito aveva giustamente rilevato che la presenza in Italia di servizi amministrativi non era prova sufficiente di fittizietà, poiché esistevano elementi che dimostravano attività effettiva all’estero. La Cassazione ha richiamato ancora una volta Cadbury-Schweppes: la libertà di stabilimento può essere limitata solo se riscontrata la simulazione di un ente privo di consistenza .
- Cass. n. 23842/2025: pronuncia recente (25.8.2025) di grande rilievo. La Cassazione ha affermato che “non c’è esterovestizione se la società non è una struttura di puro artificio” . Secondo i giudici, se la società svolge realmente attività economica all’estero, non si può configurare esterovestizione, anche se i soci o amministratori risiedono in Italia . L’onere dell’Ufficio è dimostrare la fittizietà della residenza estera e la mancanza di sostanza economica . In concreto, Cass. 23842/2025 ha chiarito che l’avere sede estera o il mantenere decisioni prese in Italia non bastano a integrare l’abuso, a meno che l’operazione sia uno schema artificiale puramente elusivo (richiamando ancora Cadbury) . L’art. 73 TUIR (c.3) richiede quindi, per la prova di residenza in Italia, elementi concreti come sede effettiva, uffici, dipendenti e assemblee realmente tenute all’estero . Le semplice residenza dei soci in Italia e le “decisioni gestionali” non costituiscono prova sufficiente di esterovestizione in assenza di un’entità societaria artificiale .
Questi orientamenti giurisprudenziali forniscono le linee guida che ogni contribuente dovrebbe conoscere. In sostanza, per gli organi giurisdizionali italiani conta soprattutto il contenuto sostanziale dell’operazione, non la forma formale. Se il contribuente (persona o società) può dimostrare un concreto radicamento all’estero (attività, direzione, documenti), la tesi dell’Amministrazione può essere respinta . Tuttavia, la giurisprudenza è altrettanto chiara nel dire che l’onere della prova spetta in ultima analisi al contribuente : se non si producono prove convincenti, prevale la valutazione dell’ufficio.
Tabelle riepilogative
Tabella 1: Criteri di residenza fiscale (confronto Persone fisiche vs Società)
Persone fisiche (art.2 TUIR) | Società/Enti (art.73 TUIR) |
---|---|
Iscrizione anagrafica (residenza) per >183 gg | Sede legale in Italia (criterio formale) |
Domicilio (centro interessi familiari) | Sede di direzione effettiva in Italia (decisioni strategiche) |
Residenza abituale (dimora stabile) | Gestione ordinaria principale in Italia (attività quotidiana) |
Nuovo dal 2024: presenza fisica ≥183 gg in Italia | (Eliminato) – in passato: oggetto principale in Italia (sciolto dal 2024) |
Presunzioni speciali: iscrizione AIRE in Paese non black-list ⇒ pres. residente in Italia (art.2-bis TUIR) | (Art.73 c.5-bis TUIR) – Inversione onere della prova per società in paradisi fiscali |
Nota: Il 2024 ha introdotto la “presenza fisica” per le persone (183 giorni anche frazionati) e ha ridefinito la residenza societaria sostituendo la vecchia “sede dell’amministrazione” con criteri sostanziali di direzione e gestione . L’iscrizione all’AIRE in un Paese UE/non-differenziato comporta presunzione di residenza italiana salvo prova contraria .
Tabella 2: Fasi dell’accertamento fiscale e azioni del contribuente
Fase | Attività Agenzia Entrate | Azione del contribuente (debitore) |
---|---|---|
Pre-accertamento | Invio di invito a fornire documenti (contraddittorio) | Preparare e inviare documenti giustificativi (passaporti, contratti, bollette, ecc.); contattare l’ufficio tributario; chiedere assistenza legale. |
Contraddittorio | Incontro con il contribuente per valutare prove | Presentare tutta la documentazione sull’effettiva residenza/attività estera ; confutare gli indizi (dimostrare decentralizzazione decisionale). |
Accertamento formale | Emissione avviso di accertamento con quadratura fiscale (reddito mondiale, sanzioni) | Verificare la correttezza formale dell’avviso; valutare accertamento con adesione o preparare ricorso (Commissione Trib.) entro 60 gg. ; integrare prove nella memoria difensiva. |
Ricorso tributario | Resistere alle contestazioni in sede giudiziaria | Impugnare l’avviso in Commissione Tributaria, allegando tutte le prove raccolte; citare Cassazioni e fattispecie analoghe favorevoli (p.e. Cass. 23842/2025 ); proporre istanza di sospensione cautelare se serve liquidità. |
Esecuzione provvedimenti | Notifica ruolo esattoriale, somme da pagare | Chiedere rateizzazione, se necessario; ottenere iscrizione a ruolo solo dopo la sentenza; prestare garanzie o fideiussioni, se richiesto. |
Tabella 3: Rischi e conseguenze in caso di esterovestizione
Esito accertamento esterovestizione | Conseguenze per il contribuente |
---|---|
Doppia residenza dichiarata (persona fisica) con interessi vitali in Italia | Residenza fiscale italiana; tassazione IRPEF su redditi mondiali; sanzioni (90%-180%); recupero retroattivo imposte non versate; interessi di mora . Possibili procedimenti penali (es. dichiarazione fraudolenta). |
Società estera operativa gestita dall’Italia (esterovestizione societaria) | Società trattata come residente italiana (art.73 TUIR); tassazione IRES su tutti gli utili mondiali; obbligo di presentare dichiarazioni integrative; sanzioni amministrative sul maggior reddito (fino al 180%); responsabilità illimitata degli amministratori . |
Approfittarsi di un paradiso fiscale senza sostanza | Onere della prova invertito: il contribuente deve dimostrare l’effettività dell’attività . Controlli bancari intensificati; sospetto di transazioni simulate; alle soglie dell’abuso si applicano le regole anti-spread (art. 5-bis TUIR) con sanzioni aggravate. |
Violazione di obblighi formali (es. non iscrizione AIRE corretta o mancato RW) | Sanzioni specifiche: omissione AIRE => 250-2.064€ (per persona fisica); omissione quadro RW => 3% del valore investito con minimo 516€. Rischio ulteriore di inversione dell’onere di prova. |
Simulazioni pratiche
Di seguito si descrivono alcuni casi tipici per illustrare le possibili reazioni dell’Agenzia e le difese del contribuente.
Simulazione 1 – Società trasferisce formalmente sede in UE: La “Alfa S.r.l.”, un’azienda italiana di consulenza, delibera il trasferimento della propria sede legale dalla sede di Roma a Dublino (Paese UE con regime fiscalmente più favorevole). Dopo un anno, l’Agenzia delle Entrate effettua un controllo, sospettando esterovestizione. Notifica un invito al contraddittorio richiedendo “prove dell’effettiva attività estera”. L’Amministrazione nota però che il 90% dei clienti di Alfa è italiano e che l’amministratore unico continua a risiedere in Italia. Nel contraddittorio, Alfa produce il contratto di affitto dell’ufficio a Dublino, documentazione contabile locale, e registrazioni di riunioni di CdA in Irlanda. Spiega che gli sviluppi software vengono coordinati da un partner irlandese e i dipendenti sono assunti a Dublino. L’Agenzia valuta i documenti: alcuni sono ancora poco convincenti (scarso personale irlandese), ma non trova indizi certi di frode. Conclude che la residenza di Alfa potrebbe essere irlandese, e limita l’accertamento a eventuali utili retrodatati – a condizioni ridotte – accogliendo in parte le ragioni di Alfa. In questo caso, la società ha dimostrato elementi concreti di effettiva gestione all’estero, evitando la riqualificazione piena in Italia (Cass. 23842/2025 ). Tuttavia, se avesse continuato a dirigere tutto da Roma (come nel caso descritto nella giurisprudenza ), sarebbe stata contestata come residente italiana per gli utili.
Simulazione 2 – Professionista iscritto AIRE ma con famiglia in Italia: Mario è un libero professionista che si trasferisce a Vienna per lavoro e si iscrive all’AIRE. Lì affitta un appartamento e lavora in smart working. Tuttavia, conserva casa a Milano dove vivono la moglie e i figli. L’Agenzia controlla la sua posizione IRPEF e invia un questionario sulla residenza. Mario esibisce il contratto di locazione a Vienna e bollette austriache, ma emerge che ha trascorso 240 giorni in Italia (passando 4 mesi nella casa milanese) e che la famiglia non si è trasferita con lui . L’Amministrazione contesta che il centro degli interessi familiari è rimasto in Italia e che la residenza a Vienna è fittizia (ricorda Cass. 21695/2020: contano tutti gli elementi ). Mario rischia quindi di essere considerato residente italiano: dovrà dimostrare che durante quei mesi fuori lavoro era effettivamente impegnato in Austria (contratti, pagamenti a fornitori austriaci, ecc.) e che l’Italia era solo un soggiorno temporaneo. Se non convince, subirà tassazione IRPEF sugli eventuali redditi esteri (e soggetti a sanzioni), oltre alle imposte italiane ordinarie.
Simulazione 3 – Impresa sposta centro direzionale ma non quello operativo: Una impresa di trasporti, la Logistica SRL, crea una nuova società nel Regno Unito (Logistica UK Ltd) e finge un trasferimento: convoca formalmente un’assemblea a Londra, sposta il domicilio legale e registra un amministratore inglese di facciata. Tuttavia, le operazioni (autotrasporti, magazzino, contabilità) rimangono tutte in Italia e i soci italiani prendono le decisioni. L’Agenzia avvia un’accertamento di esterovestizione: segue gli indizi evidenti (veicoli targati Italia, fatture in Italia, utenze in Italia) e conclude che Logistica UK non ha una reale autonomia gestionale. La riqualifica fiscale in Italia è praticamente certa (art. 73 TUIR). In questo caso non ci sono valide difese: la situazione assomiglia a quelle duramente contestate in Cass. 5419/2016 . La società paga IRES e IRPEF come se fosse italiana (con doppio carico sul reddito mondiale) e i soci rischiano sanzioni penali. Questo esempio evidenzia che dentro la realtà dei fatti, conta ciò che succede nella pratica, non il nome sulla carta .
Domande frequenti (Q&A)
D: L’iscrizione all’AIRE mi tiene al sicuro dai controlli del Fisco italiano?
R: No. L’iscrizione all’AIRE è un requisito per attestare la residenza all’estero, ma non basta di per sé. Se risulta che trascorri la maggior parte dell’anno in Italia (ad es. oltre 183 giorni), l’Agenzia può considerarti residente in Italia ai fini IRPEF . Devi produrre prove chiare (contratti, bollette estere, ecc.) che la tua vita “reale” sia passata all’estero. Senza ciò, potresti essere accertato come “fittiziamente” residente all’estero .
D: Se apro una società all’estero, come posso evitare accuse di esterovestizione?
R: Devi dare realtà operativa alla struttura estera: uffici, contabilità e decisioni davvero prese all’estero, personale locale. La giurisprudenza (Cass. 6476/2021 e 23842/2025 ) chiede evidenze concrete: consigliate del CdA all’estero, riunioni documentate, dipendenti che lavorano effettivamente lì, contratti con clienti esteri. Evita di gestire tutto dall’Italia con trattori esteri fittizi. Delegare formalmente l’amministrazione a manager locali, registrare verbali in loco e usare conti bancari esteri sono buone pratiche. In generale, l’azienda deve poter dimostrare di aver smantellato gli interessi italiani (vendere rami aziendali in Italia, chiudere conti italiani ecc.) . In mancanza di questi passi, l’Amministrazione potrà contestarti la residenza italiana della società (art.73 TUIR) .
D: L’Agenzia può recuperare imposte anche molti anni dopo il presunto trasferimento fittizio?
R: Sì. Per le società e le persone fisiche, i termini ordinari di decadenza sono 4 anni dall’anno successivo a quello dell’atto (dato in larga antedata, fino al 2021 era 5 anni; ora nel sistema fiscale restano 4 anni) . Se il trasferimento all’estero è contestato, l’Agenzia può rettificare fino a 4 anni addietro (5 per violazioni penali fino al 2014). Per i veicoli un dubbio potrebbe esserci: fino al 2016 le imposte si prescrivevano in 5 anni, ma dalla Finanziaria 2017 è passato a 4. Quindi attenzione: se hai compiuto un trasferimento molti anni fa, controlla la prescrizione. Comunque, se il controllo è iniziato prima della scadenza, la notifica di un avviso “stoppa” i termini fintanto che il contribuente non sfugge alla giurisdizione italiana.
D: Cosa devo fare se ricevo un atto di contestazione?
R: Non aspettare passivamente. Rispondi entro i termini: se è un invito al contraddittorio, ottima occasione per fornire subito le tue evidenze. Se è un avviso di accertamento, valuta col tuo consulente se conviene aderire (riduzione delle sanzioni) o impugnare in commissione. In ogni caso, prepara una difesa scritta dettagliata, allega ogni prova acquisita e calendarizza udienze. Ricorda che il contraddittorio (ora obbligatorio per i casi più gravi ) è un tuo diritto: puoi chiedere all’Ufficio un incontro amichevole per spiegare la situazione, cercando di ridurre le contestazioni.
D: Quali prove sono particolarmente persuasive?
R: Qualsiasi elemento che attesti la realtà del trasferimento. Per i privati: iscrizione definitiva ai servizi locali (sanità, scuola), autocertificati di residenza rilasciati dalle autorità straniere, carte di credito estere utilizzate, ricevute di vacanze in Italia vs attività quotidiane all’estero. Per le società: licenze e permessi all’estero, contratti con fornitori stranieri, conti correnti operativi (movimentati) all’estero, bilanci depositati localmente, fatture emesse da sedi estere. Anche elementi negativi possono essere utili: ad es. certificato di vendita dell’auto italiana appena prima del trasloco, foto di uffici esteri funzionanti, referenze bancarie internazionali, documenti di esportazioni fuori Italia. In Commissione Tributaria si possono presentare anche testimoni (commercialisti, clienti esteri) che confermino l’attività all’estero.
D: Quali sanzioni rischiano amministratori e soci?
R: Gli amministratori possono essere ritenuti solidalmente responsabili per le imposte evase dalla società se si dimostra la loro complicità nell’esterovestizione . Sul piano penale, una falsa dichiarazione di residenza o utili sottratti può integrare il reato di dichiarazione fraudolenta o omessa (art. 4 L. 74/2000), con pena fino a 5 anni (e sanzione penale fino al 200% dell’imposta) se l’importo evaso supera soglie rilevanti. Anche i soci di fatto (ad esempio soci di controllo che gestiscono) possono essere coinvolti se manipolano la società per fini evasivi. Pertanto, è consigliabile procedere sempre con trasparenza.
D: Se riconosco di aver sbagliato, posso regolarizzare con ravvedimento?
R: Sì, sempre possibile, purché prima di un eventuale accertamento. Il ravvedimento operoso consente di sanare omissioni (ad es. mancata dichiarazione di redditi esteri, mancato RW) pagando imposte, sanzioni ridotte (da 0,2% a 3% a seconda del tempo) e interessi. Tuttavia, se hai già ricevuto un avviso, il ravvedimento perde efficacia (l’atto già contestato difficilmente viene ritirato). Inoltre, in caso di accertamento con adesione potresti ottenere comunque sconti sulle sanzioni. In ogni caso, riconoscere e sanare prima dei controlli è la strategia meno onerosa.
D: Se sono giudicato residente in Italia, perdo eventuali crediti con l’estero?
R: No, ma attenti al credito d’imposta estero. Il meccanismo internazionale consente di evitare la doppia imposizione: se paghi un’imposta estera (p.es. ritenuta alla fonte o imposte pagate in loco), puoi detrarla dalla tassazione italiana sullo stesso reddito . Tuttavia, spesso nell’avviso l’Ufficio calcola solo l’imposta lorda italiana, lasciando al contribuente l’onere di richiedere il credito nella fase di ricorso . È quindi opportuno nel contraddittorio evidenziare subito ogni imposta estera già versata e richiedere il credito corrispondente. Se omesso, puoi chiederlo in Commissione: ci sono precedenti in cui è stato riconosciuto il credito in sede contenziosa.
Conclusioni
Il trasferimento fittizio della sede o della residenza fiscale all’estero è considerato dall’ordinamento un abuso rilevante: comporta il mantenimento della tassazione italiana sulla totalità dei redditi e l’applicazione di pesanti sanzioni . Tuttavia, la legge italiana e la giurisprudenza offrono criteri chiari per distinguere i casi reali da quelli fasulli. In definitiva, l’onere della prova grava sul contribuente: bisogna dimostrare convincentemente che il trasferimento è genuino. Pertanto, dal punto di vista del debitore (persona fisica o impresa), la regola fondamentale è la coerenza fattuale. Tutto ciò che viene dichiarato (residenza all’estero, attività estera) deve essere supportato da elementi concreti (contratti, fatture, bilanci, spese effettivamente sostenute, relazioni aziendali).
Per affrontare al meglio un controllo fiscale di questo tipo, è consigliabile agire prontamente: consultare un professionista esperto in fiscalità internazionale, raccogliere tutta la documentazione probatoria, partecipare attivamente al contraddittorio e, se necessario, intraprendere il contenzioso tributario. Le sentenze più recenti (e.g. Cass. 23842/2025 ) mostrano che anche in processi complessi i giudici italiani valutano la sostanza economica e tutelano i contribuenti che agiscono con genuinità. Al contrario, chi opera con artifici subisce le conseguenze in forma piena.
Fonti principali: T.U.I.R. (art. 2, 2-bis, 73), Cod. Civ., Legge 111/2023 e D.Lgs. 209/2023 (riforma residenza fiscale 2024), Circolare AdE 20/E/2024, orientamenti AE (manuali, circolari), Cassazione SS.UU. 5419/2016 , Cass. 33234/2018 , Cass. 16697/2019, Cass. 21695/2020 , Cass. 6476/2021 , Cass. 8297/2022 , Cass. 23842/2025 , nonché analisi giurisprudenziali e articoli di prassi .
Hai ricevuto una verifica dall’Agenzia delle Entrate perché sospettano che il trasferimento della sede della tua società all’estero sia in realtà fittizio? Fatti Aiutare da Studio Monardo
Hai ricevuto una verifica dall’Agenzia delle Entrate perché sospettano che il trasferimento della sede della tua società all’estero sia in realtà fittizio?
Vuoi sapere quali sono i rischi e come puoi difenderti?
Il trasferimento della sede legale o fiscale all’estero è legittimo quando la società opera realmente fuori dall’Italia. Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate può contestarlo come esterovestizione se ritiene che la direzione effettiva e la gestione degli affari avvengano ancora in Italia.
👉 In questi casi, l’impresa rischia di essere considerata a tutti gli effetti residente in Italia, con recupero delle imposte e sanzioni molto pesanti.
⚖️ Perché scatta la contestazione
- La società è formalmente registrata all’estero ma gli amministratori e le decisioni si trovano in Italia;
- Mancanza di strutture operative reali (uffici, personale, beni) nel Paese estero;
- Flussi finanziari che passano in gran parte dall’Italia;
- Rapporti con clienti e fornitori quasi esclusivamente italiani;
- Utilizzo della sede estera solo per ottenere vantaggi fiscali.
📌 Conseguenze possibili
- Attribuzione della residenza fiscale in Italia alla società;
- Recupero delle imposte non pagate, con sanzioni e interessi;
- Applicazione delle norme sulle società estero-vestite, più severe se il Paese è a fiscalità privilegiata;
- Sequestro dei beni nei casi più gravi;
- Rischio di procedimenti penali tributari per dichiarazione fraudolenta o sottrazione d’imposta.
🔍 Cosa fare per difendersi
- Analizza la contestazione: individua i motivi specifici per cui l’Agenzia ritiene fittizio il trasferimento.
- Raccogli la documentazione: contratti di locazione, buste paga di dipendenti, bilanci esteri, contratti con fornitori e clienti esteri.
- Dimostra la sostanza economica della sede estera: uffici reali, personale, gestione amministrativa autonoma.
- Contesta le presunzioni: il Fisco deve provare con elementi concreti che la gestione è in Italia.
- Predisponi memorie difensive o ricorso davanti alla Corte di Giustizia Tributaria, se necessario.
🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
- 📂 Analizza la verifica fiscale sul trasferimento di sede all’estero;
- 📌 Ricostruisce la sostanza economica e gestionale della società;
- ✍️ Predispone memorie difensive e ricorsi contro l’attribuzione di residenza fiscale in Italia;
- ⚖️ Ti rappresenta nel contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate e nei giudizi tributari;
- 🔁 Valuta soluzioni alternative, come adesione o definizione agevolata, per ridurre sanzioni e interessi.
🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
- ✔️ Avvocato esperto in fiscalità internazionale ed esterovestizione;
- ✔️ Specializzato in accertamenti su società estere e residenza fiscale;
- ✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Un trasferimento di sede all’estero non è di per sé illegittimo, ma se manca la sostanza economica l’Agenzia delle Entrate può contestarlo come fittizio.
Con una difesa legale mirata puoi dimostrare la reale operatività all’estero, ridurre le pretese del Fisco e proteggere il tuo business internazionale.
📞 Contatta subito l’Avv. Giuseppe Monardo per una consulenza riservata: la tua difesa contro le contestazioni di esterovestizione inizia qui.