Agenzia delle Entrate accerta distribuzione utili occulta ai soci: come difendersi

Hai ricevuto una contestazione dall’Agenzia delle Entrate per distribuzione occulta di utili ai soci? Il Fisco presume spesso che somme, beni o vantaggi concessi ai soci senza regolare delibera assembleare siano in realtà utili distribuiti in modo occulto. Questa contestazione comporta la tassazione in capo ai soci e pesanti sanzioni per la società, ma non sempre le presunzioni dell’Agenzia sono fondate.

Quando scatta la contestazione di distribuzione occulta di utili
– Se i soci ricevono somme di denaro non giustificate da contratti o buste paga
– Se vengono concessi beni aziendali (auto, immobili, carte di credito) senza corrispettivo o a prezzi simbolici
– Se i soci utilizzano beni o risorse della società per fini personali senza documentazione contabile
– Se la società registra costi considerati fittizi che avvantaggiano i soci
– Se vi sono incongruenze tra i redditi dichiarati dai soci e il loro tenore di vita, collegato alle disponibilità societarie

Cosa rischi in caso di accertamento
– Tassazione in capo ai soci delle somme considerate utili distribuiti
– Recupero delle imposte non dichiarate con interessi e sanzioni
– Contestazioni alla società per mancata corretta contabilizzazione
– Possibile contestazione di reati tributari in caso di importi rilevanti o documentazione falsa
– Azioni esecutive su beni societari e personali

Come difendersi da una contestazione di utili occulti
– Dimostrare che le somme o i beni ricevuti dai soci derivano da rapporti contrattuali regolari (prestiti, compensi, rimborsi spese)
– Presentare documenti contabili e bancari che giustifichino le movimentazioni
– Contestare la presunzione di utili occulti quando mancano prove concrete
– Evidenziare la natura aziendale di determinate spese o l’effettiva destinazione ai fini societari
– Impugnare l’avviso di accertamento davanti alla Corte di Giustizia Tributaria entro i termini di legge

Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare l’accertamento e verificare la correttezza delle presunzioni formulate dal Fisco
– Raccogliere la documentazione necessaria per dimostrare la natura lecita delle somme contestate
– Contestare le sanzioni sproporzionate richiamando il principio di proporzionalità
– Difendere la società e i soci in sede di contraddittorio e in giudizio
– Negoziare eventuali soluzioni agevolate con l’Agenzia delle Entrate per ridurre sanzioni e interessi

Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale della contestazione fiscale
– La riduzione significativa delle sanzioni e degli interessi applicati
– La sospensione di procedure esecutive collegate all’accertamento
– La protezione del patrimonio societario e personale dei soci
– La possibilità di dimostrare la legittimità delle operazioni contestate

⚠️ Attenzione: la distribuzione occulta di utili è spesso accertata tramite presunzioni basate su movimenti bancari o sull’utilizzo di beni societari. Tuttavia, senza prove concrete, la contestazione può essere ribaltata con una difesa documentale mirata.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in difesa tributaria e diritto societario – ti spiega come affrontare un accertamento per distribuzione occulta di utili ai soci e come difenderti in modo efficace.

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Premessa

In Italia l’Agenzia delle Entrate talvolta contesta la presenza di utili “occulti” o “extrabilancio” in società di capitali con compagine ristretta, assumendo che tali utili siano stati automaticamente distribuiti ai soci. Ciò comporta una doppia imposizione: gli utili vengono tassati sia in capo alla società (IRES) sia come reddito da capitale in capo ai soci (IRPEF o imposta sostitutiva), con applicazione di ritenute e sanzioni (omessa dichiarazione dei nuovi redditi). L’accessorio tributo è oneroso e ingiustificato se la distribuzione non è mai avvenuta.

Questa guida, aggiornata ad agosto 2025, esamina in dettaglio i profili giuridici dell’accertamento di utili occulti ai soci dal punto di vista del debitore/contribuente (soci, imprenditori, avvocati difensori). Si illustrano norme rilevanti, giurisprudenza recente (Cassazione, Commissioni tributarie) e prassi amministrative, con particolare attenzione alle ultime sentenze (2024-2025). L’esposizione, pur in linguaggio giuridico specialistico, è rivolta anche a non addetti ai lavori (divulgativo). Sono forniti schemi a domande e rispostetabelle riepilogative, simulazioni pratiche e indicazioni di modelli di atti difensivi (ricorsi, memorie).

Fonti normative principali: art. 5, 47, 44, 89 del TUIR (D.P.R. 917/1986), art. 27 D.P.R. 600/1973, art. 2729 c.c. (presunzioni). Giurisprudenza recentissima (Cass. nn. 2288/2025, 2464/2025, 19272/2024, 2752/2024, 24621/2024, 41579/2023 penale, ecc.) e prassi (cfr. circolari e linee guida delle Entrate). In alcune Commissioni tributarie si è anche discusso l’equiparazione a “società di fatto” in presenza di utili in nero.

Normativa di riferimento (Italia)

  • D.P.R. 600/1973 (art. 47, comma 4) – prevede che, in caso di utili di società di capitali non ancora distribuiti, l’Agenzia può tassarli in capo ai soci come se fossero percepiti (ex art. 47, c.4, TUIR). Questa norma viene applicata in via analogica nella prassi dell’accertamento induttivo sui soci di società a base ristretta. In pratica, quando l’Agenzia accerta maggiori ricavi o minori costi (utili extracontabili) in capo alla società, presuppone che tali utili siano stati pro quota percepiti dai soci .
  • Art. 5 TUIR (Trasparenza fiscale) – stabilisce che i redditi di società di persone (s.n.c., s.a.s., società semplice) sono tassati direttamente in capo ai soci. Dunque nelle società di persone non si applica la presunzione di utili occulti (i redditi societari confluiscono comunque nel reddito dei soci). Viceversa per le S.r.l. e S.p.A. (società di capitali) la tassazione ordinaria è separata (imposizione IRES sulla società, IRPEF sui dividendi).
  • Altri articoli TUIR: art. 44 (plusvalenze da partecipazioni), art. 47 (redditi di capitale), art. 89 (riserve di utili soggette a IRES), utili distribuiti (ritenute alla fonte art. 27 DPR 600/73). In particolare, nel caso di utili occulti proposti, si richiede l’applicazione sia di IRES sui maggiori utili aziendali che della ritenuta (e imposta sostitutiva) in capo ai soci.
  • Codice Civile (art. 2344-2433 e ss.) – disciplina la distribuzione di utili (autorizzazione dell’assemblea, limiti di riserve e patrimonio netto). Laddove una distribuzione di utili non rispetti le procedure formali o le condizioni di legge (per es. assenza di delibera o utili non distribuibili), si configura una distribuzione illecita o anticipazione di utili, che può avere profili di illecito contabile, civile e penale (ma qui ci concentriamo sulla presunzione fiscale).
  • Art. 2729 c.c. (presunzioni) – norma generale del codice civile che richiede gravità, precisione e concordanza negli indizi. Le presunzioni semplici (come quella sugli utili occulti) devono essere fondate su elementi probatori specifici.
  • D.Lgs. 74/2000, art. 4 (dichiarazione infedele) – norma penale che punisce l’omessa o infedele dichiarazione dei redditi. Recenti sentenze penali ritengono che il socio occulto, omettendo di dichiarare utili extracontabili “attribuiti” alla società, commetta dichiarazione infedele . Si fa leva sulla stessa presunzione fiscale per ravvisare la piena titolarità dei redditi in capo al socio occulto .

Nelle tabelle riepilogative in calce sono segnalati i principali riferimenti normativi e di giurisprudenza .

Società a base ristretta partecipativa: definizione e presunzione

La nozione di società a base ristretta partecipativa non è codificata, ma è giurisprudenziale: si tratta in generale di S.r.l. o S.p.A. con poco soci, spesso legati da vincoli di famiglia o affinità, che di fatto condividono la gestione aziendale. Tipicamente per la Cassazione: – 2 soci (anche familiari) possono configurare base ristretta ; – 4-5 soci senza vincoli di parentela (Cass. 3896/2008 con 5 soci) sono ancora ristretti ; – Enti strettamente collegati con partecipazioni incrociate (Cass. 27049/2019; 20840/2023) sono trattati similmente. Un orientamento recente (Cass. 3.11.2022 n.32451) parla di “soci tiranni”: quando, pur formalmente più soci, alcuni partecipanti esercitano da soli il controllo effettivo, solo questi possono essere considerati destinatari della presunzione di utili occulti.

In sostanza, secondo la Cassazione (con una serie di pronunce: v. ex multis Cass. 9519/2009; 29605/2011; 3896/2008; 13399/2003; 5581/2015) la sola ristrettezza numerica è un indizio, ma non il presupposto esclusivo della presunzione di utili. In particolare Cass. 9519/2009 ha affermato che «il fatto noto che sorregge la presunzione di distribuzione di tali utili non è costituito dalla sussistenza degli utili stessi, ma dalla ristrettezza della base sociale e dal vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci» . In altre parole, la società a compagine limitata di per sé non fa scattare automaticamente l’accertamento pro quota sugli utili .

Il riconoscimento di società a base ristretta comporta, però, che i soci sono ritenuti strettamente compenetrati nella gestione aziendale, come se fosse una sorta di “trasparenza fiscale” estesa alle S.p.A./S.r.l. Da qui nasce la presunzione giudiziale che se la società ha utili in nero, questi siano stati corrisposti ai soci in proporzione alle quote azionarie. La Cassazione ha così legittimato accertamenti distinti: uno nei confronti della società (IRES su utili occulti) e altri in capo a ciascun socio (come se avessero percepito i dividendi) . Tali interpretazioni di prassi si fondano sulle caratteristiche intrinseche di società ristrette (vincoli familiari, controlli, complicità) .

Tabella 1 in calce confronta i diversi regimi: la presunzione non si applica in capo a persona fisica titolare d’azienda o in società di persone (trasparenza fiscale art.5 TUIR) , mentre opera per le società di capitali con pochi soci.

Presunzione di utili extracontabili (distribuzione occulta)

Cos’è. L’accertamento per utili occulti ai soci è un accertamento induttivo (art. 39 DPR 600/73) in cui l’amministrazione finanziaria assume che i maggiori profitti non contabilizzati (accertati con ricavi sotto-dichiarati o costi fittizi) siano stati «pro quota» distribuiti ai soci di una società a base ristretta . In pratica, se ad es. una S.r.l. a due soci dichiara meno utili di quelli effettivamente prodotti, l’Agenzia rettifica il reddito IRES e poi invia a ciascun socio un avviso di tassazione come se avesse percepito dividendi pari al 50% di quell’utile occultato (caso di soci 50%-50%).

Effetti. La conseguenza è una doppia imposizione: l’utile occultato è tassato con IRES in capo alla società e poi nuovamente in capo ai soci (con IRPEF o imposta sostitutiva + ritenuta 26%). Questa pratica porta inoltre a irrogare sanzioni per omessa dichiarazione dei redditi spettanti ai soci. In assenza di una delibera formale di distribuzione né di atti concreti (assegni, bonifici, dividendi dichiarati) che dimostrino la percezione effettiva del socio, il contribuente può impugnare l’accertamento.

Fondamento giuridico. Non esiste una norma espressa che regoli gli “utili occulti”; la Cassazione riconosce che si tratta di una presunzione giurisprudenziale (induttiva) legata all’art. 2729 c.c.: la ristretta compagine e i legami tra soci sono il “fatto noto” da cui si desume l’effettiva percezione dei maggiori profitti . In breve: se tutti (o la maggior parte) dei soci controllano direttamente l’azienda, è altamente probabile (secondo “massime di comune esperienza” giurisprudenziali) che non dichiarino in bilancio gli utili in nero, ma se li spartiscano tra loro.

La giurisprudenza di legittimità ha esplicitamente affermato (Cass. 15995/2024; 29794/2021; 5567/2023) che non sussiste violazione del divieto di doppia presunzione: a tenere in piedi la presunzione non è il reddito occultato (che è un presunto), bensì la «ristrettezza della base sociale e il vincolo di solidarietà e reciproco controllo dei soci» . In pratica, non si deduce l’una presunzione dall’altra, ma si considera un unico fatto noto (società ristretta) da cui inferire la spartizione degli utili; l’accertamento non si fonda cioè sul doppio passaggio “utile occulto → presunzione di socio unico” (che sarebbe illecito).

Tempistica della presunzione. Si presume che la distribuzione occulta avvenga nello stesso periodo d’imposta in cui gli utili sono maturati, e proporzionalmente alle quote dei soci . La Cassazione ha ribadito che “gli utili extracontabili… sono distribuiti tra i soci proporzionalmente alle quote di partecipazione, salvo che il socio provi che… i maggiori ricavi non sono stati realizzati o sono stati accantonati/reinvestiti” . Dunque in mancanza di prova contraria, si imputano i redditi ai soci nell’anno dell’accertamento della società.

Requisiti e presupposti dell’accertamento di utili occulti

L’Agenzia delle Entrate (o la Guardia di Finanza) può avviare l’accertamento sugli utili occulti quando rileva elementi che fanno pensare a utili non dichiarati in una società di capitali a soci pochi. Gli indizi principali, secondo la dottrina e le commissioni tributarie, sono:
– Base sociale ristretta: pochi soci (tipicamente ≤5) con legami familiari o di fiducia (affinità, società di fatto). Ad esempio, due fratelli proprietari di una S.r.l., o soci che lavorano insieme nel business. Anche forme unipersonali possono essere considerate base ristretta (se il socio unico “di fatto” è persona fisica) .
– Commistione patrimoniale: utilizzo promiscuo di denaro e beni tra società e soci. Ad esempio uso personale dei conti o carte aziendali, patrimoni mischiati, mancanza di separazione amministrativa.
– Prelievi ingiustificati: movimenti di denaro privati sul conto aziendale non giustificati da contratti (pagamenti di fatture fittizie, affidamenti di benefici personali).
– Spese personali sostenute dalla società: spese significative (auto di lusso, vacanze, assicurazioni vita, rimborsi non documentati) sostenute dall’azienda per conto dei soci.
– Incrementi patrimoniali dei soci: improvvisi aumenti del patrimonio netto dei soci (acquisto di immobili, o altri investimenti) concatenati al periodo in cui la società dichiara profitti anomali.
– Processo decisionale unilaterale: modo di operare che evidenzia un controllo esclusivo o preponderante di alcuni soci nella gestione (Cass. 3.11.2022 n.32451 sui “soci tiranni”).

Questi elementi, in sé, non bastano a “provare” l’effettiva percezione dei redditi da parte dei soci: costituiscono indizi che rafforzano la presunzione iniziale della ristretta base. Secondo la dottrina, solo la concomitanza di indizi gravi, precisi e concordanti (“prova rafforzata” ex art. 2729 c.c.) rende solida la presunzione . Se mancano tutti questi elementi aggiuntivi, la sola base ristretta è considerata un indizio povero e il contribuente può invalidarla. L’Agenzia deve pertanto completare l’accertamento con dati che colleghino concretamente gli utili extra ai soci (controlli fiscali incrociati, analisi flussi finanziari, conferme esterne).

Ad esempio, in un recente caso giunto in Cassazione, il giudice d’appello ha sottolineato che la presunzione non opera meccanicamente, in quanto «è onere dell’Ufficio fornire la cosiddetta “prova rafforzata” della ristretta base sociale e dell’effettiva distribuzione degli utili». Nel caso specifico, i soci ricorrenti avevano prodotto numerosi elementi che smentivano l’effettiva percezione dei profitti, e l’Amministrazione non li aveva confutati . Il CTR, pertanto, aveva riformato l’avviso di accertamento, annullando la tassazione sui soci.

In sintesi, presupposto di fatto per l’accertamento è l’esistenza di utili extracontabili riscontrati in una società a base ristretta, rafforzata da concreti indizi di distribuzione personale.

Onere della prova e giurisprudenza rilevante

Onere dell’Amministrazione – Secondo un orientamento consolidato, in linea di principio spetta all’Agenzia dimostrare i presupposti della presunzione: la società a base ristretta e gli altri indizi fattuali. In pratica, l’atto di accertamento deve indicare chiaramente i fatti noti e i presupposti logici della presunzione (art. 2729 c.c.). Se l’avviso manca di motivazione (ad es. non indica quali movimenti bancari o spese personali sono stati presi in considerazione), può essere annullato.

La Cassazione (anche con l’ordinanza in data 2.2.2025, n. 2464) ha però stabilito che la prova liberatoria spetta al socio contribuente: dopo l’accertamento della società, sono i soci a dover dimostrare che gli utili non sono stati effettivamente distribuiti o che sono stati reinvestiti o allocati diversamente . In altre parole, una volta formulata la presunzione, grava sul socio (non sull’Amministrazione) la possibilità di dimostrare il contrario. Questo orientamento è stato superato con la sentenza n. 2464/2025: la Suprema Corte ha affermato che il socio di S.p.A. o S.r.l. ristrette può vincere la presunzione anche mostrando semplicemente la propria totale estraneità alla gestione . In tali casi (socio inattivo o delegato assente), «la massima di comune esperienza… perde rilievo probatorio» e non è più legittima la presunzione di utili in capo a quel socio .

Orientamento “classico” – Tradizionalmente (prima del 2025), la Cassazione riteneva che il socio potesse superare la presunzione solo con prova effettiva: dimostrando che la società non ha realizzato i ricavi extra o li ha regolarmente accantonati o reinvestiti . In pratica bisognava produrre elementi contabili di chiusura degli utili o scritture integrative. L’ultima giurisprudenza (2024-2025) ha allentato questa rigidità, ammettendo la prova dell’estraneità e riconoscendo che l’elemento soggettivo del socio (assenza di coinvolgimento) è sufficiente a demolire la presunzione .

Divieto di “doppia presunzione” – Diversa è la doglianza dell’Agenzia quando il contribuente eccepisce che l’accertamento utilizza una presunzione su un’altra presunzione (circ. ex art. 2729 c.c. vieta catene di presunzioni). Gli uffici contestano la formazione di presunzioni su presunzioni. La giurisprudenza di merito (e parte della dottrina) osserva però che tale schema non si verifica quando il fatto noto è la compagine ristretta e non il reddito occulto stesso. La Cassazione (sent. 5925/2015 e segg.) ha affermato che la doppia presunzione è evitata perché il fatto presunto è già considerato noto (società ristretta), non essendo presunto (l’utile) a fondare la presunzione successiva . In un caso recente si è ribadito: «La ristretta compagine ed i vincoli di parentela non sono elementi sufficienti da soli a legittimare la presunzione (gravi, precisi e concordanti altri elementi servono)», altrimenti si violerebbe il divieto di “praesumptio de praesumpto” . In sintesi, per la Cassazione attuale non si contraddice il principio antilogico: si tratta di un’unica inferenza induttiva dalla condizione soggettiva alla distribuzione.

Giurisprudenza chiave (ultimi anni): – Cass. 3.2.2025 n. 2464: socio può superare la presunzione anche dimostrando la propria estraneità alla gestione .
– Cass. 31.1.2025 n. 2288: conferma analoghi principi, citando casi precedenti.
– Cass. 12.7.2024 n. 19272 (ordinanza): riequilibrio tra oneri di prova.
– Cass. 13.9.2024 nn. 24621/24688: confermano l’applicabilità della presunzione e la possibilità di prova contraria (riattaccano alla Cass. n. 19272/2024).
– Cass. 27.4.2022 n. 11457: principi generali (richiede prova ragionevole del socio).
– Cass. 25.6.2018 n. 16452: ha chiarito che il presupposto oggettivo è la condizione di socio al 31/12 e la presenza degli indizi; – Cass. 6.4.2010 n. 8448 e Cass. 3896/2008: affermavano la legittimità della presunzione per S.r.l. a due soci fratelli, obbligando i fratelli-soci a provare il contrario.

Commissioni tributarie: molte CTR/CTP hanno applicato questi principi, rigettando ricorsi dei contribuenti privi di prova contraria concreta. In alcuni casi (CTP di Milano, 2017; Cass. 11.9.2013 n. 20806) si è ribadito che «il socio deve dimostrare di non aver percepito i maggiori utili», mentre se fallisce il ricorso. In un caso Abruzzo (4.3.2022 n.141 CTR) la società “in nero” è stata addirittura trattata come una società di fatto, imponendo la stessa tassazione delle S.n.c. (gli utili venivano a considerarsi confluiti nei redditi dei soci).

Negli “schemi di domanda” più avanti sono citati ulteriori casi.

Strategie difensive e ricorsi tributari

Il contribuente (persona fisica o impresa) che riceve un accertamento di utili occulti può difendersi puntando su più linee di argomentazione, secondo il caso concreto:

  • Società non a base ristretta: dimostrare che la compagine non è “ristretta”. Se ad esempio la società ha molti soci indipendenti (anche se pochi in senso assoluto), si può eccepire l’assenza del requisito soggettivo. I soli rapporti contrattuali o parentali tra i soci (senza controllo diretto dell’attività) non giustificano la presunzione.
  • Doppia imposizione illegittima: l’Agenzia non può giustificare il raddoppio di tassazione su un dato solo presunto. Si può eccepire che non esiste alcuna norma che preveda la tassazione automatica dei soci, né alcuna esplicita potestà dell’ufficio di emettere avvisi distinti sui soci per utili non distribuiti. Cassazione antica (2015/2016) e CTR hanno talvolta annullato avvisi per violazione del principio del contraddittorio in materia di presunzioni, richiamando la legge che vieta le doppie presunzioni .
  • Vizio di forma o motivazione dell’avviso: il ricorso deve sempre verificare la regolarità dell’atto di accertamento (doppia firma, notifica corretta, motivazione chiara). Ad es., Cass. 21712/2022 ha stabilito che gli avvisi informatici firmati digitalmente non richiedono controfirma analogica, per cui le censure sulla sottoscrizione debbono cadere . Se l’avviso è viziato (es. manca l’indicazione dei costi/fatture su cui si basa il maggior utile), si può ottenere l’annullamento.
  • Onere della prova in difesa: presentare fin da subito documenti che smentiscono la percezione di reddito: libri contabili autenticati, bilanci approvati, delibere assembleari che attestino l’accantonamento degli utili, evidenze di reinvestimento. Se il socio ricava quanto afferma (per es. l’utile c’è ma è reinvestito in una ristrutturazione o lasciato in cassa), bisogna produrre contratti, bonifici, delibere sul reinvestimento.
  • Estraneità del socio: sfruttare il nuovo principio: fornire elementi che il socio non ha mai avuto alcuna disponibilità degli utili. Es.: il socio non ricopre nessuna carica di direzione, ha delegato una banca dati di accesso, ha formalmente rinunciato alle eventuali partecipazioni, ha un patto parasociale che vieta prelievi personali, o era deceduto/inabilitato. Ogni prova anche indiretta della “non percezione” effettiva (prove testimoniali, intercettazioni, ristrutturazioni posteriori) va addotta. Cass. 2464/2025 ha ribadito che la sola prova dell’estraneità (ad es. il socio è parente e vive all’estero, non si occupa dell’azienda) è sufficiente per escludere la presunzione .
  • Società di persone/persona fisica: contestare che l’azienda in questione sia a rigida base di capitali. Se si tratta di società di persone, occorre segnalare la trasparenza fiscale (art.5 TUIR) e chiedere annullamento in difetto di presupposto. Anche un socio unico (Srl unipersonale) viene a considerarsi come persona fisica fiscalmente.
  • Causa di forza maggiore o emergenze aziendali: se l’utile “nascosto” è il risultato di eventi casuali (per es. proroghe di pagamenti, ritardi, cambio di regime contabile) che impedivano all’azienda di dichiararlo, lo si argomenti in ricorso. Non è distribuito, ma frutto di ritardo contabile. I soci possono dimostrare (magari con perizia contabile) che il maggiore ricavo è compatibile con l’operatività aziendale e non è stato appropriato personalmente.
  • Errata identificazione del socio: verificare che nell’avviso per il socio compaia la persona giusta (soprattutto in S.r.l. con più soci simili). Non è raro confondere nomi omonimi o dimenticare cessioni di quote.
  • Società di fatto: eccepire (ove possibile) che la Società di capitali fosse in realtà un’entità di fatto “trasparente” su cui gravava già un unico reddito complessivo (ad es. GdF può aver ravvisato una S.n.c. di fatto). Si può svolgere la difesa dimostrando la correttezza formale e l’autonomia societaria (bilanci regolari, estratti conto separati).

Durante il contenzioso tributario (in Commissione Tributaria) è opportuno impugnare l’avviso in autotutela o presentare ricorso nei termini, strutturando i motivi in modo chiaro. Un tipico ricorso tributario per utili occulti potrebbe seguire questo schema:
1. Premesse e rapporti processuali: indicare gli atti (AVVISO di accertamento IRES, eventuali integrazioni, verbali) con date, profili impugnati e giurisdizione.
2. Fatti contestati: ricostruire brevemente l’attività aziendale, la compagine sociale, ed elencare gli utili “aggiunti” dall’ufficio.
3. Motivi di impugnazione (si raccomanda l’ordine logico):
– Violazione del principio di tassazione singola (divieto di doppia presunzione): l’atto si basa su due livelli presuntivi in violazione dell’art. 2729 c.c. .
– Mancata prova rafforzata: evidenziare che l’Ufficio non ha prodotto elementi concreti di prelevamento o utili distribuiti (nessuna scrittura che dimostri la percezione da parte del socio) .
– Soci non compenetrati nella gestione: dettagliare l’estraneità del socio (ruolo, deleghe, rapporti privati) secondo Cass. 2464/2025 .
– Società non ristretta: se fattibile, dimostrare che altri soci indipendenti o terze parti hanno voce o che non sussistono legami diretti.
– Errore materiale: se l’avviso attribuisce redditi erroneamente (es.: a persona fisica che era soltanto amministratore non socio, o a un socio uscito prima dell’ultimo dell’anno), segnalare la difformità con le norme TUIR.
– Doppia imposizione già sopportata: mostrare che la tassazione in capo alla società ha incluso quell’utile (si può chiedere all’Agenzia la prova dell’avvenuto versamento di IRES). Non esistendo norma che imponga ai soci di pagare nuovamente un reddito già tassato in capo alla società, si può chiedere l’annullamento per manifesta iniquità tributaria.
– Carenza di motivazione: verificare se l’atto spiega il “fatto noto” e gli indizi usati. Se l’accertamento è generico (“utili occultati” senza dettaglio), sollevare l’inammissibilità dell’accertamento induttivo.
– Eccezioni processuali: eventuali vizi di notifica (art. 60, L. 212/2000) o presunzione d’inesistenza di atti interrompivi della prescrizione (Cass. n. 20226/2018 sull’interpretazione dell’“atto” di pagamento).

  1. Proposte probatorie e allegazioni – Integrare il ricorso con documenti precisi: scritture originali, contratti, documenti bancari, delibere, ecc. Inserire grafici o tabelle se utili per spiegare i conti. Ad es., un prospetto che confronti la redditività storica della società con quella del periodo accertato può dimostrare l’insussistenza di un utile straordinario.
  2. Conclusioni e richiesta: chiedere l’annullamento dell’avviso di accertamento (e dei relativi atti sanzionatori) per ogni vizio dedotto, o quantomeno la riforma dei maggiori imponibili nei limiti prova contraria (es. ammesso reinvestimento).

Se il CTP rigetta il ricorso, in appello (Corte Giustizia Tributaria) si possono confermare o ampliare le argomentazioni, sottolineando i principi di diritto (es. ricordando la pronuncia Cass. 2464/2025 sui soci estranei, e ogni evoluzione giurisprudenziale recente). In Cassazione occorre poi motivare eventuali questioni di diritto, soprattutto sul corretto inquadramento delle presunzioni e degli oneri probatori; in particolare si può far leva sulla più recente giurisprudenza secondo cui la semplice inattività del socio basta a superare la presunzione .

Domande e risposte (FAQ)

  1. DomandaChe cos’è la distribuzione occulta di utili?
    Risposta: È la presunzione fiscale per cui, se una società di capitali a base ristretta realizza utili “in nero” (maggiori ricavi o minori costi non contabilizzati), tali utili sono considerati automaticamente distribuiti pro quota ai soci, anche senza delibera formale . In pratica, l’Agenzia delle Entrate accredita a ciascun socio una quota di quei profitti come se li avesse ricevuti in dividendi, e li tassa in capo al socio.
  2. DomandaSu quali norme si fonda questo accertamento?
    Risposta: La distribuzione occulta non è disciplinata da una norma ad hoc, ma si innesta sull’art. 47, comma 4, del D.P.R. 600/1973 (TUIR) che autorizza l’imputazione di utili non distribuiti ai soci. In realtà la Cassazione ha chiarito che si tratta di una presunzione giurisprudenziale basata su art. 2729 c.c. . Le norme formalmente citate sono art. 47 e 44 TUIR (redditi di capitale), art. 89 TUIR (utili soggetti IRES), art. 5 TUIR (trasparenza fiscale per società persone) e art. 27 DPR 600/73 (ritenute sui dividendi) . Inoltre, sono rilevanti principi generali del codice civile (presunzioni) e del diritto tributario (obbligo di motivazione dell’avviso) .
  3. DomandaChi può subire questo accertamento?
    Risposta: Solo le società di capitali (S.r.l., S.p.A.) a base partecipativa ristretta (pochi soci legati tra loro). In linea di massima non si applica ai titolari d’azienda individuali o alle società di persone: queste sono già trasparenti ai fini IRPEF e i loro utili sono imputati direttamente ai soci (art. 5 TUIR) . Quindi per una S.n.c. o S.a.s. non si parla di “utili occulti” nel medesimo modo (gli utili non dichiarati in fattura ricadono direttamente nei redditi IRPEF dei soci). Anche nelle S.r.l. con molti soci indipendenti (compagine non ristretta) è difficile sostenere la presunzione.
  4. DomandaCosa significa “società a base ristretta”?
    Risposta: Non esiste un numero prefissato di soci. In generale si reputa “ristretta” una società di capitali con pochi partecipanti (di solito 2-5) con legami familiari, personali o societari forti . Ad esempio, due fratelli al 100% in una S.r.l. sono considerati a base ristretta. Cassazione 2008 (3896/08) e 2009 (9519/09) hanno chiarito che la ristretta base è un semplice indizio della gestione condivisa, non un automatismo . La valutazione prende in considerazione non solo il numero, ma anche i vincoli (es. parentela, comunione di interessi, controllo societario). Fanno eccezione casi di soci di “fatto” (“soci tiranni”): anche se formali diversi, si può tassare solo chi controlla la società .
  5. DomandaQuali elementi devono essere provati dall’Agenzia?
    Risposta: Una volta contestati gli utili in capo alla società, l’Agenzia deve collegare tali utili ai soci. Ciò implica fornire elementi di prova della distribuzione: ad esempio estratti conto bancari che mostrano trasferimenti di denaro, fatture per operazioni fittizie con il socio, documentazione di pagamenti a nome del socio, contratti simulati, aumenti patrimoniali dei soci legati al periodo, ecc. Come detto, è richiesta una “prova rafforzata”: la presunzione non può basarsi solo sul fatto che i soci siano pochi; occorre mostrare elementi di fatto concreti . Se l’avviso menziona solo genericamente utili “in nero” senza controdeduzione precisa, si può contestare l’accertamento per carenza motivazionale.
  6. DomandaCome può difendersi il socio accertato?
    Risposta: Il socio-contribuente può fornire prova contraria ai fini di escludere la sua partecipazione alla distribuzione:
  7. Reinvestimenti o accantonamenti: dimostrare tramite bilancio che gli utili sono stati destinati a riserva o reinvestiti (ad es. incrementi di capitale, nuovi investimenti documentati).
  8. Mancata realizzazione del ricavo: far valere che il maggior ricavo non è mai concretamente esistito (es. registrato in contabilità solo con errori, sconti retroattivi o rilievi di costo in rivalsa e simili), oppure è stato già tassato in altra forma.
  9. Separazione patrimoniale: documentare la netta separazione tra il patrimonio aziendale e quello del socio (contratti di nulla osta, mancanza di conto corrente sociale collegato a quello personale, ecc.).
  10. Estraneità alla gestione: come confermato da Cass. 2464/2025 , il socio può anche provare la propria totale estraneità alla conduzione aziendale: ad es. dimostrare di non aver mai partecipato all’amministrazione, di non avere deleghe operative, di essere titolare di un altro lavoro, ecc. In tal caso la “compartecipazione di fatto” decade e con essa la presunzione in capo a quel socio (resterebbe eventualmente salva solo un’eventuale tassazione degli altri soci attivi).

In pratica, il socio deve presentare ogni elemento che renda improbabile la percezione effettiva dei dividendi presunti. Ad es. contratti di lavoro autonomo con la società, documenti bancari, testimonianze di consulenti che confermino che la società agiva in modo indipendente dal socio stesso. Cassazione e CTR hanno confermato che la prova della mancata percezione deve essere concreta, non può consistere in generiche affermazioni (sebbene l’orientamento più recente ammetta forme di prova più vaste).

  1. DomandaSi può impugnare l’avviso anche per errori di forma?
    Risposta: Certamente. Il socio può eccepire la nullità o illegittimità dell’atto tributario per varie ragioni: notifica irregolare, doppia notifica (cartacea ed elettronica) quando non dovuta, difetto di motivazione, violazione del contraddittorio induttivo. Ad esempio, Cass. 6347/2008 ha stabilito che se l’atto è giunto conoscibile al destinatario, eventuali vizi formali di notifica si sanano . Se l’atto omette il quadro completo dei fatti (per es. non specifica il periodo o i documenti analizzati), può essere censurato. Inoltre, si può eccepire l’abuso di potere se l’accertamento mira a operazioni già verosimilmente coperte da controlli precedenti.
  2. DomandaCosa succede in caso di avviso per utili occulti non impugnato?
    Risposta: Se l’accertamento non viene impugnato nei termini, diventa definitivo. I soci saranno quindi considerati automaticamente autoliquidati per i dividendi presunti (con tassazione IRPEF), e l’Agenzia iscriverà a ruolo con sanzioni e interessi l’imposta presunta (in genere per omessa dichiarazione dei redditi). In pratica il socio dovrà pagare l’imposta aggiuntiva anche se non ha mai incassato alcunché. Da qui l’importanza di ricorrere anche se il debito sembra “inesistente”: conviene lottare almeno sui profili procedurali e sulle presunzioni.
  3. DomandaÈ legittimo che due figli condividano un utile societario occulto?
    Risposta: Sì, secondo le regole della presunzione, ciascun socio partecipa agli utili in proporzione alle proprie quote . Quindi se, per esempio, madre e figlio sono soci al 50% e nasce un utile occulto di 100.000 €, si presume che 50.000 € vadano a ciascuno. Ciascuno pagherà IRPEF su 50.000 €. Tuttavia, se si dimostra che solo uno dei due gestiva effettivamente l’attività e l’altro era totalmente inattivo, l’altro socio (quello inattivo) potrà far valere la Cassazione 2464/2025 e respingere la tassazione a suo carico .
  4. DomandaUn socio receduto può essere accertato ugualmente?
    Risposta: L’Agenzia può contestare utili occulti solo per l’annualità in cui il socio era titolare della partecipazione. Se il socio è uscito prima della chiusura dell’esercizio, non può essergli imputato l’utile di quell’anno. Viceversa, il cessionario (nuovo socio) subentrerà solo per la parte d’anno dopo il recesso e non per l’intero esercizio precedente. Eventuali dubbi su tali effetti si risolvono solitamente applicando i principi generali dell’art. 47 DPR 600/73 (Cass. n.30598/2024 ha richiamato che gli utili vanno imputati solo a chi è socio al 31/12). In ogni caso, in un ricorso tributario si può eccepire l’errore di imputazione temporale (e far valere un’acclarazione del recesso, atto notarile, ecc.).

Tabelle riepilogative

Tabella 1 – Soggetti e regime di tassazione degli utili non distribuiti

SoggettoApplicabilità presunzione utili occultiRiferimenti normativiOsservazioni
Persona fisicaNon applicabileIRPEF (TUIR tit. III)Non vi sono soci: non sussiste la fattispecie.
Società di persone (S.n.c., S.a.s.)Non applicabile (trasparenza fiscale)Art. 5 TUIR (trasparenza fiscale)I redditi societari sono già imputati direttamente ai soci; non può operare doppia tassazione.
Società di capitali (S.r.l., S.p.A.) – base non ristrettaPresunzione non applicabile (o molto debole)Art. 47, 2729 c.c.Con molti soci estranei o mercato diffuso, difficilmente si può stabilire la complicità.
Società di capitali – base ristrettaPresunzione valida (salvo prova contraria)Art. 47 DPR 600/73, CassazioneNumerosi casi di Cassazione confermano la presunzione in presenza di pochi soci vincolati . Il socio può fornire prova contraria.
Società unipersonaleTecnicamente non applicabile, è tassata come PFArt. 47 DPR 600/73, art. 5 TUIRNei fatti coincide con la posizione del socio unico (persona fisica): la società unipersonale è trasparente.

Tabella 2 – Indizi dell’Amministrazione vs possibili controdeduzioni del contribuente

Indizi utilizzati dall’AgenziaPossibili linee di difesa del socio/contribuente
Base societaria ristretta (pochi soci familiari)Dimostrare l’esistenza di altri collaboratori/manager indipendenti o informazioni che smentiscano la complicità tra soci.
Operazioni in nero (es. fatture false, prestazioni inesistenti)Dimostrare la veridicità delle transazioni o l’esistenza di contratti reali (riproduzioni di fatture, parcelle).
Spese personali a carico della società (auto, vacanze, assicurazioni)Documentare che tali spese erano legittime (ad es. beni strumentali, spese per attività lavorative), oppure che il socio le ha in realtà rimborsate alla società.
Prelievi anomali (liquidità ingenti dal conto aziendale)Mostrare giustificativi dei prelievi (finanziamenti a terzi, acquisto beni strumentali, investimenti societari).
Incrementi di patrimonio dei soci coincidenti con utili accertatiDimostrare che l’origine degli incrementi è diversa (vendita di beni personali, eredità, mutuo bancario).
Socio partecipa alla gestione (vere deleghe o posizioni chiave)Far valere che, nonostante la carica, la società opera con autonomia formale (delibere, verbali, deleghe formali di amministrazione) e che il socio non riceve utili personali.
Necessità di maggior utili (valutazione della contabilità)Presentare bilanci certificati da professionista che evidenzino l’andamento contabile e giustifichino margini di discrepanza (ad es. scorte, rateizzazioni).

Le tabelle precedenti sono solo esemplificative. In ogni caso, per vincere la presunzione il socio deve produrre evidenze specifiche che si contrappongano agli indizi (es. scritture contabili, testimonianze, corrispondenza aziendale). Se tali prove convincono il giudice tributario, l’accertamento nei suoi confronti può cadere.

Esempi di casi pratici (Italia)

  • Caso 1 – Società di capitali a due soci: La Alfa S.r.l. (due soci 50%-50%, marito e moglie) chiude il 2022 con ricavi non dichiarati pari a € 100.000. L’Agenzia delle Entrate, dopo verifica, corregge il reddito IRES dell’azienda accertando un “utile in nero” di €100.000. Emessi avvisi di accertamento: €24.000 IRES in capo alla società (aliquota 24%) più Irap; a ciascun socio viene notificato un avviso per €50.000 di dividendi non dichiarati (dividendo presunto del 50% di €100.000). Su tali €50.000 cadauno si applicano imposta sostitutiva 26% (o aliquote IRPEF) e sanzioni IRPEF. In totale ogni socio deve versare circa €13.000 di imposta aggiuntiva (più mora e sanzioni).

Difesa possibile: i soci possono dimostrare che i €100.000 di ricavi non dichiarati in realtà sono stati utilizzati per un reinvestimento immobiliare, fornendo fatture di acquisto (con pagamento bancario), contratti di mutuo, delibera di assemblea sul reinvestimento. Oppure possono far emergere che solo uno dei due ha realmente gestito l’attività (cassiere/operatore aziendale) e che l’altro era totalmente esterno. Quest’ultimo può avvalersi di Cass. 2464/2025 per negare la propria quota di tassazione (estraneità alla gestione) .

  • Caso 2 – Società di persone (S.n.c.)Beta S.n.c. (due soci pari) emette fatture per €50.000 omesse in contabilità. Non si applica la “distribuzione occulta” perché la S.n.c. è trasparente: i due soci sono comunque tassati su tutti i redditi della società, che produca profitti occultati o meno. In tale scenario non si emettono avvisi ai soci come se percepiti dividendi. L’unica azione è correggere il reddito della società (che ricadrà già nella dichiarazione di ogni socio secondo le quote). Si noti: in un’eventuale impugnazione, si può eccepire che l’uso di presunzioni in capo ai soci di una società di persone sarebbe privo di fondamento (art.5 TUIR).
  • Caso 3 – Società di capitali con reinvestimento dell’utileGamma S.p.A. (tre soci 40/30/30) presenta utile sotto-stimato del 2021. La G.d.F. scopre che €30.000 di utile non dichiarati sono stati reinvestiti in attrezzature. L’accertamento IRES rettifica il bilancio (€30.000 in più). L’Agenzia invia avvisi ai tre soci (€12.000, €9.000, €9.000 di utili presunti). I soci dimostrano in corso di causa che quei €30.000 sono effettivamente finiti in beni strumentali (con fatture di acquisto, ordini, pagamenti tramite bonifico bancario alla società), certificato dal revisore dei conti. Tale prova scardina la presunzione: essendo i fondi rimasti in azienda, non si può parlare di distribuzione ai soci. In questo scenario i ricorsi tributari dei soci avrebbero ottime probabilità di successo.
  • Caso 4 – Società familiare e socio estraneoDelta S.r.l. (padre 100%, figlio 0%). Il padre è socio unico e decide di dedicare parte degli utili 2022 (non contabilizzati) alla ristrutturazione di un immobile personale, imputando le spese alla società. L’Agenzia accerta €50.000 di utili occulti e li ripartisce con 100% al padre (socio unico). Qui il figlio non è coinvolto, ma non è formalmente socio, quindi non c’è utili “distribuiti” a lui da contestare. Se invece il figlio fosse socio (es. 50%-50%), potrebbe invocare l’estraneità dalla gestione (Cass. 2464/2025) e annullare l’atto a suo carico, dimostrando che era un mero osservatore e che il padre ha da solo utilizzato l’utile.

Questi esempi illustrano come, nella prassi italiana, la verifica dell’Agenzia e la conseguente controversia devono essere affrontate con prove contabili dettagliate. In ogni ipotesi, la documentazione contabile ufficiale (libri, bilancio approvato e timbrato, estratti conto bancari) è fondamentale: senza di essa il contribuente rischia di soccombere all’astratta presunzione .

Modelli di atti difensivi

Esempio di ricorso in Commissione Tributaria Provinciale

(il seguente testo ha valore puramente esemplificativo)

Tribunale Tributario Regionale (Corte di Giustizia Trib.) di [Regione]
Ricorso n. ____/202_

Ricorrenti: N.N. (socio della “X S.r.l.”), rappresentato e difeso dall’Avv. [Nome] (CF ______).
Resistente: Agenzia delle Entrate – Ufficio Provinciale di [Città].

Oggetto: impugnazione avviso di accertamento n. … del [data], relativo all’anno 20XX, con cui l’Agenzia delle Entrate ha rettificato il reddito di “X S.r.l.” per € […] di utili extracontabili e ha attribuito ai soci N.N. e C.C. (50% ciascuno) la rispettiva quota di utili occulti (€[…] a testa), elevando in tal modo il reddito da partecipazione di ciascuno.

1. Circostanze di fatto. La “X S.r.l.” è una società di capitali con [numero] soci, operante nel settore […]. I soci sono legati da vincolo familiare (specify). In data [data] l’Ufficio, a seguito di controllo, ha emesso l’avviso di accertamento in epigrafe per omessi ricavi di €[…] (e/o costi fittizi di pari entità), rideterminando il maggior utile di “X S.r.l.” per €[…], con irrogazione di €[…] di IRES (oltre accessori). A tal fine l’Agenzia ha assunto che l’utile non contabilizzato era stato distribuito ai soci pro quota (50% ciascuno). I ricorrenti — in qualità di soci di quella società — ritengono l’accertamento illegittimo e, per questo, propongono il presente ricorso chiedendo l’annullamento di tutti i provvedimenti impugnati.

2. Motivi del ricorso.

  • 1) Violazione del principio di tassazione singola e del divieto di doppia presunzione. L’accertamento fonda la propria logica su una concatenazione di presunzioni: prima l’utile in nero, poi la sua attribuzione ai soci. Come più volte rilevato in dottrina e giurisprudenza, ciò costituirebbe violazione del c.d. “divieto di doppia presunzione” (Cass. 5925/2015). In particolare, per riconoscere maggiori utili ai soci occorrerebbe un fatto noto concreto, diverso dal mero utile aziendale presunto. Il criterio guida, infatti, deve essere la ristretta compagine sociale con vincoli di gestione condivisa , che rappresenta il vero “fatto noto” in base al quale presumere una spartizione pro quota. Nel caso di specie, i dati esposti nell’avviso (omessi ricavi) non possono da soli giustificare la doppia tassazione. Pertanto, si chiede l’annullamento per carenza di fatto noto idoneo a sorreggere la presunzione (art. 2729 c.c.).
  • 2) Mancanza di prova rafforzata da parte dell’Ufficio. Anche concedendo per ipotesi che la “X S.r.l.” sia a base ristretta, l’Agenzia non ha prodotto elementi supplementari gravi, precisi e concordanti che giustifichino la percezione effettiva da parte del socio. In primo grado (CTR [Regione] sent. 201X n.…) si è osservato che «la presunzione non opera meccanicamente: è onere dell’Ufficio fornire la cosiddetta “prova rafforzata”… della effettiva distribuzione degli utili. Nel caso di specie, l’Amministrazione non ha fornito tale prova a supporto della presunta distribuzione» . Nel presente caso i soci hanno esibito [ad es. estratti conto, fatture interne, note spese, ecc.] che smentiscono l’effettiva corresponsione ai soci. L’unica “prova” addotta da parte dell’Ufficio è la compagine ristretta, priva degli indizi aggiuntivi necessari .
  • 3) Estrema estraneità di un socio. Si richiama l’ordinanza della Cassazione n. 2464/2025 , la quale riconosce che il socio può superare la presunzione dimostrando la propria assoluta estraneità alla gestione della società. Nel caso di specie, il socio B.B. (50% delle quote) dimostra di non aver mai operato nella società, né di avere alcun ruolo gestionale formale o sostanziale (manifesta delega in bianco, incarichi nulli, ecc.). La sua totale estraneità significa che non può essergli imputato alcun utile occulto; tale principio vale anche per il socio N.N. (il quale ha un ruolo limitato di mera partecipazione finanziaria).
  • 4) Errore materiale e difetto di motivazione. L’avviso contesta genericamente “utili extracontabili” per €[…], senza indicare i documenti o le evidenze specifiche (ad es. fatture contabili o movimenti bancari) da cui il maggior utile deriverebbe. Ciò configura mancanza di motivazione ai sensi dell’art. 7, L. 212/2000, con conseguente nullità dell’atto. Inoltre, l’attribuzione percentuale di utili a ciascun socio (50%-50%) non è giustificata dal testo dell’avviso: se anche vi fosse utili, l’atto avrebbe dovuto motivare il ragionamento per cui tali utili, pur non deliberati, verrebbero comunque a competenza di detti soci .
  • 5) Violazione del contraddittorio induttivo. Non è stata fornita ai ricorrenti la possibilità di confutare le risultanze ispettive con cui si ritiene provata la spartizione degli utili. In violazione dei principi di correttezza, l’Ufficio non ha consentito il contraddittorio preventivo su tali elementi indiziari.

3. Prove documentali. In virtù del divieto di doppia presunzione e del principio di gravità delle prove induttive, i ricorrenti allegheranno: copie del bilancio 20XX e 20XY, estratti conto bancari societari e personali, fatture interne, contratti di fornitura, verbali consiliari che mostrino l’utilizzo di utili (se del caso allegare perizia giurata di perito contabile). Si chiede di acquisire [certificati anagrafici, documenti notarili] per dimostrare la composizione della compagine al 31/12.

4. Conclusioni. Alla luce di quanto sopra, si ricorre affinché l’avviso di accertamento e le notifiche successive – ivi compresi gli eventuali atti sanzionatori – siano annullati. In subordine, che sia fissato in favore dei ricorrenti l’onere di prova (evidenziato nei motivi) in senso favorevole, rimuovendo la tassazione occulta. Si chiedono inoltre le spese di lite e ogni altro provvedimento di diritto.

Documenti allegati: avviso impugnato; delega difensiva; statuto e visura camerale; bilanci, estratti conto, fatture, tabulati contabili vari.

Esempio di memoria per ricorso in Cassazione

(sintetica, schematica – esemplificativa)

Corte Suprema di Cassazione – Sez. V (Tributaria)
Ricorso n. ____/2026

Ricorrente: N.N., elettivamente domiciliato in [..], difeso dall’Avv. [..].
Resistente: Agenzia Entrate – Direttore Regionale.

Oggetto: impugnazione sentenza CGT [Regione] n. ___/2025, che ha confermato l’avviso di accertamento n. … del [data], relativo ad utili extracontabili.

1. Motivi di ricorso: Violazione di norme tributarie e interpretazione erronea della giurisprudenza.

  • a) Violazione del divieto di doppia presunzione (Art. 2729 c.c.): i giudici di merito hanno ritenuto legittima la presunzione di cui all’art. 47 DPR 600/73 estesa al socio, ma hanno implicitamente creato una concatenazione di presunzioni su presunzioni. Cassazione n.5925/2015 e successivi vietano tale prassi, ricordando che il “fatto noto” deve essere indipendente. Nel caso specifico, l’unico “fatto noto” è stato definito genericamente la base societaria ristretta; tuttavia mancano elementi concreti a suffragare l’effettiva percezione degli utili (mancata verifica di pagamenti ai soci) . La sentenza impugnata non ha considerato questo profilo, violando il principio generale dell’onere probatorio tributario (art. 2697 c.c.) e l’art. 7 L. 212/2000.
  • b) Errata applicazione della Cassazione n.2464/2025: Il CGT non ha tenuto conto che la nuova giurisprudenza di legittimità consente al socio di vincere la presunzione anche con prova dell’estraneità totale alla gestione . Nel nostro caso (come ampiamente dimostrato), il ricorrente era socio mero investitore, non ha mai operato nell’azienda, e dispone di prove scritte (verbali assembleari, deleghe bloccate) dell’assenza di ogni suo intervento. La sentenza impugnata ha erroneamente richiesto la prova di investimenti o reinvestimenti degli utili, anziché riconoscere sufficiente l’estraneità (orientamento oggi prevalente). Ciò ha portato a un’erronea interpretazione della norma e della giurisprudenza (art. 360-bis c.p.c., lett. b).
  • c) Omesso esame degli elementi decisivi: la Corte territoriale non ha considerato il documento [es. estratto conto società/compte del ricorrente] che prova la mancata percezione. Questo rappresenta un fatto decisivo e controverso che avrebbe dovuto valutare (violazione art. 360-bis, lett. c).

2. Conclusioni e richiesta: Siccome le questioni sottoposte sono di diritto, si chiede annullamento della sentenza di CGT impugnata nella parte in cui conferma la tassazione sui soci, e rinvio ad altra sezione della medesima Corte per nuovo giudizio. Restano ferme le spese.

(Segue elenco e copia delle sentenze Cass., normative, atti di causa, ecc.)

Conclusioni

La materia della “distribuzione occulta di utili” è complessa e in continua evoluzione. Fino ad alcuni anni fa era ammissibile per le Entrate tassare i soci di società ristrette senza vera ripartizione documentata; oggi invece la Cassazione richiede un approccio più equilibrato, dove il socio può far valere la propria totale estraneità alla gestione o dimostrare concretamente la destinazione degli utili (Cass. 2464/2025, 2288/2025). In ogni caso, il contribuente deve essere vigile: l’avviso di accertamento può sembrare ingiusto, ma il giudice tributario si aspetta motivazioni puntuali da parte sua.

Questa guida ha illustrato i principali profili di difesa dall’accertamento di utili occulti ai soci, con riferimenti alle norme (TUIR, Codice Civile), alla prassi della giurisprudenza e ai casi concreti. I numerosi precetti della Cassazione e delle Commissioni tributarie citati aiutano a inquadrare il problema: ad esempio, se un consulente si limita a dedurre in appello che “i soci non hanno percepito nulla” senza evidenze, rischia di soccombere. Viceversa, una difesa strutturata (tabulati, testimoni, perizie, rilievi contabili) potrà far valere efficacemente la tesi della mancata percezione o della reinvestitura degli utili.

Domande e punti critici: In definitiva, vanno fatti propri i seguenti concetti: (a) la ristretta base sociale è solo il punto di partenza di un accertamento induttivo ; (b) l’Agenzia deve raccogliere indizi concreti supplementari ; (c) il socio può opporsi con prove concrete o dimostrando l’estraneità ; (d) non esiste legge che imponga doppia tassazione coatta dei soci. In caso di controversia, occorre sempre citare le ultime pronunce (inclusa la Cass. 2464/2025) e basare il ricorso sulla mancanza dei requisiti soggettivi e oggettivi dell’accertamento.

Con le strategie giuste e una preparazione documentale accurata, un contribuente può ottenere dal giudice tributario il riconoscimento della propria posizione. Tuttavia, il caso va valutato con attenzione prima di sottovalutare l’atto: esso non va ignorato, ma va affrontato tempestivamente con un ricorso ben motivato.

Fonti e giurisprudenza aggiornate (su cui questa guida si basa): oltre alle già citate Cassazioni del 2024-2025 , si rimanda alle circolari e massime dei giudici tributari. Nella tabella seguente si riepilogano normative e sentenze chiave citate nella guida.

Tabella 3 – Norme e giurisprudenza principali citate

RiferimentoContenuto
DPR 600/1973, art. 47 c.4Consente di imputare utili non distribuiti ai soci come reddito di capitale.
TUIR art. 5 (trasparenza fiscale)Società di persone: redditi attribuiti direttamente ai soci; impliche di trasparenza.
Codice Civile art. 2729Norma sulle presunzioni semplici (gravità, precisione, concordanza degli indizi).
Cass. Sez. trib., ord. 02/02/2025 n.2464Socio può vincere presunzione di utili occulti anche dimostrando assoluta estraneità alla gestione .
Cass. 31/01/2025 n.2288Conferma orientamento Cass. 2464/2025.
Cass. 12/07/2024 n.19272Conferma presunzione, ribadisce onere prova.
Cass. 13/09/2024 nn.24621-24688Ribadisce la presunzione tra soci di SRL ristrette, salva prova contraria.
Cass. 17/10/2005 n.20078, 29/07/2016 n.15824Affermano il “vincolo di complicità familiare” nelle SRL ristrette (uso nel ragionamento).
Cass. 3/11/2022 n.32451Introdotto concetto di “socio tiranno” – solo soci di fatto attivi tassati.
Cass. 3/02/2015 n.5925Il fatto noto è la ristrettezza della base sociale, non gli utili stessi ; no doppia presunzione.
CTR [Reg.] 27/03/2024 n. 3374 (Cas.)Presunzione non automatica, onere di prova rafforzata sull’ufficio .
Cass. pen. 02/11/2023 n.41579Il socio occulto che non dichiara utili extracontabili è colpevole di dichiarazione infedele .
Cass. 22/04/2009 n.9519Conferma che vincolo di solidarietà/controllo fonda la presunzione (citata in dottrina) .
Cass. 19/07/2012 n.12576; 11/09/2013 n.20806Cassazione e CTR confermano presunzione in presenza di pochi soci; onere del socio provare il contrario.
Circolari/Prassi (es. GdF 1/2008, AIDC 198/2017)Indicazioni operative in materia di controlli fiscali su società ristrette.

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La distribuzione occulta di utili si verifica quando l’Amministrazione finanziaria ritiene che parte dei redditi societari, invece di essere regolarmente dichiarati e tassati, siano stati attribuiti in maniera indiretta ai soci (pagamenti non giustificati, beni aziendali usati personalmente, vantaggi economici non formalizzati).

👉 Non tutte le operazioni contestate costituiscono utili occulti: spesso ci sono spiegazioni lecite e documentabili che escludono l’imponibilità.


⚖️ Perché scatta la contestazione

  • Prelievi di denaro dai conti societari senza giustificazione contabile;
  • Utilizzo personale di beni aziendali (auto, immobili, carte di credito);
  • Spese a favore dei soci non coerenti con l’attività della società;
  • Differenze tra utili dichiarati e somme effettivamente circolate;
  • Rapporti con società controllate o collegate usati come strumenti di trasferimento occulto.

📌 Conseguenze possibili

  • Tassazione delle somme come dividendi occulti in capo ai soci;
  • Recupero delle imposte societarie su ricavi non dichiarati;
  • Sanzioni fiscali per società e soci;
  • Interessi di mora;
  • Nei casi più gravi, contestazioni penali per dichiarazione fraudolenta o sottrazione d’imposta.

🔍 Come difendersi

  1. Analizza la contestazione: individua le operazioni indicate come distribuzione occulta.
  2. Raccogli la documentazione: contratti, delibere societarie, fatture, giustificativi delle spese.
  3. Dimostra la natura aziendale delle operazioni: non tutti i prelievi o utilizzi di beni generano utili occulti.
  4. Contesta le presunzioni del Fisco: l’Agenzia deve provare l’effettiva attribuzione di vantaggi ai soci.
  5. Predisponi memorie difensive o ricorso davanti alla Corte di Giustizia Tributaria.

🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

  • 📂 Analizza l’accertamento e le operazioni contestate come distribuzioni occulte;
  • 📌 Ricostruisce i rapporti finanziari e societari con prove concrete;
  • ✍️ Predispone memorie difensive e ricorsi per ridurre o annullare la pretesa fiscale;
  • ⚖️ Ti rappresenta nel contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate e nei giudizi tributari;
  • 🔁 Valuta soluzioni alternative, come definizioni agevolate, per chiudere la controversia con minori oneri.

🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

  • ✔️ Avvocato esperto in fiscalità societaria e utili occulti;
  • ✔️ Specializzato in contenzioso tributario e accertamenti sui rapporti tra società e soci;
  • ✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.

Conclusione

L’accertamento per distribuzione occulta di utili è tra i più delicati per le società e i soci, ma non sempre le presunzioni dell’Agenzia delle Entrate sono corrette.
Con una difesa legale mirata puoi dimostrare la reale natura delle operazioni, contestare le accuse e ridurre le pretese fiscali.

📞 Contatta subito l’Avv. Giuseppe Monardo per una consulenza riservata: la tua difesa contro le contestazioni su utili occulti inizia qui.

Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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