Hai percepito compensi per spettacoli, concerti, eventi o manifestazioni artistiche e l’Agenzia delle Entrate ti ha contestato di non averli dichiarati o di averli dichiarati in modo errato? Il settore dello spettacolo e degli eventi è oggetto di controlli fiscali sempre più frequenti, anche grazie alle segnalazioni degli enti organizzatori e agli incroci con i dati SIAE e INPS. Una contestazione può portare al recupero di imposte, sanzioni e interessi, ma spesso si basa su presunzioni che possono essere ribaltate.
Quando scattano le contestazioni fiscali
– Se i compensi incassati per spettacoli o eventi non sono stati dichiarati in tutto o in parte
– Se i pagamenti sono stati effettuati in contanti o con modalità non tracciabili e non risultano dai modelli fiscali
– Se i compensi dichiarati non coincidono con i dati comunicati dagli organizzatori (SIAE, associazioni, enti locali)
– Se le prestazioni artistiche sono state dichiarate come occasionali ma il Fisco le ritiene attività abituale
– Se vengono contestate detrazioni o deduzioni non spettanti collegate all’attività artistica
Cosa rischi in caso di contestazione
– Recupero delle imposte non versate su compensi da spettacoli ed eventi
– Applicazione di sanzioni dal 90% al 180% delle imposte evase
– Interessi di mora che aumentano l’importo dovuto
– Possibile contestazione di lavoro autonomo abituale con obblighi previdenziali non assolti
– Avvio di azioni esecutive (pignoramenti, fermi amministrativi, ipoteche) in caso di mancato pagamento
Come difendersi da una contestazione
– Dimostrare con contratti, ricevute e documentazione bancaria l’effettivo ammontare dei compensi percepiti
– Contestare errori dell’Agenzia delle Entrate nell’incrocio dei dati comunicati dagli enti
– Dimostrare la natura occasionale della prestazione, quando non ricorrono i requisiti dell’attività abituale
– Evidenziare spese e costi deducibili collegati all’attività, per ridurre l’imponibile accertato
– Impugnare l’avviso di accertamento davanti alla Corte di Giustizia Tributaria entro i termini previsti
Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare l’accertamento e verificare la legittimità delle contestazioni
– Raccogliere la documentazione utile a ricostruire i compensi effettivi
– Contestare presunzioni arbitrarie e calcoli errati del Fisco
– Difendere il contribuente in contraddittorio e in giudizio
– Valutare eventuali soluzioni agevolate (accertamento con adesione) per ridurre imposte e sanzioni
Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale delle contestazioni
– La riduzione significativa delle sanzioni e degli interessi applicati
– Il riconoscimento delle spese deducibili per abbattere il reddito imponibile
– La sospensione delle procedure esecutive collegate
– La certezza di pagare solo quanto realmente dovuto
⚠️ Attenzione: nel settore dello spettacolo e degli eventi i controlli si basano spesso su dati forniti da terzi (SIAE, enti organizzatori, banche dati previdenziali). Questi dati non sempre sono corretti o completi: per questo è fondamentale difendersi con prove concrete.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in difesa tributaria – ti spiega come affrontare le contestazioni sui compensi da spettacoli ed eventi e come difenderti in modo efficace.
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Introduzione
Organizzare concerti, feste private o eventi aziendali spesso comporta compensi pagati ad artisti, musicisti, tecnici e agenzie di spettacolo. In Italia tali compensi sono soggetti a rigorose normative fiscali e previdenziali, e non di rado nascono contestazioni: l’INPS (gestione ex-ENPALS) può richiedere contributi previdenziali non versati, l’Agenzia delle Entrate può contestare imposte evase o ritenute non applicate, oppure gli stessi artisti o intermediari possono agire per cachet non corrisposti o penali contrattuali. Questa guida avanzata, aggiornata ad agosto 2025, esamina come difendersi da tali pretese dal punto di vista del debitore (organizzatori, committenti o altri soggetti chiamati a pagare) . Adotteremo un linguaggio giuridico ma accessibile, adatto sia agli avvocati sia a privati e imprenditori, con riferimenti normativi aggiornati, sentenze recenti, tabelle riepilogative, simulazioni pratiche e una sezione di Domande & Risposte. L’obiettivo è fornire strumenti concreti di tutela per respingere o ridurre le richieste di pagamento contestate, evidenziando dove possibile quei principi di favor debitoris che l’ordinamento offre a chi si trova ingiustamente esposto a pretese altrui .
Perché sorgono contestazioni sui compensi da spettacolo? Innanzitutto, il settore dello spettacolo in Italia è regolato da disposizioni speciali: i lavoratori dello spettacolo (artisti, musicisti, DJ, tecnici ecc.) devono essere iscritti al Fondo Pensioni Lavoratori Spettacolo (ex ENPALS), con obbligo di contributi su ogni compenso percepito . Inoltre, i compensi artistici possono assumere diverse nature fiscali (lavoro autonomo, dipendente, occasionale, diritti d’autore) con regimi di tassazione differenti . Tale complessità genera zone d’ombra: ad esempio un committente privato potrebbe ignorare l’obbligo di agibilità ENPALS per un concerto privato, oppure un artista potrebbe aver ricevuto pagamenti “fuori busta” non dichiarati. Ancora, i contratti con agenzie di booking e management spesso prevedono clausole (provvigioni, penali per annullamento, esclusiva) che, se non rispettate, sfociano in richieste economiche. In mancanza di chiarezza contrattuale o di adempimento rigoroso di tutti gli obblighi, l’equilibrio contrattuale si rompe e il soggetto inadempiente si ritrova debitore: è a questo punto che intervengono diffide di pagamento, decreti ingiuntivi, avvisi di accertamento tributari o cartelle contributive.
Cosa esamineremo? Nei paragrafi seguenti tracceremo prima il quadro normativo italiano in materia di compensi da spettacoli, delineando le figure contrattuali coinvolte e gli obblighi di legge (fiscali, previdenziali, amministrativi). Analizzeremo poi le tipologie di contestazioni più frequenti – dalle richieste di contributi INPS alle sanzioni fiscali, dalle azioni legali di artisti e agenzie fino ai contenziosi sui cachet di eventi annullati – illustrando per ciascuna le possibili strategie difensive. Saranno citati provvedimenti normativi aggiornati (es. le recenti riforme sul lavoro nello spettacolo del 2022-2025) e sentenze di merito e di legittimità dell’ultimo periodo per individuare i punti fermi della giurisprudenza. Verranno incluse tabelle riepilogative (ad es. sulle diverse categorie di reddito artistico e relativo trattamento) e casi pratici simulati per contestualizzare le soluzioni (esempi di concerti o eventi con compensi contestati e relativo esito). Infine, una sezione Domande & Risposte risponderà ai quesiti più comuni – dal “Devo pagare l’INPS per una festa musicale non a scopo di lucro?” al “Cosa fare se un cantante mi chiede un cachet extra non concordato?” – fornendo chiarimenti immediati.
Il taglio sarà specialistico: daremo per acquisite le nozioni di base e ci concentreremo su approfondimenti avanzati, utili per legali e addetti ai lavori ma comprensibili anche al lettore non giurista motivato. Procediamo dunque ad esaminare le norme cardine in materia di compensi da spettacoli ed eventi, base indispensabile per impostare una difesa efficace contro qualsiasi contestazione.
Normativa di riferimento per i compensi di spettacoli ed eventi
Per capire come difendersi, è fondamentale inquadrare le norme che regolano i compensi nel settore spettacolo. Tali norme spaziano dal diritto del lavoro (tutele dei lavoratori dello spettacolo), al diritto previdenziale (obblighi INPS ex-ENPALS), al diritto tributario (fiscalità dei cachet artistici), senza dimenticare la disciplina contrattuale civile (accordi con artisti e agenzie). Presentiamo qui un quadro sintetico della normativa italiana vigente ad agosto 2025.
- Lavoratori dello spettacolo e iscrizione ENPALS (INPS): sin dal D.L.C.P.S. 16 luglio 1947 n.708 e successive modifiche, chiunque impieghi artisti o tecnici in spettacoli è tenuto a rispettare la particolare normativa previdenziale dello spettacolo. Dal 2012 l’Ente nazionale di previdenza dello spettacolo (ENPALS) è confluito nell’INPS, che gestisce il Fondo Pensioni Lavoratori dello Spettacolo (FPLS) . La legge individua puntualmente le categorie professionali obbligate: attori, cantanti, musicisti, ballerini, registi, orchestrali, DJ, figuranti, tecnici audio-luci, presentatori, atleti professionisti, ecc. (elenco contenuto nel D.Lgs.C.P.S. 708/1947 art.3, aggiornato dal D.Lgs. 182/1997) . Principio cardine: “Il lavoratore dello spettacolo è coperto dall’assicurazione obbligatoria ex ENPALS a prescindere dalla natura del rapporto (subordinato, autonomo, occasionale)” . Ciò significa che tutti i compensi erogati per prestazioni artistiche o tecniche rientranti nelle categorie di spettacolo sono soggetti a contribuzione previdenziale, salvo espresse esenzioni di legge (vedremo oltre). Il soggetto tenuto al versamento dei contributi varia a seconda della forma contrattuale: se l’artista è assunto come lavoratore dipendente, il datore di lavoro versa i contributi (quota a proprio carico + quota a carico dipendente); se l’artista è autonomo, vige comunque un obbligo contributivo in gestione spettacolo con aliquota propria (in genere il 24% del compenso lordo per gli autonomi, contro il 33% circa per i dipendenti, secondo L. 342/2000 art.51). Dal 2023 l’INPS ha ulteriormente specificato che anche nuove figure come influencer e content creator possono ricadere nel Fondo Spettacolo se la loro attività assume natura artistica professionale continuativa (Circolare INPS n.44/2025).
- Certificato di agibilità ENPALS: l’art. 6 del D.L.C.P.S. 708/1947 impone(va) a chi organizza uno spettacolo con artisti/troupe di ottenere dall’ENPALS un certificato di agibilità, attestante il regolare versamento dei contributi per quei lavoratori . In mancanza di agibilità, sia l’organizzatore che gli artisti sono passibili di sanzioni amministrative. Questo obbligo è stato oggetto di varie modifiche negli anni recenti: la Legge 205/2017 (bilancio 2018) ha esonerato dall’agibilità i lavoratori subordinati dello spettacolo impiegati nei locali del datore di lavoro stesso, purché con regolare versamento contributi . Contestualmente aveva limitato l’obbligo per lavoratori autonomi solo a eventi “specifici, di durata limitata e non ripetuti, eccedenti 30 giorni” . Tuttavia, pochi mesi dopo, il D.L. 135/2018 ha ripristinato un obbligo generale: oggi tutte le imprese che si avvalgono di lavoratori autonomi dello spettacolo (categorie art.3, co.1, nn.1–14 del 708/47) devono comunque richiedere il certificato di agibilità, indipendentemente dalla durata della prestazione . La sanzione attuale per omissione è €129 per ogni giornata di lavoro per ogni lavoratore autonomo impiegato senza agibilità . Inoltre, i musicisti autonomi (categoria 23-bis dell’art.3) hanno anch’essi l’obbligo di richiedere personalmente l’agibilità per le proprie prestazioni, fermo restando che il committente deve poi ritirare e custodire tale certificato . L’INPS (Messaggio n.1612/2019) ha chiarito infatti che la richiesta di agibilità grava sempre sul datore/committente effettivo; se questo non coincide col proprietario/gestore del locale dove si tiene lo spettacolo, anche il gestore del locale ha l’onere di verificare l’esistenza del certificato e conservarne copia . In sintesi, l’agibilità resta un adempimento cruciale: la sua mancanza fa scattare sanzioni e richieste contributive a posteriori. Come vedremo, però, recenti pronunce hanno aperto spiragli difensivi in alcuni casi (es. retroattiva non punibilità per subordinati con contributi versati ).
- Esenzioni contributive e casi particolari: la regola generale “nessun compenso senza contributi” conosce eccezioni in circostanze ben definite. Eventi benefici o a fini solidaristici: se uno spettacolo è organizzato a scopo esclusivamente benefico/sociale, con ricavi destinati interamente a tali finalità e nessun compenso corrisposto ai lavoratori (solo rimborsi spese documentati), l’organizzatore può richiedere un’agibilità a titolo gratuito . In tal caso l’ENPALS rilascia comunque il certificato ma senza obbligo di versare contributi (né indicare minimali) . È necessaria un’autocertificazione dettagliata sia da parte dell’organizzatore sia da parte degli artisti, in cui si attesta sotto responsabilità penale il rispetto di tutti i requisiti benefici (finalità e mancato compenso) . Formazioni dilettantistiche/amatoriali: un’esenzione ulteriore, introdotta dalla L.296/2006 (Finanziaria 2007, comma 188) e disciplinata da circolari ENPALS, riguarda spettacoli eseguiti da gruppi dilettanti (bande comunali, gruppi folkloristici, cori parrocchiali, compagnie teatrali amatoriali, rievocazioni storiche, ecc.) in contesti a scopo ricreativo, culturale o tradizionale . In tali casi, se gli artisti non percepiscono compensi oltre eventuali rimborsi spese, l’organizzatore può procedere tramite autocertificazione senza passare dallo sportello ENPALS e nessun contributo è dovuto . È una deroga pensata per agevolare eventi non professionistici di interesse locale. Va sottolineato che queste esenzioni operano solo se i rigidi presupposti sono rispettati e documentati: in caso contrario (ad es. un cachet “in nero” mascherato da evento benefico) l’INPS considererà dovuti i contributi pieni, con sanzioni. Altre esenzioni temporanee sono state previste durante la pandemia COVID-19 per spettacoli dal vivo senza pubblico o eventi annullati, ma ad agosto 2025 tali misure emergenziali non sono più vigenti.
- Inquadramento contrattuale dell’artista: il rapporto tra artista (o tecnico) e organizzatore può configurarsi in vari modi giuridici, ciascuno con proprie implicazioni. Le forme tipiche sono:
- Lavoro subordinato: l’artista è assunto come dipendente (es. attori stabili di un teatro, professori d’orchestra di un ente lirico, tecnici assunti da una società di eventi). In tal caso si applicano le norme del lavoro subordinato (CCNL di settore, contributi INPS al 33%, IRPEF a scaglioni trattenuta in busta paga) . Nel settore spettacolo vi sono contratti collettivi nazionali specifici (es. CCNL Teatri, CCNL Televisione) che disciplinano cachet minimi, straordinari, ecc. Il certificato di agibilità per i subordinati, come visto, non è più richiesto se lavorano nei locali del datore di lavoro con contributi regolari . I lavoratori subordinati dello spettacolo godono di tutele piene (ferie, malattia, TFR) e in caso di controversie potranno rivolgersi al Giudice del Lavoro. Dal lato difensivo, per il committente, va considerato che se un rapporto autonomo è in realtà gestito come subordinato (direttive, orari, integrazione stabile nell’organizzazione), esiste il rischio di riqualificazione d’ufficio o su ricorso del lavoratore, con conseguente richiesta di differenze retributive e contributive.
- Lavoro autonomo professionale: tipicamente l’artista ha Partita IVA e fattura la propria prestazione artistica. Questa è la situazione più comune per cantanti, band, DJ o presentatori ingaggiati per eventi singoli o tour. Fiscalmente i compensi sono redditi di lavoro autonomo ex art.54 TUIR , soggetti a IVA (spesso con aliquota agevolata 10% per spettacoli dal vivo ) e ritenuta d’acconto del 20% se il pagatore è un sostituto d’imposta (azienda o ente) . Il professionista deduce le spese connesse e può aderire eventualmente a regimi forfettari (se ne ha i requisiti). Sul fronte previdenziale, l’artista autonomo deve essere iscritto al FPLS ex ENPALS e versare i contributi previdenziali come lavoratore autonomo (aliquota 24% circa, con minimali e massimali annuali) . Tecnicamente il versamento avviene tramite modello F24, spesso con un meccanismo: l’organizzatore trattiene dal compenso la quota contributiva a carico dell’artista e vi aggiunge la propria, versando il totale all’INPS. In ogni caso, è prassi che nel contratto/fattura si specifichi se il compenso è “oltre contributi” o “inclusi contributi”. Nota bene: Il certificato di agibilità va richiesto anche per gli autonomi – è il committente che di norma lo richiede indicando il codice artista e gli estremi della prestazione; dal 2019 l’INPS ha precisato che l’onere è sempre del committente, anche se poi l’artista autonomo deve a sua volta assicurarsi che tutto sia regolare . Omettere l’agibilità per un artista con P.IVA non esime dalle sanzioni.
- Prestazione occasionale: può capitare che un privato o un artista non abituale svolga uno spettacolo senza P.IVA, in modo saltuario. Fiscalmente, se l’attività non supera certi limiti, il compenso è classificato come reddito diverso ex art.67 c.1 lett. m) TUIR (prestazione occasionale) ed è soggetto a ritenuta d’acconto del 20% se erogato da sostituto d’imposta . Il limite oltre cui l’attività non è più considerabile “occasionale” è dato in parte dal criterio qualitativo (assenza di professionalità/organizzazione) e in parte da parametri quantitativi (es. limite di €5.000 annui di compensi dal medesimo committente per non dover aprire P.IVA ed iscriversi alla gestione separata INPS). Attenzione: nel settore spettacolo, il concetto di occasionalità fiscale non coincide con l’assenza di obblighi previdenziali. Anche un singolo concerto di un artista “non professionista” cade nell’obbligo ENPALS se l’artista rientra nelle categorie previste (es. un cantante che percepisce cachet) – l’ENPALS storicamente richiede contribuzione anche per una singola giornata di esibizione retribuita . Dunque l’organizzatore dovrà richiedere agibilità e versare contributi sul compenso anche per un evento isolato, a meno che non ricada nelle esenzioni (amatoriali, beneficenza). Il lavoratore occasionale dello spettacolo, non avendo P.IVA, non si iscrive personalmente al Fondo, ma verrà iscritto d’ufficio dall’INPS con codice fiscale per accredito contributi. In sintesi, occasionale non significa “esente ENPALS”. Unica eccezione: se il lavoratore non percepisce alcun compenso (vera esibizione a titolo gratuito) e non rientra in eventi lucrativi, può applicarsi l’esenzione vista sopra oppure – in casi di hobbisti che suonano saltuariamente gratis – potrebbe sostenersi che non scatta proprio un rapporto di lavoro; ma l’orientamento previdenziale è di richiedere comunque l’agibilità anche in caso di compenso zero (con imposizione del minimale giornaliero su cui calcolare i contributi) , salvo utilizzare la procedura di agibilità gratuita per eventi benefici.
- Diritti d’autore e di immagine: spesso parte dei corrispettivi legati a spettacoli attengono non alla “prestazione lavorativa” in sé, ma allo sfruttamento di diritti dell’artista (ad es. i diritti d’autore su un brano eseguito, i diritti connessi sulla registrazione di una performance, il diritto di immagine per l’uso della foto dell’artista nel materiale promozionale). Questi proventi hanno un trattamento fiscale e previdenziale particolare: fiscalmente, i diritti d’autore percepiti dall’autore stesso sono considerati lavoro autonomo con una deduzione forfettaria del 25% (40% per under 35) , mentre i compensi per cessione di diritti d’immagine rientrano nei redditi diversi. Entrambi sono soggetti a ritenuta d’acconto 20%. Dal punto di vista previdenziale non scontano contribuzione ENPALS, in quanto prestazioni di dare e non di fare . Attenzione però: la legge finanziaria 2003 (L.289/2002 art.43 co.3) ha previsto, per evitare abusi, che al massimo il 40% del compenso totale possa essere imputato a diritti d’autore/connessi/immagine con esenzione contributiva, dovendo il restante 60% minimo essere assoggettato a contributi come compenso per prestazione lavorativa . In altre parole, se un artista fattura €100, può al massimo dichiarare €40 come diritti esenti ENPALS e deve comunque pagare contributi sui restanti €60 . Questa facoltà di ripartizione richiede che vi sia adeguata documentazione contrattuale: secondo la Cassazione, occorre prova (meglio se scritta) della reale esistenza di un contratto di cessione dei diritti d’immagine o d’autore, altrimenti l’INPS potrà pretendere contributi anche sul 100% del compenso . Ad esempio, in una recente causa la Corte d’Appello aveva negato l’esclusione del 40% perché l’azienda non aveva prodotto il contratto scritto di cessione dei diritti di immagine; la Cassazione ha confermato che serve prova specifica della cessione per fruire dell’agevolazione . Dunque, per difendersi da contestazioni contributive su questo punto, l’organizzatore dovrà esibire le scritture private con cui l’artista cede quei diritti (meglio se con valore economico separato). In mancanza, la pretesa dell’INPS di assoggettare tutto il compenso a contributi sarà difficilmente contrastabile.
- Norme fiscali sui compensi da spettacolo: il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (DPR 917/1986, TUIR) disciplina in varie categorie i redditi derivanti da attività nello spettacolo. Riepiloghiamo le principali:
- Redditi di lavoro dipendente (art.51 TUIR): vi rientrano compensi corrisposti ad artisti o tecnici con rapporto di lavoro subordinato. Esempi: stipendio di un attore assunto da una compagnia, salario di un tecnico audio dipendente di un service. Il sostituto d’imposta applica ritenute IRPEF secondo gli scaglioni e versa i contributi INPS dipendenti spettacolo. IRAP: i lavoratori dipendenti non generano base imponibile IRAP per il datore (trattandosi di costo del personale deducibile ai fini IRAP).
- Redditi di lavoro autonomo (art.53-54 TUIR): includono i compensi percepiti da artisti autonomi con P.IVA per esibizioni, ingaggi, partecipazioni a spettacoli, ecc. . Tali compensi sono imponibili IRPEF (aliquote progressive) al netto dei costi deducibili. Su di essi, se chi paga è sostituto d’imposta, va operata ritenuta d’acconto del 20% (DPR 600/1973, art.25) . I compensi a sportivi professionisti (calciatori, ecc.) seguono regole analoghe. Inoltre sono possibili regimi agevolati: es. regime forfettario 15% se ricavi < €85.000 (2023) con esonero da ritenuta per chi vi aderisce (in tal caso l’artista fornisce una dichiarazione di essere in regime forfettario, così il committente non trattiene nulla). IRAP: il professionista dello spettacolo è soggetto a IRAP solo se la sua attività è organizzata in forma d’impresa (ad es. ha una struttura con dipendenti, uffici, ecc.); in assenza di autonoma organizzazione, l’artista può difendersi da eventuali pretese IRAP dimostrando di essere un solo performer che utilizza solo la propria persona e magari un agente, ma senza mezzi organizzativi eccedenti (la Cassazione in varie sentenze ha escluso l’IRAP per attori e simili privi di un’organizzazione autonoma di beni e personale).
- Redditi diversi (art.67 c.1 TUIR): vi rientrano prestazioni occasionali di spettacolo (una tantum) e altri proventi sporadici. Ad esempio, se un cantante senza P.IVA viene ingaggiato per un solo evento e percepisce un compenso, questo è reddito diverso ex art.67, soggetto a ritenuta 20% . Anche premi e gettoni percepiti in concorsi o festival canori, se non collegati a un’attività professionale, sono redditi diversi. I redditi diversi sono tassati in sede di dichiarazione IRPEF separatamente dagli eventuali altri redditi. Nota: i rimborsi spese analitici (documentati) percepiti da artisti fino al 2024 concorrevano al reddito, ma dal 2025 non vi concorrono più se vengono analiticamente documentati e addebitati al committente (novità introdotta dalla L.197/2022, Bilancio 2023). Questo significa che, ad esempio, nel 2023 un rimborso di viaggio o vitto pagato a un musicista incrementava il suo reddito tassabile; per il 2025 invece tali rimborsi documentati sono esenti IRPEF. È un dettaglio da considerare anche ai fini delle contestazioni fiscali: se il Fisco contesta che certi importi andavano tassati come compensi, verificate l’anno di riferimento e la natura (dal 2025 i rimborsi analitici non sono reddito imponibile se ben documentati ).
- Regime fiscale degli intermediari: spesso tra artista e organizzatore si interpone un’agenzia o cooperativa. Le agenzie possono operare come procacciatori con provvigione (fatturano una commissione sul cachet) oppure come appaltatori di servizio (il cliente paga l’agenzia che a sua volta paga l’artista). Nel primo caso l’agenzia emette fattura + IVA per la provvigione (10-20% del cachet di solito ), nel secondo caso l’agenzia emette fattura per l’intero servizio artistico (cachet + oneri) e il rapporto fiscale/previdenziale con l’artista viene gestito internamente (spesso l’agenzia assume l’artista per quella prestazione o lo paga come collaboratore, occupandosi di ritenute e contributi). Questo meccanismo non esonera però l’organizzatore dalle responsabilità in solido in alcuni casi: se l’agenzia non versa i contributi o non paga le ritenute dovute, l’INPS o il Fisco potrebbero cercare di rivalersi sul committente finale, qualificandolo magari come datore di lavoro di fatto (specie se l’agenzia fungeva solo da intermediario fittizio). È quindi cruciale per il committente assicurarsi che l’intermediario sia regolare (ad es. chiedendo copia del certificato di agibilità e quietanze contributive).
In sintesi, la normativa italiana pone l’accento su due aspetti chiave: 1) tutti i lavoratori dello spettacolo, anche autonomi e occasionali, vanno coperti da contribuzione previdenziale specifica; 2) i compensi vanno dichiarati e tassati correttamente, con regimi peculiari ma senza zone franche. Chi organizza eventi deve conoscere (o farsi guidare su) questi obblighi prima, per non trovarsi dopo a doverli fronteggiare in sede di accertamento. Tuttavia, se le contestazioni sono già arrivate, conoscere la cornice normativa aiuta a individuare eventuali violazioni formali dell’ente accertatore, lacune nella pretesa o eccezioni di legge che possano essere sfruttate a proprio favore. Nel prossimo capitolo analizziamo le tipologie di contestazioni più frequenti e i relativi profili di difesa.
Tipologie di contestazioni e soggetti coinvolti
Vediamo ora quali sono le contestazioni più comuni riguardanti i compensi da spettacoli/eventi e chi sono i soggetti tipicamente coinvolti. Ogni tipologia presenta dinamiche proprie: ad esempio, una diffida di pagamento inviata da un artista va affrontata diversamente da un avviso di accertamento fiscale. Distinguere i casi è il primo passo per approntare la giusta strategia difensiva.
1. Contestazioni previdenziali (INPS ex ENPALS): sono quelle mosse dall’INPS – gestione lavoratori dello spettacolo – per omessi o insufficienti versamenti contributivi relativi a cachet e stipendi di eventi. Si manifestano tipicamente attraverso: – Verbale di accertamento ispettivo: a seguito di un controllo (magari durante l’evento o ex post incrociando dati SIAE, denunce, social media degli artisti), gli ispettori redigono un verbale contestando la mancata agibilità e il mancato versamento di contributi per uno o più lavoratori. Da tale verbale può scaturire un avviso di addebito INPS che intima il pagamento di contributi evasi + sanzioni e interessi. – Notifica di richiesta contributiva: l’INPS può inviare direttamente un avviso di addebito immediatamente esecutivo (titolo per cartella esattoriale) per contributi non pagati, soprattutto se risultano da dichiarazioni omesse o da rettifiche a UniEMens/DM10. – Decreto ingiuntivo su contributi ENPALS: in passato l’ENPALS ricorreva al decreto ingiuntivo per riscuotere; oggi l’avviso di addebito ha sostituito questo strumento, ma il risultato è simile – il debitore ha 40 giorni per opporsi in Tribunale (sezione lavoro).
Chi sono i debitori in queste contestazioni? Normalmente l’organizzatore dello spettacolo è ritenuto obbligato in solido al pagamento dei contributi dovuti per gli artisti scritturati. Può essere un’azienda (es. un locale notturno, un ente concertistico, un’agenzia eventi) o un privato che ha organizzato un evento rilevante. Anche il gestore del luogo dove si è tenuto l’evento può essere chiamato in causa se non ha verificato l’agibilità . In alcuni casi l’INPS ha cercato di coinvolgere agenzie intermediarie o cooperative di comodo: ad esempio, se un’organizzatore ha usato una cooperativa per ingaggiare i musicisti ma la coop era fittizia e non ha versato i contributi, l’INPS potrebbe contestare all’organizzatore di essere il datore di lavoro effettivo. Quindi, l’ambito soggettivo può allargarsi. Dal lato opposto, i creditori sono l’INPS stesso e, indirettamente, i lavoratori (per i quali l’ente agisce a tutela della contribuzione ai fini pensionistici).
Le contestazioni previdenziali tipiche includono: – Omessa richiesta di agibilità: sanzione amministrativa (oggi €129/giorno per lavoratore autonomo) e presunzione di evasione contributiva. L’INPS in genere, oltre a sanzionare, esige i contributi non versati riferiti all’evento, calcolati sul compenso erogato (o sul minimale se nessun compenso dichiarato) . – Differenze contributive: se l’INPS rileva che avete dichiarato un compenso inferiore al reale o che non avete dichiarato affatto alcune prestazioni, vi addebiterà i contributi dovuti su tali somme. Esempio: organizzate un concerto e pagate €1.000 al cantante ma dichiarate solo €500, l’INPS potrà chiedere i contributi anche sui restanti €500 (oltre sanzioni). – Errato inquadramento lavorativo: se avete trattato un artista come autonomo ma secondo l’INPS era di fatto un dipendente, vi potrà chiedere contributi come lavoro subordinato (che hanno aliquota maggiore) e sanzioni per mancata assunzione. Questo scenario, oltre ai contributi, apre a possibili vertenze di lavoro (vedi contestazioni da artisti). – Inadempienze di un intermediario: se un’agenzia o società interposta avrebbe dovuto occuparsi dei contributi ma non l’ha fatto, l’INPS può perseguire voi come committente solidale (specie dopo aver infruttuosamente escusso l’intermediario).
2. Contestazioni fiscali (Agenzia delle Entrate): riguardano imposte non versate o violazioni tributarie inerenti ai compensi di spettacoli. Possono colpire: – Gli artisti o professionisti dello spettacolo direttamente, ad esempio in esito a un’indagine sul tenore di vita confrontato coi redditi dichiarati. Cantanti, attori, DJ sono spesso oggetto di verifiche fiscali mirate . Le contestazioni tipiche: compensi per concerti o serate non dichiarati (sommersi), compensi incassati tramite società di comodo all’estero per eludere il fisco , indebite deduzioni di costi personali come spese professionali , ecc. In questi casi il soggetto passivo è l’artista come contribuente IRPEF/IVA. Verrà emesso un avviso di accertamento per maggiori imposte (IRPEF, IVA, addizionali) più sanzioni (generalmente il 90% del maggiore tributo per infedele dichiarazione) e interessi. – I committenti/società organizzatrici, in qualità di sostituti d’imposta o per violazioni sull’IVA. Esempio: un’azienda che organizza un evento e paga un artista senza applicare la dovuta ritenuta d’acconto del 20% si espone a un accertamento per omessa applicazione e versamento di ritenute. L’Agenzia Entrate può chiedere al sostituto d’imposta il versamento delle ritenute non operate + sanzione del 20% su esse (riducibile se si regolarizza spontaneamente) e interessi. Un altro esempio: una società che contabilizza somme pagate “in nero” a musicisti come fittizie spese generali potrebbe subire un recupero a tassazione di quei costi indeducibili e una segnalazione per irregolarità contabili. – IVA e spettacoli: gli eventi con vendita di biglietti scontano IVA (spettacoli teatrali e concerti solitamente 10%). Se un’organizzazione non ha applicato l’IVA sui ricavi di un evento commerciale, l’Agenzia può accertare l’imposta evasa. D’altra parte, se un artista straniero si esibisce in Italia, il suo compenso dovrebbe essere assoggettato a una ritenuta alla fonte del 30% a titolo d’imposta (salvo convenzioni internazionali) – il committente italiano è responsabile di operarla. La mancata applicazione di questa ritenuta a non residenti comporta un accertamento a carico del committente con recupero dell’imposta non trattenuta (oltre sanzione 30%).
In ambito tributario i soggetti interessati sono principalmente l’Agenzia delle Entrate (anche attraverso Guardia di Finanza per controlli) da un lato, e dall’altro: – Artisti/professionisti (debitori d’imposta principali). – Sostituti d’imposta (organizzatori, enti, società che pagano i compensi e dovevano operare ritenute). – Eventuali coobbligati: es. amministratori di associazioni culturali usate per far transitare compensi ai fini evasivi – potrebbero rispondere di sanzioni in solido.
Le contestazioni fiscali frequenti includono: – Cachet “in nero” non dichiarati: il Fisco incrocia dati (SIAE, social network, contabilità dei locali) e scopre che un artista ha tenuto 50 serate ricevendo pagamenti fuori busta. Emette avviso per redditi non dichiarati (più IVA se applicabile). Difesa tipica: dimostrare che alcuni di quei pagamenti erano già tassati (es. tramite società) o che l’artista in realtà era all’estero (residenza fiscale estera) . – Ritenute non versate dal committente: l’Agenzia può notificare un atto di contestazione al committente per ritenute non operate o non versate (ad es. su prestazioni occasionali). Difesa tipica: se il percettore (artista) ha comunque dichiarato quei redditi e pagato l’imposta, il sostituto può far valere che non c’è danno erariale – spesso però ciò incide solo sulla sanzione (la Cassazione esclude la solidarietà del percettore per imposta e interessi se il sostituto omette il versamento, rendendo quest’ultimo unico responsabile ). Un argomento difensivo è citare l’art. 14 D.Lgs. 471/1997, che prevede sanzione del 20% per omessa ritenuta, ma se l’imposta è stata assolta dal percipiente, talora l’Ufficio può ridurre la pretesa all’irrogazione della sola sanzione amministrativa, evitando la doppia imposizione. In ogni caso, il committente può regolarizzare spontaneamente con ravvedimento operoso se si accorge in tempo della mancanza, riducendo molto le sanzioni . – IVA indebita o evasa: se un ente non profit organizza concerti commerciali dichiarando proventi come esenti, oppure se un agente fattura provvigioni in regime IVA errato, l’Agenzia può contestare l’IVA dovuta. Difese: in ambito IVA spesso ci si focalizza su vizi procedurali degli avvisi o si tenta la definizione agevolata (accertamento con adesione, ecc. per ridurre sanzioni) . – Utilizzo di schermi societari: caso frequente nel mondo dello spettacolo è l’uso di società estere o figure giuridiche per incassare compensi e abbattere il carico fiscale. L’Agenzia può contestare una interposizione fittizia: ad es. il cantante fa fatturare i concerti alla società estera X per pagare meno tasse, ma l’Agenzia dimostra che la società è di mero comodo e attribuisce i redditi al cantante personalmente. Difesa: provare la reale sostanza economica della società (che ha struttura, rischio d’impresa, più clienti, etc.) , oppure invocare norme convenzionali se la società è in paese con trattato.
3. Contestazioni contrattuali da parte di artisti o altri prestatori: in questo scenario il creditore che reclama un compenso è l’artista, il tecnico, la band, il presentatore – ovvero chi ha effettuato la prestazione artistica – oppure la sua agenzia di management/booking (vedremo poi il caso specifico delle agenzie). Le forme più comuni: – Richiesta di pagamento di cachet non corrisposti: può avvenire informalmente (diffida di un avvocato) o formalmente con un decreto ingiuntivo se l’artista ha prova scritta dell’accordo (un contratto firmato o anche email/messaggi che provino l’ingaggio e l’importo). Esempio: un cantante ha eseguito uno spettacolo privato ma il committente non lo ha pagato; l’artista ottiene un decreto ingiuntivo allegando la scrittura privata d’ingaggio. Il debitore qui è il committente (privato o azienda) che aveva concordato il compenso. – Richiesta di integrazione del compenso: l’artista potrebbe sostenere di aver diritto a somme ulteriori, ad esempio perché l’evento si è protratto oltre l’orario previsto (chiedendo straordinari) o perché erano promessi rimborsi spese mai corrisposti, o ancora rivendicando un compenso maggiore pattuito verbalmente. In assenza di accordi scritti chiari, queste sono controversie di interpretazione contrattuale. – Azione legale per riqualificazione del rapporto di lavoro: caso più complesso ma non raro: un lavoratore dello spettacolo ingaggiato ripetutamente come “finto autonomo” fa causa al committente sostenendo di essere in realtà un dipendente (subordinato) e chiede differenze retributive, TFR, contributi, ecc. Ad esempio, un tecnico luci che ha lavorato 200 serate l’anno per un service con compensi a chiamata può rivolgersi al Tribunale del Lavoro rivendicando l’instaurazione di un rapporto subordinato continuativo. In tal caso il datore contestato (committente) si trova ad affrontare sia rivendicazioni economiche del lavoratore sia, in parallelo, possibili pretese contributive dell’INPS (che magari interviene in causa o viene informato). – Controversie sulle condizioni dell’esibizione: ad esempio un artista si ritira dallo show per motivi tecnici (impianto inadeguato) e rifiuta di esibirsi, ma pretende comunque parte del compenso per il tempo impegnato; il committente invece ritiene di non dover pagare nulla perché la performance non c’è stata. Oppure, al contrario, l’organizzatore annulla l’evento all’ultimo e l’artista chiede una penale per cancellazione tardiva. Queste contestazioni riguardano clausole contrattuali come la clausola di “no show” (spettacolo annullato) o condizioni di forza maggiore.
Qui i soggetti sono quindi: da un lato il/i lavoratore/i dello spettacolo (artista, musicista, tecnico, regista, ecc.) – o il loro eventuale agente con potere di rappresentanza – e dall’altro il committente/organizzatore (che può essere un privato, un’azienda, un ente pubblico, ecc.). Se c’è un contratto scritto, di solito esso disciplinerà foro competente e legge applicabile (spesso italiana per eventi in Italia), e si seguiranno i canali del contenzioso civile o del lavoro a seconda della natura del rapporto.
4. Contestazioni da parte di agenzie e intermediari: infine, un ruolo da non trascurare lo hanno le agenzie di spettacolo, manager e intermediari. Possono insorgere controversie quali: – Mancato pagamento della commissione all’agenzia: ad es. un artista e un’organizzatore vengono messi in contatto da un’agenzia che negozia l’ingaggio (contratto di scrittura artistica). Se poi il cliente paga direttamente l’artista bypassando l’agenzia, quest’ultima potrebbe pretendere comunque la propria provvigione (di solito 10-20% del compenso) . Può agire legalmente contro l’organizzatore o l’artista (a seconda di chi aveva l’obbligo di pagarla secondo gli accordi). Il debitore può quindi essere chiamato a saldare l’intermediario, se il contratto lo prevedeva. – Penale per recesso/annullamento: molte agenzie inseriscono clausole per cui, se l’evento viene cancellato dal committente dopo una certa data, una percentuale del compenso va comunque pagata (a titolo di penale o indennizzo). Se il cliente annulla lo show, l’agenzia (in nome proprio o per conto dell’artista) potrebbe richiedere quella penale. Ad esempio “se l’evento viene annullato a meno di 7 giorni, l’80% del cachet è comunque dovuto”. Tali clausole sono valide in linea di massima, salvo eccessi; il cliente inadempiente (debitore) potrebbe però contestare la penale se risulta sproporzionata o se l’annullamento è dovuto a causa di forza maggiore (es. calamità, pandemia) che renderebbe nulla la penale per impossibilità sopravvenuta della prestazione. – Controversie sul mandato dell’agente: qualora un artista abbia un contratto di esclusiva con un manager/agent e un committente stipuli direttamente con l’artista, l’agente potrebbe rivalersi chiedendo i compensi di sua spettanza. Potrebbe addirittura sostenere che il contratto concluso senza il suo tramite è nullo per violazione dell’esclusiva, anche se questa posizione è debole verso terzi estranei. Più frequente invece che l’agente, scavalcato, chieda all’artista il risarcimento per violazione del contratto di agenzia. Ciò comunque può indirettamente toccare l’organizzatore se, ad esempio, questi subisce l’annullamento da parte di un artista su pressione del manager, ecc. – Inadempienze dell’agente verso l’artista o viceversa: rientra meno nelle “richieste di compensi” oggetto di questa guida (qui si parla di controversie interne tra artista e agente), ma per completezza citiamo: se l’agenzia incassa dall’organizzatore l’intero cachet ma non gira all’artista la sua quota, l’artista potrebbe citare sia l’agenzia (per inadempimento del mandato) sia eventualmente l’organizzatore, sostenendo – in alcuni casi – che il pagamento all’agente non lo libera dall’obbligo verso l’artista perché l’agente non aveva poteri di incasso. Quest’ultimo punto è delicato: in generale, pagare alla persona sbagliata non libera il debitore, a meno che l’agente fosse munito di chiara procura all’incasso. Quindi un organizzatore può trovarsi a dover pagare due volte (all’agente e all’artista) se l’agente era privo di potere di riscossione e ha trattenuto indebitamente i soldi. Capire se l’agente aveva tale potere dipende dal contratto: molte agenzie inseriscono clausole “l’agente ha facoltà di incassare i compensi per conto dell’artista”. In assenza, meglio pagare separatamente ciascuno la sua quota (fee artista al cantante, fee agenzia all’agente). Comunque in tal genere di contenzioso, l’artista è il creditore e l’organizzatore di nuovo il potenziale debitore in solido insieme all’agente.
Come si vede, lo scenario dei possibili contenziosi è ampio. Prima di passare alle strategie difensive, riassumiamo in tabella le principali contestazioni e chi colpiscono:
<table> <tr><th>Tipo di contestazione</th> <th>Chi reclama il pagamento</th> <th>Chi è il debitore richiesto</th> <th>Oggetto della pretesa</th></tr> <tr><td>Contributi INPS non versati (mancata agibilità, evasione ENPALS)</td> <td>INPS (Fondo Spettacolo)</td> <td>Organizzatore evento (datore di lavoro committente); eventuale coobbligato (gestore locale; interposta persona)</td> <td>Contributi previdenziali + sanzioni civili (30% annuo ridotto se pagamento tardivo) ; sanzione fissa agibilità (€129/giorno/lavoratore)</td></tr> <tr><td>Accertamento fiscale su compensi (imposte evase)</td> <td>Agenzia delle Entrate</td> <td>Artista/professionista (per IRPEF, IVA);<br> Committente/sostituto (per ritenute, IVA non applicata)</td> <td>Imposte (IRPEF, IVA) evase o non dichiarate + interessi; sanzioni tributarie (in genere 90% imposta evasa rid.1/3 in adesione; 20% ritenute non operate) </td></tr> <tr><td>Cachet non pagato all’artista (azione contrattuale)</td> <td>Artista, tecnico o loro procuratore</td> <td>Committente (privato o azienda che ha ingaggiato)</td> <td>Pagamento del compenso pattuito (caparra, saldo); interessi moratori e spese legali in caso di ingiunzione</td></tr> <tr><td>Differenze retributive / rapporto di lavoro (riqualificazione)</td> <td>Lavoratore (artista/tecnico) con ricorso in Tribunale</td> <td>Committente – datore di lavoro di fatto</td> <td>Qualifica come dipendente; differenze paga (ferie, straordinari, contributi previdenziali da versare) retroattive; indennità di fine rapporto</td></tr> <tr><td>Provvigione agenzia non pagata</td> <td>Agenzia di spettacolo / manager</td> <td>Dipende dagli accordi: spesso l’artista deve pagare l’agente con parte del suo compenso; altre volte il committente versa una fee extra all’agenzia.</td> <td>Percentuale (10-20%) del cachet o importo fisso previsto nel contratto di agenzia/ingaggio</td></tr> <tr><td>Penale annullamento evento</td> <td>Agenzia o Artista (tramite agente)</td> <td>Committente che annulla lo show</td> <td>Importo forfettario o percentuale del compenso (es. perdita caparra, penale contrattuale stabilita)</td></tr> <tr><td>Doppio pagamento (agente vs artista)</td> <td>Artista sostiene di non aver ricevuto il dovuto</td> <td>Committente, se ha pagato un agente non autorizzato a incassare</td> <td>Cachet già pagato all’agente, richiesto nuovamente dall’artista; eventualmente l’artista cita anche l’agente per danni</td></tr> </table>
Naturalmente ogni caso può presentare sfumature particolari (es. un insieme di contestazioni simultanee: un artista non pagato che si rivolge anche all’INPS segnalando l’evento irregolare, innescando sia la sua causa civile sia un accertamento contributivo). Nei capitoli seguenti affronteremo come difendersi in ciascuna macro-tipologia, dal punto di vista di chi subisce la richiesta di pagamento. L’approccio sarà: identificare le possibili eccezioni e argomenti legali per ridurre o annullare la pretesa, indicare le procedure da seguire (es. ricorsi, opposizioni) e citare casi giurisprudenziali che offrano precedenti favorevoli.
Come difendersi dalle richieste dell’INPS (contributi e sanzioni)
Le richieste contributive dell’INPS (gestione ex ENPALS) possono mettere in difficoltà aziende e privati, poiché gli importi – comprensivi di sanzioni civili – risultano spesso elevati e le regole appaiono complesse. Dal punto di vista del debitore, esistono tuttavia varie strategie difensive. Si possono distinguere le difese sostanziali (contestare il merito dell’obbligo contributivo o ridurne l’entità) e le difese procedurali (eccepire vizi formali, prescrizione, errori dell’ente). Analizziamo i principali filoni di difesa contro le contestazioni INPS in ambito spettacolo.
● Verificare la regolarità formale dell’atto: il primo passo è esaminare che tipo di atto si è ricevuto e se è stato emesso correttamente. Oggi l’INPS notifica spesso un Avviso di Addebito (Ada) con valore di titolo esecutivo. È essenziale controllare: l’indicazione del periodo e della natura dei contributi richiesti, la motivazione (collegamento a un verbale ispettivo o a quale norma violata), la data di notifica. Ad esempio, se l’atto cita un verbale ispettivo, assicurarsi di averne copia. Errori grossolani (doppia imposizione per stesso periodo, soggetto errato, mancanza di motivazione sufficiente) possono rendere l’atto annullabile. Si tratta di eccezioni da sollevare subito nell’opposizione in tribunale. Inoltre, dall’emissione di un verbale ispettivo al ruolo esecutivo non devono trascorrere più di 90 giorni se la pretesa supera €1.000 (art.25 D.P.R. 602/73); in passato vi era dibattito sull’applicabilità di termini decadenziali, ma conviene verificare con attenzione le date.
● Eccepire la prescrizione dei contributi: i crediti contributivi previdenziali si prescrivono in 5 anni (L.335/1995, art.3 co.9). Ciò significa che l’INPS non può richiedere contributi dovuti per prestazioni avvenute oltre 5 anni prima, salvo che nel frattempo abbia atti interruttivi validi. Ad esempio, se un concerto si è tenuto a gennaio 2018 e l’INPS emette il primo atto di accertamento solo nel 2024, quei contributi potrebbero essere prescritti. Bisogna controllare la decorrenza: la prescrizione inizia dal giorno in cui il contributo doveva essere versato (generalmente il 16 del mese successivo alla prestazione, nel caso ENPALS). Attenzione: la notifica di un verbale ispettivo può costituire atto interruttivo; analogamente, la richiesta di agibilità fatta dopo la prestazione potrebbe valere come riconoscimento del debito. Tuttavia, se nessun atto è intervenuto entro 5 anni, la prescrizione è un’eccezione potente. Ad esempio, in una causa decisa nel 2025 la Cassazione ha cassato una sentenza che non aveva riconosciuto prescritti contributi antecedenti di oltre 5 anni e non impugnati dall’INPS nei termini . Nell’opporsi all’avviso di addebito, quindi, inserite sempre un motivo basato su prescrizione per i periodi remoti: il giudice potrebbe accogliere almeno parzialmente, sgravando gli anni più vecchi.
● Dimostrare che l’evento rientrava in un caso di esenzione: come visto nella parte normativa, se l’organizzatore riesce a provare che ricorrevano le condizioni per un’esenzione contributiva, può evitare il pagamento. Ad esempio, supponiamo che l’INPS chieda contributi per uno spettacolo di beneficenza del 2022, in cui ufficialmente nessuno era pagato. Se l’organizzatore aveva fatto autocertificazione di evento benefico e ottenuto agibilità gratuita, basterà esibire quel certificato: l’INPS non può pretendere contributi perché la stessa normativa li esclude . Se invece l’organizzatore non aveva richiesto nulla, sarà più difficile: in teoria l’esenzione benefica va certificata prima. Tuttavia, in sede giudiziale, si può provare a posteriori la sussistenza dei requisiti benefici (es. documentare che i proventi furono donati e che gli artisti non furono pagati se non rimborsi spese). Ci sono stati casi di giudici che hanno accolto l’assenza di obbligo contributivo quando era chiaro che l’evento era totalmente volontario e senza fini di lucro. Analogamente, per le formazioni dilettantistiche: se l’INPS sanziona un comune per un concerto della banda cittadina, il comune in giudizio potrà esibire l’autocertificazione ai sensi della circolare 2005 (manifestazione di tradizioni popolari, dilettanti non pagati). Anche se fatta in ritardo, può indurre il giudice a riconoscere l’esenzione. In sintesi: raccogliete prove che l’evento rientrava in uno scenario normativo di esclusione (beneficenza, dilettanti, evento privato di puro divertimento senza compensi). Questa è una difesa nel merito: se accolta, abbatte il debito contributivo.
● Contestare la qualifica di “lavoratore dello spettacolo”: l’INPS talvolta estende la contribuzione a figure borderline. Verificate se le persone per cui vi chiedono contributi rientrano effettivamente nelle categorie obbligate. La legge elenca categorie precise (nn.1–14 art.3 708/47 e successive): ad es. un “presentatore di eventi” è incluso, un “fotografo” che ha fatto servizi all’evento no (non è spettacolo). In un caso, si è discusso se un commentatore sportivo rientrasse o meno come lavoratore dello spettacolo: la Cassazione ha chiarito di sì, equiparandolo ai telecronisti (categ.14) . Ma potrebbero esservi figure controverse: es. uno youtuber ospite di una fiera è un artista? (oggi forse sì, se fa show dal vivo). Se individuate che un soggetto sanzionato non doveva essere iscritto ENPALS, potete eccepire l’insussistenza dell’obbligo. È una difesa difficile, perché l’art.3 è ampio, però vale la pena se si tratta di attività palesemente estranee (es: hostess dell’evento confusa per “figurante di spettacolo” quando invece svolgeva solo accoglienza – si può argomentare che non era una prestazione artistica).
● Buona fede e pagamento a ente previdenziale diverso: un caso particolare di difesa è previsto dall’art.116, co.20, L.388/2000: se i contributi sono stati versati per errore ad un ente previdenziale diverso da quello dovuto, il pagamento ha effetto liberatorio verso il debitore . Ad esempio, se per ignoranza avete versato i contributi di un musicista alla gestione INPS commercianti invece che al Fondo Spettacolo, potreste invocare questa norma: in buona fede avete pagato all’INPS (anche se gestione sbagliata), quindi non dovete pagare di nuovo – semmai l’INPS deve spostare le somme alla gestione corretta . La Cassazione nel 2022 ha applicato questo principio in un caso di contributi pagati all’INPS anziché alla cassa giornalisti . È una situazione di nicchia, ma da valutare: spesso però chi organizza eventi senza agibilità non ha versato nulla affatto, quindi non può avvalersene.
● Far valere la non sanzionabilità sopravvenuta (lex mitior): collegato al punto delle modifiche legislative: come visto, dal 2018 i lavoratori subordinati impiegati nei locali del datore non richiedono più agibilità. La Cassazione (ord.9396/2024) ha osservato che, alla luce di questa norma, certe condotte prima sanzionabili oggi non lo sarebbero . Nel caso specifico una radio era stata multata per mancanza di agibilità per alcuni tecnici dipendenti: la Corte ha rilevato che con la legge nuova quella situazione sarebbe esente da sanzione, e ha rimesso la questione alle Sezioni Unite sulla possibile applicazione retroattiva della norma più favorevole . In attesa della decisione definitiva, come difesa potenziale, se vi contestano una mancanza di agibilità in epoca pre-2018 riferita a lavoratori subordinati, potete eccepire che oggi quella condotta non è più illecita e chiedere al giudice di applicare in via analogica il favor rei (principio di diritto sanzionatorio per cui la norma più mite può retroagire). Non è garantito venga accolto, ma è un argomento che ha guadagnato dignità stante il rinvio alle SU. Anche in ambito amministrativo, talvolta si applica analogicamente l’art.3 D.Lgs.472/97 (sanzioni tributarie) sul favor rei.
● Strumenti deflattivi e dilazioni: sul piano pratico, se il debito contributivo appare fondato e difficilmente eliminabile, valutate le opzioni di definizione agevolata o pagamento rateale. Periodicamente vi sono rottamazioni/condoni contributivi; ad esempio, nel 2023 è stata prevista la Definizione agevolata dei debiti INPS affidati all’agente della riscossione, con stralcio delle sanzioni civili. Verificate se il vostro debito rientra in qualche agevolazione vigente. In mancanza, ricordate che potete chiedere all’INPS la rateazione del dovuto (fino a 24 rate mensili normalmente, estensibili in casi gravi). Chiedere la rateazione non implica ammettere definitivamente il debito – spesso si può fare “salvo esito del giudizio” – ma attenzione che a volte la rateazione può comportare rinuncia implicita a eventuali ricorsi. Va valutato con il legale: a volte è meglio accordarsi per pagare a rate invece di rischiare una causa persa. La rateazione interrompe le azioni esecutive (fermo restando che se non pagate due rate decadrà).
Procedura di opposizione: se decidete di contestare formalmente l’avviso di addebito, dovete agire entro 40 giorni dalla notifica (art.24 D.Lgs. 46/1999) con ricorso al Tribunale in funzione di giudice del lavoro. L’atto introduttivo è un ricorso in opposizione a cartella/avviso, che può contenere sia motivi “da decreto ingiuntivo” (opposizione a esecuzione e agli atti esecutivi) sia motivi di merito (contestazione del credito contributivo). Il Tribunale esaminerà il caso; è consigliabile chiedere subito la sospensione dell’esecuzione se ci sono rischi di pignoramenti nel frattempo. Se avevate già un verbale e l’avete lasciato passare senza ricorso amministrativo, potete ancora far valere motivi di merito in questa sede (la giurisprudenza considera che l’opposizione all’avviso recupera anche le doglianze contro il verbale, se non altrimenti definite).
Ricapitolando difese chiave contro l’INPS: – Prescrizione quinquennale per periodi remoti (facile da verificare, spesso vincente). – Esenzioni (beneficenza, dilettanti) o comunque assenza di compensi: provare che non c’era base imponibile valida. – Vizi formali dell’accertamento (motivazione, errata indicazione soggetto, ecc.). – Insussistenza rapporto di lavoro di spettacolo (se il soggetto non rientra nelle categorie tassative). – Documentare contributi già versati altrove o in misura corretta (evitando duplicazioni). – Riduzione sanzioni: se non si può annullare tutto il contributo, almeno ottenere la riduzione delle sanzioni civili. Ad esempio, l’art.116 co.15 L.388/2000 consente riduzione al tasso legale degli interessi se il contribuente paga spontaneamente entro 12 mesi dall’accertamento. Oppure invocare la non punibilità per errori scusabili (ma in previdenza è raro).
Passiamo ora alle contestazioni di natura fiscale, che richiedono un diverso iter (commissione tributaria) e differenti argomentazioni.
Come difendersi da contestazioni fiscali sui compensi (accertamenti e cartelle)
Le contestazioni dell’Agenzia delle Entrate relative ai compensi da spettacolo richiedono strategie difensive centrate sul diritto tributario. Affrontare un avviso di accertamento fiscale o una cartella per tributi richiede di padroneggiare i termini e le procedure delle Commissioni Tributarie (ora nominate “Corti di Giustizia Tributaria” dal 2023). Analizziamo le principali situazioni – accertamenti a carico di artisti e contestazioni a carico di organizzatori/sostituti – e le possibili difese.
Caso A: Accertamento fiscale al lavoratore dello spettacolo (artista, musicista, ecc.)
Un artista potrebbe ricevere un avviso per redditi non dichiarati o costi indebiti. Esempio tipico: il Fisco contesta al DJ X di aver percepito €50.000 in serate risultanti da pubblicità/eventi noti, a fronte di soli €20.000 dichiarati. Come difendersi?
– Documentazione contrattuale e bancaria: occorre dimostrare la propria versione dei fatti con elementi concreti. Se il Fisco basa l’accertamento su presunzioni (ad es. “hai fatto 10 serate in discoteca, presumiamo cachet €5k ognuna”), l’artista deve opporre contratti e ricevute di quanto effettivamente incassato . Fornite copie di scritture private, fatture emesse, bonifici ricevuti, per contestare le cifre ipotizzate. Se alcune serate erano a titolo gratuito (promo), procuratevi dichiarazioni dai locali che confermino che non vi hanno pagato cachet. L’onere della prova in parte ricade sul contribuente in caso di presunzioni qualificate dell’ufficio, ma portando evidenze si può ridurre l’addebito. – Coerenza tra entrate e tenore di vita: spesso l’accertamento nasce da uno scostamento tra redditi dichiarati e spese/beni posseduti (auto di lusso, case, ecc.) . Bisogna giustificare quello scostamento: ad esempio, l’auto di lusso è in leasing pagato da uno sponsor (quindi non riflette reddito personale), la villa appartiene al coniuge o è eredità familiare. Se si riesce a spiegare che il tenore di vita non deriva da redditi non dichiarati ma da altre circostanze lecite, l’impalcatura dell’ufficio crolla. – Residenza fiscale estera: molti artisti internazionali o anche italiani che lavorano molto all’estero rivendicano di non essere residenti fiscali in Italia (criterio dei 183 giorni, centro degli interessi). Se contestano a un DJ di avere redditi esteri non dichiarati in Italia, si può opporre che egli era residente a Londra per quell’anno – presentando iscrizione AIRE, bollette estere, contratto di affitto estero, per provare il trasferimento reale . Attenzione: la residenza estera va consolidata e non fittizia, altrimenti il Fisco la disconosce facilmente (specie se la famiglia è rimasta in Italia, se continuava a vivere qui per lo più). – Utilizzo di società e interposizione: se l’artista ha incassato tramite una società di capitali (es. la propria SRL o una società estera), il Fisco potrebbe sostenere che è solo un schermo per pagare meno tasse. La difesa consisterà nel provare la reale sostanza economica della società: ad es. che la società ha ufficio, dipendenti, altri clienti, svolge attività di produzione o management al di là della persona dell’artista . Più la società appare indipendente, più è difendibile che parte dei compensi restino a livello societario. In alcuni casi si può transigere ammettendo una parziale attribuzione di utili all’artista personalmente e lasciando altra parte come utili societari, riducendo sanzioni con l’adesione. – Deduzioni di costi: il Fisco può contestare spese dedotte dall’artista ritenendole personali (es. abbigliamento di lusso dedotto come costume di scena, vacanze spacciate per tournée, cene non inerenti). Qui la difesa consiste nel giustificare l’inerenza di ogni costo: per gli abiti, dimostrare che erano usati sul palco; per i viaggi, mostrare che c’era un evento o networking di lavoro; per le cene, fornire l’elenco dei partecipanti e la ragione (es. incontro con produttore musicale). Se qualcosa è oggettivamente personale, meglio rinunciare a difenderlo per non perdere credibilità su tutto: eventualmente si opta per l’accertamento con adesione ammettendo quella parte e concentrandosi sul resto. – Strumenti definitori: considerare l’opportunità di un accertamento con adesione (se le prove documentali non bastano a annullare tutto). Con l’adesione si discute con l’ufficio prima che l’avviso diventi definitivo, ottenendo spesso un abbattimento delle sanzioni a 1/3 e a volte una riduzione della base imponibile contestata. Ad esempio, se contestano €30k evasi, si potrebbe chiudere ammettendone €15k con sanzione ridotta. Questo però va ponderato caso per caso e comporta rinuncia al contenzioso.
Proceduralmente, l’artista destinatario di avviso ha 60 giorni per impugnare davanti alla Commissione Tributaria. Si può chiedere in giudizio la sospensione dell’atto se il pagamento immediato (di 1/3 delle imposte, che scadrebbe dopo 60gg) gli crea grave danno. Va presentata istanza motivata (es. allegare che quell’importo porterebbe a fallimento o indigenza).
Caso B: Contestazione al committente (sostituto d’imposta)
Qui il profilo è differente: l’organizzatore di eventi è accusato di non aver applicato ritenute o di aver fatto pagamenti irregolari. Esempi e difese: – Omessa ritenuta su pagamento a artista autonomo o occasionale: l’ufficio pretende il 20% non trattenuto. Difesa: come accennato, se il percettore ha dichiarato e pagato le imposte su quel compenso, si può far valere che l’imposta è stata assolta. La giurisprudenza (ad es. CTP e CTR in diverse regioni) ha talora annullato il recupero dell’imposta in capo al sostituto quando il sostituito l’aveva già versata, mantenendo solo la sanzione (20% ridotta) per la violazione formale . Quindi raccogliete dal vostro artista una dichiarazione o prova che quel reddito è stato incluso nella sua dichiarazione dei redditi e che ha versato le relative imposte. Presentatela in sede di ricorso: potreste ottenere lo sgravio dell’imposta (evitando così doppia imposizione) e restare con la sola sanzione amministrativa. Inoltre valutate se l’ufficio ha applicato correttamente la norma: l’art.14 D.Lgs.471/97 distingue tra omessa effettuazione e omesso versamento di ritenuta, ma se voi non avete proprio operato la ritenuta, non si cumula la sanzione del 30% (prevista per omesso versamento) con quella del 20%; è solo quest’ultima applicabile . Ci sono stati casi in cui l’Agenzia calcolava erroneamente sanzioni maggiorate: contestatelo se avvenuto. – Compensi in nero dedotti come costi: se un’azienda ha fatto risultare spese che in realtà erano compensi occulti a musicisti, l’Agenzia recupererà a tassazione quei costi (IRPEF/IRES) e applicherà sanzioni per dichiarazione infedele. Difesa: non facile, perché se non avete pezze giustificative, è difficile sostenere la legittimità del costo. Una via è cercare di transare (adesione) riducendo la sanzione. In parallelo potreste rivelare quei compensi agli artisti e spingerli a dichiararli ora (con ravvedimento), in cambio di un accordo: a volte mostrando che il “nero” è poi stato dichiarato dal percettore, l’ufficio è più disposto a chiudere con sanzioni minori al sostituto. Ma attenzione a non autodenunciarvi in modo avventato: serve strategia coordinata col consulente fiscale. – IVA su spettacoli: se contestano IVA non applicata (ad es. vendite di biglietti in esenzione indebita perché l’evento non aveva diritto a esenzione), si può verificare se l’attività poteva rientrare in qualche agevolazione IVA (certi spettacoli di rilevante interesse culturale hanno esenzione o aliquote ridotte). In mancanza, qui spesso l’ente ha ragione. Però si può controllare eventuali errori di calcolo: magari hanno ricostruito ricavi presunti troppo alti – fornire i dati reali di incasso può abbassare la base IVA. Anche in questi casi, l’adesione o la conciliazione giudiziale può ridurre le sanzioni al 1/3 (sanzione IVA è 90% dell’imposta, quindi ridotta al 30% se si concilia). – Solidarietà nel versamento IVA su artisti esteri: quando un committente italiano paga un artista straniero non identificato in Italia, la norma (art.25 DPR 600/73 e art. 3 comma 4-ter DL 66/1989) impone ritenuta del 30%. Se non l’ha fatta, l’Agenzia pretende quell’imposta. In difesa, si può controllare se esiste Convenzione contro le doppie imposizioni con il paese di residenza dell’artista che esenta quel compenso da tassazione in Italia (molte convenzioni esentano i redditi di artisti se la permanenza è breve o se pagati da entità pubbliche straniere). Se sì, l’obbligo di ritenuta non sussisteva: presentate la norma convenzionale e chiedete l’annullamento dell’atto. Altra difesa: se l’artista estero ha una stabile organizzazione in Italia o era scritturato da un ente italiano che ha pagato le tasse, il committente locale non doveva trattenere. Insomma, cercare eccezioni specifiche.
Procedura tributaria: per le contestazioni fiscali l’iter è: ricorso entro 60 giorni alla Commissione Tributaria Provinciale (di solito quella del domicilio fiscale del contribuente), eventualmente preceduto da istanza di accertamento con adesione entro 60gg che sospende i termini per 90gg. Nel ricorso, oltre ai motivi di merito, non dimenticate i motivi di rito: ad es. notifica invalida, difetto di firma dell’atto, mancato riscontro a memorie, decadenza termini (es. avviso notificato oltre termini di legge: generalmente 31 dicembre del quinto anno successivo per infedele dichiarazione). In materia di ritenute, se l’atto è una cartella per omesso versamento, bisogna aver attenzione: se non vi è un previo avviso di accertamento, la cartella stessa va impugnata immediatamente per contestarne il merito, altrimenti diventa definitiva.
Gestione penale: un breve cenno – anche se la difesa penale esula da questa sede – va fatto sui riflessi penali: l’omesso versamento di ritenute oltre €150.000 annui costituisce reato (art.10-bis D.Lgs.74/2000) . Quindi se siete sostituto e non avete versato ritenute certificate per importi elevati, oltre a difendervi sul piano amministrativo, dovrete considerare il rischio di un procedimento penale. La riforma del 2024 ha introdotto cause di non punibilità per crisi di liquidità documentata : se questo è il vostro caso (es. azienda in dissesto che non aveva materialmente fondi per pagare), raccogliete la documentazione ora perché potrà servirvi. In ogni caso, pagare il dovuto (anche tardivamente) estingue il reato se fatto prima della dichiarazione di apertura del dibattimento. Dunque una strategia difensiva in caso di somme ingenti può essere cercare un accordo con l’Erario e versare, così da chiudere anche la vicenda penale.
Riassumendo per la parte fiscale: conoscere bene i propri numeri (incassi, costi, ritenute fatte o non fatte) è fondamentale. La difesa efficace si basa su dati verificabili e su un uso accorto degli strumenti deflattivi (adesione, conciliazione) per ridurre sanzioni. Sempre valutare costi/benefici di fare causa: a volte un accordo con sanzioni ridotte è meglio di un lungo contenzioso incerto che, se perso, comporta sanzioni piene.
Come difendersi dalle richieste di artisti e lavoratori (compensi e lavoro)
Quando è un artista, un musicista, un tecnico a reclamare un compenso nei vostri confronti, la dinamica è quella di un contenzioso civile o del lavoro. Qui il focus è sul contratto o sul rapporto che avevate con quella persona. Dal punto di vista del presunto debitore (committente), ecco le strategie difensive principali per vari scenari.
Scenario 1: Artista che chiede il pagamento del cachet concordato
Se avete effettivamente pattuito un compenso per la prestazione svolta e non lo avete ancora corrisposto per intero, la posizione debitoria è di base fondata. Le difese consisteranno quindi più che altro nel guadagnare tempo o ridurre l’importo dovuto invocando eccezioni contrattuali: – Contestare la qualità o l’esecuzione della prestazione: il codice civile prevede che in un contratto di prestazione d’opera (art.2222 c.c. e segg.) il committente possa rifiutare il pagamento o chiedere una riduzione se la prestazione è stata difettosa o parziale. Ad esempio, se un cantante ha tenuto un concerto ma ha cantato la metà dei brani previsti a causa di sua indisposizione, potete sostenere l’inadempimento parziale e proporre una riduzione del cachet (o compensare con eventuali danni subiti, come rimborsi ai clienti). Questa difesa richiede di dimostrare il mancato rispetto delle condizioni pattuite: testimonianze del pubblico, registrazioni video, recensioni negative, ecc. Se convincente, un giudice potrebbe riconoscere un pagamento minore o annullare il compenso se la prestazione è stata del tutto inadeguata. – Clausole contrattuali non rispettate dall’artista: rivedete il contratto di ingaggio. Spesso vi sono obblighi per l’artista: es. durata minima show, divieto di eccessi (droghe/alcol), obbligo di non annullare salvo cause gravi, ecc. Se l’artista ha violato qualche clausola (es. si è presentato con 2 ore di ritardo, o non ha rispettato le specifiche tecniche causando problemi), potete invocare quella violazione per ridurre o azzerare il compenso dovuto. Esempio: “Nel rider tecnico era richiesto soundcheck alle 17:00, l’artista è arrivato alle 20:00 causando cancellazione delle band di apertura – ciò ha danneggiato l’evento, quindi si chiede l’esonero dal pagamento integrale.” Sono argomenti di equità contrattuale: la loro efficacia dipende dalle prove e da come il contratto li considerava. – Compensazione con anticipi già versati o altre somme dovute dall’artista: se avevate corrisposto una caparra o spese anticipate per conto dell’artista (es. hotel, voli), potete compensare tali importi col dovuto. Ad esempio, dovete ancora pagare €5.000 di cachet ma avevate pagato €2.000 di voli a suo nome: dichiarate la compensazione legale (art.1241 c.c.) per €2.000. In tribunale questo riduce senz’altro l’importo. Attenzione però: se l’artista era un lavoratore dipendente, la compensazione con crediti del datore è limitata dallo Statuto dei Lavoratori, ma di solito artisti ingaggiati singolarmente sono autonomi, quindi la compensazione è ammessa. – Eccepire nullità o invalidità del contratto: in casi estremi, si può tentare di sostenere che il contratto di ingaggio era nullo o annullabile, per evitare di pagare. Ad esempio, se era un contratto illecito (contrario a norme imperative) potrebbe essere nullo ex art.1418 c.c. Un caso citato in dottrina: un contratto con cui un artista dava mandato generale a un agente su ogni sua attività fu dichiarato nullo per “illegittima interposizione onerosa” . Nel vostro contesto, contratti nulli potrebbero essere: contratti conclusi con artisti minorenni senza le dovute autorizzazioni, contratti per eventi poi vietati dall’autorità (perché illegali), ecc. Se riuscite a far dichiarare nullo il contratto, l’artista potrebbe solo chiedere eventualmente un indebito arricchimento, ma sarebbe più complicato per lui. Questa è una difesa complessa e rara: usarla solo se c’è un serio appiglio. – Prescrizione del credito dell’artista: i crediti per prestazioni di lavoro autonomo o d’opera si prescrivono in 5 anni (art.2948 c.c. per prestazioni periodiche, ma per prestazione singola alcuni ritengono 5 anni ugualmente come da lavoro). Se l’artista ha aspettato troppo a farsi vivo, verificate se il diritto è prescritto. Ad esempio, concerto nel luglio 2018 e richiesta fatta nel 2024: potrebbero essere passati oltre 5 anni (attenzione a computare esattamente: la prescrizione decorre dalla scadenza pagamento, se questo era a 30 gg dall’evento, ecc.). Se sì, eccepite la prescrizione in giudizio: è un’eccezione che va sollevata dal debitore, il giudice non la applica d’ufficio. Se accolta, il credito è estinto e non dovete più pagare (anche se moralmente dovuto, giuridicamente non più esigibile). – Tentare una conciliazione: spesso, specie se il rapporto continua o per ragioni reputazionali, conviene trovare un accordo con l’artista. Offrite un importo a saldo e stralcio (magari inferiore al 100%) in cambio della rinuncia ad azioni. Formalizzate con scrittura (transazione). Questo evita cause costose. L’artista spesso accetta un 70-80% immediato piuttosto che rischiare di non veder nulla per anni.
Scenario 2: Lavoratore che rivendica rapporto subordinato (cause di lavoro)
Queste cause sono delicate perché possono costare molto al datore se perse (arretrati stipendi, contributi, sanzioni lavoro). Difendersi efficacemente implica: – Negare gli indici di subordinazione: la subordinazione si caratterizza per vincolo di orario, eterodirezione (ordini specifici), inserimento stabile nell’organizzazione aziendale. Bisogna provare che l’artista/tecnico operava invece in autonomia: ad esempio, era lui a decidere se accettare i singoli ingaggi, non c’era obbligo di presenza continua, magari lavorava anche per altri, non aveva un cartellino da timbrare. Più elementi di autonomia si portano (contratto di scrittura artistica a prestazione, pagamenti a cachet variabili, nessun controllo disciplinare su di lui), più è probabile che il giudice confermi la natura autonoma. Portate testimonianze di altre persone che confermino che quel lavoratore non era trattato come dipendente (es. “era un collaboratore esterno, sceglieva lui le date in cui venire”). – Contestare la continuità e l’esclusività: se il lavoratore sostiene di aver lavorato tutti i giorni per voi, ma in realtà aveva lunghe pause o lavorava altrove in mezzo, sottolineate questo. Se riuscite a dimostrare che non vi era quell’abitualità che lui dichiara (es. con calendari, contratti con altri datori), la pretesa di subordinazione si indebolisce. Anche l’assenza di esclusiva è rilevante: se un tecnico suonava con più band, difficilmente era vostro dipendente esclusivo. – Prescrizione dei crediti lavoro: attenzione, per i crediti di lavoro dipendente non pagati (es. straordinari, ferie) la prescrizione è di 5 anni ma decorre dalla cessazione del rapporto se il lavoratore era non tutelato stabilmente. Spesso però in questi casi il rapporto è già cessato, quindi la prescrizione può aver corso: se il tecnico ha smesso di collaborare nel 2018 e fa causa nel 2025, le sue pretese salariali potrebbero essere in parte prescritte. Eccepite la prescrizione per i periodi lontani. – Verificare la legittimazione passiva: talvolta i lavoratori sbagliano soggetto da citare, specie se c’era di mezzo un intermediario. Esempio: l’artista cita la vostra azienda, ma formalmente era assunto da una cooperativa che lo mandava da voi. Potete eccepire che il datore di lavoro era la cooperativa, non voi (mostrando eventuale contratto di appalto di servizi). Se il giudice vi dà ragione, voi uscite dal giudizio (o quantomeno viene coinvolta la cooperativa come litisconsorte necessario). Ovviamente funziona se la cooperativa era reale e non fittizia; se era fittizia, il giudice può ignorare lo schermo. – Offrire la stabilizzazione transattiva: capita che un lavoratore chieda la subordinazione magari anche per cercare una stabilità. Si può proporre una conciliazione in sede protetta (ispettorato del lavoro) riconoscendo una parte di quanto chiede in cambio di rinuncia ad ogni pretesa e, se possibile, offrendogli un contratto regolare per il futuro. Ad esempio, al tecnico luci che vi fa causa, offrite di assumerlo a tempo indeterminato da ora in poi, pagando magari un’indennità per il passato. Questa è più una soluzione gestionale che legale, ma spesso risolve il problema senza passare dal tribunale.
Scenario 3: Controversie per annullamenti e disservizi
Se l’evento non si è tenuto o l’artista non si è esibito per varie ragioni, ci possono essere richieste incrociate. Dal lato del committente: – Se l’artista vi chiede comunque un compenso (o di trattenere la caparra) per un evento annullato, verificate il contratto: c’era una clausola di annullamento? In caso di forza maggiore (es. pandemia, alluvione) di solito il contratto dovrebbe considerare la risoluzione senza colpa. Dopo il Covid, in molti contratti si è inserita clausola di force majeure: se applicabile, nessuna parte paga penali. Anche il codice civile (art.1463 c.c.) prevede che l’impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile risolve il contratto e le caparre vanno restituite. Quindi se ad es. l’evento fu annullato per un DPCM anti-Covid, potete opporre che giuridicamente l’artista non ha diritto a nulla se non la restituzione di eventuali proprie spese vive. Citare eventualmente il “Decreto Cura Italia” 2020 che all’art.88 introdusse voucher per spettacoli annullati: indice che gli artisti dovevano accettare rinvio o voucher, non pretendere pagamento integrale. – Se invece l’annullamento è dipeso da voi (motivi commerciali, budget), la penale pattuita tende ad essere dovuta. Potete però argomentare che la penale è eccessiva rispetto al danno reale: art.1384 c.c. consente al giudice di ridurre la penale se manifestamente sproporzionata. Esempio: cachet €10k, penale 100% se annullato a 48h: se l’artista ha trovato un’altra data o aveva comunque un risparmio di costi, €10k potrebbe essere eccessivo come risarcimento. È difficile, ma un tentativo di riduzione equitativa può essere fatto. – Se l’artista non si è esibito per suo fatto (inadempimento), ma paradossalmente vi chiede lo stesso qualcosa (magari il rimborso spese), la vostra difesa è semplice: eccezione di inadempimento (art.1460 c.c.) – la prestazione principale non c’è stata, quindi nulla è dovuto, anzi semmai siete voi che potreste chiedere danni. Inviare all’artista una contro-diffida per danni (pubblico rimborsato, location pagata a vuoto, ecc.) può spesso farlo desistere da richieste infondate.
Scenario 4: Richieste di agenzie e intermediari
Infine, se un’agenzia vi chiede soldi: – Verificare se l’agente ha diritto a provvigione: secondo l’art.1748 c.c., l’agente ha diritto alla provvigione solo se il contratto con l’artista va a buon fine grazie al suo intervento. Se l’ingaggio poi non è avvenuto (evento saltato prima del contratto definitivo) o se l’agente non era l’effettivo mediatore, potete negare la provvigione. Ad esempio, se un artista vi ha contattato direttamente e l’agente tenta di prendersi merito, potete replicare che l’agente non ha procurato l’affare (onus probandi su di lui). In un caso riguardante un agente musicale, si è stabilito che l’agente va pagato “nel momento in cui ha esaurito il compito di concludere l’ingaggio” , quindi se l’ingaggio non si è concluso per ragioni esterne l’agente potrebbe non maturare nulla (salvo patto contrario). – Licenza o abilitazione dell’agente: come visto, in passato gli agenti dovevano avere licenza ex L.8/1979, ma oggi tale legge è abrogata . Dunque non potete più contestare a un agente di non essere autorizzato (c’era liberalizzazione nel 2008 ). Però potete mettere in dubbio la qualifica di chi vi chiede soldi: se un talent scout improvvisato senza contratto scritto vi chiede compensi vaghi, chiedetegli di esibire il contratto di mandato firmato dall’artista o da voi. In mancanza, la sua pretesa è priva di titolo scritto: se agisse per via legale, difficilmente potrebbe provare il diritto a una provvigione senza un accordo. – Nullità di contratti capestro: se avete firmato con un agente un contratto di booking palesemente squilibrato (es. vi obbliga a pagare commissione anche se l’evento non avviene per colpa dell’artista), potete richiamare la giurisprudenza tipo Tribunale di Varese citata in dottrina : un contratto che di fatto vincola completamente l’artista (o il committente) e affida all’agente un monopolio può essere considerato nullo per violazione della libertà contrattuale. Questo è estensibile: un contratto di agenzia atipico, senza termine, che obbliga sempre a pagare l’agente su qualsiasi ingaggio, può essere censurato. Tale nullità potrebbe liberarvi da alcune richieste di pagamento. Comunque, sarebbe materia da giudice civile in caso di contenzioso approfondito. – Decadenza dal diritto dell’agente: l’art.1745 c.c. prevede che l’agente perde la provvigione se il contratto tra le parti non viene eseguito per cause non imputabili al preponente. Dunque, se l’evento salta per colpa dell’artista (assistito dall’agente stesso), la provvigione all’agente non spetta. Usate questo argomento: “non ho dovuto nulla all’artista perché non si è esibito per causa a lui imputabile, quindi a maggior ragione nulla è dovuto all’agente”. – Compromessi transattivi: come con gli artisti, spesso conviene trovare un accordo. Se l’agente vi minaccia azioni legali per €5.000 di commissioni, valute di offrirne €2.500 transattivi per chiudere. Specie se l’agente ha un rapporto continuo nel settore, mantenere rapporti accettabili può convenire. Formalizzate in un accordo scritto che salda ogni pretesa.
In qualunque contesa contrattuale, la chiave è il contratto scritto: averlo e leggerlo bene. Molti problemi nascono dall’assenza di un contratto dettagliato. Purtroppo, eventi piccoli o privati spesso si basano su accordi verbali: in giudizio poi è parola contro parola. Chi deve provare? Se l’artista chiede pagamento, deve provare di aver diritto (contratto, email); se voi eccepite difetti, voi dovete provare i difetti. Per questo è utile avere raccolto evidenze durante l’evento (foto, video, comunicazioni).
Esempi pratici di controversie e soluzioni (simulazioni)
Per rendere più concreta l’applicazione di questi principi, esaminiamo alcuni casi pratici simulati – ispirati a situazioni realmente accadute – e vediamo quale potrebbe essere un percorso di difesa per il debitore.
Caso 1: Concerto in piazza con contributi non dichiarati
Situazione: Una piccola impresa di organizzazione eventi ha allestito un concerto in piazza nell’estate 2020. Ha ingaggiato una band locale (compenso €1.500) e un tecnico audio (€300) pagando in contanti a fine serata, senza chiedere agibilità ENPALS né fare ricevute. Nel 2023 l’INPS effettua controlli sugli eventi patrocinati da quel Comune e scopre il concerto. Notifica all’impresa un avviso di addebito: contributi evasi su €1.800 di compensi, importo richiesto €594 (33% di €1.800) + €180 di sanzioni civili (30%) + €129×2 di multa agibilità (2 lavoratori) = Totale circa €1.032.
Difesa: L’impresa, punto di vista debitore, analizza il caso con un avvocato. Emergere che quel concerto era nell’ambito della sagra comunale no-profit: ingresso gratuito e la band era amatoriale, non professionisti. Si decide di invocare l’esenzione per dilettanti: vengono recuperate foto e articoli di giornale locale che descrivono la band come “gruppo di amici”, e dichiarazioni degli stessi musicisti che confermano di aver suonato a titolo di hobby ricevendo solo un rimborso simbolico. Inoltre, si nota che l’INPS chiede contributi del 33% come se fossero dipendenti; in realtà la band era autonoma, l’aliquota corretta sarebbe 24%. Si procede con opposizione in Tribunale entro 40 giorni. Nel ricorso si articolano: 1) difetto di qualifica – i musicisti dilettanti di una sagra culturale rientrano nell’esenzione ex circ.2007, quindi contributi non dovuti ; 2) in subordine, errata quantificazione – se contributi fossero dovuti, si applichi il 24% (autonomi) e minimali solo se dovuto per ciascun musicista; 3) eccesso di sanzione – i €129/giorno dovrebbero applicarsi una sola volta per evento, non per lavoratore (interpretazione discutibile ma proposta).
Esito possibile: In udienza, il giudice valuta le prove: la natura dilettantistica appare plausibile (la band non aveva nemmeno P.IVA, suonava per passione). Potrebbe accogliere il motivo principale, dichiarando che nessun contributo è dovuto perché l’evento rientrava nelle esenzioni (sostanzialmente applica la normativa pro-dilettanti, anche se l’impresa non aveva presentato autocertificazione a suo tempo). Di conseguenza annulla l’avviso per insussistenza del fatto imponibile. In via subordinata, anche il giudice potrebbe almeno correggere l’importo applicando l’aliquota 24%. In entrambi i casi, l’impresa si libera di un debito di 1.000+ euro, pagando al massimo poche centinaia di euro di spese legali (che, se vince, possono essere poste a carico dell’INPS). Chiave del successo: aver dimostrato documentalmente il contesto non lucrativo e la natura amatoriale dei musicisti.
Caso 2: Festa privata di matrimonio con DJ – accertamento INPS
Situazione: Nel 2019 un privato organizza il proprio matrimonio in una villa, ingaggiando un DJ per musica e luci. Lo paga €500 in contanti a fine serata. Nel 2025 il DJ, in difficoltà economiche, va all’INPS per chiedere NASpI (disoccupazione) dichiarando di aver fatto vari lavori di spettacolo non registrati. L’INPS scopre che in quel matrimonio era senza agibilità e invia al committente (lo sposo) una richiesta di versare i contributi non pagati: trattandosi di lavoratore autonomo dello spettacolo, 24% di €500 = €120, più sanzioni €36, più €129 multa agibilità. Totale €285. Il neo-sposo (ora debitore) rimane sorpreso: non sapeva nulla di contributi.
Difesa: Anche se l’importo non è altissimo, per principio il privato vuole opporsi. Raccoglie foto e testimonianze: quel DJ era un amico, dilettante, l’aveva fatto come regalo e lui gli diede €500 a titolo di regalo di nozze più che pagamento. In mancanza di contratto scritto, la linea difensiva è sostenere che non vi era un vero rapporto di lavoro: il DJ era invitato al matrimonio e ha “messo la musica” amichevolmente, e la somma datagli era una liberalità. Questo per negare proprio l’applicabilità della normativa del lavoro spettacolo. Si deposita opposizione al giudice del lavoro, con dichiarazioni di altri invitati che confermano il carattere amichevole dell’esibizione. Si evidenzia anche che una persona fisica privata non è un imprenditore dello spettacolo, e che imporre a un privato di chiedere agibilità per un matrimonio travalica la ratio della legge (che mira a eventi pubblici con fini di lucro). Esito possibile: Il giudice potrebbe essere sensibile all’argomento: effettivamente un matrimonio è un contesto privato. Non c’è giurisprudenza chiara, ma in equità il giudice può accogliere la tesi che mancava un rapporto di lavoro configurabile (difetto del “sinallagma” contrattuale tipico: qui era amicizia). In alternativa, potrebbe comunque ritenere dovuti i contributi, ma data la modesta entità magari compensare le sanzioni o ridurle. Se però in giudizio emergesse che il DJ faceva questo abitualmente per altri matrimoni (quindi non proprio un dilettante), il giudice potrebbe confermare la pretesa. Diciamo che è un esito incerto, ma il privato debitore ha buone chance di far leva sul carattere privato e dilettantistico per ottenere almeno l’annullamento della multa agibilità e delle sanzioni, se non dei contributi. Questo caso insegna che formalmente la legge non distingue tra evento pubblico e festa privata: la difesa deve puntare sull’aspetto sostanziale (assenza di scopo di lucro e rapporto amicale).
Caso 3: Azienda che non opera ritenute su spettacolo aziendale
Situazione: Una SRL organizza un evento aziendale per clienti nel 2021, chiamando un comico per uno show e una società di catering. Il comico, con compenso di €2.000, emette regolare fattura con IVA 10% e indica “ritenuta d’acconto 20%”. Il responsabile amministrativo dell’azienda però, per errore, paga l’intero importo lordo €2.000 al comico senza operare la ritenuta (€400). Nel 2024, in un controllo, l’Agenzia delle Entrate si accorge e notifica alla SRL una sanzione per omessa effettuazione e versamento della ritenuta di €400, applicando la sanzione del 20% (€80) più interessi. Totale circa €480. Nel frattempo, il comico ha regolarmente dichiarato quei €2.000 nel suo reddito 2021 e pagato l’IRPEF corrispondente.
Difesa: La SRL presenta ricorso alla Commissione Tributaria. Nel ricorso ammette il fatto (non nega di aver omesso la ritenuta) ma allega la prova che l’imposta è stata assolta dal percettore: in allegato copia dell’Unico 2022 del comico con l’indicazione di quel reddito, e attestazione di avvenuto pagamento IRPEF. Invoca quindi l’art.6, co.2, D.Lgs.472/97 (nessuna sanzione se violazione che non ha arrecato danno) e comunque chiede che non sia richiesto il pagamento dei €400 di imposta poiché ciò genererebbe una duplicazione (il comico ha già pagato IRPEF su quei €2.000). Richiama giurisprudenza di merito sulla non debenza dell’imposta in caso di assolvimento da parte del sostituito .
Esito possibile: La Commissione potrebbe ragionare così: in effetti l’erario non ha subito perdita d’imposta (i €400 sono stati introitati via dichiarazione del comico). Dunque, applicando principi di equità fiscale, potrebbe annullare la richiesta dell’imposta in capo alla SRL, mantenendo però la sanzione per violazione formale. La sanzione corretta, come da art.14 D.Lgs.471/97, è il 20% dell’importo non trattenuto, ossia €80 . L’ufficio aveva forse chiesto anche sanzione per omesso versamento, ma la Commissione elimina eventuali duplicazioni e conferma solo €80 + interessi modesti. Risultato: la SRL dovrà pagare circa €90 invece di €480. Una vittoria quasi piena. Questa è una situazione in cui la difesa “documentale” (prova di pagamento imposte da parte dell’artista) salva dal dover pagare due volte le tasse.
Caso 4: Artista che ottiene decreto ingiuntivo per cachet, ma non ha fattura
Situazione: Un comune ha organizzato nell’estate 2022 una rassegna musicale. Per la serata finale ha ingaggiato un cantante emergente pattuitamente per €5.000, senza formalizzare con contratto scritto (solo scambio email). Dopo lo show, il comune tarda a pagare perché aspetta fondi regionali. L’artista, spazientito, a inizio 2023 presenta ricorso per decreto ingiuntivo al tribunale civile, allegando le email dove l’Assessore gli promette “compenso di euro 5.000” e la prova della sua esibizione avvenuta. Il giudice emette decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo (perché c’è prova scritta firmata digitalmente dall’ente). Il comune ora vuole opporsi, sostenendo anche che l’artista non ha emesso fattura (essendo senza P.IVA).
Difesa: Nella comparsa di opposizione, il comune non contesta la prestazione (che c’è stata) né l’accordo, ma solleva due eccezioni: 1) la nullità del contratto per violazione dell’art.16 L.246/2006 (che richiede contratti con la PA in forma scritta) – l’accordo via email potrebbe non essere ritenuto valido perché non formalizzato secondo le regole pubbliche; 2) subordinatamente, chiede la riduzione dell’importo perché quel cachet superava i limiti dei compensi approvati in delibera (ad es. la giunta aveva stanziato max €4.000 per artista, l’Assessore ha promesso 5.000 senza copertura). Inoltre, in via di fatto, il comune depositando l’opposizione sospende l’esecutività (essendo provvisoriamente esecutivo, deve chiedere al giudice la sospensione; probabilmente verrà concessa se emergono dubbi sulla validità del contratto).
Esito possibile: Il giudice civile potrebbe dare importanza formale al fatto che un ente pubblico può impegnare spesa solo con atto amministrativo regolare. Se quell’email non aveva seguito di determina, c’è effettivamente un vizio. Questo potrebbe portare a dichiarare non dovuto il compenso ex contractu. Tuttavia, l’artista allora potrebbe agire per arricchimento senza causa (art.2041 c.c.), chiedendo almeno la somma minore tra 5.000 e l’utilità ottenuta dal comune. Il giudice potrebbe quindi, d’ufficio o su domanda riconvenzionale, condannare il comune a pagare l’indennizzo per arricchimento pari a quanto stanziato (4.000) o comunque al valore di mercato della prestazione. In pratica, l’artista non rimarrebbe a zero ma prenderebbe forse 4.000. Il comune avrebbe “risparmiato” 1.000 grazie al formalismo. Il giudice potrebbe anche compensare le spese legali visti gli errori di entrambe le parti (il comune per non formalizzare, l’artista per fidarsi). Insegnamento: nel dealing con PA, l’artista deve pretendere l’atto formale, altrimenti rischia queste decurtazioni. Per il debitore pubblico, la difesa sul formalismo può ridurre l’esborso ma non eliminare del tutto il debito se l’artista ha effettivamente eseguito e c’è arricchimento.
Ogni caso pratico ha le sue particolarità, ma questi esempi mostrano come applicare le norme e i concetti esposti: dal contestare la base giuridica di un obbligo al negoziare transazioni per limitare i danni. Veniamo ora, per concludere, a una serie di domande frequenti con risposte sintetiche, come utile ripasso e chiarimento finale.
Domande frequenti (FAQ)
D: Ho organizzato un concerto benefico dove nessuno è stato pagato, ma l’INPS mi chiede comunque i contributi minimali. Devo pagare?
R: Se il concerto aveva scopo davvero benefico/sociale e gli artisti hanno suonato gratuitamente, la legge prevede l’esenzione contributiva previa richiesta di agibilità gratuita . Se non l’hai chiesta prima, puoi ancora difenderti fornendo all’INPS (o al giudice) tutta la documentazione che provi la natura benefica e che gli artisti non hanno ricevuto compensi (se possibile, fatti firmare ora un’autodichiarazione dagli artisti) . In molti casi l’INPS, verificata la sussistenza dei requisiti, archivia la richiesta. Se invece c’è stata anche una minima paga, l’INPS vuole i contributi sul minimale (€48 circa per giornata). In sede di ricorso potresti sostenere che quell’obolo era un rimborso spese e quindi chiedere di non considerarlo “compenso”. La riuscita dipende dalle prove. In sintesi: per eventi genuinamente benefici non bisogna pagare contributi, ma serve attivarsi per dimostrarlo in modo inoppugnabile .
D: Ho ricevuto una cartella per contributi ENPALS di 6 anni fa. Non avevo mai saputo nulla prima. Posso far valere la prescrizione?
R: Sì. I contributi previdenziali si prescrivono in 5 anni salvo atti interruttivi . Se davvero in quei 6 anni non ti è stato notificato alcun avviso/verbale, puoi eccepire la prescrizione. Fai attenzione: a volte l’INPS invia un avviso di addebito che non hai visto (magari a un vecchio indirizzo). Se la cartella è il primo atto che ti giunge regolarmente notificato e sono trascorsi oltre 5 anni dall’ultimo giorno utile di pagamento, hai ottime chances che il giudice dichiari prescritti quei contributi. Presenta opposizione entro 40 giorni e metti la prescrizione come primo motivo. L’INPS dovrà provare eventuali notifiche precedenti; se non ci riesce, il debito è estinto.
D: Un artista mi chiede il pagamento di un cachet pattuito verbalmente, ma l’evento non si è tenuto per colpa sua (non è apparso). Devo pagare ugualmente?
R: No, in linea di principio. Nel diritto italiano vige il principio che chi non esegue la propria prestazione non può pretendere quella altrui (eccezione di inadempimento, art.1460 c.c.). Se hai prove che l’evento saltato è imputabile all’artista (es. mail dove lui annulla, messaggi dove confessa un imprevisto personale), conservane traccia. Rispondi per iscritto che, non avendo egli reso la prestazione, il compenso non è dovuto. In più, se hai subito danni (spese organizzative perdute), potresti contro-richiedere tu un risarcimento. Spesso solo ricordare all’artista inadempiente che potrebbe lui doverti dei soldi fa cessare le sue pretese. Diverso il caso in cui l’evento salta per cause non imputabili a nessuno (es. maltempo): lì scatta la risoluzione per forza maggiore e ciascuno resta con le proprie spese, ma l’artista va almeno rimborsato delle spese vive sostenute. Se però lui non si è presentato senza valida ragione, non devi corrispondergli il cachet.
D: Ho pagato un’agenzia che mi ha portato un cantante, poi ho scoperto che non ha versato i contributi all’INPS né pagato tutto all’artista. L’INPS ora chiede a me i contributi e l’artista vuole il resto del cachet. Sono fregato due volte?
R: Purtroppo questa situazione capita con agenzie improvvisate. La legge tende a tutelare lavoratore e INPS, quindi rischi di dover pagare di nuovo. Però hai vie di ricorso: puoi rivalerti legalmente sull’agenzia per inadempimento contrattuale e illecito. Intanto, per l’INPS: spiega che avevi affidato all’agenzia l’obbligo contributivo (se avevi un contratto di appalto/servizio con l’agenzia, mostrali). L’INPS ti considererà comunque responsabile in solido, ma magari, se l’agenzia è rintracciabile, potrete essere entrambi destinatari dell’azione esecutiva (aumentando le chances di recupero dall’altro). Per l’artista: la chiave è capire se l’agenzia aveva il mandato all’incasso. Se no, legalmente l’artista può chiedere anche a te (oltre che all’agenzia). Puoi cercare un accordo con l’artista, ad esempio pagargli tu il dovuto (così chiudi la vicenda con lui) e farti cedere da lui l’azione verso l’agenzia, poi agire contro quest’ultima per recuperare tutto quanto hai pagato due volte più i danni. Spesso però queste agenzie sono nullatenenti… la lezione qui è prevenire: sempre specificare nei contratti che “il pagamento all’agenzia X libera il committente verso l’artista Y” e pretendere dall’agenzia evidenza dei versamenti contributivi. Ora tu difenditi con tutto (mostra le ricevute del pagamento fatto all’agenzia, evidenziando la tua buona fede): magari l’INPS ridurrà le sanzioni per buona fede erronea . Ma preparati che potresti dover contribuire una seconda volta. Poi valuta se denunciare l’agenzia per appropriazione indebita e far partire un procedimento penale: talvolta la paura del penale fa restituire i soldi.
D: L’Agenzia delle Entrate mi contesta che ho fatto troppe serate di musica come “occasionale” e avrei dovuto aprire P.IVA e pagare più tasse. Possono farlo?
R: Sì, se le tue prestazioni erano abituali e organizzate, l’occasionalità è solo fittizia. L’art.67 TUIR copre le esibizioni occasionali, ma se tu suonavi tutte le settimane nei locali, di fatto eri un lavoratore autonomo continuativo. L’AdE in questi casi riqualifica i redditi da “diversi” a “di lavoro autonomo”: le implicazioni sono la richiesta dell’IVA non versata, l’iscrizione retroattiva in gestione separata o ENPALS, e magari sanzioni per omessa dichiarazione IVA. Nella difesa devi cercare di dimostrare la non professionalità: ad esempio, che in alcuni mesi non hai suonato, che non avevi un’organizzazione (no service proprio, no dipendenti), che i ricavi erano modesti (sotto 5.000 € annui) e che magari hai già pagato la ritenuta su quei compensi (se i locali la applicavano). Se effettivamente hai sforato i limiti, può convenire negoziare col Fisco un accertamento con adesione, magari accettando di pagare l’IVA evasa ma con sanzioni ridotte. In parallelo, attento: l’INPS potrebbe fare lo stesso ragionamento per i contributi. Spesso AdE e INPS collaborano. Il consiglio è: se l’attività prosegue, regolarizzati aprendoti la P.IVA regime forfettario (è vantaggioso fino a 85k euro) e iscrivendoti a ENPALS, prima che ti arrivino altri guai. Difendersi quando hanno prove di continuità (decine di ingaggi con stesso committente ecc.) è arduo; meglio transare sul passato e mettere in regola il futuro. In sintesi, possono riqualificare, sì – il concetto di occasionalità nello spettacolo è ristretto (un evento isolato o pochi all’anno). Sopra quella soglia di fatto sei considerato professionista.
D: Devo pagare l’IRAP per la mia attività di cantante di piano-bar? L’Agenzia dice di sì perché ho l’agente.
R: L’IRAP (Imposta regionale attività produttive) non è dovuta dai lavoratori autonomi senza autonoma organizzazione. La Cassazione ha più volte escluso l’IRAP per professionisti che impiegano solo beni strumentali minimi e magari un collaboratore part-time. Nel tuo caso, avere un agente di spettacolo non significa di per sé avere un’organizzazione autonoma: l’agente presta un servizio, ma tu resti una persona fisica che va a cantare con la propria voce e magari una tastiera. Ci sono sentenze (ad es. Cass. n. 21122/2019) che affermano che il solo avvalersi di un agente o di un service non integra il requisito organizzativo ai fini IRAP, in quanto l’apporto principale resta la performance personale. Quindi puoi difenderti citando quella giurisprudenza: se non hai dipendenti stabili, né un ufficio aperto al pubblico, né un patrimonio strumentale significativo (l’impianto audio essenziale non conta), niente IRAP. Spiega che il tuo agente prende provvigioni ma non è un tuo dipendente né un costo fisso a tuo carico (lo paghi a percentuale, solo se fatturi). È importante quantificare: se il compenso all’agente è modesto e non hai altre spese di rilievo oltre te stesso, l’IRAP non è dovuta . L’Agenzia a volte ci prova comunque: potresti dover fare ricorso in Commissione Tributaria e molto probabilmente lo vincerai, vista la linea favorevole ai piccoli autonomi.
D: Ho un locale e ho fatto esibire un gruppo straniero; non ho fatto nessuna ritenuta del 30% sui cachet esteri. Ora mi chiedono quella imposta. Dovevo davvero trattenerla?
R: La regola generale: un artista non residente che si esibisce in Italia genera un reddito imponibile in Italia, su cui tu come sostituto dovevi applicare una ritenuta del 30% a titolo d’imposta (art. 25 DPR 600/73). Ci sono però le convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni: quasi tutte prevedono un articolo sui artisti e sportivi. Molte convenzioni danno allo Stato della performance (Italia) il diritto di tassare questi redditi indipendentemente (quindi confermano il 30%), altre lo limitano (per esempio la convenzione Italia-Francia esenta gli artisti francesi in certi casi). Devi quindi verificare la convenzione tra Italia e il paese di residenza degli artisti: se prevede tassazione esclusiva nel paese estero di residenza, allora in Italia non dovevi trattenere nulla – e puoi far annullare la richiesta dell’Agenzia. Se invece anche la convenzione consente la tassazione italiana, allora eri tenuto alla ritenuta. A quel punto resta poco da fare sul merito (dovrai pagare l’imposta): concentra la difesa sulla sanzione, magari chiedendo l’applicazione della sanzione minima (il 30% standard ridotto se paghi subito). Potresti invocare la non punibilità se dimostri che gli artisti hanno già pagato tasse nel loro paese su quei compensi (ma legalmente l’Italia continua ad avere diritto). Un ultimo appiglio: se li hai pagati tramite una loro società estera, si potrebbe discutere se la ritenuta doveva esserci o se era un servizio soggetto a IVA. È complesso e dipende dal contratto. In ogni caso, per il futuro, ricorda di informarti sulla disciplina fiscale dei pagamenti esteri prima dell’evento, così da evitare questi esborsi tardivi.
D: Ho ricevuto un avviso bonario dall’ENPALS per pochi euro di contributi di differenza su un concerto. Posso ignorarlo?
R: Meglio di no. Anche se l’importo è piccolo ora, ignorandolo può trasformarsi in una cartella con sanzioni. Gli avvisi bonari previdenziali spesso precedono l’iscrizione a ruolo. Se pensi che la richiesta sia sbagliata (magari avevi già versato), contesta subito per iscritto all’INPS con raccomandata o PEC, allegando le prove del pagamento. Se invece hai proprio saltato quel piccolo versamento, ti conviene pagare entro la scadenza dell’avviso bonario: eviterai le sanzioni aggiuntive. Tieni presente che l’INPS carica sanzioni al 30% annuo (ridotte se paghi entro 12 mesi) : non trascurare dunque neanche somme modeste, perché col passare del tempo crescono. Inoltre, più tempo passa, più rischi di perdere il beneficio delle sanzioni ridotte. Quindi, per qualche euro, non vale la pena finire in una procedura coattiva. Risolvi subito, pagando o chiarendo.
D: Un membro della band che ho scritturato mi fa causa sostenendo che era di fatto mio dipendente. Può farlo anche se avevamo accordi a serata?
R: Può provarci, sì. In Italia si guarda alla sostanza: se quella persona suonava stabilmente solo per te, seguendo la tua organizzazione (provini, scalette decise da te, prove fisse, ecc.), potrebbe convincere il giudice che c’era un rapporto di lavoro subordinato mascherato. Anche se firmava accordi “a serata”. Tu dovrai difenderti evidenziando l’autonomia: era lui libero di accettare altre serate? Suonava anche altrove? Veniva pagato solo a performance senza minimi garantiti? Non aveva obblighi di presenza fuori dalle serate? Se riesci a dimostrare che non c’era subordinazione – magari anche portando contratti analoghi con altri membri band che invece non reclamano nulla – hai buone chance di vincere. Tieni presente che tribunali del lavoro spesso guardano anche agli usi nel settore: nel mondo dello spettacolo è comune il lavoro autonomo discontinuo; ciò gioca a tuo favore, non è come in fabbrica. Però se lui porta testimoni che confermano che lo trattavi come un dipendente (rimproveri formali, orari fissi, ecc.), potrebbe spuntarla. Prepara quindi deposizioni di altri collaboratori che sottolineino la flessibilità del rapporto. Insomma, può farlo certamente, ma sta a lui provare la subordinazione; tu concentrati nel smontare quei punti.
D: L’INPS mi ha multato per mancata agibilità su un evento con lavoratori regolarmente assunti e in regola coi contributi. È giusto?
R: No, la legge di Bilancio 2018 ha eliminato l’obbligo di certificato di agibilità per i lavoratori subordinati utilizzati nei locali del datore di lavoro con contributi versati . Quindi, se parliamo ad esempio di uno spettacolo nel tuo teatro con i tuoi attori dipendenti, dal 2018 non serve più l’agibilità. Se l’INPS ti ha multato lo stesso, potrebbe trattarsi di un evento prima del 2018 o di un errore loro. In ogni caso, fai subito ricorso amministrativo all’INPS citando la L.205/2017 art.1 co.1097 e chiedendo l’annullamento della sanzione. Se non lo accolgono, in sede giudiziale solleva la questione. In realtà la Cassazione 2024 ha osservato che se i lavoratori subordinati operavano fuori dai locali aziendali (es. in trasferta su un palco pubblico) l’obbligo è rimasto, ma se erano nel tuo locale, l’esonero vale . Quindi verifica: erano nei tuoi spazi? Sì -> niente obbligo. Erano altrove? Allora formalmente l’obbligo c’era. In quest’ultimo caso però puoi invocare la confusione normativa e chiedere clemenza/sgravio in autotutela (magari l’INPS potrebbe applicare solo una diffida). Ad ogni modo, la tendenza è semplificare: l’agibilità sta perdendo centralità per i casi in regola contributiva, quindi insisti su questo punto nella difesa.
D: Ho saputo che dal 2024 c’è una nuova indennità di disoccupazione per lavoratori dello spettacolo discontinui. Questo può influire sulle controversie di compensi?
R: Indirettamente sì. La cosiddetta indennità di discontinuità (prevista dalla riforma dello spettacolo, D.Lgs. 163/2022 e circolare INPS 2025) offre un sostegno economico agli artisti nei periodi senza lavoro . Questo potrebbe spingere più lavoratori dello spettacolo a pretendere la regolarizzazione dei loro rapporti (per raggiungere i requisiti di giornate contributive e reddito necessari per l’indennità). Quindi potremmo assistere a più richieste da parte di artisti di vedersi versare i contributi o di ottenere contratti in regola, al fine di maturare il diritto a quell’indennità. Nelle contestazioni sui compensi, un artista potrebbe essere meno incline ad accettare un pagamento “in nero” perché ciò gli fa perdere tutele come questa. Dal lato del debitore/committente, questo non cambia le strategie difensive legali, ma aumenta l’importanza di risolvere bonariamente: offrire un contratto regolare o sanare le posizioni potrebbe evitare contenziosi, considerando che ora i lavoratori hanno un incentivo in più a far emergere il lavoro (per ottenere l’indennità). In sintesi: la nuova indennità non modifica le norme dei contenziosi, ma incide sul contesto, favorendo l’emersione del lavoro nero nello spettacolo. Questo significa che conviene ancora di più tenere le scritture in regola fin da subito, per non avere gatte da pelare poi.
D: Un artista straniero mi chiede nel contratto di pagarlo “al netto di tasse italiane”. Posso assumermi io le imposte?
R: Puoi, ma sappi che pagherai di più. La clausola “al netto” implica che tu ti fai carico delle ritenute fiscali italiane oltre al cachet. Ad esempio, se gli prometti €1.000 netti e la ritenuta dovuta è 30%, dovrai versargli €1.000 e in più €300 al Fisco. In pratica ti costa €1.300. Se accetti, mettilo per iscritto chiaramente (in genere si scrive: “Il compenso di €1.000 sarà corrisposto netto, con ogni imposta a carico del committente”). Ai fini previdenziali, contributivi, devi comunque calcolare la contribuzione sull’imponibile che comprende quella quota. Insomma, nulla lo vieta contrattualmente (è come pagare tu le tasse per lui), però fai bene i conti. E occhio: dal punto di vista fiscale italiano, tu rimani sostituto d’imposta e devi comunque certificare il reddito lordo e le ritenute operate. In sede di accertamento, l’Agenzia potrebbe considerare quei €1.000 netti come l’80% di un compenso lordo (€1.250) e rifare calcoli. Quindi meglio specificare nel contratto anche il lordo corrispondente per trasparenza. È una questione più contrattuale che legale: puoi farlo, ma comporta costi maggiori e un po’ di complicazione amministrativa.
D: Un mio ex collaboratore tecnico mi minaccia di andare all’Ispettorato del Lavoro perché non lo ho messo in regola. Cosa mi può succedere a livello sanzionatorio?
R: Se eri tenuto ad assumerlo (perché in realtà lavorava come dipendente) e non l’hai fatto, rischi sanzioni per lavoro nero. Attualmente, l’utilizzo di lavoratori “in nero” comporta una maxisanzione amministrativa: da €1.800 a €10.800 circa per ciascun lavoratore, a cui si aggiungono contributi evasi e relativa sanzione civile. Inoltre, se il lavoratore ti denuncia, possono avviarsi ispezioni a tappeto sulla tua attività. Potresti anche dover rispondere di violazioni in materia di sicurezza, orari, ecc. Detto ciò, hai qualche carta: spesso se regolarizzi volontariamente prima della visita ispettiva (assumendo retroattivamente o conciliando col lavoratore), le sanzioni si attenuano. Ad esempio, un provvedimento di maxisanzione attenuata se il rapporto viene formalizzato prima o se il lavoratore era in Naspi. Quindi, valuta un accordo con l’ex collaboratore: potresti proporgli un’indennità e sistemare i contributi volontariamente per evitare la denuncia. Se invece arriva l’ispettore, collabora, regolarizza subito e spera nell’attenuazione. Legalmente, se quell’ex collaboratore aveva davvero tutti i requisiti da subordinato, difficilmente potrai sostenere il contrario davanti all’ispettorato: conviene agire d’anticipo. In sintesi, può succedere: multa salata e obbligo di regolarizzare più eventuali strascichi penali se c’erano redditi non dichiarati rilevanti. Meglio trattare prima.
D: Organizzo ogni anno un piccolo festival. Consiglio per evitare contestazioni future?
R: Il miglior consiglio è la regolarità preventiva: – Stipula sempre contratti scritti con artisti e tecnici, dettagliando compensi lordi, chi paga contributi, clausole di annullamento. – Richiedi per tempo il certificato di agibilità ENPALS per tutti (oggi telematico via INPS) o accertati che la cooperativa/agenzia che usi lo faccia. – Effettua i versamenti contributivi entro i termini (16 del mese successivo) e conserva le ricevute F24. – Applica le ritenute fiscali dovute e rilascia le certificazioni (CU) agli artisti a fine anno. – Usa pagamenti tracciabili (bonifici) con causale chiara. – Per artisti occasionali, rispetta il limite €5.000 per non dover gestire voucher o assunzioni. Se lo sforano, magari spezzetta gli ingaggi su più soggetti giuridici (se lecito). – Consulta un consulente del lavoro esperto di spettacolo, specialmente dopo le riforme in atto, per sfruttare eventuali nuove semplificazioni (voucher, esoneri). – E ovviamente, in caso di dubbio, meglio pagare un po’ di contributi in più che avere grane dopo. Una gestione accorta riduce di molto la probabilità di contestazioni.
In caso comunque di ispezione, aver tenuto tutto documentato e in regola ti farà dormire sonni tranquilli e dedicare le energie al festival invece che alle aule di tribunale.
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Bibliografia e riferimenti normativi essenziali:
- D.L.C.P.S. 16/07/1947 n.708 – Previdenza obbligatoria lavoratori dello spettacolo (artt.3 e 6)
- D.M. 15/03/2005 – Esenzione Enpals formazioni orchestrali dilettanti (circ. Enpals 6/2005)
- L. 27/12/2006 n.296, comma 188 – Esenzione contributi eventi dilettantistici
- L. 24/12/2007 n.247, art.1 c.188 – (cd. Esenzione musicisti dilettanti)
- L. 27/12/2002 n.289, art.43 co.3 – Contributi ENPALS e diritti d’immagine (40%)
- Circ. ENPALS n.1/2004 – Applicazione art.43 L.289/02 (40% diritti)
- L. 11/12/2016 n.232, art.1 co.353 – Abolizione agibilità per dipendenti in sede (in L.205/2017 confluita)
- L. 27/12/2017 n.205, art.1 co. 353-356 – Modifiche obbligo agibilità spettacolo
- D.L. 14/12/2018 n.135 conv. L.12/2019, art.3-quinquies – Reintroduzione agibilità autonomi
- Mess. INPS n.1612/2019 – Obbligo agibilità e custodia certificato
- Cass. civ. Sez. Lav. ord. n.9396/2024 – Questione retroattività esonero agibilità dipendenti
- Cass. civ. Sez. Lav. n.16253/2018 – Contributi spettacolo dovuti anche su prestazioni non live (studio di registrazione)
- Cass. civ. Sez. Lav. ord. n.8414/2025 – Necessità prova scritta cessione diritti immagine per esclusione contributi
- Cass. civ. Sez. Lav. ord. n.21374/2023 – Conferma tetto 40% diritti d’immagine e onere prova
- D.P.R. 22/12/1986 n.917 (TUIR), artt.51, 53-54, 67 – Categorie di reddito
- D.P.R. 29/09/1973 n.600, art.25 – Ritenute 20% su autonomi e occasionali
- D.Lgs. 15/12/1997 n.446, art.2 – Nozione autonoma organizzazione IRAP
- Cass. SS.UU. n.9451/2016 – Principio esclusione IRAP professionisti senza organizzazione
- D.Lgs. 10/03/2000 n.74, art.10-bis – Reato omesso versamento ritenute > €150k (come modif. da D.Lgs. 158/2015 e D.Lgs. 87/2024) .
- C. Costituzionale n.175/2022 – Retroattività soglia penale omesso vers. ritenute .
- Cass. civ. Sez. I n.2464/2014 – Nullità contratto agente troppo ampio (caso Varese) .
- Circ. INPS n.44 del 19/02/2025 – Inquadramento previdenziale Content Creator .
- CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 giugno 2022, n. 20535 – L’art. 116, ultimo comma, della legge 23.12.2000, n. 388 stabilisce che il pagamento della contribuzione previdenziale effettuato in buona fede ad un ente previdenziale pubblico diverso dal titolare ha effetto liberatorio nei confronti del contribuente e che l’ente previdenziale, che ha ricevuto il pagamento, deve provvedere a trasferire le somme indebitamente introitate, senza aggravio di interessi, all’ente titolare della contribuzione
Hai ricevuto una contestazione dall’Agenzia delle Entrate per compensi percepiti nell’ambito di spettacoli, eventi o attività artistiche non dichiarati o dichiarati in modo non corretto? Fatti Aiutare da Studio Monardo
Hai ricevuto una contestazione dall’Agenzia delle Entrate per compensi percepiti nell’ambito di spettacoli, eventi o attività artistiche non dichiarati o dichiarati in modo non corretto?
Vuoi sapere quali sono i rischi e come puoi difenderti da queste accuse?
Il settore dello spettacolo e degli eventi è molto controllato dal Fisco: cachet, rimborsi spese, contratti di ingaggio, compensi accessori e sponsorizzazioni devono essere dichiarati correttamente. Spesso le contestazioni nascono da controlli incrociati tra organizzatori, SIAE, agenzie di booking e movimenti bancari.
👉 Non sempre, però, le contestazioni dell’Agenzia sono fondate: in molti casi si tratta di errori formali o di redditi che non hanno natura imponibile.
⚖️ Perché scatta la contestazione
- Compensi per spettacoli o concerti non dichiarati nella dichiarazione dei redditi;
- Rimborsi spese scambiati dal Fisco per compensi imponibili;
- Incongruenze tra i cachet pagati dagli organizzatori e quelli dichiarati;
- Contratti non registrati o pagamenti “in nero”;
- Segnalazioni provenienti da SIAE, associazioni o enti di gestione collettiva.
📌 Conseguenze possibili
- Recupero delle imposte non versate;
- Sanzioni dal 90% al 180% dell’imposta evasa;
- Interessi di mora;
- Nei casi più gravi, procedimenti penali tributari per dichiarazione infedele o omessa dichiarazione.
🔍 Come difendersi
- Analizza la contestazione: verifica quali compensi l’Agenzia delle Entrate ritiene non dichiarati.
- Raccogli la documentazione: contratti di ingaggio, ricevute di pagamento, fatture, rimborsi spese dettagliati.
- Dimostra la natura delle somme: differenzia compensi veri e propri da rimborsi o indennità non imponibili.
- Contesta le presunzioni: il Fisco deve dimostrare con prove concrete l’esistenza di redditi non dichiarati.
- Predisponi memorie difensive o ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per annullare o ridurre la pretesa.
🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
- 📂 Analizza le contestazioni sui compensi da spettacoli ed eventi;
- 📌 Ricostruisce la natura dei redditi percepiti e la loro corretta qualificazione fiscale;
- ✍️ Predispone memorie difensive e ricorsi contro accertamenti sproporzionati;
- ⚖️ Ti rappresenta nel contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate e nei giudizi tributari;
- 🔁 Valuta soluzioni alternative, come adesione o definizione agevolata per ridurre sanzioni e interessi.
🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
- ✔️ Avvocato esperto in fiscalità del settore spettacolo e intrattenimento;
- ✔️ Specializzato in contenzioso tributario e difesa da accertamenti su compensi artistici;
- ✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Le contestazioni su compensi da spettacoli ed eventi possono essere pesanti, ma non sempre sono corrette: il Fisco spesso confonde rimborsi, anticipi o somme non imponibili con compensi veri e propri.
Con una difesa legale mirata puoi dimostrare la reale natura dei redditi, ridurre le pretese del Fisco e proteggere la tua attività artistica e professionale.
📞 Contatta subito l’Avv. Giuseppe Monardo per una consulenza riservata: la tua difesa contro le contestazioni sui compensi da spettacoli inizia qui.