Hai affittato un immobile con locazioni brevi e hai ricevuto una contestazione dall’Agenzia delle Entrate per omissione dei canoni percepiti? I redditi da locazioni brevi, anche se incassati tramite piattaforme online come Airbnb o Booking, devono essere dichiarati e sono soggetti a imposta. Il Fisco effettua controlli sempre più mirati incrociando i dati ricevuti dalle piattaforme digitali, e in caso di omissione può emettere accertamenti con sanzioni e interessi.
Cosa sono le locazioni brevi
Per locazioni brevi si intendono i contratti di affitto di durata non superiore a 30 giorni, stipulati da persone fisiche al di fuori dell’attività d’impresa. Possono comprendere anche servizi accessori (pulizie, biancheria) e devono essere dichiarati fiscalmente come:
– Redditi fondiari con tassazione ordinaria IRPEF, oppure
– Redditi assoggettati a cedolare secca al 21% (o al 26% per intermediari che non versano la ritenuta)
Quando scattano le contestazioni del Fisco
– Se i canoni percepiti non risultano nella dichiarazione dei redditi
– Se i dati trasmessi dalle piattaforme digitali non coincidono con quanto dichiarato
– Se i pagamenti ricevuti non risultano tracciati o documentati
– Se i contratti di locazione non sono stati registrati quando richiesto
– Se l’attività è considerata svolta in forma imprenditoriale ma dichiarata come reddito privato
Cosa rischi in caso di omissione dei canoni
– Recupero delle imposte non versate sui canoni di locazione
– Applicazione di sanzioni dal 90% al 180% delle imposte dovute
– Interessi di mora che aumentano progressivamente il debito fiscale
– Possibile contestazione di dichiarazione infedele se i redditi omessi superano le soglie penali
– Avvio di procedure esecutive come pignoramenti e ipoteche in caso di mancato pagamento
Come difendersi da una contestazione
– Dimostrare che i canoni sono stati regolarmente dichiarati o che i dati contestati sono errati
– Presentare contratti, ricevute di pagamento e documentazione bancaria
– Contestare eventuali duplicazioni di redditi già tassati in Italia o all’estero
– Dimostrare che alcune somme non costituiscono reddito imponibile (ad esempio cauzioni non incassate come reddito)
– Impugnare l’avviso di accertamento davanti alla Corte di Giustizia Tributaria entro i termini previsti
Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare l’avviso ricevuto e verificare la legittimità della contestazione
– Raccogliere le prove documentali necessarie a dimostrare la correttezza fiscale del contribuente
– Contestare l’affidabilità dei dati trasmessi dalle piattaforme quando incompleti o errati
– Difendere il contribuente nel contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate o in sede di ricorso
– Negoziare soluzioni come l’accertamento con adesione per ridurre sanzioni e interessi
Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale della contestazione
– La riduzione significativa delle sanzioni applicate
– La sospensione delle procedure esecutive collegate
– La tutela del patrimonio familiare e personale
– La possibilità di pagare solo quanto realmente dovuto
⚠️ Attenzione: i controlli sulle locazioni brevi si basano su dati trasmessi in automatico dalle piattaforme, ma questi non sono sempre completi o corretti. Una difesa documentale mirata può ribaltare la contestazione.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in difesa tributaria – ti spiega come affrontare le contestazioni per omissione di canoni da locazioni brevi e quali strategie adottare per proteggerti.
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Introduzione
Le locazioni brevi (come gli affitti turistici tipo Airbnb) hanno una disciplina peculiare in Italia, sia sul piano fiscale sia su quello civilistico. Da un lato, il proprietario/host deve rispettare obblighi tributari (dichiarazione dei redditi, cedolare secca, imposta di soggiorno, Codice Identificativo ecc.); dall’altro, in caso di omesso pagamento dei canoni il locatore può agire con sfratto o ingiunzione, coinvolgendo il conduttore in procedure legali. In questa guida avanzata – aggiornata ad agosto 2025 – esamineremo cosa succede quando i canoni di locazione derivanti da affitti brevi vengono omessi, e come può difendersi chi si trova nella posizione di debitore (sia esso il locatore che non ha dichiarato i redditi o versato tasse, sia il conduttore che non ha pagato l’affitto).
Tratteremo dapprima il quadro normativo italiano sulle locazioni brevi e le recenti novità (PNRR2, D.L. 39/2024, Decreto “Anticipi” 145/2023, Legge di Bilancio 2024, ecc.), con sentenze aggiornate e riferimenti normativi per avvocati e addetti ai lavori. Approfondiremo i profili fiscali (omessa dichiarazione dei canoni al Fisco, sanzioni tributarie e difese) e i profili civilistici (azioni del locatore per morosità, sfratto, obbligo di mediazione, tutela del conduttore). Troverete tabelle riepilogative delle principali regole e sanzioni, simulazioni pratiche di scenari tipici (in ambito italiano) e una sezione finale di Domande & Risposte per chiarire i dubbi più comuni dal punto di vista del debitore.
Il linguaggio usato è giuridico ma divulgativo, adatto sia a professionisti legali sia a proprietari e inquilini non specialisti. L’obiettivo è fornire una guida completa su come affrontare le conseguenze dell’omissione dei canoni di locazione nelle locazioni brevi e difendersi efficacemente, alla luce delle ultime norme e pronunce giurisprudenziali.
Quadro normativo delle locazioni brevi in Italia
Definizione di “locazione breve” – In ambito fiscale italiano, per locazioni brevi si intendono i contratti di affitto di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, stipulati da persone fisiche al di fuori dell’esercizio d’impresa . Questa definizione, introdotta dall’art. 4 del D.L. 50/2017 (conv. L. 96/2017), include anche contratti che prevedono servizi accessori di fornitura biancheria o pulizia locali, purché restino prestazioni marginali non equiparabili a servizi alberghieri . In pratica, il proprietario privato può offrire lenzuola pulite, asciugamani e pulizia finale senza perdere lo status di locazione breve; mentre servizi tipici degli hotel (colazione, reception continua, riassetto giornaliero, noleggio auto, tour, pasti, ecc.) farebbero uscire il rapporto dalla “pura” locazione breve, configurando un’attività ricettiva imprenditoriale .
Ambito di applicazione – La disciplina delle locazioni brevi si applica solo agli immobili abitativi (categorie catastali A, esclusi uffici A/10) locati per finalità turistiche o comunque transitorie . È irrilevante che l’immobile si trovi in una città turistica o meno: conta la breve durata e la temporaneità dell’esigenza dell’ospite . Un contratto di durata oltre 30 giorni esula da questa disciplina e segue le regole ordinarie delle locazioni (obbligo di registrazione entro 30 giorni, tassazione IRPEF ordinaria salvo opzione cedolare 21%, ecc.) . Non vi è un limite massimo annuale di giorni affittabili complessivamente (il limite di 30g riguarda il singolo contratto con uno specifico ospite); tuttavia, se l’attività diviene sistematica e organizzata, può scattare la qualificazione come attività d’impresa, come vedremo tra poco .
Contratto e registrazione – I contratti di locazione breve non sono soggetti a registrazione fiscale se la durata non supera i 30 giorni nell’anno con lo stesso inquilino . Ciò significa niente imposta di registro né obbligo di comunicazione all’Agenzia Entrate, a differenza delle locazioni più lunghe. Si consiglia comunque di formalizzare per iscritto un mini-contratto o lettera di conferma con gli ospiti, per chiarezza su termini e condizioni, anche se non va registrato . Se invece la locazione (anche turistica) supera i 30 giorni, va registrata come qualsiasi altro contratto, con applicazione delle regole ordinarie (regime fiscale IRPEF o cedolare secca al 21% se prima casa o uso abitativo, etc., e soprattutto con le tutele della L. 431/1998 se uso abitativo non turistico).
Limiti e presunzione di attività d’impresa – Una norma cruciale introdotta dalla Legge n. 178/2020 (Bilancio 2021) ha fissato un limite quantitativo per distinguere locatore “privato” da attività imprenditoriale: se un proprietario destina più di 4 appartamenti per locazioni brevi nello stesso anno d’imposta, l’attività si presume svolta in forma imprenditoriale . Fino a 4 unità affittate brevemente si resta nell’alveo privato (redditi fondiari o diversi, cedolare secca applicabile); dal 5° immobile in su scatta ex lege la presunzione assoluta di impresa . Ciò vale indipendentemente dalla forma giuridica (anche se è una persona fisica): ad esempio, se affitto 5 case per periodi brevi, i relativi proventi saranno considerati redditi d’impresa, con obbligo di partita IVA e regime fiscale imprenditoriale (niente cedolare secca) .
Va peraltro precisato che anche al di sotto del limite di 4 immobili può configurarsi attività d’impresa in concreto se ricorrono ulteriori indici di professionalità: p.es. la presenza di una struttura organizzata, l’impiego di dipendenti o la fornitura di servizi aggiuntivi non meramente accessori (colazione, trasporti, tour, etc.) . La stessa Agenzia delle Entrate (Circolare 24/E/2017) ha escluso espressamente che formule come bed & breakfast o case vacanze gestite con partita IVA possano rientrare nel regime agevolato delle locazioni brevi, trattandosi a tutti gli effetti di attività commerciali soggette a tassazione d’impresa . Dunque, la linea di demarcazione è: fino a 4 immobili e senza organizzazione imprenditoriale => regime “privato” (cedolare possibile); oltre tali soglie => si fuoriesce dalla disciplina delle locazioni brevi agevolate.
Tabella – Locazione breve (privata) vs. Attività ricettiva imprenditoriale
Caratteristica | Locatore privato (locazione breve) | Attività imprenditoriale (affitti brevi business) |
---|---|---|
Durata contratti | ≤ 30 giorni per singolo contratto | Può eccedere 30g, ma oltre 30g esce da “breve” (segue regole L.431/98 se abitativa) |
Numero di immobili affittati/anno | Fino a 4 unità (oltre si presume impresa) | 5 o più unità ⇒ presunzione iuris et de iure di impresa |
Servizi offerti | Solo servizi accessori basilari (es. pulizie finali, biancheria) | Servizi aggiuntivi tipo alberghieri (colazione, reception, escursioni, etc.) → indicano attività professionale |
Regime fiscale redditi | Redditi fondiari (o “diversi” se sublocazione) dichiarati in quadro RL. Cedolare secca 21% (o 26% oltre prima unità, v. infra) applicabile . Niente IRAP salvo organizzazione eccedente lavoro personale . | Redditi d’impresa (in quadro RF o RG). No cedolare secca (non ammessa per redditi imprenditoriali), ma tassazione IRPEF/IRES ordinaria + addizionali. Possibile applicabilità IRAP se ricavi e organizzazione rilevanti (valutazione caso per caso) . |
Partita IVA / SCIA | Non richiesta se attività occasionale non organizzata. In molte Regioni, però, è necessaria una SCIA anche per case vacanze non imprenditoriali (spesso ammesso fino a 3 immobili senza P.IVA) . | Obbligatoria: va aperta P.IVA, presentata SCIA commerciale al Comune, iscrizione registro imprese ecc. come per ogni struttura ricettiva professionale. |
Obblighi contabili | Nessuna contabilità IVA, né registri (trattandosi di redditi privati). Tenere traccia incassi/pagamenti (es. estratti conto, ricevute Airbnb) per eventuali controlli . | Tenuta scritture contabili IVA e registro corrispettivi se dovuti. Fatturazione ai clienti (se l’attività rientra nel campo IVA – NB: la locazione di immobili abitativi da parte di impresa è esente IVA, salvo opzione o servizi extra). |
Contratto di locazione | Libero, forma scritta consigliata ma no registrazione se ≤30g . Può essere qualificato come “locazione turistica” ex art. 1, co.2, lett. c) L. 431/98 (che infatti esclude le locazioni esclusivamente turistiche dall’ambito di applicazione della legge sulle locazioni abitative). | Se attività alberghiera/extralberghiera: spesso non si fa un contratto di locazione, ma una ricevuta/fattura per servizio di alloggio. Se formalizzato come locazione, comunque va registrato se >30g. |
Novità normative 2024–2025 – Negli ultimi due anni il legislatore è intervenuto più volte sul settore degli affitti brevi, con l’obiettivo di contrastare l’evasione fiscale e l’abusivismo, e mitigare l’impatto dell’overtourism nelle città d’arte. Ecco le principali modifiche entrate in vigore tra fine 2023 e 2025:
- Aliquota cedolare 26% oltre il primo immobile (dal 2024) – La Legge di Bilancio 2024 (L. 197/2023, art. 1 co. 70) ha inasprito il regime fiscale: dal 1° gennaio 2024, sui redditi da locazioni brevi relativi a seconde e successive unità immobiliari si applica un’aliquota del 26% in sede di cedolare secca . Resta la possibilità di mantenere l’aliquota agevolata 21% ma solo per un immobile all’anno, da indicare espressamente in dichiarazione dei redditi . Questa modifica, valida per i redditi 2024 in poi, implica che chi affitta più di una casa come privato pagherà più imposte sulle ulteriori (un chiaro deterrente alla multiproprietà in affitto breve) .
- Banca dati nazionale e Codice Identificativo Nazionale (CIN) – È stato istituito un Codice Identificativo Nazionale univoco per ogni immobile destinato a locazione breve o attività ricettiva. Previsto inizialmente dal Decreto “Aiuti-quater” (D.L. 176/2022) e poi potenziato con il D.L. 145/2023 (Decreto “PNRR 2 – Anticipi”), il sistema è operativo dal 2 novembre 2024 . Dal 1° gennaio 2025 vige l’obbligo per chi affitta alloggi per finalità turistiche di registrarsi sulla piattaforma ministeriale (BDSR – Banca Dati Strutture Ricettive) e ottenere il CIN, da indicare in ogni annuncio online e da esporre all’esterno dell’immobile . Il CIN serve a identificare la struttura e incrociare i dati fiscali e statistici in tempo reale, consentendo controlli incrociati tra annunci e banche dati pubbliche . L’adempimento riguarda sia host privati occasionali sia operatori con P.IVA. Non sostituisce gli eventuali codici identificativi locali (CIR regionali): il locatore dovrà avere entrambi se richiesti .
- Sanzioni per mancata adozione del CIN – Le nuove norme prevedono pesanti sanzioni amministrative per chi omette di munirsi di CIN o di indicarlo negli annunci. In particolare, affittare un alloggio senza aver richiesto il codice (o pubblicare un annuncio privo di CIN) espone a una multa da 800 fino a 8.000 euro , con rimozione forzata dell’annuncio irregolare dalle piattaforme . La sanzione è applicata per ciascuna unità immobiliare violatrice. È prevista anche una sanzione (fino a 3.000 €) per i portali telematici che non verifichino la presenza del CIN negli annunci pubblicati . Si tratta di misure molto rigorose, volte a far emergere tutte le strutture abusive: un annuncio senza codice sarà facilmente individuabile e punibile . (NB: In conversione di legge si è discusso sulle soglie: inizialmente le multe erano 500–5.000 €, poi innalzate. Ad oggi le fonti ufficiali indicano max 8.000 € per locazione senza autorizzazione e max 5.000 € per omessa indicazione del codice negli annunci ).
- Requisiti di sicurezza anti-incendio – Sempre l’art. 13-ter D.L. 145/2023 (comma 7) ha esteso ai privati che affittano occasionalmente l’obbligo di dotare l’immobile di dispositivi minimi di sicurezza. Ogni unità locata brevemente deve avere rilevatori di gas combustibili e di monossido di carbonio funzionanti, nonché almeno un estintore portatile per piano, a norma di legge . Questo obbligo, in vigore dal 2023/2024, uniforma le locazioni brevi agli standard già previsti per B&B e affittacamere professionali (DM Interno 6/10/2021). Le FAQ ministeriali hanno chiarito che vale anche se si affitta una sola stanza di casa propria: ad esempio, affittando saltuariamente la cameretta, si deve comunque installare un rilevatore CO e dotarsi di un estintore . La mancata osservanza potrebbe comportare sanzioni amministrative locali e, in caso di incidenti, pesanti responsabilità civili e penali.
- Dichiarazione annuale dell’imposta di soggiorno – Dal 2023 è divenuto operativo l’obbligo per i gestori di strutture e locazioni turistiche di presentare entro il 30 giugno di ogni anno una dichiarazione riepilogativa all’Agenzia delle Entrate sull’imposta di soggiorno riscossa e versata nell’anno precedente . Tale adempimento, introdotto dal D.L. 34/2020 e D.M. 29/04/2022, centralizza il monitoraggio della tassa di soggiorno. In sostanza, oltre ai versamenti periodici al Comune, l’host deve inviare una dichiarazione unificata allo Stato. La mancata presentazione configura violazione formale con sanzione (solitamente 100-200 € per omissione dichiarativa) e può far scattare controlli incrociati.
- Minimum stay di 2 notti nei centri turistici – Novità rilevante sul piano regolatorio: il Decreto 145/2023 convertito ha dato facoltà ai Comuni capoluogo, città metropolitane e località ad alta tensione abitativa/turistica di imporre un soggiorno minimo di 2 notti per le locazioni brevi nel proprio territorio . Ciò mira a limitare gli affitti “mordi e fuggi” di singola notte, che accentuano i disagi da turismo intenso. Ad esempio, Firenze e Venezia hanno manifestato l’intenzione di attuare tale misura (ancorché debbano emanare regolamenti attuativi). Questa possibilità ha sollevato critiche dagli host, timorosi di perdere prenotazioni brevi, ma i Comuni la vedono come strumento per ridurre il turnover turistico nei centri storici e incentivare affitti di medio termine . Dunque chi offre affitti brevi dovrà verificare le delibere comunali: se vige un minimo 2 notti, non potrà legalmente affittare per 1 sola notte pena sanzioni locali.
- Altre novità – PNRR 2: Nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (seconda fase), il Governo ha puntato sulla digitalizzazione dei flussi turistici e lotta all’evasione: il “cruscotto” BDSR per i Comuni è un esempio (strumento presentato a giugno 2025 per consentire ai Comuni di geolocalizzare e controllare in tempo reale tutte le strutture registrate, evidenziando quelle senza CIN, ecc. ). Inoltre, progetti del PNRR riguardano la riqualificazione degli affitti abitativi (case per lavoratori del turismo finanziate, ecc.), ma esulano dalla materia fiscale in senso stretto. Il D.L. 39/2024 invece ha inciso poco sugli affitti brevi direttamente – si è trattato principalmente del decreto “Taglia crediti” sui bonus edilizi , in cui tuttavia vi è un chiaro richiamo all’evoluzione dinamica delle norme sugli affitti brevi come parte del quadro immobiliare . Possiamo dire che il 2024 è stato un anno di svolta normativa per gli affitti brevi, inserito in una strategia più ampia di riforma del settore turistico e abitativo.
(Segue approfondimento: regime fiscale e sanzioni…)
Profili fiscali: obblighi dichiarativi e difesa in caso di omessa dichiarazione dei canoni
Dal punto di vista tributario, i canoni percepiti per locazioni brevi vanno dichiarati e tassati secondo regole specifiche. L’omessa dichiarazione di questi redditi configura un’infedele dichiarazione dei redditi (o omessa dichiarazione tout court, nei casi più gravi) e può comportare pesanti sanzioni amministrative e, in ipotesi estreme, responsabilità penali. Esaminiamo prima gli obblighi fiscali dell’host e poi cosa accade e come difendersi in caso di omissioni.
Regime fiscale delle locazioni brevi: redditi fondiari o “cedolare secca”
I redditi derivanti da locazioni brevi effettuate da persone fisiche non imprenditori sono inquadrati come redditi fondiari (se il proprietario affitta immobili propri) oppure come redditi diversi (se sublocazione o locazione del comodatario) ai sensi dell’art. 4 D.L.50/2017 . Tali redditi concorrono al reddito complessivo IRPEF, ma la norma ha introdotto la possibilità di opzione per la cedolare secca – un’imposta sostitutiva piatta – con aliquota agevolata. Fino al 2023 l’aliquota cedolare era 21% per tutti i redditi da affitti brevi . Come visto, dal 2024 solo un immobile può godere del 21%, mentre i redditi da eventuali ulteriori immobili vanno tassati al 26% (sempre in cedolare) . In alternativa alla cedolare (o se non si hanno i requisiti per utilizzarla), i canoni saranno tassati con le aliquote IRPEF ordinarie progressive (23%-43% oltre certe soglie) più addizionali regionali/comunali.
Convenienza della cedolare – Nella maggior parte dei casi, la cedolare secca conviene al contribuente perché applica un’aliquota fissa moderata e sostituisce IRPEF e addizionali sui canoni, oltre a esonerare da imposta di registro e bollo . Ad esempio, un privato che affitta una casa per €10.000 annui pagherà €2.100 con cedolare 21%, mentre avrebbe pagato aliquote più alte in IRPEF se avesse già altri redditi elevati. È importante notare che l’imposta di soggiorno incassata dai turisti non costituisce reddito per l’host – va versata integralmente al Comune e non entra nella base imponibile IRPEF.
Intermediari e ritenuta del 21% – Una peculiarità del regime locazioni brevi è il ruolo attivo imposto agli intermediari immobiliari e ai portali online (Airbnb, Booking, ecc.) ai fini del controllo fiscale. L’art. 4 D.L. 50/2017 obbliga questi soggetti, se intervengono nel pagamento dei canoni, a operare una ritenuta del 21% sull’importo corrisposto al locatore, in qualità di sostituti d’imposta . Inoltre, devono trasmettere all’Agenzia delle Entrate entro il 30 giugno dell’anno successivo una comunicazione con i dati di tutti i contratti di locazione breve conclusi tramite il loro servizio . La finalità è duplice: da un lato, fornire al Fisco le informazioni per individuare redditi non dichiarati; dall’altro, assicurare un prelievo alla fonte di acconto (il 21% trattenuto potrà essere imputato in dichiarazione dall’host; se ha optato per cedolare secca, di fatto quella ritenuta esaurisce il suo debito d’imposta) .
Caso Airbnb e obblighi dei portali – È utile ricordare che questa “tassa Airbnb” è stata oggetto di contenzioso: Airbnb si oppose, ma il TAR Lazio (sent. n. 2207/2019) confermò l’obbligo di raccolta della cedolare e comunicazione nominativi . La vicenda è giunta fino alla Corte di Giustizia UE (caso C-83/21) e infine al Consiglio di Stato, che nell’ottobre 2023 con sentenza n. 9188 ha definitivamente convalidato la legittimità della normativa italiana . È stata annullata solo la parte che imponeva ai portali esteri senza stabile organizzazione la nomina di un rappresentante fiscale in Italia, ritenendola misura sproporzionata, ma restano in vigore tutti gli altri obblighi . Dal 2024 in poi, ci si attende che i portali applichino regolarmente la ritenuta del 21% su ogni pagamento agli host privati e trasmettano i dati al Fisco . In pratica, lo spazio per evadere è sempre più ridotto: i redditi percepiti tramite piattaforme saranno in gran parte già conosciuti all’Agenzia Entrate e tassati alla fonte. Chi non li inserisce in dichiarazione rischia sanzioni per dichiarazione infedele, ma difficilmente potrà nasconderli.
Imposta di soggiorno – Oltre all’IRPEF sui redditi, l’host deve riscuotere e versare (dove prevista) l’imposta di soggiorno ai Comuni. Introdotta dal D.Lgs. 23/2011, questa tassa locale (pochi euro a notte a persona) oggi è applicata in oltre 1.100 Comuni, incluse le locazioni brevi . Il gestore dell’alloggio funge da responsabile d’imposta: significa che deve riscuotere l’importo dai turisti e poi riversarlo al Comune, dichiarando periodicamente le presenze. In passato ci sono stati dubbi sulla natura di questo ruolo – alcuni Tribunali consideravano l’host un incaricato di pubblico servizio, punibile per peculato se tratteneva le somme. Dal 2020 il legislatore ha chiarito che così non è: il gestore è responsabile d’imposta in senso tributario, e le sue eventuali inadempienze si sanzionano solo in via amministrativa, non penale . Infatti, l’art. 13-quater D.L. 34/2019 (come modificato da L. 157/2019) ha qualificato formalmente l’host come “responsabile d’imposta” e la Legge 215/2021 (art. 5) ha depenalizzato retroattivamente il mancato versamento dell’imposta di soggiorno, ricondotto a illecito amministrativo . Pertanto, oggi chi non versa la tassa soggiorno può incorrere in una sanzione tributaria (di regola dal 100% al 200% dell’importo dovuto, in base ai regolamenti locali) e al più in un giudizio avanti la Corte dei conti per danno erariale, ma non risponde più di peculato neppure per fatti avvenuti prima del 2020 . Questa è un’evoluzione normativa fondamentale: in diverse città (Roma, Firenze) albergatori e host erano stati inizialmente incriminati, ora queste situazioni ricadono sotto le Commissioni Tributarie (oggi Corti di Giustizia Tributaria) e non in sede penale .
Riassumendo gli obblighi fiscali di un host privato in regola:
- Dichiarare in Unico PF i redditi lordi da affitti brevi percepiti nell’anno (nell’apposito quadro RL, indicando l’eventuale opzione cedolare secca). Se cedolare: dichiararli comunque, ma separati e tassati al 21% (o 26% oltre il primo immobile dal 2024).
- Conservare documentazione di supporto (contratti, ricevute, estratti conto, report di Airbnb/Booking) nel caso il Fisco chieda chiarimenti .
- Versare l’IRPEF/cedolare dovuta (acconti e saldo) nei termini ordinari. Le ritenute del 21% subite dal portale possono essere sottratte dall’imposta dovuta in dichiarazione (eccedenze eventualmente a credito).
- Adempiere alle comunicazioni periodiche: inviare la dichiarazione annuale dell’imposta di soggiorno entro il 30/6; comunicare eventuali presenze in Questura (Alloggiati Web) entro 24h; richiedere il CIN e riportarlo su ogni annuncio pubblico; installare i dispositivi di sicurezza e menzionarli nell’autodichiarazione sul portale BDSR.
- Se l’attività assume dimensioni rilevanti (oltre 4 immobili o con servizi extra): valutare il passaggio a regime imprenditoriale (apertura P.IVA e adeguamento fiscale), prima che sia l’Agenzia a contestare l’omessa dichiarazione di redditi d’impresa o l’omessa presentazione della dichiarazione IVA e dei contributi previdenziali dovuti .
Omissione dei canoni in dichiarazione: conseguenze e strategie difensive
Cosa succede se un host non dichiara i redditi da locazioni brevi? L’Agenzia delle Entrate, disponendo ormai di incroci dati (informative dalle piattaforme, codici CIN incrociati con codici fiscali, ecc.), individua le incongruenze e può procedere con un accertamento. In genere, prima di emettere un avviso formale, l’Agenzia invia al contribuente una “lettera di compliance” – un invito a regolarizzare spontaneamente la situazione . Ad esempio, molti host hanno ricevuto comunicazioni dove si legge: “dai dati in nostro possesso risulta che ha percepito redditi da locazioni brevi per €XX non dichiarati” . Questo è il momento migliore per correggere l’omissione con sanzioni ridotte.
Sanzioni amministrative – L’omessa o infedele dichiarazione di canoni di locazione breve comporta le stesse sanzioni previste per qualunque reddito non dichiarato. In particolare:
- Se il contribuente ha presentato la dichiarazione annuale ma dimenticando questi redditi (dichiarazione infedele), si applica una sanzione dal 90% al 180% dell’imposta evasa . L’imposta evasa è quella relativa ai canoni non dichiarati al netto di eventuali ritenute subite. Ad esempio, se ho incassato 5.000 € via Airbnb (senza altre ritenute) e non li ho dichiarati, l’IRPEF evasa potenziale è ~1.050 € (cedolare 21%); la sanzione base sarebbe 945 € (90%) fino a 1.890 € (180%) più interessi. Se invece avevo subito ritenute d’acconto, l’evasione effettiva può risultare minore o nulla, ma resterei sanzionabile per infedele dichiarazione (in misura fissa minima).
- Se il contribuente non ha proprio presentato la dichiarazione dei redditi pur dovendolo (omessa dichiarazione), la sanzione sale al 120% – 240% dell’imposta dovuta, con minimo €250. Per l’omessa dichiarazione scatta anche l’obbligo di presentare comunque il modello dichiarativo entro il 31 dicembre del quinto anno successivo (dichiarazione tardiva per sanare il reato, v. infra).
Va sottolineato che le sanzioni possono essere sensibilmente ridotte tramite gli istituti del ravvedimento operoso o dell’acquiescenza, se il contribuente collabora attivamente prima o subito dopo l’accertamento. Ad esempio, a seguito di lettera di compliance l’Agenzia consente il ravvedimento per dichiarazione infedele: la sanzione del 90% si riduce a 1/6 (15%) se ci si attiva spontaneamente dopo il controllo formale ma prima dell’avviso di accertamento . Se invece l’avviso è già stato notificato ma non si vuole fare ricorso, pagando entro 30 giorni si applica l’acquiescenza con sanzione ridotta a 1/3. È evidente dunque che muoversi presto conviene.
Esempio pratico: Luigi, proprietario, non ha dichiarato nel 2023 i redditi da Airbnb del 2022. Nel 2024 riceve una lettera di compliance dall’Agenzia Entrate che segnala €10.000 non dichiarati. Luigi, con l’aiuto di un tributarista, verifica i dati (in effetti corrispondono alle prenotazioni incassate) e decide di regolarizzare. Presenta dichiarazione integrativa per il 2022, optando per cedolare: l’imposta dovuta è €2.100. La sanzione del 90% (€1.890) può essere ravveduta a 1/5 (18%) perché l’invito è arrivato dopo un controllo (oggi la norma prevede 1/5 dopo PVC) o 1/6 in base alle circostanze . Luigi paga quindi circa €2.100 + €340 di sanzioni + interessi. Totale ~€2.500. In questo modo evita l’accertamento e ulteriori aggravi . Se avesse ignorato la lettera, l’Agenzia avrebbe emesso un avviso con sanzione piena 90% e probabilmente applicando imposta ordinaria più interessi dal 2018 (grazie ai 5 anni accertabili), con rischio di dover pagare ~€5.000 e aprire un contenzioso. La strategia di compliance gli ha fatto risparmiare circa 50% di sanzioni e chiudere subito la questione .
Rischio penale – L’omissione di canoni di locazione breve raramente sfocia nel penale, a meno che i redditi evasi siano molto ingenti. La normativa sui reati tributari (D.Lgs. 74/2000) prevede:
- Dichiarazione infedele (art.4) se l’imposta evasa supera €100.000 o i redditi non dichiarati superano il 10% del reddito dichiarato (comunque almeno €2 milioni). Questa ipotesi è difficile per i soli affitti brevi, a meno di importi davvero elevati.
- Omessa dichiarazione (art.5) se l’imposta evasa supera €50.000. Qui il rischio è più concreto se il contribuente proprio non presenta la dichiarazione. Tuttavia, considerando che sui canoni brevi l’aliquota cedolare è 21%, per evadere €50k di imposta bisognerebbe non dichiarare oltre €240.000 di redditi da affitto in un anno, cifra improbabile per un privato medio . In pratica, solo i grandi evasori seriali di affitti turistici rischiano soglie penali.
In ogni caso, va ricordato che il reato di omessa dichiarazione è non punibile se l’imposta evasa è inferiore a €50.000 . Inoltre, la presentazione della dichiarazione (anche se tardiva) prima che l’Amministrazione accerti il reato esclude la punibilità. Nel nostro contesto, ciò significa che se un host si ravvede e presenta un’integrativa pagando il dovuto prima di essere denunciato, mette al sicuro la propria posizione (oltre a evitare l’accusa morale di essere un evasore). Come evidenziato dagli esperti, per i redditi da locazione è difficile superare le soglie penali in un solo anno; in casi di omessa dichiarazione prolungata su più anni, bisogna valutare il cumulo, ma spesso interviene la prescrizione del reato (6 anni, estendibili a 8) . Dunque il rischio penale, pur teoricamente presente, rimane remoto nella maggioranza dei casi – a patto di non ignorare completamente gli obblighi per anni.
Accertamenti fiscali e come difendersi – Se non si è regolarizzato in tempo e si riceve un avviso di accertamento dall’Agenzia Entrate per redditi di locazioni brevi non dichiarati, è fondamentale esaminare la legittimità e il contenuto della pretesa. Ecco alcune possibili linee di difesa e azioni:
- Verificare l’iter e i termini: L’accertamento deve rispettare i termini di decadenza (31/12 del quinto anno successivo a quello di imposta, quindi ad es. entro fine 2026 per redditi 2021) e riportare l’eventuale contraddittorio con il contribuente se previsto. Se si è iscritti a tutela del contribuente, controllare se c’è stata la notifica di un invito a comparire o PV. Una mancanza qui potrebbe essere eccepita (in alcuni casi l’assenza di contraddittorio è motivo di nullità, se era obbligatorio).
- Errori nei calcoli o nei dati: Talvolta gli accertamenti basati su big data contengono errori (ad es. doppia conteggiare la stessa locazione, o attribuire all’host importi lordi comprensivi di fee trattenute dal portale). Bisogna confrontare i numeri contestati con la documentazione reale. Se l’Agenzia ha considerato imponibili somme che in realtà non erano redditi (es. cauzioni restituite, rimborsi spese, penali addebitate e poi trattenute da Airbnb per reclami), tali importi vanno scorporati segnalando la loro natura non reddituale . Esempio: se Airbnb trattiene €100 per un danno e li gira al vicino come risarcimento, quella non è una “locazione” in più, ma l’avviso potrebbe averla conteggiata come reddito. Occorre evidenziarlo con prove (contratto, ricevute).
- Contestare la riqualificazione d’impresa: L’Agenzia, in alcuni accertamenti, potrebbe riqualificare l’attività come imprenditoriale (soprattutto se risultano >4 immobili affittati o servizi aggiuntivi) e richiedere non solo IRPEF ma anche IVA e contributi. Il contribuente può difendersi sostenendo che mancano i requisiti dell’abitualità e dell’organizzazione necessari per l’impresa. Ad esempio citando la propria assenza di dipendenti, il carattere saltuario delle locazioni, il fatto di aver affittato 5° immobile solo eccezionalmente ecc. La presunzione legale >4 immobili è dura da vincere, essendo iuris et de iure (inderogabile) , ma si può puntare sul periodo d’imposta contestato (es. se in quell’anno erano 4 e non 5 immobili, la presunzione non opera) o su errori di calcolo del Fisco (magari ha contato una stanza affittata singolarmente come “immobile” distinto). Anche se l’attività era d’impresa, l’Agenzia deve provare che era tale in quell’anno, altrimenti la riqualificazione può essere annullata in giudizio.
- Ravvedimento durante il contenzioso: se ormai è tardi per il ravvedimento operoso, restano gli strumenti deflattivi come l’accertamento con adesione. Dopo aver ricevuto l’avviso, si può presentare istanza di adesione: la procedura sospende i termini del ricorso e permette di trattare con l’ufficio. Spesso in sede di adesione si ottiene una riduzione delle sanzioni (fino a 1/3) e si possono esporre elementi a proprio favore. È sempre consigliabile presentarsi al contraddittorio portando evidenza di buona fede (es. dimostrare di aver iniziato a dichiarare negli anni successivi, o che si ignorava di superare i limiti).
- Ricorso tributario: se non si raggiunge un accordo, si può ricorrere avanti la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado (ex Commissione Tributaria Provinciale) entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso (o entro 150 gg se si è fatta adesione, perché quella sospende 90 gg). Nel ricorso si potranno far valere vizi formali (es. difetto di motivazione dell’atto, mancata indicazione del responsabile del procedimento, omessa notifica di atti presupposti) e vizi sostanziali (errata quantificazione dei redditi, applicazione di sanzioni non dovute, decadenza termini, etc.).
Difendersi dall’accusa di evasione fiscale richiede quindi un mix di strategia tecnica (tempestività nell’adesione o ravvedimento) e sostanziale (portare elementi giustificativi, eventualmente testimonianze se qualche periodo l’immobile era sfitto ecc.). In ogni caso, la miglior difesa è prevenire: come sottolineano gli esperti, non dichiarare è altamente sconsigliato e con i nuovi controlli è quasi certo che prima o poi “vi beccheranno” . Meglio mettersi in regola spontaneamente piuttosto che affrontare avvisi e contenziosi.
Imposta di soggiorno non versata: accertamenti comunali e rimedi
Un’altra possibile omissione è non versare (o non dichiarare) la tassa di soggiorno incassata dai turisti. In tal caso il Comune, spesso grazie ai dati incrociati (CIN, Alloggiati Web, segnalazioni) può notificare un avviso di accertamento al gestore, richiedendo l’imposta non versata più sanzioni e interessi. Dal 2020 in poi, come detto, questo è un illecito amministrativo tributario, non penale .
Le sanzioni locali variano a seconda dei regolamenti: di solito si tratta di una somma pari al 30% dell’importo omesso per ogni mese di ritardo (secondo il Dlgs 471/97, se applicato) oppure una misura fissa (es. a Roma 2023 hanno applicato 200€ per omessa dichiarazione trimestrale e il 30% per il tardato pagamento). Inoltre, se l’host non ha proprio incassato la tassa dai clienti (magari per ignoranza o per attirare prenotazioni “tax free”), può vedersi richiedere comunque l’importo: infatti il regolamento spesso stabilisce che il gestore risponde in solido del pagamento dell’imposta anche se non l’ha materialmente prelevata dal turista.
Profili di difesa: In caso di contestazione del Comune, il responsabile può:
- Verificare eventuali errori: negli ultimi anni sono frequenti gli errori negli avvisi comunali. Ad esempio, Roma nel 2023 ha inviato migliaia di avvisi spesso errati, basati su dati duplicati o calcoli sbagliati. In molti casi gli host, presentando le ricevute dei versamenti effettuati, hanno ottenuto l’archiviazione in autotutela dell’atto (“cartelle pazze”) . Quindi prima di pagare è bene controllare se le somme richieste sono effettivamente dovute o se si è vittima di un errore (p.es. avevate già versato tutto regolarmente).
- Adempiere con ravvedimento/acquiescenza: alcuni Comuni prevedono la possibilità di regolarizzazione spontanea con sanzioni ridotte se si paga entro tot giorni dall’avviso bonario. Se ricevete un invito o sollecito, conviene pagare subito il dovuto perché spesso la sanzione viene ridotta di 2/3 (ad es. da 30% a 10%). Anche in fase di avviso formale, molti Comuni applicano la riduzione 1/3 se paghi senza ricorrere. Informatevi sul regolamento locale.
- Ricorso (Corte Giust. Tributaria): L’imposta di soggiorno è un tributo, quindi gli avvisi di accertamento vanno impugnati davanti al giudice tributario entro 60 giorni. Motivi di ricorso tipici: a) Prescrizione/decadenza: la legge nazionale prescrive 5 anni per accertare i tributi locali; se il Comune notifica oltre tale termine, l’atto è nullo. b) Notifica irregolare: es. se inviano via PEC a indirizzo errato o oltre l’orario di legge. c) Violazione di legge: contestare che l’host non ha responsabilità se non ha incassato la tassa (tesi però debole, perché è responsabile d’imposta per legge). d) Errori di calcolo o duplicazioni: come sopra, far valere eventuali pagamenti già effettuati.
- Niente penale: Se l’accertamento riguarda annualità antecedenti al 2020 in cui non avete versato parecchie migliaia di euro, potreste temere il peculato. Ma come detto, la legge del 2021 ha depenalizzato retroattivamente queste condotte . Dunque, a meno che non vi siano casi eccezionali di dolo gravissimo, non rischiate un procedimento penale per aver trattenuto la tassa di soggiorno – la conseguenza è solo amministrativa (ed eventualmente contabile in Corte dei Conti se il Comune lo ritiene opportuno per cifre enormi) . Ci sono stati albergatori che avevano incassato decine di migliaia di euro senza versarli e inizialmente accusati di peculato; ora la loro posizione è stata convertita in debito erariale tributario. Questo toglie un peso notevole: oggi il gestore può regolarizzare la tassa soggiorno arretrata versando il dovuto con sanzioni, senza macchiarsi la fedina penale.
- Migliore condotta futura: se siete incorsi in una svista, è bene da subito (anche prima dell’udienza di ricorso) iniziare a rispettare scrupolosamente l’obbligo d’ora in avanti e magari segnalare al Comune le misure correttive prese. Nei procedimenti tributari, mostrare di aver cambiato condotta e di essere collaborativi può aiutare, se non altro, a ottenere un trattamento più mite (talora i Comuni in fase di conciliazione rinunciano a parte delle sanzioni se il contribuente versa prontamente il tributo dovuto). E ricordate: la comunicazione alla Questura degli alloggiati (art. 109 TULPS) è un obbligo parallelo ma distinto – la cui omissione può avere anch’essa sanzioni e in casi estremi rilevanza penale (solo se reiterata più volte, art. 17 TULPS). Tuttavia, questi aspetti esulano dall’accertamento tributario stretto ; basti dire che conviene sempre mettersi in regola tempestivamente anche con la Polizia di Stato per eventuali mancati invii schedine, onde evitare guai ulteriori.
In sintesi, sul fronte fiscale la difesa del debitore (sia per IRPEF sui canoni non dichiarati che per imposta di soggiorno non versata) si basa su: conoscenza delle regole (soglie, sanzioni, termini), massimizzazione degli istituti premiali (ravvedimento, adesione, ecc.), e contestazione puntuale di eventuali errori dell’Amministrazione. La recente evoluzione normativa (PNRR, digitalizzazione) ha aumentato la capacità di scoperta delle omissioni ma ha anche chiarito alcuni ambiti di incertezza (es. niente più peculato). Un proprietario informato può prevenire il peggio e, se colto in fallo, attutire il colpo attivandosi subito e facendo valere i propri diritti nelle sedi opportune.
Profili civilistici: morosità nelle locazioni brevi, sfratto e tutele del conduttore
Passiamo ora al caso in cui sia il conduttore/inquilino a omettere il pagamento dei canoni pattuiti in una locazione breve. Questa situazione – per certi versi meno frequente rispetto alle morosità nei contratti di lungo termine, poiché di solito negli affitti brevi il pagamento è anticipato o garantito dalla carta di credito – può comunque verificarsi (ad es. mancato saldo finale, ospite che prolunga la permanenza senza pagare, ecc.). Vediamo quali sono gli strumenti a disposizione del locatore per recuperare i canoni omessi e ottenere la liberazione dell’immobile, e quali difese e diritti ha il conduttore “debitore” in queste circostanze.
Inadempimento e risoluzione del contratto di locazione breve
Una locazione turistica breve è pur sempre un contratto di locazione, soggetto alle norme del codice civile (artt. 1571 c.c. segg.) e, per quanto non derogate, alla disciplina generale delle locazioni. Tuttavia, importante differenza: le locazioni ad uso abitativo di durata ≤30 giorni non rientrano nell’ambito di applicazione della L. 431/1998 (che regola le locazioni abitative ordinarie) e neppure della L. 392/1978 (che in parte è stata sostituita dalla 431/98 per gli usi abitativi). Ciò significa che talune tutele tipiche dell’inquilino “residenziale” non si applicano agli affitti brevi. Ad esempio, non c’è rinnovo automatico, né necessità di disdetta formale a fine periodo (il contratto breve cessa alla scadenza senza bisogno di preavviso) e – questione rilevante – non è chiaro se si applichi il beneficio della “purgazione della morosità” di cui all’art. 55 L. 392/78. Tale norma concede al conduttore moroso in affitti abitativi la facoltà di evitare lo sfratto pagando tutti i canoni scaduti più spese entro un termine di grazia (max 90 giorni) concesso dal giudice, ma locazioni turistiche brevi e transitorie non sono soggette alla L. 392/78 né alla L. 431/98 . Quindi, in linea di principio, un inquilino in morosità in un affitto breve non ha diritto legale a una sanatoria automatica, salvo diversa previsione contrattuale o tolleranza del locatore.
Detto ciò, vediamo le possibili azioni del locatore di fronte a un mancato pagamento:
- Sfratto per morosità: Il locatore può intimare lo sfratto per morosità anche in corso di locazione breve, se l’inquilino non paga quanto dovuto. L’iter è quello previsto dal codice di procedura civile (artt. 657 ss. c.p.c.): si notifica al conduttore un’intimazione di sfratto e contestuale citazione per la convalida davanti al tribunale competente (generalmente, Tribunale – sezione civile affari locatizi). Nella convocazione, il locatore indicherà i canoni scaduti e non pagati e chiederà la risoluzione del contratto e la consegna dell’immobile. Nota: Nel caso di locazione breve, spesso la scadenza contrattuale è ravvicinata; può capitare che alla data dell’udienza di sfratto il termine naturale del contratto sia già decorso. In tal caso il procedimento può essere convertito in sfratto per finita locazione (se il problema è solo che l’inquilino non libera l’immobile) oppure può proseguire per i soli profili di morosità (se rimane l’interesse a recuperare i canoni arretrati).
- Sfratto per finita locazione: Se l’affittuario trattiene l’immobile oltre la scadenza del contratto breve (magari senza pagare ulteriori indennità), il locatore può intimare uno sfratto per finita locazione, cioè chiedere la convalida della cessazione del contratto alla data stabilita. Questo procedimento non riguarda il mancato pagamento in sé, ma serve a ottenere rapidamente un titolo esecutivo per il rilascio. Anche qui, se il conduttore non compare o non si oppone, il giudice convalida lo sfratto e fissa la data di esecuzione.
- Decreto ingiuntivo per i canoni non pagati: In aggiunta o in alternativa allo sfratto, il locatore può agire per il recupero del credito. Uno strumento veloce è il decreto ingiuntivo: trattandosi di somme dovute da contratto scritto, il locatore può chiedere al giudice un decreto ingiuntivo per i canoni non versati. Questo può essere utile se, ad esempio, l’inquilino ha già lasciato l’immobile (quindi lo sfratto non serve) ma restano insoluti dei pagamenti. Il decreto ingiuntivo, una volta emesso, va notificato al conduttore che ha 40 giorni per fare opposizione. Se non oppone, diventa definitivo e il locatore può procedere con esecuzione forzata (pignoramenti) sui beni del conduttore.
Obbligo di mediazione – Le controversie in materia di locazione rientrano tra quelle soggette a mediazione civile obbligatoria (D.Lgs. 28/2010, art. 5) come condizione di procedibilità . Ciò significa che, in generale, prima di arrivare a una sentenza su questioni locatizie, le parti devono tentare una conciliazione davanti a un mediatore professionista. Tuttavia, la legge stessa prevede alcune eccezioni: nei procedimenti di sfratto per morosità o finita locazione, fino alla pronuncia sulla convalida (art. 667 c.p.c.), la mediazione non è richiesta . In pratica, il locatore può attivare subito lo sfratto senza avviare una mediazione; se però l’inquilino si oppone e lo sfratto viene “convertito” in un giudizio ordinario (a rito locatizio), allora a quel punto il giudice istruttore dovrà disporre il tentativo di mediazione obbligatoria prima di procedere oltre. Lo confermano anche le Sezioni Unite della Cassazione: la condizione di procedibilità della mediazione riguarda solo l’atto introduttivo del giudizio e non le domande riconvenzionali o le fasi successive . Dunque, ad esempio, se nel corso del giudizio l’inquilino propone una domanda riconvenzionale (es. risarcimento danni), non occorre avviare una nuova mediazione per essa – conta quella già eventualmente svolta per la domanda principale . La Cassazione (SU 3452/2024) ha sottolineato che imporre un nuovo tentativo per ogni riconvenzionale sarebbe eccessivamente oneroso e contrario alla ratio deflattiva della mediazione .
Difese del conduttore moroso – Dal punto di vista del conduttore (debitore dei canoni), quali strumenti di difesa esistono per evitare o ritardare lo sfratto e minimizzare gli esborsi?
- Pagamento della morosità (sanatoria): Anche se la legge 431/98 non si applica, nulla impedisce al conduttore di presentarsi all’udienza di sfratto con i soldi in mano e pagare tutti i canoni arretrati, interessi e spese legali al locatore. In tal caso, spesso il locatore rinuncia allo sfratto (perché ha ottenuto quanto dovuto) e il contratto prosegue fino alla scadenza. Nei contratti “liberi” (non protetti dalla 431/98) non c’è un diritto automatico alla purgazione, ma i giudici talvolta – in ossequio ai principi generali di buona fede – possono concedere un breve termine se vedono la disponibilità di saldare. Di sicuro, pagare spontaneamente prima dell’udienza mette il locatore in una posizione in cui difficilmente potrà sostenere di aver ancora urgenza di mandar via l’inquilino. Attenzione: se però il locatore ha anche interesse a liberare l’alloggio (magari perché c’è un nuovo ospite in arrivo), potrebbe insistere nello sfratto nonostante il pagamento, accettando la sanatoria solo ai fini del credito ma non rinunciando alla risoluzione. La possibilità di questo atteggiamento dipenderà dal contratto e dalle circostanze (es. se la morosità ha fatto venir meno la fiducia e il termine contrattuale sta scadendo, il locatore potrebbe preferire riottenere l’immobile comunque).
- Opposizione con cause di merito: Il conduttore può opporsi alla convalida dello sfratto, esponendo le sue ragioni. L’opposizione dev’essere formulata in udienza (anche senza avvocato in quella fase) manifestando “intenzione di fare opposizione”; il giudice allora nega la convalida e fissa udienza di merito successiva. Su cosa basare l’opposizione? Ci devono essere motivi seri: ad esempio, l’inquilino può eccepire un inadempimento del locatore che giustifica il mancato pagamento (exceptio inadimpleti contractus). Se, poniamo, l’immobile presentava vizi gravi o servizi essenziali non funzionanti (riscaldamento rotto, infiltrazioni d’acqua) e il conduttore ha comunicato il problema chiedendo una riduzione del canone, potrebbe sostenere di aver sospeso o ridotto il pagamento per legittima autotutela. La legge ammette, in caso di vizi dell’immobile che ne diminuiscono il godimento, una proporzionata riduzione del canone (art. 1584 c.c.), salvo patto contrario. Quindi il giudice valuterà se la morosità è “colpevole” o se c’è qualche fondamento. Se il conduttore prova, ad esempio, che per metà del soggiorno l’alloggio era privo di luce e acqua e il locatore non è intervenuto, potrebbe ottenere di pagare solo una parte del dovuto, evitando lo sfratto per il residuo. Altre possibili difese: contestare il quantum richiesto (es. il locatore ha conteggiato più del dovuto, magari pretendendo penali non pattuite), oppure allegare un accordo intervenuto (es. “il locatore mi aveva promesso uno sconto che ora non riconosce”). Si tratta di eccezioni da provare con documenti o testimoni. Se l’opposizione appare manifestamente infondata, il giudice può emettere un’ordinanza immediata di rilascio, nonostante penda il giudizio (art. 665 c.p.c.). Se invece ravvisa che c’è qualcosa da discutere, il procedimento proseguirà come causa ordinaria e l’inquilino potrà articolare prove.
- Termine di grazia: Nel giudizio di sfratto per morosità, il giudice – se ne ricorrono i presupposti – può concedere un termine (da 30 a 90 giorni) al conduttore per sanare la morosità, ai sensi dell’art. 55 L. 392/78, quando applicabile. Come detto, nel caso di locazioni “turistiche” brevi la normativa speciale è discutibilmente applicabile. Alcuni tribunali potrebbero negare il termine di grazia ritenendo che il contratto non rientra nella legge sull’equo canone; altri potrebbero concederlo in via analogica, specie se la locazione è abitativa sia pure breve. In ogni caso, se il conduttore chiede un termine di grazia e mostra la volontà di pagare, vale la pena tentare. Pagando entro il termine tutti gli arretrati più interessi legali e spese, si evita la risoluzione del contratto (lo sfratto viene revocato). Da notare: il termine di grazia si può ottenere solo una volta; se poi il conduttore ricade in morosità nei 2 anni successivi, non potrà averne un altro (art. 55, ult. co.).
- Mantenere il possesso e ritardare: Dalla prospettiva del debitore, talvolta l’interesse primario è guadagnare tempo, ad esempio per organizzare il trasloco. Opporsi allo sfratto – anche senza solidi motivi – può di fatto allungare i tempi di qualche mese. Infatti, con l’opposizione il procedimento diventa ordinario e l’esecuzione non è immediata (salvo ordinanze come detto). Il giudice può tuttavia emettere ordine di pagamento dei canoni correnti ex art. 668 c.p.c.: in pratica intima all’inquilino di versare nelle more i canoni che maturano, pena l’esecuzione provvisoria dello sfratto. Se il conduttore vuole solo prendere tempo senza pagare nulla, questa strategia ha vita breve, perché appena inadempie all’ordine di pagamento, l’attore può chiedere l’esecutorietà. Se invece riesce a pagare il corrente, può prolungare la permanenza fino alla decisione. Questa tattica va usata con cautela e buona fede, perché se l’opposizione è temeraria il giudice potrebbe condannare il conduttore a spese e a una indennità d’occupazione maggiore.
- Mancata registrazione contratto: Un’ultima difesa “tecnica” per il conduttore può essere verificare se il contratto doveva essere registrato ed eventualmente non lo è. Abbiamo detto che sotto i 30g non c’è obbligo di registrazione a fini fiscali. Ma attenzione: se il contratto di locazione turistica ha durata di fatto superiore a 30g (ad esempio un contratto fittiziamente fatto di 2 settimane ma rinnovato di continuo ogni mese), l’Agenzia Entrate potrebbe considerarlo unitariamente >30g, colpevolizzando il locatore per mancata registrazione. Un contratto di locazione non registrato, ai sensi dell’art. 1, comma 346 L. 311/2004, è civilmente nullo. La nullità per omessa registrazione (oggi pacificamente affermata dalla Cassazione) implica che il locatore non può agire per canoni basati su un contratto nullo. In passato, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittime sanzioni eccessive contro il locatore inadempiente, ma la nullità civilistica del contratto non registrato nei termini rimane operante in giurisprudenza. Questo significa che – se applicabile – il conduttore potrebbe eccepire la nullità del contratto come eccezione di merito: “il locatore mi chiede canoni sulla base di un contratto non registrato e dunque nullo ex lege, quindi nulla è dovuto se non un’indennità di occupazione”. È una difesa estrema e non eticamente simpatica (implica ammettere di aver usufruito dell’alloggio comunque), però in diritto potrebbe reggere. Nel nostro contesto, se davvero la locazione breve rientrava nei 30 giorni, il contratto non necessitava registrazione e l’eccezione non sussiste. Se invece, come a volte accade, era un affitto mascherato di lungo periodo spezzettato in tanti contratti brevi per eludere obblighi, allora il giudice potrebbe guardare alla sostanza e dichiarare unica locazione continuativa soggetta a registrazione. In quel caso l’inquilino potrebbe persino chiedere la restituzione di parte di quanto pagato indebitamente (alcune pronunce riconoscono all’inquilino il diritto a rientrare nella locazione agevolata 4+4 ad equo canone se il locatore ha frazionato artificiosamente contratti brevi non registrati, ma questo esula dall’ipotesi genuina di affitto breve).
Recupero dei canoni e risarcimento danni – Una volta risolta la locazione per morosità, rimane il tema di quantificare quanto deve il conduttore. Egli dovrà saldare tutti i canoni scaduti fino alla data di rilascio effettivo. Inoltre il locatore potrebbe chiedere un risarcimento per il mancato guadagno sul periodo residuo del contratto (se la risoluzione è avvenuta prima della scadenza naturale). Su questo punto è intervenuta di recente una importantissima sentenza delle Sezioni Unite (Cass. civ. Sez. Unite n. 4892/2025) . La questione era: il locatore ha diritto a farsi pagare tutti i canoni fino a scadenza contrattuale anche se l’inquilino se ne va (o viene sfrattato) prima? Le Sez. Unite 2025 hanno stabilito il seguente principio di diritto:
«Il diritto del locatore a conseguire, ai sensi dell’art. 1223 c.c., il risarcimento del danno da mancato guadagno a causa della risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore non viene meno, di per sé, in seguito alla restituzione del bene locato prima della naturale scadenza del contratto, ma richiede, normalmente, la dimostrazione, da parte del locatore, di essersi tempestivamente attivato, una volta ottenuta la disponibilità dell’immobile, per una nuova locazione a terzi, fermo l’apprezzamento del giudice delle circostanze del caso concreto anche in base al canone della buona fede e restando in ogni caso esclusa l’applicabilità dell’art. 1591 c.c.».
In parole semplici: il locatore può chiedere al conduttore inadempiente il risarcimento per i canoni persi successivamente alla riconsegna anticipata, ma non in modo automatico per tutte le mensilità residue. Deve provare di aver cercato tempestivamente di riaffittare l’immobile e di non esserci riuscito (o di averlo fatto solo dopo un certo tempo); il giudice valuterà caso per caso, secondo buona fede, quanto effettivamente spetta. Viene esclusa l’applicazione automatica dell’art. 1591 c.c. – norma che prevede il pagamento dei canoni fino a restituzione e l’eventuale maggior danno per ritardata restituzione . Le SU chiariscono che quell’art. 1591 è pensato per il ritardo nella restituzione oltre la scadenza e non si applica pedissequamente al caso di risoluzione anticipata . In caso di risoluzione anticipata, si torna alla responsabilità contrattuale generale: il locatore ha subito un danno dall’inadempimento (mancato incasso futuri canoni), ma questo danno va provato e mitigato. Il locatore ha l’onere di dimostrare il nesso causale e di aver cercato di limitare il danno (ad esempio dando pubblicità all’immobile per affittarlo di nuovo) . Se non lo fa, potrebbe vedersi negato il risarcimento per inerzia colpevole. Per contro, il conduttore può opporre in compensazione eventuali risparmi o mancate spese del locatore (art. 1227 c.c.) .
Implicazioni pratiche per il conduttore: la sentenza SU 4892/2025 è positiva per i conduttori perché impedisce ai locatori di ottenere un ingente risarcimento automatico qualora liberino l’alloggio prima. Ad esempio, se Tizio affitta per 1 anno a 1000€/mese e dopo 4 mesi è sfrattato, il locatore non potrà semplicemente pretendere €8.000 (i restanti 8 mesi) a titolo di danno, a meno che provi di non aver potuto riaffittare nei successivi 8 mesi nonostante gli sforzi . Se l’immobile viene riaffittato dopo 3 mesi, il danno effettivo saranno quei 3 mesi vacanti. Insomma, niente rendite parassitarie: il conduttore risponde del danno reale, non di quello teorico. Quindi, in una trattativa, il conduttore potrà far valere che il locatore potrebbe affittare a qualcun altro e che pagarebbe solo l’eventuale periodo in cui è rimasto sfitto per colpa sua. Questo ridimensiona di molto le pretese di alcuni proprietari. La Cassazione ha dunque risolto un contrasto giurisprudenziale, trovando un equilibrio: sì al risarcimento per lucro cessante, ma con prova rigorosa e senza automatismi .
Altre tutele del conduttore – Sebbene negli affitti brevi l’inquilino non abbia il “peso contrattuale” di uno stabile, conserva alcuni diritti fondamentali:
- Il diritto alla restituzione del deposito cauzionale al termine, salvo giusti addebiti per danni o morosità. Il locatore può trattenere dal deposito solo somme corrispondenti a danni documentati all’immobile o a canoni non pagati, ma non può farne proprie altre (la cauzione non è penale, è solo garanzia). Se il locatore trattiene indebitamente la cauzione, il conduttore può agire in giudizio per ottenerne la restituzione, con interessi.
- Il diritto all’abitabilità e manutenzione: anche in un breve periodo, se l’alloggio diventa inutilizzabile per causa non sua (es. guasto idrico grave), il conduttore può chiedere la risoluzione del contratto e i danni o la riduzione del corrispettivo per i giorni di disservizio. Il locatore ha l’obbligo di mantenere la cosa locata in stato da servire all’uso concordato (art. 1575 c.c.).
- La tutela della privacy e domicilio: il locatore non può entrare nell’appartamento locato durante il periodo di godimento senza consenso, neanche per mostrare l’immobile ad altri o fare controlli (salvo emergenze). L’inquilino breve, per quanto ospite temporaneo, gode delle medesime garanzie costituzionali di inviolabilità del domicilio finché dura la locazione.
- Divieti contrattuali: se il contratto di locazione breve prevede clausole particolari (es. divieto di subaffitto su Airbnb da parte del conduttore, orari di silenzio, numero massimo ospiti), il conduttore deve rispettarle, ma alcune clausole eccessivamente vessatorie potrebbero essere nulle. Ad esempio, un patto che dice “in caso di ritardo nel rilascio pagherai €500 al giorno di penale” potrebbe essere riqualificato come clausola penale eccessiva, riducibile dal giudice ex art. 1384 c.c. se sproporzionata.
Condominio e affitti brevi – Un profilo civilistico tangenziale: se l’inquilino si trova coinvolto in liti condominiali perché il condominio magari contesta la liceità dell’affitto breve, occorre sapere che: il regolamento condominiale contrattuale (quello accettato nei rogiti da tutti i proprietari) può validamente vietare di destinare gli appartamenti ad attività di B&B o affittacamere . La Cassazione ha ritenuto legittimo, ad es., un divieto in regolamento di usare l’unità per attività di pensione/albergo, applicandolo anche agli affitti brevi di tipo turistico (sent. Cass. II sez. n. 4899/2022) . Invece, se il regolamento condominiale non ha tali divieti contrattuali, i condomini non possono impedirvi di affittare brevemente (una delibera assembleare che lo vietasse sarebbe nulla per violazione del diritto di proprietà). Al più possono pretendere il rispetto del regolamento (es. registro ospiti, divieti di schiamazzi, uso ascensore per bagagli ecc.). Quindi il conduttore di un affitto breve dovrebbe informarsi se esistono regole condominiali ad hoc: il locatore avrebbe dovuto comunicargliele nel contratto. In caso di contestazioni, il conduttore può far valere la buona fede: se il locatore gli ha affittato l’alloggio pur sapendo di un divieto, eventualmente il conduttore potrebbe recedere senza penali (perché il locatore gli ha dato in godimento un bene con limitazioni non dette).
Domande frequenti (FAQ)
D. Quanti immobili posso affittare con cedolare secca senza essere considerato “impresa”?
R. La legge prevede un limite di 4 immobili per le locazioni brevi private. Se affitti fino a 4 unità abitative nello stesso anno fiscale, rimani nel regime “privato” e puoi applicare la cedolare secca (21% su un immobile scelto, 26% sugli altri dal 2024) . Affittando 5 o più immobili brevi, scatta la presunzione assoluta di attività d’impresa (art. 1 co. 595 L.178/2020) . Ciò significa niente cedolare: i redditi diventano d’impresa, con obbligo di partita IVA e tassazione ordinaria. Nota: anche sotto 5 immobili, se fornisci servizi “da hotel” (colazioni, tour, ecc.) o organizzi l’attività in modo professionale, il Fisco potrebbe comunque qualificarti come imprenditore . Quindi, 4 è un numero di sicurezza purché l’attività sia davvero occasionale.
D. Devo registrare i contratti di affitto breve all’Agenzia delle Entrate?
R. No, non è richiesto se ogni singolo contratto ha durata non superiore a 30 giorni . La normativa esenta questi contratti dall’obbligo di registrazione (art. 13, Tariffa Parte II DPR 131/86) e quindi non pagherai imposta di registro né bollo. È comunque consigliato mettere il contratto per iscritto e farsi firmare almeno una lettera di conferma con i dati essenziali (parti, immobile, importo, date) per tutelarsi, ma non dovrai consegnarlo/registrarlo al Fisco se rientra nei 30g . Se invece stipuli un contratto di locazione turistica più lungo (es. 2 mesi), quello va registrato entro 30 giorni come da prassi, anche se finalità turistica.
D. Cosa rischio se non dichiaro i redditi da locazioni brevi?
R. Rischi un accertamento fiscale con recupero dell’imposta evasa più sanzioni e interessi. Le sanzioni per dichiarazione infedele ammontano al 90–180% dell’IRPEF/cedolare evasa . Ad esempio, su €10.000 non dichiarati (cedolare 21% = €2.100 evasi) la multa base sarebbe ~€1.890 (90%) fino a €3.780 (180%). Se non hai proprio presentato la dichiarazione (omessa dichiarazione), le sanzioni salgono al 120–240% dell’imposta. Inoltre, se l’imposta evasa supera certe soglie, ci sono profili penali: omessa dichiarazione è reato se imposta evasa > €50.000, infedele dichiarazione se > €100.000 . Nella pratica, per superare €50.000 di imposta evasa dovresti aver occultato più di €200.000 di affitti in un anno, caso raro . Dunque nella maggior parte dei casi avrai “solo” da pagare tasse arretrate + sanzioni + interessi. Esempio: per €5.000 di canoni non dichiarati, potresti dover pagare ~€1.050 di cedolare evasa, €945 di sanzione minima (90%) riducibile se paghi subito, più interessi pochi euro. Importante: se correggi spontaneamente l’errore prima dell’accertamento (presentando dichiarazione integrativa e pagando), la sanzione si riduce moltissimo (anche a 1/6 del minimo) , e non avrai conseguenze penali. Quindi appena ti accorgi di aver omesso redditi, conviene fare ravvedimento operoso.
D. Airbnb e Booking segnalano al Fisco i miei affitti?
R. Sì. Dal 2017 vige l’obbligo per gli intermediari immobiliari e le piattaforme online di trasmettere all’Agenzia delle Entrate i dati dei contratti di locazione breve conclusi tramite loro . Entro il 30 giugno di ogni anno comunicano i nominativi dei locatori, i relativi guadagni lordi, indirizzi degli immobili e durata dei soggiorni dell’anno precedente. Inoltre, se intervengono nei pagamenti, devono applicare una ritenuta del 21% su ogni importo versato al host . Airbnb inizialmente non applicava la ritenuta (è stata a lungo in contenzioso), ma dopo la sentenza del Consiglio di Stato nell’ottobre 2023 l’obbligo è stato definitivamente confermato . Quindi dal 2024 in avanti aspettati che portali come Airbnb, Booking, Vrbo agiscano da sostituti d’imposta: tratterranno il 21% dalle tue entrate e lo verseranno al Fisco, oltre a segnalare i tuoi incassi . Questo 21% sarà poi considerato acconto della tua cedolare/IRPEF. In pratica, il Fisco conoscerà già la gran parte dei tuoi redditi da affitti brevi – se non li includi in dichiarazione, scatterà facilmente un controllo.
D. Cos’è il Codice Identificativo Nazionale (CIN) e devo usarlo?
R. Il CIN è un codice alfanumerico univoco assegnato ad ogni immobile destinato a locazione breve o a fini turistici. È stato introdotto dal D.L. 145/2023 e reso operativo dal Ministero del Turismo nel 2024 . Dal 1° gennaio 2025 vige l’obbligo per chi affitta case per brevi periodi di ottenere il CIN tramite la piattaforma online ministeriale (BDSR) e di indicarlo in ogni annuncio (sito web, OTA, agenzie) nonché di esporlo all’esterno dell’immobile . Sì, devi usarlo se rientri nei casi previsti (praticamente tutti gli affitti brevi, sia occasionali che professionali). L’unica esenzione riguarda alcune strutture non a scopo di lucro (es. case per ferie religiose gratuite) . Per ottenere il CIN devi registrarti al portale BDSR, inserire i dati catastali e una dichiarazione sostitutiva sui requisiti di sicurezza. Il codice viene rilasciato immediatamente. Attenzione: pubblicare un annuncio senza CIN o affittare senza averlo richiesto comporta una sanzione fino a €8.000 e la rimozione dell’annuncio . Inoltre le piattaforme sono obbligate a oscurare gli annunci privi di codice, pena multa fino a €3.000 ciascuno . Dunque è fondamentale adeguarsi: il CIN servirà alle autorità per monitorare le locazioni e contrastare l’abusivismo . Va inoltre aggiunto ai contratti e comunicazioni ufficiali.
D. Devo installare per forza estintori e rilevatori di gas nel mio appartamento affittato?
R. Sì, le norme recenti hanno esteso anche ai privati locatori brevi alcuni obblighi di sicurezza antincendio. In particolare ogni unità affittata per brevi periodi deve essere dotata di rilevatore di monossido di carbonio e di gas combustibili, e di uno o più estintori portatili . Questa disposizione è in vigore dal 2023 (introdotta col D.L. 145/2023 art. 13-ter). Anche se affitti una sola stanza di casa tua saltuariamente, devi comunque avere un rilevatore e almeno un estintore funzionante . La regola è: almeno un estintore per piano dell’unità, e in ogni caso un estintore ogni 200 mq . Quindi per un appartamentino di 80 mq basta 1 estintore; se la casa è su 2 piani, uno per piano; se un piano supera 200 mq, servono 2 su quel piano, ecc. I dispositivi vanno mantenuti funzionanti (controlli periodici). Questi obblighi derivano da normative antincendio prima riservate alle strutture ricettive professionali, ora estese per legge anche agli alloggi privati in locazione breve, dato che comunque ospitano persone come attività economica. Il mancato rispetto può comportare sanzioni amministrative in caso di controlli (in genere qualche centinaio di euro di multa per carenze di questo tipo, secondo le disposizioni locali). E chiaramente, se malauguratamente si verifica un incidente (incendio, fuga gas) e non avevi predisposto i dispositivi, potresti incorrere in responsabilità per colpa. Dunque, per la sicurezza tua e degli ospiti, sì, devi installarli.
D. Il mio inquilino in affitto breve non paga: il locatore può sfrattarmi subito?
R. Nei contratti di locazione breve, il pagamento è spesso anticipato. Ma se hai concordato, ad esempio, un pagamento rateale e sei in ritardo o insolvente, il locatore può senz’altro agire legalmente. Lo strumento tipico è lo sfratto per morosità, che si ottiene in tempi rapidi (un paio di mesi in media) se il giudice convalida la morosità. Nelle locazioni brevi non esiste un importo di tolleranza (nelle locazioni ordinarie la legge considerava grave la morosità di almeno 2 mensilità, ma qui parliamo spesso di periodi più brevi e comunque la gravità si valuta in rapporto alla durata): anche un solo canone non pagato può giustificare lo sfratto, specie se il contratto è di poche settimane. Il locatore deve notificarti un’intimazione di sfratto e convocazione in tribunale. All’udienza, se non ti presenti o non ti opponi, lo sfratto viene convalidato e dovrai lasciare l’immobile (il giudice fissa una data, di solito entro qualche settimana). Se invece ti presenti, puoi chiedere un termine di grazia per pagare il dovuto. Tuttavia, essendo un affitto breve, è probabile che la scadenza contrattuale sia vicina: spesso conviene pagare subito e accordarsi col locatore, piuttosto che allungare la causa. Nota: la mediazione obbligatoria non è richiesta prima di avviare lo sfratto , quindi il locatore non deve passare da un mediatore prima di far partire la procedura (la mediazione interverrà solo se tu ti opponi e il caso diventa una causa ordinaria ). In sintesi: se non paghi un affitto breve, il locatore può attivarsi immediatamente per mandarti via e recuperare il credito.
D. Posso evitare lo sfratto pagando quello che devo?
R. Pagare tutto il dovuto sicuramente migliora la tua posizione, ma a rigore non garantisce di evitare lo sfratto in un affitto breve. Mi spiego: nelle locazioni abitative 4+4 c’è una norma (art. 55 L.392/78) che permette al conduttore moroso di sanare la morosità entro un termine e conservare il contratto. Però negli affitti brevi turistici questa norma non si applica automaticamente (sono esclusi dalla L.431/98). Ciò detto, se tu paghi integralmente gli arretrati prima dell’udienza di sfratto, molti locatori rinunceranno allo sfratto – specialmente se mancano pochi giorni alla fine del contratto o se preferiscono incassare che perdere tempo. Quindi in pratica sì, paga il prima possibile: versa i canoni scaduti, eventuali interessi legali e accolla al locatore le spese di procedura (che comunque sarebbero poche, magari l’bollo dell’atto). Chiedi una ricevuta quietanzata. Se il locatore è ragionevole, comunicherà al giudice che la morosità è sanata e magari arriverete a un accordo per far proseguire il contratto fino fine periodo. Tieni presente: se il locatore invece vuole comunque liberare l’alloggio (magari aveva già un altro booking), potrebbe accettare il pagamento ma tirare dritto chiedendo la risoluzione anticipata. Non è molto comune, perché di solito preferiscono i soldi, ma giuridicamente potrebbe farlo dicendo che il grave inadempimento ha compromesso la fiducia. In pratica, però, se hai pagato tutto, difficilmente il giudice concederebbe lo sfratto immediato – magari convertirebbe in causa ordinaria dove poi finirebbe che il contratto è quasi scaduto. Quindi sì: pagare è la miglior difesa se sei in ritardo. Meglio ancora, paga prima che parta lo sfratto, così forse eviti proprio la procedura legale.
D. La mediazione è obbligatoria nelle liti da locazione breve?
R. Sì, come per tutte le locazioni, la mediazione civile è condizione di procedibilità delle cause. Ma c’è un’importante eccezione: per i procedimenti di sfratto (licenza o sfratto per finita locazione o morosità), la legge esenta dall’obbligo fino alla fase di convalida . Quindi, se il locatore fa uno sfratto e tu non ti opponi, si va dritti senza mediazione. Se invece la causa diventa ordinaria (perché ti opponi o perché si discute su somme), allora prima della sentenza il giudice vi imporrà di tentare una mediazione. Anche se tu volessi subito mediare, il locatore potrebbe rifiutare finché ha la strada spedita dello sfratto. In pratica, mediazione obbligatoria serve soprattutto dopo, se la lite si complica. Nota: le Sezioni Unite della Cassazione nel 2024 hanno chiarito che la mediazione serve solo per la domanda principale iniziale, non per eventuali domande riconvenzionali proposte dopo . Ciò significa che se, ad esempio, tu inquilino durante la causa chiedi dei danni al locatore (riconvenzionale), non occorre fare un secondo giro di mediazione per quella – si considera coperta dalla mediazione già svolta per la domanda di sfratto . In sintesi: in una vertenza di affitto breve potete mediare in qualsiasi momento volontariamente, ma l’obbligo legale scatterà solo quando/ se si esce dal procedimento accelerato di sfratto.
D. Il Comune mi chiede l’imposta di soggiorno che non ho mai pagato: che faccio?
R. Innanzitutto, verifica se la richiesta è corretta. Spesso i Comuni inviano avvisi di accertamento per imposta di soggiorno non versata. Devi controllare gli anni, gli importi e se magari hai delle ricevute di versamento fatte. Può darsi che abbiano sbagliato i conteggi (è successo a Roma con migliaia di lettere errate) . Se hai prova di aver versato qualcosa, presentala subito chiedendo l’annullamento in autotutela. Se effettivamente non hai mai versato nulla, valuta se la richiesta rientra nei termini di prescrizione: l’imposta di soggiorno si prescrive in 5 anni. Ad esempio, nel 2025 possono chiederti al massimo gli anni dal 2020 in poi (gli anni 2019 e precedenti sarebbero prescritti se il Comune non ha atti interruttivi). Se la somma non è alta e l’errore è tuo, la strada migliore è spesso pagare con ravvedimento: alcuni Comuni consentono di pagare il dovuto con sanzione ridotta se lo fai spontaneamente prima della notifica formale. Dopo la notifica, puoi comunque definire in acquiescenza con sanzione ridotta a 1/3. Ad esempio, se ti chiedono €1.000 di tassa + €300 di sanzioni, pagando subito potresti chiudere con €1.100 totali invece di €1.300. Informati sul regolamento locale o chiama l’ufficio tributi per capire le opzioni. Se ritieni la richiesta ingiusta o eccessiva, hai 60 giorni per fare ricorso alla Commissione Tributaria (ora Corte Giustizia Tributaria). In quel caso ti conviene farti assistere da un tributarista o avvocato. Considera che dal 2020 in poi non c’è più il rischio penale: anche se non hai versato nulla, non ti denunceranno per peculato (reato ormai eliminato per questa condotta) . Al massimo, se le cifre sono enormi, la Corte dei Conti potrebbe valutare un danno erariale, ma parliamo di decine di migliaia di euro di tassa. Quindi, niente panico: è un debito tributario. Puoi anche chiedere eventualmente una rateazione al Comune, se non riesci a pagare tutto insieme (spesso è concessa per importi rilevanti). La cosa importante è non ignorare l’avviso: se non paghi né fai ricorso, dopo 60 giorni diventa definitivo e ti arriverà la cartella esattoriale con ulteriori aggravi. Quindi agisci: o paghi (tutto o col 1/3 ridotto) o presenti ricorso motivato.
D. Posso affittare per una sola notte con Airbnb? Ho sentito di un minimo 2 notti…
R. A livello nazionale non c’è un divieto di affitti di una notte. La novità introdotta nel 2023 è che i Comuni di grandi dimensioni o turistici possono emanare regolamenti imponendo un soggiorno minimo di 2 notti in certi ambiti . Ad esempio, se Firenze adotta tale regola, non potrai legalmente fare un check-in per una sola notte su Firenze (dovrai chiedere almeno 2). Al momento (agosto 2025) alcune città stanno valutando questa opzione ma non risulta ancora in vigore in nessun Comune principale – è in corso di approvazione in alcune località (controlla gli aggiornamenti locali). Quindi, salvo diversa ordinanza comunale, puoi ancora affittare anche per 1 notte. Tieni però presente che su Airbnb stesso molti host impongono volontariamente un minimo di 2 notti per ridurre le pulizie e i costi fissi. La regola di legge, se introdotta dal Comune, sarà da rispettare come obbligo amministrativo, pena multe (probabilmente sanzioni simili al CIN, fino a qualche migliaio di euro, anche se il D.L. 145/23 non specifica le sanzioni per il soggiorno minimo: saranno i regolamenti a dirlo). Quindi la risposta: sì, puoi affittare per singole notti finché il tuo Comune non stabilisce il contrario. Informati presso il Comune o sul loro sito turismo se hanno deliberato qualcosa in merito.
D. Il regolamento di condominio può vietare gli affitti brevi?
R. Dipende dal tipo di regolamento. Se il condominio ha un regolamento contrattuale (cioè approvato all’unanimità e richiamato negli atti di acquisto) che contenga un divieto espresso di destinare gli appartamenti a locazione per finalità turistiche o a uso bed & breakfast, allora quel divieto è valido e vincolante . La Cassazione ha confermato più volte che una clausola del genere (es. “vietato destinare l’unità ad uso diverso da civile abitazione – no affittacamere, no attività commerciale di alloggio”) è legittima e l’host che affitta in violazione può essere diffidato e anche portato in giudizio dagli altri condomini . Invece, se il regolamento condominiale è solo assembleare (approvato a maggioranza) oppure non prevede nulla in materia di affitti brevi, i condomini non possono impedirtelo. Una delibera a maggioranza che domani dicesse “vietato affittare case ai turisti” sarebbe nulla perché limiterebbe il diritto di proprietà del singolo oltre i limiti di legge. Al più, possono regolamentare alcuni aspetti: ad esempio molti condomìni richiedono che l’host comunichi i nominativi degli ospiti per motivi di sicurezza, o impongono il rispetto di orari di quiete, ma non possono vietare l’affitto breve se il regolamento originario non lo prevedeva. Dunque, verifica il regolamento: se c’è un divieto contrattuale e tu (proprietario) hai affittato lo stesso, potresti dover cessare per contratto. Il conduttore in quel caso potrebbe vedersi invalidare il contratto (non da lui voluto, ma perché il proprietario non poteva affittare a quei fini). Va detto che alcuni divieti sono di interpretazione non univoca – es. “uso solo abitativo” è stato interpretato come escludente attività tipo B&B . In pratica: sì, il condominio può vietare gli affitti brevi solo se il regolamento contrattuale lo dice chiaramente. Altrimenti no. Se sei conduttore e ti contestano la presenza, sappi che hai diritto di restare fino a fine locazione: eventuali diatribe tra il tuo locatore e il condominio non devono ricadere su di te (a meno che un giudice non annulli il contratto per clausola regolamentare, evenienza che di solito coinvolge proprietario e condominio, non direttamente te come ospite occasionale).
D. Affitto 5 case senza P.IVA da anni, e ora… cosa rischio?
R. Come detto, affittare 5 o più appartamenti configurerà ex lege un’attività di impresa . Se l’Agenzia delle Entrate non se n’è ancora accorta, potresti finire sotto la lente presto, specie con l’incrocio dei codici CIN. Rischi che ti contestino l’omessa dichiarazione di redditi d’impresa, con tassazione IRPEF più alta, omessa presentazione dichiarazione IVA (anche se spesso l’affitto di abitazioni è esente IVA, ma se fornivi servizi aggiuntivi potrebbe esserci IVA su quelli), e conseguenze sui contributi. In pratica, potresti ricevere un accertamento dove ti negano la cedolare su quegli immobili, riliquidando l’imposta (applicando scaglioni IRPEF) e aggiungendo sanzioni per dichiarazione infedele. Inoltre, potresti dover aprire retroattivamente la P.IVA e magari iscriverti alla Gestione commercianti INPS (se l’attività è continuativa con apporto lavorativo tuo prevalente). Insomma, il rischio è alto: l’Agenzia potrebbe recuperare 5 anni di imposte, con interessi e sanzioni, e segnalare all’INPS per i contributi evasi. Meglio correre ai ripari: consulta un commercialista e valuta di regolarizzare aprendo P.IVA adesso (magari come “affittacamere imprenditore” o “gestione case vacanze”) e versare spontaneamente il dovuto per il passato con ravvedimento lungo. Se aspetti l’accertamento, sarà più salato. In sintesi: rischi fiscale elevato e sanzioni amministrative; per fortuna, difficilmente il penale (evasione) perché i redditi d’impresa verrebbero comunque tassati, ma se hai super evaso occhio alle soglie.
D. Cosa posso fare se l’inquilino mi lascia l’alloggio prima del termine pattuito? Posso chiedergli tutti i canoni fino a fine periodo?
R. Da proprietario, se un conduttore risolve anticipatamente senza motivo o viene sfrattato prima, hai subito un danno da mancato incasso. Fino a poco tempo fa c’era incertezza su come quantificarlo: alcuni chiedevano tutte le mensilità restanti del contratto in automatico. Ma la Cassazione a Sezioni Unite (sentenza 4892/2025) ha chiarito che non hai diritto automatico a tutti i canoni residui, bensì a un risarcimento da provare caso per caso . Devi dimostrare, ad esempio, che non sei riuscito a riaffittare l’immobile nonostante ti sia attivato, e quindi hai perso X mensilità. Il giudice valuterà secondo equità e buona fede: in nessun caso potrai far cassa comodamente senza provare il danno reale . Inoltre, devi comunque stornare ciò che eventualmente hai risparmiato (utenze, spese) e ciò che hai guadagnato dando l’alloggio ad altri nel frattempo. Quindi puoi chiedere il risarcimento, ma sappi che se potevi limitare il danno (ad esempio avevi la fila di turisti pronti a subentrare) e non l’hai fatto, il giudice potrebbe negartelo. In conclusione, sì, puoi chiedere i danni per il periodo mancante, ma preparati a dimostrare l’effettivo pregiudizio economico e aspettati che non ti vengano liquidati più danni del necessario.
D. In uno sfratto per morosità, devo fare la mediazione anche per la mia controquerela di risarcimento?
R. Domanda tecnica: se sei convenuto in sfratto e vuoi proporre domanda riconvenzionale (ad esempio chiedere tu soldi al locatore per qualche ragione), secondo le Sezioni Unite 3452/2024 non serve avviare un separato procedimento di mediazione per la riconvenzionale . La condizione di procedibilità riguarda solo la domanda principale originaria. Il mediatore, nel tentativo già avviato, potrà occuparsi anche delle tue pretese . Quindi non dovrai preoccuparti di sospensioni ulteriori: potrai depositare la riconvenzionale nel giudizio e sarà il giudice eventualmente a valutare il tutto in sede di (unico) incontro di mediazione. Questa pronuncia evita che la mediazione diventi un ping-pong infinito di adempimenti.
Conclusione: La materia delle locazioni brevi è diventata assai complessa e stratificata, con intrecci tra norme tributarie, civili e amministrative. Dal punto di vista del debitore, che sia un proprietario chiamato a rispondere di canoni non dichiarati o un inquilino moroso sotto sfratto, è fondamentale conoscere i propri diritti e doveri. Abbiamo visto che il legislatore italiano, spinto anche dal PNRR e dalle esigenze di gettito, ha irrigidito gli obblighi fiscali (CIN obbligatorio, cedolare limitata, tracciamenti incrociati) ma allo stesso tempo la giurisprudenza ha fornito interpretazioni equilibrate a tutela delle parti più deboli (es. Cassazione su obbligo di mitigare il danno, mediazione nelle liti). Chi si trovi in difficoltà per omissione di canoni di locazione dovrebbe innanzitutto agire con tempestività – regolarizzando la posizione fiscale o saldando il dovuto – per poi eventualmente far valere le proprie ragioni nelle sedi competenti, forte di una conoscenza aggiornata delle norme e delle ultime sentenze di legittimità. In ogni caso, la trasparenza e la correttezza sono la miglior strategia: un host che dichiara e versa quanto dovuto eviterà accertamenti; un inquilino che comunica subito i problemi di pagamento potrà magari evitare il contenzioso. Speriamo che questa guida abbia fornito gli strumenti utili per difendersi consapevolmente in questo settore in rapida evoluzione normativa.
Fonti: Normativa di riferimento (D.L. 50/2017 conv. L.96/2017; L.178/2020; L. 213/2023; D.L.145/2023 conv. L. 191/2023; D.L.39/2024 conv. L.67/2024); Agenzia Entrate, Guida “Locazioni Brevi” 2024; Cass. civ. Sez. Unite 25/02/2025 n.4892 ; Cass. civ. Sez. Unite 07/02/2024 n.3452 ; Cass. II 16/02/2022 n.4899 ; Cass. II 18/03/2019 n.7875 ; Ministero del Turismo, comunicati 2025 ;(Tutte le fonti accessibili sono state citate nel testo con riferimenti); Tar Lazio. Airbnb deve riscuotere la cedolare secca sugli affitti brevi.
Hai affittato un immobile con contratti di locazione breve e l’Agenzia delle Entrate ti contesta di non aver dichiarato i canoni percepiti? Fatti Aiutare da Studio Monardo
Hai affittato un immobile con contratti di locazione breve e l’Agenzia delle Entrate ti contesta di non aver dichiarato i canoni percepiti?
Vuoi sapere quali sono i rischi e come puoi difenderti da questa contestazione?
Le locazioni brevi (Airbnb, Booking, affitti turistici inferiori a 30 giorni) sono soggette a regole fiscali precise: i redditi devono essere dichiarati, con possibilità di tassazione ordinaria o tramite cedolare secca al 21%.
L’Agenzia delle Entrate incrocia i dati delle piattaforme digitali e delle banche per verificare i redditi non dichiarati e, in caso di omissioni, emette accertamenti.
👉 Non ogni omissione equivale a evasione: spesso si tratta di errori formali o di interpretazioni controverse delle norme.
⚖️ Perché scattano le contestazioni
- Canoni riscossi tramite portali online non dichiarati in dichiarazione dei redditi;
- Omissione del quadro RB (redditi fondiari) o del quadro LC (cedolare secca);
- Differenze tra importi percepiti e quelli comunicati dalle piattaforme;
- Mancata applicazione e versamento della ritenuta del 21% da parte degli intermediari;
- Attività di locazione considerata imprenditoriale se svolta in modo sistematico e con più immobili.
📌 Conseguenze possibili
- Recupero delle imposte non versate;
- Sanzioni dal 90% al 180% dell’imposta evasa;
- Interessi di mora sulle somme non pagate;
- Possibile accertamento IVA e contributivo se l’attività viene qualificata come imprenditoriale.
🔍 Come difendersi
- Verifica i dati contestati: confronta gli importi segnalati dai portali con quelli effettivamente incassati.
- Recupera la documentazione: ricevute delle piattaforme, bonifici, contratti di locazione.
- Dimostra la corretta dichiarazione: se i redditi sono già stati tassati, il Fisco non può recuperarli due volte.
- Contesta eventuali errori dell’Agenzia: spesso i dati comunicati dai portali non coincidono con i canoni effettivi.
- Presenta memorie difensive o ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria se la pretesa è infondata.
🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
- 📂 Analizza l’avviso di accertamento e individua eventuali errori di calcolo;
- 📌 Ricostruisce i redditi effettivi percepiti dalle locazioni brevi;
- ✍️ Predispone memorie difensive e ricorsi per ridurre o annullare la pretesa fiscale;
- ⚖️ Ti assiste nel contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate;
- 🔁 Valuta soluzioni agevolate, come ravvedimento o definizione, per ridurre sanzioni e interessi.
🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
- ✔️ Avvocato esperto in locazioni brevi e fiscalità immobiliare;
- ✔️ Specializzato in contenzioso tributario e accertamenti sui redditi da locazione;
- ✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Le contestazioni per omissione di canoni da locazioni brevi sono sempre più frequenti, ma non sempre fondate: spesso i dati del Fisco non coincidono con la realtà.
Con una difesa legale mirata puoi dimostrare la correttezza della tua dichiarazione, ridurre le sanzioni e proteggere i tuoi redditi immobiliari.
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