Detrazioni Sanitarie Non Documentate Contestate Dal Fisco: Come Difendersi

Hai inserito nella dichiarazione dei redditi detrazioni per spese sanitarie e hai ricevuto una contestazione dall’Agenzia delle Entrate perché non risultano documentate? Le detrazioni mediche sono tra le più utilizzate dai contribuenti, ma anche tra le più controllate. Se mancano i giustificativi o se le spese non rispettano i requisiti di legge, il Fisco può revocare il beneficio e chiedere il recupero delle somme.

Quali spese sanitarie sono detraibili
Le detrazioni IRPEF del 19% si applicano, entro i limiti stabiliti, a diverse tipologie di spese, tra cui:
– Prestazioni mediche specialistiche e visite di controllo
– Acquisto di farmaci e dispositivi medici con scontrino parlante
– Ricoveri e interventi chirurgici in strutture pubbliche o private accreditate
– Cure dentistiche e ortodontiche
– Spese per analisi, esami e prestazioni di laboratorio
– Assistenza a persone con disabilità certificata

Quando scattano le contestazioni del Fisco
– Mancanza di ricevute, fatture o scontrini parlanti a giustificazione della spesa
– Pagamenti effettuati in contanti anziché con metodi tracciabili (bonifico, carta, bancomat), quando richiesto
– Spese sostenute in strutture non autorizzate o da soggetti non abilitati
– Importi dichiarati non coerenti con quelli trasmessi al Sistema Tessera Sanitaria
– Detrazioni richieste da soggetti che non hanno effettivamente sostenuto la spesa

Cosa rischi in caso di contestazione
– Perdita totale della detrazione e recupero dell’imposta non versata
– Applicazione di sanzioni amministrative dal 90% al 180% dell’imposta recuperata
– Addebito degli interessi di mora sugli importi contestati
– Estensione dei controlli ad altre detrazioni o crediti d’imposta dichiarati negli stessi anni

Come difendersi da una contestazione sulle spese sanitarie
– Recuperare e presentare ricevute, fatture e scontrini parlanti mancanti
– Dimostrare che i pagamenti sono stati effettuati con mezzi tracciabili
– Documentare la natura sanitaria della spesa con certificazioni o prescrizioni mediche
– Contestare errori del Fisco derivanti da dati non correttamente trasmessi dal Sistema Tessera Sanitaria
– Impugnare l’avviso davanti alla Corte di Giustizia Tributaria se la contestazione non è fondata

Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Verificare la legittimità dell’avviso di accertamento ricevuto
– Assistere nella raccolta e organizzazione della documentazione difensiva
– Contestare le sanzioni sproporzionate richiamando la buona fede del contribuente
– Redigere memorie difensive e ricorsi contro gli atti dell’Agenzia delle Entrate
– Tutelare il contribuente da ulteriori controlli fiscali collegati

Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– Il riconoscimento delle spese effettivamente sostenute e la conferma della detrazione
– L’annullamento totale o parziale della contestazione
– La riduzione delle sanzioni applicate grazie alla dimostrazione della buona fede
– La sospensione delle procedure esecutive collegate all’avviso
– La protezione del patrimonio familiare da richieste fiscali indebite

⚠️ Attenzione: la mancanza di documenti non sempre significa che la detrazione non spetti. In molti casi è possibile integrare la documentazione o dimostrare la spesa con prove alternative.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in difesa tributaria – ti spiega come affrontare le contestazioni del Fisco sulle detrazioni sanitarie non documentate e come difenderti in modo efficace.

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Introduzione

Ricevere una contestazione dal Fisco sulle detrazioni per spese sanitarie può generare preoccupazione tanto nel privato cittadino quanto nell’imprenditore. Spesso ciò avviene a seguito di controlli sulla dichiarazione dei redditi in cui l’Agenzia delle Entrate rileva oneri detraibili non spettanti, ad esempio spese mediche dichiarate ma non adeguatamente documentate. In questi casi, l’Amministrazione finanziaria invia una comunicazione di irregolarità (il cosiddetto avviso bonario), che consente al contribuente un contraddittorio preventivo per chiarire la propria posizione prima dell’iscrizione a ruolo definitiva .

Scopo di questa guida: offrire un quadro completo – aggiornato ad agosto 2025 – su come difendersi efficacemente quando il Fisco contesta detrazioni per spese sanitarie non adeguatamente documentate. Adotteremo un taglio avanzato, adatto sia ad avvocati tributaristi sia a contribuenti evoluti (privati e imprenditori), mantenendo un linguaggio giuridico ma accessibile. Faremo riferimento alla normativa italiana vigente e alle più recenti novità normative e giurisprudenziali (comprese sentenze aggiornate al 2024-2025), citando fonti autorevoli e pronunce dei giudici tributari più rilevanti.

La guida è arricchita da tabelle riepilogative, esempi pratici e una sezione di Domande & Risposte (FAQ) per chiarire i dubbi più frequenti. L’ottica adottata è quella del debitore, ossia del contribuente che si vede contestare dal Fisco importi a debito per detrazioni sanitarie non riconosciute, con l’obiettivo di evidenziare gli strumenti di tutela e difesa a sua disposizione.

Inizieremo delineando il quadro normativo delle detrazioni per spese sanitarie (chi ne ha diritto, in che misura e con quali condizioni documentali), per poi esaminare i controlli fiscali che possono portare alle contestazioni. Successivamente illustreremo le azioni immediate da intraprendere alla ricezione di una contestazione (dalla risposta all’avviso bonario fino all’eventuale ricorso in Commissione Tributaria/Corte di Giustizia Tributaria di primo e secondo grado). Infine, approfondiremo le strategie difensive e gli orientamenti della giurisprudenza in materia, presentando anche casi pratici e risposte ai quesiti più comuni.

Normativa sulle detrazioni fiscali per spese sanitarie

Le spese sanitarie sostenute dalle persone fisiche possono beneficiare di una detrazione d’imposta ai fini IRPEF, disciplinata dall’art. 15 del TUIR (D.P.R. 917/1986). In linea generale, il contribuente può detrarre dall’IRPEF il 19% dell’ammontare delle spese mediche e sanitarie sostenute nell’anno, calcolato sulla parte che eccede una franchigia di €129,11 . In sostanza, si sommano tutte le spese sanitarie detraibili e se ne sottrae €129,11: il 19% del risultato costituisce lo sconto d’imposta a cui si ha diritto . Questa detrazione spetta per le spese sanitarie sostenute dal contribuente per sé stesso o per i familiari fiscalmente a carico.

Quali spese sanitarie rientrano nella detrazione 19%? La normativa e le circolari esplicative dell’Agenzia delle Entrate delineano un elenco ampio di spese sanitarie detraibili. Tra queste, a titolo esemplificativo: visite mediche generiche e specialistiche (incluse visite dentistice), analisi di laboratorio e prestazioni diagnostiche, interventi chirurgici, ricoveri ospedalieri e terapie, acquisto di medicinali (sia da banco che con ricetta) e di dispositivi medici certificati, spese per protesi sanitarie, occhiali da vista e lenti a contatto, ecc. Rientrano inoltre le spese per prestazioni di assistenza specifica rese da personale abilitato (es. infermieri, fisioterapisti) a determinate condizioni. Più avanti vedremo nel dettaglio i requisiti per le principali tipologie di spesa (vedi Tabella 1).

Va tenuto distinto il regime ordinario di detrazione al 19% da alcune agevolazioni specifiche previste per i disabili ai sensi della L. 104/1992. In particolare, le spese mediche generiche e di assistenza specifica sostenute da persone con grave disabilità sono interamente deducibili dal reddito complessivo (non soggette al limite del 19%) ai sensi dell’art. 10, co.1, lett. b) TUIR . Tali oneri (ad esempio assistenza infermieristica domiciliare, spese per operatori qualificati, ecc.) abbattono direttamente il reddito imponibile e non l’imposta, e possono spettare anche se sostenuti per un familiare disabile non fiscalmente a carico (come chiarito dall’Agenzia in circ. 19/E del 2012) . Per queste spese “deducibili” valgono requisiti in parte differenti, che non approfondiremo qui oltre a segnalarne l’esistenza. Il focus principale rimane sulle spese sanitarie “ordinarie” detraibili al 19%, che sono quelle più comunemente oggetto di contestazione da parte del Fisco per carenza documentale.

Condizioni generali per la detrazione: per poter usufruire della detrazione del 19%, devono sussistere alcune condizioni chiave:

  • Effettivo sostenimento della spesa a carico del contribuente: l’onere deve gravare economicamente sul dichiarante o sul familiare che presenta la dichiarazione. Se la spesa è rimborsata da terzi o non resta a carico del contribuente, in linea di massima la detrazione non spetta (fa eccezione il caso di rimborsi da assicurazioni pagate dal contribuente stesso, su cui torneremo più avanti).
  • Collegamento con il contribuente o familiari a carico: la spesa deve riguardare prestazioni o beni a beneficio del contribuente medesimo oppure di un suo familiare fiscalmente a carico (coniuge, figli, altri familiari nei limiti di legge). Ad esempio, un genitore può detrarre le spese mediche sostenute per un figlio minorenne a carico; viceversa, non è detraibile la spesa sostenuta per un familiare non a carico (salvo il caso dei disabili non a carico per le sole spese deducibili ex art. 10 TUIR). È importante quindi che la documentazione della spesa riporti l’intestazione al contribuente o al familiare che effettivamente sostiene il costo. Se, ad esempio, una fattura medica è intestata al figlio ma paga il genitore, quest’ultimo per detrarre dovrà annotare sulla fattura l’importo da lui sostenuto , in modo da collegare la spesa al proprio onere. In assenza di tale accorgimento, in sede di controllo formale il Fisco potrebbe eccepire che la fattura è intestata a soggetto diverso (il figlio) e non riconoscere la detrazione al genitore.
  • Documentazione della spesa: il contribuente deve essere in possesso di idoneo documento fiscale attestante la spesa sostenuta e la natura sanitaria della stessa. Come vedremo nel prossimo paragrafo, la norma e la prassi richiedono che la spesa medica sia certificata da fattura, ricevuta fiscale o scontrino parlante emesso dal soggetto che ha fornito la prestazione o il farmaco . Senza un documento giustificativo, la detrazione non può essere ammessa. È altresì fatto onere al contribuente di conservare tali documenti per il periodo previsto dalla legge, così da poterli esibire in caso di controlli . Approfondiremo a breve durata e modalità di conservazione.
  • Mezzo di pagamento tracciabile (novità dal 2020): a partire dalle spese sostenute dall’1 gennaio 2020, il legislatore ha introdotto l’obbligo del pagamento con strumenti tracciabili (carte, bancomat, bonifico, assegno, ecc.) come condizione per usufruire della detrazione per la maggior parte degli oneri detraibili, incluse le spese sanitarie . Non sono più detraibili le spese pagate in contanti, ad eccezione di due importanti categorie: l’acquisto di medicinali e dispositivi medici e le prestazioni sanitarie rese da strutture pubbliche o da strutture private accreditate al Servizio Sanitario Nazionale . In questi casi (farmaci, dispositivi medici e ticket o prestazioni in regime SSN) è tuttora consentito pagare in contanti senza perdere il diritto alla detrazione. Per tutte le altre spese mediche (es. visite specialistiche private in studi non accreditati, analisi in laboratori privati convenzionati solo parzialmente, ecc.), il pagamento deve avvenire con mezzi tracciabili, altrimenti la detrazione verrà negata a prescindere dall’esistenza della fattura. Questa modifica normativa – introdotta dalla Legge di Bilancio 2020 – è finalizzata a incentivare la tracciabilità e il contrasto all’evasione: il fisco intende concedere il beneficio fiscale solo se vi è prova certa del pagamento. In pratica, ad esempio, una visita dentistica da €100 pagata in contanti nel 2021 non potrà essere detratta, anche se il dentista ha rilasciato regolare ricevuta fiscale. Il contribuente in tale situazione “scoprirà di non aver diritto allo sconto fiscale” al momento della dichiarazione o di un controllo . Per questo è importante, per le spese dal 2020 in poi, conservare anche la prova del pagamento (scontrino della carta, contabile POS, copia assegno, estratto conto) oltre al documento di spesa, in modo da poter dimostrare la modalità di pagamento tracciata in caso di richiesta . (NB: questo onere probatorio potrebbe divenire meno stringente qualora l’Agenzia delle Entrate, disponendo dei dati dei pagamenti tracciabili comunicati dagli operatori, non richieda sistematicamente tali pezze: ma in assenza di indicazioni ufficiali contrarie, è prudente tenere anche l’evidenza del mezzo di pagamento).

Riassumendo, la detrazione del 19% sulle spese sanitarie spetta alle persone fisiche per i propri esborsi sanitari e per quelli dei familiari a carico, a condizione che le spese: (a) siano opportunamente documentate da fatture/scontrini recanti i dati del contribuente e la descrizione della prestazione o farmaco; (b) non siano già rimborsate da terzi (salvo eccezioni); (c) dal 2020, siano pagate con metodi tracciabili (salvo acquisti di farmaci, dispositivi medici e prestazioni in strutture pubbliche/SSR). Nel prossimo capitolo vedremo in dettaglio quali documenti fiscali sono richiesti per le diverse tipologie di spesa sanitaria e come conformarsi ai requisiti formali, poiché proprio il difetto di documentazione è il fulcro delle contestazioni fiscali oggetto della nostra guida.

Documentazione necessaria per le spese sanitarie detraibili

Per poter esercitare il diritto alla detrazione, la normativa richiede che il contribuente sia in possesso di un documento di certificazione del corrispettivo rilasciato dal soggetto che ha erogato la prestazione o ceduto il bene . In altre parole, ogni spesa medica detratta deve poter essere provata mediante un documento fiscale idoneo, dal quale risultino gli elementi essenziali: il fornitore, l’ammontare pagato, la data, la descrizione della natura sanitaria della spesa e l’intestazione al soggetto che ha sostenuto la spesa (contribuente o familiare a carico).

Di seguito illustriamo i principali documenti richiesti per tipologia di spesa sanitaria, spesso noti anche ai non addetti ai lavori, e i requisiti formali che devono soddisfare:

  • Prestazioni mediche e specialistiche (visite, analisi, terapie, interventi): deve essere rilasciata fattura o ricevuta fiscale dal medico, dalla clinica o dal professionista sanitario. La fattura deve contenere l’intestazione al paziente (o comunque al soggetto che sostiene la spesa), la descrizione della prestazione sanitaria resa (es. “visita cardiologica”, “intervento di chirurgia x”, “analisi di laboratorio y”), la data e l’importo pagato. Idealmente, dovrebbe riportare anche il codice fiscale del paziente/contribuente; ciò è obbligatorio se si vuole l’inserimento automatico nel Sistema Tessera Sanitaria, ma in generale una fattura intestata nominativamente al contribuente è già un documento valido. Se il pagamento è soggetto a obbligo tracciabile (es. prestazione in studio privato non accreditato) e non è indicato in fattura, si consiglia di annotare sulla fattura la modalità di pagamento o allegare ricevuta POS. Per le prestazioni rese da figure come fisioterapisti, infermieri o altri paramedici, il documento deve indicare anche la figura professionale che ha erogato la prestazione (come richiesto dall’Ade per deduzioni disabili, ma utile anche per detrazioni) . Attenzione: se il professionista sanitario non ha emesso fattura (evasione fiscale), il paziente non può far nulla: la spesa “in nero” non è documentata e non è detraibile. Inoltre, rivolgersi a professionisti non abilitati o strutture non autorizzate fa perdere il diritto alla detrazione (es. trattamenti sanitari eseguiti da figure non riconosciute come operatori sanitari).
  • Acquisto di medicinali in farmacia o parafarmacia: serve lo scontrino parlante, ossia lo scontrino fiscale che riporti in dettaglio la natura, qualità e quantità del prodotto acquistato e il codice fiscale dell’acquirente . La “natura” e “qualità” significano che dallo scontrino deve risultare che si tratta di un farmaco o medicinale (anche con abbreviazioni come “farmaco”, “med.”, o indicazione del codice ministeriale del prodotto). La quantità indica il numero di confezioni acquistate. Il codice fiscale del contribuente va comunicato alla cassa (di solito tramite la tessera sanitaria) affinché sia stampato sullo scontrino: ciò collega l’acquisto a chi chiederà la detrazione. Scontrini senza codice fiscale non sono validi per la detrazione, in quanto non provano che la spesa sia stata sostenuta proprio dal contribuente dichiarante. È bene verificare al momento dell’acquisto che il codice fiscale sia impresso. In caso di dimenticanza, alcune farmacie potrebbero riemettere uno scontrino parlante corretto se l’acquisto è avvenuto lo stesso giorno, ma in genere dopo è troppo tardi. Dunque, conservare sempre lo scontrino parlante originale. Se il testo dovesse sbiadirsi (problema tipico della carta termica), consigliabile farne una fotocopia o scansione subito dopo l’acquisto.
  • Acquisto di farmaci online (da farmacie autorizzate): anche in tal caso l’esercente rilascia una ricevuta/fattura o documento commerciale equipollente contenente i medesimi dati (elenco dei farmaci con codici identificativi, CF acquirente). Solitamente il documento è inviato via email. Va conservato stampato o in formato digitale.
  • Acquisto di dispositivi medici e altri prodotti sanitari (es. occhiali da vista, apparecchi acustici, protesi, materassi ortopedici): è detraibile il 19% del costo, ma occorre documentazione specifica. Se l’acquisto avviene in farmacia, spesso viene emesso comunque uno scontrino parlante con codice “AD” (che indica spese dispositivi medici). Se invece si acquista presso ottici, sanitaria o rivenditori specializzati, occorre farsi rilasciare fattura o scontrino parlante con indicazione del prodotto e del codice fiscale. Ad esempio, per l’acquisto di occhiali da vista, lo scontrino rilasciato dall’ottico deve riportare il CF dell’acquirente e la descrizione del prodotto come “occhiali con lenti correttive CE” o simile . La marcatura CE del dispositivo è un requisito perché sia considerato dispositivo medico detraibile: se sullo scontrino è riportato un codice che contraddistingue il prodotto come dispositivo medico CE (o la dicitura “DM”/“CE”), non serve altro. In caso contrario, il contribuente deve farsi rilasciare o conservare una documentazione (ad es. scheda del prodotto, confezione o certificato) da cui risulti che l’oggetto ha marcatura CE ed è incluso tra i dispositivi detraibili secondo le liste del Ministero della Salute . Ad esempio, se sullo scontrino di un materasso antidecubito non compare dicitura CE, si dovrà conservare il certificato o foglio illustrativo del materasso che ne attesta la marcatura. Ricapitolando: per i dispositivi medici, il documento di spesa deve riportare: natura del prodotto (indicare che è dispositivo medico o il nome specifico), eventuale marcatura CE o codice, e il codice fiscale dell’acquirente. Senza CF, la detrazione non è ammessa ; senza indicazione del prodotto come dispositivo medico, mancherebbe la prova della natura sanitaria (quindi bisogna integrare con documenti esterni).
  • Spese per prestazioni termali, cure e trattamenti particolari: se le cure termali sono prescritte dal medico e svolte in stabilimenti termali, la relativa fattura può essere detratta al 19%. Idem per trattamenti di terapia fisica, riabilitazione, ecc., purché eseguiti da centri/terapisti abilitati con fattura recante la prestazione sanitaria. Attenzione però: le spese di carattere puramente estetico o voluttuario (es. trattamenti estetici, chirurgie estetiche non legate a patologie) non sono detraibili. Se quindi il contribuente inserisce in dichiarazione interventi estetici, il Fisco in sede di controllo può richiedere documentazione sanitaria che provi la necessità terapeutica; in mancanza, quelle spese saranno disconosciute in quanto non aventi finalità sanitaria ma solo estetica. Ad esempio, una rinoplastica puramente estetica non dà diritto a detrazione, mentre una chirurgia plastica post-traumatica sì (in tal caso la documentazione medica dovrà attestarlo).
  • Spese per servizi sanitari forniti da strutture pubbliche o convenzionate (ticket): il ticket pagato per prestazioni presso ASL/ospedali o centri convenzionati è detraibile. Il documento in questo caso spesso è lo scontrino del ticket rilasciato dalla macchinetta automatica o sportello CUP, che riporta la prestazione e l’importo pagato con codice fiscale. Va conservato. Se la prestazione convenzionata prevede che una parte sia a carico (fuori ticket), quella parte pagata al professionista va documentata con fattura/ricevuta.
  • Spese per assistenza specifica (badanti, assistenza infermieristica) – disabili: in questo ambito (deduzione art. 10 TUIR) è richiesta fattura/ricevuta con indicazione della qualifica del prestatore e prestazione resa . Se più familiari suddividono la spesa, ciascuno annota sulla fattura la quota pagata .

Tabella 1: Documenti fiscali e requisiti per le principali spese sanitarie

Tipo di spesa sanitariaDocumento richiestoRequisiti chiave (intestazione, contenuto)Pagamento tracciabile?
Visite mediche generiche/specialistiche, esami, terapieFattura o ricevuta fiscale del medico/centroIntestata a paziente/contribuente (nome o CF); descrizione prestazione; data e importo.Sì, se presso privati non SSN (dal 2020).
Interventi chirurgici, ricoveri ospedalieriFattura/ricevuta della clinica/ospedaleIntestazione (paziente); indicazione intervento/ricovero; importo (distinto oneri medici da comfort).Sì, se clinica privata non accreditata. No se ticket SSN.
Farmaci e medicinaliScontrino parlante della farmaciaCodice fiscale acquirente; natura e nome farmaco (o codice); quantità; importo.No (contanti ammessi per farmaci).
Dispositivi medici (occhiali, apparecchi, ecc.)Fattura o scontrino parlante (codice “AD”)Codice fiscale acquirente; descrizione prodotto come dispositivo medico (eventuale marcatura CE o codice DM).No (contanti ammessi per dispositivi).
Analisi di laboratorio, radiografieFattura/ricevuta del laboratorioIntestata al paziente; elenco analisi/prestazioni diagnostiche eseguite; importo.Sì, se laboratorio privato non SSN.
Prestazioni fisioterapiche, infermieristiche, riabilitativeFattura del professionista abilitatoIntestazione; indicazione qualifica professionale (es. fisioterapista) e tipo prestazione; importo.Sì, se privato non SSN.
Ticket per prestazioni SSNScontrino ticket/fattura del SSNCodice fiscale; indicazione prestazione o codice ticket; importo.No (essendo SSN).
Cure termali (con prescrizione)Fattura stabilimento termaleIntestata a paziente; indicazione ciclo cure termali; importo.Sì, se non SSN. (Spesso convenzionate parzialmente)
Protesi dentarie, ortopediche, ecc.Fattura odontotecnico/sanitarioIntestazione; descrizione protesi/apparecchio con riferimento sanitario; importo.Sì, se privato non SSN.
Spese mediche all’esteroFattura/ricevuta estera + traduzione (se necessaria)Intestata al paziente; descrizione prestazione in lingua comprensibile; importo in valuta con ricevuta cambio se in valuta extra-Euro.Regole come in Italia (tracciabilità se applicabile dal 2020).

Nota: in caso di documenti in lingua straniera, l’Agenzia può richiedere una traduzione giurata se il controllo lo ritiene opportuno, specialmente per attestare che la natura della prestazione sia sanitaria. Conviene munirsi di traduzione per spese rilevanti all’estero.

Come si può notare, un elemento ricorrente è la presenza del codice fiscale (o almeno nominativo) dell’interessato sul documento. Ciò vale per scontrini parlanti e per fatture. Se manca il CF sui corrispettivi dove sarebbe previsto (farmacie, dispositivi, ecc.), la documentazione è considerata insufficiente e la detrazione rischia di essere disconosciuta. Ad esempio, uno scontrino di farmacia privo di codice fiscale non è detraibile perché non prova che l’acquisto sia stato effettuato proprio dal contribuente . Similmente, uno scontrino di occhiali senza CF non consente la detrazione, a meno che venga integrato successivamente (ma le farmacie/ottici non possono “aggiungere” il CF dopo l’emissione se non emettendo una nuova fattura, operazione non sempre possibile). Dunque, la regola pratica è: verificare sempre i documenti al momento dell’emissione, chiedendo le correzioni sul momento.

Conservazione dei documenti: il contribuente è tenuto a conservare le fatture, ricevute e scontrini relativi alle spese sanitarie almeno fino allo scadere dei termini di accertamento dell’anno d’imposta a cui si riferiscono. Attualmente, i termini ordinari di accertamento sono il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (ad es., per la dichiarazione 2021 presentata nel 2022, fino al 31/12/2027). Nell’ambito del controllo formale ex art. 36-ter DPR 600/73, l’Agenzia ha un termine più breve (fino al 31 dicembre del secondo anno successivo alla dichiarazione) per chiedere i documenti , ma è prudente conservarli comunque fino al decorso completo dei termini di accertabilità, poiché eventuali accertamenti possono essere notificati fino a 5 anni dopo e richiedere prove (specialmente se emergono discrepanze in sede di verifiche più ampie). La CTR Marche n.68/2021 ha affermato che il contribuente non è tenuto a dotarsi di strumenti per la conservazione “perpetua” dei documenti delle spese sanitarie, ma solo per il periodo in cui l’Amministrazione può esercitare i controlli previsti dalla legge . Ciò significa che, ragionevolmente, oltre tale periodo non può essergli chiesto conto di documenti che potrebbe aver legittimamente smaltito. Tuttavia, in pratica, conservare per almeno 5-6 anni i giustificativi delle spese mediche è indispensabile per non perdere il beneficio in caso di controllo.

Un problema concreto è la deperibilità di alcuni documenti, in particolare gli scontrini fiscali su carta termica, che tendono a sbiadire rendendo illeggibili importi e codici. Su questo aspetto c’è stato un caso interessante: l’Amministrazione finanziaria aveva contestato a una contribuente detrazioni per alcuni scontrini farmaceutici divenuti illeggibili (ammontare €9,80) ritenendoli “non prova adeguata della spesa sostenuta”. In primo grado il giudice aveva definito la pretesa fiscale irragionevole poiché “si tratta di carta ottica che scolorisce in poco tempo” , rilevando come il contribuente non potesse evitare il deterioramento. La vicenda (decennio di imposta 2010) è giunta in appello e la CTR ha riconosciuto le ragioni del contribuente, evidenziando che l’onere di conservazione non può tradursi in una penalizzazione per fatti non imputabili al contribuente (la scarsa qualità degli scontrini). Morale: è consigliabile fare una copia di cortesia di ogni scontrino parlante (fotocopia o foto digitale) al momento dell’acquisto, in modo da poterne esibire la versione leggibile se l’originale sbiadisce. In mancanza, se ci si trova in contestazione per scontrini illeggibili, si può provare a far valere la buona fede e la possibilità di risalire comunque ai dati (magari tramite l’estratto del Sistema TS, come vedremo), ma si entra in un ambito incerto demandato alla sensibilità del singolo giudice.

Sistema Tessera Sanitaria e documentazione “digitale”: dal 2015 in poi, le farmacie, le ASL, gli ospedali e la maggior parte dei medici e strutture sanitarie trasmettono al Sistema Tessera Sanitaria (STS) i dati delle spese sanitarie di ciascun contribuente (collegati al codice fiscale). Queste informazioni vengono utilizzate per predisporre il modello 730 precompilato annuale. Pertanto, il Fisco possiede già in forma digitale l’elenco di molte spese mediche effettuate dal contribuente, almeno per i soggetti tenuti all’invio telematico (farmacie, medici, dentisti, strutture accreditate, ecc.). A rigor di legge, però, il contribuente deve comunque conservare i documenti originali anche di tali spese comunicate, salvo il caso in cui accetti integralmente la dichiarazione precompilata senza modifiche.

Una recente semplificazione (circolare Agenzia Entrate n.14/E del 17 giugno 2023) ha stabilito che, quando ci si avvale di un CAF o intermediario per presentare il 730 precompilato senza variazioni nelle spese sanitarienon è più necessario esibire né far conservare al CAF gli scontrini e le fatture delle spese sanitarie detraibili . In pratica, i dati del Sistema TS “autocertificano” le spese sanitarie precompilate: il contribuente può semplicemente consegnare al CAF il prospetto dettagliato delle spese sanitarie estratto dal sistema TS, accompagnato da una dichiarazione sostitutiva di atto notorio che attesta la corrispondenza di tale prospetto ai dati dell’Anagrafe sanitaria . Se le spese sul 730 non sono state modificate rispetto al precompilato, il CAF non dovrà conservare i singoli scontrini. Se invece il contribuente aggiunge o modifica importi di spese sanitarie (non presenti nel precompilato), allora per quelle parti servirà raccogliere e conservare i documenti cartacei relativi . Questa novità interessa la fase di controllo formale: qualora il contribuente avesse accettato la precompilata senza variazioni, in caso di controlli successivi l’Agenzia potrebbe accontentarsi del prospetto STS più autocertificazione, anziché pretendere i documenti originali. Tuttavia, per sicurezza, è bene che il contribuente conservi comunque anche gli originali delle spese (specie se fatte fuori dal circuito TS, es. spese estere o presso medici per i quali ha esercitato l’opposizione alla trasmissione).

In definitiva, la regola aurea è: nessuna detrazione senza pezza d’appoggio. Se un importo non può essere provato da un documento conforme, è altamente probabile che venga contestato dal Fisco. Nei prossimi paragrafi vedremo proprio come l’Agenzia delle Entrate effettua i controlli su queste detrazioni e quali sono le contestazioni tipiche su cui il contribuente deve prepararsi a difendersi.

Controlli del Fisco e cause di contestazione delle detrazioni sanitarie

Le detrazioni per spese sanitarie inserite in dichiarazione possono essere verificate dal Fisco attraverso diverse tipologie di controlli:

  • Controllo automatizzato (art. 36-bis DPR 600/1973): è un controllo senza intervento umano, svolto su tutte le dichiarazioni, che verifica aritmeticamente i calcoli e incrocia i dati dichiarati con quelli presenti nell’Anagrafe Tributaria (tra cui alcune spese comunicate da terzi). Nel caso delle spese sanitarie, il controllo automatico potrebbe segnalare, ad esempio, difformità tra l’importo delle spese mediche dichiarate e quello risultante al Fisco. Con l’uso del 730 precompilato, infatti, l’Agenzia conosce l’ammontare delle spese sanitarie comunicate dal Sistema TS. Se il contribuente modifica tale importo (ad esempio aggiungendo spese non presenti nel sistema), potrebbe generarsi uno scostamento. Tuttavia, il controllo automatico di norma non scarta la dichiarazione per questo: si limita a segnalare la difformità al contribuente (nel c.d. foglio informativo del 730) oppure fa emergere il caso per un eventuale controllo successivo. L’avviso bonario da controllo 36-bis su detrazioni sanitarie in genere si verifica quando l’Agenzia ricalcola l’imposta escludendo alcune detrazioni che risultano non spettanti in base ai dati in suo possesso: ad esempio, può accadere se il contribuente ha indicato un importo elevato di spese mediche ma non risulta trasmessa alcuna spesa al Sistema TS. In tal caso il sistema potrebbe liquidare l’imposta senza considerare quelle detrazioni e generare una comunicazione di irregolarità per “detrazioni non spettanti”.
  • Controllo formale (art. 36-ter DPR 600/1973): è il controllo “umano” e mirato, che l’Agenzia può effettuare entro il 31 dicembre del secondo anno successivo alla presentazione della dichiarazione . Consiste nella richiesta al contribuente di esibire i documenti giustificativi delle detrazioni, deduzioni e crediti d’imposta dichiarati, proprio per verificare che quanto indicato in dichiarazione sia supportato da prove cartacee. Il controllo formale viene eseguito a campione o su posizioni selezionate in base a criteri di rischio. In pratica, l’ufficio invia (via PEC o raccomandata) una richiesta di documentazione, elencando i documenti da trasmettere entro 30 giorni (termine eventualmente prorogabile di altri 30 giorni su richiesta motivata). Nel nostro caso, la lettera potrebbe chiedere, ad esempio: “inviare copia delle ricevute/fatture relative alle spese sanitarie detratte per € X indicate nel rigo E1 del modello 730”. Il contribuente deve a quel punto produrre copia di tutti gli scontrini, fatture e ricevute fino a concorrenza dell’importo dichiarato.

Durante il controllo formale, le irregolarità tipiche che emergono in materia di spese sanitarie sono: – Documenti mancanti o non validi: ad esempio, il contribuente dichiara €800 di spese mediche ma riesce a esibire documentazione solo per €600; i restanti €200 risultano privi di prova. Oppure esibisce documenti che l’ufficio ritiene non conformi, come scontrini intestati a un familiare non a carico, o fatture in cui manca il codice fiscale, o ancora ricevute per acquisti pagati in contanti quando la legge dal 2020 richiedeva pagamento tracciabile . Tutte queste situazioni portano a contestare la detrazione per la parte non supportata da documenti regolari, qualificandola come “onere non spettante” . – Errori o incongruenze non rilevati automaticamente: possono capitare inserimenti errati in dichiarazione che il sistema non ha corretto. Ad esempio, indicare spese in un rigo sbagliato. Nel caso delle sanitarie, se per errore un contribuente duplicasse l’indicazione di una spesa, il controllo formale lo rileverebbe chiedendo spiegazioni e giustificativi. Oppure se vi è incongruenza con i dati noti all’Agenzia – ad esempio l’Anagrafe sanitaria segnala €500 di spese mediche, ma in dichiarazione ne compaiono €1000 – il funzionario chiederà ricevute per l’intero importo e, se quelle ulteriori €500 non risultano documentate (magari perché si trattava di un errore o di spese non tracciate), contesterà la differenza come detrazione indebita . – Indicatori di anomalia: l’ufficio potrebbe selezionare per controllo formale dichiarazioni con importi anormalmente alti di spese detratte rispetto al profilo del contribuente. Ad esempio, un contribuente con reddito molto basso ma che dichiara €10.000 di spese mediche detratte può insospettire (ci si chiede come abbia sostenuto tali spese). Oppure incongruenze negli indici ISA per autonomi possono far scattare verifiche. In questi casi spesso il controllo formale è preludio, se emergono irregolarità, ad un accertamento più esteso . Ma se le pezze d’appoggio risultano in regola, la posizione viene archiviata.

Il controllo formale si conclude, se emergono difformità, con l’invio di una Comunicazione di irregolarità (avviso bonario) analoga a quella del controllo automatizzato, in cui si dettagliano le detrazioni non riconosciute e il ricalcolo dell’imposta dovuta. Ad esempio, se Tizio aveva dichiarato €3.000 di spese mediche e fornisce documenti per solo €2.000, l’Agenzia contesterà €1.000 come spesa non comprovata, richiedendo la relativa maggiore IRPEF (19% di €1.000 = €190) più interessi e sanzione . La sanzione, in sede di comunicazione bonaria, è ridotta ad 1/3 di quella ordinaria (che sarebbe il 30% dell’imposta). Dunque nel nostro esempio Tizio vedrebbe richiesti €190 di imposta e circa €19 di sanzione (10%)* più qualche euro di interessi.

(*) Precisazione: tipicamente la sanzione sul tributo omesso nei controlli automatici/formali è il 30% ex art. 13 D.Lgs. 471/1997, ridotta ad 1/3 (10%) se si paga entro 30 giorni dalla comunicazione . Dal 2023 la riduzione in sede di avviso bonario è stata elevata al 1/18 in taluni casi di lieve tardività, ma per detrazioni non spettanti resta 1/3.

  • Accertamenti veri e propri (art. 37 e 38 DPR 600/1973): in alcuni casi, soprattutto se si sospetta dichiarazione fraudolenta o infedele, l’Agenzia potrebbe bypassare il semplice avviso bonario e notificare direttamente un avviso di accertamento. Ciò avviene ad esempio se si scopre che il contribuente ha indicato spese mediche mai sostenute o documenti falsi, integrando un comportamento fraudolento. Oppure se dal controllo formale emergono difformità molto rilevanti e il contribuente non risponde, l’Ufficio può emettere un accertamento recuperando le imposte dovute. In tali ipotesi, l’iter difensivo rientra nell’accertamento (con possibilità di adesione, ricorso ecc.). Tuttavia, la stragrande maggioranza dei casi di detrazioni sanitarie non documentate viene gestita in sede di controllo formale e comunicazione bonaria, senza necessità di un avviso di accertamento “puro”. Solo qualora vi siano elementi di frode penalmente rilevante (ad es. uso di fatture per operazioni inesistenti o false attestazioni), partirà anche la segnalazione per reato tributario (dichiarazione fraudolenta ai sensi del D.Lgs. 74/2000) , ma parliamo di situazioni estreme.

In sintesi, le cause più comuni di contestazione delle detrazioni sanitarie sono di natura formale: mancanza di documenti, documenti non regolari o requisiti formali non rispettati (come il pagamento tracciabile). Quasi sempre al contribuente viene data la possibilità di esibire o regolarizzare prima che la contestazione diventi definitiva, tramite la comunicazione di irregolarità (avviso bonario). Nel prossimo capitolo vedremo come affrontare questa comunicazione e quali passi compiere per difendersi.

Cosa fare in caso di richiesta di documenti o comunicazione di irregolarità

Vediamo ora, dal punto di vista pratico, come deve muoversi il contribuente nel momento in cui riceve una comunicazione dal Fisco relativa alle sue detrazioni sanitarie. Possiamo distinguere due situazioni: 1) semplice richiesta di esibizione documenti (fase istruttoria del controllo formale); 2) arrivo di una comunicazione di irregolarità con importi da versare (esito del controllo automatico o formale). In entrambi i casi è fondamentale agire tempestivamente e in modo accurato.

1. Ricezione di una richiesta documentale (controllo formale 36-ter): questa tipicamente arriva tramite lettera raccomandata o PEC. Non si tratta ancora di una rettifica, ma di un invito a fornire prove. Cosa fare: – Leggere attentamente quali documenti sono richiesti. La lettera indicherà ad esempio “spese sanitarie per €X al rigo E1”: ciò significa che dovrete fornire copia di tutti i giustificativi (fatture, scontrini) relativi a quell’importo. – Recuperare e organizzare i documenti: cercate nel vostro archivio tutte le ricevute mediche, scontrini farmaceutici, fatture ecc. relativi all’anno in questione. Verificate che la somma degli importi arrivi a quanto dichiarato (tenendo conto che la franchigia di €129,11 non va documentata, ma l’Ade vuole vedere l’importo totale). Se mancano alcuni pezzi, attivatevi subito per rimediare (vedi oltre). – Controllare la validità: fate un check dei documenti con i requisiti visti sopra. Ad esempio, se trovate uno scontrino senza codice fiscale che avevate incluso, siete consapevoli che quel documento non è formalmente valido: potreste decidere di escluderlo volontariamente dalla documentazione da inviare (omettendolo e segnalando magari che rideterminate le spese) oppure inviarlo accompagnato da spiegazioni. Valutate strategicamente: se è un importo esiguo, potrebbe essere meglio non insistere su un documento palesemente non a norma (rischiando sanzione su tutta la cifra); si può piuttosto riconoscere l’errore su quell’importo e limitarne gli effetti. – Inviare tutto entro il termine: predisponete la risposta nei modi indicati (PEC o upload telematico se fornito, o consegna a mano). È buona norma includere un elenco riepilogativo dei documenti allegati, con totale importi, e una breve lettera di accompagnamento. In quest’ultima, in tono collaborativo, potete: a) elencare i documenti che allegate; b) fornire eventuali chiarimenti (es. “Si segnala che €100 di tali spese si riferiscono al figlio a carico X, come da fattura intestata a lui ma quietanzata dal sottoscritto”); c) se necessario, chiedere un breve proroga motivata (es. state attendendo duplicati da un medico) – spesso però la proroga va chiesta prima della scadenza iniziale e non è garantita. – Se mancano documenti: qualora non riusciate a trovare uno o più giustificativi, avete due strade: (i) recuperare duplicati o altre prove (vedi paragrafo successivo su strategie di difesa); (ii) oppure ammettere la mancanza e considerare di pagare la quota relativa, per evitare aggravi successivi. Nulla vieta di inviare ciò che avete e omettere quello che manca: l’ufficio calcolerà la differenza e la contesterà. Se la quota mancante è modesta, a volte l’ufficio potrebbe persino chiudere un occhio – ma non contateci, formalmente contesterà anche €5 se non giustificati. – Conservare traccia dell’invio: assicuratevi che la documentazione arrivi (ricevuta PEC o protocollazione). Questo tornerà utile in caso di eventuali future diatribe (ad esempio se l’ufficio sostenesse di non aver ricevuto qualche documento).

Se tutta la documentazione è regolare e copre l’importo dichiarato, il controllo formale si chiuderà senza esiti a vostro carico. Se invece permangono differenze (documenti mancanti o ritenuti non validi dall’ufficio), allora dopo qualche mese riceverete la Comunicazione di irregolarità con il ricalcolo dell’imposta.

2. Ricezione di una comunicazione di irregolarità (avviso bonario): Questo è il passo successivo, che può avvenire sia in esito al controllo formale (come visto) sia a seguito di un controllo automatizzato. La comunicazione riporta in dettaglio le difformità riscontrate e quantifica le maggiori imposte, sanzioni ridotte e interessi dovuti. Ad esempio: “Detrazioni per spese sanitarie non spettanti per €XXX” con indicazione dell’IRPEF recuperata e delle sanzioni (ridotte a 10%).

Quando arriva un avviso bonario su detrazioni sanitarie, occorre innanzitutto non ignorarlo. Vediamo le mosse da compiere: – Verificare esattamente cosa viene contestato: leggere attentamente il prospetto allegato alla comunicazione. Ci sarà indicato l’anno d’imposta, il codice tributo (ad es. “ detrazioni oneri non spettanti art…”) e l’importo della base detrazione disconosciuta. Ad esempio potreste vedere “Spese sanitarie: €500 non riconosciuti”. Questo vi riconduce ai documenti mancanti o non accettati. A volte la comunicazione è accompagnata da una breve spiegazione: es. “non pervenuta documentazione per €500 di spese mediche”. – Confrontare con la propria documentazione: chiedetevi se la contestazione è corretta. Avete davvero €500 di spese non coperte da ricevute valide? Oppure c’è un errore dell’ufficio (ad es. avete inviato una fattura che forse non è stata considerata)? Questa analisi è fondamentale per decidere la reazione. In breve: – Se riconosciamo che la contestazione è fondata, conviene aderire e pagare (beneficiando della sanzione ridotta). – Se riteniamo che sia in errore, occorre predisporre una risposta difensiva con eventuale invio documenti integrativi. – Memoria difensiva / Richiesta di sgravio: Nell’avviso bonario viene indicato che, qualora si ravvisino errori, il contribuente può rivolgersi all’ufficio o trasmettere elementi per rettificare la comunicazione. È buona prassi, se si hanno argomenti, inviare entro il termine (30 giorni dall’arrivo, elevati a 60 giorni per comunicazioni emesse dal 2025 ) una memoria all’Agenzia delle Entrate, preferibilmente via PEC o tramite il canale CIVIS (servizio online per comunicare su avvisi bonari). Nella memoria bisogna: – indicare i riferimenti della comunicazione (numero, protocollo); – spiegare perché ritenete errata in tutto o in parte la pretesa; – allegare nuovamente i documenti probatori che supportano la vostra tesi.

Ad esempio, se l’ufficio non ha considerato una fattura magari perché non le era pervenuta, la ri-allegate; se contesta uno scontrino illeggibile, potreste allegare un estratto conto della farmacia o una dichiarazione sostitutiva che dimostra la spesa. Se la contestazione riguarda il pagamento tracciabile, si può allegare la ricevuta carta. Insomma, dovete fornire qualsiasi elemento utile ad eliminare la difformità. Nella lettera, siate sintetici ma precisi, citando eventualmente norme o circolari a vostro favore. Ad esempio: “Si fa presente che la detrazione di €300 per spese mediche rimborsate dall’assicurazione X risulta spettante ai sensi dell’art. 15, co.1, lett. c) TUIR, in quanto il premio assicurativo non è dedotto; si allega copia della polizza e si richiama Cass. 30611/2024 ”. Un tono fermo ma collaborativo è consigliato. – Pagare in caso di errore effettivo: Se invece, facendo autocritica, vi accorgete che effettivamente avete commesso un errore (ad esempio avete detratto uno scontrino che ora realizzate non essere valido, o avete perso le ricevute e non le potete procurare), la via migliore è pagare l’importo dovuto entro la scadenza indicata. Pagando entro 30 giorni (o 60 giorni se così indicato nell’avviso ricevuto nel 2025), beneficerete della sanzione ridotta di 1/3 . Il pagamento va effettuato con modello F24 usando i codici tributo specifici riportati nell’avviso. È ammessa anche la compensazione di eventuali crediti fiscali per pagare, se disponibile. Pagando nei termini, la questione si chiude lì, senza ulteriori aggravi. Conviene inviare comunicazione all’ufficio solo se qualche dato dell’Agenzia era sbagliato – non se siete voi ad aver sbagliato (in tal caso, inutile discutere: meglio approfittare dello sconto). – Parziale accordo/disaccordo: Può capitare che la contestazione sia solo parzialmente corretta. Ad esempio, l’ufficio vi nega €1000 ma voi avete elementi per dimostrare che almeno €500 erano ok, mentre sugli altri €500 siete in difetto. In tal caso potete: pagare parzialmente €500 contestati e chiedere sgravio per i restanti €500, oppure inviare tutto comunque in memoria. Attenzione però: il sistema degli avvisi bonari non consente un pagamento parziale “ufficiale” con sgravio automatico del resto. Se versate solo una parte, l’Agenzia potrebbe comunque iscrivere a ruolo il residuo con sanzione piena (perché il bonario si intende non definito per intero). Quindi gestite con oculatezza: forse meglio tentare di far correggere l’avviso prima della scadenza, ottenendo un nuovo calcolo ridotto su cui poi pagare. Spesso gli uffici, se accolgono parzialmente le vostre spiegazioni, emettono una comunicazione di irregolarità integrativa rettificata. Ad esempio da €1000 scendono a €500 di imponibile non riconosciuto e vi mandano un nuovo F24 con importi aggiornati. Per ottenere ciò è cruciale muoversi tempestivamente con la memoria difensiva, cosicché l’ufficio la esamini e risponda entro i 30/60 giorni. – Conseguenze se non si reagisce: Ignorare la comunicazione di irregolarità è decisamente sconsigliato. Trascorso il termine (30 o 60 gg), la comunicazione diventa definitiva e viene iscritta a ruolo: in pratica, viene emessa una cartella esattoriale con le somme dovute . A quel punto la sanzione torna intera (30%) e scattano procedure esecutive se non si paga. Inoltre, il mancato riscontro può indurre l’ufficio a essere più aggressivo (ritenendo il contribuente poco collaborativo). Meglio quindi sfruttare la finestra bonaria per sistemare le cose in modo “indolore” o meno oneroso . – Pagamento rateale: L’avviso bonario di per sé non è rateizzabile. Se non riuscite a pagare l’intero importo entro 30 gg, conviene comunque pagare entro quel termine almeno una prima rata spontaneamente (calcolandola voi) e segnalare all’ufficio che intendete pagare il resto a breve, chiedendo magari tolleranza. Ufficialmente però, la rateazione è ammessa solo dopo che il debito viene iscritto a ruolo (cartella), ove si possono ottenere dilazioni da Agenzia Entrate Riscossione. Quindi sul bonario o pagate intero con sanzione ridotta, o se ciò non è possibile vi arriverà cartella (con sanzione piena) e lì attiverete la rateizzazione (sino a 8 rate se <€100k, o piani più lunghi se maggiori importi, secondo norme vigenti).

In qualunque caso, documentate ogni passo: se inviate memorie, conservatene copia e ricevute di invio; se parlate con l’ufficio, annotate nomi e date; se pagate, tenete la quietanza. Tutto questo costituisce il vostro dossier difensivo da usare, se necessario, in fasi successive.

Riassumendo, quando arriva la contestazione: – Subito identificare la detrazione contestata e il motivo (mancanza doc, requisito formale, ecc.) . – Verificare i propri documenti: li avete? Sono regolari? – Se sì, inviarli/riesibirli chiedendo l’annullamento totale o parziale dell’addebito . – Se no (errore vostro), procedere al pagamento entro i termini, godendo della sanzione ridotta . – Se errore loro (dati sbagliati), fornire le prove e chiedere correzione . – Non trascurare le scadenze: 30 gg (o 60 dal 2025) volano. Se in agosto, ricordate la sospensione feriale (1/8 – 4/9) che prolunga i termini . – Chiedere aiuto se serve: in casi complessi valutate di affidarvi a un tributarista. L’Agenzia stessa sugli avvisi bonari consente al commercialista intermediario di gestire la pratica.

Nel prossimo capitolo analizzeremo più in dettaglio le possibili strategie difensive che il contribuente può adottare per far valere le proprie ragioni, specialmente quando ritiene di avere diritto alla detrazione contestata. Vedremo come gestire le situazioni di documenti smarriti, pagamenti in contanti effettuati per errore, spese rimborsate da assicurazioni, ecc., anche alla luce delle recenti sentenze favorevoli ai contribuenti.

Strategie di difesa del contribuente e strumenti di prova

Affrontare una contestazione su detrazioni sanitarie richiede di mettere in campo le giuste strategie per dimostrare il proprio diritto alla detrazione o, in subordine, per limitare le sanzioni. Di seguito esaminiamo le principali situazioni problematiche e come difendersi in ciascuna di esse, dal punto di vista del contribuente (debitore verso il Fisco):

a) Detrazione contestata per documenti mancanti o smarriti: Questa è la situazione più frequente – il contribuente ha effettivamente sostenuto la spesa medica ma non trova più lo scontrino/fattura. Come visto, in assenza di documentazione l’Agenzia disconosce la detrazione. Come difendersi? L’ideale è procurarsi un duplicato del documento: – Farmacie/parafarmacie: molte conservano nel loro sistema informatico gli scontrini “parlanti” emessi, almeno per un certo periodo. Ci si può recare presso la farmacia con data e importo (o meglio ancora con la tessera sanitaria usata) e chiedere la ristampa di una copia conforme dello scontrino o un’attestazione dell’acquisto di quel giorno. Non tutte lo fanno, ma tentare è doveroso. Alcune farmacie potrebbero rilasciare una dichiarazione firmata attestante che “in data X il signor Y ha acquistato i seguenti farmaci per €… come da nostro scontrino n… (ora illeggibile)”. Questo documento, sebbene non fiscale, può essere utilizzato come elemento probatorio a supporto. – Medici, dentisti, cliniche: generalmente tengono copia delle fatture/ricevute emesse (sono obbligati a conservare le loro ricevute ai fini IVA e redditi). Si può contattare il professionista e chiedere cortesemente una copia della fattura (se era cartacea) o un duplicato. Molti studi medici rilasciano volentieri un duplicato timbrato “copia conforme all’originale” se spiegate che vi serve per il fisco. In alternativa, almeno fatevi fare una dichiarazione su carta intestata dove il medico attesta di aver eseguito in data X la prestazione Y per €… pagata da Tizio. – Strutture sanitarie (ASL, ospedali, laboratori): se avete perso il ticket o la fattura, spesso c’è un ufficio cassa o amministrativo che su richiesta fornisce un attestato di pagamento. Ad esempio, la ASL può rilasciare l’elenco dei ticket pagati nel tal periodo dal CF X. Molte strutture hanno modulistica per questo. – Sistema Tessera Sanitaria (STS): come accennato, ogni contribuente può accedere al portale TS (con SPID/CIE) e scaricare il prospetto delle proprie spese mediche inviate al fisco . Questo prospetto elenca per ciascun codice spesa (farmaci, visite, ecc.) l’importo e alcuni dettagli. Ad esempio “Farmacia XX – €45 – 10/03/2022 – farmaci classe A”. Importante: il prospetto non è un documento fiscale in sé, ma l’Agenzia nella circolare 14/2023 ha ammesso che può sostituire gli scontrini ai fini dei controlli se accompagnato da dichiarazione sostitutiva . Dunque, se avete perso scontrini ma siete certi che fossero tra quelli comunicati (perché avete usato la tessera sanitaria e il farmacista non ha omesso l’invio), potete stampare il prospetto e preparare una dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui dichiarate che quelle spese sono state effettivamente da voi sostenute e che il prospetto corrisponde ai dati del Sistema TS . Allegando questi due documenti alla risposta al Fisco, avete buone chance di vedere accolte le vostre ragioni, dato che è la stessa Agenzia ad aver previsto questa opzione per i CAF. È come dire: “non ho lo scontrino fisico, ma ecco il record ufficiale dei tuoi database che attesta la spesa”. Questa strategia è relativamente nuova, quindi l’esito può variare a seconda dell’ufficio e del funzionario: alcuni potrebbero pretendere comunque l’originale, altri accettare la riconciliazione con i dati STS. – Prove indirette (estratti conto, ricevute bancomat): se proprio non riuscite a ottenere duplicati o attestazioni, si può ricorrere a prove indirette. Ad esempio, un estratto conto bancario che mostri un addebito di €150 a favore del “Centro Diagnostico Tal dei Tali” in data X può corroborare l’affermazione che avete pagato una visita di €150 quel giorno. Certo, non indica quale prestazione, ma se combacia con un appuntamento documentabile, rafforza la credibilità. Anche gli SMS di conferma appuntamento, le email di ricevute elettroniche e simili possono aiutare. In giudizio tributario, tali elementi possono essere valutati liberamente dal giudice come indizi gravi, precisi e concordanti dell’avvenuta spesa.

In definitiva, la strategia in caso di documenti smarriti è fornire al Fisco qualcosa piuttosto che niente: meglio una dichiarazione del farmacista o un estratto conto che il vuoto assoluto. È chiaro comunque che, dal punto di vista legale, l’onere probatorio della detrazione grava sul contribuente e formalmente senza documento fiscale la detrazione non sarebbe spettante . Dunque, anche un prospetto TS o una copia semplice della fattura potrebbero non bastare a convincere un funzionario fiscale zelante. Se però si arriva in Commissione Tributaria, spesso i giudici adottano un approccio più sostanzialistico: se vedono che il contribuente ha effettivamente sostenuto la spesa (anche se non ha l’originale scontrino), potrebbero accogliere il ricorso annullando la pretesa fiscale. Ci sono stati casi in cui, a fronte di smarrimenti accidentali, i giudici hanno ritenuto sproporzionato negare la detrazione di poche centinaia di euro e hanno dato ragione al contribuente che quantomeno aveva prodotto copia della prescrizione medica e movimenti bancari compatibili.

b) Detrazione negata per vizi formali del documento (mancanza di elementi obbligatori): Qui rientrano situazioni come: – scontrino parlante privo di codice fiscale; – documento intestato a persona diversa dal dichiarante (non familiare a carico); – fattura senza descrizione della prestazione sanitaria; – pagamento non tracciato dove obbligatorio, pur con fattura presente.

In questi casi, il documento c’è ma non soddisfa i requisiti di legge. La difesa dipende dal tipo di vizio: – Mancanza del codice fiscale sullo scontrino farmaceutico o dispositivo: L’Agenzia sostiene – correttamente in base alla normativa – che senza CF lo scontrino non dà diritto alla detrazione . Come difendersi? La mossa migliore è cercare di far emettere una fattura sostitutiva dal venditore. Ad esempio, se ve ne siete accorti poco dopo, tornate dall’ottico e chiedete una fattura intestata a voi per l’occhiale (stornando lo scontrino precedente). Alcuni esercenti potrebbero farlo anche a distanza di tempo (stornando in contabilità lo scontrino e fatturando), ma non è garantito né semplice. Se riuscite a ottenere la fattura, il problema è risolto: inviatela al Fisco spiegando l’accaduto. Se non riuscite, potreste tentare di dimostrare che comunque la spesa è vostra: ad esempio, presentando una dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui affermate che quello scontrino (identificato da numero e data) è stato pagato da voi per l’acquisto di X. Allegare prova di pagamento (ricevuta carta intestata a voi, se avete usato carta) può aiutare: se la carta è nominativa, collega lo scontrino a voi. Questa è una difesa di emergenza, non prevista formalmente dalla norma, ma talvolta le Commissioni Tributarie l’hanno accolta se non c’erano dubbi sull’effettivo sostenimento. Ad esempio, una ricevuta POS intestata a Mario Rossi, unita allo scontrino senza CF ma con stesso importo/data della farmacia, può convincere il giudice che Mario Rossi è l’acquirente, soddisfacendo la sostanza della norma. Resta però un contenzioso dall’esito incerto. L’approccio migliore è prevenire: far mettere sempre il CF, oppure farsi fare fattura intestata al momento dell’acquisto. – Documento intestato a familiare non a carico: se avete per errore detratto una spesa di un familiare che non rientrava tra quelli fiscalmente a carico (ad es. spese mediche per il coniuge con reddito proprio), purtroppo non c’è difesa: la detrazione non spetta ex lege. L’unica ipotesi in cui è ammessa una detrazione per spese di un familiare non a carico è quella particolare del coniuge non a carico rimborsato da un fondo sanitario come FASI, chiarita dall’Agenzia delle Entrate nel 2010 . In generale però, se Tizio ha detratto spese di Caio che non era a carico, la pretesa fiscale è legittima. Conviene aderire al pagamento. Diverso è il caso in cui il familiare era a carico ma per qualche motivo la fattura è intestata solo a lui: lì la difesa sta nel dimostrare che chi ha presentato la dichiarazione ha effettivamente sostenuto la spesa. Si può fare, come detto, annotando sulla fattura la quota pagata e presentandone copia. Se questo non fu fatto inizialmente, lo si può fare tardivamente producendo la fattura annotata ora con data e firma (è una sanatoria informale ma spesso accettata). – Mancata indicazione della natura sanitaria (descrizione generica): esempio: un medico ha emesso ricevuta indicando solo “prestazione professionale €100” senza specificare che era una visita medica. In sede di controllo, un funzionario pignolo potrebbe eccepire che non è certo si tratti di spesa medica detraibile e chiedere chiarimenti. La difesa: far integrare la descrizione dal medico, o presentare il certificato medico/prescrizione collegata. In generale, se il documento è poco chiaro, fornite elementi integrativi (es. “la ricevuta n.10 riguarda visita dermatologica, come da impegnativa ASL allegata”). – Pagamento in contanti dove non consentito: questo è un nodo spinoso. Se la detrazione viene negata perché la spesa (non farmaco, non dispositivo, non SSN) è stata pagata cash, le possibilità di difesa sono limitate. La norma (art. 1, co. 679 L.160/2019) è tassativa: la detrazione spetta solo se il pagamento è tracciabile, salvo eccezioni specifiche . Non è un mero adempimento formale, ma un requisito sostanziale di legge per il bonus fiscale. Quindi, se ammettete di aver pagato in contanti una fattura di un medico privato nel 2021, la detrazione non spetta per definizione. Si potrebbe tentare di eccepire l’incostituzionalità della norma (per disparità di trattamento tra spese diverse), ma ad oggi non risultano pronunce che abbiano disapplicato tale obbligo. Un contribuente potrebbe provare a sostenere che, avendo il medico dichiarato la prestazione (emesso fattura), la finalità anti-evasione è comunque soddisfatta e che la modalità di pagamento non dovrebbe influire sul diritto alla detrazione. È però un argomento debole in sede contenziosa, perché la controparte (Agenzia) opporrà che il legislatore ha volontariamente posto quella condizione dal 2020 e che il giudice non può ignorarla. In mancanza di casi di giurisprudenza favorevoli sul punto, la difesa razionale consiste nel chiedere clemenza se il periodo era a ridosso dell’entrata in vigore (es. magari nei primi mesi 2020 qualcuno disinformato ha pagato cash), oppure verificare se per caso la prestazione poteva rientrare nelle eccezioni. Ad esempio, se il contribuente pagò in contanti una visita in una clinica privata, si controlli se la clinica era però accreditata SSN: se sì, l’eccezione lo salva (perché per strutture accreditate vale come SSN, contanti ok). Oppure, se fu emessa come “ticket integrativo”, potrebbe rientrare. Insomma, cercare se applicabile una scappatoia. Se no, conviene non intestardirsi: pagare il dovuto e fare tesoro dell’errore per il futuro. Una difesa creativa, tentata da alcuni, è sostenere che quel pagamento in contanti in realtà proveniva da prelievo sul conto e quindi era tracciabile a monte – ma ciò non ha senso per l’Agenzia, quel che conta è il mezzo usato col fornitore.

c) Spese rimborsate da assicurazioni o enti: doppia deduzione? Una contestazione meno comune ma non rara è quando il Fisco ritiene che la spesa sanitaria non sia stata a carico del contribuente perché rimborsata, ad esempio, da una assicurazione sanitaria o da un datore di lavoro. In passato l’Agenzia negava la detrazione se le spese erano rimborsate, salvo il caso in cui i relativi contributi assicurativi non fossero deducibili. Oggi la situazione è più chiara grazie alla norma e a una recente sentenza della Cassazione: – Polizze assicurative sanitarie private (es. FASI, Fondo esterno): l’art. 15, co.1, lett. c) TUIR prevede espressamente che “si considerano rimaste a carico del contribuente anche le spese rimborsate a fronte di contributi o premi assicurativi versati dal contribuente, per i quali non spetta la detrazione d’imposta né la deduzione dal reddito” . In parole semplici: se pagate un’assicurazione sanitaria con soldi vostri già tassati, e non portate in detrazione/deduzione quel premio (perché magari supera il limite detraibile dei €530 o perché la polizza non dà diritto a deduzione), allora le spese mediche che tale assicurazione vi rimborsa sono comunque detraibili come se fossero a vostro carico. Questo per non penalizzare chi si assicura privatamente. Recentemente, la Cassazione civile, Sez. V, sentenza n. 30611 del 28/11/2024 ha ulteriormente chiarito il principio, estendendolo anche al caso in cui l’assicurazione paghi direttamente la struttura sanitaria. Nel caso esaminato, l’Agenzia aveva negato la detrazione perché il contribuente non aveva mai sborsato la somma (pagò tutto l’assicurazione alla clinica); la CTP diede torto al contribuente, ma la Cassazione ha ribaltato la decisione affermando che il diritto alla detrazione permane in quanto l’onere economico è comunque sostenuto indirettamente dal contribuente tramite il premio assicurativo a suo carico . La Corte ha sottolineato che ciò che conta è che la spesa sanitaria non gravi sul SSN ma su risorse private del contribuente (anche se intermediate dall’assicurazione), mentre a carico del contribuente rimane il costo (indetraibile) del premio assicurativo . Dunque, se vi trovate nella situazione in cui il Fisco vi toglie detrazioni perché “rimborsate da assicurazione”, la difesa è citare la norma e la Cassazione 30611/2024, dimostrando contestualmente che i premi assicurativi correlati non sono stati dedotti/detratti. Magari l’ufficio non ha colto questo dettaglio. Allegherete copia della polizza, attestazione dei rimborsi e dichiarazione che non avete fruito di agevolazioni per quei premi. Questa combinazione di argomenti dovrebbe portare all’annullamento della contestazione (eventualmente in sede di ricorso, se l’ufficio locale è di diverso avviso). – Rimborsi da datore di lavoro o enti assistenziali: qui dipende. Se parliamo di un Fondo sanitario integrativo aziendale che rimborsa spese mediche, spesso i contributi a quel fondo sono già esentasse fino a un certo plafond (ad es. i contributi versati dal datore non concorrono al reddito fino a €3.615,20). In tal caso le spese rimborsate non sono detraibili per la parte coperta da contributi esentati (pena doppio beneficio). La legge infatti equipara questi casi ai rimborsi assicurativi con premi detraibili. Se dunque vi contestano spese perché rimborsate dal fondo aziendale e non restate a carico vostro, dovrete verificare: se il contributo al fondo era tutto a vostro carico e non dedotto (caso raro), potete usare lo stesso argomento di cui sopra. Se invece il datore contribuiva e non avete pagato tasse su quelle somme, la contestazione è corretta almeno per la parte rimborsata. Non c’è molto da fare se non evidenziare l’eventuale quota di spesa che non è stata rimborsata e che quindi è rimasta effettivamente a vostro carico. Ad esempio, se avevate €1000 spese, il fondo ve ne rimborsa 800, i restanti 200 li avete pagati voi: questi 200 rimangono detraibili. Fate presente all’ufficio questo calcolo, allegando documenti del fondo, e chiedete lo sgravio parziale. Spesso, infatti, succede che il Fisco vedendo qualche rimborso, faccia confusione e neghi tutto. Voi con calma spiegate che la detrazione è stata praticata solo sulla parte rimasta effettivamente a carico (se è vero). – Spese rimborsate in busta paga (welfare aziendale): alcune aziende rimborsano spese mediche ai dipendenti in regime di welfare (quindi esentasse). Se avete usufruito di ciò, non potete detrarre le stesse spese. Se lo avete fatto e il Fisco se ne accorge (magari incrociando i dati o tramite controlli mirati), togliere la detrazione è corretto. La difesa qui può essere solo di merito: assicurarsi che non vi stiano tassando due volte. Ad esempio, se per errore avete incluso tra le detrazioni anche spese già rimborsate in welfare, conviene riconoscere l’errore. Se invece sostenete che quelle spese non furono coperte da welfare, dovrete provare di non aver ricevuto rimborso (es. con attestazione del datore). Questo scenario comunque esula dal caso “non documentate” ed entra nel caso “oneri non spettanti per altri motivi”.

d) Contestazioni su importi modesti o errori materiali: A volte il Fisco contesta cifre piccole (come quell’esempio dei €9,80 di scontrini illeggibili). In questi casi, valutate il rapporto costi/benefici di una difesa accanita. Se avete ragione di principio, potreste spuntarla ma il tempo e le spese per far valere €10 di imposta magari non valgono la pena. In genere per importi sotto una certa soglia l’Agenzia può persino decidere in autotutela di lasciar perdere. La soglia talvolta considerata è €12 di imposta (minimo per il ruolo), o €30 complessivi. Se la vostra detrazione disconosciuta comporta un’imposta inferiore a tali minimi, segnalatelo: è causa di annullamento perché la cartella non dovrebbe essere emessa sotto 12 euro di tributo. Comunque, stilate una memoria anche per poche decine di euro se siete nel giusto – spesso l’ufficio annulla per “economicità amministrativa” se vede che insistereste.

e) Profilo psicologico e comportamentale: Può sembrare fuori luogo, ma anche come vi ponete nei confronti dell’ufficio può influire sull’esito bonario. Mostrarsi collaborativi, disponibili a chiarire, pronti a fornire documenti integrativi e spiegazioni, magari dialogando con il funzionario telefonicamente, può portare a una soluzione senza contenzioso. Alcuni uffici, ad esempio, se vedono che mancano giustificativi per 100€, possono – in via di autotutela – soprassedere, specialmente se il contribuente fornisce ragioni credibili (es. “li ho persi in un trasloco, ho solo questi estratti per provare la spesa”). Non c’è obbligo per loro di chiudere un occhio, ma dietro le quinte succede che per efficienza ci si concentri su somme più consistenti. Al contrario, un atteggiamento passivo o ostile farà scattare sicuramente la cartella. Quindi, dal punto di vista difensivo, essere proattivi e cortesi paga.

f) Ravvedimento operoso e correzione volontaria: E se il contribuente si accorge da solo di aver detratto indebitamente spese sanitarie (ad es. si accorge di un errore prima che il Fisco lo contesti)? In tal caso può presentare una dichiarazione integrativa a sfavore rettificando l’onere e pagare il dovuto con sanzioni ridotte da ravvedimento operoso. Questo può evitare la fase di controllo e l’avviso bonario. Dopo il controllo invece, si può pagare il bonario come una sorta di ravvedimento “perfezionato”. Se la questione è già in cartella o giudizio, il ravvedimento non è più applicabile, ma si può sempre pagare per chiudere il contenzioso (magari beneficiando di definizioni agevolate se previste da norme temporanee, come è avvenuto nel 2023 con la definizione delle liti pendenti).

Riassumendo le armi difensive a disposizione del contribuente: – Esibizione di documenti originari (se li avete, fine della discussione). – Duplicati o attestazioni sostitutive da parte dei fornitori (farmacie, medici). – Prospetto Sistema TS + autocertificazione, nuova possibilità riconosciuta . – Prove indirette: estratti conto bancari, ricevute di pagamento, ecc. per collegare la spesa al contribuente. – Riferimenti normativi e giurisprudenziali: citare norme come art. 15 TUIR (rimborsi assicurativi) o sentenze (Cass. 30611/2024 sui rimborsi; CTR 2021 Marche sul deperimento documenti) per sostenere la propria posizione giuridica. – Autotutela e buonsenso dell’ufficio: sollecitare l’annullamento in via di autotutela se l’errore è palese (magari allegando la prova mancante con lettera di scuse). – Ricorso in Commissione Tributaria (vedi prossimo paragrafo): se non vi danno ascolto amministrativamente, la giustizia tributaria può darvi ragione, specialmente su aspetti dove la norma lascia margini interpretativi o in caso di comprovata buona fede.

Nel prossimo capitolo vedremo proprio come impostare un eventuale ricorso al giudice tributario e cosa aspettarsi dal contenzioso, qualora la fase amministrativa non abbia risolto la questione.

Il contenzioso tributario: ricorso alle Commissioni/CorTi di Giustizia Tributaria

Se la fase di interlocuzione con l’Agenzia delle Entrate non ha portato all’annullamento della pretesa fiscale (in tutto o in parte) e il contribuente ritiene di avere valide ragioni, resta la via del ricorso tributario. In questa sezione esamineremo come funziona il contenzioso per una detrazione sanitaria negata, dal ricorso in primo grado fino all’eventuale approdo in Cassazione, e quali argomenti e prove presentare.

Atti impugnabili e termini: generalmente, per le contestazioni da controlli automatici o formali, l’atto impugnabile è la Cartella di pagamento emessa dall’Agente della riscossione a seguito del mancato pagamento dell’avviso bonario nei termini. La cartella contiene gli importi dovuti (imposta, sanzione piena, interessi) e ha natura di atto esecutivo. Il contribuente ha 60 giorni dalla notifica della cartella per proporre ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale (ora denominata Corte di Giustizia Tributaria di Primo Grado dopo la riforma del 2022). In alcuni casi, se l’Agenzia ha notificato un avviso di accertamento in luogo della cartella (ad es. per omessa dichiarazione), il ricorso va fatto contro tale avviso entro 60 giorni dalla notifica. Nel nostro contesto di spese sanitarie, è più frequente avere la cartella post-bonario. Va ricordato che dal 2018 è obbligatorio il reclamo/mediazione per le liti di valore fino a €50.000: in pratica il ricorso introduttivo va notificato all’Agenzia e depositato come reclamo; se entro 90 giorni non si concilia, il ricorso prosegue automaticamente. Questo vale anche per le cartelle da 36-ter (che rientrano nelle liti fiscali).

Svolgimento del giudizio di primo grado (CTP): il contribuente nel ricorso dovrà articolare i motivi per cui la pretesa è illegittima. Nel caso di detrazioni sanitarie, i motivi di ricorso più comuni sono: – Fatto: documenti esibiti ma non considerati: “L’ufficio ha erroneamente ignorato la fattura X allegata, quindi la detrazione spettava”. – Diritto: interpretazione della norma: es. “Ha negato la detrazione per spesa rimborsata, in violazione dell’art. 15 TUIR come interpretato dalla Cassazione ”, oppure “Ha considerato non a carico una spesa in realtà rimasta a mio carico”. – Vizi formali dell’atto: raramente nelle cartelle da controlli automatici vi sono vizi di notifica o motivazione, ma è sempre bene controllare. Ad esempio, se la cartella non allegava il dettaglio del calcolo, si può eccepire difetto di motivazione (spesso superato dall’avviso bonario precedente però).

Nel ricorso, il contribuente può produrre tutta la documentazione a supporto, anche se non inviata prima all’ufficio. A differenza di altri processi, in quello tributario vige il principio del libero nuovo probatorio (fino al primo grado e, in parte, al secondo). Quindi, se ad esempio avete ritrovato uno scontrino dopo la cartella, potete comunque presentarlo al giudice. Oppure, se l’ufficio ha rifiutato il prospetto TS, potete sottoporlo al giudice come prova. La Commissione valuterà ex novo la questione.

Burden of proof (onere della prova): in materia di oneri detraibili, la giurisprudenza costante pone a carico del contribuente l’onere di provare il diritto alla detrazione esibendo la documentazione richiesta . Ciò significa che in giudizio dovrete convincere il giudice con elementi probatori che avete diritto all’agevolazione. Se arrivate in CTP ancora privi di qualsiasi giustificativo relativo ad una spesa, difficilmente la vostra parola basterà. Dovrete almeno procurare prove indirette solide. Ad esempio, nel caso degli scontrini sbiaditi discusso prima, il contribuente in CTR aveva dalla sua il fatto notorio che la carta termica sbiadisce e l’esiguità dell’importo, e ha vinto. Ma se fosse stato un importo grande (es. €1000 non documentati per nulla), dubito avrebbe ottenuto successo senza pezze giustificative.

Decisione di primo grado: la Commissione può: – Accogliere totalmente il ricorso (annullando la cartella) se ritiene provato che le detrazioni erano spettanti. Ad esempio, se voi esibite tutti i documenti in sede di ricorso, il giudice molto semplicemente dirà che l’imposta non era dovuta. – Accogliere parzialmente (annullamento parziale): se alcune spese le provate e altre no, il giudice potrebbe ridurre l’importo contestato anziché annullarlo tutto. Esempio: contestati €1000, provati €600, il giudice annulla per €600 e conferma per €400 (in tal caso la cartella andrà ricalcolata). – Rigettare il ricorso, confermando la pretesa fiscale: accade se non siete riusciti a fornire prove convincenti o se la legge è chiaramente a sfavore (es. pagamento in contanti non tracciato – il giudice deve applicare la legge e darvi torto, salvo eccezioni di illegittimità che però non vengono sollevate su casi del genere).

Le sentenze delle Commissioni tributarie sono basate su un giudizio di equità/diritto abbastanza libero. Si trovano esempi di decisioni difformi su casi simili, a seconda dell’orientamento dei giudici locali. Alcuni esempi di orientamenti: – Formalismo vs sostanzialismo: Molti giudici tributari adottano un approccio sostanziale, ovvero se è chiaro che la spesa c’è stata e l’errore è formale (mancato invio ENEA, mancanza CF su scontrino, lieve ritardo), tendono a dare ragione al contribuente invocando il principio di buona fede e collaborazione (statuto contribuenti) e la ratio delle norme agevolative. Altri, più formalisti, ritengono che le condizioni di legge vadano rispettate alla lettera e se non lo sono state la detrazione decade. Ad esempio, su obbligo tracciabilità, prevedo che i giudici si attesteranno sulla linea formalista: “ha pagato contanti -> niente bonus, amen”. – Caso spese assicurazione: prima della Cass. 30611/2024, c’erano CTP che davano ragione all’Agenzia e altre al contribuente. Ora con la Cassazione, ci si aspetta più uniformità a favore del contribuente, essendoci un precedente autorevole . – Caso scontrini illeggibili: abbiamo la CTR Marche 2021 pro-contribuente , ma magari altrove han deciso diversamente. Quindi c’è margine interpretativo.

Appello (secondo grado): sia il contribuente che l’Agenzia possono appellare la decisione di primo grado davanti alla Commissione Tributaria Regionale competente (ora Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado). L’appello va proposto entro 60 giorni dalla notifica della sentenza di CTP. In appello, si possono produrre nuovi documenti (generalmente sì, fino a che non si tratti di domande nuove). Ad esempio, se dopo la sentenza di primo grado recuperate un documento, in teoria potete ancora depositarlo in CTR, anche se è buona regola farlo prima possibile. L’appello riesamina i motivi contestati in primo grado. Se in primo grado avete vinto, è l’Agenzia che deve convincere i giudici d’appello che la CTP ha sbagliato. Se avete perso, dovete evidenziare errori di giudizio o di valutazione prove.

Nella nostra materia, spesso l’appello non viene fatto per questioni di modesta entità, a meno che l’Agenzia non tema un precedente pericoloso. Ad esempio, su pochi euro di scontrini scoloriti, dubito l’Agenzia Marche abbia fatto ricorso in Cassazione dopo aver perso in CTR. Ma su questioni di principio (tipo rimborso assicurazioni), è probabile che l’abbia fatto prima che la Cassazione si pronunciasse.

Cassazione (terzo grado): l’ultimo grado si occupa solo di questioni di diritto (interpretazione di norme, vizi di motivazione della sentenza di CTR). Non rivede i fatti e non ammette nuovi documenti. Dunque, se la controversia verteva sul fatto “ho o non ho presentato i documenti”, difficilmente arriva in Cassazione. Invece può arrivarci un punto di diritto, ad es: “pagamento contanti fa perdere detrazione? – contribuente sostiene di no per principio di capacità contributiva” – e la Cassazione si pronuncia. Finora non risultano pronunce specifiche su questo, ma come detto su altri punti sì (Cass. 30611/2024 su assicurazioni; Cass. 11810/2015 su spese FASI coniuge; etc.). La pronuncia di Cassazione è vincolante per quel caso (se cassa con rinvio, la CTR deve adeguarsi) e fa giurisprudenza per i casi futuri.

Costi e valutazioni pratiche: fare ricorso ha dei costi (contributo unificato €30 se valore fino 1100€, €60 fino 5200€, €120 fino 26000€, €250 fino 52000, etc; spese legali se ci si avvale di avvocato – obbligatorio in appello, in primo grado è possibile auto-difesa per liti sotto €3000, ma attenzione dal 2023 la figura del patrocinio tributario è riservata a professionisti abilitati). Quindi, se la somma contestata è bassa, forse conviene pagare e chiudere. Ma se per voi è rilevante non solo economicamente ma anche per principio (magari siete un professionista attento e volete far valere le ragioni), potete andare avanti.

Sanzioni e interessi in caso di soccombenza: se il ricorso viene respinto, dovrete pagare l’imposta, i relativi interessi (maturati nel frattempo) e le sanzioni piene (30%). Inoltre, la Commissione può condannarvi al pagamento delle spese legali all’Agenzia (di solito qualche centinaio di euro in primo grado, salvo casi complessi). Tuttavia, se avete pagato l’avviso bonario all’inizio, nulla vi vieta di fare ricorso per ottenere rimborso (nel contenzioso tributario è ammesso anche ricorso avverso rifiuto di rimborso): però se avete definito bonariamente, è più difficile poi sostenere di avere diritto al rimborso perché in teoria il pagamento bonario è una tacita acquiescenza. Ci sono state comunque ipotesi di contribuenti che, dopo aver pagato per evitare sanzioni, hanno fatto causa per farsi restituire le imposte sostenendo l’illegittimità della pretesa (non sempre con successo, dipende dal caso e dal fatto che l’avviso bonario non è un atto impositivo impugnabile se pagato).

Esempi di giurisprudenza recente: – Abbiamo già citato Cass. 30611/2024, che è un punto fermo a favore dei contribuenti sui rimborsi assicurativi . – CTR Marche n.68/2021: caso scontrini illeggibili, la CTR ha dato ragione alla contribuente e affermato principio sull’onere di conservazione entro limiti temporali ragionevoli . – Cass. 11810/2015: sul coniuge non a carico con FASI, mi pare avesse già anticipato che le spese rimborsate dal fondo del coniuge non a carico erano detraibili (questo poi recepito dalla circolare 2010 citata). – Cass. 16720/2018: ha confermato che le certificazioni mediche per usi sportivi non sono spese sanitarie detraibili (aspetto minore, ma spesso chi presenta il certificato medico sportivo pensa di detrarlo, invece è fuori dall’elenco). – Cass. 780/2020: ha ritenuto detraibile la spesa per alimenti a fini medici speciali solo se prescritti per malattie metaboliche, confermando l’interpretazione restrittiva (questo più di nicchia). – Cass. 13019/2019: in tema di visite specialistiche all’estero, ha confermato che la detrazione spetta analogamente, purché documentate (e tradotte se necessario). – Cass. 22714/2015: su cure termali ha negato detrazione se non v’era prescrizione medica (richiesta come condizione).

Questi esempi mostrano che il contenzioso sulle spese sanitarie esiste ma in genere tocca questioni specifiche. Sul piano strettamente documentale, il messaggio chiave che emerge dalla giurisprudenza è: il contribuente deve conservare e presentare idonea documentazione, altrimenti difficilmente potrà prevalere. Non a caso, l’Agenzia delle Entrate insiste in ogni sua circolare che “Ai fini della detrazione, il contribuente deve essere in possesso della documentazione comprovante la spesa” .

Ciò detto, la Commissione tributaria è anche un giudice di equità e talora considera le circostanze. Dunque, per concludere questa parte, ribadiamo: preparare un ricorso ben documentato e argomentato aumenta le chance di vittoria, mentre presentarsi senza documenti sperando nella clemenza è rischioso.

Passiamo ora a degli esempi concreti che riassumano situazioni tipiche di contestazione e difesa, per poi chiudere con una serie di domande e risposte frequenti sul tema.

Casi pratici: esempi di contestazione e difesa

Di seguito proponiamo alcuni casi pratici simulati, ispirati a situazioni reali, per illustrare come si sviluppa la contestazione del Fisco e quale potrebbe essere la linea di difesa del contribuente in ciascun scenario.

Esempio 1: Scontrini farmacia smarriti parzialmente
Situazione: Il signor Rossi ha indicato nella dichiarazione dei redditi 2022 spese sanitarie per €800 (tra farmaci e ticket). Nel 2023 riceve un invito dall’Agenzia delle Entrate a produrre i documenti relativi. Rossi trova scontrini per soli €600: mancano all’appello circa €200 di acquisti in farmacia (forse scontrini persi).
Contestazione del Fisco: Dopo aver esaminato i documenti inviati (solo €600), l’ufficio invia a Rossi una comunicazione di irregolarità contestando €200 di spese non documentate. Viene richiesta maggiore IRPEF di €38 (19% di 200) più sanzione ridotta €3,8 e interessi nominali.
Difesa del contribuente: Rossi effettivamente non trova gli scontrini mancanti, ma non si arrende. Si collega al Sistema TS e scarica il prospetto delle sue spese 2021 risultanti: vede che ci sono voci per circa €800, inclusi i €200 che lui non ha più su carta. Stampa il prospetto e compila una dichiarazione sostitutiva in cui attesta che quei €200 (farmaci acquistati in date X e Y presso Farmacia Alfa) sono stati sostenuti da lui e che il prospetto TS corrisponde al vero. Invia il tutto via PEC all’Agenzia, chiedendo l’annullamento dell’avviso bonario.
Esito possibile: l’ufficio, verificati i dati, accoglie l’istanza annullando la comunicazione (o emettendone una nuova a zero) poiché riconosce la validità della prova alternativa fornita. Rossi non deve pagare nulla. (Nella peggiore delle ipotesi, se l’ufficio fosse rigido e confermasse l’addebito, Rossi farebbe ricorso in CTP allegando il prospetto TS: è probabile che il giudice gli dia ragione ritenendo sufficientemente provato che la spesa fu sostenuta, magari citando la circolare ADE 14/2023 che equipara il prospetto ai documenti).

Esempio 2: Prestazione specialistica pagata in contanti
Situazione: La signora Bianchi nel 2021 ha effettuato una visita oculistica presso uno studio privato non convenzionato, costo €150, pagando in contanti. Ha regolare fattura intestata a sé, che ha inserito in dichiarazione 2022.
Contestazione del Fisco: Nel 2023 riceve un avviso bonario che le disconosce la detrazione di €150 perché “spesa sanitaria non tracciata (L.160/2019)”. Le viene richiesto il 19% di 150 = €28,5 di IRPEF, più sanzione circa €2,8 e interessi.
Difesa del contribuente: Bianchi, un po’ sorpresa, prova a difendersi: invia una memoria all’Agenzia evidenziando che la fattura c’è (allega di nuovo copia) e sostenendo che la modalità di pagamento non cambia la sostanza della spesa medica. Argomenta sul principio di capacità contributiva e sul fatto che l’oculista ha dichiarato il compenso (essendoci fattura).
Esito possibile: l’Agenzia respinge la memoria, ribadendo che la legge è chiara sull’obbligo di tracciabilità dal 2020 . A questo punto Bianchi valuta se fare ricorso. Consulta un avvocato tributarista che le spiega come non vi siano precedenti favorevoli e come la commissione probabilmente applicherà la norma alla lettera. Stimando costi e benefici, la signora Bianchi decide di non proseguire la lite e paga l’importo dovuto (per fortuna contenuto). Impara per il futuro di usare sempre metodi tracciabili (carta, bancomat) per visite mediche private.
(Nota: se invece Bianchi avesse scoperto che lo studio oculistico era accreditato SSN – poco probabile per un oculista privato, ma ipotizziamo – allora il pagamento contante sarebbe stato consentito. In tal caso nel ricorso avrebbe dovuto dimostrare l’accreditamento, e quasi certamente vincerebbe, poiché l’eccezione di legge la copre.)

Esempio 3: Spese mediche rimborsate da assicurazione
Situazione: Il signor Verdi ha sostenuto nel 2022 spese mediche per €5.000 (intervento chirurgico), interamente pagate dalla sua assicurazione sanitaria privata direttamente all’ospedale. Verdi aveva però pagato di tasca sua il premio annuo dell’assicurazione (€1200) senza poterlo detrarre (superava il limite detraibile). Nella dichiarazione 2023, Verdi – sapendo della clausola art.15 TUIR – detrae comunque €5.000 (al 19%, con franchigia).
Contestazione del Fisco: L’Agenzia delle Entrate, vedendo che Verdi ha zero spese nel Sistema TS (poiché ha pagato l’assicurazione) ma ha detratto €5.000, gli invia un avviso bonario negando l’intera detrazione per “spesa non a carico del contribuente, rimborsata da assicurazione”. Importo richiesto: €923 di IRPEF (19% di (5000-129,11)), sanzioni e interessi.
Difesa del contribuente: Verdi predispone una dettagliata istanza di autotutela: allega copia della polizza assicurativa e della documentazione di rimborso, evidenziando che il premio di €1200 non è stato portato in detrazione né dedotto. Richiama l’art.15 TUIR e la recente Cassazione 30611/2024 che copre proprio il suo caso . Chiede dunque l’annullamento integrale della contestazione.
Esito possibile: L’ufficio esamina l’istanza. In prima battuta potrebbe essere restio (questi casi spesso non sono noti a tutti i funzionari), ma la citazione della Cassazione mette pressione. La pratica magari viene girata a un funzionario esperto o all’Area Legale interna, che riconosce la fondatezza. La comunicazione viene annullata totalmente in autotutela. In alternativa, se l’ufficio non cede, Verdi farà ricorso in CTP, dove con ogni probabilità vincerà facendo valere la chiara volontà del legislatore e la giurisprudenza di legittimità a supporto. In esito, non pagherà nulla. (Anzi, potrà continuare a usare questo meccanismo: assicurarsi privatamente e godere sia della copertura sia della detrazione, implicitamente contemplata dalla norma come incentivo).

Esempio 4: Fattura intestata al figlio non a carico
Situazione: Il signor Neri sostiene spese mediche per la madre anziana (non fiscalmente a carico perché percepisce pensione oltre soglia) e per il figlio adulto (anche lui non più a carico). Per un errore del suo CAF, nella dichiarazione 2022 vengono inserite anche €300 di spese mediche della madre e €200 del figlio.
Contestazione del Fisco: Tramite controllo automatizzato incrociato (visto che il CF di madre e figlio non compaiono come a carico di Neri), l’Agenzia toglie quei €500 con avviso bonario per “oneri non spettanti – familiari non a carico” chiedendo circa €95 di imposta più sanzioni.
Difesa del contribuente: Neri, sinceramente, si rende conto dell’errore (non avrebbe avuto diritto a detrarle). Decide di non opporsi e di pagare, magari rivalendosi poi sul CAF per l’errore (se rientra nelle tutele). Sa che la legge non gli consentiva quelle detrazioni, quindi un ricorso sarebbe inutile.
Esito: Neri paga nei 30 giorni la somma richiesta (sanzione 1/3). Caso chiuso. (Se invece Neri pensava erroneamente che la madre fosse a carico e vuole dimostrarlo – ipotesi: magari la madre era a carico suo perché, pur avendo pensione, lui fruisce della deduzione disabili art. 10. Bisognerebbe portare certificati di handicap e dimostrare che era deducibile altrove. Ma stiamo complicando: generalmente, spesa per familiare non a carico non si recupera).

Esempio 5: Scontrino di occhiali senza codice fiscale
Situazione: La signora Rosa acquista un paio di occhiali da vista nel 2025 per €300. L’ottico le rilascia uno scontrino dove è indicato “occhiali da vista (CE)” e l’importo, ma per dimenticanza non viene riportato il suo codice fiscale. Rosa se ne accorge solo a casa. Poiché ha pagato con carta, conserva sia lo scontrino che la ricevuta carta. In dichiarazione 2026 include i €300 tra le spese detraibili.
Contestazione del Fisco: Nel 2027 riceve una lettera di invito a controllo formale chiedendo la documentazione. L’ufficio nota l’assenza del CF su quello scontrino: quando Rosa invia i documenti, le viene anticipato telefonicamente che “così com’è, lo scontrino per gli occhiali non è valido ai fini fiscali”. Arriverà dunque verosimilmente un avviso bonario negando €300 di detrazione.
Difesa del contribuente: Rosa corre dall’ottico spiegando la situazione. L’ottico, gentilmente, emette una fattura intestata a Rosa per “occhiale da vista con lenti – dispositivo medico CE”, indicando che la somma è stata pagata il tal giorno (richiamando lo scontrino originale). Con la fattura in mano, Rosa la trasmette all’Agenzia prima ancora che emetta l’avviso, spiegando l’accaduto.
Esito possibile: L’Agenzia accetta la fattura correttiva e decide di non iscrivere a ruolo i €300. Il controllo formale si chiude senza rilievi perché ora c’è un documento con CF. Se invece l’ottico non avesse collaborato, Rosa avrebbe fatto ricorso allegando scontrino, ricevuta carta e un’autodichiarazione. L’esito in CTP sarebbe stato incerto: alcuni giudici potrebbero rigettare (mancando requisito formale), altri accogliere valorizzando le prove indirette.

Esempio 6: Detrazioni “gonfiate” e rischi penali
Situazione: Il signor Blu, per abbassare le tasse, indica nel modello 730/2023 ben €10.000 di spese mediche, mentre in realtà ne ha sostenute solo €2.000 (gli altri €8.000 li ha inseriti arbitrariamente, senza ricevute, confidando che col precompilato magari non si notasse).
Contestazione del Fisco: Il sistema vede un’enorme difformità con le spese note (ad es. STS segnalava €2.000) e segnala il profilo. L’ufficio avvia un controllo formale: Blu non risponde alla richiesta documenti (tanto non li ha). Si va direttamente a un accertamento per infedele dichiarazione. Viene recuperata imposta per ~€1.500, con sanzione piena del 90% (dichiarazione infedele oltre soglia) essendo l’imposta evasa superiore a €150. Inoltre, vista l’entità, scatta la denuncia per dichiarazione fraudolenta se l’ufficio presume abbia utilizzato artifici (dati falsi).
Difesa del contribuente: In sede tributaria, Blu non ha difese – non avendo alcuna prova, incassa un avviso di accertamento difficile da contestare (ha palesemente mentito in dichiarazione). Potrebbe solo sperare in una definizione agevolata (se il periodo fiscale rientra in sanatorie). Sul piano penale, se i €1.500 di imposta evasa superano la soglia di punibilità per dichiarazione infedele (oggi €50.000 imposta evasa, quindi no in questo caso) potrebbe evitare il penale perché non raggiunge il reato (infedele non punibile sotto soglia). Ma se l’ufficio configura fraudolenza (utilizzo di fatture false o artifici, art. 3 D.Lgs. 74/2000, soglia imposta 30k), è possibile un procedimento. Comunque, Blu dovrà pagare imposta, sanzioni e interessi, e imparare a non inserire spese fittizie – oltre al rischio di precedenti penali.
(Nota: i casi penali per oneri indebiti sono rari; in genere si perseguono se c’è uso di ricevute false in modo sistematico. Ma è bene sapere che esiste il rischio: detrarre spese mai sostenute può integrare reato tributario .)

Questi esempi coprono varie situazioni possibili. Come si evince, a fare la differenza è spesso la condotta del contribuente: chi è in buona fede e diligente può, documenti alla mano, difendersi con successo; chi è approssimativo o in malafede, inevitabilmente andrà incontro a esiti sfavorevoli.

Passiamo ora a una serie di domande frequenti, che riassumono in forma Q&A molti dei punti trattati, fornendo risposte concise e mirate.

Domande frequenti (FAQ)

D: Cosa succede se non riesco a esibire uno scontrino o una fattura di una spesa medica che ho detratto?
R: In assenza di documentazione, la parte di spesa non provata viene considerata detrazione non spettante e ti verrà richiesta la restituzione del 19% di essa (maggior imposta) più interessi e sanzione. In sede di controllo formale, l’Agenzia contesterà la spesa non documentata e invierà un avviso di irregolarità per l’imposta relativa . Puoi difenderti provando in altri modi la spesa (duplicati, estratto Sistema TS, ecc.), ma formalmente senza pezza d’appoggio fiscale hai poche chance. Se proprio il documento è irreperibile, conviene valutare il pagamento dell’importo contestato con sanzione ridotta (se in fase bonaria) per chiudere la questione.

D: Posso detrarre le spese sanitarie anche se le ho pagate in contanti?
R: Dipende dal tipo di spesa e dall’anno. Fino al 2019, sì, il pagamento in contanti non incideva sulla detrazione (bastava avere lo scontrino/fattura). Dal 2020 in poi, per la maggior parte delle spese sanitarie la legge richiede il pagamento tracciabile (no contanti) come condizione per detrarre . Eccezioni: l’acquisto di medicinali e dispositivi medici e le prestazioni erogate da strutture pubbliche o private accreditate SSN: per queste è ancora ammesso il contante . Quindi, se hai pagato in contanti una visita in uno studio privato nel 2021, no, non puoi detrarla legalmente. Se invece hai pagato in contanti dei farmaci in farmacia, , puoi detrarli (lo scontrino parlante basta). Attenzione: il requisito vale per le persone fisiche in dichiarazione dei redditi; non si applica ai rimborsi spese in ambito professionale o aziendale.

D: Ho accettato il 730 precompilato senza modificare le spese mediche: devo conservare lo stesso scontrini e fatture?
R: La normativa recente dice che se non modifichi i dati precompilati sulle spese sanitarie, non sei tenuto a conservare i relativi documenti ai fini dei controlli . In caso di verifica, infatti, il CAF o l’Agenzia potranno basarsi sul prospetto delle spese comunicato dal Sistema Tessera Sanitaria, accompagnato da una tua dichiarazione sostitutiva . Dunque, per la tranquillità totale, sarebbe sufficiente conservare il prospetto TS e la dichiarazione. Detto ciò, per prudenza, se possibile conserva comunque almeno le fatture più importanti: male non fa, specie perché il prospetto TS elenca importi ma non sempre dettaglia ogni voce come farebbe un documento originale. Se invece hai modificato/aggiunto spese sanitarie rispetto al precompilato, devi conservare e presentare i documenti relativi a quelle spese aggiunte .

D: Le spese mediche sostenute all’estero sono detraibili? Quali documenti servono?
R: Sì, le spese sanitarie all’estero sono detraibili allo stesso modo di quelle in Italia, purché rispettino i requisiti analoghi. Dovrai avere la fattura o ricevuta rilasciata dal medico/ospedale estero, preferibilmente intestata a te. Se è in lingua straniera, per importi rilevanti è consigliabile far fare una traduzione in italiano, almeno delle parti essenziali (nominativo, tipo prestazione, importo). In alcuni casi viene richiesta traduzione giurata (specie se la lingua non è inglese/francese/spagnolo, o se la descrizione non è chiara). Se la valuta non è euro, conviene allegare un calcolo in euro al cambio del giorno del pagamento (o estratto conto con addebito). Ricorda: se hai pagato nel 2020 o dopo, devi aver usato strumento tracciabile anche all’estero (es. carta) salvo il caso di farmaci o prestazione in ospedale pubblico estero. In più, conserva eventuali prescrizioni mediche se la prestazione è di natura particolare (es. cure termali all’estero, acquisto di occhiali all’estero – devi provare che sono dispositivi medici, etc.).

D: Posso detrarre le spese mediche di un familiare non fiscalmente a carico, ad esempio mio padre pensionato che però pago io?
R: No, in generale non è consentito. Le detrazioni per oneri spettano solo per le spese proprie o di familiari fiscalmente a carico (che hanno reddito sotto le soglie di legge). Se tuo padre/madre non è a carico tuo ai fini IRPEF, le sue spese mediche potrà detrarle solo lui nella sua dichiarazione (se ha capienza d’imposta), altrimenti vanno perse. Eccezione: spese per familiari disabili rientranti tra quelle deducibili (assistenza specifica) possono spettare anche se il disabile non è a carico, ma qui si parla di deduzione art. 10 e non di detrazione 19%. Un’altra eccezione particolare riguarda i contributi a enti/fondi sanitari: es. se sei pensionato ex-dipendente e versi a un fondo che rimborsa spese al coniuge non a carico, quelle spese sono detraibili (caso FASI chiarito da AE nel 2010 ). Ma in situazioni ordinarie (es. genitore che paga operazione per figlio lavoratore), no, il genitore non può detrarre.

D: Mio figlio è a mio carico al 50%. Possiamo detrarre entrambi le sue spese mediche?
R: Sì, potete suddividere la detrazione in base a chi ha sostenuto la spesa. In pratica, se tuo figlio è fiscalmente a carico di entrambi i genitori (al 50% ciascuno per le detrazioni per carichi di famiglia), ciascun genitore può detrarre la quota di spesa che effettivamente ha pagato. Se non è distinguibile, per prassi si intende metà ciascuno. Ad esempio, se ci sono €1000 di spese mediche per il figlio, di cui magari €600 pagati dal padre e €400 dalla madre, il padre detrae €600 e la madre €400 (ciascuno applicherà la franchigia su ciò che dichiara). È importante indicare correttamente in dichiarazione la propria quota. Il documento di spesa può essere intestato al figlio: in caso di controllo, per evitare dubbi, è utile annotare a penna sulla fattura “pagato €X da padre e €Y da madre”. Se vi dimenticate, potete comunque farlo poi. L’importante è non superare in due il 100% della spesa (niente “doppia detrazione”). Nel 730 precompilato di solito le spese dei figli a carico vengono automaticamente attribuite al 50% a ciascun genitore, salvo diversa indicazione.

D: L’Agenzia delle Entrate mi contesta una detrazione per un intervento di chirurgia estetica, sostenendo che non è detraibile. È corretto?
R: Dipende dalla natura dell’intervento. Le spese mediche estetiche/puramente voluttuarie non rientrano tra quelle agevolabili, perché non hanno finalità curativa o terapeutica. Se l’intervento non era “necessario” per la salute ma solo per miglioramento estetico, l’Agenzia fa bene a negare la detrazione. Ad esempio, un intervento di chirurgia plastica estetica (rinoplastica estetica, mastoplastica additiva puramente estetica, ecc.) di norma non è detraibile. Diverso se l’intervento aveva scopo funzionale o riparativo (es. settoplastica per problemi respiratori, ricostruzione dopo un incidente, intervento per obesità patologica): in questi casi è spesa sanitaria. In caso di contestazione, puoi difenderti presentando documentazione medica che attesti la necessità terapeutica dell’intervento. Ad esempio, un certificato del chirurgo che spieghi che l’operazione era volta a correggere una malformazione congenita che causava problemi. Se riesci a dimostrare che c’era un fine curativo, la detrazione va riconosciuta; altrimenti l’ufficio e i giudici la negheranno, poiché le spese “volontarie” per migliorare l’aspetto non ricadono tra oneri detraibili (lo conferma la prassi AE).

D: Quali sanzioni si applicano se il Fisco mi toglie una detrazione medica?
R: La detrazione “tolta” significa che hai versato meno imposte di quelle dovute. Si tratta di imposta non pagata, per cui la sanzione ordinaria è il 30% dell’imposta non versata (art. 13 D.Lgs. 471/97). Però nelle fasi di controllo automatizzato/formale la legge prevede sanzioni ridotte: nell’avviso bonario la sanzione è ridotta ad un terzo (quindi 10% circa) . Se paghi entro 30 giorni dall’avviso bonario, ti fermi a quella sanzione ridotta (oltre interessi). Se invece non paghi e si va in cartella, si applica il 30% pieno. In caso di ricorso, se vinci ovviamente non paghi nulla; se perdi, pagherai il 30% + interessi (oltre eventualmente le spese di giudizio). Facciamo un esempio: detrazione indebita su €1000 di spese → imposta evasa €190. In bonario ti chiedono €190 + €19 sanzione + interessi; in cartella sarebbero €190 + €57 sanzione + interessi. Pagando subito risparmi quindi la differenza di sanzione (€38 in questo caso). Se ritieni la contestazione corretta, ti conviene sempre pagare in fase bonaria per sfruttare la riduzione della sanzione .

D: Per quanto tempo devo conservare scontrini e fatture delle spese mediche?
R: Dovresti conservarli fino alla scadenza dei termini di accertamento, ovvero almeno per 5 anni dal 31 dicembre dell’anno di presentazione della dichiarazione a cui si riferiscono (in molti casi è prudente 6 anni per avere margine). Ad esempio, documenti relativi alla dichiarazione dei redditi 2022 (presentata nel 2023) vanno tenuti fino al 31/12/2028. Il controllo formale viene di solito fatto entro 2 anni, ma un accertamento (se ad esempio ometti la dichiarazione o emergono altri fatti) può avvenire entro 5 anni. Inoltre, se fai dichiarazione integrativa o rettifiche, si sposta in avanti. Dunque 5 anni pieni sono la regola. Se hai accettato la precompilata senza modifiche, teoricamente non sei obbligato a conservare i documenti sanitari (come da circolare AE 14/2023) , ma per prudenza molti consigliano di tenerli almeno un paio d’anni nel cassetto. In caso di contenzioso in Commissione Tributaria, ricorda che il giudice ha ammesso che non serve conservarli “in eterno”, ma solo entro i termini di legge , quindi nessuna sanzione se li butti dopo quel periodo.

D: Ho ricevuto una comunicazione di irregolarità per spese mediche contestate. Posso rivolgermi al giudice subito per bloccarla?
R: No, la comunicazione di irregolarità (avviso bonario) non è impugnabile direttamente davanti alla Commissione Tributaria, perché non è un atto impositivo definitivo. Devi prima eventualmente fornire chiarimenti o pagare. Solo se non rispondi o non sei soddisfatto e l’Agenzia procede iscrivendo a ruolo le somme (ovvero emettendo la cartella di pagamento), avrai un atto impugnabile (la cartella) contro cui presentare ricorso . Un’eccezione: se per caso l’Agenzia dovesse notificarti un avviso di accertamento in sostituzione dell’avviso bonario (cosa rara in questi casi), quello sarebbe impugnabile entro 60 giorni. Ma in genere per detrazioni si passa per la fase bonaria. Durante la fase bonaria, tuttavia, puoi interloquire con l’ufficio e far correggere errori senza bisogno di giudice . Solo a cartella (o diniego di autotutela) potrai andare in CTP. Nota: talvolta se l’importo è elevato e urgente, potresti valutare di pagare e poi impugnare come rimborso, ma è più complicato; conviene seguire l’iter ordinario.

D: In sede di ricorso, posso ancora presentare documenti che non ho presentato prima all’Agenzia?
R: Sì. Nel processo tributario, a differenza di quello civile ordinario, puoi produrre nuovi documenti in qualsiasi grado di giudizio di merito (primo e secondo) per sostenere la tua tesi, senza particolari preclusioni temporali. Quindi, se ad esempio trovi uno scontrino dopo aver ricevuto la cartella, puoi allegarlo al ricorso e il giudice lo valuterà. Chiaramente è meglio presentarli prima possibile (il giudice potrebbe storcere il naso se arrivi in appello con documenti che potevi già mettere in primo grado, ma in teoria li deve ammettere lo stesso). Non puoi invece in Cassazione, perché lì si discute solo di questioni di diritto e il fatto deve essere già accertato. Dunque, in breve: , puoi e devi presentare al giudice tutti i documenti utili, anche se l’Agenzia non li ha visti prima – il tuo scopo è convincere il giudice, non più il funzionario.

D: Ho ricevuto la cartella per detrazioni indebite ma l’importo è modesto (meno di 50€). Posso evitare di fare ricorso e sperare che lascino perdere?
R: Attenzione: se la cartella è stata emessa vuol dire che l’importo supera la soglia minima di iscrizione a ruolo (che è €20 di imposta, o €10 non so – attualmente €30 di tributi pare). Sotto certi importi l’Agenzia non dovrebbe neanche fare la cartella. Se per caso l’importo richiesto è sotto €30 di imposta, verifica perché potrebbe esserci un errore. Ma supponiamo sia €40: formalmente devi pagarla o fare ricorso se non sei d’accordo. Non confidare che “lascino perdere”: una volta che c’è la cartella, se non paghi si accumulano interessi e possono attivare comunque procedure (fermo amministrativo, ecc. anche per cifre piccole, almeno cumulativamente). Piuttosto, se il valore è basso, se fai ricorso puoi beneficiare dell’esonero dall’assistenza tecnica (puoi difenderti da solo fino a €3.000 di valore). E sappi che esiste la possibilità di chiedere la sospensione della cartella al Presidente della CTP se presenti istanza di sospensione e dimostri che il pagamento ti arreca danno grave o che ci sono motivi fondati di vittoria. Per €40 probabilmente non ne vale la pena: pagala e fine. Tieni anche conto che per liti fino a €50.000 c’è il reclamo-mediazione: potresti proporre all’Agenzia di chiudere pagando solo il tributo senza sanzione (loro a volte in mediazione riducono sanzioni). Ma su importi così piccoli, di nuovo, la strada più efficiente è chiudere con il pagamento, a meno che tu abbia principi importanti da affermare.

D: Il mio CAF ha sbagliato a inserire una spesa, facendomi detrarre più del dovuto, e ora ho la cartella. Posso rivalermi su di loro?
R: Potenzialmente sì, ma prima devi comunque sistemare la questione col Fisco. Se il CAF ha apposto il visto di conformità sul tuo 730, risponde nei confronti dell’Agenzia per le sanzioni e per l’imposta (fino a un certo tetto) qualora l’errore sia dovuto a loro negligenza. Devi presentare una domanda di annullamento al CAF e all’Agenzia citando la normativa sul responsabile dell’assistenza fiscale. Tuttavia, spesso il meccanismo prevede che tu paghi e poi il CAF ti rimborsa. Molti CAF hanno polizze assicurative che coprono questi casi. Se l’errore è pacifico e imputabile al CAF, rivolgiti subito a loro fornendo copia della comunicazione/cartella: dovrebbero attivarsi per pagare al tuo posto o rimborsarti le somme versate, comprese sanzioni (che per legge sono a carico loro, art. 39 D.Lgs. 241/97). Attenzione che questo vale per i CAF o professionisti abilitati che mettono il visto. Se hai fatto da solo o l’errore è tuo, ovviamente no. Quindi sì, informati sui tuoi diritti: molti contribuenti non sanno che il CAF risponde degli errori sul 730 (difatti viene pagato per controllare). In caso di inerzia, puoi anche citare il CAF per danni, ma di solito si risolve bonariamente.

D: Parte delle mie spese mediche è stata rimborsata dalla mutua integrativa dell’azienda, il resto l’ho pagato io. Posso detrarre la parte non rimborsata?
R: Sì, esattamente. Devi scorporare le spese rimborsate da quelle rimaste a tuo carico. Nella dichiarazione dovresti indicare solo la quota rimasta effettivamente a tuo carico. Ad esempio, €1000 di spese di cui €700 rimborsati da fondo sanitario e €300 no: tu potrai detrarre €300. Se hai indicato l’intero importo per errore e il Fisco se ne accorge, dovrai dimostrare la ripartizione. Il principio è: niente detrazione sulla parte coperta da contributi esentasse o da rimborsi non tassati. Ma la parte che hai pagato di tasca tua senza rimborso è detraibile. Se l’Agenzia ti contesta tutto, fornisci la documentazione del fondo che attesta quanto ti ha rimborsato, e chiedi che venga riconosciuta almeno la quota non rimborsata. Normalmente lo fanno (possono aver contestato per eccesso di zelo). Quindi sì, la parte non rimborsata resta detraibile. Se invece hai erroneamente detratto anche la parte rimborsata, preparati a restituire quella quota di detrazione indebitamente fruita.

D: È vero che detrarre spese mediche false può portare a conseguenze penali?
R: Sì, se le cifre sono rilevanti e c’è dolo, può configurarsi un reato tributario. Inserire in dichiarazione spese mediche mai sostenute, soprattutto se di importo elevato e magari corroborandolo con documenti falsi, può integrare la dichiarazione fraudolenta (punita penalmente) ai sensi del D.Lgs. 74/2000 . La semplice esagerazione può essere “dichiarazione infedele” se l’imposta evasa supera €50.000. Ad esempio, uno che “si inventa” €20.000 di spese mediche detraendone €19% (cioè €3.800 di imposte risparmiate) in teoria non raggiunge 50k evasi, quindi penalmente non rileva come infedele; ma se produce fatture false per provarle, allora è fraudolenta (soglia €30k imposta evasa o uso di artifizi) e potrebbe essere perseguito. In pratica, casi del genere non sono comunissimi, ma sono possibili indagini se l’Agenzia scopre un giro di ricevute false (è successo con false fatture mediche per terapie non fatte). Per il contribuente medio, il rischio principale è una grossa multa amministrativa. Tuttavia, è bene sapere che la frode sulle detrazioni è comunque un reato (dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici) e quindi… non fatelo! Usare spese mediche inesistenti per pagare meno tasse è non solo eticamente scorretto ma anche potenzialmente un guaio penale oltre che fiscale.

D: Cosa posso fare per evitare future contestazioni sulle mie spese sanitarie?
R: Ecco alcuni consigli pratici:
– Conserva sempre con cura i documenti fiscali di spese mediche per almeno 5-6 anni. Fotocopia o fotografa quelli termici. Archiviali in modo ordinato per anno.
– Verifica subito i documenti al momento dell’emissione: controlla che su scontrini e fatture ci siano il tuo nome/C.F., la descrizione chiara e tutti i dati richiesti. In farmacia, dai la tessera sanitaria; dal medico, chiedi fattura con tuo codice fiscale.
– Paga con metodi tracciabili per visite, esami e prestazioni in studi privati (obbligatorio dal 2020). Usa preferibilmente carte o bonifico, così hai anche estratto conto come prova.
– Usa il 730 precompilato se ti è comodo: contiene già le spese mediche note, riducendo errori. Se aggiungi spese manualmente, assicurati che siano documentate e comunicalo al CAF.
– Non buttare gli scontrini precompilati subito: se decidi di non conservarli perché hai il prospetto, almeno scarica e conserva tale prospetto e fai firmare al CAF che l’ha ricevuto.
– In caso di dubbi, chiedi al medico/farmacista: ad esempio, se fai un acquisto strano (tipo integratore) e non sai se è detraibile, informati. Solo farmaci e dispositivi lo sono in quella categoria.
– Non inventare nulla e non “allungare il brodo”: detrazioni fasulle o gonfiate sono un boomerang. Dichiara solo ciò che puoi dimostrare.
– Se ti rimborsano, calcola bene cosa detrarre: togli la parte rimborsata (salvo i casi leciti come assicurazione privata pagata da te).
– Tieni traccia dei familiari a carico: se un figlio esce dal nucleo fiscale perché inizia a lavorare, ricordati di non detrarre più le sue spese da quell’anno. Aggiorna lo stato a ogni dichiarazione.
– Affidati a un professionista se hai tante spese particolari: ti aiuterà a predisporre tutto in modo regolare e ti rappresenterà in caso di controlli.

Seguendo queste linee, minimizzerai la probabilità di contestazioni e, qualora dovessero avvenire, sarai in grado di difenderti efficacemente con tutti i documenti in regola. In caso di controversie complesse, non esitare a rivolgerti a un consulente fiscale o a un avvocato tributarista, soprattutto per preparare memorie difensive ben fondate entro i termini stretti delle procedure di controllo .

Conclusione

Le detrazioni per spese sanitarie rappresentano un importante beneficio fiscale, ma richiedono attenzione e disciplina da parte del contribuente. Il punto di vista del debitore, cioè di chi si vede contestare dal Fisco tali detrazioni, deve sempre tenere a mente che la chiave di volta è la documentazione. Come abbiamo esplorato, il sistema fiscale italiano concede il risparmio d’imposta solo in presenza di idonei giustificativi: fatture, ricevute e scontrini parlanti sono i “passaporti” delle nostre spese mediche nel complesso viaggio della dichiarazione dei redditi . Senza di essi, o se essi presentano vizi formali, il rischio di vedersi disconoscere il beneficio è molto concreto.

Allo stesso tempo, il contribuente dispone di mezzi di tutela significativi: dal contraddittorio preventivo (avviso bonario) che consente di chiarire malintesi o rimediare ad omissioni , fino al ricorso dinanzi a un giudice terzo che valuterà il merito della pretesa fiscale. Abbiamo visto come, in sede difensiva, sia possibile far valere la sostanza economica sulla forma in talune circostanze (come nel caso degli scontrini sbiaditi o di errori scusabili) e come la giurisprudenza talora sostenga i contribuenti di buona fede.

La normativa italiana sulle detrazioni sanitarie è in continua evoluzione, introducendo nuovi obblighi (tracciabilità dei pagamenti) ma anche semplificazioni (uso del Sistema TS per la documentazione) per tenere il passo con la digitalizzazione e il contrasto agli abusi . È fondamentale restare aggiornati: ciò che era valido fino a ieri (pagare in contanti) oggi potrebbe far perdere il diritto allo sconto fiscale, e ciò che ieri richiedeva chili di carta (scontrini) oggi può essere gestito con un file digitale autenticato.

Per il contribuente-debitore che voglia difendersi efficacemente, il messaggio finale è duplice: prevenzione e azione. Prevenzione significa curare fin dall’origine la regolarità formale delle proprie spese mediche – in modo da scoraggiare sul nascere contestazioni. Azione significa, quando la contestazione arriva, reagire prontamente e consapevolmente, esercitando i propri diritti di contraddittorio e difesa con cognizione di causa. Ignorare o rimandare, in questo campo, può costare caro (la comunicazione ignorata diventa cartella e sanzione piena ).

Abbiamo illustrato come analizzare un avviso bonario, come predisporre una memoria difensiva con allegati probatori , come – se necessario – impugnare l’atto davanti alla giustizia tributaria, avvalendosi magari dei più recenti orientamenti giurisprudenziali a favore (come Cass. 30611/2024 sui rimborsi assicurativi ). Il contribuente ha dalla sua anche alcune garanzie procedurali, ad esempio il fatto che senza il previo avviso bonario la successiva cartella sarebbe nulla (mancato contraddittorio in 36-ter) . Conoscerle aiuta a far valere le proprie ragioni.

In conclusione, “come difendersi” dalle contestazioni sulle detrazioni sanitarie si può tradurre in “come far valere la verità delle proprie spese”. Se hai davvero sostenuto quei costi e ne hai diritto, devi poterlo dimostrare con i mezzi appropriati; il sistema fiscale, pur rigido nelle regole, offre canali per far emergere la realtà effettiva (talora una dichiarazione integrativa, talora un giudice terzo). Se invece la contestazione evidenzia un tuo errore, la difesa intelligente consiste nel riconoscerlo per tempo, beneficiando di sanzioni ridotte e evitando escalation.

La speranza è che questa guida avanzata – arricchita di fonti normative e giurisprudenziali aggiornate, tabelle riepilogative e FAQ – possa servire da vademecum sia ai professionisti del settore (avvocati tributaristi, commercialisti) sia ai contribuenti più scrupolosi, per orientarsi nel dedalo di norme e prassi sulle detrazioni sanitarie e, soprattutto, per sapere come reagire di fronte a una contestazione del Fisco relativa a spese mediche non documentate o contestate. Con la giusta preparazione, ogni contribuente potrà affrontare il Fisco a viso aperto, forte delle proprie ragioni e documenti – trasformando una potenziale sconfitta (economica) in un esercizio di civiltà fiscale, dove pagare il giusto e far valere i propri diritti trovano il corretto equilibrio.

Fonti: Normativa di riferimento: art. 15, co.1 lett. c) TUIR (D.P.R. 917/1986); art. 10 TUIR (spese deducibili disabili); L. 160/2019 (Legge bilancio 2020, commi 679-680) ; D.M. 29/03/2001 (elenco dispositivi medici detraibili). Prassi: Circolare Agenzia Entrate 19/E/2020; Circolare 7/E/2021 (visto di conformità CAF); Circolare 14/E/2023 (semplificazione documenti spese sanitarie) . Giurisprudenza: Cass. 30611/2024 (detraibilità spese rimborsate assicurazione) ; CTR Marche 68/2021 (onere conservazione scontrini) ; Cass. 11810/2015 e circ. 21/E/2010 (spese coniuge non a carico fondo sanitario) ; Cass. 16582/2008 (spese chirurgia estetica non detraibili se non terapeutiche); varie circolari AE sulle tipologie di spese detraibili . Documentazione ufficiale: portale Agenzia Entrate – guida “Spese sanitarie detraibili” .

Hai ricevuto una comunicazione dall’Agenzia delle Entrate che ti contesta le detrazioni sanitarie inserite nella dichiarazione dei redditi perché ritenute non documentate? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Hai ricevuto una comunicazione dall’Agenzia delle Entrate che ti contesta le detrazioni sanitarie inserite nella dichiarazione dei redditi perché ritenute non documentate?
Vuoi sapere come puoi difenderti e salvaguardare il diritto al beneficio?

Le spese mediche (visite specialistiche, farmaci, esami, ricoveri, dispositivi) sono tra le detrazioni più utilizzate dai contribuenti, ma anche tra le più frequentemente oggetto di controllo. L’Agenzia delle Entrate verifica infatti che le spese siano realmente sostenute e correttamente documentate.

👉 Se manca la documentazione o se ci sono incongruenze, il Fisco può revocare la detrazione e chiedere la restituzione delle somme, con interessi e sanzioni.


⚖️ Perché scattano le contestazioni

  • Mancanza di scontrini parlanti o fatture delle farmacie;
  • Spese mediche non tracciabili (pagate in contanti quando era richiesto il pagamento elettronico);
  • Documentazione incompleta o non coerente con l’anno d’imposta;
  • Errori nell’inserimento dei dati nella dichiarazione dei redditi;
  • Differenze tra quanto dichiarato e quanto comunicato dal Sistema Tessera Sanitaria.

📌 Conseguenze delle contestazioni

  • Recupero dell’imposta detratta negli anni contestati;
  • Applicazione di sanzioni e interessi;
  • In caso di importi rilevanti, possibili ulteriori accertamenti su altre voci di spesa.

🔍 Come difendersi

  1. Richiedi copia dell’atto di contestazione per capire quali spese sono state contestate.
  2. Recupera la documentazione: scontrini parlanti, fatture, ricevute fiscali, estratti conto di carte o bonifici.
  3. Dimostra la tracciabilità del pagamento quando previsto dalla legge.
  4. Contesta eventuali errori del Sistema Tessera Sanitaria con certificazioni e correzioni fornite dai medici o dalle strutture sanitarie.
  5. Predisponi memorie difensive o ricorso davanti alla Corte di Giustizia Tributaria se il Fisco insiste.

🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

  • 📂 Analizza la contestazione e individua i punti deboli della pretesa fiscale;
  • 📌 Raccoglie e organizza la documentazione sanitaria a sostegno delle detrazioni;
  • ✍️ Redige memorie e ricorsi per ottenere l’annullamento o la riduzione delle somme richieste;
  • ⚖️ Ti rappresenta nel contraddittorio e nei giudizi tributari;
  • 🔁 Ti assiste anche in soluzioni alternative, come definizioni agevolate o rateizzazioni.

🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

  • ✔️ Avvocato esperto in contenzioso tributario e difesa da contestazioni fiscali;
  • ✔️ Specializzato in detrazioni e agevolazioni fiscali per persone fisiche;
  • ✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.

Conclusione

Una contestazione sulle detrazioni sanitarie non documentate non significa automaticamente perdere il beneficio.
Con una difesa legale mirata puoi dimostrare la validità delle spese sostenute, correggere eventuali errori e ridurre le pretese del Fisco.

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Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
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