Cosa Succede Se La Composizione Negoziata Non Va A Buon Fine?

Hai avviato una composizione negoziata della crisi d’impresa ma le trattative con i creditori non hanno portato a un accordo? La composizione negoziata è uno strumento pensato per aiutare l’imprenditore in difficoltà a trovare soluzioni con banche, fornitori e Fisco, evitando procedure concorsuali più invasive. Ma non sempre funziona: è importante sapere quali sono le conseguenze e le possibili alternative.

Che cos’è la composizione negoziata
La composizione negoziata è una procedura volontaria che consente all’imprenditore in crisi di avviare trattative assistite con i creditori, sotto la supervisione di un esperto nominato dalla Camera di Commercio. L’obiettivo è ristrutturare i debiti e favorire la continuità aziendale, attraverso:
– Accordi di ristrutturazione con banche e istituti finanziari
– Piani di pagamento dilazionati con fornitori e Agenzia delle Entrate
– Interventi per salvaguardare i posti di lavoro e la continuità produttiva

Quando la composizione negoziata non va a buon fine
La procedura può fallire se:
– I creditori non accettano le proposte di ristrutturazione del debito
– Non si riesce a garantire la sostenibilità del piano industriale e finanziario
– L’esperto certifica l’impossibilità di trovare una soluzione condivisa
– L’impresa non ha più la capacità di generare flussi economici sufficienti per il risanamento

Cosa succede dopo il fallimento della composizione
– L’imprenditore può chiedere l’accesso ad altre procedure concorsuali (concordato preventivo, accordi di ristrutturazione dei debiti, liquidazione giudiziale)
– I creditori possono attivare azioni esecutive individuali (pignoramenti, sequestri, esecuzioni forzate)
– L’impresa rischia di essere sottoposta a liquidazione giudiziale (l’ex fallimento), con perdita del controllo del patrimonio aziendale
– L’organo giudiziario può nominare un curatore per gestire il patrimonio e liquidare i beni a favore dei creditori

Come difendersi se la composizione non ha successo
– Valutare subito l’accesso a strumenti alternativi (accordi di ristrutturazione, concordato in continuità, piani attestati)
– Negoziare direttamente con i creditori soluzioni stragiudiziali, anche parziali
– Dimostrare la buona fede e la volontà di risanare, per ottenere condizioni più favorevoli in eventuali procedure successive
– Preparare con anticipo la documentazione necessaria per accedere ad altre procedure concorsuali
– Farsi assistere da un avvocato esperto in diritto fallimentare e crisi d’impresa per ridurre i rischi patrimoniali e personali

Il ruolo dell’avvocato in questa fase
– Analizzare le ragioni del fallimento della composizione negoziata
– Individuare le procedure alternative più adatte al caso concreto
– Predisporre piani di ristrutturazione o concordati in grado di convincere creditori e tribunale
– Difendere l’imprenditore da azioni esecutive e richieste aggressive dei creditori
– Tutelare il patrimonio personale degli amministratori e degli imprenditori coinvolti

Cosa puoi ottenere con una gestione corretta
– La protezione immediata del patrimonio aziendale e personale
– La sospensione di azioni esecutive grazie all’accesso a nuove procedure
– Una ristrutturazione del debito sostenibile con riduzione delle passività
– La possibilità di continuare a gestire l’impresa salvaguardando la continuità aziendale
– Una strategia di uscita meno traumatica rispetto alla liquidazione giudiziale

⚠️ Attenzione: il fallimento della composizione negoziata non significa la fine dell’impresa. Esistono ancora margini di manovra, ma è fondamentale agire subito e con una difesa tecnica qualificata.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e crisi d’impresa – ti spiega cosa succede se la composizione negoziata non va a buon fine e quali alternative puoi attivare per tutelare la tua attività.

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Introduzione

Premessa: La composizione negoziata è uno strumento extragiudiziale introdotto dal D.L. 118/2021 (conv. L. 147/2021) e integrato nel Codice della crisi d’impresa (D.Lgs. 14/2019), finalizzato a favorire il risanamento delle imprese in difficoltà. Se, all’esito delle trattative assistite da un esperto, non si raggiunge un accordo, la procedura si conclude con l’archiviazione. Da questo momento, l’impresa ritorna nella sua situazione giuridica ordinaria: le misure protettive decadono e i creditori riprendono i loro diritti normalI senza ulteriori vincoli. In questa guida esaminiamo i riflessi di tale esito negativo su ogni aspetto dell’impresa: da quelli civili e societari fino alle possibili conseguenze penali, con attenzione agli effetti su amministratori, sindaci, revisori, creditori, advisor e altri soggetti coinvolti. Il discorso vale per tutte le tipologie di imprese – PMI, grandi imprese, start‐up, cooperative – ognuna con specificità legali.

1. Esito negativo: archiviazione della procedura

  • Esito negativo e archiviazione: Se, al termine delle trattative, non si perviene a un accordo con i creditori, l’esperto comunica l’esito negativo all’imprenditore e al Segretario Generale della Camera di Commercio territoriale. Entro 5 giorni il Segretario pronuncia l’archiviazione dell’istanza. In altri termini, «le trattative svolte nel corso della negoziazione […] in negativo procederanno con l’archiviazione della richiesta»: la procedura si chiude definitivamente. Con l’archiviazione non si apre alcuna nuova procedura concorsuale (come fallimento o concordato), se non si presenta una nuova istanza. La composizione negoziata, in sé, non scatta automaticamente altri meccanismi concorsuali.
  • Natura stragiudiziale: A differenza di concordato o fallimento, la composizione negoziata è privatistica. La decisione di archiviare non è pronunciata da un giudice, ma dal Segretario della Camera di Commercio. Non occorre alcun atto giudiziario per chiudere la procedura: si tratta di un’attività “extra‐giudiziale” gestita dai soggetti delegati (CCIAA e esperto). Di conseguenza, non sussiste un obbligo automatico di segnalare alle autorità giudiziarie il fallimento dell’impresa. In particolare, dopo l’archiviazione «la procedura si chiude, non essendo previsto alcun obbligo di segnalazione all’autorità giudiziaria da parte dell’esperto o del Segretario Generale».
  • Cessazione delle misure protettive: Se durante la negoziazione erano state concesse misure protettive e cautelari (blocco delle azioni esecutive sui beni dell’impresa), queste cessano con l’archiviazione. Il divieto di esecuzioni sul patrimonio o sulle azioni cautelari, infatti, era legato alla domanda di composizione negoziata. Superato l’esito negativo, i creditori riprendono dunque la facoltà di aggredire i beni sociali secondo le regole ordinarie (salvo diversa disposizione concordata). In altre parole, i creditori possono ritornare alle loro azioni esecutive e concorsuali non appena la procedura viene archiviata.

Punto chiave: In caso di esito negativo, la composizione negoziata si archivia e la procedura si chiude senza effetti automatici. L’impresa ritorna alla sua situazione legale ordinaria, e i creditori possono riprendere le azioni esecutive interrompendosi le misure protettive.

2. Possibili soluzioni alternative

Quando la composizione negoziata fallisce, l’impresa in crisi può tentare altre strade. Il codice della crisi e la prassi identificano diversi strumenti alternativi:

  • Piano di risanamento attestato: Secondo l’art. 67 L.F. (Regio Decreto 267/1942), l’imprenditore (o i soci e creditori) può predisporre un piano di risanamento accompagnato da una relazione di un professionista (quadro normativo – art. 2, co. 2‑bis, D.L. 118/2021). Dopo l’archiviazione dell’istanza di composizione, l’imprenditore può formulare un piano attestato e chiedere l’omologa del tribunale (con possibilità di pagamenti sospesi), a condizione di rispettare le maggioranze richieste.
  • Accordo di ristrutturazione dei debiti: Se l’impresa è in crisi ma ancora dotata di potenzialità di continuità, può negoziare un accordo con i creditori ai sensi degli artt. 57, 60 e 61 del Codice della crisi (acc. di ristrutturazione che produce effetti concorsuali dopo omologa). Nel correttivo 2024 è stata introdotta una semplificazione: ora la soglia di adesione necessaria può essere ridotta al 60% (anziché 75%) se la domanda di omologazione è proposta entro 60 giorni dall’archiviazione.
  • Concordato preventivo semplificato per la liquidazione: In alternativa, l’imprenditore può accedere al nuovo concordato semplificato di liquidazione dei beni (introdotto dal Codice della crisi – art. 25‑sexies CCII). In sintesi, questo strumento permette di liquidare l’azienda con procedure meno gravose, con maggiori semplificazioni (imputazione parziale o omessi passività) rispetto al concordato tradizionale, purché il tribunale lo autorizzi dopo aver verificato che la composizione negoziata è stata tentata.
  • Concordato preventivo “classico” o altri strumenti: Rimangono ovviamente a disposizione gli istituti tradizionali: il concordato preventivo (in continuità o liquidazione), gli accordi di ristrutturazione omologati o addirittura la liquidazione giudiziale (fallimento) se lo stato di insolvenza è conclamato. Il correttivo 2024 ha esteso inoltre alle imprese “sotto soglia” alcune soluzioni semplificate: per esempio, concordato minore, liquidazione controllata o accesso alla transazione fiscale.

Riassunto delle alternative (tavola):

StrumentoRiferimenti normativiChi lo può usare
Piano di risanamento attestatoL.F. 267/42, art. 67, c.3, lett. d) (cc)Imprese di medie/grandi dimensioni (ai sensi art. 160 CCII)
Accordo di ristrutturazione dei debitiCCII artt. 57, 60, 61Tutte le imprese in crisi, previa accordo con i creditori
Concordato semplificato liquidatorioCCII art. 25‑sexiesQualunque impresa in crisi (anche imprese “sotto soglia”)
Concordato preventivo “classico”L.F. art. 160 ss.; CCII artt. 161–163Qualunque impresa (soprattutto grandi) in crisi d’insolvenza
Altri (liquidazione controllata, ecc.)CCII art. 269 e segg.; CCII artt. 268-272Sopra-soglia e sotto-soglia (diverse)

Tabella: Strumenti alternativi all’esito negativo della composizione negoziata.

Punto chiave: Se la composizione negoziata fallisce, l’imprenditore può ricorrere a percorsi alternativi di allerta e risanamento – dal piano attestato, agli accordi con i creditori fino al concordato semplificato – in base alle proprie dimensioni e situazioni fattuali.

3. Implicazioni civili e patrimoniali

  • Esecuzione dei creditori: Con l’archiviazione la facoltà dei creditori di aggredire il patrimonio dell’impresa torna pienamente disponibile. I pignoramenti o le azioni esecutive sospese per effetto delle misure protettive sono ripristinabili. Se l’impresa è in stato di insolvenza, i creditori potranno chiedere al tribunale l’apertura della liquidazione giudiziale (fallimento) ai sensi dell’art. 14 del Codice della crisi. In tal senso, la Corte di Cassazione ha ribadito che la mera pendenza di una procedura alternativa (es. CNC) non sospende né impedisce per legge la dichiarazione di fallimento: il tribunale non è obbligato a rinviare l’udienza fallimentare per consentire la conclusione di una composizione negoziata.
  • Obblighi di legge e assetto societario: Società e amministratori devono quindi riallinearsi alle disposizioni del Codice Civile e del Codice della crisi:
    • Perdita del capitale sociale: Se, alla chiusura dell’esercizio successivo, le perdite hanno ridotto il patrimonio netto oltre i limiti di legge (es. 1/3 e 1/2 del capitale sociale), gli amministratori devono convocare l’assemblea e (se necessario) ridurre il capitale o sciogliere la società (artt. 2447 c.c., 2482 c.c.). Il mancato rispetto di questi doveri può ingenerare responsabilità civile e anche penale.
    • Continuità aziendale: L’archiviazione del CNC obbliga a valutare se l’impresa è ancora gestibile. Se non vi sono prospettive di risanamento, la prassi impone di procedere alla liquidazione volontaria o a intraprendere una procedura concorsuale. L’art. 2086 c.c. richiede infatti agli amministratori di adottare le opportune misure in caso di perdite tali da compromettere la continuità aziendale. In mancanza di interventi adeguati può aprirsi una responsabilità per atti di gestione “non improntati alla sana gestione dell’impresa”.
    • Nuovi finanziamenti: Se durante la negoziazione erano stati ottenuti finanziamenti prededucibili (art. 21 CCII) o dilazioni di pagamenti, alla chiusura del CNC fallito occorre verificare gli obblighi assunti. In generale, le concessioni ottenute ex ante non sono più efficaci ex post senza riconferma (tranne che per patti prededucibili iscritti).
  • Effetti sui contratti: Qualora il piano negoziato avesse previsto la rinegoziazione di contratti (forniture, affitti, appalti) e questi non siano stati poi perfezionati, le parti non vincolate dalla composizione possono ripristinare le condizioni originali o risolvere i rapporti. Ad esempio, se erano state concordate dilazioni di pagamento, l’esito negativo non impedisce al creditore di esigere l’adempimento secondo i termini originari.
  • Amministrazione ordinaria: Gli amministratori tornano a gestire autonomamente l’azienda senza lo schermo protettivo del CNC. Devono quindi considerare le azioni più opportune per preservare il valore residuo aziendale: questo può includere piani di ristrutturazione interna, ricerca di nuovi finanziatori o – in caso di crisi irreversibile – la messa in liquidazione.
  • Esempio pratico: Immaginiamo una S.r.l. commerciale (PMI) in crisi di liquidità. Durante la composizione negoziata l’azienda ha beneficiato di misure cautelari che hanno sospeso alcuni pagamenti. Se il CNC fallisce, la società può chiedere ai creditori di riprendere il piano di pagamenti negoziato sotto forma di concordato preventivo; altrimenti, ciascun creditore potrà agire singolarmente per il recupero. Gli amministratori, nel frattempo, dovranno aggiornare i bilanci e verificare gli obblighi di riduzione del capitale sociale (art. 2447 c.c.) o convocare l’assemblea per decidere il futuro (risanamento esterno o liquidazione).

Punto chiave: All’esito negativo della composizione negoziata l’impresa ritorna alla normale gestione patrimoniale: le azioni esecutive dei creditori riprendono efficacia, e l’azienda dovrà valutare le misure ordinarie (concordato, liquidazione, ecc.) previste in caso di insolvenza. Gli amministratori devono rispettare gli obblighi societari relativi a perdite di capitale e continuità, senza la protezione della procedura stragiudiziale.

4. Effetti societari e organizzativi

  • Organi amministrativi: Gli amministratori (CD o consiglio di amministrazione) restano responsabili della gestione. Se la composizione negoziata non riesce, essi devono prontamente aggiornare il “book delle decisioni”: ad esempio, convocare l’assemblea dei soci, predisporre un piano di risanamento interno o decidere il ricorso a procedure concorsuali. La normativa impone agli amministratori di adottare azioni tempestive in caso di squilibrio, pena responsabilità verso i creditori e i soci. In particolare, l’art. 2447 c.c. (riduzione del capitale per perdite) e l’art. 2482 c.c. (scioglimento per perdite superiori a 1/3 e 1/2) possono richiedere manovre urgenti. Evidenziamo: la mancata convocazione dell’assemblea in presenza di perdite rilevanti può comportare responsabilità personale degli amministratori.
  • Organo di controllo e sindaci: I sindaci e il revisore legale hanno un ruolo chiave durante la crisi. Con il nuovo Codice della crisi, ai loro compiti tradizionali di controllo si aggiungono obblighi di vigilanza sullo stato di insolvenza e di segnalazione agli amministratori. Se hanno rilevato irregolarità contabili o dati indicativi di crisi, devono avvertire gli amministratori (seguito, se necessario, da comunicazione agli organi preposti). In caso di esito negativo della composizione, è fondamentale che sindaci e revisori abbiano già assolto questi compiti: in caso contrario possono incorrere in responsabilità civile per danni alla società o ai creditori, anche in concorso con gli amministratori. Come osserva la dottrina, “l’osservanza di tali obblighi costituisce il criterio di valutazione e di attribuzione della responsabilità, anche in concorso con gli amministratori”. In pratica, sindaci/revisori potrebbero dover rispondere (solidalmente con gli amministratori) se il mancato o ritardato intervento ha aumentato le perdite della società o il credito vantato dai creditori.
  • Aspetti penal‐societari: L’inerzia o l’inerzia degli organi sociali durante o dopo il CNC fallito può avere riflessi penali. Non esistono reati specifici legati all’esito negativo della composizione negoziata, ma le condotte degli amministratori possono integrare reati fallimentari (nel caso si arrivi al fallimento) o altri reati societari. Ad esempio, se dopo l’archiviazione gli amministratori non convocano l’assemblea per le perdite, potrebbero rispondere di false comunicazioni sociali (art. 2621 c.c.) se hanno continuato ad approvare bilanci non veritieri. Inoltre, l’inerzia nell’attivare strumenti di risanamento in presenza di crisi conclamata è un elemento che può aggravare reati fallimentari: secondo la giurisprudenza, “l’omessa segnalazione” o il mancato avvio delle procedure concorsuali può costituire circostanza aggravante nel reato di bancarotta fraudolenta. In sintesi, amministratori e sindaci devono mantenere la diligenza richiesta dalla loro carica; se la crisi d’impresa era seria e non sono state adottate le necessarie misure, ciò può concretizzare sia una responsabilità civile (per danni ai creditori e soci) sia penale (se emergono reati fallimentari).
  • Imprese cooperative e altre forme: Anche le cooperative o le società di persone seguono regole analoghe in caso di composizione fallita. Va ricordato che le cooperative, pur avendo particolarità (ad es. disciplina sul patrimonio indivisibile), sono comunque soggette alla disciplina concorsuale generale. I soci cooperativi, se l’istituto fallisce, condividono responsabilità analoghe agli altri soci. Per le start-up innovative, spesso soggette a deficit iniziali, un CNC non riuscito obbliga a ricercare altri fondi o a ridurre l’operatività; i responsabili devono valutare con attenzione la possibilità di perdurare data l’assenza di fatturato. In tutti i casi, restano applicabili le regole generali: scadenze fiscali, contabili e obblighi civilistici non sono sospesi per effetto della procedura fallita.

Punto chiave: La chiusura negativa del CNC impone agli organi sociali di riallinearsi alle obbligazioni societarie ordinarie. Gli amministratori devono decidere come procedere (concordato, liquidazione, ecc.) nel rispetto degli obblighi di legge sul capitale sociale; i sindaci/revisori devono aver vigilato adeguatamente sulla crisi, pena responsabilità civile. L’inerzia o la cattiva gestione in crisi possono avere conseguenze anche penali (es. bancarotta) se dovessero emergere pratiche fraudolente o irregolari.

5. Implicazioni penali

Il fallimento della composizione negoziata in sé non costituisce un reato: è un evento economico giuridicamente neutro. Tuttavia, l’esito negativo può preparare il terreno a responsabilità penali convenzionali se l’impresa dovesse fallire o comunque restare inadempiente. I principali profili penal-giuridici sono i seguenti:

  • Reati fallimentari: Se, a valle del CNC fallito, si dichiara il fallimento dell’impresa, si aprono tutti i reati concorsuali del regio decreto fallimentare (R.D. 267/1942), ora in gran parte applicati dal CCII. In particolare, gli amministratori e gli organi aziendali possono essere indagati per:
    • Bancarotta fraudolenta patrimoniale (art. 216 L.F., ovvero art. 216 R.D. 267/42): se, prima del fallimento, vengono distratti o dissipati beni con dolo, riducendo il patrimonio sociale. Ad esempio, occultare fondi o favorire un socio a scapito dei creditori sarebbe bancarotta fraudolenta.
    • Bancarotta fraudolenta documentale (art. 217 L.F.): se vi sono false scritturazioni o distruzione dolosa di libri contabili. La rilevazione simulata di entrate/uscite in bilancio per giustificare una situazione apparentemente sana può integrare questo reato.
    • Bancarotta impropria (art. 223 L.F.): se la dichiarazione di fallimento è causata da colpa grave (incompetenza, negligenza) degli amministratori (ad es. cattiva gestione contabile).
    • Bancarotta preferenziale (art. 218 L.F.): se, in prossimità del fallimento, alcuni creditori sono pagati o soddisfatti in via preferenziale rispetto ad altri. Ad esempio, il pagamento di un fornitore amico subito prima del fallimento, anziché secondo ripartizione, è bancarotta preferenziale.
    L’apertura del fallimento non è automatica all’archiviazione del CNC, ma se avviene, le condotte pregresse di gestione possono essere oggetto di indagine penale. È importante notare che anche la mancata apertura della procedura concorsuale in presenza di insolvenza conclamata può aggravare la posizione degli amministratori: come detto, l’inerzia potrebbe concorrere a fattispecie di bancarotta fraudolenta «per colpa».
  • Altri reati societari e fiscali: Independente dal fallimento, i responsabili potrebbero incorrere in reati puniti dal Codice Civile o dal Codice Penale come concorso di reato:
    • False comunicazioni sociali (art. 2621 c.c., penale): se, pur in stato di crisi, il bilancio viene redatto in modo non veritiero (ad es. sovrastimando attivi o sottovalutando passivi). Ciò è particolarmente rilevante se, dopo il CNC fallito, si scopre che le situazioni patrimoniali erano travisate.
    • Omissione di doveri di segnalazione (art. 2409-bis c.c. – ora confluito nel Codice della crisi): l’omesso adempimento degli obblighi di vigilanza da parte dei sindaci può esporli a sanzioni anche penali, se tale omissione determina il danno della società.
    • Delitti societari vari: frode fiscale o altri delitti economici (illeciti tributari, riciclaggio di proventi, reati ambientali) eventualmente emersi in relazione alla crisi aziendale. Ad esempio, se l’impresa ha evitato consapevolmente procedure concorsuali per nascondere imponibili, può esserci rilevanza penale fiscale.
  • Esempio pratico (penale): Immaginiamo il caso di un amministratore che, sospinto dalla volontà di salvare l’azienda in crisi, consegna a un fiduciario una parte dei fondi societari poco prima che la composizione negoziata venga archiviata. Se l’impresa fallisce poco dopo, tale condotta sarà valutata come bancarotta fraudolenta (distrazione di beni). Allo stesso modo, se il amministratore non convoca l’assemblea per modificare il bilancio dopo l’archiviazione, sovrastimando il patrimonio, potrà essere accusato di false comunicazioni sociali.

Punto chiave: Il fallimento della composizione negoziata non genera autonomamente un illecito penale, ma lascia i responsabili esposti ai reati ordinari della crisi/insolvenza. I principali rischi sono i reati fallimentari (bancarotta fraudolenta/impropria/preferenziale) in caso di successivo fallimento, e i delitti societari (es. false comunicazioni) se la crisi è stata gestita in violazione di legge. Inadempienze gravi nella vigilanza o segnalazione possono aggravare la responsabilità penale e civile dei sindaci e amministratori.

6. Impatto su soggetti coinvolti

Di seguito una panoramica su come l’esito negativo della composizione negoziata coinvolge i vari attori della crisi:

  • Amministratori e consiglieri di amministrazione: Come detto, devono valutare immediatamente le opzioni rimaste (piano attestato, accordo con i creditori, concordato o liquidazione). Durante la composizione negoziata gli amministratori avevano il ruolo di imprenditore in crisi; alla chiusura negativa, ritornano a essere i principali decisori. I compiti includono convocare l’assemblea dei soci (se necessario), predisporre la documentazione per eventuali nuove procedure, assicurare la regolarità contabile. La mancata adozione di tali attività esporrebbe l’organo amministrativo a responsabilità (civili e, in casi estremi, penali).
  • Sindaci e revisori legali: Hanno assistito alla fase negoziale con il dovere di controllo. Fin dal deposito della domanda di composizione negoziata, i sindaci devono continuare la loro vigilanza come in normale gestione d’impresa, con l’aggravante di prestare attenzione al rischio di crisi. Se la procedura fallisce, il ruolo dei sindaci resta cruciale: devono verificare le scritture contabili e vigilare sulle scelte di risanamento adottate (o sull’eventuale inazione). Se la loro vigilanza è stata trascurata, possono essere chiamati a rispondere in sede civile nei confronti dei soci e dei creditori e persino in sede penale, in concorso con gli amministratori.
  • Creditori: Le banche e gli altri creditori non bancari erano parte negoziale essenziale del CNC. Con l’archiviazione, i creditori tornano a essere creditori ordinari secondo le regole civilistiche. Ciò significa che possono iscriversi nelle liste passivi di qualsiasi futura procedura concorsuale e chiedere l’accesso al passivo secondo i ranghi stabiliti dalla legge. In più, come ricordato, le azioni esecutive sospese riprendono efficacia. Dal punto di vista pratico, i creditori devono decidere se spingere per l’apertura della liquidazione giudiziale (ricorrendo al tribunale) oppure favorire soluzioni concordate (es. proporre un accordo di ristrutturazione). In ogni caso, non sono più vincolati da obblighi negoziali stretti (contrariamente alla fase del CNC, dove le misure protettive ne limitavano le azioni). Alcuni creditori potrebbero inoltre rivalutare la cooperazione: ad esempio, offrendo un nuovo finanziamento prededucibile solo in vista di un diverso strumento (ma sempre sotto l’autorizzazione giudiziale necessaria).
  • Esperto e advisor: L’esperto nominato nel CNC (professionista specializzato in crisi) conclude qui il suo mandato. Se la negoziazione fallisce, egli redige la relazione finale e chiede l’archiviazione. In genere, l’esperto non ha responsabilità dirette per l’esito negativo, a meno che non emerga che abbia commesso gravi violazioni nell’esercizio del mandato. Gli advisor aziendali (avvocati, consulenti, commercialisti, ecc.) che hanno affiancato l’imprenditore fin qui possono rimanere coinvolti solo se l’impresa decide di perseguire soluzioni alternative: ad esempio, redigendo un piano attestato di risanamento o una domanda di concordato, il consulente continuerà a operare. In ogni caso, il terminato CNC fa cessare formalmente l’attività “protettiva” degli advisor nella composizione.
  • Camera di Commercio (OCC): La Camera di Commercio, tramite il Segretario Generale, ha gestito la procedura. Con l’esito negativo, essa si limita a registrare formalmente l’archiviazione sulla piattaforma telematica e a togliere dal Registro delle imprese le misure protettive iscritte (come disposizione di legge). L’“Organismo di composizione della crisi” (OCC) tipicamente è legato alla legge sul sovraindebitamento (debiti privati) e non entra in gioco qui; tuttavia, va sottolineato che il Segretario Giudiziale/Segretario CCIAA è l’autorità tecnica che fissa i termini procedurali (nomina dell’esperto, scadenza dei termini, notifiche, ecc.).
  • Altri soggetti:
    • Lavoratori: Il mancato accordo nella composizione negoziata non incide direttamente sui contratti di lavoro in essere. Tuttavia, se la crisi aziendale dovesse culminare in fallimento o liquidazione, i lavoratori diventano creditori privilegiati (per le retribuzioni e i TFR) e possono chiedere l’accesso al Fondo di Garanzia dell’INPS. Se invece l’impresa procede con un accordo di continuità (quale concordato in continuità), i livelli occupazionali dovrebbero essere salvaguardati secondo le promesse fatte. In generale, da un punto di vista civilistico i rapporti di lavoro restano regolati normalmente dopo la chiusura del CNC, ma il datore di lavoro deve continuare a pagare retribuzioni (l’assenza di un piano concordato non sospende gli obblighi salariali).
    • Socio unico/imprenditore individuale: Nel caso di impresa individuale o società a socio unico, l’esito negativo implica che l’imprenditore resta pienamente responsabile del debito; in mancanza di altri rimedi, può chiedere il concordato personale (ex art. 14 L. 3/2012) se ha debiti non superiori ai limiti, oppure affrontare il fallimento. Nell’impresa individuale, la responsabilità patrimoniale è illimitata, per cui i beni personali dell’imprenditore rimangono aggredibili dai creditori dopo l’archiviazione del CNC.
    • Gruppi di imprese: Se l’istanza di composizione negoziata era presentata da più aziende del gruppo, la chiusura negativa impone analisi per ciascuna. In linea di massima ogni entità mantiene separati i propri rapporti: una società del gruppo può decidere un proprio concordato interno, mentre un’altra può fallire, a seconda della sua solvibilità. Occorre tuttavia notare che in certi casi l’amministratore unico o il consiglio di un gruppo può dover gestire la crisi con logica integrata, evitando favoritismi tra imprese affiliate (per es. non favorendo un creditore comune a scapito degli altri).

Punto chiave: Tutti i soggetti coinvolti dal percorso di composizione negoziata devono rivalutare il proprio ruolo alla chiusura negativa. Amministratori e sindaci devono riprendere in mano la governance dell’azienda secondo le regole ordinarie (capitali, conti, bilanci), i creditori tornano liberi di agire e di proporre soluzioni alternative, e gli advisor terminano la loro attività protettiva. Il Segretario della Camera registra l’archiviazione sui registri pubblici, e non restano organi “speciali” oltre quelli già esistenti.

7. Distinzione per tipologia d’impresa

Sebbene gli effetti di base di una composizione negoziata fallita siano similari per tutte le imprese, è utile segnalare alcune differenze secondo la forma e la dimensione:

  • PMI vs grandi imprese: Il Codice della crisi prevede discipline lievemente diverse in base al fatturato e organici (cd. “soglia” di 8 milioni di fatturato e 50 dipendenti). In particolare, alle PMI (imprese sottosoglia) si applicano procedure semplificate (concordato minore, liquidazione controllata), mentre alle imprese maggiori è richiesto l’uso degli strumenti tradizionali. A valle di un CNC negativo: le PMI possono più agevolmente accedere al concordato semplificato di liquidazione (anche in forma abbreviata) o ai nuovi contratti semplificati di continuità (ai sensi art. 25‑quater CCII). Le grandi imprese, invece, saranno orientate al concordato ordinario o agli accordi di ristrutturazione omologati (più complessi, con maggioranze più elevate).
  • Startup innovative: Queste godono di alcune agevolazioni (es. procedure semplificate di liquidazione) e in genere hanno un capitale sociale ridotto. Se un CNC fallisce, la scelta più comune è tentare un ulteriore intervento di investitori (ex art. 29 D.L. 179/2012) o un concordato di liquidazione da proporre con procedure preferenziali (art. 348-bis c.p.c. che consente misure “sommarie” in caso di fallimento di start-up). Dal punto di vista contabile, spesso il bilancio è in perdita a qualsiasi esito, quindi gli amministratori devono porre attenzione a riduzioni capitale e verificare in assemblea se proseguire l’attività (anche solo per investitori) o procedere alla liquidazione.
  • Società cooperativa: Le cooperative, soggette alla disciplina speciale di cui alla R.D. n. 267/1942 (TULPS e L. 59/1985) fino alla riforma 2019 e poi integrate nel CCII, hanno però visto mantenuti principi analoghi. In caso di composizione negoziata fallita, valgono i medesimi obblighi di riduzione capitale e di procedere secondo i diversi strumenti di crisi. Un elemento caratteristico delle cooperative è che, essendo mutualistiche, possono porre maggiore rilievo a salvaguardare l’occupazione dei soci lavoratori e i servizi mutualistici, magari preferendo una transazione fiscale o un piano che tuteli i posti di lavoro anche a costo di una minore soddisfazione dei creditori finanziari. Tuttavia, giuridicamente non esistono sanzioni specifiche aggiuntive: resta ferma la responsabilità di amministratori e sindaci ex artt. 2482-bis ss. c.c. (che si applicano anche alle cooperative) per i danni subiti dalla cooperativa e dai soci-creditori.

Punto chiave: Le imprese di dimensioni diverse affrontano il fallimento del CNC con soluzioni commisurate alla loro ampiezza. Le PMI e le start-up possono sfruttare gli strumenti semplificati (concordato minore, liquidazione controllata, ecc.), mentre le grandi imprese ricorrono agli strumenti ordinari (accordi di ristrutturazione, concordato ordinario). Le società cooperative adottano analoghe misure, salvaguardando, se possibile, gli scopi mutualistici.

8. Domande frequenti (Q&A)

  • D: L’esito negativo della composizione negoziata obbliga per legge a presentare un’istanza di fallimento o concordato?
    R: No, la legge non impone un obbligo automatico di proporre subito fallimento o concordato: l’imprenditore rimane libero di valutare la migliore strategia. Tuttavia, se la crisi è conclamata (es. perdite consistenti, insolvenza), l’art. 2086 c.c. e la giurisprudenza richiedono che gli amministratori agiscano in modo responsabile, altrimenti rischiano responsabilità. In pratica, se dopo il CNC fallito l’azienda non è più solvibile, i creditori stessi potranno chiedere il fallimento; oppure l’imprenditore può evitare il fallimento presentando al più presto un piano attestato o concordato. Va comunque ricordato che il tribunale non è tenuto a rimandare l’udienza per fallimento in attesa di un’altra procedura.
  • D: L’esito negativo incide sui contratti finanziari e sulle garanzie concesse?
    R: Sì. Qualsiasi rimborso di finanziamenti prededucibili concesso durante la CNC (art. 21 CCII) perde il carattere prededucibile se non confermato da un nuovo strumento omologato. Le banche, in particolare, non possono più considerare la composizione negoziata come un vincolo legale e riprendono a valutare la posizione debitoria “normalmente”. Se erano state concesse proroghe o ridefinizioni di garanzie, dopo l’archiviazione le parti possono ritornare agli accordi originali. Un punto chiave è che le restrizioni sulle azioni dei creditori (di cui alle misure protettive) vengono meno: ad esempio, la banca creditrice potrà eseguire ipoteche o pignoramenti dopo l’archiviazione.
  • D: Cosa succede se uno o più creditori hanno rifiutato il piano negoziato?
    R: Durante il CNC, alcuni creditori possono non aderire alle trattative ma spettano comunque i normali diritti. Se il piano fallisce, tali creditori non perdono nulla: riceveranno ciò che spetta in base alla legge fallimentare o agli accordi successivi (se il piano di risanamento presentato viene accettato in altra sede). Aggiungiamo che il nuovo correttivo 2024 prevede che per i piani di ristrutturazione basati sul CNC caduto la soglia minima di adesione dei creditori può essere ridotta dal 75 al 60%, incentivando la rinegoziazione anche con meno consensi.
  • D: L’esito negativo può influire sulle deleghe del management o sulle responsabilità civilistiche dei dirigenti?
    R: Se, dopo la negoziazione fallita, si palesa una crisi definitiva, i vertici aziendali dovranno in pochi giorni fare il punto. Dal punto di vista civilistico, gli amministratori che non convocano l’assemblea in caso di perdite e non propongono misure di risanamento sono responsabili verso la società e i creditori per “colpa di gestione” (art. 2393‑bis c.c.). Inoltre, anche i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili (art. 29 TUF per società quotate) possono rispondere se compilano bilanci non veritieri sotto la pressione dell’esito negativo. In conclusione, un esito negativo obbliga i vertici a un check-up rigoroso: non fare nulla espone a conseguenze legali.

Punto chiave: Alla chiusura negativa del CNC, sorgono immediatamente dubbi pratici: cadono i vincoli protettivi, i creditori riprendono i pagamenti, e l’azienda deve escogitare il prossimo passo senza ulteriore tutela. I dirigenti devono agire velocemente per salvaguardare l’attivo residuo, mentre ogni forma di inerzia può aggravare le responsabilità personali (anche penali) per mala gestio.

9. Esempi e simulazioni pratiche

  • Simulazione – PMI in crisi di liquidità: Un’azienda di componentistica meccanica (S.r.l.) con 20 dipendenti presenta un istanza di composizione negoziata. Durante la negoziazione si ottengono misure protettive che sospendono pignoramenti bancari e la presentazione di un piano di rimborso rateale ai fornitori. Tuttavia, al termine delle trattative non si trova un’intesa: i creditori insistono su condizioni non sostenibili per l’impresa. L’esperto chiede l’archiviazione. A valle, la società deve:
    1. Informare il collegio sindacale e il revisore dell’esito negativo.
    2. Aggiornare immediatamente i conti e convocare l’assemblea dei soci per verificare l’eventuale perdita di 1/3 del capitale sociale (ad esempio, se i debiti non pagati fanno registrare una perdita patrimoniale rilevante).
    3. Negoziare direttamente con i principali creditori un piano di rientro in altro ambito (es. concordato preventivo), oppure – se la situazione è ormai insolvenza conclamata – valutare la dichiarazione di liquidazione giudiziale. I fornitori riprendono le azioni esecutive (ad esempio, ipoteche su beni aziendali già assegnate), mentre la banca potrebbe pretendere il rimborso degli affidamenti.
    4. Redigere un nuovo business plan: se si punta al concordato, occorre elaborare un piano attestato (o cercare finanziatori esterni), mentre nella liquidazione si concentrerà sugli assets da vendere.
  • Simulazione – Startup innovativa: Una start-up (S.p.A.) nell’ambito delle biotecnologie, con 5 addetti e forte debito iniziale, accede al CNC. Vengono richieste dilazioni sui prestiti soci, ma non si raggiunge l’accordo con due investitori che detengono crediti significativi. L’esperto archivia. Conseguenze: la startup non ha posizioni debitorie enormi, perciò i soci valutano di rifinanziarla con nuovi fondi (magari sfruttando ancora l’esenzione start-up per evitare fallimento). In alternativa, avrebbero potuto considerare il concordato personale del socio unico (se fosse individuale) o l’ammissione a liquidazione volontaria. Gli amministratori, se firmano bilanci in perdita, potrebbero trovarsi sotto esame se le cifre precedenti erano fuorvianti. Nel frattempo i contratti di ricerca siglati restano in vigore, ma il team inizia a cercare nuovi partner bancari consapevoli che non esiste più protezione contro gli atti esecutivi.
  • Simulazione – Cooperativa agricola: Una cooperativa agricola di 30 soci affronta un’annata disastrosa. Cerca il CNC proponendo di rinegoziare il debito col fornitore principale e l’istituto bancario. Le trattative falliscono. L’archiviazione chiude la procedura. A questo punto, la cooperativa (che ha un capitale sociale indivisibile e spesso contenuto) convoca una assemblea straordinaria: i soci decidono di avviare la liquidazione volontaria, in cui verranno pagati i creditori a percentuale (secondo le leggi fallimentari), e distribuiranno eventuali fondi residui secondo il vincolo mutualistico. Poiché in cooperativa esiste spesso una componente pubblica (es. contributi statali), vengono rispettati i vincoli di legge sulla destinazione degli utili e delle eccedenze.

Punto chiave: Esempi concreti illustrano come, dopo l’archiviazione, le imprese debbano attivarsi rapidamente su nuovi fronti. Non esiste una ricetta unica: ogni caso richiede un bilanciamento tra mantenimento in vita dell’azienda e tutela dei creditori. L’importante è che i decision maker (soci, amministratori, consulenti) agiscano con trasparenza e conformemente alla legge per evitare sorprese legali.

10. Conclusioni e fonti normative

La composizione negoziata della crisi d’impresa è un meccanismo stragiudiziale di emergenza con l’obiettivo di evitare che un’impresa in difficoltà precipiti in insolvenza. Se questa negoziazione fallisce, il risultato primario è l’archiviazione della procedura: l’impresa torna alle sue condizioni precedenti, e le misure di tutela cessano. A questo punto deve immediatamente valutare e usare gli strumenti ordinari di risanamento o liquidazione messi a disposizione dal Codice della crisi e dal Codice civile, pena rischi di responsabilità civili e penali per gli organi sociali.

Per l’imprenditore, l’archiviazione significa dover trovare nuove soluzioni (piano attestato, accordi o concorsi) senza benefici protettivi. Per gli amministratori, significa gestire l’emergenza finale: rispettare gli obblighi di legge sul capitale sociale e l’assetto aziendale. Per i sindaci e revisori, l’esito negativo rinsalda la necessità di aver vigilato correttamente durante la crisi. I creditori riprendono i loro pieni diritti (esecutivi e concorsuali), e gli advisor/esperti vedono concluso il loro mandato.

Infine, è importante ricordare che la normativa 2024 (decreto correttivo D.Lgs. 136/2024) ha reso alcuni aspetti più flessibili: ad esempio, una percentuale di adesione inferiore (60%) per far fallire nel proprio accodo un accordo di ristrutturazione nei 60 giorni successivi all’archiviazione. Tuttavia, il principio base resta invariato: il percorso di negoziazione è volontario e privato, e il suo fallimento non libera chiudere il cerchio solo con soluzione extragiudiziali; l’impresa deve allora confrontarsi con le regole ordinarie del diritto societario e concorsuale.

Fonti normative, giurisprudenza e dottrina

  1. Normativa italiana:
    – D.L. 24 agosto 2021, n. 118, conv. L. 21 ottobre 2021, n. 147 (introduzione della composizione negoziata).
    – D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, aggiornato dal D.Lgs. 136/2024).
    – Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Legge fallimentare) e ss.mm. modificazioni (artt. 160, 67 L.F., 216-218 L.F., ecc.).
    – Codice Civile (artt. 2086, 2393‑bis, 2447, 2482 ecc.).
  2. Giurisprudenza recente:
    – Cass. civ., Sez. I, ord. 12 febbr. 2025, n. 3634: ha chiarito che la pendenza della composizione negoziata non obbliga il tribunale a differire l’udienza per la dichiarazione di fallimento.
    – Trib. Ravenna, 25 ott. 2024 (est. Gilotta): ha confermato l’ammissione al CNC di una società nonostante un precedente concordato inadempiuto, sottolineando che un nuovo piano «ha concrete prospettive di risanamento» rispetto alla liquidazione.
    – Altri casi di merito hanno evidenziato la natura conciliativa e privata della procedura, e l’esito negativo seguito dall’archiviazione amministrativa.

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La composizione negoziata è uno strumento introdotto per aiutare l’imprenditore in difficoltà a trovare un’intesa con i creditori ed evitare il fallimento. Ma non sempre la trattativa va a buon fine: in questi casi, la legge prevede passaggi ben precisi.

👉 Capire cosa accade dopo è essenziale per prepararsi e difendere al meglio la propria impresa e il proprio patrimonio.


⚖️ Quando la composizione negoziata non funziona

La procedura può chiudersi senza risultato se:

  • I creditori non accettano le proposte dell’imprenditore;
  • Non emergono soluzioni finanziarie sostenibili;
  • L’esperto nominato ritiene che non ci siano concrete prospettive di risanamento;
  • L’imprenditore stesso decide di interrompere il percorso.

📌 Cosa succede dopo

Se la composizione negoziata si conclude senza accordo:

  • Riprendono le azioni esecutive e i creditori possono tornare ad agire;
  • L’imprenditore può comunque chiedere altre procedure di regolazione della crisi (concordato preventivo, accordi di ristrutturazione, liquidazione giudiziale);
  • L’esito negativo non implica automaticamente il fallimento, ma può costituire segnale d’allarme per il tribunale e i creditori;
  • Restano utilizzabili eventuali atti e documenti raccolti durante la procedura per future soluzioni.

🔍 Strategie di difesa in caso di esito negativo

  1. Analizzare i motivi del fallimento della trattativa: mancata adesione dei creditori, proposte poco sostenibili, assenza di liquidità.
  2. Valutare un piano alternativo: accordo di ristrutturazione, concordato semplificato, liquidazione controllata.
  3. Proteggere il patrimonio personale degli amministratori, adottando misure preventive.
  4. Gestire i rapporti con i creditori per evitare azioni aggressive.
  5. Agire rapidamente, perché ogni ritardo aumenta i rischi di insolvenza irreversibile.

🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

  • 📂 Analizza l’esito della composizione e i motivi del mancato accordo;
  • 📌 Studia soluzioni alternative per evitare il fallimento immediato;
  • ✍️ Predispone gli atti necessari per concordati, accordi di ristrutturazione o altre procedure;
  • ⚖️ Ti assiste davanti al tribunale nelle fasi successive;
  • 🔁 Ti supporta nella protezione del patrimonio personale e aziendale.

🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

  • ✔️ Avvocato esperto in gestione della crisi d’impresa e procedure concorsuali;
  • ✔️ Specializzato in composizione negoziata e strumenti di risanamento;
  • ✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.

Conclusione

Se la composizione negoziata non va a buon fine, non tutto è perduto: esistono altri strumenti per salvaguardare l’impresa e contenere i danni.
Con un’assistenza legale mirata puoi evitare il tracollo immediato, valutare soluzioni alternative e proteggere il tuo patrimonio.

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