Hai usufruito del bonus affitto per studenti universitari fuori sede e hai ricevuto una contestazione dall’Agenzia delle Entrate? Le agevolazioni fiscali legate agli affitti degli studenti possono essere oggetto di controlli severi, e spesso il Fisco contesta la mancata corrispondenza ai requisiti richiesti dalla legge. Sapere come difendersi è fondamentale per evitare di dover restituire le somme con sanzioni e interessi.
Cos’è il bonus affitto studenti universitari
Il bonus affitto consiste in una detrazione IRPEF sulle spese sostenute dagli studenti universitari fuori sede per il pagamento del canone di locazione. È destinato agli studenti iscritti a università situate in un Comune diverso da quello di residenza e soggetto a condizioni precise, tra cui:
– Distanza minima tra il Comune di residenza e quello dell’università
– Contratto di locazione regolarmente registrato
– Pagamento tracciabile del canone di affitto
– Studente iscritto a un corso di laurea universitario o equiparato
Quando scattano le contestazioni del Fisco
– Se il contratto di locazione non risulta regolarmente registrato
– Se i pagamenti non sono stati effettuati con strumenti tracciabili (bonifico, assegno, ecc.)
– Se non è rispettata la distanza minima prevista dalla normativa
– Se le spese sono state detratte da un familiare non a carico
– Se le ricevute di pagamento non corrispondono agli importi dichiarati
Cosa rischi in caso di contestazione
– La perdita totale del bonus affitto con recupero delle somme già detratte
– Applicazione di sanzioni dal 100% al 200% delle detrazioni non spettanti
– Addebito degli interessi maturati negli anni
– Possibile accertamento su altre detrazioni collegate (spese universitarie, detrazioni per familiari a carico)
Come difendersi da una contestazione sul bonus affitto
– Dimostrare la regolare registrazione del contratto di locazione
– Presentare le ricevute di pagamento effettuate con mezzi tracciabili
– Documentare il rispetto dei requisiti di distanza previsti dalla legge
– Fornire prove che lo studente era effettivamente iscritto all’università e residente fuori sede
– Contestare eventuali errori materiali o formali nella compilazione della dichiarazione dei redditi
– Impugnare l’avviso di accertamento davanti alla Corte di Giustizia Tributaria entro i termini previsti
Il ruolo dell’avvocato in queste contestazioni
– Analizzare l’avviso ricevuto e individuare i vizi formali o sostanziali
– Predisporre la documentazione difensiva per dimostrare la spettanza della detrazione
– Contestare gli errori dell’Agenzia delle Entrate in sede di contraddittorio
– Impugnare la pretesa davanti al giudice tributario se l’accertamento è infondato
– Proteggere il contribuente da ulteriori contestazioni fiscali collegate
Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– Il riconoscimento del diritto alla detrazione e l’annullamento della contestazione
– La riduzione delle sanzioni grazie alla dimostrazione della buona fede
– La sospensione delle procedure esecutive collegate
– La tutela del patrimonio familiare da richieste indebite
– La possibilità di mantenere i benefici fiscali spettanti
⚠️ Attenzione: molte contestazioni sul bonus affitto derivano da irregolarità formali (ricevute mancanti, pagamenti in contanti, errori di compilazione) più che da reali violazioni. In questi casi, la difesa documentale può ribaltare le pretese del Fisco.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in difesa tributaria – ti spiega come affrontare le contestazioni sul bonus affitto studenti universitari e quali strategie utilizzare per difendere i tuoi diritti.
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Introduzione
Aggiornato ad agosto 2025 – Il cosiddetto bonus affitto studenti universitari fuori sede consiste nella detrazione IRPEF del 19% dei canoni di locazione pagati da studenti iscritti a corsi universitari lontano da casa, entro un importo massimo detraibile annuale. Si tratta di un’agevolazione fiscale prevista dall’art. 15 comma 1 lett. i-sexies del TUIR (D.P.R. 917/1986) , soggetta a precisi requisiti di legge e condizioni documentali. Negli ultimi anni, molti contribuenti che hanno usufruito di questa detrazione si sono visti notificare contestazioni e richieste di chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate, spesso sfociate in avvisi di accertamento con richiesta di restituzione dell’imposta detratta (più sanzioni e interessi) per presunte irregolarità. In questa guida – rivolta ad avvocati, professionisti fiscali ma anche a privati e imprenditori che abbiano detratto canoni di affitto per figli studenti – esamineremo in dettaglio la normativa italiana vigente, le sentenze e i chiarimenti ufficiali più recenti, e forniremo consigli pratici dal punto di vista del contribuente (debitore) su come difendersi efficacemente da queste contestazioni.
Struttura della guida: Dopo un inquadramento normativo completo della detrazione per canoni di locazione di studenti universitari fuori sede, elencheremo i requisiti e limiti per averne diritto, con tabelle riepilogative e riferimenti alle fonti normative e di prassi più autorevoli. Analizzeremo quindi le modalità di indicazione in dichiarazione dei redditi (Modello 730 e modello Redditi), evidenziando i controlli preventivi e successivi da parte del Fisco (anche in caso di 730 precompilato), nonché le problematiche frequenti che danno origine a contestazioni (distanza insufficiente, contratto non conforme, pagamenti non tracciati, ecc.). Seguiranno consigli e strategie di difesa: come rispondere a una richiesta di documenti o a un avviso di recupero, quali documenti produrre e come impostare un eventuale ricorso tributario. Integreremo l’esposizione con casi pratici e simulazioni tipiche (solo casi italiani) – ad es. studente fuori sede entro 100 km, caso “Erasmus”, contratto con utenze incluse, ecc. – per illustrare l’applicazione concreta delle regole e le possibili soluzioni. Infine, proporremo una sezione Domande e Risposte (FAQ) per chiarire i dubbi più comuni, con risposte basate su normativa e prassi aggiornate al 2025.
Nota: manterremo un taglio giuridico accurato (con riferimenti puntuali a leggi, circolari e sentenze) ma dal tono divulgativo, per consentire anche ai non addetti ai lavori di comprendere. Tutte le fonti citate sono autorevoli (norme, Agenzia delle Entrate, giurisprudenza) e aggiornate. I riferimenti alle “sentenze” includono pronunce di legittimità e merito recenti sulla detrazione in esame o questioni affini. L’obiettivo è fornire una guida avanzata e completa – oltre 10.000 parole – che permetta al contribuente di orientarsi nella difesa dei propri diritti in caso di contestazione sul bonus affitto studenti universitari.
Quadro normativo: la detrazione per canoni di locazione di studenti fuori sede
Base legislativa – art. 15, co.1, lett. i-sexies TUIR: Il beneficio fiscale comunemente chiamato “bonus affitto studenti universitari” è in realtà una detrazione dall’IRPEF pari al 19% dei canoni di locazione pagati per l’alloggio di studenti universitari fuori sede, entro un importo massimo di spesa detraibile stabilito dalla legge. La disciplina è contenuta nell’art. 15, comma 1, lettera i-sexies) del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (D.P.R. 917/1986) . La norma, introdotta originariamente alla fine degli anni ‘90 e più volte modificata, prevede in sintesi:
- Aliquota di detrazione: 19% delle spese sostenute per canoni di locazione (affitto) relativi all’alloggio dello studente fuori sede . Si tratta di una detrazione dall’imposta lorda (non un rimborso integrale), quindi comporta un risparmio fiscale effettivo pari al 19% della spesa ammessa.
- Massimale di spesa detraibile: l’importo dei canoni considerato ai fini della detrazione è capped a €2.633 annui . Anche se il contribuente paga affitti per importi superiori, la parte eccedente €2.633 per anno non dà diritto ad alcun beneficio. Ne consegue che il risparmio IRPEF massimo ottenibile è circa €500 annui (19% di €2.633 ≈ €500) . Se l’affitto pagato è minore, ovviamente la detrazione si calcola sul minore importo effettivamente pagato (ad esempio, con €2.000 di affitto annuo pagato, la detrazione è €380).
- Tipologie contrattuali ammesse: la detrazione spetta per i canoni derivanti da contratti di locazione stipulati o rinnovati ai sensi della L. 431/1998 (disciplina delle locazioni abitative) . Inoltre, per estensione normativa, sono compresi anche i contratti di ospitalità e gli atti di assegnazione in godimento o locazione stipulati con enti per il diritto allo studio, Università, collegi universitari legalmente riconosciuti, enti non lucrativi e cooperative . Dunque, non solo il classico contratto di affitto privato rientra nell’agevolazione, ma anche altre forme tipiche di alloggio studentesco: posti letto in collegi universitari, convitti e residenze per studenti (purché gestiti da enti riconosciuti), alloggi forniti da enti per il diritto allo studio regionali, ecc. (approfondiremo a breve i requisiti contrattuali).
- Soggetti beneficiari: studenti universitari iscritti a un corso di laurea presso una Università situata in un comune diverso da quello di residenza . La formulazione normativa richiede lo status di studente universitario iscritto (quindi sono esclusi corsi post-laurea e formazione diversa – si veda oltre) e l’effettivo sostenimento della spesa per il canone di affitto. La detrazione può essere fruita dallo studente stesso se presenta la propria dichiarazione dei redditi, oppure da un familiare cui lo studente è fiscalmente a carico (tipicamente un genitore) . In quest’ultimo caso, il beneficio spetta al familiare pagante, entro gli stessi limiti (vedremo condizioni e ripartizioni).
- Condizioni di fuori sede: condizione fondamentale è che l’Università frequentata sia ubicata in un Comune differente da quello di residenza dello studente e ad almeno 100 km di distanza da quest’ultimo . Inoltre, la normativa – nella sua versione a regime – richiede che l’Università si trovi “comunque in una Provincia diversa” rispetto al Comune di residenza . È altresì necessario che l’immobile locato dallo studente sia situato nel Comune in cui ha sede l’Università (o in un Comune limitrofo a quello sede dell’Ateneo) . Queste specifiche di distanza e ubicazione (che approfondiremo subito) mirano a circoscrivere il beneficio ai soli studenti effettivamente “fuori sede”, ossia che studiano lontano da casa.
Di seguito, entreremo nel dettaglio dei requisiti e vincoli (distanza chilometrica, territorio, tipologia di studi, contratto, modalità di pagamento, ecc.), evidenziando anche le novità normative intervenute in anni recenti. Prima, però, è utile richiamare brevemente l’evoluzione legislativa: nel tempo vi sono state modifiche transitorie alle condizioni di distanza/provincia (in particolare nel biennio 2017-2018) e ampliamenti del novero di corsi ammessi.
Modifiche normative recenti: La disciplina della detrazione per studenti fuori sede è stata oggetto di alcune modifiche con le Leggi di Bilancio 2018 e precedenti. In sintesi:
- Legge 244/2007 (Finanziaria 2008): ha esteso la detrazione anche ai canoni di contratti di ospitalità e atti di assegnazione con enti per il diritto allo studio, collegi universitari, ecc. (prima erano inclusi solo contratti ai sensi L. 431/98) . Ciò dal periodo d’imposta 2008 in avanti.
- Legge 217/2011 (art. 16): ha ulteriormente esteso l’agevolazione agli studenti iscritti a corsi di laurea presso università estere (purché situate in Stati UE o SEE) . Dunque, dal 2012 è possibile detrarre affitti anche per studenti in Erasmus o comunque frequentanti atenei europei, alle stesse condizioni generali (vedremo meglio questo aspetto, soprattutto riguardo alla distanza e al concetto di fuori sede all’estero).
- D.L. 148/2017 (collegato fiscale 2018) e Legge 205/2017 (Bilancio 2018): hanno introdotto importanti novità per i periodi d’imposta 2017 e 2018, poi solo in parte confermate. In particolare, il D.L. 148/2017 aveva inizialmente modificato i requisiti di distanza e provincia, e la successiva L. 205/2017 ha abrogato quella modifica e introdotto in via transitoria una nuova disposizione (inserendo la lettera i-sexies.01 all’art. 15 TUIR) valida solo per il 2017-2018 . In base a tale norma transitoria: (a) per gli anni d’imposta 2017 e 2018 il requisito della distanza minima è stato ridotto a 50 km (anziché 100) per gli studenti residenti in zone montane o disagiate; (b) sempre per 2017-2018 è stato eliminato il vincolo della diversa provincia (quindi l’università poteva trovarsi anche nella stessa provincia) . Tali agevolazioni temporanee sono scadute dal 2019, non essendo state prorogate – pertanto dal periodo d’imposta 2019 si è tornati al regime ordinario ante-2017 (100 km e provincia diversa) . Questo aspetto è cruciale perché alcune contestazioni recenti riguardano proprio contribuenti che, non avendo colto la natura temporanea della deroga, hanno continuato ad applicare la distanza di 50 km o hanno ignorato il vincolo provinciale dopo il 2018. Approfondiremo il tema nel paragrafo sui requisiti di distanza.
- Legge 160/2019 (Bilancio 2020): ha introdotto un meccanismo di riduzione delle detrazioni per redditi alti, applicabile anche a questa detrazione. In particolare, dal 2020 la detrazione spetta per intero solo ai contribuenti con reddito complessivo fino a €120.000, mentre per redditi superiori l’agevolazione si riduce progressivamente fino ad azzerarsi al reddito di €240.000 . Questa novità (comune a quasi tutte le detrazioni del 19%) fa sì che contribuenti con redditi molto elevati possano vedersi di fatto negare il bonus affitto. È un dettaglio rilevante in sede di contestazione: se l’Agenzia rileva che il reddito del contribuente superava i limiti, la detrazione è indebitamente fruita indipendentemente dagli altri requisiti.
Riassumendo, la normativa attuale (aggiornata al 2025) prevede quindi i requisiti ordinari ristabiliti dal 2019 in poi: distanza almeno 100 km e diversa provincia, corso di laurea, contratto a norma, spesa massima €2.633, studente fuori sede, pagamento tracciabile, ecc. Teniamo presenti le eccezioni storiche (2017-18) perché possono influire su contestazioni riferite a quegli anni o su errate abitudini dei contribuenti.
Di seguito, analizziamo uno per uno i requisiti e le condizioni per fruire del bonus affitto studenti, così da comprendere in quali casi l’Agenzia delle Entrate può legittimamente contestare la detrazione. Utilizzeremo tabelle riassuntive per comodità.
Requisiti e condizioni per la detrazione affitto studenti fuori sede
Per poter beneficiare della detrazione del 19% sui canoni di locazione per studenti universitari fuori sede, il contribuente deve soddisfare tutti i requisiti richiesti dalla norma. In mancanza anche di uno solo di essi, l’agevolazione non spetta . Elenchiamo qui i principali requisiti, approfondendoli uno ad uno:
- Distanza minima tra residenza e sede universitaria: almeno 100 km (percorribili) .
- Diversità della provincia: l’Università deve trovarsi in una provincia diversa da quella di residenza dello studente (salvo eccezioni transitorie per 2017-18, ormai scadute).
- Ubicazione dell’alloggio: l’immobile affittato deve essere situato nel Comune dell’Università oppure in un Comune limitrofo a quello sede dell’Ateneo .
- Tipologia di corso di studi: lo studente deve essere iscritto a un corso di laurea universitario (laurea triennale, magistrale o ciclo unico). Non sono ammessi corsi post-universitari (master, dottorati, specializzazioni) né corsi diversi (es. scuole superiori non universitarie), fatte salve alcune equiparazioni per legge.
- Tipologia di contratto di locazione: il contratto deve rientrare tra quelli previsti dalla norma: contratti di locazione ad uso abitativo stipulati ai sensi della L. 431/1998 (contratti liberi 4+4, contratti transitori, contratti per studenti universitari ex art. 5 L. 431/98) oppure contratti assimilati (ospitalità presso collegi/enti per il diritto allo studio, ecc.) . Esclusi invece subaffitti e forme contrattuali non riconducibili alla legge 431/98 . Il contratto deve essere registrato secondo legge.
- Studente “fuori sede” e iscrizione universitaria: lo studente locatario dev’essere effettivamente iscritto a un corso universitario per l’anno di imposta in cui si detrae l’affitto. Se lo studente è fiscalmente a carico di un genitore (o altro familiare), la detrazione spetta a quest’ultimo , in caso contrario spetta allo studente stesso (purché abbia un’imposta lorda capiente da cui detrarre).
- Importo massimo detraibile: come detto, il canone annuo su cui applicare il 19% non può eccedere €2.633 . Se più persone sostengono la spesa (es. genitori entrambi intestatari), il limite si ripartisce.
- Tracciabilità dei pagamenti: per le spese sostenute dal 2020 in poi, è obbligatorio aver pagato i canoni con strumenti tracciabili (no contanti) per poter detrarre la spesa . Bonifico, assegno, carta, ecc. vanno conservati come prova del pagamento. Un pagamento in contanti fa perdere il diritto alla detrazione .
- Documentazione comprovante: il contribuente deve poter esibire, in caso di controlli, la documentazione richiesta: contratto di locazione registrato, ricevute dei canoni pagati, certificato di iscrizione all’università e, preferibilmente, un’autocertificazione che attesti il possesso di tutti i requisiti (distanza, corso di laurea, ecc.) . Questi documenti vanno conservati per il termine di legge (di norma fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione).
Passiamo ora in rassegna i punti cruciali (distanza/provincia, contratti, corsi di studio, pagamenti, ecc.) in dettaglio, fornendo anche riferimenti a circolari e risoluzioni e segnalando dove si annidano più spesso gli errori che causano contestazioni.
Requisito di distanza e ubicazione: almeno 100 km e altra provincia
Distanza minima di 100 km: La legge richiede che l’Università sia situata in un Comune distante almeno 100 chilometri dal Comune di residenza anagrafica dello studente . Questa distanza va calcolata non “in linea d’aria”, bensì in termini di distanza effettiva lungo vie di comunicazione. Secondo l’Agenzia delle Entrate (Circolare 34/E del 04/04/2008, §8.4), occorre fare riferimento alla distanza chilometrica più breve tra i due Comuni, considerando una qualsiasi delle vie di comunicazione esistenti (stradale, ferroviaria, ecc.) . In pratica, per verificare il requisito, si prendono in esame i collegamenti disponibili tra il Comune di residenza e quello dell’ateneo: se almeno uno di questi percorsi risulta pari o superiore a 100 km, la condizione si considera soddisfatta. Ad esempio, se via autostrada la distanza è 95 km ma via treno (considerando il percorso ferroviario effettivo) è 120 km, lo studente è considerato fuori sede perché c’è almeno un collegamento ≥100 km.
Esempio: Maria risiede a Perugia e studia a Firenze. In linea retta sarebbero circa 130 km, ma via treno (Perugia-Firenze) il percorso più breve è ~150 km mentre via auto è ~170 km. In entrambi i casi supera 100 km, quindi Maria soddisfa il requisito. Se invece Maria studiasse a Arezzo (distanza stradale ~95 km, ferrovia ~100 km), andrebbe verificato con precisione: se il percorso ferroviario più breve arriva a 100 km esatti o più, è fuori sede; se anche il più lungo tra i collegamenti è 95 km, non avrebbe diritto alla detrazione.
Comuni privi di linea ferroviaria: La Circolare 7/E del 2018 ha chiarito come comportarsi se uno dei Comuni (residenza o università) non è servito direttamente da ferrovia . In tal caso, si può considerare un collegamento misto: sommare il percorso stradale fino alla stazione ferroviaria più vicina e poi il percorso in treno, scegliendo per ciascuno il tragitto più breve . Questo criterio garantisce che anche chi abita in zone senza treno non sia penalizzato nel calcolo. L’importante è che la somma dei tragitti minimi strada+ferrovia raggiunga 100 km. Se nessuna combinazione di vie di comunicazione dà 100 km, lo studente non rientra tra i “fuori sede” detraibili.
Provincia diversa (regola generale): Oltre ai 100 km, la disposizione a regime impone che l’Università si trovi in una provincia diversa da quella dello studente . Questo requisito geografico è aggiuntivo e indipendente: significa che, anche se la distanza supera i 100 km, se i due Comuni appartengono alla stessa Provincia la detrazione non spetta (salvo eccezioni fatte per 2017-18). Esempio: la provincia di Foggia è molto estesa; uno studente residente a Vieste (FG) che studiasse a Lucera (FG) – distanza ~150 km ma stessa provincia di Foggia – non avrebbe diritto al bonus (nel regime ordinario), proprio a causa del vincolo provinciale. Questa condizione può sembrare arbitraria, ma è letteralmente prevista dalla legge per distinguere ulteriormente il concetto di “fuori sede”.
Deroga 2017-2018*: Come accennato, *per i periodi d’imposta 2017 e 2018 vigeva una deroga: la legge aveva soppresso il criterio della diversa provincia e ammesso una distanza ridotta (50 km) per studenti di zone montane/svantaggiate . Ciò significa che in quelle due annualità, ad esempio, uno studente residente e studente all’interno della stessa provincia poteva comunque detrarre purché oltre 100 km (o oltre 50 km se da Comune montano). Dal 2019 in poi, tuttavia, si è tornati alle regole ordinarie: distanza ≥100 km e provincia diversa . Questa reintroduzione del vincolo provinciale a volte non è stata colta da tutti i contribuenti, generando contestazioni su dichiarazioni post-2019.
Zone montane o disagiate: Approfondiamo la deroga dei 50 km (anche se non più attuale, può rilevare per accertamenti su 2017-18). La definizione di “zone montane o disagiate” non era esplicitata dettagliatamente nella norma, ma usualmente si faceva riferimento ai Comuni classificati “montani” secondo i criteri ISTAT o a condizioni oggettive di difficile collegamento. Era comunque richiesto che la residenza dello studente fosse in tale tipologia di Comune per poter beneficiare della soglia ridotta di 50 km . Un esempio tipico: studente residente in un paesino di montagna (zona disagiata) a 60 km dall’Università – nel 2018 avrebbe potuto detrarre (perché 60≥50 e anno in deroga); nel 2019 la stessa situazione non avrebbe dato diritto (perché tornano 100 km minimi).
Riepilogo regole distanza/provincia (2025):
Requisito distanza/provincia | Regola attuale (dal 2019) | Deroga 2017-2018 (non più in vigore) |
---|---|---|
Distanza minima | ≥ 100 km (per almeno un collegamento) | ≥ 100 km (ordinario) <br> ≥ 50 km se studente residente in comune montano/disagiato |
Provincia diversa | Sì, obbligatoria (Università in provincia diversa da residenza) | NON richiesta (anche stessa provincia ammessa) |
Alloggio in sede o limitrofi | Sì, stesso Comune dell’Uni o Comune limitrofo | Sì, stesso requisito (nessuna deroga su questo) |
Esempio | Residenza Aosta (AO), Università Torino (TO): 105 km, altra provincia → OK. <br> Residenza e Ateneo entrambi in provincia di Milano, 120 km distanza → NO (stessa prov.) | Residenza montana (es. Cortina BL), Università Padova (PD): 80 km, stessa regione → OK nel 2018 (50 km suff.), NO dal 2019.<br> Residenza e Ateneo in prov. di Napoli, 110 km distanza → OK nel 2018 (provincia deroga), NO ora. |
Nota: il requisito della diversa provincia ha portata assoluta nel regime vigente . Anche se in concreto due Comuni distanti oltre 100 km ricadono nella medesima provincia, la detrazione viene negata. Si tratta di un elemento formale su cui il Fisco è inflessibile in sede di controllo. Pertanto, se uno studente ha erroneamente detratto un affitto pur essendo l’università nella stessa provincia di residenza, l’avviso di recupero è fondato sul tenore della norma (a meno che il periodo contestato fosse il 2017-18). In tali casi, come vedremo, le possibilità di difesa sono limitate, potendosi al più invocare l’incertezza normativa per ottenere lo sgravio delle sanzioni.
Alloggio nello stesso comune dell’università o limitrofo: Ulteriore vincolo territoriale – spesso meno problematico ma da verificare – è che l’immobile locato si trovi nell’ambito locale dell’università. La lettera i-sexies richiede che l’alloggio oggetto di detrazione sia situato nel Comune dove ha sede l’università o in Comuni limitrofi (contermini) a esso . Ciò significa che, ad esempio, uno studente iscritto all’Università di Bologna può detrarre l’affitto se abita a Bologna o, al più, in un comune confinante con Bologna (es. San Lazzaro di Savena). Se invece l’alloggio è in un altro comune non confinante, anche se vicino, la condizione non è rispettata e la detrazione non spetta. In pratica, il legislatore vuole evitare che si detragga l’affitto di una residenza “secondaria” che però non è effettivamente funzionale alla frequenza quotidiana dell’ateneo.
Esempio: studente iscritto al Politecnico di Milano – sede in Milano città. Se prende casa in Monza (che non confina direttamente con Milano, essendo separata da altri comuni), tecnicamente non rispetta il requisito, anche se Monza dista soli ~15 km da Milano. Questo caso comporterebbe la perdita della detrazione per violazione del requisito territoriale. Viceversa, se l’alloggio è a Sesto San Giovanni (MI), comune limitrofo a Milano, tutto ok.
In sede di accertamento, l’Agenzia verifica questo aspetto controllando l’indirizzo dell’immobile locato (dai dati del contratto di affitto registrato) rispetto al comune sede del corso di laurea. Se non corrisponde o non è un confinante, la detrazione viene contestata. Anche qui non c’è margine di interpretazione elastica: conta la mappa amministrativa.
Consiglio pratico: Per i futuri contratti, assicurarsi di scegliere alloggi nel comune dell’ateneo o immediati dintorni. In caso di contestazioni su alloggi non limitrofi, difficilmente si potrà opporre una difesa valida, se non ammettere l’errore.
Tipologia di corso di studi ammesso: solo corsi di laurea (no master, no dottorati)
La detrazione è rivolta esclusivamente agli studenti universitari iscritti a un corso di laurea . Ciò vuol dire che la facoltà frequentata deve condurre al conseguimento di un titolo accademico di laurea (triennale, magistrale o titolo equiparato). Non rientrano nell’agevolazione gli affitti pagati per frequentare corsi diversi dai corsi di laurea. Ad esempio, niente detrazione per:
- Master post-laurea, corsi di perfezionamento, MBA, ecc.
- Dottorati di ricerca (PhD) o Scuole di specializzazione post-laurea
- Altri corsi non di laurea: istituti tecnici superiori (ITS), accademie, conservatori musicali, salvo equiparazioni normative.
La ragione è che la lettera i-sexies parla esplicitamente di studenti “iscritti a un corso di laurea presso una università”. L’Agenzia delle Entrate ha in passato negato l’agevolazione per corsi non inquadrabili come laurea universitaria. Ad esempio, con la Circolare 17/E del 24.04.2015 è stato chiarito che i canoni pagati da studenti iscritti a I.T.S. (Istituti Tecnici Superiori) non danno diritto alla detrazione, in quanto tali istituti, pur post-diploma, non rilasciano lauree universitarie . Analogamente, nessun beneficio per chi affitta casa per frequentare un master o un corso di dottorato.
Novità e assimilazioni: In tempi più recenti, però, il MIUR e l’Agenzia hanno rivisto alcune posizioni, estendendo di fatto l’agevolazione ad altri corsi assimilabili alla laurea. Ad esempio:
- Gli Istituti Tecnici Superiori (ITS) oggi vengono considerati equiparabili ai fini delle detrazioni. In virtù di un parere del Ministero dell’Università (MIUR), le spese di frequenza ITS sono assimilate a quelle universitarie, e parimenti i canoni di locazione dovrebbero essere detraibili. Fonti aggiornate infatti indicano che anche iscritti a ITS e a corsi accademici di Conservatorio o Istituti Musicali pareggiati possono accedere alla detrazione (il riferimento è alla Circ. Agenzia Entrate 13.05.2011 n. 20/E, risposta 5.3, che già menzionava i conservatori). Attenzione: questa apertura potrebbe non essere espressa nella norma primaria, ma deriva da circolari interpretative. Ad esempio, un conservatorio di musica equiparato a corso di laurea in base al DPR 212/2005 viene ammesso . È sempre bene verificare gli aggiornamenti di prassi se si tratta di corsi borderline.
- Studenti Erasmus o doppia laurea estera: un caso particolare riguarda studenti ufficialmente iscritti a un ateneo italiano (magari nella città di residenza) che però trascorrono periodi all’estero (Erasmus, programmi di doppia laurea). Formalmente, rispetto all’università italiana potrebbero non essere “fuori sede” (es. risiedono a Milano e sono iscritti al Politecnico di Milano), ma di fatto hanno sostenuto spese d’affitto all’estero. Su questo punto è intervenuta la Circolare 7/E del 2021, che ha chiarito – sentito il parere del MUR – che anche gli studenti in Erasmus possono essere considerati fuori sede durante il periodo all’estero, anche se in Italia non lo sarebbero . In base a tale interpretazione, uno studente che a Milano vive coi genitori (quindi non fuori sede in Italia) ma fa un semestre a Parigi in Erasmus può detrarre l’affitto di Parigi come se fosse fuori sede, per i mesi del progetto . L’Agenzia ha equiparato la situazione a quella di un fuori sede limitatamente al periodo all’estero, riconoscendo quindi la detrazione dei canoni alle stesse condizioni (limite €2.633 annui, contratto regolare, mezzi tracciati, ecc.) . Questo è un chiarimento molto favorevole ai contribuenti, frutto del parere MUR del 10/2/2021. Dunque, in caso di contestazione di un affitto estero per Erasmus, è possibile opporre la Circolare 7/E 2021 a propria difesa, che costituisce orientamento ufficiale: “gli studenti Erasmus possono essere considerati fuori sede per il periodo del progetto” e hanno diritto al bonus anche se rispetto all’università italiana di appartenenza non erano fuori sede . Purché naturalmente l’università estera sia in UE/SEE e il contratto soddisfi le altre condizioni.
Rischi di contestazione sul tipo di corso: Le contestazioni tipiche su questo aspetto riguardano:
- Master spacciati per laurea: Contribuenti che hanno detratto affitti mentre frequentavano un master post-laurea. L’Agenzia incrocia i dati degli iscritti (spese universitarie) e se vede che erano iscritti a un master e non a un corso di laurea, disconosce la detrazione. Difesa possibile: praticamente nulla, la norma è chiara. Solo se il master è in realtà una laurea specialistica (ma allora non sarebbe un master).
- Dottorandi: Simile al caso master. Anche qui, pur trattandosi di studenti universitari a tutti gli effetti, la norma non li include. Ci sono state proposte di estendere l’agevolazione ai dottorandi, ma al 2025 non risultano modifiche. Un dottorando fuori sede che avesse detratto l’affitto riceverà probabilmente un controllo e dovrà restituire l’imposta detratta.
- ITS e Conservatori: Fino a qualche anno fa erano esclusi; oggi la prassi li ammette. Se si ricevesse una contestazione (ad esempio da un ufficio non aggiornato) per un affitto detratto da studente di Conservatorio equiparato, si potrà allegare il riferimento normativo (Legge di Bilancio 2018 ha incluso Conservatori e ITS ai fini detrazioni tasse universitarie, e la circ. 20/E 2011 su equiparazione, etc.). È un caso di nicchia, ma fattibile.
In conclusione, assicurarsi che il corso di studi sia una laurea universitaria. Se non lo è, non c’è base legale per la detrazione e qualsiasi importo detratto potrà essere recuperato dal Fisco.
Requisiti sul contratto di locazione: tipologia, intestazione, registrazione
La detrazione spetta per canoni pagati in base a contratti di locazione conformi alla legge e specificamente previsti dalla norma agevolativa. Vediamo i punti chiave relativi al contratto:
Contratti ammissibili (L. 431/1998): Qualsiasi contratto di locazione ad uso abitativo stipulato ai sensi della legge 431/98 può dare diritto alla detrazione, purché naturalmente abbia ad oggetto l’alloggio dello studente fuori sede . Non è necessario che sia un contratto speciale per studenti (sebbene esista quella tipologia), vanno bene anche contratti ordinari purché l’uso sia abitativo. Ad esempio: un contratto transitorio di 12 mesi intestato allo studente va bene ; un contratto 4+4 intestato al padre con figlio studente come occupante va bene; un contratto di locazione per studenti universitari (previsto dall’art. 5, co. 2 L. 431/98, di durata da 6 mesi a 3 anni rinnovabili) ovviamente va bene. L’importante è che il contratto sia registrato (obbligo di legge entro 30 gg) e riguardi un’unità immobiliare ad uso abitativo (no affitto di locali commerciali o magazzini). Vale anche l’affitto di porzione di appartamento (es. una stanza): la Circolare 20/E 2011 ha chiarito che anche un contratto per posto letto o stanza singola, se regolare, rientra nell’agevolazione . Non serve un contratto apposito “per studenti” se la locazione è comunque abitativa: l’importante è la destinazione d’uso e la rispondenza alla L.431.
Contratti di ospitalità/assegnazione: Come già detto, la legge include anche i casi in cui lo studente alloggia tramite strutture universitarie o enti appositi . Ad esempio, se uno studente ottiene un posto in una casa dello studente gestita dall’Ente per il diritto allo studio, il documento che formalizza l’assegnazione (atto di ospitalità) è equiparato al contratto di affitto ai fini della detrazione . In questi casi di solito c’è una retta di alloggio pagata all’ente; l’importante è che l’ente rientri tra quelli indicati (università, collegio universitario riconosciuto, cooperativa o ente senza scopo di lucro con finalità studentesche) . Se la natura dell’ente non è evidente (es. una fondazione privata che gestisce un convitto), potrebbe servire un’attestazione che l’ente è senza fini di lucro e rientra tra quelli richiesti . In pratica, comunque, pochi sono i casi contestati su questo: generalmente i contratti di ospitalità sono ben documentati.
Esclusione delle sublocazioni: Un punto fermo è che le sublocazioni non danno diritto ad alcuna detrazione . Cioè, se lo studente non è conduttore diretto ma sub-conduttore (affitta da un inquilino principale invece che dal proprietario), il relativo canone non è detraibile. Questo perché il subaffitto non rientra né tra i contratti 431/98 né tra quelli con enti previsti dalla norma . Una Risoluzione dell’Agenzia (Circolare 21/E del 2010) conferma esplicitamente: “la detrazione non è ammessa in caso di sublocazione, poiché tali contratti non rientrano nelle tipologie previste” . Molti studenti, specie in grandi città, occupano stanze con subaffitti informali: se hanno comunque tentato di detrarre quella spesa (magari presentando ricevute private), se ne vedranno contestare la validità. Difendersi è impossibile in questo caso: la legge non contempla eccezioni. La soluzione sarebbe regolarizzare il contratto come principale (ma ciò andava fatto prima).
Intestazione del contratto – studente o genitore?: La norma letteralmente parla di contratti “stipulati dagli studenti iscritti”. Ciò ha fatto sorgere dubbi se il contratto debba necessariamente essere intestato allo studente stesso. In realtà, la prassi e la stessa norma (art.15 co.2 TUIR) chiariscono che la detrazione compete anche ai familiari che sostengono la spesa per studenti a loro carico . Dunque è pacifico che il contratto possa essere intestato, ad esempio, al genitore (o cointestato genitore e studente) e la detrazione spetterà comunque al genitore se il figlio è a carico. L’importante è che vi sia corrispondenza tra chi paga e chi detrae: se il figlio è a carico, può pagare il genitore e detrarre lui; se il figlio non è a carico (ha redditi propri), allora il genitore non può detrarre nemmeno se avesse intestato il contratto a sé – dovrebbe detrarre il figlio (se presenta dichiarazione). Questa è una causa di contestazione frequente: genitori che detraggono spese di figli non più fiscalmente a carico. In tal caso il Fisco recupera l’imposta perché l’onere non era detraibile da quel soggetto. La difesa è nulla: o il figlio era a carico oppure no (si può solo correggere l’errore con dichiarazione integrativa a nome del figlio, se quest’ultimo aveva capienza).
Ripartizione tra più intestatari: Se il contratto è cointestato a più conduttori (es. due studenti affittano insieme un appartamento, magari amici), la detrazione va ripartita pro quota tra gli intestatari . Conta la percentuale di titolarità del contratto o, se non specificata, si presume paritaria. Ad esempio, contratto cointestato a due studenti: ciascuno potrà detrarre al massimo €2.633 di canone ciascuno se entrambi hanno i requisiti (fuori sede, corso laurea, ecc.) . Se uno dei due non ha requisiti (ad es. uno è studente, l’altro è lavoratore coinquilino), ciascuno detrae solo la sua quota ma l’altro non può usare la sua parte (la sua quota semplicemente non produce bonus) . Questo significa che se lo studente avente diritto paga magari di fatto l’intero canone ma il contratto è cointestato, formalmente potrà detrarre solo la metà (sua quota) perché l’altra metà è intestata a un soggetto che non fruisce – e non può cumulare entrambe. Questa sottigliezza può emergere in controlli documentali (devono mostrare il contratto e da lì si vede la cointestazione). È dunque importante, se possibile, intestare i contratti in modo conforme: se solo uno studente su due può detrarre, meglio intestare a lui l’intero contratto per massimizzare il bonus (tenendo conto dei limiti).
Registrazione del contratto: Sembra ovvio ma va detto: il contratto di locazione deve essere registrato all’Agenzia delle Entrate (come richiede la legge per tutti i contratti > 30 giorni). Un contratto non registrato non è solo irregolare fiscalmente, ma preclude anche la detrazione: il controllo documentale chiederà copia del contratto registrato. Se non esiste, la spesa non può essere riconosciuta. Alcuni studenti in passato hanno cercato di detrarre anche affitti in nero (magari allegando ricevute fatte a mano); queste situazioni vengono normalmente scoperte e il bonus revocato. Inoltre, c’è il rischio di sanzioni per l’omessa registrazione (ma questo esula dalla nostra trattazione). In ottica difensiva, se vi rendete conto di aver detratto affitti di contratti non registrati, la strategia migliore è ravvedersi prima che il Fisco se ne accorga (presentando una dichiarazione integrativa rinunciando alla detrazione, e registrando tardivamente il contratto pagando sanzioni ridotte).
Onerosità e tracciabilità: Il contratto deve prevedere un canone effettivamente pagato. La norma consente la detrazione solo per spese effettivamente sostenute , quindi se ad esempio c’era un comodato gratuito non c’è nulla da detrarre. Dal 2020 come già detto è obbligatorio che il pagamento avvenga con mezzi tracciabili – approfondiremo subito questo aspetto a parte – pena la decadenza dal beneficio. Pertanto, il contratto produce detrazione solo se esistono riscontri di pagamento (ricevute, contabili di bonifico, ecc.). In sede di controllo, l’Agenzia verifica l’effettivo pagamento chiedendo ricevute o quietanze .
Spese escluse dal canone detraibile: Per completezza, ricordiamo che non tutte le voci pagate insieme all’affitto sono detraibili. La norma e la prassi escludono espressamente: il deposito cauzionale (caparra), le spese condominiali e di riscaldamento incluse eventualmente nel canone, e i costi di intermediazione dell’agenzia immobiliare . Solo il canone di locazione puro rileva. Se dunque nel contratto il canone è comprensivo di, ad esempio, €50 mensili di spese condominiali forfettarie, quel importo andrebbe scorporato: in teoria il contribuente può detrarre solo la parte affitto. L’ideale è che sul contratto sia specificata la ripartizione, altrimenti si considererà detraibile il canone dichiarato ai fini fiscali. In un recente chiarimento, è stato ribadito che se il contratto prevede un importo unico “onnicomprensivo” (affitto + utenze) senza distinguere, si può considerare detraibile l’importo che risulta come canone dalla registrazione , ma se invece c’è separata indicazione di spese accessorie, queste vanno escluse. Ad esempio, in un quesito al Sole 24 Ore, un lettore con contratto inclusivo di utenze ha chiesto come comportarsi: la risposta ha indicato che è detraibile solo la quota canone risultante dal contratto (le utenze non incidono se non scorporate, purché non siano addebitate a parte) . Dunque, in caso di contestazione su importi “gonfiati” da spese, conviene mostrare che avete detrato solo la parte corretta (o se no, accettare la riduzione).
Tabella riepilogativa contratti e condizioni:
Aspetto contrattuale | Condizione per detrazione | Problemi in caso di mancato rispetto |
---|---|---|
Tipo di contratto | Locazione abitativa ai sensi L.431/98 (anche transitorio o per studenti) oppure contratto di ospitalità/assegnazione con enti universitari . | Se contratto diverso (es. subaffitto, comodato) → Nessuna detrazione . Contestazione inevitabile, difficilmente sanabile. |
Registrazione | Contratto regolarmente registrato (prova: copia con timbro Agenzia o ricevuta registrazione telematica). | Se non registrato → detrazione indebita. In difesa si può solo rinunciare (ravvedimento) perché il Fisco la scoprirà. |
Intestazione conduttore | Studente e/o familiare. Ok anche se intestato al genitore con figlio occupante (figlio a carico) . | Se il detraente non coincide con intestatario/pagante o studente non a carico → contestazione (onere sostenuto non dal detraente). Caso tipico: genitore detrae ma figlio non era a carico → recupero imposta. |
Cointestazione con altri | Detrazione solo sulla propria quota di intestazione . | Se detratto importo intero invece di quota → contestazione parziale (l’Agenzia riduce alla quota spettante). |
Canone massimo €2.633 | Anche se più contratti (es. 2 figli a carico), per ciascun contribuente il massimale totale è €2.633/anno . Eccezione: genitori con 2 figli: ciascun genitore ha proprio plafond di €2.633 se i contratti sono distinti . | Se superato (doppia detrazione oltre limiti) → in sede di controllo automatizzato l’eccedenza viene comunque scartata. Possibili sanzioni se si tentava di aggirare (difficile, perché i modelli 730 cod.18 accettano max). |
In sintesi: verificate sempre che il vostro contratto rientri tra quelli ammessi e che i pagamenti siano in regola. Molte contestazioni derivano non da “dolo” ma da disattenzione (es. subaffitto ignorato, figlio non a carico, etc.). Conoscendo questi dettagli si può evitare di incorrere in recuperi spiacevoli.
Importo massimo detraibile e limiti di reddito
Abbiamo già citato il tetto di spesa di €2.633 annui per contribuente . Questo importo è complessivo per contribuente, anche se riferito a più contratti o a più figli a carico. Ciò significa che, se ad esempio un genitore ha due figli universitari a carico con due affitti, il limite di €2.633 vale per ciascun genitore per tutti i figli: però fortunatamente l’Agenzia ha chiarito che in tal caso ciascun genitore può godere del suo limite per figlio. Precisamente: due figli a carico con due contratti intestati uno a papà e uno a mamma – allora papà detrae fino a €2.633 sul suo contratto e mamma sul suo . Se invece un solo genitore paga per entrambi (unico contribuente che sostiene due spese), allora quell’unico genitore ha comunque €2.633 totali (da suddividere in pratica). Dato l’esiguo importo, questo caso è meno frequente – difficilmente due affitti di due città rientrano nel solo 2633, quindi spesso si perde parte. Ma su ciò non c’è rimedio legale, è un limite normativo.
Un’altra novità è il taglio per redditi elevati: come anticipato, per redditi complessivi oltre 120.000 euro annui la detrazione del 19% viene ridotta in proporzione (fino ad annullarsi a 240.000 euro) . Questo è un punto di contestazione automatica: l’Agenzia delle Entrate nei controlli ex post verifica il reddito e, se superiore alle soglie, può disconoscere in tutto o in parte la detrazione. Nei modelli dichiarativi recenti è già previsto il calcolo della detrazione spettante in base al reddito. Ad esempio, chi avesse €200.000 di reddito avrebbe diritto solo a una porzione ridotta (circa il 25% del valore originario). Se per errore si è detratto per intero, l’Agenzia calcolerà la differenza come imposta dovuta. Su ciò non c’è difesa: è un meccanismo oggettivo. L’unica cosa è assicurarsi di aver compilato correttamente la dichiarazione (i software di solito lo fanno in automatico). Se però arrivasse un avviso su questo, significa che probabilmente la dichiarazione non applicava la riduzione. In tal caso, conviene concordare (è giusto).
Obbligo di tracciabilità dei pagamenti (no contanti)
Dal 1º gennaio 2020 è in vigore per la generalità degli oneri detraibili al 19% l’obbligo di pagamento con strumenti tracciabili (art. 1, comma 679, L.160/2019). Questo riguarda anche le spese per canoni di locazione studenti , che non sono tra le eccezioni (le uniche eccezioni sono spese mediche in strutture pubbliche, medicinali e poche altre voci pagabili in contanti). Dunque, se il canone di affitto è stato pagato in contanti, la detrazione è persa. L’Agenzia è stata chiara: “I pagamenti in contanti escludono ogni possibilità di agevolazione fiscale” , incluse quindi le spese di affitto studenti .
Questo aspetto ha rilevanza pratica enorme nelle contestazioni recenti, perché spesso i controlli avvengono sulle dichiarazioni dal 2020 in poi. La procedura è la seguente: l’Agenzia, in sede di controllo formale (art.36-ter DPR 600), può chiedere al contribuente le prove di pagamento. Se dalle ricevute si evince che sono state fatte in contanti (ad esempio, ricevuta firmata dal locatore “ricevuti €500 in contanti”), la detrazione non spetta e verrà recuperata. Non rileva nemmeno se il contratto era regolare e i requisiti di distanza tutti ok: la norma sul tracciato è cogente. L’unica eccezione sarebbe se i pagamenti sono avvenuti nel 2019 o prima (allora il contante era ancora ammesso, e il controllo per quell’anno non può contestare il mezzo di pagamento retroattivamente).
Quali mezzi sono considerati tracciabili? Bonifico bancario/postale, assegno bancario o circolare, carte di credito/debito, carte prepagate, sistemi di pagamento elettronico (es. app collegate a conto), MAV, ecc. . L’importante è che vi sia traccia e riconducibilità. Anche se la carta non è intestata allo studente va bene (es. genitore paga con propria carta per figlio, è ok purché poi la spesa è detratta dal genitore). Questo è stato specificato: non importa a chi è intestato lo strumento di pagamento, purché chi detrae abbia effettivamente sostenuto la spesa .
In un eventuale contenzioso, l’unica scappatoia se si è pagato in contanti potrebbe essere cercare di far rientrare quei pagamenti in un periodo antecedente l’obbligo, ma se i pagamenti sono dal 2020 in poi non c’è molto margine. Esempio difensivo: alcuni hanno tentato di dire “ho prelevato contante e poi versato al locatore, ma il prelievo dimostra la tracciabilità”, ma non è stato accolto: serve proprio che il passaggio da pagatore a beneficiario sia tracciabile, cosa che il contante non garantisce.
Cosa fare se si è pagato in contanti? Purtroppo, se vi contestano la detrazione per questo motivo, conviene adesione: pagare la differenza d’imposta e la sanzione ridotta. Insistere porterebbe quasi certamente a perdere in giudizio, perché la norma è chiara e la Cassazione su analoghi casi (es. detrazioni spese mediche in contanti) ha dato ragione al Fisco, trattandosi di condizione formale non sanabile.
Consiglio: se siete ancora in tempo, cercate di far figurare pagamenti tracciati. Ad esempio, se il locatore accetta, fategli restituire i contanti e pagate con bonifico (difficile a posteriori, ma se c’è fiducia si può). Oppure, per non perdere almeno la detrazione per il 2021-2022, iniziate a pagare con modalità tracciata e rinunciate a quelle già fatte in contanti.
Ricordiamo che la soglia di tracciabilità non ha nulla a che fare con l’importo (anche 100€ in contanti fanno perdere la detrazione, non c’è soglia minima).
Documenti da conservare (e da esibire in caso di controllo)
Dal punto di vista pratico, per difendersi efficacemente in caso di contestazione, è fondamentale poter esibire una serie di documenti che provano il diritto alla detrazione. Già in sede di dichiarazione con CAF o intermediario, questi documenti dovrebbero essere stati controllati (il CAF appone il visto di conformità proprio basandosi su essi). Ma anche per chi fa da sé, l’Agenzia può chiedere successivamente copia. Ecco l’elenco dei documenti principali da tenere nel cassetto:
- Copia del contratto di locazione registrato – completo di tutti i dati (parti, importo, durata) e con estremi di registrazione (timbro Agenzia o ricevuta telematica). Serve a dimostrare: tipologia contrattuale, intestatari, ubicazione immobile, e che c’era effettivamente un contratto valido in quell’anno . In caso di più anni, è utile avere anche eventuali rinnovi o proroghe registrate.
- Ricevute o quietanze dei pagamenti dei canoni – possono essere ricevute firmate dal locatore per ogni mese, oppure distinte di bonifico/estratti conto che mostrino i pagamenti mensili. Devono coprire tutto il periodo per cui si è richiesta la detrazione . Se mancano alcune mensilità (es. non pagate per accordi o ritardi), formalmente si potrebbe detrarre solo quanto effettivamente pagato entro l’anno. L’Agenzia controlla la somma delle ricevute: se ad esempio avete detratto €2.400 ma dalle prove risulta che avete pagato solo €2.000 entro il 31/12, potrebbe ridurre la detrazione al pagato. (Il residuo pagato in gennaio successivo non vale per l’anno prima). Quindi attenzione ai pagamenti a cavallo d’anno.
- Certificazione di iscrizione o frequenza universitaria – per provare che Tizio era effettivamente iscritto a un corso di laurea presso l’Università X nell’anno Y. Questo documento a volte non viene richiesto, ma è nel potere dell’Ufficio farlo (per verificare il requisito soggettivo). Una autocertificazione dello studente può essere sufficiente, ma è meglio avere un certificato ufficiale dell’ateneo (specie se l’iscrizione non è in Italia, così si dimostra anche che l’università è UE/SEE).
- Certificato di residenza dello studente – utile per comprovare la residenza anagrafica nel Comune A e quindi la distanza da B. In assenza, i dati anagrafici sono comunque noti all’Agenzia, ma averne copia può essere utile. Per chi studia all’estero, anche certificare l’indirizzo all’estero (ad es. contratto estero tradotto) può servire.
- Autocertificazione requisiti fuori sede – come best practice, i CAF spesso fanno firmare allo studente/genitore una dichiarazione sostitutiva in cui si attesta di possedere i requisiti: ad es. “Il sottoscritto dichiara che lo studente XY è iscritto al corso di laurea Z presso l’Università W in Comune T distante TOT km dal Comune di residenza, e che l’alloggio locato è sito in Comune R limitrofo a T, ecc.” . Se l’avete, è un buon documento riassuntivo da esibire. Se non l’avete, potete sempre prepararne una e consegnarla al momento del controllo per riepilogare le condizioni, consapevoli delle responsabilità di legge (DPR 445/2000).
- Documenti di identità e codice fiscale – ovvio per identificare le parti se necessario.
- Eventuali pareri o circolari rilevanti – non è propriamente “documento probatorio”, ma in certi casi allegare copia di una circolare AE pertinente (es. per Erasmus o per ITS) al proprio interpello o alla risposta al Fisco può aiutare l’istruttore a favore vostro.
La checklist sopra è importante: se anche uno solo di questi elementi manca, l’Ufficio potrebbe farvi difficoltà. Ad esempio, se avete tutto ma non le ricevute di due mensilità, potrebbero disconoscere quelle quote. Oppure se non dimostrate l’iscrizione, potrebbero eccepire che magari lo studente aveva terminato gli studi e quindi l’affitto non era per corso di laurea (capita: laureato a luglio che resta in casa fino a dicembre – in teoria quei mesi post laurea non sarebbero detraibili perché non più studente iscritto).
Conservazione e termini: Conservate i documenti per almeno 5 anni dal momento in cui presentate la dichiarazione in cui c’è la detrazione (termine ordinario per accertamenti). Per esempio, per il 730/2023 (redditi 2022) conservare fino al 31/12/2028. Meglio ancora per 7 anni per maggior sicurezza.
Dichiarazione dei redditi (730, Redditi PF) e controlli fiscali sul bonus affitto
In questa sezione esaminiamo come va indicata correttamente la detrazione in dichiarazione dei redditi e quali sono i controlli (preventivi e successivi) che il Fisco effettua, specialmente alla luce dell’uso diffuso del 730 precompilato. Inoltre, tratteremo della responsabilità del CAF/professionista in caso di visto infedele e di come tutto ciò incide sul contribuente (debitore) in sede di contestazione.
Compilazione del Modello 730/Redditi – Codice spesa e indicazione importi
Nel Modello 730 la detrazione per canoni di locazione studenti fuori sede va riportata nel Quadro E – Oneri e Spese, rigo da E8 a E10, utilizzando il codice “18” nella colonna 1 e indicando l’importo della spesa sostenuta in colonna 2 . Nel modello Redditi PF (Unico), analogamente, si compila il quadro RP (oneri) rigo RP8 o RP del caso, con codice 18.
È importante inserire l’importo corretto: ricordiamo che non può superare €2.633 in colonna 2 . Se si inserisce erroneamente una cifra maggiore, il software di controllo la segnalerà. Solitamente i programmi bloccano oltre €2.633 per quel codice. Se avete pagato meno, indicate solo quanto pagato (arrotondato all’euro). Non indicate importi di spese escluse (es. cauzione). In caso di più contratti (es. figlio e figlia) che fanno capo a voi, sommate le spese ma comunque il limite resta 2633.
Esempio di compilazione: Supponiamo un genitore che nel 2024 ha sostenuto €2.000 di affitto per il figlio A e €1.600 per il figlio B (entrambi a carico, requisiti ok). In 730/2025 indicherà codice 18 e importo €2.633 (poiché la somma è €3.600 ma oltre il massimo, può indicare solo 2633). Se i figli fossero a carico di genitori diversi, ciascun genitore indicherebbe la sua spesa effettiva fino al limite.
Dichiarazione precompilata: L’Agenzia delle Entrate attualmente non precompila automaticamente la spesa per affitti studenti fuori sede nel 730 precompilato, perché non dispone di questa informazione in modo sistematico. A differenza di interessi mutuo o spese sanitarie che vengono comunicati da banche e medici, i canoni di locazione non sono comunicati centralmente per la precompilata (il locatore comunica il contratto tramite registrazione, ma l’Agenzia non sa chi paga e quanto di preciso ogni anno). Quindi il campo relativo (codice 18) nella precompilata di solito è vuoto. Starà al contribuente integrarlo se ne ha diritto . Questo è un punto cruciale: aggiungere o modificare dati nel 730 precompilato comporta rinunciare ad alcuni vantaggi sui controlli documentali.
Controlli e vantaggi del 730 precompilato vs presentato tramite CAF
Controlli documentali (formali): In generale, l’Agenzia effettua controlli documentali su oneri detraibili/deducibili per verificare che siano supportati da pezze giustificative. Nel caso del 730 precompilato accettato senza modifiche, il contribuente è esonerato dal controllo formale sui documenti relativi agli oneri già inseriti dall’Agenzia . Tuttavia, poiché l’affitto studenti non è preinserito, se l’utente lo aggiunge/modifica dovrà comunque essere pronto a eventuale controllo su quel dato variato .
Ma c’è di più: indipendentemente dall’accettazione o modifica della precompilata, l’Agenzia può sempre controllare la sussistenza dei requisiti soggettivi delle detrazioni . Questo punto è sottolineato nelle istruzioni ufficiali: ad esempio, anche se un 730 precompilato viene accettato tale e quale, l’Agenzia non andrà a chiedere la ricevuta della spesa sanitaria (già comunicata) ma potrà verificare, ad esempio, se effettivamente l’immobile per cui si detrae interessi mutuo è l’abitazione principale (requisito soggettivo) . Allo stesso modo, per la detrazione affitto studenti, il Fisco può controllare se effettivamente lo studente aveva i requisiti di distanza, corso di laurea ecc. . Questi non sono dati “precompilati” ma condizioni di fatto. In sintesi: il 730 precompilato non mette al riparo da controlli su questo bonus, perché i requisiti di fuori sede sono soggettivi e non attestati da terzi (come conferma l’Agenzia: “potrà effettuare la verifica della sussistenza dei requisiti soggettivi per fruire delle agevolazioni” ). Dunque, tutti devono conservare i documenti e poterli esibire, anche se hanno usato la precompilata.
Presentazione tramite CAF/professionista: Se ci si rivolge a un CAF o commercialista abilitato, questi apporrà il visto di conformità sulla dichiarazione dopo aver controllato i documenti. In tal caso, eventuali controlli formali dell’Agenzia (ex art.36-ter) su detrazioni e oneri cadranno non sul contribuente ma sul CAF/professionista che ha rilasciato il visto, il quale dovrà esibire i documenti controllati e risponderà delle eventuali sanzioni per visto infedele . Importante: la responsabilità del CAF riguarda la verifica formale dei documenti (ricevute, contratti, ecc.), ma rimane sempre in capo al contribuente la responsabilità sui requisiti soggettivi . Ciò significa che se il CAF ha visto un contratto e ricevute apparentemente regolari e ha validato la detrazione, ma poi si scopre che ad esempio la distanza era 90 km (quindi requisito soggettivo mancante), la maggiore imposta verrà chiesta comunque al contribuente (e gli interessi) mentre il CAF potrebbe non risponderne se non era ragionevolmente rilevabile dal documento (il CAF di solito chiede un’autodichiarazione sulla distanza proprio per tutelarsi). In caso di dolo del contribuente (informazione falsa fornita al CAF), il contribuente è sempre responsabile anche delle sanzioni.
In pratica, l’utilizzo di un CAF/professionista offre un parziale scudo: se c’è un errore documentale o di calcolo, la sanzione del 30% potrebbe essere a carico loro e non vostro (voi paghereste imposta e interessi) . Ma se la questione è che non avevate diritto al bonus (es. distanza insufficiente, figlio non a carico), il CAF non poteva “sanarlo” e dunque l’esito non cambia: il contribuente dovrà restituire imposte, interessi e probabilmente anche la sanzione (perché non è un errore da visto infedele ma un’indebita fruizione di agevolazione).
Controlli preventivi su 730 con rimborso elevato: Segnaliamo inoltre che, a partire dal 2016, l’Agenzia delle Entrate può effettuare controlli preventivi su alcuni 730 che presentano rimborsi di un certo ammontare, specialmente se presentati direttamente dal contribuente. Se ad esempio la detrazione affitto (insieme ad altre) genera un rimborso IRPEF significativo, il 730 potrebbe essere selezionato per controllo prima di erogare il rimborso (controllo preventivo ex art.5 DL 193/2016). In tal caso potreste essere contattati già in estate per fornire documenti prima di ottenere il rimborso in busta paga.
In sintesi, per quanto riguarda i controlli sul bonus affitto:
- Non date per scontato che nessuno controllerà: anzi, è una detrazione “golosa” da controllare, perché spesso i contribuenti sbagliano.
- Se usate il precompilato e aggiungete la spesa, siete come chi fa il 730 ordinario: verranno chiesti i documenti (magari dopo un anno o due dalla presentazione, tipicamente).
- Se usate un CAF, assicuratevi di fornire tutto e correttamente: se poi arriva un avviso, recatevi dal CAF che vi ha assistito per valutare insieme. Il CAF può fare istanza di autotutela se c’è ragione, oppure è obbligato a pagare la sanzione se ha sbagliato il visto, ma voi dovrete comunque pagare l’imposta.
- Tenete d’occhio eventuali comunicazioni di irregolarità (36-bis): a volte, se l’Agenzia con controlli incrociati rileva subito un’anomalia “oggettiva” (es. figlio non a carico, provincia uguale, importo eccessivo), potrebbe inviare una comunicazione automatica di errore nel giro di pochi mesi. In altri casi, più complessi, la questione emerge dopo che inviano la richiesta di documenti (36-ter) e valutano la risposta.
Nei paragrafi successivi descriveremo proprio cosa fare in caso di comunicazioni e avvisi – quindi la difesa vera e propria – ma prima ricapitoliamo i motivi tipici di contestazione.
Cause frequenti di contestazione del bonus affitto e preparazione della difesa
Dopo aver esposto la normativa e i paletti richiesti, risulta più chiaro perché l’Agenzia delle Entrate può contestare la detrazione in diversi casi. Riassumiamo le cause più comuni di contestazione (che in sostanza sono il negativo dei requisiti visti) e anticipiamo come preparare la difesa per ciascuna:
- Distanza < 100 km o stessa provincia: se dai dati risulta che la distanza tra residenza e università era inferiore a 100 km (e non era un anno in deroga) oppure che lo studente non ha cambiato provincia, l’Agenzia disconosce la detrazione. Questo può emergere da controlli incrociati: l’ufficio conosce il comune di residenza (dai registri anagrafici) e può facilmente conoscere il comune dell’università (dai dati universitari se lo studente ha detratto tasse universitarie, o può chiederlo). Alcuni software interni permettono di vedere la distanza approssimativa e la provincia. In molti casi, però, l’Agenzia preferisce chiedere al contribuente prova del requisito. Potrebbe ad esempio ricevere una lettera: “fornisca autocertificazione/attestazione che l’università dista almeno 100km dal comune di residenza e che è in provincia diversa”. Se non rispondete adeguatamente, scatta l’avviso. Difesa: se effettivamente la distanza era minore o stessa provincia, c’è poco da fare legalmente, se non eventualmente appellarsi a un errore in buona fede per chiedere sanzioni minori. Se invece l’Agenzia ha sbagliato valutazione (es. ha misurato un percorso sbagliato ed è 98 km ma voi ne trovate uno da 105 km), allora dovete documentare bene la cosa: stampate mappe, percorsi stradali/ferroviari, e soprattutto citate la circolare 34/E 2008 che dice “considerare una qualsiasi via di comunicazione”. Ad esempio, portate la prova che in treno ci volevano 110 km. In Commissione Tributaria, tali evidenze sono cruciali e spesso sufficienti a ribaltare un accertamento se l’ufficio non le aveva considerate. Analogamente, se erroneamente contestano stessa provincia per 2018, replicare citando la norma transitoria 2017-18 .
- Studente non iscritto a un corso di laurea (o non più studente): questo può succedere, come detto, per dottorandi, master, oppure se lo studente ha terminato gli studi a metà anno ma continuato a detrarre l’affitto per tutto l’anno. Ufficialmente, la detrazione spetta per i mesi in cui era iscritto. L’Agenzia potrebbe contestare ad esempio l’anno successivo intero se lo studente si è laureato a marzo e non risulta più iscritto da aprile. Difesa: se la contestazione è corretta (corso non ammesso), non vi sono appigli. Se è un caso dubbio (es. conservatorio equiparato), occorre impugnare citando i riferimenti interpretativi a favore. Per un laureato anticipatamente, si può cercare un accordo pagando solo la quota indebita (es. da aprile a dicembre) e magari chiedendo clemenza su sanzioni invocando incertezza (non tutti sanno che dopo laurea non vali più come studente per quell’anno).
- Contratto non conforme (sublocazione, non registrato): se il Fisco scopre che il contratto era un subaffitto o non era registrato (magari incrociando con banca dati contratti registrati, dove quell’intestazione non risulta), la detrazione viene negata. Anche qui, difesa quasi impossibile dal lato sostanziale. Al più, se il contratto non era registrato ma esiste ancora la possibilità di registrarlo tardivamente, si potrebbe tentare un ravvedimento operoso per registrarlo e poi argomentare che la sostanza del pagamento c’era. Però la detrazione comunque per quell’anno non spettava perché la norma parla di contratti ai sensi L.431 registrati. Quindi, si tratta di minimizzare il danno: registrare per evitare sanzioni peggiori (affitto in nero comporta sanzioni salate e rischio che l’Agenzia segnali anche per imposta di registro e redditi non dichiarati al locatore). Nel contenzioso, queste situazioni sono perse.
- Pagamento non tracciato: se dalla documentazione risulta pagamento in contanti (o l’Agenzia chiede estratti conto e non vede uscite), contesterà integralmente l’agevolazione per violazione obbligo di tracciabilità . Difesa: come detto, non c’è scappatoia legale dopo il 2020. L’unica è cercare di evitare che l’ufficio ottenga prova certa del contante. Ad esempio, se avevate sia ricevuta cartacea firmata dal padrone di casa sia altre evidenze, magari fornire solo gli estratti conto da cui risulta un prelievo mensile – ma è un azzardo, perché se lo chiedono espressamente, omettere la ricevuta firmata sarebbe reticenza con possibili guai. In generale, se vi beccano, conviene definire con sanzione ridotta (spesso sull’avviso bonario applicano 30% ridotto a 20% se paghi entro 30 gg). Oppure, se l’importo è significativo, valutare se impugnare per questioni di costituzionalità (ci sono stati ricorsi sostenendo che l’obbligo di tracciabilità è incostituzionale per violazione uguaglianza, ecc., ma finora la giurisprudenza non ha accolto). Direi che è una causa persa e sconsigliabile proseguire in giudizio, a meno di voler sollevare questione di legittimità costituzionale – cosa complessa e incerta.
- Familiare non a carico: caso frequente: genitore detrae affitto figlio, ma il figlio quell’anno aveva superato la soglia di reddito (es. aveva un lavoro part-time che gli dava > €4.000 se <24 anni, o >€2.840 se >24 anni). L’Agenzia incrocia con CU del figlio e vede che non era a carico del genitore. Quindi comunica al genitore che la detrazione non spettava. Difesa: nessuna sul merito, è un errore del contribuente. L’unica strada è, se il figlio ha presentato dichiarazione e non ha detratto nulla, provare a spostare la detrazione su di lui con una integrativa (ammesso che lui abbia capienza e che siamo entro i termini). Se ad esempio il figlio ha un debito IRPEF o vuole rimborso, può provare a rettificare la propria dichiarazione inserendo la detrazione al posto del genitore, e il genitore fare una integrativa a sfavore togliendola. Così l’erario non perde nulla ma si evita la sanzione sul genitore perché la sua imposta torna corretta. Tuttavia, questo coordinamento richiede tempo e accordo con l’ufficio, e c’è il problema che la detrazione spetta formalmente solo ai familiari a carico di qualcuno. Se il figlio non era a carico, allora lui stesso è quel “qualcuno” (quindi spetterebbe a lui in teoria), ma se non l’ha indicata in origine, potrebbe integrarla entro i termini di decadenza (di norma il 5° anno successivo). È complicato e serve assistenza di un fiscalista. Molto spesso, il figlio magari non aveva nemmeno l’obbligo di dichiarazione (per reddito basso) quindi quell’affitto è andato perso. In conclusione, il genitore dovrà restituire con sanzioni.
- Doppia detrazione (entrambi i genitori o due volte stesso figlio): talora per errore di comunicazione, entrambi i genitori indicano in 730 la spesa di affitto del figlio (magari uno tramite CAF e l’altro col precompilato, senza coordinarsi). Il sistema dell’Agenzia se ne accorge (il codice fiscale studente è lo stesso, spesa duplicata) e di norma scarta l’eccedenza automaticamente oppure invia richiesta chiarimenti. Difesa: in genere basta uno dei due genitori faccia integrativa eliminando la sua quota. Se l’Agenzia ha già emesso comunicazione di irregolarità, conviene pagare la parte contestata e presentare istanza di sgravio allegando l’integrativa dell’altro. Idealmente, queste cose andrebbero prevenute. Comunque, caso risolvibile senza troppi danni (spesso senza sanzione se si agisce in bonis spontaneamente).
- Importo detratto superiore al pagato: un controllo fine che l’Agenzia può fare: confrontare gli importi delle ricevute con quanto detratto. Se avete detratto €2.600 ma potete provare solo €2.000 di pagamenti (ad es. vi siete “dimenticati” di escludere cauzione o c’erano mensilità gratuite), potrebbero recuperare la differenza. Difesa: presentare tutti i pagamenti fatti e se c’è scostamento, magari riconoscere l’errore su quell’eccedenza e chiedere sanzione minima. A volte, se l’importo detraibile si riduce, il CAF potrebbe assumersi colpa se è stato loro a sbagliare calcolo.
- Altre cause meno frequenti: studente non universitario (es. scuole superiori: qualcuno erroneamente ha creduto di detrarre affitto per il figlio liceale fuori sede – non c’è base normativa, e verrà contestato); studente all’estero fuori UE (es. in Svizzera o Regno Unito post-Brexit – attenzione, la norma parla di UE/SEE ; per paesi extra UE non spetta); mancanza di tracciabilità della documentazione estera (per Erasmus all’estero l’Agenzia accetta traduzione “fai da te” se in EN/FR/DE/ES, altrimenti traduzione giurata , ma se uno non ha tradotto potrebbero fare storie; meglio farla in sede di controllo se richiesta).
Come si vede, la maggior parte delle contestazioni si basa su difetti oggettivi (distanza, requisiti, pagamenti). Una difesa vincente dipende dal poter dimostrare che quei difetti non sussistono – o che c’è stata incomprensione – oppure, se effettivamente c’è l’errore, spostare il discorso sulle sanzioni (ad esempio invocare l’assenza di dolo e la buona fede per chiedere quantomeno la disapplicazione/massima riduzione delle sanzioni amministrative).
Passiamo ora alla fase post-contestazione: come reagire, quali strumenti ha il contribuente per difendersi formalmente.
Procedura in caso di contestazione: difesa del contribuente (debitore) passo dopo passo
Immaginiamo che, nonostante tutte le accortezze, vi troviate nella posizione di “debitore” verso il Fisco perché la vostra detrazione affitto studenti è stata contestata. Cosa accade e come difendersi? È fondamentale conoscere il percorso dell’accertamento e sfruttare ogni occasione per far valere le proprie ragioni o ridurre il danno.
Di solito il percorso è il seguente (per chi ha presentato un 730):
- Comunicazione di irregolarità (avviso bonario) da liquidazione automatizzata ex art. 36-bis: può arrivare entro l’anno successivo alla dichiarazione. Se l’anomalia è stata rilevata in modo automatico (es. doppia detrazione, figlio non a carico), l’Agenzia invia una comunicazione al contribuente (via PEC o posta) indicando le divergenze e l’importo di imposta da versare. Il contribuente ha 30 giorni per pagare con sanzione ridotta (10% invece di 30%) oppure segnalare correzioni se c’è un errore dell’ufficio. Difesa in questa fase: esaminare se l’ufficio ha ragione. Se sì, pagare entro 30 gg per usufruire della sanzione 1/3. Se no, ad esempio hanno ignorato la deroga 2018 o sbagliato calcolo, si può presentare una richiesta di rettifica/annullamento in autotutela all’ente, spiegando l’errore (magari allegando documenti). Spesso, su questioni semplici, l’ufficio riesamina e annulla l’avviso bonario se c’è effettivamente un errore palese. In caso di disaccordo, si può anche non pagare e attendere la fase successiva (che sarà l’iscrizione a ruolo e cartella, contro cui fare ricorso). Attenzione però: ignorare l’avviso bonario fa perdere lo sconto sanzioni, quindi è consigliabile far correggere subito se è sbagliato, o pagare ridotto se è giusto.
- Richiesta di documenti (controllo formale ex art. 36-ter): spesso per questo tipo di oneri l’Agenzia procede così invece che con 36-bis. Si riceve una comunicazione (via PEC se attiva, altrimenti raccomandata) in cui si chiede di inviare (anche telematicamente via CIVIS o consegnare a mano) copia dei documenti a supporto della detrazione codice 18: contratto, ricevute, ecc. Avete solitamente 30 giorni (spesso prorogabili su richiesta) per fornire il tutto. Difesa in questa fase: questo è il momento cruciale per “giocarsi” le proprie carte. Bisogna rispondere puntualmente, inviando tutti i documenti richiesti e magari una lettera di accompagnamento esplicativa. Nella lettera potete ad esempio far notare: “Si allegano i documenti richiesti. Si evidenzia che la distanza tra i comuni è conforme (vedasi autodichiarazione allegata con dettagli del percorso di 102 km via SS), e che lo studente era regolarmente iscritto. La provincia coincidente nell’indirizzo è dovuta al fatto che trattasi di anno 2018, come da normativa di cui alla L.205/2017 si poteva fruire comunque della detrazione anche in stessa provincia e 50 km (lo studente risiede in comune montano)”. In pratica, fornite già all’ufficio le chiavi di lettura a voi favorevoli. Allegate, se opportuno, anche copie di circolari o riferimenti normativi (non è comune, ma nulla vieta in autotutela di allegare, ad esempio, estratto della Circolare 7/E 2021 per sostenere l’Erasmus). L’ufficio valuterà. Se la documentazione è ritenuta esaustiva e i requisiti soddisfatti, archivierà la pratica e nulla sarà dovuto. Se invece trova elementi per contestare (o non riceve nulla), passerà allo step successivo.
- Avviso di accertamento/parziale o comunicazione esito controllo formale: a seguito del controllo formale, l’Agenzia emette un esito. Può essere un semplice esito con cifra dovuta (con possibilità di pagare ridotto 20% di sanzione entro 30 gg) oppure un vero e proprio Avviso di accertamento (dipende dai tempi e dall’importo; spesso per i 730 parlano di “comunicazione esito controllo art.36-ter”, che vale come atto impositivo se non si paga). In sostanza, qui vi notificano l’importo da versare (differenza IRPEF + interessi + sanzione 30%). Se non siete convinti, questo è l’atto contro cui presentare ricorso.
- Istanza di autotutela post-accertamento: prima di ricorrere, è possibile comunque tentare un’ultima carta: presentare una memoria di autotutela al Direttore dell’Ufficio chiedendo l’annullamento/revisione dell’accertamento se ritenete ci sia un errore evidente o nuovi elementi. L’autotutela però non sospende i termini di ricorso, perciò fatela subito e comunque preparate ricorso entro 60 giorni dalla notifica dell’atto, se l’ufficio non annulla in fretta.
- Accertamento con adesione: alternativamente, entro 60 gg potete presentare istanza di accertamento con adesione, per cercare un accordo col Fisco prima del ricorso (questo sospende i termini di ricorso per 90 gg). Nel caso di detrazioni, spesso c’è poco da “trattare” come importi (o spettava o no), però l’adesione può servire per discutere quantomeno sulle sanzioni. Ad esempio, se avete argomenti di buona fede, potreste convincere l’ufficio a ridurre la sanzione dal 30% al 15% (minimo edittale in caso di errore senza dolo). Nell’adesione magari porterete elementi mitiganti. Se l’accordo si raggiunge, pagherete l’importo concordato con sanzioni ridotte a 1/3 (quindi 10%) senza ricorrere oltre.
- Ricorso tributario: se niente adesione, entro 60 giorni (o 150 se adesione presentata) dovete proporre ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado (ex Commissione Tributaria Provinciale). Per importi fino a €50.000 è obbligatorio presentare un reclamo-mediazione insieme al ricorso (sono praticamente contestuali, nel ricorso stesso si indica che è proposta anche mediazione) ai sensi dell’art.17-bis D.Lgs. 546/92. Nel nostro caso, l’importo contestato raramente supera 50k (bisognerebbe aver detratto per 100 anni 😅), quindi quasi sempre c’è la mediazione. Ciò significa che il ricorso va depositato e l’Ufficio ha 90 giorni per eventualmente accogliere la mediazione riducendo sanzioni o importi. Se accoglie, fine; se no, il ricorso prosegue in decisione.
Strategie di ricorso: Nel ricorso il contribuente dovrà evidenziare puntualmente perché l’accertamento è infondato in tutto o in parte. Esempio di motivi di ricorso: “Violazione dell’art. 15, co.1, lett. i-sexies TUIR – lo studente era residente in Comune montano e anno d’imposta 2018, quindi il requisito distanza 50 km era soddisfatto; erroneamente l’ufficio ha applicato il limite 100 km. Si produce cartografia e si richiama la norma temporanea.” Oppure: “Erronea qualificazione del contratto: l’Ufficio ha ritenuto trattarsi di sublocazione non detraibile, mentre in realtà è un contratto di locazione parziale regolarmente registrato intestato allo studente (vedasi doc. …).” Insomma, si smontano le ragioni dell’Agenzia con i fatti e le norme. Se c’è un precedente di Commissione Tributaria favorevole, citarlo (anche se non crea vincolo, può influenzare). Ad esempio, può essere utile citare sentenze dove il giudice ha riconosciuto buona fede e tolto sanzioni per errori indotti da normative transitorie complicate. Una eventuale giurisprudenza favorevole potrebbe riguardare casi di incertezza normativa: in passato, alcune Commissioni hanno annullato sanzioni quando la persona aveva ragionevolmente interpretato la norma in modo diverso (ad esempio credeva la deroga 50 km valesse anche nel 2019 per scarsa pubblicità della scadenza). Se trovate articoli di commento, citateli.
- Esito del giudizio: se il ricorso viene accolto, l’atto è annullato (in tutto o in parte) e non dovrete pagare ciò che è stato annullato; se viene respinto, dovrete pagare quanto dovuto (salvo appello se volete continuare). Per importi piccoli spesso conviene fermarsi al primo grado, perché i costi e tempi di appello potrebbero non valere la pena. Nota: se si perde, le sanzioni in giudizio restano al 30% (o 90% se vi contestavano infedeltà dichiarazione, ma nel nostro caso è 30 solitamente), però c’è un aggravio di interessi e eventuali spese di giudizio da corrispondere se liquidate dal giudice (per importi modesti spesso le spese sono compensate, cioè ciascuno le proprie).
Rimedi alternativi: In alcuni casi, il contribuente potrebbe valutare l’esonero per particolare tenuità (art.6, co.5-bis D.Lgs.472/97) per le sanzioni: se l’imposta evasa è sotto €50 e la condotta è stata regolare in tutto il resto, l’ufficio può non irrogare sanzioni. Non è molto applicabile qui (19% di 2633 = 500€, quindi imposta evasa max 500 € > 50), però se uno avesse detratto solo 100€ erronei, la sanzione è minima comunque. Inoltre, sempre sulle sanzioni, ricordare che se la violazione deriva da obiettive condizioni di incertezza normativa (art. 6, co.2 D.Lgs.472/97), si possono chiedere in giudizio le sanzioni zero. Onestamente qui la norma è abbastanza chiara; l’unico scenario di incertezza era la transizione 2017-2019, dove tanti hanno sbagliato: si può argomentare che la legge 205/2017 aveva soppresso la norma dell’art. 20 DL 148/2017 che rendeva permanente la rimozione provincia, introducendo la lettera i-sexies.01 temporanea, e che molti CAF stessi fecero confusione. Se portate evidenza che anche istruzioni sono state poco chiare all’epoca, qualche giudice potrebbe togliere sanzioni per buona fede. Ci sono alcuni precedenti in materia di bonus fiscali complessi dove le sanzioni sono state annullate pur confermando il recupero imposta. Vale la pena tentare se vi trovate in quella situazione (es. “Pensavo valesse 50km nel 2019 per il mio comune montano perché non sapevo fosse scaduto – errore comprensibile per un contribuente medio.”)
Ruolo dell’assistenza professionale e costi/benefici
Visto che la platea include avvocati e consulenti, una parola sul ruolo del professionista: se siete voi a difendere un contribuente in questi casi, valuterete con lui la convenienza di fare ricorso. Spesso le somme contestate per un singolo anno sono modeste (qualche centinaio di euro di imposta). Fare causa può costare in termini di tempo e, se assistiti da legale, in parcelle che rischiano di superare l’importo contestato. Tuttavia, se il principio in gioco è importante (es. rischio di aprire un precedente per più anni o per molti contribuenti) si può decidere di ricorrere. Per importi sotto €3.000 non serve il contributo unificato, quindi il costo vivo è basso; sopra i €3.000 c.u. €30 o più (ma in genere non si arriva a cifre enormi). Spesso i contribuenti scelgono di pagare e finirla lì, a meno che non abbiano la ragione dalla loro.
Se siete dalla parte del contribuente con buoni argomenti difensivi, potete anche scrivere un’istanza in autotutela ben motivata che talvolta risolve senza contenzioso. L’Agenzia, soprattutto su contestazioni di piccola entità, talvolta preferisce annullare se capisce di aver torto, piuttosto che impegnare risorse in un contenzioso.
Infine, va ricordato il ravvedimento operoso: se il contribuente stesso si accorge di aver fruito indebitamente del bonus (prima che glielo contesti il Fisco), può presentare una dichiarazione integrativa e versare la maggiore imposta con sanzioni ridotte (sanzione 20% ridotta a 1/6 entro un anno, ecc.). Questo può essere utile se uno legge questa guida e si accorge ad esempio che per il 2022 ha erroneamente detratto senza averne diritto. Ravvedendosi spontaneamente, pagherà molto meno di sanzioni (e di sicuro evita guai maggiori). Se invece si aspetta l’accertamento, la sanzione è 30% fissa (riducibile 1/3 su adesione bonaria, quindi 20%). Col ravvedimento, se fatto presto, si scende a 5% o 3,75% a seconda dei tempi. Quindi a chi si riconosce in situazioni borderline prima di essere contattato dal Fisco, consigliamo di valutare il ravvedimento.
Domande e Risposte frequenti (FAQ)
Di seguito una serie di domande comuni sul tema delle contestazioni del bonus affitto studenti e le relative risposte, per chiarire in modo sintetico i dubbi più ricorrenti:
D1: Ho ricevuto una lettera dall’Agenzia delle Entrate che mi chiede documenti sull’affitto di mio figlio studente universitario. Devo preoccuparmi? Cosa devo fare?
R1: La richiesta di documentazione rientra nella procedura di controllo formale. Non significa che sei già “accusato” di qualcosa, ma l’Agenzia vuole verificare che avevi diritto alla detrazione. La cosa migliore da fare è fornire tutti i documenti richiesti entro il termine indicato (contratto, ricevute pagamenti, certificato di iscrizione, ecc.) . Includi anche una tua dichiarazione in cui affermi che erano rispettati i requisiti (distanza, ecc.), magari specificando i dati (es: “distanza tra Comune A e B: 120 km via autostrada, come da mappa allegata”). Se tutto è in regola, la cosa finirà lì. Ignorare la richiesta invece porterà quasi certamente a un avviso di accertamento con addebito imposte. Quindi, preoccupazione moderata ma reattività massima: rispondi in modo completo e veritiero. Se avevi qualche irregolarità (es. alcuni pagamenti in contanti), valuta di evidenziarlo e giustificarlo, ma sappi che su certi punti (contanti) difficilmente transigono.
D2: L’Agenzia mi contesta che la mia detrazione non spettava perché l’università è a 90 km da casa. Ma io considero che andata e ritorno fanno 180 km, quindi è pesante lo stesso… Posso far valere qualcosa?
R2: Purtroppo no, la legge parla di 100 km di distanza tra i comuni (quindi non somma andata+ritorno, ma singola tratta) . Non conta nemmeno il tempo di percorrenza o la scomodità, solo i km minimi. Se oggettivamente sono 90 km, non raggiungi il requisito. L’unica chance: verifica se esiste un percorso alternativo più lungo (ad esempio via ferrovia passando per un’altra città) che superi 100 km. Se sì, potresti argomentare che uno dei collegamenti è ≥100 km (basta uno) . Se invece non c’è verso di arrivare a 100, la contestazione è fondata. In tal caso, ti conviene cercare di concordare il pagamento con sanzione ridotta se possibile (avviso bonario) o in adesione, perché un ricorso non avrebbe basi legali solide. A volte non c’è equità (magari 90 km di strade di montagna sono ben più faticosi di 110 km di autostrada, ma la legge fissa un numero secco). In futuro, purtroppo, non potrai detrarre quella spesa.
D3: Nel 2018 mio figlio studiava in un’altra città a 70 km, in stessa provincia. Sapevo della novità dei 50 km per comuni montani, e infatti il nostro è montano. Ho detratto l’affitto nel 2018 e 2019. Ora mi contestano il 2019 dicendo che non spettava. Perché?
R3: Perché la regola dei 50 km (e abolizione vincolo provincia) valeva solo per il 2017-2018 . Dal 2019 si tornava a 100 km e provincia diversa. Probabilmente nel 2019 hai applicato erroneamente la stessa regola ridotta. Purtroppo l’ufficio ha ragione: nel 2019 se erano 70 km non bastavano, e se era stessa provincia neanche. Puoi provare a difenderti sulle sanzioni, sostenendo che c’era confusione normativa (in effetti la modifica è stata temporanea e magari non l’avevi colta). Magari con ciò eviti la multa del 30%. Ma l’imposta detratta dovrai restituirla. Puoi chiedere all’ufficio in autotutela di non applicare sanzione per buona fede (qualche speranza c’è). In Commissione tributaria, casi simili sono stati talora trattati con clemenza sulle sanzioni. Ma sulla sostanza 2019 nulla da fare.
D4: L’affitto di mia figlia l’abbiamo pagato in contanti ogni mese e ora, dopo aver mandato le ricevute firmate, l’Agenzia dice che non spettava perché non tracciato. Possibile? Anche se ho le ricevute firmate?
R4: Sì, possibile. Dal 2020 in poi la legge impone il pagamento con mezzi tracciabili per avere il bonus . Le ricevute firmate attestano il pagamento, ma non superano il fatto che era in contanti. Purtroppo il requisito della tracciabilità è formale ma stringente: l’Agenzia lo applica rigidamente (ricevute non bastano, occorre estratto conto o prova elettronica). Quindi la contestazione è corretta. Non c’è modo legale di far valere il contante, nemmeno se hai mille ricevute. A questo punto ti conviene aderire e pagare la somma richiesta (magari con sanzioni ridotte se possibile) e per il futuro pagare sempre con bonifico o altro mezzo. Capisco sia penalizzante, ma è una norma anti-evasione pensata per far transitare tutte le detrazioni su canali registrati.
D5: Posso compensare il debito che mi chiedono (per il bonus affitto contestato) con un credito IRPEF che avevo l’anno successivo?
R5: Tecnicamente, se il debito viene iscritto a ruolo o viene emesso un avviso di accertamento con somme da versare, non è ammessa la compensazione “orizzontale” con crediti di altre annualità. Dovresti pagare quello che ti chiedono e separatamente ottenere/utilizzare il tuo credito in dichiarazione o chiedere rimborso. L’unico modo per evitare il pagamento “cash” sarebbe se quell’avviso bonario puoi saldarlo con F24 usando eventuali crediti disponibili (ma di solito i codici tributo del 36-bis/ter non si possono compensare con crediti, vanno versati e basta). Esiste una possibilità: se hai un credito IRPEF già riconosciuto e disponibile (ad esempio dal 730 successivo a rimborso non ancora erogato), potresti chiedere all’Agenzia di utilizzarlo in scomputo del debito in sede di adesione. Non c’è una procedura standard, però in alcuni casi di accertamento l’ufficio può compensare d’ufficio debiti e crediti verso lo stesso contribuente. Nel reclamo/ricorso potresti segnalare il credito e chiedere la compensazione in sede di mediazione. Ma per sicurezza, considera di dover pagare e poi farti restituire il credito a parte. È un po’ macchinoso, lo so.
D6: Posso rateizzare l’importo che mi chiedono? È circa €1.500, tra imposte e sanzioni, e preferirei a rate…
R6: Sì. Se hai ricevuto una comunicazione di irregolarità (36-bis/ter) puoi chiedere la rateazione entro 30 giorni dalla comunicazione, seguendo le istruzioni in essa indicate. Normalmente per importi fino a 5.000 euro concedono fino a 8 rate trimestrali. Se invece hai già un avviso di accertamento esecutivo o una cartella, puoi chiedere rateazione all’agente della riscossione (Agenzia Entrate Riscossione) secondo le regole vigenti (fino a 8 rate se <€100k senza dover dimostrare difficoltà, ecc.). Quindi sì, c’è possibilità di rateizzare il dovuto. Attento però: la rateazione toglie lo sconto sanzioni dell’avviso bonario (che presuppone pagamento integrale entro 30gg). Se l’importo è modesto, a volte conviene farsi prestare i soldi e pagare subito per prendere lo sconto sulla sanzione. Se invece è comunque oneroso, rateizza pure ma le sanzioni saranno al 30% pieno ripartite nelle rate.
D7: Io ho fatto il 730 tramite CAF e loro hanno visto i documenti. Se ora l’Agenzia contesta, non dovrebbe essere il CAF a risponderne?
R7: Dipende. Il CAF risponde dei controlli formali sugli oneri se ha apposto il visto di conformità . Ciò significa che se hai presentato tutto correttamente al CAF e poi risulta che, ad esempio, una ricevuta era falsa o sbagliata, il CAF potrebbe essere chiamato a pagare la sanzione al posto tuo (salvo tuo dolo). Tuttavia, come contribuente resti comunque obbligato al pagamento della maggiore imposta e relativi interessi . In pratica: se l’errore è documentale, il CAF paga la multa, tu l’imposta; se l’errore è sui requisiti soggettivi (es. non avevi diritto perché distanza 80 km), il CAF di solito non può accorgersene se tu hai dichiarato che era 120 km. Il CAF si tutela facendoti firmare un’autocertificazione sui requisiti, quindi se salta fuori che non c’erano, la colpa è tua e tu paghi tutto, sanzioni incluse. Puoi eventualmente rivalerti sul CAF se ritieni che abbia proprio sbagliato (ad es. tu gli hai detto che era a 80 km e loro ti han detto “no problem”, allora hanno mal consigliato). Ma in genere i CAF seguono le regole e se manca requisito ti avvisano. Quindi, se hai dubbi, parla col CAF: hanno un ufficio legale che valuterà se la sanzione è imputabile a loro per visto infedele (in tal caso dovrebbero farsi carico almeno di quella). In ogni caso, non ignorare la contestazione pensando che “la sistema il CAF”: devi comunque attivarti tu (magari col loro supporto) nei termini di legge.
D8: Ho vinto in primo grado in Commissione Tributaria: mi hanno dato ragione che la casa era limitrofa e la detrazione spettava. Ora l’Agenzia ha fatto appello. Devo pagare intanto?
R8: In materia tributaria la sentenza di primo grado, se totalmente favorevole, sospende la riscossione fino al passaggio in giudicato. Quindi no, non devi pagare se hai vinto (l’ufficio eventualmente ti chiederà pagamento solo se vincerà in appello). Se invece la sentenza era parzialmente a tuo favore, la parte confermata dovresti pagarla, ma per questi importi piccoli spesso l’Agenzia aspetta l’esito finale. Ti conviene comunque costituirti in appello e difenderti di nuovo, magari portando ulteriori elementi. Nota: in appello (Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado) se l’importo in contestazione è sotto €3.000, l’Agenzia raramente prosegue; se prosegue, vuol dire che ci tengono a chiarire un principio. Potresti provare a trovare un accordo transattivo (in appello c’è la possibilità di conciliazione giudiziale): magari accetti di pagare l’imposta ma senza sanzioni, per chiudere la vicenda. Valuta con il tuo legale.
D9: Nel precompilato 2025 la detrazione affitto di mio figlio non c’era, così l’ho aggiunta da solo. Potrei essere soggetto a controlli più severi per questo?
R9: Non più severi, ma certamente possono chiederti i documenti, perché hai modificato/aggiunto un dato . Come spiegato, il vantaggio di evitare controlli formali vale solo per oneri già inseriti in precompilata e accettati . Tu l’hai aggiunto (dovevi, perché non c’era). Quindi sì, aspettati un possibile controllo. Ma non è una punizione, è normale procedura. L’importante è che hai i documenti pronti. Non è nemmeno detto che sicuramente arriverà: dipende da quante risorse dedicano ai controlli quell’anno. Comunque conserva tutto e non preoccuparti eccessivamente; hai gli stessi rischi di chiunque abbia inserito spese manualmente (che è la maggioranza dei casi con affitti). E ricorda: anche se fosse stato precompilato (ipoteticamente), i requisiti soggettivi li possono controllare lo stesso . Quindi, in definitiva, il fatto di averlo aggiunto non ti espone a niente di più di quanto già saresti esposto. Fornisci i documenti se richiesti e tutto andrà bene se avevi diritto.
D10: Sto per firmare un nuovo contratto di affitto per mio figlio che andrà all’università. Cosa posso fare fin da ora per evitare future contestazioni?
R10: Ottima domanda, prevenire è meglio che curare! Ecco alcuni consigli “proattivi”: – Verifica subito la distanza tra casa tua e la città dell’università: deve superare 100 km (considera percorso più breve disponibile) e preferibilmente essere in altra provincia . Se è inferiore, sappi che la detrazione non spetta (a meno che il legislatore cambi idea in futuro). Non ci sono eccezioni al momento.
– Assicurati che il contratto sia intestato alla persona giusta: se tuo figlio sarà fiscalmente a carico tuo, può essere intestato a te o a lui, è indifferente ai fini del bonus (lo detrarrà comunque tu). Se non sarà a tuo carico (es. lavora), è meglio intestarlo a lui, così potrà detrarlo lui se fa dichiarazione. Importante: registrate il contratto all’Agenzia Entrate.
– Paga sempre con strumenti tracciabili: bonifico dal tuo conto (o dal suo, se detrae lui), assegno, etc. Evita i contanti come la peste – anche se il locatore li preferisse, spiegagli che così perdi il bonus. Magari concordate bonifico sul suo conto. Nell’oggetto del bonifico inserisci: “Canone locazione ottobre 2025 contratto XYZ”.
– Fatti rilasciare dal locatore delle ricevute per ogni pagamento (anche se paghi con bonifico, è utile avere quietanza firmata “per ricevuta”). E conserva le contabili dei bonifici/estratti conto.
– Quando farai il 730, ricorda il codice 18 e rispetta il limite €2.633.
– Conserva anche un certificato di iscrizione di tuo figlio all’università ogni anno. E magari un attestato degli esami sostenuti, per dimostrare che effettivamente era studente attivo (non serve di solito, ma in caso di dubbi sulla durata).
– Se tuo figlio cambiasse residenza (es. lo porti a vivere con un parente più vicino per comodità), attento: la residenza anagrafica è quella che conta per il calcolo distanza. Deve rimanere lontana.
– Tieni una cartellina dedicata a questa detrazione. Ogni anno, aggiungi copia del 730 presentato e i documenti di quell’anno. Così, se fra 2-3 anni arriva un controllo, hai tutto ordinato.
Facendo così, riduci enormemente la possibilità di errori e, se il Fisco controllerà, ne uscirai senza problemi perché tutto combacia. E soprattutto, potrai davvero sfruttare il bonus affitto in tranquillità.
Fonti e riferimenti normativi principali: Art. 15, comma 1, lett. i-sexies) del D.P.R. 917/1986 (TUIR) ; D.L. 148/2017 art. 20 comma 8-bis e L. 205/2017 art. 1 commi 23-24 (modifiche temporanee distanza) ; Circolare Agenzia Entrate 34/E del 04.04.2008 (ques.8.4 distanza 100 km) ; Circolare 7/E 2018 (chiarimenti distanza ferrovie) ; Circolare 17/E 2015 (esclusione ITS) ; Circolare 7/E 2021 (par. sull’Erasmus fuori sede) ; Risoluzione 21/E 2010 (sublocazioni non detraibili) .
In conclusione, il debitore-contribuente che vede contestata la detrazione per l’affitto dello studente deve: conoscere le regole, raccogliere le prove, dialogare tempestivamente col Fisco e far valere i propri diritti (anche in giudizio, se ha ragione). Con una preparazione adeguata e l’aiuto di professionisti quando serve, è possibile difendersi efficacemente e, auspicabilmente, godere di questo bonus fiscale senza brutte sorprese.
Hai usufruito della detrazione per canoni di locazione degli studenti universitari e ora l’Agenzia delle Entrate ti ha notificato una contestazione? Fatti Aiutare da Studio Monardo
Hai usufruito della detrazione per canoni di locazione degli studenti universitari e ora l’Agenzia delle Entrate ti ha notificato una contestazione?
Ti stai chiedendo quali sono i motivi più frequenti di recupero dell’agevolazione e come puoi difenderti in modo efficace?
Il bonus affitto studenti universitari consente ai genitori o agli studenti fuori sede di detrarre una parte dei canoni di locazione pagati. Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate controlla con molta attenzione questi benefici, e spesso avvia contestazioni se mancano i requisiti formali o sostanziali.
👉 Una contestazione non significa automaticamente dover restituire tutto: ci sono margini per difendersi e far valere i propri diritti.
⚖️ Motivi più frequenti di contestazione
- Contratto non registrato o registrato in ritardo;
- Università non distante almeno 100 km dal comune di residenza (o meno di 50 km se in zone montane o disagiate);
- Canoni non tracciabili (pagamenti in contanti non ammessi);
- Studente non regolarmente iscritto a un corso universitario riconosciuto;
- Mancata intestazione del contratto allo studente o al genitore che richiede la detrazione.
📌 Conseguenze della contestazione
- Recupero dell’imposta detratta negli anni contestati;
- Sanzioni e interessi sul beneficio indebitamente fruito;
- Possibile estensione dei controlli ad altre detrazioni o bonus.
🔍 Come difendersi
- Analizza la contestazione: verifica su quale motivo si basa il recupero del bonus.
- Recupera la documentazione: contratto registrato, ricevute di pagamento, iscrizione universitaria.
- Dimostra la sussistenza dei requisiti: distanza reale, università riconosciuta, regolarità dei pagamenti.
- Valuta eventuali errori formali: spesso il beneficio viene negato per vizi sanabili (es. registrazione tardiva del contratto).
- Presenta ricorso se l’Agenzia delle Entrate insiste, portando prove concrete davanti alla Corte di Giustizia Tributaria.
🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
- 📂 Analizza la contestazione e individua i punti deboli della pretesa fiscale;
- 📌 Verifica i requisiti del bonus e raccoglie la documentazione difensiva;
- ✍️ Redige memorie e ricorsi per ottenere l’annullamento o la riduzione delle somme richieste;
- ⚖️ Ti rappresenta nel contraddittorio e nei giudizi tributari;
- 🔁 Ti assiste anche in soluzioni alternative, come definizioni agevolate o regolarizzazioni.
🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
- ✔️ Avvocato esperto in contenzioso tributario e agevolazioni fiscali;
- ✔️ Specializzato in difesa da contestazioni su bonus e detrazioni;
- ✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Le contestazioni sul bonus affitto studenti universitari non sono rare, ma spesso si basano su formalità o interpretazioni restrittive.
Con una difesa legale mirata puoi dimostrare la legittimità della detrazione, ridurre le pretese del Fisco e tutelare i tuoi diritti di contribuente.
📞 Contatta subito l’Avv. Giuseppe Monardo per una consulenza riservata: la tua difesa contro le contestazioni sul bonus affitto studenti universitari inizia qui.