Sequestro Preventivo Fiscale: Cos’è E Cosa Fare Quando Scatta

Hai ricevuto un provvedimento di sequestro preventivo fiscale sui tuoi beni o conti correnti? Si tratta di una misura cautelare molto invasiva che può colpire il patrimonio personale o aziendale già nella fase delle indagini preliminari. Sapere di cosa si tratta e come difendersi è fondamentale per tutelare i propri diritti.

Cos’è il sequestro preventivo fiscale
Il sequestro preventivo è un provvedimento disposto dal giudice, su richiesta della Procura, in caso di ipotesi di reati tributari (omessa dichiarazione, dichiarazione fraudolenta, indebita compensazione, occultamento di documenti contabili).
La misura ha lo scopo di:
– Impedire che il patrimonio venga disperso durante le indagini
– Garantire che, in caso di condanna, lo Stato possa recuperare imposte, sanzioni e interessi non versati
– Bloccare beni, conti correnti, quote societarie o immobili fino alla decisione del processo

Quando scatta il sequestro preventivo fiscale
– Se la Procura contesta reati tributari con importi superiori alle soglie penali previste dalla legge
– Se il giudice ritiene che vi sia pericolo nel mantenere la disponibilità dei beni da parte dell’indagato
– Se vi è il rischio che il patrimonio venga distratto o reso indisponibile al Fisco
– In caso di contestazioni legate a frodi fiscali, compensazioni indebite o false fatturazioni

Cosa rischi con il sequestro preventivo
– Blocco immediato dei conti correnti personali e aziendali
– Sequestro di immobili, automezzi, beni mobili registrati o quote societarie
– Impossibilità di utilizzare liberamente il patrimonio sequestrato
– Parziale o totale paralisi dell’attività d’impresa in caso di sequestro di beni aziendali
– Rischio di trasformazione del sequestro in confisca definitiva in caso di condanna

Cosa fare quando scatta il sequestro
– Verificare immediatamente la legittimità del provvedimento e dei presupposti indicati dal giudice
– Presentare istanza di riesame o appello cautelare entro i termini previsti dalla legge
– Dimostrare che i beni sequestrati non hanno alcun legame con il reato contestato
– Contestare il calcolo delle imposte e delle somme che hanno portato al sequestro
– Richiedere la sostituzione del sequestro con altre forme di garanzia (fideiussione, cauzione)

Il ruolo dell’avvocato nella difesa
– Analizzare il provvedimento di sequestro e i reati tributari contestati
– Predisporre un ricorso mirato per ottenere la revoca o la riduzione della misura
– Dimostrare l’estraneità dei beni sequestrati rispetto al presunto illecito
– Contestare errori o calcoli eccessivi che hanno determinato l’importo sequestrato
– Assistere il contribuente in tutte le fasi del procedimento penale-tributario

Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– La revoca totale o parziale del sequestro preventivo
– La restituzione dei beni o dei conti correnti bloccati
– La sostituzione del sequestro con garanzie meno invasive
– La protezione del patrimonio personale e aziendale
– Una riduzione significativa dell’impatto economico e operativo del provvedimento

⚠️ Attenzione: il sequestro preventivo fiscale può scattare anche prima di una condanna definitiva. Non significa essere già colpevoli, ma è essenziale muoversi subito con una difesa tecnica mirata per evitare che diventi un danno irreparabile.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto penale tributario e difesa fiscale – ti spiega cos’è il sequestro preventivo fiscale e cosa fare quando scatta.

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Introduzione

Il sequestro preventivo fiscale è una misura cautelare reale disciplinata dal codice di procedura penale (art. 321 e ss. c.p.p.) applicata nell’ambito di reati tributari. Si tratta di un provvedimento urgente volto a immobilizzare beni del contribuente – in capo allo stesso o anche a terzi – al fine di garantire il futuro soddisfacimento delle pretese erariali (tributi evasi e sanzioni). In pratica, quando l’Autorità giudiziaria (ad esempio il Giudice per le indagini preliminari) ravvisa fumus del delitto tributario (indicazioni di una fattispecie penalmente rilevante) e pericolo concreto di dispersione del profitto, può disporre il sequestro dei beni pertinenti al reato.

La misura viene spesso utilizzata come strumento propedeutico alla confisca per equivalente del profitto del reato tributario (art. 12-bis D.Lgs. 74/2000), ma può anche avere natura “impeditiva” per evitare che beni possano essere distratti o sottratti all’Erario. Dal punto di vista pratico, colpisce ad esempio conti correnti, immobili, quote societarie o l’intera azienda del contribuente indagato. La disciplina applicabile prevede requisiti precisi (fumus e pericolo) e riconosce specifiche garanzie processuali (possibilità di impugnare il provvedimento). Di seguito riportiamo un’analisi dettagliata aggiornata alle più recenti novità legislative e giurisprudenziali (luglio 2025) sulle modalità di applicazione del sequestro preventivo nel diritto tributario italiano, con linguaggio tecnico-giuridico ma di taglio divulgativo.

Quadro Normativo Principale

  • Codice di Procedura Penale (art. 321 c.p.p.) – disciplina il sequestro preventivo in generale. Prevede che possa essere disposto dal giudice, su richiesta del Pubblico Ministero, quando sussistono gravi indizi di delitto (fumus commissi delicti) e pericolo concreto di dispersione delle cose pertinenti al reato. Il sequestro può essere “impeditivo” (pericolosità) o “finalizzato alla confisca” (quando si mira ad assicurare il profitto del reato). Nel caso di reati tributari la norma di riferimento è l’art. 321, commi 1 e 2-bis c.p.p., integrata dalla giurisprudenza consolidata sulla pertinenzialità e sulla misura del profitto.
  • D.Lgs. 74/2000 (“Testo Unico reati tributari”) – prevede le fattispecie di reato tributario (omessa/dichiarazione infedele, indebita compensazione, frode IVA, ecc.). In particolare l’art. 12-bis D.Lgs. 74/2000 disciplina la confisca del profitto del reato tributario, estendendo l’istituto alla disciplina penale tributaria. La riforma del 2024 (D.Lgs. 87/2024) ha modificato il comma 2 del citato art. 12-bis imponendo che “il sequestro preventivo dei beni finalizzato alla confisca” non può essere disposto se il debito è in corso di estinzione tramite regolare rateizzazione concordata con l’Amministrazione Finanziaria (salvo concreto pericolo di dispersione). Ciò tende a tutelare i contribuenti che stanno onorando un piano di rientro, limitando l’uso dello strumento cautelare quando il debito viene estinto regolarmente.
  • Legislazione complementare – in caso di sequestro di intere imprese o amministrazioni giudiziarie, trovano applicazione per analogia le norme tributarie sull’eredità giacente (art. 187 Tuir, art. 5-ter DPR 322/1998) e la prassi ministeriale (circolari Agenzia delle Entrate n. 156/E/2000, 70/E/2020, 45/E/2024, 62/E/2007 e successive) che dettano gli adempimenti fiscali del custode/amministratore giudiziario durante la misura. In termini cautelari, va inoltre ricordato che le ordinanze o decreti di sequestro possono essere impugnati davanti al Tribunale del riesame (art. 327 c.p.p.) e, in via limitata, in Cassazione per motivi di legittimità (art. 325 c.p.p.).

Requisiti per il Sequestro Preventivo

Secondo l’art. 321 c.p.p., il giudice può disporre il sequestro preventivo solo se ricorrono congiuntamente due condizioni:

  • Fumus Commissi Delicti – occorre la presenza di gravi indizi che facciano ragionevolmente ritenere che i beni oggetto della misura costituiscano profitto, provento o garanzia del reato tributario. Non è richiesta la prova compiuta del reato, ma servono elementi concreti idonei a fondare la notizia di reato. Ad esempio, dichiarazioni mancanti o infedeli di importo rilevante, documentazione distrutta o fatture false individuate dagli ispettori, o altre evidenze investigative potranno giustificare il fumus.
  • Pericolo di Dilapidazione – deve sussistere un concreto e attuale pericolo che, se il bene restasse libero, verrebbero ostacolati il recupero delle somme dovute o si intensificherebbe la commissione di reati (pericolo di fuga o di dispersione). Nel sequestro preventivo finalizzato alla confisca, si valuta la proporzionalità: il giudice deve stimare che il valore dei beni sequestrati sia commisurato al presunto profitto del reato. La Cassazione ha precisato che il profitto del reato tributario va inteso come “riduzione simulata o fraudolenta del patrimonio” del contribuente e dunque individuato nel valore dei beni potenzialmente aggredibili, non nell’ammontare del debito tributario stesso.

In tema di reati tributari, la giurisprudenza considera ad es. che per l’omessa dichiarazione occorre un’evasione d’imposta significativa (il legislatore prevede soglie minime: es. dal 2021 sopra i 100.000€ di imposte evase in un biennio, il delitto è procedibile d’ufficio) e che il sequestro-sino a concorrenza del profitto–può colpire il valore dell’azienda fittiziamente ceduta o affittata, come ribadito da recenti pronunce.

Recenti novità: Il D.Lgs. 87/2024 (attuazione direttiva UE) ha introdotto un vincolo sostanziale per limitare l’uso del sequestro. Il nuovo comma 2-bis dell’art. 12-bis D.Lgs. 74/2000 stabilisce che, “salvo che sussista il concreto pericolo di dispersione della garanzia patrimoniale…” il sequestro preventivo finalizzato alla confisca non è disposto se il debito tributario è in corso di estinzione mediante rateizzazione o altre procedure di definizione (purché il contribuente sia in regola con i pagamenti). Ciò significa che, a decorrere dal 2024, il contribuente che ha un piano di rientro attivo e correttamente rispettato non potrà subire sequestri di beni finalizzati alla confisca, a meno di comprovate ragioni che non renda più attuali le dilazioni.

Reati Tributari Rilevanti e Confisca del Profitto

I reati tributarî cui si applica il sequestro preventivo sono quelli previsti dal D.Lgs. 74/2000, in particolare:

  • Omessa dichiarazione (art. 10 D.Lgs. 74/2000) – il contribuente non presenta la dichiarazione dei redditi o IVA. Se l’imposta evasa supera certe soglie (attualmente 100.000€ in due anni), il delitto è d’ufficio e prevede la confisca del profitto del reato (art. 12-ter D.Lgs. 74/2000). Il profitto è il valore dei beni idonei a garanzia del debito tributario (che il contribuente aveva simulato di sottrarre). Il sequestro preventivo viene disposto per garantire appunto la confisca finale.
  • Dichiarazione fraudolenta (art. 4-5 D.Lgs. 74/2000) – la dichiarazione (dei redditi, IVA o ritenute) è infedele o contiene dati falsi, con evasione di imposta. Anch’essa comporta confisca diretta o per equivalente del profitto (art. 12-bis e 12-ter). Per l’infedele (art. 4) il procedimento è d’ufficio se il minimo evaso supera 50.000€.
  • Indebita compensazione (art. 10-bis D.Lgs. 74/2000) – utilizzo di crediti d’imposta inesistenti o troppo grandi; punito con confisca del credito indebitamente utilizzato (quando al contribuente viene riconosciuto un rimborso o un credito fittizio). Anche qui è possibile il sequestro preventivo finalizzato alla confisca.
  • Altri reati tributari (art. 2-3, 6-9, 11-12 D.Lgs. 74/2000) – per esempio emissione o utilizzazione di fatture false (art. 2-3), sottrazione fraudolenta mediante scritture (art. 8-9), frode allo Stato (art. 11, 12 ecc.). In linea di massima, in presenza di condotte idonee a generare profitto illecito (redditi non dichiarati, crediti inesistenti, trasferimenti fittizi di aziende) è possibile il sequestro preventivo.
Reato TributarioRiferimento (D.Lgs. 74/2000)Effetti (sequestro/confisca)
Omessa dichiarazioneart. 10 (oltre 100.000€ in 2 anni)Dichiarazione non presentata; confisca del profitto (art. 12-ter): profitto = valore beni. Sequestro preventivo imp. fino a garanzia debito.
Dichiarazione infedeleart. 4 (oltre 50.000€)Dichiarazione con dati falsi; confisca del profitto. Sequestro preventivo finalizzato al profitto indagato.
Indebita compensazioneart. 10-bis (oltre 50.000€)Compensazione di crediti inesistenti; confisca del credito illegittimo. Sequestro preventivo sui beni correlati.
Fatture false (IVA)artt. 2-3 (oltre 50.000€)Emissione o uso di fatture inesistenti; confisca del profitto. Sequestro preventivo sui beni del soggetto.

Tabella riassuntiva di alcuni reati tributari che possono dar luogo a sequestro preventivo e confisca del profitto. Nella colonna “Effetti” si riporta anche come la Cassazione interpreta il “profitto”: ad es. nel reato di omessa dichiarazione è il valore dei beni idonei a garanzia e non semplicemente l’importo dell’imposta residua.

Soggetti Coinvolti e Procedura

  1. Richiesta del P.M. – L’adozione del sequestro preventivo inizia con una richiesta del Pubblico Ministero al giudice. Nelle indagini penali tributarie la richiesta viene solitamente avanzata quando, ad esempio, la Guardia di Finanza (inquirente) segnala al PM dati indiziari di evasione.
  2. Decreto di sequestro d’urgenza o decreto di sequestro preventivo – Il PM può emettere un decreto immediato di sequestro (se vi è il pericolo imminente) senza bisogno di ordinanza giudiziaria. In seguito, il giudice per le indagini preliminari (GIP) dovrà convalidare e motivare tale provvedimento. In alternativa, il PM può chiedere al GIP il sequestro preventivo motivato ex ante (decreto di sequestro previsto dall’art. 321 c.p.p.).
  3. Esecuzione del provvedimento – Il sequestro può colpire beni mobili (denaro, titoli, auto) e immobili, quote societarie, azienda, ecc. Anche i conti correnti intestati all’indagato o a terzi riconducibili a lui sono sequestrabili. Esiste la fattispecie del “sequestro di crediti dei terzi”: la Cassazione ha affermato che, in funzione impeditiva, possono essere sequestrati anche crediti vantati da terzi cessionari a favore del contribuente. Ad esempio, se un bene è intestato a un familiare dell’indagato (prestanome), anche quel bene può essere vincolato. Importante: la misura non colpisce i debiti (non si può sequestrare un debito), ma solo cose e valori.
  4. Custode giudiziario – Quando viene sequestrata un’azienda o una ditta, il giudice nomina un custode giudiziario (art. 321 c.p.p.) incaricato di amministrare i beni sotto vincolo. Il custode assume la gestione ordinaria dell’impresa come “commodatario giudiziario” e ha anche obblighi fiscali particolari (vedi paragrafo successivo).
  5. Impugnazioni – Il provvedimento di sequestro può essere impugnato:
    • Ricorso al Tribunale del Riesame (art. 327 c.p.p.): va presentato entro 15 giorni dalla notifica, proponendo motivi di legittimità (ad es. carenza dei presupposti, difetto di motivazione). Il Tribunale del Riesame può confermare, modificare o annullare il sequestro.
    • Ricorso per Cassazione (art. 325 c.p.p.): è ammesso in via ordinaria contro le ordinanze di riesame, ma solo per violazione di legge. In pratica, l’impugnazione in Cassazione è limitata e non sospende l’efficacia dell’ordinanza impugnata. Tuttavia, il nostro focus è di far valere le ragioni in primo luogo davanti al riesame.
  6. Rilascio dei beni – Se, in qualsiasi momento, viene meno uno dei presupposti (per esempio, il giudice ritiene che non sussistano più le condizioni di urgenza o che non sia in pericolo il profitto), il giudice deve revocare il provvedimento e restituire i beni sequestrati. La legge prevede che il sequestro cessa di diritto con la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, eccetto il tempo per impugnare.

Diritti e Adempimenti del Debitore (Persona Sequestrata)

Dal punto di vista del contribuente (o delle imprese) colpito da sequestro, è importante sapere:

  • Conseguenze del sequestro: i beni posti sotto vincolo non possono essere alienati o utilizzati liberamente. Se si tratta di attività produttive, l’attività prosegue sotto la vigilanza del custode (o del titolare, nelle parti non sequestrate). In teoria, il contribuente potrà subire una futura confisca per equivalente, fino alla concorrenza del profitto accertato (imposte evase + sanzioni). Per questo, il sequestro agisce da anticamera della confisca.
  • Pagamenti e rateizzazioni: Il contribuente resta titolare del debito tributario. Se non l’ha già fatto, può valutare di definire il debito (es. con adesione o conciliazione) e, se ammesso, ottenere una rateizzazione con l’Agenzia delle Entrate. La riforma del 2024 protegge il debitore in regola con il piano di rientro: in presenza di un piano di pagamento effettivamente in corso e rispettato, il sequestro preventivo non può essere disposto, a meno di un rischio di pericolo di dissesto patrimoniale. In pratica, il contribuente regolare non può subire nuovi sequestri sui beni fintantoché paga regolarmente. Tuttavia, attenzione: se non paga anche solo una rata, la tutela decade. Inoltre, giurisprudenza consolidata rileva che la sola rateizzazione non di per sé revoca il sequestro o la confisca: solo il pagamento effettivo del debito evaso consente la riduzione o revoca della confisca.
  • Dichiarazioni fiscali mancanti: In caso di sequestro di beni e attività, il contribuente (o, se deceduto, gli eredi) non è esonerato dagli obblighi dichiarativi pregressi. Ad esempio, la Cassazione ha chiarito che, in caso di sequestro dell’azienda con nomina di custode, soggetti passivi Ires/Irpef dell’anno dell’esecuzione sono sia il titolare originario che il custode giudiziario, ciascuno tenuto a presentare la propria parte di dichiarazione. Infatti, il custode esercita l’attività come eredità giacente (cfr. circolare 156/E/2000): deve presentare le dichiarazioni d’imposta per il periodo in cui ha la disponibilità dei beni, utilizzando il codice fiscale del titolare originario (non è necessario un nuovo codice fiscale, anzi è sconsigliato). In base alle risposte dell’Agenzia delle Entrate n. 268/2024 e 46/2025, il custode deve presentare due dichiarazioni distinte: una per i redditi dei beni mobili sequestrati (con pagamento immediato delle imposte) e una separata per i redditi degli immobili sequestrati (con sospensione del versamento fino all’assegnazione). Gli acconti Irpef/Ires vanno versati normalmente esclusi i profitti degli immobili, e gli oneri fiscali (Ires, Irap, IVA) vanno assoggettati al regime ordinario intestandoli però al proprietario originario.
  • Adempimenti del custode giudiziario: Se l’azienda sequestrata viene messa in affitto o continua ad operare, il custode assume gli obblighi dell’amministratore giudiziario previsto per i beni sequestrati dall’antimafia. L’Agenzia Entrate ha precisato (risposta 46/2025) che il custode deve mantenere la partita IVA e il codice fiscale originari della società (non aprirne di nuovi) e tenere contabilità separata. In pratica, se il custode incassa canoni o proventi, questi vanno dichiarati utilizzando i dati fiscali dell’azienda sequestrata, inserendo i propri dati nel modello come “custode giudiziario” (codice carica 5).

Cosa Fare Quando Scatta il Sequestro Preventivo

1. Verificare il provvedimento: Al momento della notifica del decreto di sequestro, leggere attentamente i motivi e l’oggetto del vincolo. Se il sequestro è avvenuto tramite un decreto del PM (urgenza), attendere la convalida o meno del GIP. Se è già ordinanza del GIP, sarà specificato il tipo di beni vincolati.

2. Attivare la difesa tecnica: Rivolgersi tempestivamente a un avvocato penalista tributarista. Il professionista valuterà i presupposti giuridici ed esaminerà se il sequestro è stato legittimamente disposto (ad esempio se esistono gravi indizi e pericolo reale).

3. Opposizione al Tribunale del Riesame: Entro 15 giorni dal sequestro, si dovrà proporre opposizione con ricorso al Tribunale del riesame (art. 327 c.p.p.). Tale atto deve contenere:

  • La qualificazione degli attori (es. “Il sottoscritto X, rappresentato e difeso dall’avv. Y…”).
  • Fatti e motivi: indicare i profili di illegittimità (ad es. mancata pertinenzialità, insufficienza di indizi, pericolo di effettiva dispersione assente, ecc.).
  • Eventuali circostanze estintive o attenuanti (p.es. se il sequestro è stato chiesto su beni che già coprivano i debiti, o se l’ammissione a rateizzazione è regolare).
  • Prodotti probatori: allegare documenti rilevanti (bilanci, pagamenti, autorizzazioni ad adempiere, fideiussioni, ecc.) che supportino la difesa.
  • Conclusione e richieste: formulare espressamente la richiesta di annullamento o revoca del sequestro e la restituzione dei beni, con condanna alle spese.

4. Seguire il procedimento: Il Tribunale del riesame terrà un’udienza, alla quale parteciperanno P.M. e difensore. È utile depositare memorie e documenti che dimostrino, ad esempio, la regolarità dei pagamenti tributari o la mancata pericolosità delle cose.

5. Misure cautelari alternative: In alcuni casi, si può proporre il pagamento di una cauzione o garantire la somma contestata per ottenere la sospensione del sequestro (art. 321 c.p.p., comma 4). Se il Tribunale del riesame accoglie l’opposizione, ordinerà lo svincolo dei beni (o il loro sequestro attenuato in misura minore).

6. Ulteriori impugnazioni: Avverso l’ordinanza del riesame è possibile ricorrere in Cassazione (per violazione di legge). Tuttavia, di regola è preferibile esaurire il grado di merito del riesame.

7. Dopo la sentenza di merito sul reato: Se, al termine del processo penale, il contribuente risulta assolto o prosciolto (p.es. per insufficienza di prove), il sequestro cessa di diritto e si procede allo svincolo dei beni. Se c’è condanna, i beni sequestrati potranno venire definitivamente confiscati come profitto del reato (oppure rilasciati se la confisca viene esclusa perché il debito è stato integralmente pagato).

Domande e Risposte Frequenti

D: Cos’è in concreto il sequestro preventivo fiscale e quali beni può colpire?
R: Il sequestro preventivo fiscale è un provvedimento del giudice penale che vincola cautelativamente beni del contribuente sospettato di evasione fiscale. Può riguardare conti bancari, immobili, azioni, quote societarie, macchinari o l’intera azienda. Anche beni intestati a prestanome o familiari riconducibili all’indagato possono essere sequestrati se pertinenti al reato.

D: In quali casi scatta il sequestro?
R: Scatta quando il PM richiede e il giudice ritiene che vi siano indizi seri di reato tributario e un pericolo concreto che i beni vengano dispersi. Ad esempio, se risulta che la società ha evaso imposte elevate e i suoi beni patrimoniali possono essere distratti, il giudice può sequestrare quel patrimonio per assicurare la futura confisca. È richiesta la “pertinenzialità”: i beni sequestrati devono essere funzionali alle attività illecite (es. quote di “società di comodo”). Inoltre, per i reati previsti dal D.Lgs. 74/2000 serve che l’evasione abbia superato le soglie di legge (di norma superiori a 50-100 mila euro in base al reato).

D: Se ho già un piano di rateizzazione regolare, posso essere sottoposto a sequestro?
R: In base alla legge aggiornata, no, salvo pericolo di dissesto. Infatti il nuovo art. 12-bis co.2 prevede che il sequestro finalizzato alla confisca “non è disposto se il debito tributario è in corso di estinzione mediante rateizzazione, conciliazione o accertamento con adesione, purché il contribuente sia in regola con i pagamenti. Quindi un contribuente che sta onorando puntualmente le rate concordate non può subire sequestri di beni (fermo restando che, se dovesse fermarsi nei pagamenti, la protezione decade). In ogni caso, secondo la Cassazione la sola rateizzazione non estingue il debito penale: è il pagamento effettivo che può poi determinare la revoca o riduzione della confisca.

D: Quali sono le differenze tra sequestro e confisca?
R: Il sequestro preventivo è una misura cautelare: serve a conservare i beni fino alla fine del processo. È disposta prima del giudizio di merito e può essere “finalizzata” (alla confisca) o “impedita” (pericolo di continuazione reato). La confisca è una sanzione definitiva accessoria alla condanna: consiste nella perdita del bene da parte del condannato, a beneficio dello Stato. Nel reato tributario si può disporre la confisca diretta (quando il bene sequestrato è il vero profitto del reato) o la confisca per equivalente (quando si confiscano altri beni in misura pari al profitto). Il sequestro, di norma, anticipa la confisca: se non si ottiene la condanna, il sequestro decade e i beni tornano liberi; se c’è condanna, i beni sequestrati vengono poi confiscati.

D: Dopo il sequestro, devo continuare a fare le dichiarazioni o pagare tasse?
R: Sì. Il sequestro non esonera il contribuente dagli obblighi tributari. Se sei il titolare dei beni sequestrati, devi continuare a dichiarare i redditi e a pagare le imposte sui periodi non ancora decaduti (p.e. presentare Unico, modello redditi societari, IVA, ecc.). Se l’azienda è gestita da un custode, quest’ultimo fa le dichiarazioni usando il codice fiscale del titolare e inserendo i propri dati come custode. In base alle circolari e risposte AE, in pendenza di sequestro si applica la disciplina dell’eredità giacente (art.187 TUIR): il custode deve presentare le dichiarazioni per i periodi gestiti e versare le imposte dovute (con liquidazione provvisoria, ecc.). Ad esempio, la Risposta AE 268/E/2024 specifica che il custode deve presentare due dichiarazioni separate: una per i redditi da beni mobili (con versamento immediato delle imposte) e una apposita per i redditi da immobili sequestrati (con indicazione della casella “Immobili sequestrati” e sospensione dei versamenti sulle relative imposte fino all’assegnazione).

D: Cosa succede se realizzo un pagamento al Fisco durante il sequestro?
R: Se il pagamento integra il debito, l’Erario ne tiene conto. Tuttavia, come detto, i tribunali hanno precisato che la confisca del profitto non può restare integrale: i pagamenti rateali versati riducono proporzionalmente la misura della confisca/per il sequestro. Ciò significa che, in sede di esecuzione, si calcola il debito effettivamente estinto (magari anche tramite concordati o accordi di ristrutturazione) e la confisca/non confisca finale viene adeguata. Va comunque pagato tutto ciò che si deve entro i termini. Se si consegna una polizza o garanzia a copertura del debito, si può chiedere in sede di riesame o nell’ambito del sequestro di ottenere l’assegnazione o il sequestro attenuato di un importo pari a tale garanzia.

D: Chi può impugnare il sequestro e con quali mezzi?
R: Possono fare opposizione il soggetto nei cui confronti è stato ordinato il sequestro (il contribuente indagato) e chiunque vi abbia interesse (p.es. altri soci, amministratori). L’opposizione ordinaria è il ricorso al Tribunale del Riesame (entro 15 giorni dalla notifica). Avverso l’ordinanza del Riesame, è ammesso ricorso in Cassazione (solo per violazione di legge). Il pubblico ministero può eseguire un solo tentativo di cassazione (ricorso limitato agli articoli 325-127 c.p.p.). Altri mezzi di impugnazione (es. reclamo alla Corte d’Appello) non si applicano al sequestro penale tributario. È fondamentale rispettare i termini procedurali e articolare bene le ragioni di legge nella difesa.

Tabelle Riepilogative

Tabella 1 – Reati tributari e misure cautelari fiscali: (cfr. D.Lgs. 74/2000, art. 12-bis/12-ter; Cass. 7041/2023)

Reato tributarioNormativa di riferimentoSequestro preventivoConfisca del profitto
Omessa dichiarazioneArt. 10 D.Lgs. 74/2000Sequestro finalizzato al profitto del reato. Si valuta valore azienda o beni alienati fraudulentamente.Confisca diretta (art.12-ter) per equivalente: profitto = valore beni vincolati, non semplice debito fiscale.
Dichiar. infedeleArt. 4 D.Lgs. 74/2000Sequestro finalizzato ai proventi illeciti.Confisca equivalente fino a concorrenza imposte/sanzioni evase.
Indebita compens.Art. 10-bis D.Lgs. 74/2000Sequestro (di crediti o somme oggetto di compensazione illecita).Confisca equivalente del credito indebitamente utilizzato.
Fatture false (IVA)Artt. 2-3 D.Lgs. 74/2000Sequestro di beni (automezzi, immobili, fatturato) utilizzati nella frode.Confisca equivalente fino all’ammontare dell’evasione IVA.

Tabella 2 – Mezzi di impugnazione del sequestro preventivo: (cfr. art. 327, 325 c.p.p.)

ImpugnazioneTermineAutorità competenteAmbito di motivi
Ricorso al Trib. del Riesame15 giorniTribunale del Riesame (penale)Tutti i vizi di legittimità e i fatti (esame di merito).
Ricorso per Cassazione (art. 325)15 giorniCorte di Cassazione (Sez. Penale)Solo per violazione di legge (es. violazione norme procedurali, del fondamento logico).

Simulazioni Pratiche

Esempio 1 – Impresa con IVA non versata:
La Società Alfa S.r.l. non versa l’IVA per due trimestri, accumulando un debito di 150.000€. La Guardia di Finanza esegue controlli, nota incongruenze nei documenti e ritiene possibile frode. Il PM richiede il sequestro preventivo dei conti correnti bancari e di beni immobili riconducibili all’amministratore. Il gip convalida il decreto. L’avvocato di Alfa presenta opposizione motivando che, nonostante l’accertamento, l’azienda ha già chiesto una rateizzazione dell’IVA ad essa riconosciuta, adempiuta regolarmente, e che ha offerto garanzie. Si sottolinea il danno sproporzionato: bloccare i conti impedisce all’azienda di operare. In udienza, grazie alla documentazione dei pagamenti rateali, il Tribunale del Riesame revoca il sequestro. Parallelamente, Alfa procede con il pagamento delle imposte e sanatorie tributarie. Alla fine del processo penale (per frode IVA), se venisse accertato il reato, la confisca finale verrebbe ridotta tenendo conto delle somme già versate, secondo i principi stabiliti (Cass. 44519/2024).

Esempio 2 – Ditta individuale e omessa dichiarazione:
Il signor Mario Bianchi, imprenditore agricolo, non presenta la dichiarazione dei redditi per due anni, per un’evasione complessiva stimata di 120.000€. Gli ispettori accertano la situazione e il PM chiede il sequestro dell’intero complesso aziendale (terreni, attrezzature, fattoria). Il Gip dispone il sequestro motivandolo con il rischio di delocalizzazione dei beni e indicizzando il profitto come «valore dell’azienda simulatamente ceduta». L’avvocato di Bianchi fa opposizione, contestando che l’imprenditore ha già chiesto l’accertamento con adesione riducendo il debito e che l’attività rimane comunque florida (quindi non c’è pericolo di dispersione del patrimonio). Il tribunale del riesame dimezza l’area sequestrata (lascia libero l’uliveto) e richiede cauzione per il debito residuo. Nel frattempo, il custode nominato provvede all’iscrizione dell’IVA e alla tenuta della contabilità, come previsto dalla prassi (art.187 Tuir). Alla sentenza di merito, Bianchi risulta assolto (errore di calcolo fiscale), ed il sequestro cessa definitivamente: i beni gli sono restituiti senza altre conseguenze.

Modelli di Opposizione e Istanza

Di seguito uno schema di massima per redigere un’istanza di opposizione (Tribunale del Riesame):

  1. Intestazione e dati processuali: Indicare il Tribunale competente, il numero del procedimento, i nominativi delle parti (es. “Opponente: Sig. Mario Bianchi; P.M.: Procura della Repubblica di Milano”), difensore di fiducia con autorizzazione.
  2. Premesse di fatto: Descrivere brevemente la vicenda (accertamento tributario, atto di sequestro, beni sequestrati). Citarne la data e oggetto (es. “sequestro preventivo del 12/05/2025 su conto corrente e automezzi, disposto dal GIP di Milano con decreto del 10/05/2025”).
  3. Motivi di opposizione: Elencare in modo chiaro e numerato le censure:
    • Mancanza del fumus commissi delicti: es. “non sussistono gravi indizi di evasione fraudolenta atteso che…”. Allegare se possibile documentazione (fatture, buste paga, ecc.).
    • Assenza di pericolo concreto di dispersione: argomentare che l’azienda è gestita correttamente, es. «il sequestro integrale pregiudica l’attività imprenditoriale ostacolando la riscossione dei crediti e il pagamento delle imposte dovute» (in taluni casi il tribunale può adottare forme meno afflittive come la cauzione).
    • Sproporzione/sequestro ingiustificato: se il valore dei beni sequestrati è manifestamente superiore al debito o al presunto profitto, va contestata la non proporzionalità (richiamare art. 321 c.p.p. e principi di ragionevolezza).
    • Altre vizi di forma/diritto: es. mancata notifica di atti, vizi procedurali, carenza motivazione.
    • Pagamenti o definizioni intervenuti: segnalare se nel frattempo il contribuente ha definito il debito (in parte o totalmente), richiedendo che ciò incida sulla misura (secondo Cass. 44519/2024, un accordo di ristrutturazione riduce il profitto confiscabile).
  4. Richiesta finale: Concludere chiedendo che il sequestro venga dichiarato inammissibile o revocato nei suoi effetti e che siano restituiti i beni, oltre ad eventuali accessori di legge (spese, ammende). Indicare la volontà di comparire a udienza per eventuali repliche.
  5. Allegati: Produrre e numerare documenti a sostegno di quanto affermato (statuto, visure, pagamenti, e-mail, ricevute di versamenti, provvedimenti di rateazione, perizie di valore, ecc.).

Struttura e stile: Il ricorso deve essere chiaro, schematico nei punti (ad es. elenchi puntati per i motivi), e corredato di riferimenti normativi. Anche il linguaggio deve essere tecnico-giuridico (citare articoli, sentenze, circostanze di fatto come “fumus”, “periculum”, “erogazione delle imposte”, ecc.).

Conclusioni

Il sequestro preventivo fiscale è una misura straordinaria che colpisce il debitore nel tentativo di conservare il patrimonio in vista del recupero coattivo delle imposte evase. La guida del debitore consiste nel muoversi subito e con cognizione di causa: capire esattamente le motivazioni, tutelarsi con un legale e, se opportuno, produrre opposizione documentata. Contestualmente, è fondamentale saldare o concordare il debito con il Fisco, poiché solo l’adempimento dell’obbligazione tributaria principale può far venir meno l’esigenza di confisca (e quindi di sequestro). Infine, conoscere i propri obblighi (es. dichiarativi) in pendenza di sequestro evita ulteriori sanzioni: le risposte dell’Agenzia (2024-2025) forniscono regole chiare su come il custode e l’imprenditore devono comportarsi fiscalmente durante la misura.

Fonti: Si rimanda alle norme sopra citate (artt. 321-322 c.p.p., D.Lgs. 74/2000, circ. AE n. 156/E/2000, risp. AE 268/2024 e 46/2025, ecc.) e alla recente giurisprudenza (Cass. 7041/2023, Cass. 8383/2023, Cass. 44519/2024) per approfondimenti. Le citazioni normative e giurisprudenziali utilizzate nel testo sono riportate nei riferimenti indicati e nell’elenco delle fonti al fondo del presente documento.


Fonti e Riferimenti

  • Legge 27 luglio 2000, n. 212 – Statuto del contribuente (art. 7, comma 3: disciplina del sequestro «fiscale»).
  • Codice di procedura penale, art. 321 e ss. – Sequestro preventivo (impedito e finalizzato).
  • D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 (modificato) – Reati tributari: art. 4 (dichiarazione infedele), 10 (omessa dichiarazione), 10-bis (indebita compensazione), 12-bis/12-ter (confisca profitto).
  • Risposta Agenzia Entrate n. 268/E del 20/12/2024 – Adempimenti fiscali custode in caso di sequestro (art.187 TUIR, 5-ter DPR 322/98).
  • Risposta Agenzia Entrate n. 46/E del 25/02/2025 – Adempimenti fiscali del custode giudiziario (art.51 D.Lgs. 159/2011).
  • Cassazione Penale, Sez. III, ord. 23 marzo 2023 n. 8383 – Sequestro di azienda e obblighi dichiarativi del custode.
  • Cassazione Penale, Sez. III, sent. 25 febbraio 2023 n. 7041 – “Omessa dichiarazione”: definizione di profitto del reato e commisurazione del sequestro.
  • Cassazione Penale, Sez. III, sent. 17 settembre 2024 n. 44519 – Effetti dell’accordo di ristrutturazione del debito tributario sul quantum della confisca.
  • Circolari e risposte AE citate (156/E/2000; 70/E/2020; 45/E/2024; 62/E/2007).

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Hai ricevuto un provvedimento di sequestro preventivo fiscale e non sai come reagire?
Ti stai chiedendo quali beni possono essere colpiti e come puoi difenderti da una misura così invasiva?

Il sequestro preventivo fiscale è uno strumento cautelare che l’autorità giudiziaria può disporre, su richiesta della Procura, nei procedimenti penali per reati tributari.
Serve a garantire che, in caso di condanna, lo Stato possa recuperare le imposte evase o i profitti illeciti.

👉 È una misura molto severa, perché colpisce direttamente beni, conti correnti e patrimonio dell’imputato, anche prima della sentenza definitiva.


⚖️ Quando scatta il sequestro preventivo fiscale

  • In presenza di gravi indizi di colpevolezza per reati tributari (es. dichiarazione fraudolenta, omessa dichiarazione, indebita compensazione);
  • Quando vi è il pericolo che i beni possano essere dispersi o sottratti al recupero;
  • Su decisione del Giudice per le indagini preliminari (GIP), su richiesta della Procura della Repubblica.

📌 Cosa può essere sequestrato

  • Conti correnti bancari e postali;
  • Immobili intestati all’indagato;
  • Partecipazioni societarie;
  • Veicoli, beni mobili registrati, gioielli;
  • In alcuni casi, beni intestati a terzi se ritenuti fittiziamente intestati.

🔍 Cosa fare quando scatta

  1. Leggere attentamente il provvedimento: capire il reato contestato e i beni oggetto di sequestro.
  2. Verificare la proporzionalità: il sequestro deve essere limitato all’importo dell’imposta evasa o dei profitti illeciti.
  3. Valutare ricorso al Tribunale del Riesame: entro 10 giorni è possibile impugnare il provvedimento.
  4. Dimostrare l’estraneità dei beni: provare che i beni sequestrati non sono legati al reato contestato.
  5. Agire tempestivamente con un avvocato specializzato: ogni giorno di ritardo può aggravare le conseguenze patrimoniali.

🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

  • 📂 Analizza il provvedimento di sequestro e i motivi della contestazione;
  • 📌 Verifica la legittimità e la proporzionalità della misura cautelare;
  • ✍️ Predispone ricorso al Tribunale del Riesame per ottenere la revoca o la riduzione del sequestro;
  • ⚖️ Ti difende nel procedimento penale tributario collegato al sequestro;
  • 🔁 Valuta soluzioni alternative, come istanze di dissequestro parziale o conversione in garanzie.

🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

  • ✔️ Avvocato esperto in reati tributari e misure cautelari fiscali;
  • ✔️ Specializzato in difesa patrimoniale e processi penali tributari;
  • ✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.

Conclusione

Il sequestro preventivo fiscale è una misura drastica che può paralizzare la tua vita economica, ma non è definitiva: può essere contestata e revocata se manca la proporzionalità o il legame con il reato.
Con un’assistenza legale tempestiva puoi difendere i tuoi beni, ridurre l’impatto del provvedimento e tutelare il tuo patrimonio.

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