Protezione degli Amministratori dai Rischi Fiscali e Legali: Come si fa

Sei un amministratore di società e ti preoccupano i rischi fiscali e legali connessi al tuo ruolo? Oggi più che mai, chi ricopre cariche societarie è esposto a responsabilità personali che possono avere conseguenze pesanti, sia sul piano economico che su quello penale. Non conoscere le tutele disponibili può significare rispondere con il proprio patrimonio per debiti e violazioni della società.

Quali rischi corrono gli amministratori
Rischi fiscali: l’amministratore può essere chiamato a rispondere in solido per imposte non versate, indebite compensazioni o frodi fiscali contestate alla società
Rischi civilistici: risponde dei danni arrecati alla società, ai soci o ai creditori per mala gestio, omissioni o atti contrari alla legge o allo statuto
Rischi penali: può essere indagato per reati tributari (omessa dichiarazione, false comunicazioni sociali, bancarotta fraudolenta)
Rischi patrimoniali: pignoramenti e sequestri possono colpire direttamente i beni personali dell’amministratore in caso di responsabilità accertata

Quando scattano le contestazioni
– Mancato versamento di IVA, ritenute e imposte dirette da parte della società
– Operazioni in perdita o scelte gestionali considerate imprudenti o dannose per i creditori
– Utilizzo di agevolazioni fiscali senza i requisiti previsti
– Omessa vigilanza sugli obblighi contabili e fiscali della società
– Dichiarazioni fiscali infedeli o omesse che coinvolgono la responsabilità degli organi sociali

Come si possono proteggere gli amministratori
Adozione di modelli organizzativi e di compliance (ex D.Lgs. 231/2001) per ridurre la responsabilità penale della società e degli organi sociali
Coperture assicurative (D&O – Directors & Officers) che tutelano il patrimonio personale degli amministratori in caso di azioni di responsabilità
Consulenza fiscale e legale preventiva, per ridurre il rischio di errori o violazioni in dichiarazioni e bilanci
Tracciabilità delle decisioni tramite verbali e delibere che dimostrino la diligenza dell’amministratore
Difesa legale mirata in caso di contestazioni, per limitare la responsabilità e impedire l’aggressione ai beni personali

Cosa può fare l’avvocato per tutelare un amministratore
– Analizzare i profili di rischio fiscale e societario prima che si traducano in contestazioni
– Difendere l’amministratore nei procedimenti tributari e penali collegati alla gestione della società
– Contestare la responsabilità personale dimostrando che le decisioni erano corrette e che l’illecito non è imputabile all’organo amministrativo
– Predisporre accordi, patti e clausole che limitino la responsabilità patrimoniale dell’amministratore
– Attivare tempestivamente ricorsi e azioni difensive per sospendere pignoramenti, sequestri o misure cautelari

Cosa puoi ottenere con una strategia efficace
– La riduzione o l’annullamento della responsabilità personale dell’amministratore
– La sospensione delle procedure esecutive sui beni personali
– La tutela del patrimonio familiare e aziendale
– La certezza di operare con maggiore sicurezza grazie a modelli organizzativi e strumenti assicurativi
– Una gestione più serena del ruolo amministrativo, riducendo al minimo i rischi fiscali e legali

⚠️ Attenzione: il ruolo di amministratore comporta grandi responsabilità, ma non significa essere automaticamente responsabili di ogni debito o illecito della società. Con gli strumenti giusti è possibile ridurre notevolmente i rischi e difendersi in caso di contestazioni.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in fiscalità, diritto societario e difesa tributaria – ti spiega come proteggere gli amministratori dai rischi fiscali e legali e quali strumenti adottare per limitare la responsabilità personale.

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Introduzione e quadro generale

L’intensificarsi delle attività di controllo fiscale e il rigore di recenti riforme legislative rendono cruciale la consapevolezza dei rischi a cui sono esposti i vertici aziendali. Il quadro normativo italiano richiede diligenza estrema: un errore formale, anche involontario, può sfociare in sanzioni economiche gravi, confische del patrimonio o persino in procedimenti penali. La Corte ha ribadito che la responsabilità personale dell’amministratore non può essere automatica; occorre sempre un accertamento specifico delle condotte, come confermato dalla sent. 752/2025 della C.G.T. Lombardia. In generale, nelle società di capitali (S.p.A., S.r.l., S.r.l.s.) vige in teoria l’autonomia patrimoniale perfetta: i debiti sociali gravano sul patrimonio aziendale. Nelle società di persone (S.n.c., S.a.s.) o nella ditta individuale, invece, i soci o l’imprenditore rispondono illimitatamente e in solido di ogni obbligazione (art. 2260 c.c.). Rimane fermo che l’amministratore deve operare con diligenza, buona fede e nell’interesse dell’ente, evitando condotte che possano pregiudicare il patrimonio sociale.

Questa guida, aggiornata ad agosto 2025, illustra strategie pratiche per tutelare l’amministratore/debitore dai rischi fiscali e legali. Si analizzeranno profili civilistici, tributari e penali – incluse le novità normative (es. Codice della crisi d’impresa, legge 157/2019) e giurisprudenziali (Cassazione civile, penale, CGT) – nonché tabelle riassuntive, simulazioni pratiche e risposte a quesiti frequenti, con un linguaggio specialistico ma accessibile. Particolare attenzione sarà riservata anche ai casi di imprenditori individuali e società di persone, dove non esiste separazione patrimoniale e i rischi sono ancora maggiori.

Principi di responsabilità dell’amministratore

L’amministratore di S.r.l. (o S.r.l.s.) risponde civilisticamente dei danni arrecati alla società in conseguenza di violazioni dei doveri di legge o statutari (art. 2476 c.c.). Tali obblighi includono la tenuta ordinata della contabilità, la convocazione delle assemblee e il rispetto delle delibere assembleari. In caso di colpa grave (gestione dissennata, investimenti azzardati, distrazione di beni sociali) l’amministratore può essere citato dai soci o, nel fallimento/liquidazione, dal curatore o liquidatore per ottenere la condanna al risarcimento.

Nel modello delle società di capitali, i soci rispondono in genere limitatamente al conferimento; ma il patrimonio aziendale può essere “forato” se l’amministratore commette abusi di potere o comportamenti fraudolenti. Il collegio sindacale (o il revisore) ha il compito di vigilare sulla regolarità contabile: se constata irregolarità gravi e non segnala tempestivamente, egli stesso può essere chiamato a rispondere solidalmente con gli amministratori. Recenti pronunce della Cassazione affermano che quando un atto contabile illecito non rientra nelle deleghe conferite, tutti i componenti del C.d.A. rispondono in solido per quell’illecito. In sintesi, in assenza di deleghe specifiche ciascun consigliere deve condividere la responsabilità (parimenti all’amministratore titolare) se la violazione è avvenuta sotto l’egida dell’organo collegiale.

La riforma del Codice della crisi (D.Lgs. 14/2019) ha introdotto l’obbligo per gli amministratori di adottare assetti adeguati a rilevare tempestivamente la crisi aziendale. Qualora coesistano contemporaneamente insolvenza, indebitamento e mancanza degli adeguati sistemi organizzativi, l’amministratore può essere chiamato a rispondere personalmente per le passività sociali (art. 2086 c.c. e 2476 c.6 c.c.). Ciò rende ancora più stringente il dovere di monitorare la situazione economico-finanziaria e, in caso di avviata insolvenza, di attivarsi (per es., convocare assemblea, predisporre piani di ristrutturazione o concordato) anziché proseguire nell’attività.

Tabella 1: Responsabilità in relazione al tipo di entità

Tipo di entitàPatrimonio garantitoResponsabilità civileResponsabilità tributaria
S.r.l., S.p.A. (capitali)Autonomia patrimoniale perfetta (salvo caso di piercing)Amministratore risponde dei danni alla società (art. 2476 c.c.), solo per dolo o colpa grave. Se atti illeciti non erano delegati, risponde insieme al CdA.Risponde solidalmente per i tributi non pagati se la società aveva liquidità sufficiente. In caso di incompatibilità (società incapiente), risponde se ha volontariamente aggravato l’insolvenza.
S.n.c., S.a.s. (persone)Nessuna autonomia patrimoniale: soci illimitatamente e solidalmente responsabili (art. 2260 c.c.)Tutti i soci-amministratori rispondono illimitatamente per mala gestio, secondo i criteri di diligenza del buon padre di famiglia. Il socio accomandante (in S.a.s.) risponde limitatamente alle quote, ammesso che non gestisca direttamente.I tributi gravano sulla società, ma i soci (anche non amministratori) possono essere escussi sul loro patrimonio personale (solidarietà passiva) se l’erario non ottiene soddisfazione dalla società.
Ditta individualeNessuna distinzione: l’imprenditore risponde con tutti i suoi beniL’imprenditore è responsabile diretto di ogni obbligo sociale. Non esiste “amministratore separato” dalla società, per cui si applica in pieno l’art. 2260 c.c.L’imprenditore titolare è il contribuente: risponde di ogni violazione tributaria con il proprio patrimonio, senza limiti diversi da quelli generali (artt. 33-34 DPR 602/73).

Debiti tributari dell’impresa e responsabilità degli amministratori

1. Responsabilità civilistica tributaria. L’Agenzia delle Entrate accerta le imposte dovute dalla società e può iscrivere ipoteche o pignoramenti sul patrimonio aziendale. Di norma, l’amministratore non è personalmente responsabile se l’azienda era veramente incapiente (mancanza di beni su cui agire) al momento della violazione. Tuttavia, se risultano fondi in cassa che non sono stati usati per il versamento delle imposte, l’amministratore solidalmente risponde per l’imposta e le sanzioni non pagate. In particolare, l’art. 36 D.P.R. 602/1973 impone al liquidatore (o, in sua assenza, all’amministratore) di saldare i tributi della società prima di distribuire qualsiasi attivo ai soci; altrimenti diventa responsabile personale delle imposte di competenza della liquidazione stessa o dei due periodi precedenti. La Cassazione ha recentemente chiarito, ad esempio, che in caso di omesso versamento dell’IVA il liquidatore subentrato risponde penalmente se non verifica i debiti pregressi.

L’amministratore ha un dovere di vigilanza fiscale: deve controllare che le dichiarazioni e i versamenti siano eseguiti correttamente. Se delega formalmente la contabilità (art. 30 TUIR), resta comunque responsabile verso l’Erario per colpe gravi della gestione delegata. In pratica, in presenza di deleghe occorre richiedere periodicamente rendiconti precisi e verifiche dell’avvenuto pagamento. In caso contrario, l’amministratore rischia di trovarsi citato sia in sede civile (per risarcire la società delle sanzioni e dei tributi dovuti) sia in sede penale.

2. Responsabilità penale tributaria. La legge punisce come reati le principali condotte evasive o elusive. Tra quelle più ricorrenti nei confronti degli amministratori segnaliamo:

  • Omesso versamento di imposte (art. 10-ter D.Lgs. 74/2000): il comportamento illecito è l’omessa esecuzione del versamento delle imposte indicate in dichiarazione (IVA, ritenute d’acconto, IRES/IRPEF). Si applica reclusione (da 6 mesi a 2 anni, aumentata se l’ammontare supera certi limiti, attualmente 150.000 € di imposta) e obbligo di confisca per equivalente sull’ammontare evaso. Pertanto l’amministratore, essendo qualificato come “chi era in carica al momento della scadenza”, ne risponde penalmente anche se è subentrato subito dopo la presentazione della dichiarazione. La Cassazione ha precisato che chi succede all’atto del versamento ha il dolo eventuale di omissione se non verifica la posizione precedente. Anche civilmente l’amministratore dovrà comunque rifondere alla società le imposte e sanzioni non versate.
  • Indebita compensazione (art. 10-quater D.Lgs. 74/2000): punisce l’uso fittizio di crediti tributari per abbattere debiti verso l’Erario. Ad esempio, compensare l’IVA senza averne titolo. Si rischia reclusione fino a 2 anni e confisca dei beni personali fino a concorrenza dell’importo evaso. Giurisprudenza costante (Cass. pen. 2022) ha affermato che se la società beneficia di compensazioni fittizie, tutti i soci “consapevoli” coinvolti e l’amministratore sono penalmente responsabili, con sequestro dei loro beni per equivalente.
  • Dichiarazione fraudolenta (art. 4-5 D.Lgs. 74/2000, e art. 1-2 DPR 600/1973): si ha quando un soggetto dichiara con artifici o raggiri imponibili (IRPEF, IRES, IVA) notevolmente inferiori al vero. La sanzione è reclusione (in genere da 3 a 6 anni), che può arrivare fino a 8 anni se l’imposta evasa supera il 50%. L’amministratore (o chi firma la dichiarazione) che autorizza una frode fiscale di tale portata può subire la condanna e il sequestro dei beni corrispondenti alla maggiore imposta non versata.
  • Emissione di fatture inesistenti (art. 8 D.Lgs. 74/2000): chi emette o acquisisce fatture false per abbattere il reddito imponibile commette reato. La pena è la reclusione fino a 4 anni. L’amministratore che, ad esempio, acquista servizi mai erogati da società di comodo o non vigilanti sull’emissione di fatture fittizie può essere chiamato a rispondere direttamente di tale frode.
  • Altri delitti: falsità in bilancio (art. 2621 c.c.) con rilevanza fiscale, dichiarazioni MUD ambigue, truffa aggravata ai danni dello Stato. Un caso tipico è l’omessa presentazione della dichiarazione annuale IVA (ex art. 5 D.Lgs. 74/2000) che confluisce negli articoli 6 e 7 del DPR 600/73. Se l’amministratore non deposita i documenti fiscali richiesti, rischia sanzioni penali secondo i meccanismi dell’illecito.

Tabella 2: Principali reati tributari e responsabilità dell’amministratore

Reato (norma)FattispeciePena (indicativa)Amministratore responsabile
Omesso versamento di imposte (art. 10-ter 74/00)Mancato versamento entro i termini di imposte e IVA indicate in dichiarazioneDetenzione 6 mesi–2 anni + confisca per equivalenteL’amministratore in carica al momento della scadenza; anche se subentrato poco prima deve vigilare e rispondere di dolo eventuale
Indebita compensazione (art. 10-quater 74/00)Compensazione di crediti inesistenti/indebitiDetenzione fino a 2 anni + confiscaL’amministratore che promuove o attua la compensazione; tutti i soci “consapevoli”
Dichiarazione fraudolenta (art. 4-5 74/00)Dichiara fatturato o reddito infedele con artificiDetenzione 3–5 anni (fino a 8 anni se >50% imposta)Amministratore/revisore che firma la dichiarazione; gli altri rispondono in concorso se partecipi al raggiro
Emissione di fatture inesistenti (art. 8 74/00)Fatture false emesse o utilizzate per evadereDetenzione fino a 4 anniAmministratore che autorizza la falsa fatturazione; i compartecipanti alla frode solidali
Falso in bilancio (art. 2621 c.c.)Scritture contabili fraudolente, specialmente per evadereDetenzione 1–3 anni (4–8 anni per false comunicazioni sociali)Amministratore che approva bilancio non veritiero (anche di fatto)

Approfondimento: Con la sentenza n. 36556/2022 la Cassazione ha confermato che per i reati tributari l’“amministratore di fatto” è chi esercita continuativamente funzioni gestorie tipiche (anche senza carica formale). Non è necessario esercitare tutti i poteri, basta una gestione significativa e sistematica (ad es. firma dei documenti fiscali). In tal caso, egli è equiparato all’amministratore di diritto ai fini penali.

Confisca e sequestro: nei reati fiscali la confisca per equivalente (art. 12 D.Lgs. 74/2000) è obbligatoria sull’intero ammontare dell’imposta evasa. La Cassazione ha inoltre chiarito che non valgono i limiti tipici dell’esecuzione civile (come l’impignorabilità della prima casa): così, beni personali dell’amministratore (compresa la prima casa) possono essere sottoposti a sequestro preventivo e successiva confisca per soddisfare l’Erario. In pratica, in caso di condanna penale fiscale i crediti tributari diventano priorità assoluta, superando anche i privilegi di legge.

Responsabilità ex D.Lgs. 231/2001 (Società)

Il D.Lgs. 231/2001 stabilisce che l’ente (società) è responsabile per i reati commessi nel suo interesse da vertici o dipendenti, con sanzioni pecuniarie (multe, confische) e interdittive. L’adozione di un Modello di organizzazione (OdV e procedure) efficiente può escludere la responsabilità dell’ente. Dal 2019 molti reati tributari sono diventati reati presupposto 231: con la legge 157/2019 è stato introdotto l’art. 25-quinquiesdecies “Reati tributari”. Tale articolo elenca specificamente delitti fiscali – dichiarazione fraudolenta, emissione di fatture inesistenti, occultamento di scritture, omessa dichiarazione – la cui commissione a vantaggio dell’ente comporta multe amministrative severissime (per centinaia di quote). Inoltre, se l’ente ricava un profitto significativo dal reato, la sanzione pecuniaria è aumentata di un terzo. Ciò significa che, in caso di frode fiscale compiuta da un direttore o dipendente, la società può trovarsi colpita dal doppio colpo: sanzione tributaria, sanzione penale al manager, e multa in capo all’ente. Adottare un Modello 231 ben calibrato sull’area fiscale e gestire internamente la compliance (controlli incrociati, supervisione OdV) è pertanto essenziale anche per gli amministratori per dimostrare di aver fatto il possibile per prevenire il reato, limitando così le conseguenze per la società e per sé stessi.

Esempi di responsabilità accessoria (Cassazione)

  • Amministratore di fatto: la Cassazione del 27/09/2022 (n. 36556) ha chiarito che chi esercita continuativamente compiti gestori tipici (anche in via informale) diventa “amministratore di fatto” con piena responsabilità tributaria. Non serve esercitare ogni potere, ma una gestione sistematica. Ad esempio, un socio occulto che firma fatture o dichiara i redditi subisce le stesse conseguenze di un amministratore formale.
  • Sequestro senza limiti: la Cass. pen. 8995/2019 ha ribadito che nei reati tributari non valgono i limiti civilistici di impignorabilità. Gli obblighi fiscali sono posti su un piano speciale: niente prima casa garantita e confische estese oltre l’imposta evasa.
  • Doppi organi societari: una sentenza delle Sezioni Unite (nov. 2023) ha interpretato restrittivamente l’art. 36 del DPR 602/73, precisando che per far scattare la responsabilità personale del liquidatore occorre che il tributo sia accertato con passaggio in giudicato e che il liquidatore non abbia provveduto a pagarlo.

Strategie di tutela per l’amministratore

Per prevenire i rischi, l’amministratore deve dotarsi di strumenti e procedure adeguati:

  • Predisporre controlli interni e deleghe formali: è fondamentale regolare le deleghe di funzioni contabili/fiscali mediante atto scritto (art. 2381 c.c.) e definire chiaramente limiti e responsabilità. Gli amministratori delegati devono riferire sistematicamente al CdA sugli adempimenti fiscali. Si consiglia di istituire verifiche interne (auditing periodico, doppia firma su pagamenti rilevanti) e mantenere rapporti stretti con i consulenti tributari e revisori. L’amministratore che delega senza vigilare può ugualmente essere ritenuto colpevole: come osserva la Cassazione, chi delega un commercialista resta obbligato se sopraggiungono violazioni non segnalate.
  • Organizzazione e Modello 231: adottare un modello organizzativo che comprenda procedure di controllo fiscale a più livelli è una difesa attiva. Ad esempio, si possono prevedere check interni prima della firma di dichiarazioni o compensazioni superiori a soglie soggette a verifica. L’Organismo di Vigilanza deve analizzare gli scostamenti fiscali e intervenire prontamente. Un Modello 231 serio (con trainings, controlli su base campione e audit settimanali) costituisce prova di diligenza e può far beneficiare la società di attenuazioni sanzionatorie in caso di reato tributario, oltre a fungere da “scudo” rafforzato per l’amministratore diligente.
  • Assicurazione D&O (Directors & Officers): molte imprese sottoscrivono polizze assicurative per responsabilità civile degli amministratori. Queste polizze coprono le spese di difesa legale (avvocati, CTU) e, in alcuni casi, gli eventuali risarcimenti pecuniari ai terzi. In certi contratti sono incluse anche le multe amministrative e gli oneri tributari, purché non s’intendano imposte da versare direttamente. Attenzione però: le polizze D&O in genere non coprono le sanzioni penali o le imposte evase. L’amministratore dovrebbe verificare attentamente clausole ed esclusioni (ad es. esonero per fatti dolosi) e chiedere massimali adeguati in relazione all’esposizione fiscale attesa.
  • Separazione del patrimonio personale: mantenere conti bancari e investimenti personali distinti da quelli societari è obbligatorio. Qualsiasi operazione sospetta (prelievi in contanti, prestiti tra impresa e amministratore senza giustificativo) può far “perforare” il velo societario. È consigliabile, se possibile, vincolare parte del patrimonio familiare (immobili, polizze) in trust o in conti segregati, in modo da dimostrare in caso di conflitto con creditori un vincolo patrimoniale preventivo. Nei casi estremi si può valutare la separazione legale dei beni (in famiglia) e la rinuncia a operazioni di utilità personale tramite delibere formali.
  • Gestione della crisi: se emergono segni di insolvenza, conviene agire prontamente. Esempi: ricapitalizzare la società, concordare con i creditori (ex legge fallimentare) o proporre un concordato preventivo per regolarizzare i debiti (compreso quello fiscale) in modo controllato. Continuare l’attività imprenditoriale in perdita quando non ci sono più prospettive concrete di risanamento può aggravare la posizione: rischiando accuse di bancarotta (artt. 223-224 L.F.) e di violazioni del Codice della crisi. In generale, una chiusura ordinata (liquidazione, accordo con l’erario, definizione agevolata dei debiti) è preferibile alla prosecuzione del rischio di nuovi reati o sanzioni.

Strumenti di protezione patrimoniale

  • Accordi di esdebitazione: se l’impresa è già in liquidazione o fallimento, l’amministratore può valutare la procedura di esdebitazione (art. 26 L.F.), presentando un piano di rientro e chiedendo la liberazione dai debiti (compresi quelli fiscali) in cambio dell’adempimento parziale concordato. Sebbene storicamente poco usato nel mondo societario, l’esdebitazione può assolvere dalla responsabilità residua e bloccare eventuali azioni esecutive sui beni personali, purché il piano sia onorato e non vi sia dolo.
  • Garanzie reali ai creditori: quando si contraggono finanziamenti, conviene offrire garanzie reali (ipoteca su immobili o pegno su titoli) garantite da perizie indipendenti, così da limitare le richieste di fideiussioni personali. Se la banca ottiene un’ipoteca su un immobile non utilizzato dall’impresa, è meno incentivata a rivalersi sul patrimonio dell’amministratore qualora l’azienda fallisca. Naturalmente, va evitato di apporre garanzie personali aggiuntive su passività già in essere, per non sovraccaricarsi di oneri accessori.
  • Pianificazione fiscale prudente: l’amministratore deve privilegiare soluzioni di pianificazione coerenti (rettifiche, operazioni straordinarie trasparenti, gruppi di imprese) con supporto di perizie economiche, in modo da giustificare le scelte di ottimizzazione. Le operazioni aggressive (ad es. riallineamenti infragruppo o operazioni con paesi a bassa fiscalità senza contratti solidi) vanno evitate o gestite con attenzione, in quanto l’Agenzia tende a contestarle come elusione o simulazione. Un buon supporto contrattuale (incorporare clausole di indennizzo da parte dei consulenti che hanno curato l’operazione, se maligni) può aggiungere un livello di protezione.
  • Tutela legale preventiva: oltre alle polizze D&O, si possono prevedere budget specifici di cauzione oppure chiedere ai soci di prestare fideiussioni solo in casi strettamente necessari. In generale, una robusta segnalazione al collegio sindacale/consiglio ogni volta che l’Erario solleva obiezioni consente di creare un documento difensivo: se infatti l’amministratore ha tempestivamente contestato un avviso di accertamento nelle sedi competenti, dimostra di aver agito diligentemente, il che può influire sulla valutazione della colpa.
  • Predisposizione contabile: l’amministratore deve assicurarsi che i libri e le scritture (registro IVA, libri obbligatori, conti correnti) siano custoditi e aggiornati regolarmente. La mancata tenuta o la tenuta irregolare (ad es. documenti conservati in eccessivo ritardo) può configurare reato autonomo (artt. 4 e 5 del DPR 445/2000) e complica la difesa in caso di contestazione fiscale. Anziché lamentarsi di «crisi dell’impresa», è preferibile documentare ogni decisione critica nelle delibere consiliari, dimostrando la corretta informazione ai soci e la trasparenza dell’operato.

Simulazioni pratiche

  1. Omesso versamento IVA: caso Alfa S.r.l. – La società incassa 100.000 € più IVA (22.000 €) nell’anno fiscale, ma non versa l’IVA per mancanza di liquidità. L’amministratore A (in carica nel 2023) si dimette il 3/1/2024; subentra B. Il 10/1/2024 l’Agenzia notificò un avviso di accertamento per l’omesso versamento IVA relativo al 2023. In questo scenario:
    • A risponde penalmente del reato di omesso versamento IVA (art. 10-ter) commesso nell’anno 2023. Egli non può invocare l’ignoranza: la legge attribuisce responsabilità al soggetto che era amministratore al momento del versamento. Inoltre, se il debito supera 150.000 €, A rischia reclusione fino a 2 anni e la confisca di beni personali (per equivalente).
    • B (nuovo amministratore) risponde di dolo eventuale per il medesimo reato: la Cassazione (sent. 2057/2024) ha stabilito che B doveva verificare i conti al subentro. Sebbene il fatto si sia consumato prima della sua nomina, egli è stato condannato per non aver controllato l’esistenza del debito, riconoscendosi il rischio. B potrà opporre di aver agito di buona fede, ma tale circostanza può al massimo far ridurre (non cancellare) la pena.
    • Tutele pratiche: al momento della nomina, B avrebbe dovuto chiedere formalmente un rendiconto fiscale dettagliato. In mancanza di fondi, avrebbe potuto sollecitare il versamento immediato da parte di A o dichiarare la crisi subito. Se la notifica dell’avviso è arrivata, B può valutare ravvedimento operoso (pagare ora i 22.000 € con sanzioni ridotte) o chiedere dilazione con l’Agenzia, evitando così di subire confisca personale.
  2. Compensazione indebita: caso Beta S.r.l. – Beta S.r.l. presenta una dichiarazione dove compensa un credito IVA fittizio di 50.000 € con debiti d’imposta (simulando operazioni inesistenti). L’amministratore C e i soci X e Y sapevano della frode. L’Agenzia scopre l’illecito e chiede la restituzione delle 50.000 €. In questo caso l’atto di compensazione sarà ritenuto reato di indebita compensazione (art. 10-quater). C subirà un processo penale con possibile confisca di beni personali (anche per equivalente delle 50.000 €). Gli altri soci “consapevoli” verranno anch’essi citati e potranno vedersi pignorare le loro proprietà. Civilmente, la società dovrà risarcire l’Erario di tasse, sanzioni e interessi che non ha versato. Di fatto, compensazioni di tale entità vanno evitate o sempre verificate con attenzione: la soluzione preventiva è far certificare da un professionista le imposte dovute ed evitare compensazioni se i crediti non sono chiari.
  3. Dichiarazione infedele: caso Gamma S.r.l. – Gamma S.r.l. presenta la dichiarazione dei redditi 2020 sottostimando l’imponibile di 200.000 €. L’amministratore D aveva delegato la contabilità a uno studio esterno ma firma il bilancio. Alla luce di Cass. 28/06/2023, anche il solo fatto di firmare una dichiarazione falsa integra responsabilità penale. Se emerge in sede penale che D ha consapevolmente omesso entrate rilevanti, potrà essere giudicato per dichiarazione infedele (art. 4 D.Lgs. 74/2000). Tuttavia, se contestualmente D riesce a sanare l’irregolarità (versando nel frattempo l’imposta e sanzioni) e soddisfa i criteri della particolare tenuità (incensurato, danno limitato), il reato può non essere punito. Civilmente, D dovrà rispondere verso la società se questa paga le maggiori imposte e sanzioni.
  4. Bancarotta per distrazione: caso Epsilon S.r.l. – Con Epsilon S.r.l. già in crisi, l’amministratore F vende ad amici crediti dell’azienda a prezzo sottostimato, intascando personalmente il ricavato. Tale condotta è qualificabile come distrazione di beni sociali e bancarotta fraudolenta (art. 216 L.F.), punita con 3–10 anni di reclusione. Dal punto di vista tributario, se nella liquidazione fallimentare emerge un buco fiscale (non pagato mentre c’erano somme cassa che F ha invece preso), l’amministratore sarà inoltre responsabile dei tributi non versati (civilmente) e rischierà il reato di omessa dichiarazione o dichiarazione fraudolenta per il debito IRES. Inoltre può subire interdizione dall’attività di amministrazione (art. 219 L.F.). La lezione pratica è che l’amministratore di un’azienda in crisi non deve compiere atti che favoriscano sè stesso a discapito dei creditori, pena gravi accuse di bancarotta.
  5. Debiti sociali e soci usciti: caso Omega S.a.s. – Il socio G, amministratore di Omega S.a.s., cede le sue quote a H nel 2021. In seguito emerge che Omega aveva debiti d’imposta residui riferiti agli anni di gestione di G. Secondo art. 2265 c.c., G risponde dei debiti sorti nel periodo in cui era socio, fino al limite del valore delle quote ricevute. Quindi i creditori possono aggredire eventualmente il valore delle quote che G ha incassato, ma non i suoi altri beni personali. Se invece la S.a.s. fosse stata in crisi, G rischierebbe analogamente di essere citato per mala gestio tributaria se ha ignorato le imposte dovute. Importante: la Cassazione e la CGT richiedono sempre un collegamento probatorio tra la condotta dell’amministratore e il debito fiscale; non esiste responsabilità automatica senza una prova specifica dell’illecito personale.
  6. Operazione straordinaria frazionata: La S.r.l. Zeta scinde un ramo d’azienda a un prezzo minimo con altra società controllata, con l’obiettivo di esporre successivamente il passivo fiscale su Zeta e guadagnarne due volte. Se l’operazione è solo apparente e finalizzata a evadere, gli amministratori di Zeta commettono un reato tributario (per esempio falsa dichiarazione o frode). La strategia di vendita del ramo a prezzo “di favore” è tipica di operazioni abusive: il prezzo anomalo può essere valutato come “pagamento indebito” di utilità (art. 11 DPR 600/73), reato che coinvolge chi ha deliberato l’operazione. I conseguenti accertamenti fiscali possono portare a responsabilità personali degli amministratori (e dei soci firmatari) in caso di condanna.
  7. Concordato con cessione del ramo d’azienda: La Delta S.r.l., in grave crisi, propone un concordato in continuità che prevede la cessione di un ramo a una NewCo; i creditori residui vengono pagati in parte con risorse societarie ordinarie. Se l’operazione è approvata dal Tribunale, l’amministratore mantiene comunque la responsabilità per reati (per esempio bancarotta) commessi prima del concordato e non sanati. Tuttavia, con il concordato (dopo accoglimento) l’azienda evita il fallimento e blocca le azioni esecutive. L’amministratore dovrà però rispettare rigorosamente i piani concordati, pena responsabilità penali e civili per violazione degli obblighi richiesti.
  8. Negoziazioni con l’Agenzia delle Entrate: La società Lambda S.r.l. contesta un accertamento irregolare e chiede una dilazione decennale, mentre contestualmente aderisce a un’adesione parziale. Grazie alla definizione agevolata (rottamazione-ter), Lambda estingue le cartelle residui con pagamenti rateali e sconti su sanzioni. L’amministratore L può utilizzare questa procedura a sua tutela: se tutti i debiti vengono poi saldati secondo il piano, l’Agenzia non avrà più titolo per pignorare i suoi beni personali, purché il tributo sia stato effettivamente pagato nell’ambito di queste misure. Ciò riduce il rischio personale e dimostra diligenza, fattori che potrebbero influire positivamente su eventuali contestazioni penali (ad es. per particolare tenuità).

Domande frequenti (Q&A)

  • D: Chi risponde per l’omesso versamento di imposte da parte della società?
    R: Penalmente, risponde l’amministratore in carica alla scadenza del pagamento. Anche l’amministratore entrante appena prima della scadenza è ritenuto colpevole di dolo eventuale se non verifica i debiti erariali ereditati. Civilmente, l’amministratore risarcisce la società per le imposte e sanzioni dovute se questa disponeva di fondi sufficienti al momento. Se la società era già incapiente, è difficile che l’amministratore debba coprire l’imposta, a meno che non abbia indebitamente aggravato la situazione.
  • D: Cosa dice l’art. 36 del DPR 602/1973?
    R: L’art. 36 stabilisce che il liquidatore (o in sua assenza l’amministratore) risponde dei tributi non pagati dalla società durante la liquidazione e nei due periodi precedenti, a meno che abbia soddisfatto i creditori tributari. In pratica, prima di distribuire l’attivo in liquidazione, bisogna estinguere i debiti fiscali. In caso di cessata società senza liquidazione formale, la responsabilità si sposta all’ultimo amministratore, ma la CGT Lombardia 752/2025 ha precisato che non basta istruire automaticamente la responsabilità personale: l’Agenzia deve provare un illecito attribuibile specificamente all’amministratore.
  • D: Un nuovo amministratore può essere perseguito per reati commessi dal predecessore?
    R: Sì. Come visto, se l’amministratore subentra tra la dichiarazione e il versamento e poi omette il pagamento, risponde per dolo eventuale (Cass. 2057/2024). In generale, chi entra in carica eredita anche le omissioni del passato e ha il dovere di controllarle. La sola mancata conoscenza può attenuare la pena, ma non esclude totalmente la responsabilità se il reato è già stato commesso nel periodo di sua competenza. È quindi essenziale, al subentro, svolgere un audit dei conti e degli adempimenti pendenti.
  • D: Esiste un limite alla confisca sui beni personali dell’amministratore?
    R: No. Nei reati fiscali la Cassazione afferma che non operano le tutele civili sui debiti fiscali (come l’impignorabilità della prima casa). In caso di condanna penale tributaria, l’intero patrimonio personale dell’amministratore è aggredibile per equivalente. Analogamente, in ambito concorsuale, se l’amministratore è accusato di bancarotta, i suoi beni possono essere sequestrati e confiscati indipendentemente da qualsiasi franchigia patrimoniale.
  • D: Quali sono le principali differenze tra responsabilità civile e penale?
    R: Civilmente, l’amministratore risponde di colpa: la società (o il curatore fallimentare) deve provare che la sua negligenza ha causato un danno (ad es. mancato pagamento di tasse con soldi in cassa). Penalmente, invece, si richiede il dolo (o colpa cosciente) del reato tributario. Per esempio, in sede penale A deve avere accettato il rischio dell’omissione di versamento. La procedura difensiva civile può mirare a dimostrare inesigibilità (società incapiente), mentre quella penale può puntare sulla mancata dimostrazione del dolo (ad es. utilizzando il nuovo istituto della particolare tenuità se il debito è stato estinto).
  • D: Quali tutele può avere un amministratore “sfortunato” con il fisco?
    R: Oltre alla compliance descritta, l’amministratore può chiedere di essere inserito nei benefit delle definizioni agevolate (rottamazioni, adesioni) insieme alla società. Può anche versare spontaneamente le imposte tramite ravvedimento operoso (art. 13 D.Lgs. 472/1997) per ottenere sanzioni ridotte, dimostrando buona fede e regolarizzare la posizione. In caso di accertamento, è importante valutare i margini di opposizione e di negoziazione (accertamento con adesione). Inoltre, l’amministratore dovrebbe adire subito il giudice tributario se vi sono vizi formali negli avvisi di accertamento, così da evitare che lo stesso giudicato tributario solidifichi la responsabilità personale.
  • D: L’amministratore può prestare fideiussioni senza rischi?
    R: Prestare fideiussioni personali (verso banche o fornitori) è comune, ma comporta rischi aggiuntivi: se la società fallisce, il fideiussore sarà escusso dal creditore fino all’importo garantito. Se questo non c’è, subentra l’azione diretta sui suoi beni. Invece, un pegno o un’ipoteca su un bene personale già gravato da garanzia del fisco può però ridurre la propensione delle banche a rivalersi: la chiave è sempre un contradditorio rigoroso con i creditori e, se possibile, prevedere clausole di subordinazione del credito bancario al debito fiscale (art. 2806-bis c.c.).
  • D: Cosa succede se un procedimento tributario viene estinto per particolare tenuità?
    R: Dal 2022 è in vigore l’istituto della particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). Se, prima del processo, l’amministratore (incensurato) versa l’intero debito tributario, il giudice può ritenere il reato di minima gravità e dichiararlo non punibile. La Cassazione (28/06/2023, n. 28031) ha applicato questo principio proprio ai reati fiscali: se l’atto è stato integralmente riparato, l’amministratore può vedersi assolvere per “tenuità”. Ciò non fa acquisire ogni tornaconto, ma alleggerisce molto il rischio penale se il creditore erariale è soddisfatto.
  • D: Il collegio sindacale può esonerare l’amministratore?
    R: In generale no: il potere dei sindaci è di controllo, non di decisione. Tuttavia, se il collegio sindacale segna il proprio dissenso formale (per iscritto nelle delibere o nelle lettere agli amministratori) circa un’operazione controversa, può allegare nelle sue relazioni di aver tempestivamente evidenziato l’anomalia. Ciò può alleggerire la posizione dell’amministratore in giudizio, mostrando che l’illecito non è passato inosservato. In ogni caso, i sindaci che non vigilano possono essere essi stessi citati ex art. 2407 c.c. e, se concorrono omissioni gravi, calpestano i loro doveri associativi, e la Cassazione li ritiene corresponsabili.
  • D: Gli amministratori di società estinta rispondono automaticamente?
    R: No. Come affermato dalla C.G.T. Milano (sent. 752/2025), ai fini fiscali serve sempre un accertamento individuale dell’amministratore, anche se la società è stata cancellata. Non è sufficiente il semplice menù dell’atto costitutivo o dello scioglimento: l’Agenzia deve documentare la condotta omissiva di ogni amministratore. In assenza di tale prova, l’eventuale cartella di pagamento sugli amministratori potrebbe venire annullata. Tuttavia, per gli atti inefficaci nei confronti del Fisco, spesso si applica la responsabilità solidale rafforzata ex art. 11 D.P.R. 602/73, rendendo aggressivi i beni personali in mancanza di doc. concreti.

Tabelle riepilogative

Tabella 3: Tipologie di violazione e relativi effetti per l’amministratore

Tipologia di violazioneTipi di responsabilitàEffetti per l’amministratore
Violazioni formali (omessi ademp.)L’amministratore risponde civilmente se la violazione colposa ha aggravato l’attività (Cass. 11/02/22). No reato penale (solo sanzioni amministrative all’Erario).Possibile richiesta risarcimento dalla società; prassi: facoltativamente versa le sanzioni.
Omesso pagamento di tributiReato penale (art. 10-ter, det. 6m–2a) e responsabilità civile (risarcimento all’Erario).Pena detentiva + confisca per equivalente; l’amministratore in carica alla scadenza è imputato.
Fatture inesistenti / CompensazioniReato penale (art. 8 e 10-quater, fino a 4a); confisca sui profitti.Pena fino a 4 anni; sequestro dei beni personali; denuncia anche se consapevole dell’inganno.
Dichiarazione infedeleReato penale (art. 4-5 D.Lgs. 74/2000) con 3–6 anni (5–8 se IVA >50%)L’amministratore firma la dichiarazione ed è responsabile; rischio di denunciare dipendenti coinvolti.
Reati societari (bancarotta, falso)Reato penale (art. 216, 223 L.F.; art. 2621 c.c.); responsabilità dell’ente ex 231 se sussisteDa 2 a 10 anni di reclusione (a seconda di fraudolenza/simples); confisca e interdizioni.

Tabella 4: Strumenti di tutela e loro efficacia

Strumento di tutelaAmbito di applicazioneEfficacia
Modello 231 / Compliance internaReati tributari e societari (v. art. 25-quinquiesdecies)Riduce/esclude la responsabilità dell’ente; dimostra diligenza anche dell’ammin.
Assicurazione D&OTutte le controversie legate alla gestione (civili/fiscali)Copre spese legali e risarcimenti civili; solitamente non copre sanzioni penali.
Procedure concorsuali (esdebitazione, concordato)Situazioni di crisi conclamataPermettono di riconciliare debiti e chiudere procedure, evitando aggressioni personali.

Fonti: Legislazione vigente (C.C., D.P.R. 602/1973, D.Lgs. 74/2000, D.Lgs. 231/2001, Codice della crisi) e giurisprudenza recente (Cassazione penale e civile sui reati tributari e art. 36 DPR 602/73; CGT Lombardia 752/2025). Gli esempi illustrativi e i quesiti si basano sulla prassi forense corrente e sulle fonti ufficiali citate.

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Essere amministratore comporta poteri di gestione, ma anche obblighi di vigilanza e responsabilità. In caso di irregolarità fiscali, debiti tributari non pagati, errori nella gestione o violazioni societarie, l’Agenzia delle Entrate e i creditori possono rivolgersi direttamente all’amministratore, chiedendo il pagamento in proprio.

👉 La protezione preventiva è quindi fondamentale: adottare strategie legali e strumenti adeguati ti permette di ridurre i rischi e gestire in modo sicuro il tuo ruolo.


⚖️ Principali rischi per gli amministratori

  • Rischi fiscali: responsabilità per omesso versamento di IVA, ritenute, imposte dirette;
  • Rischi civilistici: azioni di responsabilità da parte dei soci o dei creditori sociali;
  • Rischi penali: in caso di dichiarazioni fraudolente, false comunicazioni sociali, bancarotta fraudolenta;
  • Rischi patrimoniali personali: possibilità di aggredire beni privati in caso di mala gestio.

📌 Come proteggersi concretamente

  1. Corretta gestione contabile e fiscale: monitoraggio costante delle scadenze e della regolarità delle dichiarazioni.
  2. Verifica preventiva delle operazioni: consultare consulenti legali e fiscali prima di decisioni delicate (fusioni, distribuzioni di utili, operazioni straordinarie).
  3. Clausole statutarie di protezione: inserire patti e regole che limitano la responsabilità individuale.
  4. Polizze D&O (Directors and Officers): assicurazioni che coprono gli amministratori da danni derivanti da responsabilità di gestione.
  5. Nomina di professionisti qualificati: delegare in modo corretto e documentato le funzioni amministrative e fiscali.
  6. Difesa legale tempestiva: in caso di accertamento o azione giudiziaria, attivarsi subito per contestare la pretesa.

🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

  • 📂 Analizza i rischi fiscali e legali specifici della tua posizione di amministratore;
  • 📌 Consiglia soluzioni preventive (clausole, deleghe, polizze, adeguati assetti societari);
  • ✍️ Predispone strategie difensive in caso di contestazioni fiscali o legali;
  • ⚖️ Ti rappresenta nei giudizi tributari, civili o penali connessi al tuo ruolo;
  • 🔁 Assiste nelle procedure di crisi d’impresa per limitare le responsabilità personali.

🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

  • ✔️ Avvocato specializzato in fiscalità d’impresa e responsabilità degli amministratori;
  • ✔️ Esperto in contenzioso tributario, civile e societario;
  • ✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.

Conclusione

Il ruolo di amministratore offre grandi poteri ma comporta anche rischi elevati, che possono ricadere direttamente sul patrimonio personale.
Con una strategia di protezione preventiva e una difesa legale mirata puoi ridurre le responsabilità, tutelare i tuoi beni e svolgere il tuo incarico con maggiore sicurezza.

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