Ti chiedi se con la liquidazione controllata sia possibile continuare a svolgere l’attività?
La liquidazione controllata è la procedura prevista dal Codice della crisi d’impresa per i soggetti non fallibili (imprese sotto soglia, professionisti, consumatori, imprenditori agricoli). Si tratta di una procedura concorsuale che mira a liquidare il patrimonio del debitore sotto la supervisione del Tribunale, ma in alcuni casi può consentire la prosecuzione parziale o temporanea dell’attività.
Cos’è la liquidazione controllata
– È la procedura concorsuale alternativa al fallimento per i soggetti non fallibili
– Viene avviata su richiesta del debitore, dei creditori o d’ufficio
– Prevede la nomina di un liquidatore che gestisce il patrimonio del debitore e soddisfa i creditori secondo l’ordine previsto dalla legge
– Ha l’obiettivo di chiudere le posizioni debitorie in modo ordinato e trasparente
Prosecuzione dell’attività durante la liquidazione
– In linea generale, l’apertura della liquidazione comporta la cessazione dell’attività del debitore
– Tuttavia, il Tribunale può autorizzare la prosecuzione provvisoria dell’attività se è utile alla liquidazione stessa o se garantisce un maggior valore ai creditori
– La prosecuzione può riguardare la gestione di contratti in corso, la vendita di scorte o il completamento di commesse già avviate
– La decisione spetta al giudice, che valuta caso per caso la convenienza economica
Vantaggi della prosecuzione
– Aumenta il valore del patrimonio destinato ai creditori
– Evita che beni e rapporti in corso perdano valore per interruzione improvvisa
– Può favorire la continuità occupazionale e il mantenimento di rapporti commerciali
– Permette di chiudere in modo più ordinato contratti e forniture
Limiti e rischi
– La prosecuzione è temporanea e strettamente funzionale alla liquidazione
– Non consente una vera e propria continuità aziendale a lungo termine
– Se la gestione provvisoria genera perdite, queste ricadono sul patrimonio in liquidazione
– È sempre soggetta alla vigilanza del Tribunale e del liquidatore
Cosa si può ottenere con una gestione corretta
– La chiusura della procedura con soddisfazione parziale dei creditori
– La possibilità per il debitore di accedere successivamente all’esdebitazione
– La protezione del patrimonio da azioni esecutive individuali durante la procedura
– Un percorso trasparente e ordinato di uscita dalla crisi
Attenzione: la liquidazione controllata non è uno strumento di continuità aziendale, ma di gestione ordinata della crisi. La prosecuzione dell’attività è un’eccezione, concessa solo se porta vantaggi concreti ai creditori.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in crisi d’impresa, sovraindebitamento e procedure concorsuali – ti spiega come funziona la liquidazione controllata e in quali casi può essere autorizzata la prosecuzione dell’attività.
Vuoi sapere se nella tua situazione la prosecuzione dell’attività è possibile durante la liquidazione controllata?
Richiedi in fondo alla guida una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo la tua posizione e costruiremo la strategia più adatta per tutelare te e la tua impresa.
Introduzione
La liquidazione controllata è una procedura concorsuale introdotta dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) (D.Lgs. 14/2019) per i soggetti sovraindebitati che non possono accedere al fallimento o ad altre procedure maggiori. Mediante questa procedura, il debitore (o i creditori) richiedono al giudice l’apertura di una liquidazione del patrimonio controllata da un professionista (liquidatore) nominato dal tribunale, sotto la vigilanza di un giudice delegato. Il fine è liquidare i beni del debitore e soddisfare i creditori, ottenendo al termine l’esdebitazione (cancellazione) dei debiti residui se sussistono i requisiti (assenza di frode o dolo, ecc.). A differenza delle procedure “grandi” (fallimento, concordato), la liquidazione controllata è riservata a categorie specifiche (privati, imprenditori minori, start-up, ecc.) e segue in gran parte le norme della liquidazione giudiziale, con adattamenti specifici. L’attenzione del legislatore è sul favor debitoris: la procedura tenta di favorire la soddisfazione dei creditori come chance di recupero, ma in modo ordinato e meno punitivo per il debitore.
Punto di vista del debitore: Per chi è indebitato (consumatore, piccolo imprenditore, professionista, agricoltore, start-up innovativa, ecc.) e non può pagare i debiti, la liquidazione controllata può essere una “seconda opportunità” per definire la crisi: il debitore collabora con un Organismo di Composizione della Crisi (OCC), propone un piano di vendita dei beni ed è tutelato da norme come la sospensione degli interessi sui crediti e l’eventuale chiusura anticipata se manca attivo. In alcuni casi limitati, è anche possibile che una parte dell’attività imprenditoriale prosegua per generare ricavi a vantaggio dei creditori.
Di seguito vengono esaminate in dettaglio le condizioni di ammissibilità, la procedura di apertura e svolgimento, le tutele dei creditori e del debitore, le possibili continuità dell’attività e gli effetti fiscali della liquidazione controllata. Vengono inoltre fornite tabelle riassuntive, domande/risposte e simulazioni pratiche per chiarire i punti chiave. Tutte le fonti normative e giurisprudenziali aggiornate a luglio 2025 sono indicate e commentate.
1. Quadro normativo e soggetti ammissibili
La liquidazione controllata è disciplinata dagli artt. 268 e segg. del CCII (D.Lgs. 14/2019). In particolare, l’art. 268 CCII definisce la procedura: “Il debitore in stato di sovraindebitamento può domandare con ricorso al tribunale […] l’apertura di una procedura di liquidazione controllata dei suoi beni”. Il CCII ha sostituito e razionalizzato la precedente legge sul sovraindebitamento (L. 3/2012), collocando la liquidazione controllata nel capo dedicato alla liquidazione giudiziale, con numerosi rimandi alle norme preesistenti.
Soggetti ammessi (art. 65, 268 CCII): La procedura è riservata a categorie specifiche di soggetti non fallibili. In particolare, secondo i commentatori: “La liquidazione controllata è riservata al consumatore, professionista, impresa minore, impresa agricola, start-up innovativa […] e a ogni altro debitore non assoggettabile a liquidazione giudiziale, a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali”. Non possono accedervi, per esempio, le grandi imprese commerciali soggette a fallimento ordinario, né gli enti pubblici, né chi è già in procedimento di fallimento o concordato. Il legislatore ha quindi voluto includere “residualmente” tutti i soggetti per i quali non è prevista una procedura concorsuale più strutturata.
Presupposto soggettivo (legittimazione): Possono proporre istanza:
- Il debitore stesso, presentando il ricorso assistito dall’OCC. Il ricorso non richiede la difesa obbligatoria, ma è necessaria l’assistenza dell’OCC (gestore della crisi).
- Uno o più creditori del debitore (art. 268, co.2 CCII). In tal caso il debitore deve essere in stato di insolvenza (non solo crisi) e l’ammontare del debito scaduto deve superare € 50.000. Il credito proponente deve essere certificato (ad es. atto esecutivo) e il giudice verificherà (anche d’ufficio) il fumus e la procedibilità.
Il P.M. (pubblico ministero) non è più legittimato dopo le modifiche al CCII. Inoltre, il CCII prevede regole specifiche quando si è in simultanea con altre procedure (art. 270, 271 CCII) e l’eventuale rinvio alla regolazione negoziale o al concordato minore in caso di richieste concorrenti.
Presupposto oggettivo (indebitamento): È necessario lo stato di sovraindebitamento del debitore, definito come “l’impossibilità di far fronte regolarmente alle proprie obbligazioni” (art. 2, co.1, lett. c) CCII). L’OCC, con la relazione allegata al ricorso, deve confermare che è possibile acquisire attivo per la liquidazione (anche promuovendo azioni giudiziarie). In altre parole, la procedura si apre solo se c’è una concreta prospettiva di liquidare beni utili ai creditori. Nei casi di domanda promossa dal solo creditore, si verifica anche l’entità del debito (soglia €50.000).
Documentazione e OCC (art. 269 CCII): Il ricorso di liquidazione deve essere presentato con la relazione dell’OCC (di solito un commercialista o avvocato iscritto), che attesta la completezza della documentazione e illustra la situazione economica-finanziaria del debitore. In concreto l’OCC, entro 7 giorni dall’incarico, notifica fisco e riscossione della procedura. Nel ricorso si indicano i beni e creditori noti (in parte con allegati, ma la formazione del passivo avviene poi dopo). La relazione dell’OCC svolge funzione di garanzia di veridicità e fattibilità: in particolare deve contenere l’attestazione prevista dall’art. 268, comma 3 (nuovo art. 283 CCII) sulla possibilità di acquisire attivo utile ai creditori.
2. Presentazione della domanda e apertura del procedimento
Domanda di apertura (art. 268-270 CCII): Il debitore o creditore deposita al tribunale competente (ambito di competenza come fallimento) il ricorso per apertura liquidazione controllata, con il supporto dell’OCC. Prima dell’apertura, il tribunale verifica che non siano pendenti procedure regolatorie (Titolo IV CCII: negoziazione assistita, composizione negoziata, ecc.) o che non sia già stato presentato un concordato alternativo. Negli ultimi correttivi al CCII (DLgs 83/2022 e 136/2024) è stato introdotto un periodo di riserva se la domanda è in risposta a istanza di creditori: il giudice valuta eventuali proposte alternative prima di concedere la LC.
Se tutti i presupposti sono soddisfatti (legittimazione, indebitamento, attività debitoria ammissibile, assenza di frodi), il tribunale emette sentenza di apertura. Con questa sentenza il tribunale:
- Nomina il giudice delegato (magistrato interno o togato).
- Nomina il liquidatore, di norma confermando l’OCC, oppure scelto tra i gestori della crisi iscritti (D.M. 202/2014).
- Ordinanze varie: impone al debitore di depositare entro 7 giorni libri contabili e elenco creditori; fissa un termine (solitamente 60 gg, prorogabile a 90) entro cui i creditori iscrivere domande di restituzione o ammissione al passivo; dispone la consegna/sgombero dei beni aziendali, purché il debitore non abbia necessità di conservarne alcuni per “gravi e specifiche ragioni” (lettera e); ordina la pubblicazione della sentenza sul sito del tribunale e Registro Imprese; chiede la trascrizione nei registri immobiliari se ci sono immobili o beni mobili registrati.
La norma (art. 270 c.2 lett. e) prevede espressamente che il tribunale, pur ordinando la consegna dei beni aziendali al liquidatore, possa autorizzare il debitore (o terzi) a usare alcuni beni per “gravi e specifiche ragioni”. Questo è il presupposto normativo più importante per eventuali esercizi provvisori o affitti di azienda all’interno della LC. Tale autorizzazione avviene però soltanto se motivata dal tribunale.
Una volta emessa la sentenza, questa diventa titolo esecutivo e il liquidatore può prendere possesso dei beni come disposto. Il liquidatore deve anche notificare la sentenza di apertura a debitori, creditori e titolari di diritti sui beni (art.270 c.4-5). Inoltre, l’entrata in vigore della procedura sospende gli interessi sui debiti (tranne quelli garantiti).
3. Effetti immediati e fase istruttoria
Dalla pronuncia di apertura decorrono vari effetti giuridici:
- Pubblicazione ed efficacia pubblicità: La sentenza viene pubblicata sul sito del tribunale (e nel registro imprese se si tratta di un imprenditore). Essa ha efficacia reale sui terzi analogamente al fallimento: i creditori che non si presentano entro i termini perdono il diritto ad insinuare il credito (il liquidatore deposita poi lo stato passivo).
- Tutela degli atti in corso: In base al richiamo agli articoli 150 e 151 CCII (art. 270 c.5), sono vietate le azioni esecutive e cautelari individuali a carico del debitore (c.d. beneficio del “concordato”). Tuttavia, la Cassazione ha distinto per i debiti fondiari (ipotecari): con la sentenza Cass. 22914/2024 ha consentito ai creditori muniti di privilegio fondiario di continuare le esecuzioni individuali anche nella LC. In pratica, i mutuatari ipotecari possono agire sull’immobile ipotecato senza dover attendere la chiusura della procedura, frapponendo solo la segreteria concorsuale (Cass. 22914/2024). Questo favorisce i creditori ipotecari, ma rischia di scoraggiare l’accesso alla LC da parte di debitori con immobili garantiti.
- Sospensione degli interessi: Il deposito della domanda di apertura sospende (ai soli effetti del concorso) gli interessi convenzionali e legali, fino alla chiusura della LC, fatta eccezione per i crediti garantiti da pegno/ipoteca e per i privilegi (art. 268 c.5 CCII). Ciò permette un alleggerimento immediato del carico debitorio sul sovraindebitato.
- Prededucibilità e spese di procedura: Nella LC, come nella liquidazione giudiziale, i compensi del liquidatore/OCC e le spese processuali sono prededucibili (liquidati “per prime” sulla massa), in parte profinalità dell’esecuzione della procedura stessa. La giurisprudenza conferma che il compenso dell’OCC è integrato (unitario con quello del liquidatore) e prededucibile.
- Composizione del passivo: Entro 30 giorni dalla comunicazione della sentenza, il liquidatore aggiorna l’elenco dei creditori e notifica loro l’apertura. Quindi in 60 (o 90) giorni i creditori devono presentare istanze al passivo. Il liquidatore poi, entro 90 giorni, redige inventario dei beni e programmazione della liquidazione. In questa fase si forma lo “stato passivo” definitivo (sommario eventuale, reclami, approvazione).
Tutte le attività della fase istruttoria sono funzionali alla liquidazione concordata dal piano di vendita (o affitto) dei beni. A differenza del concordato, la LC non prevede un piano di ristrutturazione o perdoni del debito, ma si concentra esclusivamente sulla liquidazione del patrimonio, salvo che l’esdebitazione finale.
4. Piano di liquidazione, inventario e creditori
Secondo l’art. 272 CCII, entro 90 giorni dall’apertura il liquidatore deve completare l’inventario e predisporre il programma di liquidazione, indicante tempi e modi di vendita dei beni o di affitto di rami aziendali. Il programma, depositato in cancelleria, va poi approvato dal giudice delegato. È richiesta l’applicazione (in quanto compatibili) delle norme della liquidazione giudiziale (es. artt. 213, 214 CCII sui tempi e modi di vendita). In particolare, il programma “deve assicurare la ragionevole durata della procedura” (cioè un lasso di tempo realistico e non eccessivo).
Il liquidatore mantiene l’amministrazione dei beni e procede alle vendite e incassi secondo il piano. Con gli incassi paga i creditori seguendo l’ordine delle cause di prelazione (i debiti prededucibili come quelle spese di procedura vengono saldati prima, poi privilegi e pignoramenti, infine residui). I creditori ammessi ricevono una ripartizione in proporzione al credito (salvo eccezioni particolari di legge). Se una delle vendite non ottiene offerte, il bene può essere riproposto fino a cessione ultima ratio (pignoramento vendite coattive).
Al termine delle operazioni previste dal programma – o comunque dopo 3 anni dall’apertura (termine massimo) – la procedura si chiude. Se rimangono debiti non pagati, l’ultimo atto è la sentenza di esdebitazione (art. 283-285 CCII) che libera il debitore dai residui, a condizione che non si provi dolo o grave colpa. Se invece in corso di procedura emergesse che non c’è più nulla da recuperare, il liquidatore può chiedere la chiusura anticipata.
5. Prosecuzione dell’attività d’impresa
Uno dei temi più dibattuti è la possibilità per il debitore di continuare a svolgere l’attività imprenditoriale (o parte di essa) durante la liquidazione controllata. La legge, come visto, consente al tribunale di autorizzare “in via eccezionale” l’uso di alcuni beni aziendali. Non esiste invece un richiamo diretto all’art. 211 CCII (che disciplina l’esercizio provvisorio nella liquidazione giudiziale). Gli orientamenti giurisprudenziali sono perciò divergenti:
- Orientamenti favorevoli (continuazione controllata): Alcuni tribunali ammettono che la liquidazione controllata possa includere, a certe condizioni, l’affitto d’azienda o un esercizio provvisorio (utilizzo temporaneo di beni/profitti a scopo liquidatorio). Ad es. il Tribunale di Bologna (14/06/2023) ha sottolineato che la LC, similmente alla liquidazione giudiziale, persegue anche una finalità parziale di recupero dei creditori. Ha ritenuto “coerente e logico” autorizzare – dietro richiesta e programma analitico del liquidatore – un affitto d’azienda o l’esercizio provvisorio di interi rami aziendali, purché il loro scopo sia puramente liquidatorio (ad esempio, conservare produttività utile alla vendita). In pratica, se un debito imprenditore agricolo riceve una richiesta di fornitura o affitto, il tribunale può ammettere l’affitto temporaneo nell’ambito del piano di liquidazione. Anche il Tribunale di Monza (09/04/2025) ha confermato che non è ostativo all’apertura LC il fatto che l’imprenditore continui l’attività. Ha precisato che si può configurare nell’ambito della procedura sia l’esercizio provvisorio affidato al liquidatore, sia (quando è determinante l’impegno personale del debitore) la prosecuzione dell’attività da parte dello stesso debitore, sotto stretta sorveglianza del liquidatore e a condizione che dall’attività continuativa derivi un utile destinabile ai creditori. In altre parole, il debito imprenditore (es. autotrasportatore autonomo) può continuare a lavorare se ciò migliora il risultato liquidatorio. Monza ha inoltre chiarito che la procedura può protrarsi oltre i 3 anni di durata minima se permangono beni da liquidare.
- Orientamenti contrari (prosecuzione limitata): Altri tribunali interpretano la LC in modo più restrittivo. Il Tribunale di Pordenone (12/05/2025) ha affermato che la LC ha finalità esclusivamente liquidatoria e non può considerarsi equiparata ad esercizio provvisorio. Quindi non si può parlare di “continuità aziendale”: tutti i beni aziendali devono essere destinati alla liquidazione senza utilizzo produttivo. Al più, il debitore può ottenere un godimento precario di beni (macchinari, ecc.) solo per il tempo strettamente necessario alla sua sussistenza (es. usufrutto temporaneo), per consentirgli di cercare nuovo impiego. In definitiva, secondo questo orientamento il liquidatore non può esercitare attività imprenditoriale e il debitore non può godere di beni aziendali se non per i bisogni minimi, salvo diversa autorizzazione specifica nella sentenza di apertura. Questo per evitare che la procedura si trasformi in un concordato implicito. In pratica, Pordenone sostiene che – diversamente dal fallimento – nell’art. 270 CCII non c’è alcun richiamo esplicito all’esercizio provvisorio, per cui non si possono protrarre le attività produttive. Pertanto l’inventario e le vendite devono procedere celermente, senza che l’impresa continui regolarmente a operare.
- Giurisprudenza frammentata: Esistono anche orientamenti intermedi o particolari (ad es. Trib. Ferrara 2024 – vedi rimandi in Monza) che autorizzano affitti di azienda o esercizio limitato se nel piano di liquidazione l’organo espone analiticamente perché sia utile ai creditori. La tendenza generale sembra essere: la prosecuzione dell’attività è ammessa solo se giustificata da ragioni liquidatorie (raggiungere un prezzo più alto sui beni, conservare un valore aziendale ecc.), e deve essere strettamente delimitata. In ogni caso, il giudice delegato può subordinare tali misure alla redazione di un programma molto dettagliato.
Riassunto tesi opposte:
- Pro LC: Consente esercizio provvisorio/affitto se il liquidatore lo propone nel piano come opportunità per i creditori.
- Contro LC: Liquidazione deve essere immediata; continuare l’attività produrrebbe attivi da destinare ai creditori solo in via incidentale per la mera sopravvivenza.
Ad oggi la Cassazione non ha ancora stabilito un principio generale su questo punto, lasciando che siano i tribunali a decidere caso per caso. Dato il taglio favor debitoris della LC, è probabile che si tenderà verso una soluzione che limiti l’attività continuativa al necessario, a differenza del concordato, ma con qualche margine di “uso produttivo” più ampio rispetto all’interpretazione rigorista di Pordenone.
6. Effetti tributari e fiscali
Regime fiscale ordinario: Sul piano tributario, la liquidazione controllata viene generalmente assimilata al regime ordinario di impresa. Non esiste una specifica normativa fiscale che rimandi alle disposizioni del fallimento/legge sul sovraindebitamento (come avviene, per esempio, nel concordato fallimentare più grande). Di conseguenza, secondo l’Agenzia delle Entrate e interpretazioni dottrinali, ai redditi prodotti durante la LC si applicano le regole ordinarie del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi). In particolare, “si applicano le norme fiscali ordinarie del TUIR in materia di reddito d’impresa, senza interruzione del periodo d’imposta né applicazione del maxi-periodo d’imposta”. Ciò significa che:
- Il periodo d’imposta procede normalmente anche durante la LC (non scatta alcun blocco o maxiperiodo come nel fallimento).
- Gli utili da cessione di beni (plusvalenze) realizzate nel corso della procedura sono tassati come reddito d’impresa secondo le norme ordinarie (non rientrano nello “schermo” esimente di cui all’art. 183 TUIR come accadeva in liquidazione giudiziale).
- Le minusvalenze possono invece essere dedotte secondo le regole ordinarie.
- Le spese sostenute e i costi di liquidazione (inclusi i compensi del liquidatore) concorrono a formare il reddito, salvo loro stessa qualifica prededucibile nel concorso tra creditori.
In sintesi, dal punto di vista fiscale il debitore in liquidazione controllata continua a dichiarare reddito di impresa come sempre, sulla base degli incassi e plusvalenze effettivamente conseguiti. Non opera l’art. 183 del TUIR (che nel fallimento escludeva tassazione su plusvalenze da attivo ceduto). Il debitore resta centro di imputazione fiscale del reddito generato, e la LC non ottiene personalità autonoma di soggetto fiscale separato.
Plusvalenze e minusvalenze: Se nella vendita dei beni si realizza una plusvalenza (ricavo superiore al costo fiscalmente residuo), questa concorre al reddito d’impresa secondo le regole ordinarie. Viceversa, le minusvalenze detratte possono abbattere il reddito. L’Amministrazione finanziaria ha infatti chiarito che, “in mancanza di norme ad hoc, il reddito di impresa continua ad essere determinato secondo le regole ordinarie”. Quindi l’intera procedura non gode di alcun regime fiscale di favore particolare. Tuttavia, alcuni oneri o perdite registrate durante la liquidazione (inclusi eventuali crediti insoluti residui o svalutazioni) dovrebbero teoricamente essere deducibili come costi d’impresa, attenuando il carico fiscale complessivo. Eventuali plusvalenze realizzate (es. cessione immobiliari) verranno assoggettate a tassazione regolare (IRES o IRPEF), come se fossero utili di vendita.
IVA e imposte indirette: Le vendite dei beni effettuate dal liquidatore (ad es. stralci immobiliari, vendita di macchinari) sono soggette alle ordinarie regole IVA o imposte di registro/bollo se immobili. Non esistono esenzioni particolari per le cessioni in liquidazione controllata. La procedura di LC in sé non sospende gli obblighi di dichiarazione o versamento IVA; il liquidatore coordina tali aspetti come gestore dell’impresa del debitore.
Ruolo dei crediti tributari: Debiti verso Erario (imposte) o INPS sono trattati come qualsiasi altro credito prededucibile o privilegiato. I crediti tributari per imposte anticipate (ad es. ritenute) sono solitamente prededucibili fino a un certo importo. Tuttavia, se esistono cartelle esattoriali: i creditori fiscali dovranno proporre domanda nel passivo e saranno soddisfatti secondo l’ordine (semestrali e anni precedenti, privilegio su immobili, ecc.).
Conclusioni fiscali: In definitiva, dal punto di vista tributario la liquidazione controllata si svolge come un’attività d’impresa in fase di liquidazione: si pagano imposte sul reddito secondo le normali regole del TUIR. Le norme sui regimi speciali fiscali delle liquidazioni concorsuali non si applicano, motivo per cui il debitore non ottiene alcun “smaltimento d’imposta” automatico grazie alla procedura. Ciò però garantisce chiarezza: il riallineamento fiscale avviene con la normale dichiarazione dei redditi, e quindi un debito commerciale residuo trova subito corrispondente debito fiscale.
7. Tabella riepilogativa della procedura
Fase | Attività Principali | Soggetti coinvolti |
---|---|---|
1. Domanda di apertura | Ricorso al tribunale con relazione OCC (descrizione situazione patrimoniale, cause indebit.). Il tribunale verifica ammissibilità (sovraindeb., categorie). | Debit. / Creditore, OCC, Giudice (tribunale) |
2. Sentenza di apertura | Il tribunale nomina giudice delegato e liquidatore; ordina deposito libri contabili, elenco creditori; pubblica l’ordinanza (sito, registro imprese). | Giudice delegato, Liquidatore (cd. Curatore) |
3. Pubblicazione | Sentenza pubblicata sul sito del tribunale e Registro Imprese; sospende azioni esecutive (salvo privileg.) e interessi (salvo ipoteche/privilegi). | Liquidatore, Segreteria |
4. Inventario e creditori | – Entro 30 gg: liquidatore aggiorna e notifica elenco creditori (ammissioni, protesti, ipoteche…).- Termini (60-90 gg) per domande di inserimento al passivo. | Liquidatore, Creditori (domande), Cancelleria |
5. Approvazione del programma | – Entro 90 gg: liquidatore redige inventario beni e programma di liquidazione (metodo, tempi di vendita).- Giudice delegato approva il programma. | Liquidatore, Giudice delegato |
6. Liquidazione beni | Liquidatore dispone vendite/assegnazioni/affitti (secondo il programma). Riscuote ricavi, versa creditori prededucibili, poi privilegiati, poi chirografari. | Liquidatore, Tribunale (sorveglianza), Creditori |
7. Chiusura procedura | Quando esaurite liquidazioni: il liquidatore deposita rendiconto; tribunale pronuncia chiusura. Se residua debito, viene emessa sentenza di esdebitazione. | Liquidatore, Tribunale, Credit. statali (event.) |
Nota: Il debito complessivo (creditori ammessi) determina come saranno ripartiti i ricavi. Le procedure dura in media 1-3 anni, con termine massimo di 3 anni per l’esdebitazione. Può però proseguire oltre in presenza di attivo residuo, come ricordato da giurisprudenza.
8. Domande frequenti (FAQ)
D: Chi può accedere alla liquidazione controllata?
R: In generale, possono accedervi i soggetti non fallibili che si trovano in stato di sovraindebitamento. Ciò include consumatori, professionisti individuali, imprese individuali e società di persone di piccole dimensioni, imprese agricole, start-up innovative, e in generale ogni debitore “residuale” a cui non si applicano procedure concorsuali più strutturate (fallimento, amministrazione straordinaria, ecc.). Per i privati (consumatori) vi sono ulteriori condizioni di buona fede (assenza di dolo o colpa grave nell’indebitarsi, non aver già ottenuto esdebitazione recente) analoghe agli altri istituti di sovraindebitamento.
D: Quali documenti devo presentare col ricorso?
R: La documentazione minima non è rigidamente definita come in L. 3/2012, ma è essenziale allegare l’elenco dei creditori e dei beni a conoscenza del debitore e dell’OCC, le ultime scritture contabili (se esistenti), e ogni documento comprovante i debiti (es. iscrizioni ipoteche, pignoramenti). Importante è la relazione dell’OCC, che valuta la completezza della documentazione e l’attendibilità del piano, riportando la situazione economico-patrimoniale del debitore. L’OCC notifica all’Agenzia delle Entrate/INPS l’avvio della procedura. Si consiglia sempre di consultare un professionista per preparare un dossier completo.
D: Quanto tempo dura la procedura?
R: La norma stabilisce che il programma di liquidazione deve garantire una durata ragionevole dell’iter. In pratica, la liquidazione controllata è pensata per terminare entro 3 anni dall’apertura (termine entro cui il debitore può chiedere l’esdebitazione). Tuttavia, la procedura può protrarsi oltre se permangono attivi da liquidare. Alcuni tribunali hanno ritenuto che la LC possa durare ben oltre i 3 anni di base, a differenza di quanto avviene nella ristrutturazione del consumatore o concordato minore. Il debitore deve comunque tenere conto che, dopo 3 anni, potrà ottenere l’esdebitazione dei residui se dimostra buona fede (assenza di frodi).
D: Quali debiti vengono soddisfatti?
R: Nel concorso finale, i creditori sono soddisfatti secondo le cause di prelazione ordinarie:
- Crediti prededucibili: Spese di gestione della procedura (compensi OCC/liquidatore) e crediti tributari essenziali (ad es. IVA incassata) vengono liquidati “per prime”.
- Creditori privilegiati: P.es. l’Erario su ritenute e rimborsi di precedenti periodi, l’INPS per contributi, garanti di pegno/ipoteca. Dopo Cass. 22914/24, però, i creditori fondiari ipotecari possono proseguire le esecuzioni individuali fuori procedura (privilegio fondiario).
- Creditori chirografari: Tutti gli altri crediti (fornitori, banche non garantite, ecc.) vengono soddisfatti con quanto residua, in proporzione. Se l’attivo è insufficiente, rimane in capo al debitore residua parte di debito che potrà essere esdebitata a fine procedura.
D: Cosa succede ai finanziatori garantiti?
R: I finanziatori ipotecari (mutui immobiliari) possono trovarsi in difficoltà: la Cassazione n.22914/2024 ha infatti stabilito che il loro privilegio “fondiario” si applica anche alla liquidazione controllata. Ciò significa che possono continuare le azioni esecutive sull’immobile ipotecato (es. pignoramento e vendita forzata) senza l’autorizzazione del giudice delegato e senza sospensione (a differenza di altri creditori). I proventi dell’esecuzione vanno al fondo di liquidazione, ma il creditore ipotecario può agire autonomamente. In pratica, un debitore LC con mutuo non può “bloccare” l’esecuzione per ristrutturarlo: il creditore ipotecario rimane forte. Occorre quindi tenerne conto: il processo LC consentirà di liquidare altri beni, ma l’immobile ipotecato potrebbe essere venduto dal creditore prima della chiusura.
D: Qual è il ruolo del liquidatore e dell’OCC?
R: Il Liquidatore (o Curatore nella vecchia terminologia) è nominato dal tribunale e ha il compito di gestire attivo e passivo: acquisisce i beni, li prepara alla vendita, incassa, paga i creditori secondo il piano. Curano le pubblicazioni, la formazione del passivo, rapporti con debitori/terzi. L’OCC (Organismo di Composizione della Crisi) è un soggetto professionale (es. commercialista) che assiste il debitore nella fase iniziale: redige la relazione di ammissione, notifica, e poi spesso viene confermato liquidatore. L’OCC deve essere indipendente e assicurare il rispetto della legge. Il compenso dell’OCC nelle fasi pre-liquidatorie è unitario con quello finale del liquidatore. I compensi, che sono prededucibili, vengono determinati dal giudice alla fine, ma possono essere provvisoriamente calcolati in base alle tabelle professionali.
D: Quali sono i diritti del debitore durante la procedura?
R: Il debitore conserva la proprietà dei beni (che però vanno consegnati al liquidatore per vendita), e continua a rispondere con tutto il suo patrimonio (ex art.2740 c.c., mantenuto). Riceve dal liquidatore eventuali utili prodotti dall’azienda durante l’esercizio provvisorio, ma tali utili vanno a beneficio dei creditori. Alla fine ottiene l’esdebitazione dei debiti residui (salvo eccezioni per frode). In linea di principio, l’intero patrimonio del debitore – compresi i beni sopravvenuti nel corso della LC – viene destinato ai creditori (alcuni commentatori sottolineano che i beni successivi alla domanda non godono delle esenzioni di L.3/2012). Tuttavia, nella prassi alcuni tribunali consentono un residuo di reddito per il sostentamento del debitore (analogamente a quanto già previsto per i consumatori) e, come visto, un uso temporaneo di alcuni beni.
D: Si può sospendere il contratto di lavoro o rescindere i leasing?
R: I contratti in essere continuano i loro effetti salvo recesso/rescissione legittima del liquidatore. Il liquidatore può recedere da contratti onerosi non ancora eseguiti in parte da entrambe le parti (art. 216 CCII, richiamato in 270). Ad esempio, leasing di macchinari in leasing non ancora pagati può essere sciolto e i beni restituiti per vendita. I rapporti di lavoro non si estinguono automaticamente: i lavoratori hanno diritto alla retribuzione per il periodo di effettivo lavoro svolto. Se l’attività continua (affitto o esercizio provvisorio), i contratti di lavoro possono proseguire trasferendo il pagamento al liquidatore/gestore provvisorio. Non c’è una normativa specifica al pari della cessione d’azienda nel fallimento (art.211). Di fatto, il liquidatore deve negoziare con i lavoratori e rispettare il T.U. lavoro. I contributi INPS dovuti (come spese prededucibili) devono essere contabilizzati tra i crediti del Passivo.
9. Simulazione pratica
Scenario (italiano): Luigi è un piccolo imprenditore artigiano con 80.000€ di debiti complessivi (fornitori, banche, cartelle Equitalia) e 1.000€ di reddito mensile. Ha un magazzino di macchinari e un piccolo capannone (del valore probabile di 50.000€ totali) e alcuni crediti commerciali in corso (per circa 10.000€). Decide di chiedere la liquidazione controllata per ottenere l’esdebitazione dei residui. Segue il possibile svolgimento:
- Domanda: Luigi, con l’aiuto di un avvocato e dell’OCC (commercialista), presenta ricorso al tribunale competente. Alleghiamo all’istanza l’inventario sommario dei macchinari, l’elenco dei creditori (banche, fornitori, fisco), e la relazione dell’OCC che attesta di poter liquidare almeno 50.000€ di attivo.
- Apertura: Il giudice emette sentenza di apertura, confermando come liquidatore lo stesso OCC. Luigi consegna i macchinari al liquidatore e deposita i libri contabili.
- Inventario e passivo: Entro 30 gg il liquidatore aggiorna l’elenco creditori (notificando i 6 creditori noti). Entro 90 gg stila l’inventario completo (conferma valore 50.000€) e un programma di liquidazione (ad es. vendita asta dei macchinari, aste immobiliari del capannone, riscossione crediti in corso).
- Vendite: Il liquidatore organizza la vendita di una macchina da 20.000€ e incassa i 10.000€ di crediti. Pagati i 5.000€ necessari per onorari e spese della procedura (prededucibili), restano 25.000€. Viene distribuito ai creditori privilegiati (ad es. Equitalia e INPS, ipotizziamo 15.000€ totali) per intero. Rimangono 10.000€ per i fornitori ordinari.
- Continuazione attività: Nel piano il liquidatore prevede di affittare temporaneamente l’officina a un altro artigiano, per 12 mesi, continuando a lavorare alcuni ordini (questo genera ulteriori 8.000€ di ricavi). Con questi incassa 8.000€ addizionali prima di chiudere l’affitto.
- Esito: I creditori inseriti nel passivo avevano 80.000€ totali; ne sono stati effettivamente versati in media il 25-30%. Luigi rimane con 50.000€ di debito residuo, che al termine dei 3 anni può essere cancellato con l’esdebitazione (ammesso che non emergano frodi). Luigi recupera così la sua capacità lavorativa (grazie anche ai 12 mesi di affitto che gli hanno permesso di mantenere i contatti e il sussidio) e ottiene un nuovo inizio libero da debiti (quelli residui, non saldati, vengono cancellati).
Elemento | Valore Iniziale | Valore Liquidato | Pagamento |
---|---|---|---|
Debiti totali | € 80.000 | – | – |
Attivo (macchinari + crediti) | € 50.000 | € 58.000 (incluso affitto) | – |
Prededuzioni | – | € 5.000 (OCC) | |
Crediti privilegiati (Stato) | € 15.000 | – | € 15.000 |
Crediti chirografari (forn.) | € 65.000 | – | € 10.000 |
Residuo debito | € 80.000 | – | € 55.000 (esdebitabile) |
Questo esempio illustra come la liquidazione controllata consente al piccolo imprenditore di liquidare parte del patrimonio e liberarsi dagli oneri futuri, pur pagando subito le spese di procedura e parte dei debiti. La prosecuzione limitata (affitto officina) ha aumentato il ricavato finale, dimostrando la potenzialità di un esercizio provvisorio opportunamente pianificato.
10. Conclusioni
La liquidazione controllata è oggi uno strumento giuridico di seconda opportunità per soggetti sovraindebitati che non possono accedere al fallimento. Mentre da un lato il legislatore ha voluto armonizzarla con le regole concorsuali tradizionali, dall’altro essa conserva una forte componente “sociale” (favor debitoris, accesso dei creditori al procedimento, massima trasparenza). Dal punto di vista del debitore, l’istituto offre la prospettiva di liberarsi dei debiti residui pagando solo ciò che effettivamente si ottiene dal patrimonio; per i creditori, consente di ottenere almeno un soddisfacimento frazionale gestito collettivamente anziché nelle esecuzioni individuali disordinate.
Negli ultimi anni la giurisprudenza ha chiarito vari aspetti, ad es. sul profilo dei privilegi (Cass. 22914/2024 sul privilegio fondiario) o sui poteri del liquidatore (Cass. 14401/2025 sull’escussione di pegni). Resta aperta la questione della prosecuzione dell’attività: come visto, alcuni tribunali permettono forme di continuità in funzione liquidatoria, altri la negano se non strettamente precaria. In assenza di regole precise, è consigliabile esporre nel programma tutte le previsioni gestionale necessarie, giustificandole come utili alla liquidazione.
Sul versante fiscale, si ricorda che la LC non comporta alcun automatismo di tax-writeoff: il debitore resta centro di imputazione del reddito e continua a dichiarare come d’impresa secondo le regole ordinarie. Pertanto, eventuali plusvalenze o utili conseguiti nel corso dell’attività continuativa o nelle vendite patrimoniali verranno assoggettati a tassazione normale (IRES o IRPEF). Non è riconosciuto alcun regime speciale che esenti la tassazione dei beni ceduti. In pratica, il liquidatore-verserà le imposte come un qualsiasi contribuente, utilizzando gli incassi maturati durante la procedura.
In conclusione, la liquidazione controllata rimane un istituto complesso ma utile, destinato a privati e piccoli imprenditori in crisi. Se ben gestita e con la consulenza di professionisti specializzati, può condurre a una soluzione ordinata della crisi: vendita coordinata del patrimonio, chiusura dei debiti residuali e ripartenza (o cessazione d’attività) senza lo stigma di una esecuzione ingiunta. Tuttavia, la recente giurisprudenza mette in guardia: bisogna porre attenzione alle condizioni soggettive (insolvenza conclamata, onestà del debitore) e agli effetti sui creditori garantiti (che hanno talvolta diritti avanzati). Una preparazione accurata del ricorso e del piano di liquidazione, con eventuali simulazioni, è fondamentale per massimizzare il risultato.
Fonti
- Normativa: D.Lgs. 12/2019 n. 14, Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (artt. 268-275, 283-285); D.M. Giust. 24/9/2014 n.202 (regolamentazione OCC).
- Prassi fiscali: Agenzia Entrate, Risposta n. 177/2025; circolari Agenzia Riscossione.
- Giurisprudenza (aggiornata 2024-2025): Cass. 22914/2024 (privilegio fondiario), Cass. 12395/2025 (revocatoria in LC);
Hai debiti che non riesci più a pagare e stai valutando la liquidazione controllata? Fatti Aiutare da Studio Monardo
Hai debiti che non riesci più a pagare e stai valutando la liquidazione controllata?
Vuoi sapere se, nonostante la procedura, puoi continuare a svolgere la tua attività?
La liquidazione controllata è una procedura prevista dal Codice della Crisi d’Impresa per i soggetti non fallibili (imprenditori minori, professionisti, consumatori). Serve a vendere i beni del debitore per soddisfare i creditori, ma con regole più equilibrate rispetto al fallimento. In alcuni casi, però, il tribunale può autorizzare la prosecuzione dell’attività, se ciò è utile ad aumentare le risorse da destinare ai creditori. Questo consente di non interrompere del tutto l’impresa o lo studio professionale, mantenendo continuità e valore economico.
🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo
📂 Analizza la tua situazione debitoria e verifica se hai i requisiti per accedere alla liquidazione controllata
📌 Ti assiste nella predisposizione della domanda da presentare al tribunale competente
✍️ Richiede l’autorizzazione alla prosecuzione dell’attività, se vantaggiosa per te e per i creditori
⚖️ Ti rappresenta durante tutta la procedura di liquidazione davanti agli organi della crisi
🔁 Ti supporta anche nella valutazione di soluzioni alternative, come piani di ristrutturazione o concordato minore
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in procedure di sovraindebitamento e liquidazione controllata
✔️ Specializzato in difesa di imprenditori e professionisti in crisi economica
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia
Conclusione
La liquidazione controllata non significa per forza chiudere la tua attività: in certi casi puoi continuare a lavorare, aumentando le possibilità di risanamento.
Con la giusta difesa legale puoi affrontare la procedura in sicurezza, proteggere i tuoi interessi e ripartire senza il peso dei debiti.
📞 Contatta subito l’Avvocato Giuseppe Monardo per una consulenza riservata: la tua nuova partenza comincia da qui.