Revoca Rateizzazione Agenzia Entrate Riscossione: Come Funziona

Hai ottenuto una rateizzazione con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione ma temi che possa essere revocata?
La dilazione dei debiti fiscali è uno strumento utile per gestire importi elevati, ma non rispettare le scadenze comporta la perdita del beneficio della rateizzazione e la ripresa delle azioni esecutive. Sapere come funziona la revoca è fondamentale per difendersi.

Quando scatta la revoca della rateizzazione
– Se non paghi 5 rate, anche non consecutive, nei piani concessi dopo il 2016
– Se non paghi 8 rate, anche non consecutive, per i piani concessi prima del 2016
– Se presenti dichiarazioni non veritiere per ottenere la dilazione
– Se non rispetti i termini e le condizioni previsti nel provvedimento di concessione

Cosa comporta la revoca della rateizzazione
– Il debito residuo diventa immediatamente esigibile in un’unica soluzione
– L’Agenzia delle Entrate-Riscossione può riprendere le azioni esecutive sospese (fermi, ipoteche, pignoramenti)
– Le somme già versate restano acquisite a titolo di acconto
– Non puoi chiedere una nuova rateizzazione sullo stesso debito se non saldi prima le rate scadute

Come difendersi dalla revoca
– Controllare se il provvedimento di revoca è legittimo e se i termini di legge sono stati rispettati
– Dimostrare eventuali errori nei conteggi o pagamenti già effettuati ma non registrati
– Presentare subito un’istanza di riammissione alla rateizzazione se la normativa vigente lo consente
– Valutare la possibilità di chiedere un nuovo piano su altri carichi non ancora oggetto di revoca
– Impugnare il provvedimento di revoca davanti alla Corte di Giustizia Tributaria se ci sono vizi formali o sostanziali

Cosa si può ottenere con una difesa efficace
– La sospensione della revoca e la possibilità di mantenere la rateizzazione in corso
– La riammissione al beneficio con un nuovo piano di dilazione
– La sospensione delle procedure esecutive già avviate
– La tutela del patrimonio personale e familiare da pignoramenti e ipoteche
– La possibilità di chiudere la posizione debitoria in maniera sostenibile

Attenzione: la revoca della rateizzazione non è automatica: deve essere formalizzata con un atto dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Spesso ci sono margini per contestarla o per richiedere una nuova dilazione.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in riscossione e difesa del contribuente – ti spiega come funziona la revoca della rateizzazione e quali soluzioni puoi adottare per non perdere il beneficio.

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Introduzione

La revoca della rateizzazione – più propriamente decadenza dal beneficio della dilazione – è l’evento in cui il contribuente perde il piano di pagamenti rateali accordato dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ex Equitalia) per saldare un debito tributario o contributivo. In altre parole, se il debitore non rispetta le scadenze previste e accumula un eccesso di rate non pagate (oltre la soglia di tolleranza prevista dalla legge), l’agevolazione della rateazione viene revocata e l’intero importo residuo diventa immediatamente esigibile in un’unica soluzione. Dal punto di vista pratico, ciò significa che l’Agente della Riscossione può riprendere o avviare le azioni esecutive (pignoramenti, ipoteche, fermi amministrativi) per recuperare l’intero debito residuo senza più il beneficio del pagamento dilazionato.

Questa guida – aggiornata a luglio 2025 – esamina in dettaglio la disciplina italiana vigente in materia, le cause di decadenza di un piano di rateazione con Agenzia Entrate-Riscossione, le conseguenze legali per il debitore e soprattutto cosa fare dal punto di vista del debitore (privato, imprenditore individuale o società) in caso di revoca della dilazione. Adotteremo un linguaggio giuridico ma accessibile, con riferimenti normativi puntuali e richiami alle ultime sentenze e novità. Inoltre, la guida include tabelle riepilogative, domande frequenti (FAQ) e casi pratici simulati per illustrare soluzioni concrete e suggerire possibili strategie di tutela per il debitore in difficoltà. Il tutto con un livello di approfondimento avanzato, adatto sia a professionisti del settore (avvocati, commercialisti) sia a contribuenti interessati a capire i propri diritti e obblighi.

Nota terminologica: nel contesto normativo si parla di decadenza dal beneficio della rateazione (art. 19, comma 3 D.P.R. 602/1973) per indicare la perdita automatica del piano in caso di inadempimento. Comunemente si usa il termine “revoca della rateizzazione”, sebbene tecnicamente la decadenza avvenga ex lege senza bisogno di un provvedimento discrezionale. In questa guida useremo i termini decadenza e revoca in modo quasi intercambiabile, riferendoci sempre all’evento per cui il piano rateale viene meno a causa del mancato pagamento delle rate concordate.

Rateizzazione dei debiti fiscali: nozioni generali e normativa

Prima di esaminare le cause di decadenza, è opportuno delineare sinteticamente il quadro normativo della rateizzazione delle somme iscritte a ruolo presso l’Agente della Riscossione (Agenzia Entrate-Riscossione, di seguito “AdER”). La possibilità di pagare a rate i debiti risultanti da cartelle di pagamento, avvisi di accertamento esecutivi, avvisi di addebito INPS, ecc., è disciplinata principalmente dall’art. 19 del D.P.R. 602/1973. Tale norma (più volte modificata nel tempo) prevede che il debitore in temporanea difficoltà economica possa ottenere, su richiesta, un piano di dilazione del pagamento.

Durata e importo massimo: Fino al 2024, la durata massima di un piano ordinario era 72 rate mensili (6 anni). Una riforma recente – attuativa della legge delega di riforma della riscossione – ha esteso gradualmente la durata: per le richieste presentate dal 1° gennaio 2025 la durata massima concedibile è 84 rate (7 anni), che saliranno a 96 rate per le istanze nel biennio 2027-2028 e a 108 rate dal 2029 in poi. In ogni caso resta previsto un massimo di 120 rate (10 anni) nei casi di grave e documentata difficoltà, tramite le cosiddette dilazioni “straordinarie” autorizzate in presenza di requisiti stringenti. La rata mensile minima è 50 euro, e le rate possono essere di importo costante o, su opzione, a importo crescente nel tempo.

Procedure “semplificate” vs “documentate”: per debiti fino a 120.000 € è oggi ammessa un’istanza semplificata, senza obbligo di documentare la situazione economica (è sufficiente una dichiarazione di temporanea difficoltà). Con questa procedura semplificata si può ottenere un piano ordinario fino al limite di rate sopra indicato (84 rate nel 2025-26). Per importi superiori a 120.000 € – o anche inferiori ma se si richiede un numero di rate più alto del massimo semplificato – è invece necessaria un’istanza documentata, allegando prova della temporanea situazione di obiettiva difficoltà economico-finanziaria secondo i parametri fissati dal MEF (D.M. 27/12/2024). In particolare, le persone fisiche e ditte individuali semplificate devono presentare l’ISEE familiare; gli altri soggetti (società, enti) devono produrre indici di liquidità e altri dati di bilancio; mentre per tutti i soggetti è previsto che eventi eccezionali (es. calamità naturali) comprovino automaticamente la difficoltà.

Tasso di interesse e oneri: Sulle rate concesse si applicano interessi di dilazione (in misura pari al tasso legale o altro tasso fissato periodicamente; ad esempio, dal 2023-2024 il tasso di rateazione è circa il 2% annuo). Non si applicano invece ulteriori sanzioni sulle somme dilazionate (le sanzioni amministrative per omesso versamento restano quelle già incluse nel carico). Inoltre, a partire dai debiti affidati dal 2022 in poi è abolito l’aggio di riscossione (il compenso di AdER) mentre per i carichi antecedenti resta dovuto ma anch’esso dilazionato. Se la dilazione riguarda cartelle già notificate da tempo, potrebbero essere presenti interessi di mora maturati prima della domanda: tali interessi di mora, calcolati al tasso vigente dalla scadenza della cartella (60 giorni dalla notifica) fino alla data della richiesta di rateazione, vengono “cristallizzati” e inclusi nel piano. Invece, una volta attivato il piano, pagando regolarmente le rate non maturano ulteriori interessi di mora sul debito rateizzato. Va però ricordato che in caso di ritardi o decadenza, torneranno ad applicarsi gli interessi di mora sulle somme non pagate (si veda oltre).

Lieve inadempimento: un elemento importante introdotto dal 2015 è la disciplina del “lieve inadempimento” prevista dall’art. 15-ter del D.P.R. 602/1973 (introdotto dal D.Lgs. 159/2015). Questa norma prevede alcune tolleranze per i pagamenti rateali, applicabili sia alle dilazioni da cartella che ad altri istituti deflattivi. In particolare, non costituisce causa di decadenza: (a) un lieve ritardo nel pagamento di una rata, se effettuato entro 5 giorni dalla scadenza (al debitore saranno addebitati solo interessi moratori per quei pochi giorni di ritardo); (b) il pagamento effettuato entro la scadenza della rata successiva, nel caso di rate trimestrali (ad es. per piani di accertamento con adesione o per gli avvisi bonari, che prevedono rate ogni tre mesi – in tali casi il mancato pagamento di una rata può essere “recuperato” se la si paga comunque prima che scada la rata seguente). Queste circostanze di lieve inadempimento non fanno venir meno il beneficio della rateazione. Inoltre, sempre grazie all’art. 15-ter, la decadenza da alcune definizioni agevolate non comporta il ripristino integrale delle sanzioni su quanto già versato (torneremo su questo aspetto a proposito degli avvisi bonari).

Norme speciali settoriali: oltre alla disciplina generale ex art. 19 DPR 602/73, esistono norme specifiche per determinate tipologie di rateazione: ad esempio l’art. 8 del D.Lgs. 218/1997 disciplina la dilazione delle somme dovute a seguito di accertamento con adesione (fino a 8 rate trimestrali, elevabili a 16 se importo > 50.000 €, con decadenza immediata se non si paga una rata entro il termine di quella successiva); l’art. 3-bis del D.Lgs. 462/1997 regola il pagamento rateale degli avvisi bonari da controllo automatizzato/formale (fino a 20 rate trimestrali, con decadenza se la rata non è pagata entro la scadenza di quella dopo). Nel prosieguo affronteremo anche le peculiarità di questi istituti, poiché la decadenza può manifestarsi in modo diverso a seconda della natura del piano rateale (cartella, accertamento, avviso bonario, definizione agevolata, ecc.).

Evoluzione normativa: la disciplina delle rateazioni è stata oggetto di numerosi interventi legislativi. Per contestualizzare le regole attuali sulla decadenza, ricordiamo i principali sviluppi normativi recenti:

  • Il “Decreto del Fare” (D.L. 69/2013, conv. L.98/2013) modificò l’art.19 DPR 602/73 aumentando da 2 a 8 il numero di rate il cui omesso pagamento fa decadere la dilazione.
  • Durante l’emergenza Covid-19, vari decreti (D.L. 18/2020, D.L. 34/2020, D.L. 73/2021, D.L. 146/2021) hanno sospeso termini di pagamento e allentato temporaneamente le soglie di decadenza: in particolare, i piani in essere al marzo 2020 non decadevano fino a 18 rate non pagate, e i piani concessi tra 2020 e 2021 decadevano dopo 10 rate omesse. Queste misure eccezionali, inizialmente transitorie, hanno poi lasciato spazio a una modifica strutturale.
  • Il “Decreto Aiuti” (D.L. 50/2022, conv. L.91/2022) ha introdotto importanti novità: da un lato, ha consentito di ottenere nuove rateizzazioni anche in presenza di precedenti piani decaduti, purché su debiti diversi (introduzione del comma 3-ter all’art.19 DPR 602/73); dall’altro, ha fissato al 16 luglio 2022 il discrimine temporale per la riammissione in dilazione, stabilendo che i piani concessi da quella data in poi non possano più essere oggetto di nuova rateizzazione in caso di decadenza (vedremo a breve i dettagli).
  • Il D.Lgs. 29 luglio 2024 n.110 (in vigore dal 2025) ha ulteriormente innovato la materia: oltre a estendere la durata massima (84-96-108 rate come visto sopra), ha confermato la soglia di €120.000 per le istanze senza documentazione e ha introdotto alcune modifiche in tema sanzionatorio (ad es. riduzione della cosiddetta “sanzione da decadenza” negli accertamenti con adesione dal 45% al 37,5% per violazioni dal 1/9/2024).

In sintesi, l’istituto della rateizzazione è concepito dal legislatore come un beneficio per andare incontro al debitore in temporanea difficoltà, e in quanto tale è subordinato a precise condizioni e soggetto a decadenza automatica in caso di inadempimento. Di seguito analizziamo proprio quando scatta la decadenza (revoca) del piano e cosa comporta.

Cause di decadenza dal beneficio della rateizzazione

La decadenza dal piano di rateazione si verifica quando il contribuente, nel corso della dilazione, omette il pagamento di un certo numero di rate oltre la soglia consentita. In pratica, un eccessivo inadempimento fa perdere definitivamente il beneficio del pagamento a rate. La normativa italiana ha modificato più volte nel tempo il numero di rate non pagate che comportano la decadenza, e tale numero dipende anche dal periodo in cui il piano è stato concesso. Inoltre, particolari tipologie di dilazione (come gli accertamenti rateali o le definizioni agevolate) seguono regole proprie. Esaminiamo dunque le cause di decadenza distinguendo i principali casi:

A) Decadenza delle rateizzazioni su cartella di pagamento (piani AdER ordinari)

Per le dilazioni concesse dall’Agente della Riscossione ex art.19 DPR 602/73 (rateizzazione di cartelle esattoriali o altri ruoli), le condizioni di decadenza per inadempienza variano a seconda della data di presentazione del piano e delle normative emergenziali succedutesi. La tabella seguente riassume il numero di rate il cui mancato pagamento determina la decadenza, in base al periodo di concessione del piano:

Periodo di concessione del piano (domanda presentata in data…)Decadenza al mancato pagamento di
Piano già in essere all’8 marzo 2020 (21 febbraio 2020 se debitore residente in ex “zona rossa” Covid)18 rate omesse (anche non consecutive)
Piano concesso dopo l’8 marzo 2020 su richiesta fino al 31 dicembre 202110 rate omesse (anche non consecutive)
Piano richiesto dal 1° gennaio 2022 al 15 luglio 20225 rate omesse (anche non consecutive)
Piano richiesto dal 16 luglio 2022 in poi8 rate omesse (anche non consecutive)

Come si evince, la tolleranza è stata massima durante l’emergenza pandemica (18 rate non pagate per piani ante-2020) ed è poi gradualmente rientrata a 8 rate per i piani più recenti. Dal 16 luglio 2022 la regola generale a regime è: decadenza dopo 8 rate non pagate (anche se non consecutive). Anche per le richieste presentate nel 2025 e anni seguenti, salvo ulteriori modifiche, resta dunque il limite di 8 rate omesse che fa scattare la decadenza.

Attenzione: se tra le rate non pagate vi è l’ultima rata del piano, la decadenza si concretizza anche con un numero di rate omesse inferiore a quello ordinariamente previsto. Ciò significa che se il debitore manca di versare proprio l’ultima scadenza prevista dal piano, perde comunque il beneficio anche se le rate omesse in totale sono meno di 8 (o della soglia applicabile). Questo perché il mancato pagamento della rata finale, segnando il mancato completamento del piano, fa decadere immediatamente la dilazione al pari di un inadempimento grave.

In caso di decadenza, il beneficio cessa automaticamente per legge (art. 19 co.3 DPR 602/73) e non è formalmente richiesto un provvedimento ad hoc di “revoca”. Tuttavia, nella prassi l’Agente della Riscossione comunica al debitore l’intervenuta decadenza, tipicamente mediante una “Comunicazione di decadenza dal beneficio della rateazione” o tramite la notifica di un’intimazione di pagamento che intima il saldo del residuo, indicando le ragioni (es. numero di rate omesse). Su questo aspetto torneremo, poiché la giurisprudenza ha sottolineato l’importanza che tale comunicazione sia motivata per permettere al contribuente di comprendere le cause (omessi versamenti, eventualmente quali rate, tenuto conto anche di possibili ritardi non sanzionabili per “lieve inadempimento”) e di difendersi da eventuali errori.

Riassumendo le cause tipiche di decadenza di un piano ordinario AdER:

  • Omesso pagamento della prima rata entro i termini previsti: se il contribuente non versa la prima rata iniziale (di regola dovuta entro 30 giorni dal provvedimento di accoglimento, con una tolleranza di 5-7 giorni), il piano può decadere immediatamente. In pratica il piano non si perfeziona se la prima rata non viene pagata tempestivamente (AdER generalmente indica nelle comunicazioni che la mancata prima rata entro 30 giorni rende nulla la dilazione). (NB: Nel caso di piani conseguenti a definizioni come accertamento con adesione o avvisi bonari, spesso il termine per la prima rata è fissato per legge a 30 giorni dalla richiesta e la decadenza è immediata se non rispettato; AdER per le cartelle applica un criterio simile con lieve estensione di tolleranza).
  • Omesso pagamento di [X] rate complessive (come da tabella sopra): se durante il piano si accumulano in totale un certo numero di rate non pagate (anche non consecutive) pari alla soglia X (es. 8 per piani recenti), scatta la decadenza automatica. Fino a raggiungere tale soglia il piano rimane valido e le rate arretrate restano dovute (con interessi di mora per il ritardo), ma non si perde l’agevolazione.
  • Ritardo lieve nei pagamenti: non causa decadenza se rientra nelle tolleranze (pagamento entro 5 giorni). Viceversa, ritardi superiori a 5 giorni contano come rate omesse ai fini della soglia di decadenza.
  • Ultima rata non pagata: come detto, fa decadere comunque il piano anche se il totale delle omissioni è inferiore al limite previsto.

Va segnalato infine che il comma 3-ter dell’art. 19 DPR 602/73, introdotto nel 2022, chiarisce che la **decadenza di un piano di rateazione non preclude la possibilità di chiedere dilazioni su altri debiti non inclusi in quel piano. In altre parole, se un contribuente perde la rateazione per alcuni carichi, ciò non gli impedisce di ottenere un nuovo piano di rateizzo per diversi carichi eventualmente a ruolo. È una tutela introdotta per evitare che chi è decaduto su un debito venga “tagliato fuori” da ogni ulteriore possibilità di dilazione su altre pendenze.

B) Decadenza dei piani da accertamento con adesione (e altri istituti deflattivi)

Un caso diverso è rappresentato dalle dilazioni derivanti da accertamenti con adesione o strumenti analoghi (adesione ai PVC, acquiescenza, conciliazione giudiziale): in tali ipotesi, infatti, la rateizzazione non è concessa da AdER ex art.19, bensì direttamente dall’Agenzia delle Entrate ai sensi dell’art. 8 D.Lgs. 218/1997. La legge consente, dopo aver definito in adesione un avviso di accertamento, di pagare le somme dovute in max 8 rate trimestrali (12 se l’adesione riguarda avvisi di liquidazione, per imposte indirette come registro) oppure 16 rate trimestrali se l’importo supera €50.000. Condizione fondamentale: il contribuente deve versare la prima rata entro 20 giorni dalla sottoscrizione dell’atto di adesione, pena la decadenza immediata dall’intera adesione (l’accertamento torna pienamente dovuto in unica soluzione). Le rate successive sono trimestrali.

La decadenza del beneficio della rateazione nell’accertamento con adesione avviene se il contribuente non paga una rata entro la scadenza di quella successiva. In pratica, basta saltare due scadenze consecutive: se una rata non viene pagata entro il trimestre seguente, si perde la dilazione. Non c’è una soglia numerica come per le cartelle: è un meccanismo più rigido (tipico anche degli avvisi bonari, come vedremo). Ad esempio, se le rate sono trimestrali e il contribuente non paga la 3ª rata entro il termine della 4ª rata, scatta la decadenza.

Conseguenze specifiche: la perdita del beneficio dell’adesione comporta che l’accordo fiscale raggiunto viene meno limitatamente alle somme residue. L’Agenzia Entrate iscriverà quindi a ruolo l’importo ancora non versato. Inoltre – e questo è cruciale – sull’importo residuo scatta una sanzione aggiuntiva pari al 60% delle imposte non pagate, ridotta a 45% dopo il 2016, qualora la dilazione venga meno. Si tratta della cosiddetta “sanzione da decadenza” prevista dall’art. 8 co.3 D.Lgs. 218/97 e ora dall’art. 15-ter DPR 602/73: in pratica il contribuente che ha beneficiato della sanzione ridotta (1/3) con l’adesione, se decade dal piano perde lo sconto sulle sanzioni per la parte non pagata e deve pagare sanzione intera (per i 2/3 restanti) sul residuo. In passato questa sanzione integrativa era del 60%, ma il D.Lgs. 159/2015 l’ha ridotta al 45%, e il D.Lgs. 110/2024 la ridurrà ulteriormente al 37,5% per violazioni dal 1/9/2024.

Facciamo un esempio: Tizio definisce un avviso con €100.000 di imposta e €33.000 di sanzioni ridotte (1/3 di €100k*0,50 di sanzione piena). Opta per 8 rate. Se paga solo €50.000 + sanzioni proporzionali e poi decade, la parte non pagata (€50.000 imposta) verrà iscritta a ruolo con €50.000 * 0,75 = €37.500 di sanzioni (ossia il 45% dell’intera imposta originaria non pagata, che sommato alla quota di sanzioni già versate porta il totale sanzioni ai 2/3 del dovuto). Questo in base alle regole post-2016. Prima del 2016 sarebbe stata 60%. – Nota: la Cassazione ha chiarito che per le adesioni ante 2015 valeva la regola più severa (perdita integrale del beneficio e sanzioni piene su tutto), mentre post riforma 2015 la sanzione piena si applica solo sul residuo non versato.

Ai fini pratici, la decadenza di un piano di adesione produce l’emissione di una cartella esattoriale da parte di AdER per il recupero coattivo del residuo (imposte + sanzioni come sopra ricalcolate + interessi e aggi). AdER procederà poi come per qualsiasi cartella non pagata, con possibilità di azioni esecutive trascorsi 60 giorni dalla notifica. Da notare che la normativa non consente di rateizzare con AdER l’importo iscritto a ruolo a seguito di decadenza da adesione: infatti tali somme sono considerate “derive” di un istituto deflattivo e non rientrano nella dilazione ordinaria. Dunque il contribuente che decade da un accertamento con adesione, in genere, non può chiedere ad AdER di pagare a rate la cartella conseguente (fa eccezione il caso in cui il legislatore introduca sanatorie ad hoc, come la Definizione agevolata degli accertamenti prevista a fine 2022, che però era applicabile solo a rate scadute al 1° gennaio 2023 e pagate entro il 31/3/2023).

C) Decadenza nelle definizioni agevolate (rottamazioni delle cartelle e “saldo e stralcio”)

Le definizioni agevolate dei carichi affidati all’Agente della Riscossione – note anche come “rottamazione delle cartelle” (introdotta per la prima volta dal D.L. 193/2016 e reiterata più volte, da ultima la rottamazione-quater 2023) e “saldo e stralcio” (misura straordinaria del 2019 per contribuenti in difficoltà) – prevedono anch’esse pagamenti rateali. La rottamazione consente di estinguere i debiti iscritti a ruolo senza sanzioni né interessi di mora, pagando solo le imposte e pochi oneri, in un numero di rate determinato dalla legge (es. la “rottamazione-ter” legge 145/2018 prevedeva max 18 rate in 5 anni; la “quater” L.197/2022 prevedeva 18 rate in 5 anni, poi rimodulate a 10 rate semestrali dalla legge 56/2023 per i riammessi). Analogamente, il saldo e stralcio L.145/2018 permetteva a contribuenti con ISEE < €20.000 di pagare solo una percentuale ridotta del debito in 5 rate entro il 2021.

Anche queste definizioni prevedevano una decadenza automatica in caso di mancato pagamento di una delle rate nei termini previsti. Ad esempio:

  • Per la rottamazione-ter (2018-2022): la decadenza scattava se il contribuente non pagava puntualmente una delle rate previste (erano ammesse tolleranze di pochi giorni tramite differimenti legislativi, soprattutto durante il Covid). In particolare, dopo le proroghe Covid, il termine ultimo per le rate 2020-2021 fu spostato al 31/7/2022 e 30/11/2022; chi non ha versato entro tali date è decaduto definitivamente dal beneficio.
  • Per la rottamazione-quater (2023): originariamente era prevista decadenza immediata al mancato pagamento di qualsiasi rata entro i 5 giorni di tolleranza. In corso d’opera, però, il Milleproroghe 2023 (L. 14/2023) ha concesso fino al 31/10/2023 per pagare la 1ª rata, e il Milleproroghe 2025 (L. 15/2025) ha addirittura introdotto una riammissione per i decaduti: chi non aveva pagato le rate 2023 della rottamazione-quater è stato autorizzato a presentare istanza entro il 30/4/2025 per essere riammesso con un nuovo piano in 10 rate semestrali, a condizione di versare la prima entro il 31/7/2025.

In generale, per saldo e stralcio 2019 e altre definizioni, la regola era: una rata saltata = decadenza (spesso senza possibilità di sanatoria, salvo nuove leggi). La conseguenza della decadenza da una definizione agevolata è che il beneficio si annulla retroattivamente: il debito torna integro di sanzioni e interessi di mora come se non si fosse aderito alla definizione. Inoltre, finché le norme non lo hanno espressamente previsto nel 2023, la decadenza da rottamazioni precedenti precludeva anche la possibilità di chiedere una rateizzazione ordinaria su quegli stessi carichi (le leggi istitutive delle rottamazioni stabilivano che i debiti definibili non potessero essere rateizzati durante la finestra di adesione, e in caso di decadenza le rate pagate venivano acquisite a acconto e si riprendeva la riscossione coattiva senza altre dilazioni).

La Legge di Bilancio 2023 (L.197/2022), nell’introdurre la rottamazione-quater, ha però previsto una deroga favorevole: in caso di decadenza dalla rottamazione-quater, i debiti possono comunque essere rateizzati ordinariamente. Questa apertura legislativa ha sollevato il dubbio se si potessero ormai rateizzare anche i carichi decaduti da rottamazioni precedenti (ter, ecc.), ma AdER ha assunto che la deroga vale solo per la “quater” – per i decaduti dalle vecchie rottamazioni, resta il divieto di dilazione ordinaria. Ciò significa che un contribuente decaduto dalla rottamazione-ter nel 2022, se non ha aderito alla “quater” successiva, ad oggi non può rateizzare quei carichi e dovrà pagarli in unica soluzione o attendere future sanatorie.

In sintesi, le cause di decadenza nelle definizioni agevolate sono stringenti (basta una rata mancata) e non ci sono seconde possibilità salvo nuova legge. Pertanto, chi aderisce a rottamazioni o saldo-stralcio deve essere consapevole che un’omissione lo riporta nella situazione originaria con aggravio di sanzioni. Le uniche eccezioni sono state interventi normativi ad hoc (come la riapertura dei termini o la riammissione per la quater) che però richiedono sempre una norma di legge apposita.

D) Decadenza nelle rateazioni degli avvisi bonari (controlli automatizzati)

Un caso a parte è la dilazione relativa agli avvisi bonari da controllo automatizzato o formale delle dichiarazioni (ex artt. 36-bis DPR 600/73 e 54-bis DPR 633/72). Quando il contribuente riceve una comunicazione ex 36-bis (es. per un’omissione nel modello Redditi) può beneficiare di una sanzione ridotta al 10% (invece del 30%) se paga entro 30 giorni. Inoltre può chiedere di rateizzare l’importo fino a un massimo di 8 rate trimestrali (o 20 rate se importo > €5.000), ai sensi dell’art. 3-bis D.Lgs. 462/1997. In questo caso la dilazione è accordata dall’Agenzia delle Entrate (non da AdER) e si perfeziona con il pagamento della prima rata entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione.

La decadenza per i piani su avviso bonario è regolata dal medesimo art. 3-bis: se il contribuente non paga una rata entro la scadenza della successiva, perde il beneficio. È dunque lo stesso meccanismo “due consecutive” visto per gli accertamenti. In caso di decadenza:

  • L’intera sanzione torna al 30% sull’importo residuo dovuto. Prima del 2015 questo significava che il contribuente perdeva il beneficio su tutto l’importo, dovendo pagare il 30% anche sulle somme già versate (con eventuale conguaglio). Dopo il 2015, grazie all’art.15-ter DPR 602/73, la perdita del beneficio è parziale: sul residuo non pagato si applica sanzione 30%, mentre sulle rate già pagate la sanzione ridotta del 10% resta acquisita. La Cassazione 17362/2024 ha confermato questa interpretazione, distinguendo tra regime ante e post 2015.
  • L’Agenzia delle Entrate iscrive a ruolo le somme dovute (imposta + interessi + sanzioni ripristinate al 30% sul dovuto residuo). Segue la notifica di cartella esattoriale da parte di AdER.

Esempio: avviso bonario da €10.000 di imposta, sanzione ridotta €1.000 (10%). Se il contribuente paga 3 rate su 8 e poi decade, sul residuo €5.000 imposta la sanzione torna 30% = €1.500 (mentre sui €5.000 pagati restava 10%). Totale residuo in cartella ~€6.500 più interessi. – Ante 2015 sarebbe stata sanzione piena su tutti €10.000 (= €3.000) detratto quanto versato.

Anche qui non è ammessa rateazione AdER sulla cartella da avviso bonario decaduto, poiché la rateizzazione originaria era una definizione agevolata ad hoc (tuttavia, la L.197/2022 ha previsto una definizione agevolata degli avvisi bonari 2019-20 che consentiva, pagando il dovuto entro certe date, di mantenere sanzioni ridotte anche se le rate non erano state pagate: era una sorta di saldo di fine periodo per chi era decaduto in quel biennio).

In breve, per gli avvisi bonari la causa di decadenza è mancato pagamento di una rata entro la successiva, e l’effetto è la perdita della sanzione ridotta (sia pur con la salvaguardia delle somme già versate post-2015). Conviene sempre monitorare con attenzione queste rate trimestrali, perché basta dimenticarsi di una scadenza per oltre 3 mesi per vanificare il beneficio.

Conseguenze ed effetti della decadenza

Quando la decadenza dal piano di rateizzazione si concretizza, le conseguenze per il debitore sono significative e potenzialmente gravi. In generale, decadere dal beneficio della dilazione comporta:

  • Esigibilità immediata del debito residuo: l’intero importo ancora dovuto diventa scaduto in unica soluzione. Viene meno il calendario rateale: il debitore è tenuto a pagare tutto subito. AdER considererà quindi scaduto e da riscuotere il capitale residuo, gli interessi di dilazione maturati fino a quel momento e ogni altro onere (aggio sui carichi ante 2022, spese di notifica, interessi di mora maturati fino alla domanda, ecc.). Se il piano era a seguito di definizione agevolata, come visto, torneranno dovute anche le sanzioni e interessi precedentemente condonati; se era da accertamento con adesione, si aggiungerà la sanzione da decadenza (45% o 60%).
  • Ripresa delle azioni di recupero forzoso: l’Agente della Riscossione potrà immediatamente attivare o proseguire le procedure cautelari ed esecutive per il recupero del dovuto. In pratica, con la decadenza AdER non è più vincolata alla sospensione delle attività esecutive che normalmente vige durante un piano regolare. Se prima della rateizzazione erano state iscritte ipoteche o fermi amministrativi, questi rimangono in essere (non vengono revocati se non a debito estinto). Inoltre, eventuali pignoramenti già avviati proseguono: ad esempio se era stato notificato un atto di pignoramento o avviata una procedura d’asta, la decadenza non ferma tali iter. Anzi, spesso l’AdER attende proprio la decadenza per riprendere dal punto in cui aveva sospeso. Al contrario, finché il piano era attivo e regolare, l’Agente non poteva avviare nuove esecuzioni (salvo alcune eccezioni di legge); ora questa “tutela” viene meno. Dunque il debitore decaduto può aspettarsi, nel giro di poche settimane o mesi, azioni come: notifiche di intimazioni di pagamento (se non già fatta) che danno 5 giorni per pagare, e a seguire pignoramenti di conti correnti, pignoramenti presso terzi (es. stipendio), fermo amministrativo di veicoli, ipoteca su immobili, ecc.
  • Aggravio di interessi di mora: dal momento della decadenza (o meglio, dallo scadere delle singole rate non pagate) riprendono a maturare gli interessi moratori sull’intero importo residuo, al tasso annuale stabilito (attualmente piuttosto elevato, determinato periodicamente – es. ~6% annuo nel 2023). Gli interessi di mora si calcolano infatti sul debito a ruolo dal giorno successivo alla scadenza ordinaria (60 gg dalla cartella) fino al pagamento integrale. Durante il periodo di dilazione regolare, di fatto, l’applicazione di nuovi interessi di mora era sospesa; ma con la decadenza, per il periodo di mancato pagamento successivo, tali interessi tornano ad accumularsi sul debito.
  • Perdita di eventuali benefici correlati (DURC, sospensioni): la decadenza può far venir meno alcuni effetti vantaggiosi. Ad esempio, durante la rateazione il debitore è considerato “in regola” con il DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva) sia fiscale che previdenziale – ciò consente a imprese e professionisti di partecipare ad appalti pubblici o ricevere pagamenti dalle P.A. anche se hanno debiti, purché rateizzati e in corso. Ma se il piano decade, il DURC diventa immediatamente irregolare, perché il debito torna esigibile in unico importo. Di conseguenza, l’impresa verrà considerata morosa e potrà subire la sospensione di benefici (es. pagamenti per appalti, agevolazioni) e l’impossibilità di ottenere nuovi DURC fino a quando non regolarizza il debito (pagandolo o ottenendo altra dilazione, se possibile). Anche eventuali sospensioni giudiziali della riscossione (es. provvedimenti del tribunale) potrebbero cadere se erano legate al piano.
  • Impossibilità di ottenere un nuovo piano sullo stesso debito (per piani recenti): come accennato, la normativa attuale stabilisce che se il piano decaduto era stato concesso dal 16 luglio 2022 in poi, il debitore non può più rateizzare quei medesimi carichi. Dunque la decadenza diventa definitiva e senza appello su quel debito, salvo future disposizioni legislative. Se invece il piano originario era antecedente a tale data, esiste (come vedremo) la possibilità di richiedere una nuova dilazione degli importi residui, ma solo dopo aver pagato tutte le rate scadute del piano decaduto.

Riassumendo, la decadenza mette il debitore in una posizione di estrema vulnerabilità: il debito si “riaccende” per intero gravato di sanzioni/interessi pieni, e l’Agente della Riscossione può colpire con misure esecutive senza ulteriori indugi. Evitare la decadenza dovrebbe essere una priorità assoluta per chi ottiene una rateizzazione, perché una volta perso il beneficio, rimediare è complicato. Nella sezione seguente, tuttavia, vedremo quali opzioni ha il debitore dopo la revoca del piano: come può difendersi, se può essere riammesso a dilazione, se può impugnare atti o trovare soluzioni alternative, ecc.

Cosa fare in caso di avviso di decadenza

Immaginiamo la situazione: hai presentato una domanda di rateizzazione, ottenuto il piano, ma per varie ragioni hai saltato alcuni pagamenti. Ora hai ricevuto dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione una comunicazione di avvenuta decadenza dal beneficio della dilazione (o un’intimazione di pagamento per l’intero residuo). Comprensibilmente, ciò genera allarme. Cosa può fare un debitore in questa situazione? È fondamentale agire con rapidità e cognizione di causa, per evitare l’avvio di pignoramenti o ulteriori aggravamenti. Vediamo passo passo come procedere, dal punto di vista del debitore:

1. Verificare i termini e le cause della decadenza: Appena si riceve l’atto (lettera di revoca del piano, intimazione, ecc.), bisogna leggerlo attentamente e controllare il motivo addotto. Solitamente verrà indicato il numero di rate non pagate e il riferimento al piano di rateizzazione. Confronta queste informazioni con la tua situazione contabile: effettivamente hai saltato quel numero di rate? Potrebbe esserci un errore da parte dell’Agente (ad es. un pagamento non registrato, oppure alcune rate pagate con lieve ritardo che quindi – in base al “lieve inadempimento” – non dovevano portare decadenza). Ricorda le soglie applicabili: per piani concessi dal 2022 servono 8 rate omesse, per piani più vecchi poteva essere 5 o 10, etc. Verifica il totale delle tue inadempienze. Esempio: se l’avviso parla di 8 rate omesse ma tu ritieni di averne saltate 6, raccogli le ricevute di pagamento a supporto. Se noti discrepanze, c’è margine per contestare (vedi punto 3, autotutela).

2. Verificare l’eventuale “lieve inadempimento”: come detto, piccoli ritardi non causano decadenza. Se alcune rate le hai pagate in ritardo di pochi giorni (entro 5 giorni dalla scadenza), legalmente non contano come omesse – dovevi però corrispondere gli interessi di mora per quei giorni. Oppure, per rate trimestrali, se una rata è stata saldata prima della scadenza della successiva, la legge ti tutela (per i piani AdER e quelli da adesione questa circostanza evita la decadenza). Verifica quindi se qualche rata segnalata come “non pagata” fosse in realtà pagata, solo fuori termine ma entro le soglie di tolleranza. In tal caso, potresti non essere effettivamente decaduto per legge, e dovrai far correggere l’errore (tramite autotutela o giudice). Ad esempio, potresti scoprire che due delle 8 rate contestate erano state pagate 2 giorni in ritardo: legalmente allora non sei a 8 omesse ma a 6, quindi la decadenza non doveva ancora scattare.

3. Istanza di autotutela in caso di errore: Se riscontri che la decadenza è stata dichiarata per un errore (pagamenti effettuati ma non risultanti, calcolo sbagliato del numero di rate, applicazione errata del lieve inadempimento, ecc.), è opportuno inviare immediatamente un’istanza di autotutela all’ente creditore (Agenzia Entrate/INPS se il debito è tributario o contributivo) e per conoscenza ad AdER, chiedendo l’annullamento della decadenza per errore materiale. L’istanza va preferibilmente inviata via PEC, così da avere data certa. Nel testo occorre indicare i dettagli del piano (numero di dilazione, riferimento cartella/e), spiegare perché non si sarebbe dovuti decadere e allegare le prove (ricevute, attestazioni di pagamento). Ad esempio:

«Oggetto: Istanza di autotutela – decadenza piano di rateizzazione n. XXXX.
Il sottoscritto…, in relazione alla Comunicazione di decadenza dal beneficio della rateazione n… del …, relativa alla rateizzazione concessa con provvedimento … su cartella n… (importo iniziale €…), espone quanto segue:
L’addebito di decadenza si fonda sull’omesso pagamento di 8 rate. Tuttavia, come da documentazione allegata, la rata con scadenza 31/05/2024 (importo €…) è stata regolarmente versata in data 05/06/2024, ossia entro i 5 giorni di tolleranza di cui all’art. 15-ter DPR 602/73. Pertanto tale rata non può considerarsi omessa. Ne consegue che le rate effettivamente non pagate risultano 7, numero insufficiente a far decadere il piano (richiesto in data 2023, soglia 8 rate omesse). Si chiede dunque in autotutela l’annullamento/revoca della comunicazione di decadenza impugnata e il ripristino del piano rateale originario, non ricorrendo i presupposti di legge dell’inadempimento grave.»
.

In molti casi, se l’errore è evidente, l’Agente della Riscossione o l’ente creditore accoglierà l’autotutela, comunicando il ripristino del piano. Importante: la presentazione dell’istanza di autotutela non sospende automaticamente le azioni di riscossione. Ciò significa che, mentre attendi risposta, AdER potrebbe comunque procedere con pignoramenti ecc. Se la situazione è urgente, conviene parallelamente attivarsi anche sul piano dei pagamenti (punto successivo) o, se necessario, valutare un ricorso con richiesta di sospensiva al giudice tributario. L’autotutela è uno strumento di “moral suasion” verso l’amministrazione, ma non dà garanzie né blocca i termini di impugnazione.

4. Pagamento delle rate scadute (se possibile): Se sei decaduto perché hai accumulato arretrati, la unica maniera per tentare di riattivare la rateazione (nei casi ammessi dalla legge) è pagare tutte le rate scadute non pagate, in un’unica soluzione. Questo è esattamente ciò che la normativa richiede per concedere la riammissione in dilazione per i piani più vecchi. Occorre distinguere due situazioni:

  • Piano concesso prima del 16 luglio 2022: in tal caso la legge consente una riammissione (una sorta di “seconda chance”). Devi versare integralmente l’importo di tutte le rate scadute e non pagate del piano decaduto, e poi presentare una nuova istanza di rateizzazione per il restante debito residuo. Esempio: avevi una rateizzazione in 20 rate, ne hai pagate 10 e ne hai omesse 8 (residuo ancora da rateizzare 10 rate future). Se paghi subito le 8 scadute arretrate, potrai chiedere di dilazionare nuovamente le 10 rimanenti (quelle non ancora scadute). Questa facoltà è frutto delle modifiche normative introdotte dal 2020 (DL 34/2020) e confermate nel 2022 (DL 50/2022) per aiutare chi era decaduto durante o subito dopo la pandemia. Nota: la norma non fissa un termine rigido per chiedere la riammissione, ma è consigliabile attivarsi al più presto dopo la decadenza – attendere troppo potrebbe complicare le cose (es. se nel frattempo il debito viene saldato coattivamente o intervengono prescrizioni, ecc.).
  • Piano concesso dal 16 luglio 2022 in poi: purtroppo, in questo caso la normativa attuale non consente alcuna nuova rateizzazione sugli stessi debiti oggetto del piano decaduto. Pagare le rate arretrate non “riattiva” il vecchio piano né obbliga AdER a concederne un altro. La decadenza è definitiva. Ciò non toglie che, se si hanno le risorse finanziarie, versare comunque tutto o parte degli arretrati sia utile: riduce immediatamente il debito residuo (meno importo su cui maturano interessi di mora, minori basi per eventuali pignoramenti) e potrebbe indurre l’Agente della Riscossione a soprassedere temporaneamente da azioni aggressive se percepisce un concreto tentativo di rientro. Ma formalmente, ripetiamo, chi è decaduto da un piano “nuovo” non ha diritto ad un nuovo piano su quei medesimi carichi. L’unica speranza, in assenza di risorse per saldare, è attendere un eventuale intervento legislativo futuro (ad esempio una rottamazione o sanatoria) che includa quei debiti.

In conclusione, se sei decaduto da un piano recente (post 2022) l’unica via per dilazionare di nuovo quel debito sarebbe un cambiamento normativo – cosa incerta. Se invece il tuo piano era più vecchio, hai una chance concreta: pagare gli arretrati e chiedere la riammissione. Naturalmente, questo richiede di trovare le somme in un’unica soluzione, il che non è facile per chi già non pagava le rate: ma a volte i debitori riescono a reperire liquidità straordinaria (aiuti familiari, vendita di beni, ecc.) proprio per non perdere il beneficio. Valuta questa opzione perché, se attuabile, è la soluzione più diretta per riprendere fiato ed evitare i pignoramenti.

5. Valutare le definizioni agevolate (rottamazioni) disponibili: Verifica se il debito per cui sei decaduto può rientrare in qualche misura agevolativa attualmente in corso o di prossima apertura. Ad esempio, nel 2023 era attiva la Rottamazione-quater (cartelle 2000-30/6/2022) con domanda entro 30/6/2023: se non avevi aderito allora, ormai è tardi; ma magari il tuo debito era già inserito in rottamazione-quater e poi sei decaduto da quella. In tal caso, come spiegato, avevi la possibilità di riammissione entro il 30/4/2025 grazie al Milleproroghe 2025. Se hai colto tale opportunità, sei rientrato nella definizione agevolata (con un nuovo piano agevolato in 10 rate) e la decadenza originaria è superata. Se invece non l’hai colta e i termini sono scaduti, al 2025 non vi sono altre sanatorie attive per quei carichi. Potresti sperare in una futura “rottamazione-quinquies”, ma nulla di certo: quindi non affidarti a futuri condoni incerti, meglio agire con gli strumenti esistenti.

Analogamente, informati su eventuali misure specifiche: ad es. la L.197/2022 prevedeva la definizione agevolata degli avvisi bonari 2019-20 (sanzioni ridotte al 3% pagando entro 2023); se il tuo debito rientrava lì e non hai pagato, potresti regolarizzarlo ora con quella agevolazione, se prorogata. Ogni caso è a sé, ma controlla sempre le norme agevolative: il legislatore negli ultimi anni ha varato numerosi provvedimenti (rottamazioni, stralcio mini-debiti, ecc.). Se ce n’è uno applicabile alla tua posizione e i termini non sono chiusi, aderire potrebbe risolvere gran parte del problema riducendo il dovuto e rateizzandolo su base agevolata.

(Aggiornamento 2025: al momento, dopo la rottamazione-quater non vi sono nuove definizioni generalizzate; c’è stato uno stralcio dei mini-debiti fino €1.000 affidati 2000-2015, ma riguarda importi piccoli e non c’entra con rateazioni. Si attende di vedere se nella seconda metà del 2025 il Governo proporrà altre misure. Tenersi aggiornati è importante.)*

6. Comunicare con l’Agente della Riscossione: È consigliabile prendere contatto con AdER (telefonicamente tramite il call center, o recandosi allo sportello territoriale) per segnalare la volontà di risolvere la situazione. A volte, se il contribuente mostra collaborazione, l’Agente può – discrezionalmente – concedere una breve dilazione di fatto o rinviare le azioni esecutive, soprattutto se si sta predisponendo un pagamento. Esempio: se comunichi che entro la fine del mese pagherai integralmente le rate scadute, AdER potrebbe attendere prima di iscrivere un’ipoteca o eseguire un pignoramento, purché ti attenga a quanto promesso. Non è un diritto sancito, ma il dialogo può giovare. Inoltre, fissando un appuntamento allo sportello AdER potrai esaminare con un funzionario il prospetto del tuo debito residuo post-decadenza: avrai chiaro l’importo esatto da saldare e potrai chiedere se ci sono margini (es. se una parte del debito è rateizzabile perché riferita ad altri carichi non inclusi nel piano decaduto). Mostrare proattività, in sintesi, spesso aiuta a guadagnare un po’ di tempo.

7. Misure alternative per gestire il debito residuo: Se la somma residua è molto elevata e non è più rateizzabile (es. piano recente decaduto, oppure già usufruita riammissione ma decaduto di nuovo, o definizione agevolata decaduta senza appigli), bisogna pensare fuori dagli schemi, esplorando soluzioni straordinarie. Eccone alcune possibili, da valutare caso per caso:

  • Piano di rientro extragiudiziale: in casi eccezionali, si può provare a negoziare direttamente con AdER un piano di rientro personalizzato. AdER per legge non può autonomamente ridurre sanzioni o interessi oltre quanto previsto, né disporre stralci discrezionali, ma potrebbe accettare un piano concordato di pagamento se intravede la possibilità concreta di incassare il dovuto evitando di mandare l’azienda in fallimento. Ad esempio, per scongiurare il fallimento di una società strategica, si potrebbe proporre di pagare il 100% in modo dilazionato fuori dai canali standard, magari offrendo garanzie reali o fideiussioni a supporto, e chiedendo contestualmente di sospendere le azioni esecutive. Questa non è una procedura codificata: è più che altro un approccio pragmatico da tentare con l’aiuto di professionisti (avvocati tributaristi, commercialisti) e coinvolgendo se possibile anche l’ente impositore (Agenzia Entrate, INPS) affinché dia assenso. AdER in genere risponde che fuori dalle norme non può accordare dilazioni “ad hoc”; tuttavia in passato qualche accordo di rientro extral giudiziale è stato fatto in contesti particolari. Vale la pena provare solo se il debito è enorme e le alternative sono peggiori (es. fallimento).
  • Procedure di sovraindebitamento o concorsuali: se il debito fiscale/contributivo è tale da compromettere la tua solvibilità in modo irreversibile, valuta gli strumenti di composizione delle crisi offerti dall’ordinamento. Per i privati e piccoli imprenditori non fallibili c’è la procedura di composizione negoziata della crisi o piano del consumatore (ex legge 3/2012, ora integrate nel Codice della Crisi D.Lgs.14/2019); per le imprese maggiori ci sono l’accordo di ristrutturazione dei debiti (che include la cosiddetta transazione fiscale per falcidiare i debiti erariali) o il concordato preventivo. Queste procedure, sotto l’egida del tribunale, permettono di proporre il pagamento parziale e/o dilazionato dei debiti fiscali entro un piano omologato. Ad esempio, un imprenditore può presentare un accordo attestato in cui offre di pagare il 50% del debito fiscale in 5 anni: se i creditori (compreso il Fisco) aderiscono o il tribunale lo omologa forzatamente, AdER è vincolata a quel piano e sospende le esecuzioni. Allo stesso modo, un consumatore sovraindebitato può proporre al giudice un piano del consumatore pagando magari solo una parte di cartelle e azzerando il resto: se il giudice omologa, AdER deve adeguarsi. Sono soluzioni complesse e costose, da valutare con legali esperti, ma in casi estremi rappresentano l’unica via d’uscita. Da ricordare: la mera rateizzazione ordinaria è preclusa se la difficoltà economica è definitiva (es. azienda cessata o fallita), ma nelle procedure concorsuali il Fisco può accettare transazioni sul dovuto, quindi un debito “impagabile” in via amministrativa può essere ridotto in via giudiziale.
  • “Opposizione” o esecuzione controllata: se AdER sta per pignorare beni e non hai modo di evitarlo, potresti dover subire l’esecuzione cercando però di controllarne gli effetti. Ad esempio, se hai più immobili e AdER minaccia ipoteca su tutti, potresti cercare di vendere volontariamente uno di minor valore e usare il ricavato per pagare parte del debito, così da scendere sotto la soglia di ipotecabilità per gli altri (attualmente ~€20.000 di debito per ipoteca); oppure se temi il pignoramento del conto, potresti temporaneamente spostare fondi su conti di familiari fidati – attenzione però: se fatto in malafede per sfuggire ai creditori, ciò potrebbe configurare la sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, reato di cui diremo più avanti. Un’altra ipotesi: se hai uno stipendio/pensione pignorabile, potresti lasciar procedere al pignoramento del quinto: in pratica “accetti” la trattenuta mensile come una forma di rateizzazione coattiva, consapevole che così eviti ulteriori aggressioni (AdER in genere, una volta ottenuto un pignoramento sullo stipendio, non procede oltre finché quello è sufficiente a saldare il debito entro qualche anno). Certo è una soluzione subita, ma alcuni debitori la preferiscono se non possono pagare diversamente.

In sostanza, quando la rateizzazione salta e il debito è ingestibile, bisogna considerare tutte le opzioni legali disponibili. Ognuna ha pro e contro, e richiede un’attenta valutazione tecnica. Quel che è certo, non bisogna restare inerti: un avviso di decadenza ignorato porterà quasi certamente a esecuzioni forzate in tempi brevi. Agire subito, cercando di negoziare, pagare qualcosa o avviare procedure concorsuali, è fondamentale per evitare danni irreparabili (come la perdita della casa, dell’auto, o il blocco dell’attività imprenditoriale).

8. Impugnazione legale (ricorso): La decadenza in sé è un fatto oggettivo previsto dalla legge: non esiste un “ricorso” per chiedere più tempo o contestare la norma in sé (il giudice non può disapplicare la soglia di rate omesse). Tuttavia, ci sono situazioni in cui un ricorso al giudice tributario è opportuno e può dare risultati:

  • Errore di applicazione della norma: se AdER ha dichiarato decaduto un piano quando per legge non lo era ancora (es. ha conteggiato male le rate omesse, non ha considerato il lieve inadempimento, oppure ha revocato per una rata pagata con pochi giorni di ritardo ritenendola omessa), allora l’atto di decadenza è illegittimo. In tal caso, se l’ente ignora la tua autotutela, puoi presentare ricorso alla Commissione Tributaria entro 60 giorni dalla notifica dell’atto (che sia la comunicazione di decadenza o, più spesso, l’intimazione di pagamento conseguente) chiedendone l’annullamento per insussistenza dei presupposti. Ad esempio: “impugno l’intimazione di pagamento perché errata, non essendo in realtà decaduto il mio piano, avendo omesso solo 7 rate su 8 previste”. Se il giudice ti dà ragione, annullerà l’intimazione e, di riflesso, dovrà essere ripristinato il piano.
  • Vizi formali del procedimento: il contribuente può contestare eventuali irregolarità procedurali da parte di AdER nel riprendere la riscossione. Un esempio tipico: l’art. 50 DPR 602/73 prevede che se AdER vuole eseguire un pignoramento trascorso oltre 1 anno dalla notifica della cartella, deve prima notificare un’intimazione di pagamento e attendere 5 giorni. Se l’Agente procedesse direttamente a pignorare senza tale intimazione aggiornata, l’esecuzione sarebbe viziata e si potrebbe fare opposizione per farla annullare. Altra verifica: la notifica originaria delle cartelle – se, ad esempio, la cartella non ti fu mai notificata correttamente, quel debito non è esigibile; tuttavia attenzione: aver chiesto la rateizzazione implica spesso rinuncia a eccepire vizi di notifica, perché presentando l’istanza di dilazione hai riconosciuto il debito e di fatto la conoscenza dell’atto. Su questo la Cassazione (ord. n. 32030/2022) ha affermato chiaramente che la presentazione dell’istanza di rateizzo vale come riconoscimento del debito e accettazione dell’atto presupposto, con conseguente interruzione dei termini di prescrizione. Quindi, non sarà possibile in sede di ricorso sostenere “quella cartella non mi fu notificata” se hai poi aderito al piano, perché si presume che tu l’abbia ricevuta. Invece, restano contestabili altri vizi sostanziali (es. debito sgravato dall’ente creditore ma AdER ha fatto comunque decadere il piano – caso raro ma possibile; oppure decadenza dichiarata mentre c’era una sospensiva giudiziale in corso, ecc.). In presenza di tali illegittimità di fondo, il ricorso è doveroso per far valere i propri diritti.
  • Contestazione di importi aggiuntivi: con la decadenza spesso AdER iscrive ulteriori oneri (interessi di mora, compensi). Se ritieni che la quantificazione di questi sia errata, puoi impugnare la cartella o intimazione nella parte in cui richiede tali importi. Ad esempio, potresti sostenere che gli interessi di mora non erano dovuti perché la cartella era antecedente a certa data, oppure che l’aggio è stato calcolato male, ecc.. Sono questioni tecniche in cui l’ausilio di un professionista è raccomandabile.

In tutti i casi di ricorso, il termine è 60 giorni dalla notifica dell’atto impugnabile (cartella, intimazione, provvedimento di diniego di autotutela). Il ricorso va proposto davanti alla Commissione Tributaria Provinciale competente. La presentazione del ricorso comporta, di regola, la sospensione legale della riscossione limitatamente alla parte di debito impugnata: ciò significa che, se contesti l’intero importo, AdER non potrà riscuoterlo finché la causa è pendente (salvo chiedere al giudice una garanzia); se contesti solo una parte (es. solo gli interessi), quella parte è sospesa mentre per il resto potrebbero procedere. Non c’è invece obbligo di pagare le rate durante il giudizio: se hai impugnato l’atto, il debito non è definitivo e quindi non devi versare nel frattempo (a meno che tu stesso non abbia chiesto una sospensione parziale pagando qualcosa, ma è raro). Naturalmente, va valutato caso per caso: a volte conviene ricorrere, altre no. Ma è bene sapere che la decadenza può essere contestata in giudizio se affetta da errori, e i giudici non di rado danno ragione ai contribuenti quando l’Agente non ha rispettato le regole (si veda ad es. il caso CTP Latina 2017 citato prima, dove la revoca tacita senza atto motivato è stata annullata).

Esempi pratici di decadenza e possibili soluzioni

Per rendere più concreti gli effetti della decadenza e le strategie del debitore, presentiamo tre casi pratici simulati, basati su situazioni tipiche:

Esempio 1 – Decadenza di un piano ordinario richiesto prima del 2022 (riammissione riuscita): Mario riceve nel 2018 una cartella esattoriale da €50.000 per vari tributi. Nel 2021 ottiene una rateizzazione ordinaria in 72 rate mensili da circa €750 l’una. Paga regolarmente 20 rate, poi a metà 2023 – causa difficoltà economiche – inizia a saltare i pagamenti. Entro dicembre 2024 accumula 10 rate non pagate (non consecutive). Secondo le regole, il suo piano richiesto nel 2021 sarebbe dovuto decadere dopo 8 rate omesse; tuttavia, poiché durante l’emergenza Covid i piani attivi nel 2020 beneficiavano di soglia 10, Mario giunge a 10 omissioni a fine 2024 prima che AdER lo consideri decaduto. A gennaio 2025 AdER gli notifica la Comunicazione di decadenza dal beneficio della rateazione, intimando il saldo immediato del residuo (circa €50.000 meno quanto già versato). Mario verifica e constata che effettivamente ha mancato 10 rate. Poiché il suo piano originario era stato presentato prima del 15/7/2022, Mario può sfruttare la possibilità di riammissione. Cosa fa? Entro poche settimane riesce – chiedendo aiuto in famiglia – a raccogliere i fondi e versa in un’unica soluzione tutte le 10 rate arretrate (€7.500 circa). In questo modo riduce il debito residuo (pagando gli arretrati, il residuo scende perché quelle rate coperte comprendono quota capitale) e soprattutto dimostra impegno. Subito dopo presenta ad AdER una nuova istanza di rateizzazione per l’importo residuo rimasto (circa €22.500, relativo alle rate future non ancora scadute). AdER, verificato che il piano originario era prima del 2022 e che Mario ha saldato tutte le rate scadute, accoglie la nuova dilazione, concedendo ad esempio 36 rate mensili sul residuo. Mario così evita le azioni esecutive e riprende a pagare regolarmente le rate, sebbene abbia perso il vantaggio della lunga durata iniziale (ora ha meno rate per finire). Se Mario non fosse riuscito a pagare gli arretrati, AdER avrebbe potuto nel frattempo iscrivergli un’ipoteca sulla casa o pignorare il conto per l’intero importo residuo. Questo esempio mostra l’importanza di intervenire prontamente: grazie al pagamento degli arretrati, Mario ha “salvato” la dilazione e scongiurato i rischi maggiori.

Esempio 2 – Decadenza da rottamazione e soluzione tramite sovraindebitamento: Lucia aveva aderito alla Rottamazione-ter (2019) per debiti IVA e IRPEF dal 2000 al 2017. L’importo dovuto era €30.000 (solo imposte + aggio, con sconto integrale di sanzioni e interessi) da pagare in 18 rate fino al 2021. A causa dell’emergenza Covid, le scadenze delle ultime rate furono prorogate dal legislatore: le ultime 5 rate slittarono con termini 31/7/2021, 30/11/2021, 31/7/2022, 30/11/2022 (grazie ai DL 73/2021 e DL 146/2021). Lucia però non è riuscita a pagare le ultime 2 rate entro il 2022, decadendo così dalla rottamazione-ter. Ciò ha reso la definizione inefficace: i debiti di Lucia sono tornati all’importo originario, con riaggiunta di ~€15.000 di sanzioni e interessi di mora che la rottamazione abbuonava. Nel 2023 lo Stato ha offerto la rottamazione-quater, ma Lucia – per disinformazione o mancanza di requisiti – non vi ha aderito. Così, a metà 2023 AdER riprende la riscossione coattiva per l’importo totale ora lievitato a ~€45.000. Lucia riceve un’intimazione di pagamento per €45.000 (il maggior importo dovuto rispetto ai €30.000 originari è dato dalle sanzioni/interessi ricaricati). A questo punto cosa può fare Lucia? Purtroppo, essendo decaduta dalla rottamazione-ter e non avendo aderito alla quater, non può accedere ad un ulteriore piano agevolato. Inoltre, secondo le regole vigenti, non può nemmeno chiedere una rateizzazione ordinaria su quei carichi, perché le norme delle rottamazioni precedenti la escludono (e AdER, mancando un riferimento normativo esplicito, ha finora negato dilazioni sui carichi ex rottamazione-ter decaduti). Lucia si trova quindi con €45.000 immediatamente esigibili e non rateizzabili. Non disponendo di tale somma in un colpo solo, è praticamente certa l’esecuzione: AdER potrebbe pignorarle il conto bancario (su cui ha dei risparmi) o iscriverle ipoteca su un immobile ereditato. Consultando un avvocato, a Lucia vengono prospettate due strade:

  • (a) Ricorso tributario: impugnare il diniego di rateizzazione opposto da AdER, sostenendo che è illegittimo per eccesso di potere, data la sopravvenuta norma 2023 che mostra apertura verso i decaduti (rottamazione-quater). Si tratterebbe di un ricorso innovativo, dal esito incerto, perché la legge non cita esplicitamente i decaduti dalle vecchie rottamazioni, ma si potrebbe provare ad ottenere una pronuncia equitativa.
  • (b) Procedura da sovraindebitamento: avviare una procedura ex L.3/2012 (Codice della crisi) per proporre ai creditori un piano di ristrutturazione. Lucia opta per questa seconda via. Con l’aiuto di un Organismo di Composizione della Crisi, predispone un “piano del consumatore” da presentare in Tribunale, offrendo di pagare ad esempio €25.000 in 5 anni a soddisfo di tutti i suoi debiti. Il giudice, verificata l’effettiva incapienza reddituale di Lucia e che l’offerta rappresenta il massimo sforzo sostenibile, omologa il piano nonostante il dissenso (tacito) di AdER. Effetto: i debiti di Lucia verso AdER vengono falcidiati a €25.000, da pagarsi in 5 anni senza interessi; AdER è vincolata a tale piano e sospende ogni azione esecutiva. Lucia così salva la casa dall’ipoteca e chiude la posizione debitoria, sebbene abbia dovuto intraprendere un percorso concorsuale complesso e ottenere l’omologazione giudiziale. (Nota: se Lucia avesse aderito alla rottamazione-quater 2023, avrebbe potuto beneficiare di un nuovo piano agevolato di 18 rate; e persino se fosse decaduta da quello, la legge 2025 le dava chance di riammissione. Purtroppo non l’ha fatto, a riprova dell’importanza di cogliere certe opportunità quando si presentano). Questo esempio evidenzia che per debiti ingestibili esiste la via della giustizia concorsuale per ridurre e dilazionare il dovuto, costringendo anche il Fisco ad accettare soluzioni sostenibili.

Esempio 3 – Decadenza di un accertamento con adesione e ripresa della riscossione: Marco, imprenditore, nel 2022 definisce con adesione un avviso di accertamento per IRAP e IVA 2018. Importo concordato: €80.000 di imposte e €16.000 di sanzioni (ridotte a 1/3). Sceglie il pagamento dilazionato in 8 rate trimestrali da €10.000 ciascuna (importo totale €96.000). Versa la prima rata di €10.000 a giugno 2022. Paga anche la seconda rata in settembre, ma non paga la terza rata entro il termine della quarta: in pratica salta la scadenza di novembre 2022 e non la paga nemmeno entro febbraio 2023 (scadenza della rata successiva). Ciò configura la decadenza dal beneficio della dilazione. Nel maggio 2023 l’Agenzia delle Entrate iscrive a ruolo il residuo dovuto dell’adesione: Marco aveva versato €20.000 su €96.000, residuavano €76.000. Viene quindi emessa una cartella di pagamento per:

  • Imposte residue non pagate: €60.000 (su €80k totali, ne aveva pagati 20k).
  • Sanzioni (ridotte) correlate all’imposta residua: €12.000 (sanzione 1/3 su €60k).
  • Interessi legali sulle rate non pagate (dal 2022 al ruolo 2023, importo modesto).
  • Sanzione da decadenza 45% su €60.000 = €27.000. (Questa è la penalità aggiuntiva prevista dall’art.15-ter: 45% delle imposte non versate, in quanto adesione successiva al 2016).
  • Compenso di riscossione (aggio) dovuto sui carichi ante 2022, e spese di notifica.

In totale la cartella ammonta a circa €60k + €12k + €27k + oneri = ~€100.000. Un importo addirittura superiore a quanto avrebbe pagato completando l’adesione (€96k), a causa della sanzione aggiuntiva. AdER notifica la cartella nel giugno 2023. Marco, trovandosi di nuovo nell’incubo di un debito così elevato, cerca soluzioni:

  • Potrebbe provare a rateizzare questa cartella con AdER, ma scopre che non è possibile poiché il debito deriva da decadenza adesione (AdER respingerebbe l’istanza dicendo che è inesigibile la dilazione su carichi art.15-ter, salvo forse ottenere un piano straordinario con prova di difficoltà, ma non vi sono chiare aperture normative).
  • Potrebbe valutare una definizione agevolata se disponibile: fortunatamente, la Legge di Bilancio 2023 prevede la possibilità di sanare le rate da adesione non pagate al 1/1/2023 pagando entro il 31/3/2023, con stralcio di interessi e sanzioni da decadenza. Tuttavia, nel caso di Marco tale data è già passata senza che ne abbia usufruito.
  • Potrebbe presentare ricorso contro la cartella, ma con pochi appigli: la decadenza è legittima (non ha pagato entro il termine), la sanzione 45% è prevista dalla legge e la Cassazione conferma che è dovuta. Potrebbe tuttavia contestare magari la quantificazione degli interessi o eccepire qualche vizio formale nella notifica.
  • Considerando che la sua azienda è in crisi, Marco infine decide di iniziare un percorso di concordato preventivo per ristrutturare l’azienda e includere il debito fiscale nel piano, proponendo ad AdER una transazione fiscale con pagamento parziale (dettagli oltre lo scopo di questo esempio).

Come si vede, la decadenza in ambito accertativo comporta il ritorno a un importo molto gravoso, con scarse chance di dilazione. Questo mette in luce perché, se possibile, non conviene mai far decadere un’adesione: sarebbe stato meglio per Marco chiedere aiuto finanziario per rispettare i termini, piuttosto che ritrovarsi con €100k da pagare e l’azienda a rischio esecuzioni.

Domande frequenti (FAQ)

D: Che succede se pago una rata con un po’ di ritardo?
R: Se il pagamento avviene entro i 5 giorni di tolleranza previsti dalla legge, la rata non decade. Bisogna però corrispondere gli interessi di mora maturati su quei pochi giorni di ritardo (e l’eventuale aggio). In pratica, basta saldare l’importo della rata e qualche euro di interessi per sanare un lieve ritardo entro 5 giorni senza perdere il beneficio. Oltre i 5 giorni, invece, la rata si considera omessa ai fini della decadenza. – Esempio: rata scaduta il 30 settembre, pagata il 3 ottobre: entro 3 giorni, ok con interessi minimi; pagata il 10 ottobre: 10 giorni di ritardo, oltre soglia – la rata conta come “mancata” ai fini del conteggio della decadenza (anche se poi viene accettata con mora, quel pagamento tardivo non evita che si sommi al numero di omessi richiesto dalla legge).

D: Quante rate posso saltare prima di decadere dal piano?
R: Dipende dalla data di concessione del piano. In generale, oggi (piani dal 16/7/2022 in poi) la regola è 8 rate non pagate (anche non consecutive) comportano la decadenza. In passato le soglie erano diverse: ad esempio, soli 5 omessi pagamenti per piani concessi nel primo semestre 2022; 10 omessi per piani 2020-21; 18 per piani ante marzo 2020 (causa Covid). Se non ricordi in che periodo hai ottenuto la dilazione, puoi controllare il provvedimento di accoglimento o chiedere ad AdER: in base alla data di protocollo si applica la relativa soglia di legge. Ricorda: il numero è cumulativo di tutte le rate non pagate (anche se poi ne paghi alcune, le altre “buchi” contano lo stesso fino a che non le hai recuperate). Quindi, per evitare la decadenza, non bisogna mai superare la soglia di omissioni contemporaneamente non pagate.

D: Posso rifare un piano di rateizzazione dopo essere decaduto?
R: La regola generale attuale non permette una nuova rateizzazione per gli stessi debiti se il piano originario è stato richiesto dal 16/7/2022 in poi. In tal caso, come spiegato, quei carichi non possono più essere dilazionati di nuovo. Se invece il piano decaduto era stato concesso prima del 16/7/2022, si può chiedere un nuovo piano sugli importi residui, ma solo dopo aver pagato tutte le rate scadute del piano precedente. In pratica: chi è decaduto da un vecchio piano può “sanare” pagando gli arretrati e ripresentare istanza (riammissione); chi decade da un piano recente è penalizzato dalla legge e non può più dilazionare quei debiti. L’unica deroga legislativa recente riguarda i decaduti dalla rottamazione-quater 2023: il Milleproroghe 2025 consente a costoro di presentare domanda di riammissione entro il 30/4/2025 e pagare il residuo agevolato in 10 rate semestrali. In tutti gli altri casi, purtroppo, il contribuente decaduto può solo pagare subito il dovuto (o valutare procedure concorsuali come detto). Da notare: la decadenza da un piano non impedisce di rateizzare altri debiti diversi. Quindi, se sei decaduto per le cartelle X e Y, ciò non ti vieta di chiedere una dilazione per un’altra cartella Z non inclusa nel piano decaduto (il comma 3-ter art.19 lo conferma espressamente).

D: Ci sono conseguenze penali se non pago le rate?
R: Il semplice mancato pagamento non è reato penale – è un illecito tributario-amministrativo, che comporta sanzioni civili (more, decadenza, esecuzione), ma non la reclusione. Tuttavia, esistono reati correlati a condotte fraudolente verso il Fisco. Ad esempio, la sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11 D.Lgs. 74/2000) punisce chi, al fine di non pagare le imposte o di evitare le esecuzioni, occulta o simula la vendita di propri beni per risultare insolvibile. Dunque, se dopo aver ricevuto intimazioni o pignoramenti, un debitore sposta tutti i soldi su conti di terzi, svuota l’azienda o vende proprietà fittiziamente, potrebbe configurarsi questo reato (pena fino a 4 anni). Un altro esempio: falso in atto pubblico (art. 483 c.p.), applicabile a chi attesta cose false in documenti ufficiali; se un contribuente presenta un’istanza di rateizzazione con dichiarazioni mendaci (es. allega documenti falsi per dimostrare una difficoltà inesistente), potrebbe risponderne penalmente. In sintesi, non esiste un reato per la mera morosità (non pagare le tasse non porta in carcere), ma se il contribuente frode attivamente il Fisco per non pagare (nasconde beni, falsifica informazioni), allora sì, possono esserci conseguenze penali. Il consiglio è di evitare qualunque condotta illecita astuta: meglio affrontare civilmente il debito che rischiare incriminazioni.

D: Il DURC resta valido se ho debiti rateizzati? E cosa succede se il piano decade?
R: Durante la pendenza di un piano di rateizzazione, il debitore è considerato “in regola” ai fini DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva), sia fiscale che previdenziale. Questo perché le norme permettono il rilascio del DURC se i debiti esistenti sono rateizzati e le rate sono puntuali. Ciò è cruciale per imprese edili, appaltatori, cooperative, ecc., che senza DURC non potrebbero operare nei lavori pubblici o accedere a certi benefici. Se però il piano decade, il DURC diventa immediatamente irregolare. Significa che l’azienda (o il professionista) torna formalmente in posizione debitoria non regolare verso INPS/Agenzia e pertanto perde il DURC. Le conseguenze possono essere pesanti: esclusione/decadenza da appalti, sospensione di pagamenti per lavori in corso, impossibilità di ottenere attestazioni SOA, ecc. Per riavere un DURC regolare bisognerà o saldare tutto il debito oppure ottenere una nuova dilazione (se consentito). Da notare: se il DURC era già stato emesso prima della decadenza, resta valido fino alla sua naturale scadenza (90-120 giorni), ma l’ente appaltante potrebbe chiedere una verifica straordinaria e scoprire l’irregolarità. Insomma, per chi ha un’attività legata al DURC, far saltare un piano di rateizzo può bloccare il lavoro: ecco un forte incentivo a non perdere la rateazione.

D: Le cartelle INPS rientrano nelle rottamazioni? E posso rateizzarle come quelle fiscali?
R: Sì. I debiti contributivi verso INPS affidati ad AdER sono equiparati ai debiti tributari quanto a possibilità di rateizzazione ordinaria e adesione alle definizioni agevolate. In pratica, se hai cartelle per contributi previdenziali non pagati, puoi presentare domanda di rateizzazione ad AdER come faresti per debiti erariali. E quando esce una “pace fiscale” (rottamazione), queste in genere includono espressamente i carichi INPS (lo ha fatto sia la rottamazione-ter sia la quater). Le regole sono analoghe: in rottamazione non paghi sanzioni civili e interessi di mora sui contributi (paghi solo il capitale e l’aggio); in rateizzazione paghi tutto ma dilazionato. Ci sono alcune differenze di dettaglio: ad es. per le multe stradali in rottamazione non si toglie la sanzione, mentre per i contributi INPS lo “sconto” segue le regole generali (niente sanzioni civili né interessi). Inoltre, i debiti INPS < €1.000 relativi a certe annualità sono stati oggetto di uno stralcio nel 2019-20 con regole leggermente diverse. Ma, in sostanza, un debito INPS si può rateizzare esattamente come uno fiscale (anche online con AdER), e nelle definizioni agevolate viene trattato di norma allo stesso modo. Ciò è importante per artigiani, commercianti, aziende con dipendenti: le somme dovute all’INPS (contributi non versati) si possono gestire con piani AdER.

D: Le multe stradali e altre sanzioni locali si possono rateizzare con AdER?
R: , le cartelle per multe stradali o altre sanzioni amministrative locali (es. sanzioni edilizie, tributi comunali) possono essere rateizzate con AdER come qualsiasi altro carico, purché l’ente creditore (il Comune, la Regione) abbia affidato la riscossione all’Agente. Le condizioni generali (soglie, numero rate, decadenza 8 rate ecc.) valgono anche per queste. In rottamazione, come detto, c’è una differenza: per le multe stradali si condonano gli interessi ma non la sanzione principale, perché la legge vieta di ridurre l’importo della multa in sé (che è la “sanzione” in senso tecnico in quel contesto). Invece per tributi locali o sanzioni diverse, la rottamazione toglie sanzioni e interessi come al solito. Dunque, se hai cartelle per multe: puoi rateizzarle normalmente; se esce una rottamazione, puoi aderire (pagherai l’importo originario della multa senza maggiorazioni né interessi, ma non avrai lo sconto sulla “multa” stessa). Attenzione: per chiamare in causa AdER su multe non ancora a ruolo, devi farle iscrivere a ruolo (non pagare e aspettare la cartella): alcune amministrazioni permettono rateizzazioni interne sulle multe prima di coinvolgere AdER, ma se anche quelle decadono poi arriva AdER.

D: Come si calcolano gli interessi di mora su una cartella se pago in ritardo?
R: Gli interessi di mora scattano automaticamente sul debito iscritto a ruolo dal 61° giorno dopo la notifica della cartella fino al giorno del pagamento integrale. Il tasso di mora è fissato annualmente dal MEF in base al rendimento medio dei titoli di Stato: ad esempio, nel 2023 era circa il 6,83% annuo, nel 2024 salito oltre il 7% (dati indicativi). Se rateizzi subito dopo aver ricevuto la cartella, come detto, gli interessi di mora maturati fino alla domanda saranno inglobati nelle rate (e da lì in poi pagherai interessi di dilazione invece). Se però ritardi e lasci “ferma” la cartella senza pagare né rateizzare, gli interessi di mora continueranno ad accumularsi. Anche dopo decadenza, riprendono a correre sulla somma rimasta. – Esempio: cartella da €10.000 not. 1/1/2023, non pagata. Al 1/1/2024 avrà maturato circa €683 di interessi mora. Se fai una rateizzazione a metà 2024, dovrai comunque quei ~€683 (più ciò maturato fino alla domanda). Se poi decadi e saldi a fine 2025, pagherai interessi mora anche per 2024-25 su quanto residua. Quindi la regola aurea è: prima paghi, meno interessi di mora pagherai.

D: Entro quando posso presentare ricorso contro una cartella o un’intimazione legata alla decadenza?
R: In generale i termini per impugnare gli atti della riscossione sono di 60 giorni dalla notifica. Ciò vale per la cartella di pagamento (ricorso alla Commissione Tributaria entro 60 gg), per l’intimazione di pagamento (anch’essa atto autonomamente impugnabile entro 60 gg), per l’eventuale provvedimento formale di revoca/decadenza (se notificato come atto amministrativo distinto). Fa eccezione l’opposizione agli atti esecutivi innanzi al giudice ordinario, che ha termini di 20 giorni, ma quella riguarda vizi della procedura di pignoramento già in corso (es. impugnare un pignoramento illegittimo perché senza intimazione: 20 gg dal pignoramento). Nel contesto tributario, invece, ci si muove di solito entro 60 giorni sugli atti impositivi (cartella, intimazione). Attenzione: se fai istanza di autotutela, il termine di 60 gg continua a decorrere; quindi, per non rischiare di perderlo, valuta di presentare comunque ricorso subordinato anche mentre attendi risposta, oppure chiedi all’ufficio se emanerà un provvedimento in tempi brevi. Ricorda inoltre che per importi oltre €3.000 è dovuto il pagamento di un contributo unificato per fare ricorso, e che in caso di rigetto potresti pagare spese legali; quindi fai causa solo se ci sono elementi solidi.

Conclusioni

La decadenza dalla rateizzazione è un evento spiacevole e spesso gravoso, che ogni debitore dovrebbe sforzarsi di evitare monitorando attentamente le scadenze e, in caso di difficoltà temporanea, comunicando con anticipo ad AdER (talora è meglio pagare in ritardo ma pagare, piuttosto che saltare del tutto una rata). Abbiamo visto che la legge oggi concede margini di tolleranza (5 giorni, possibilità di riammissione per piani ante-2022, ecc.), ma rimane ferma sul principio che chi non rispetta il piano perde il beneficio. Dal punto di vista del debitore, tuttavia, perdere il beneficio non significa perdere ogni diritto: come abbiamo illustrato, esistono rimedi amministrativi e giudiziari per contestare decadenze illegittime; esistono soluzioni negoziali o concorsuali per chi non può oggettivamente pagare; e il legislatore, a fasi alterne, offre sanatorie e rottamazioni che possono ridare fiato anche a chi era decaduto (emblematico il Milleproroghe 2025 per la rottamazione-quater).

La strategia migliore per un debitore è comunque giocare d’anticipo: se prevedi di non riuscire a pagare una rata, informati subito sulle opzioni (proroga del piano, interventi normativi, prestiti ponte) e non lasciare che la situazione precipiti. Una volta decaduto, preparati ad agire rapidamente per mitigare i danni: paga ciò che puoi, non ignorare le comunicazioni di AdER, fai valere i tuoi diritti con istanze o ricorsi dove fondato. Spesso il successo sta nel tempismo: ad esempio, chi ha colto la chance di riammissione nel 2020 ha potuto mantenere piani che altrimenti sarebbero saltati.

In ultima analisi, se ti trovi ad affrontare un debito fiscale o contributivo elevato, ricorda che non sei il primo né l’ultimo: esistono professionisti (avvocati tributaristi, commercialisti) specializzati in tutela dei contribuenti decaduti da piani di dilazione, capaci di trovare soluzioni creative o sfruttare appieno gli strumenti normativi. La decadenza non è necessariamente la fine: si può ancora, con l’approccio giusto, rientrare nel piano o almeno bloccare azioni esecutive. L’importante è non arrendersi e agire tempestivamente.


Fonti e riferimenti normativi

  • D.P.R. 29 settembre 1973, n.602, art.19 – Rateazione delle somme iscritte a ruolo. (Disciplina generale delle dilazioni concesse dall’Agente della Riscossione; modificato da DL 50/2022 e D.Lgs. 110/2024).
  • D.P.R. 29 settembre 1973, n.602, art.15-ter – Definizione di lieve inadempimento nei pagamenti rateali. (Introdotto da D.Lgs. 159/2015, prevede tolleranza 5 giorni e altre condizioni senza decadenza).
  • D.Lgs. 19 giugno 1997, n.218, art.8 – Pagamento rateale delle somme dovute a seguito di accertamento con adesione. (Massimo 8 o 16 rate trimestrali, decadenza se rata non pagata entro la successiva; sanzione integrativa in caso di decadenza).
  • D.Lgs. 18 dicembre 1997, n.462, art.3-bis – Pagamento dilazionato delle somme da controlli automatici (avvisi bonari). (Rate trimestrali fino a 20, decadenza se mancato pagamento entro rata successiva; regime sanzionatorio in caso di decadenza modificato dal 2015).
  • D.L. 21 giugno 2013, n.69 (conv. L.98/2013) – “Decreto del Fare”. (Art.52 comma 1 lettera a) ha modificato l’art.19 DPR 602/73 portando da 2 a 8 il numero di rate il cui omesso pagamento fa decadere la dilazione).
  • Decreti emergenziali Covid 2020-2021: D.L. 18/2020, D.L. 34/2020, D.L. 73/2021, D.L. 146/2021. (Hanno sospeso termini di versamento e temporaneamente elevato soglie di decadenza: es. 10 rate per piani 2020-21, 18 rate per piani ante 8/3/20).
  • D.L. 17 maggio 2022, n.50 (conv. L.91/2022) – “Decreto Aiuti 2022”. (Art.15-bis ha introdotto il comma 3-ter in art.19 DPR 602/73: decadenza da una dilazione non preclude nuove dilazioni su altri debiti; inoltre ha fissato il 16/7/2022 come data spartiacque tra piani riammissibili e non).
  • Legge 29 dicembre 2022, n.197 (Legge di Bilancio 2023) – commi 231-252. (Istituzione Definizione Agevolata 2023 – “rottamazione-quater”; previsto che l’eventuale decadenza dalla rottamazione-quater non impedisce la rateizzazione ordinaria dei debiti, derogando alle esclusioni precedenti). Inoltre commi 153-159 e 219-221 prevedono rispettivamente la definizione agevolata avvisi bonari 2019-20 e la regolarizzazione di rate da accertamento non pagate al 1/1/23).
  • Legge 26 maggio 2023, n.56 (Milleproroghe 2023)(Ha prorogato dal 30/4 al 30/6/2023 il termine di adesione alla rottamazione-quater, e dal 31/7 al 31/10/2023 la scadenza della prima rata; inoltre ha differito al 31/12/2023 l’adesione alla definizione delle liti pendenti).
  • Legge 26 febbraio 2025, n.15 (Milleproroghe 2025) – art.5. (Ha previsto la riammissione dei decaduti dalla rottamazione-quater: domanda entro 30/4/2025, pagamento prima rata entro 31/7/2025; nuovo piano agevolato in max 10 rate semestrali per i riammessi).
  • D.Lgs. 29 luglio 2024, n.110 – Riforma della riscossione. (Entrato in vigore 1/1/2025: ha aumentato progressivamente il numero di rate concedibili su semplice richiesta – 84, 96, 108 –; ha ridotto la “sanzione da decadenza” per accertamenti con adesione dal 45% al 37,5% per violazioni post 1/9/2024; confermato soglia €120k per dilazioni semplificate, ecc.).
  • Codice della Crisi d’Impresa (D.Lgs.14/2019) – Procedure di sovraindebitamento. (Articoli vari, già legge 3/2012: disciplina il piano del consumatore, accordo di ristrutturazione dei debiti, liquidazione del patrimonio. Consente la falcidia e dilazione dei debiti tributari previa transazione fiscale e omologazione del tribunale).

Riferimenti giurisprudenziali e di prassi:

  • Cass., Sez. Unite, 13 maggio 2011 n.5928(Qualifica la rateizzazione ex DPR 602/73 come un beneficio per il debitore in difficoltà, soggetto a decadenza come ogni agevolazione fiscale).
  • Comm. Trib. Prov. Latina, sez. III, 16 ottobre 2017 n.1147/3/2017(Pronuncia che ha sancito l’illegittimità della revoca tacita di piani di rateazione senza un atto motivato e notificato al contribuente. Stabilisce che, pur essendo la decadenza automatica ex lege, l’Agente della riscossione deve notificare un’intimazione di pagamento motivata indicando le ragioni (rate omesse, ecc.), pena la nullità dell’intimazione stessa per difetto di motivazione ex art.7 Statuto Contribuente).
  • Cass., Sez. Trib., 24 giugno 2024 n.17362(Conferma che per le dilazioni su avvisi bonari: nel regime ante D.Lgs.159/2015 la decadenza comportava la perdita integrale della sanzione ridotta – applicazione 30% su tutto –; mentre nel regime post 2015 si applicano sanzioni piene solo sull’importo residuo non versato, mantenendo lo sconto su quanto già pagato).
  • Cass., Sez. Trib., 11 luglio 2025 n.19021(Ord. recente: ribadisce in tema di avvisi bonari rateizzati che la decadenza dal beneficio per mancato pagamento comporta l’iscrizione a ruolo dell’intero importo dovuto con sanzioni ed interessi in misura piena sul residuo, salvi gli importi già versati in definizione – in linea con l’orientamento post-2015).
  • Cass., Sez. Trib., 27 ottobre 2023 n.32030/2022 (dep.)(Conferma che la presentazione di un’istanza di rateizzazione costituisce riconoscimento del debito da parte del contribuente ex art.1988 c.c., con implicita rinuncia a eccepire eventuali vizi di notifica dell’atto sottostante e con effetto interruttivo della prescrizione).
  • CTR Toscana, sez. III, 11 marzo 2021 n.264/2021(In materia di decadenza da dilazione conseguente ad accertamento con adesione: conferma la legittimità dell’iscrizione a ruolo della sanzione del 45% sul residuo ex art.15-ter DPR 602/73, e chiarisce che non è necessario ulteriore avviso bonario perché la sanzione da decadenza discende ex lege al verificarsi dell’inadempimento).
  • Circolare Agenzia Entrate n.13/E del 22 aprile 2016(Chiarimenti sulla riammissione in dilazione degli accertamenti con adesione decaduti, prevista dalla legge di Stabilità 2016: per i decaduti che pagavano almeno una rata entro 31/5/2016, era possibile ottenere un nuovo piano; la mancata osservanza del nuovo piano comportava decadenza definitiva senza ulteriori appelli).
  • Linee guida AdER sulle rateizzazioni (Vademecum aprile 2022)(Guida pubblicata sul sito AdER con istruzioni operative su requisiti, esclusioni e decadenza; conferma ad es. l’elenco dei casi di esclusione dalla dilazione: debiti già inclusi in piani post 16/7/22 decaduti, e debiti da rottamazione-ter o saldo-stralcio decaduti – non rateizzabili, salvo definizione quater).

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Hai ottenuto una rateizzazione con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione ma hai difficoltà a rispettare i pagamenti?
Vuoi sapere quando scatta la revoca e cosa comporta?

La revoca della rateizzazione avviene quando il contribuente non paga un certo numero di rate previste dal piano. Oggi, la regola generale stabilisce che il mancato versamento di 5 rate, anche non consecutive, comporta la decadenza dal beneficio. In questo caso:

  • l’intero debito residuo diventa immediatamente esigibile;
  • riprendono le azioni esecutive (pignoramenti, ipoteche, fermi amministrativi);
  • non è più possibile ottenere una nuova dilazione sullo stesso debito, salvo specifiche riaperture previste dalla legge.

🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo

📂 Verifica la tua posizione debitoria e controlla se sussistono i presupposti per la revoca

📌 Ti assiste nella presentazione di una nuova istanza di rateizzazione, se consentita

✍️ Predispone ricorsi e opposizioni contro eventuali atti illegittimi di decadenza o iscrizioni ipotecarie

⚖️ Ti rappresenta davanti alla Corte di Giustizia Tributaria e nei rapporti con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione

🔁 Ti supporta anche nella ricerca di soluzioni alternative come definizioni agevolate, saldo e stralcio o procedure di esdebitazione


🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in gestione dei debiti fiscali e piani di rateizzazione

✔️ Specializzato in difesa da procedure esecutive e azioni dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione

✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia


Conclusione
La revoca della rateizzazione non è la fine: con le giuste strategie legali puoi ancora difenderti, chiedere nuove soluzioni e bloccare le azioni esecutive.

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Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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