Vuoi vendere una casa sulla quale l’Agenzia delle Entrate ha iscritto un’ipoteca?
Vendere un immobile ipotecato dal Fisco non è semplice, perché l’ipoteca rappresenta una garanzia reale sul bene e impedisce la libera circolazione dell’immobile fino a quando il debito non viene estinto. Conoscere i rischi e le possibili soluzioni è fondamentale per evitare di perdere tempo e denaro.
Cosa comporta l’ipoteca fiscale sulla casa
– L’immobile non può essere venduto senza estinguere prima l’ipoteca
– L’acquirente difficilmente accetterà di comprare una casa gravata da un vincolo fiscale
– La banca non concede mutui per immobili con ipoteca dell’Agenzia delle Entrate
– L’ipoteca resta iscritta fino al pagamento del debito o all’annullamento dell’atto
Quali sono i rischi nel tentare di vendere
– La vendita potrebbe essere impugnata e dichiarata inefficace se fatta per sottrarre il bene al Fisco
– Il prezzo di mercato dell’immobile crolla, perché nessuno vuole acquistare con l’ipoteca iscritta
– L’Agenzia delle Entrate-Riscossione può procedere al pignoramento e alla vendita forzata nonostante il tentativo di cessione
– Il venditore rischia di perdere sia l’immobile che il ricavato della vendita
Strategie per vendere una casa con ipoteca dell’Agenzia delle Entrate
– Saldo del debito: estinguere il debito per ottenere la cancellazione dell’ipoteca e procedere alla vendita libera
– Accordi con l’Agenzia delle Entrate: richiedere una rateizzazione o una definizione agevolata e chiedere contestualmente la sospensione dell’ipoteca
– Accordo con l’acquirente: in alcuni casi, l’acquirente accetta di pagare parte del prezzo direttamente all’Agenzia delle Entrate per estinguere l’ipoteca contestualmente al rogito
– Ricorso legale: contestare la legittimità dell’ipoteca (ad esempio per vizi di notifica, prescrizione del credito o importo inferiore alla soglia minima) e chiedere l’annullamento in Corte di Giustizia Tributaria
– Soluzioni patrimoniali preventive: valutare strumenti legittimi di protezione del patrimonio prima che scatti l’ipoteca
Cosa si può ottenere con una difesa efficace
– La cancellazione dell’ipoteca e la possibilità di vendere la casa senza vincoli
– La riduzione del debito tramite accordi di saldo e stralcio o definizioni agevolate
– La sospensione delle azioni esecutive e la tutela del patrimonio familiare
– La possibilità di valorizzare l’immobile al prezzo di mercato, evitando svendite forzate
Attenzione: tentare di vendere una casa con ipoteca dell’Agenzia delle Entrate senza risolvere prima il problema è quasi impossibile e può esporre a gravi rischi. Solo affrontando la questione alla radice, con l’assistenza legale, è possibile arrivare a una soluzione concreta.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in difesa da ipoteche fiscali e contenzioso tributario – ti spiega quali sono i rischi nel vendere una casa ipotecata dal Fisco e quali strategie adottare per uscirne.
Vuoi vendere una casa con ipoteca dell’Agenzia delle Entrate?
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Introduzione
Il venditore debitore si trova in una situazione delicata quando desidera alienare un immobile gravato da un’ipoteca fiscale iscritta dall’Agenzia delle Entrate (ex Equitalia) a garanzia di debiti tributari. In linea di principio la legge prevede che “il debitore ha facoltà di procedere alla vendita del bene pignorato o ipotecato” a determinate condizioni. Ciò significa che è possibile vendere anche un immobile ipotecato, purché si ottenga il consenso dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione (l’“agente della riscossione”) e si rispetti la procedura di legge. In pratica il ricavato della vendita viene interamente versato all’Agenzia per estinguere il debito; l’eventuale eccedenza viene restituita al debitore entro 10 giorni.
Tuttavia, il processo presenta rischi significativi e implicazioni complesse. Se il venditore agisce in frode al Fisco (ad esempio simulando la vendita per sottrarsi al pagamento), si espone a gravi conseguenze civili e penali. Infatti, la Cassazione ha più volte affermato che costituisce reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte vendere un immobile pur avendo debiti fiscali rilevanti (sopra 50.000 euro). Inoltre, se la vendita non è gestita formalmente con l’intervento dell’Agenzia, il compratore potrebbe successivamente subire pignoramenti o perdere il bene per simulazione o azione revocatoria.
In questa guida – aggiornata ad agosto 2025 – esaminiamo nel dettaglio il quadro normativo italiano, le prassi e le sentenze più recenti sulla vendita di immobili con ipoteca fiscale. Tratteremo la procedura legale (art. 52 del D.P.R. 602/1973 e seguenti), i calcoli del prezzo base e gli strumenti di tutela (art. 80, ecc.), i rischi per il debitore venditore e per l’acquirente, nonché soluzioni alternative alla vendita (es. saldo e stralcio, donazione, affitto con riscatto). Il linguaggio sarà tecnico ma accessibile, con esempi numerici, tabelle riepilogative e domande frequenti, per un pubblico di avvocati, imprenditori e privati.
Che cos’è l’ipoteca dell’Agenzia delle Entrate
L’ipoteca fiscale è un vincolo reale esecutivo che l’Agenzia delle Entrate-Riscossione iscrive su beni immobili del debitore a garanzia di crediti tributari. È prevista dall’art. 77 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte), che consente di iscrivere ipoteca fino al doppio dell’ammontare del ruolo tributario ancora da pagare. L’ipoteca è iscritta dopo un formale avviso di preavviso, quando il contribuente non ha pagato il debito entro 30 giorni. In via generale non richiede alcun provvedimento giudiziale, essendo atto amministrativo coattivo. Dal momento dell’iscrizione, l’ipoteca attribuisce all’Agenzia il diritto di prelazione sul prezzo di eventuali vendite o aste successive del bene.
Tuttavia, l’art. 77 non può essere usato in modo eccessivo: se l’ipoteca è sproporzionata rispetto al debito, può essere ridotta o annullata. Ad esempio, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio (sent. 5092/2017) ha ordinato la cancellazione parziale di un’ipoteca iscritta per un valore dieci volte superiore al debito, richiamando il limite legale del “doppio del ruolo”. Analoghe pronunce segnalano che l’ipoteca “abnorme” oltre il limite di legge può configurare abuso di diritto. Nel 2022 la Cassazione (sent. n. 11908/2022) ha affrontato un caso di ipoteca sproporzionata, ritenendo che essa “sproporzionata rispetto al debito tributario” violerebbe i principi di ragionevolezza (oggi non più reperibile direttamente online, ma segnalato da fonti giuridiche).
In sintesi, l’ipoteca del Fisco è legale, ma deve rispettare i limiti di legge. Se si riscontrano violazioni (debito residuo < €20.000, o iscrizione oltre il doppio, ecc.), il contribuente può agire in via contenziosa per chiederne la riduzione o cancellazione. Questi aspetti possono rivelarsi strategici prima di intraprendere la vendita forzata o concordata.
Vendita volontaria dell’immobile ipotecato (Art. 52 DPR 602/1973)
Fondamento normativo
La possibilità di vendere un immobile gravato da ipoteca è espressamente prevista dall’art. 52, commi 2-bis e seguenti, del D.P.R. 602/1973. Tale norma, riformata dal D.L. 69/2013 (decreto “del Fare”), stabilisce che il debitore può procedere alla vendita del bene pignorato o ipotecato al valore stabilito per la base d’asta, “con il consenso dell’agente della riscossione”. In concreto:
- Il consenso dell’agente (Agenzia Entrate-Riscossione) è obbligatorio. L’Agenzia deve essere coinvolta nell’atto di vendita (rogito) e riceve l’intero ricavato.
- Dopo la vendita, l’intero prezzo va a estinguere il debito iscritto a ruolo. Eventuali somme eccedenti il credito tributario vengono restituite al venditore entro 10 giorni.
- La vendita deve essere perfezionata entro i 5 giorni precedenti la data di incanto dell’asta fissata per il bene (oppure entro il giorno precedente il secondo incanto, se il primo non va a buon fine). Questo Termine deriva dall’art. 52, comma 2-ter, e ha valore tecnico: in genere l’agente della riscossione fissa la vendita giudiziaria (asta) dell’immobile, ed entro quella data il debitore può chiedere di vendere privatamente.
In altri termini, il debitore richiede un’autorizzazione preventiva all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, attraverso un’istanza formale motivata. L’Agenzia valuterà la proposta e, se concede il consenso, collaborerà alla stipula del rogito. Così facendo si realizza il “effetto liberatorio” dell’alienazione: secondo la giurisprudenza notarile, il consenso stesso basta a liberare il bene da ulteriori vincoli, purché il ricavato sia versato per intero.
Se invece il debitore aliena l’immobile senza seguire questa procedura (ossia senza l’intervento dell’agente della riscossione), tale vendita non estingue il debito, né cancella l’ipoteca, e può configurare gravi violazioni (si veda oltre il paragrafo sui rischi penali). Pertanto, dal punto di vista del debitore, la vendita deve sempre avvenire con le modalità di legge.
Procedura concreta (istanza di vendita)
La prassi suggerisce di seguire alcuni passaggi. Innanzitutto, occorre calcolare il valore base di vendita dell’immobile secondo i criteri di legge: in genere si parte dalla rendita catastale rivalutata (art. 52, comma 4, DPR 131/1986) moltiplicata per il coefficiente catastale e ulteriormente per 3 (come richiama art. 79 del DPR 602/73). In molti casi tale valore convenzionale risulta superiore al prezzo di mercato reale.
Successivamente il debitore (o il suo legale) presenta un’istanza all’Agenzia Entrate-Riscossione. L’istanza deve essere corredata di una dettagliata perizia estimativa e di una proposta concreta di vendita (con indicazione di acquirenti disponibili e prezzo). L’obiettivo è convincere l’Agenzia che il valore di mercato effettivo dell’immobile è inferiore rispetto al valore catastale di base d’asta. In pratica, si chiede all’Agenzia di autorizzare la vendita “fuori asta” ad un prezzo specifico, compatibile col mercato. Se l’Agenzia non concorda, il debitore può comunque sollevare in giudizio la questione: l’art. 80 del D.P.R. 602/1973 consente a debitore o Agente della riscossione di chiedere al giudice tributario una revisione del valore se quello parametrico è “manifestamente inadeguato”. In tal caso un perito nominato dal giudice procederà a una nuova stima.
Ricevuto il consenso formale dall’Agenzia, si convoca il rogito notarile con la presenza del funzionario dell’Agenzia stessa. Il notaio verifica l’ipoteca e fissa che l’intero prezzo di vendita venga versato sul conto dell’Agenzia (o del concessionario). La cancellazione dell’ipoteca segue al pagamento del debito: infatti l’art. 53, comma 1 del D.P.R. 602/1973 prevede che «il pignoramento perde efficacia quando dalla sua esecuzione sono trascorsi 200 giorni senza incanto», mentre il comma 2 dispone la cancellazione dell’iscrizione trascritta. Nel caso di vendita volontaria, l’Agenzia – versato il ricavato – provvede quindi a richiedere la cancellazione dell’ipoteca dal Conservatore dei registri immobiliari entro 10 giorni.
A titolo esemplificativo, una possibile procedura tipo potrebbe seguire questi passi:
- Visura ipocatastale del bene per accertare formalmente l’esistenza e l’entità dell’ipoteca.
- Calcolo del valore d’asta (rendita rivalutata * coefficiente * 3) e del valore di mercato stimato (perizia).
- Predisposizione dell’istanza di vendita all’Agente della Riscossione, con allegati: perizia di stima, progetto di compravendita, documentazione reddituale del debitore, ecc.
- Invio PEC all’Agenzia Entrate-Riscossione e attesa risposta (il termine non è definito dalla legge, ma può richiedere settimane o mesi).
- Negoziazione del prezzo se l’Agenzia chiede integrazioni o modifiche; eventuale ricorso in sede giurisdizionale (art. 80).
- Stipula del rogito notarile con il funzionario Ag. Riscossione: atto di vendita, versamento del prezzo.
- Erogazione delle somme: l’Agenzia trattiene il dovuto; il venditore riceve l’eventuale eccedenza entro 10 giorni.
- Cancellazione dell’ipoteca mediante richiesta al Conservatore.
Come sottolinea la dottrina specialistica, questa procedura “senza dubbio positiva” è consentita solo se si osservano i parametri di legge. Di norma l’Agenzia non partecipa alla compravendita se il valore fissato è molto superiore al prezzo di mercato: in tal caso potrebbe respingere la richiesta. Tuttavia, non è vietato insistere offrendo ulteriori prove (nuove perizie, offerte vincolanti, ecc.) o ricorrere alle vie giudiziali. Se invece la domanda è accolta, il venditore può vendere l’immobile “libero da ipoteca” al termine della procedura.
Calcolo del prezzo di vendita e questioni valutative
Un punto cruciale riguarda il valore di riferimento (o “prezzo base”) da assumere. Secondo l’art. 52, comma 2-bis, la vendita avviene “al valore determinato ai sensi degli articoli 68, 79 e 80, comma 2, lett. b)” del D.P.R. 602/73. In pratica:
- Se l’immobile era già stato pignorato (es. per conto di una procedura esattoriale), il valore è quello attribuito nel verbale di pignoramento.
- Se si tratta semplicemente di ipoteca senza pignoramento già eseguito, il riferimento è il prezzo base d’asta. L’art. 79, comma 1 (DPR 602/73) rinvia all’art. 52, comma 4, del D.P.R. 131/1986 (T.U. registro): “Il prezzo base dell’incanto è pari all’importo stabilito a norma dell’art. 52, comma 4, del DPR 26 aprile 1986, n. 131, moltiplicato per tre”. In sostanza, si prende la rendita catastale dell’immobile, la si rivaluta dell’1,05 (5% in più), quindi la si moltiplica per il coefficiente catastale corrispondente alla categoria (es. 1155 per abitazioni civili di tipo A/2-A/3, 1680 per A/1, A/8, A/9, ecc.), ottenendo il valore catastale. A questo punto quel valore viene moltiplicato per 3.
Ad esempio, un appartamento A/2 con rendita 1.000 € ha valore catastale 1.000×1,05×1155=1.212.750 €. Il prezzo base d’asta sarà 3 × 1.212.750 € = 3.638.250 €. Questo calcolo è solo un valore convenzionale di riferimento; nella prassi il mercato sarà molto inferiore. L’esperta dottrina segnala che l’Agenzia pretende “inderogabilmente” quel prezzo base d’asta, anche se è normalmente molto superiore al valore reale di mercato.
In caso di notevole scostamento, purtroppo il comma 5 dell’art. 52 del T.U. registro (che prevede un riallineamento al valore di mercato in caso di “sensibili divergenze”) non si applica nel caso del DPR 602/73, perché quest’ultimo richiama solo il comma 4 dell’art. 52 del T.U. registro. Il legislatore non ha inserito la clausola di allineamento nella disciplina fiscale. L’unico rimedio per il debitore insoddisfatto è appellarsi all’art. 80 del D.P.R. 602/73: secondo tale norma, il debitore (o l’agente di riscossione) può chiedere al giudice tributario di nominare un esperto per ricalcolare il “valore di vendita” se quello determinato ai sensi dell’art. 79 appare manifestamente inadeguato.
In sintesi: il prezzo richiesto dall’Agenzia corrisponde di norma al valore catastale di base raddoppiato e moltiplicato per 3, salvo eventuali correzioni giudiziali. Se il debitore propone di vendere a un prezzo inferiore, dovrà convincere l’Agenzia o un giudice della congruità della sua stima, pena il rigetto della proposta. Questo spiega perché, come osservano gli specialisti, spesso “il valore determinato con la rendita catastale ex art. 52 è di molto superiore al valore di mercato”: in tal caso l’Agenzia rifiuta la richiesta di vendere a prezzo inferiore.
Tuttavia, se l’Agenzia acconsente (o il giudice stabilisce un prezzo adeguato), la vendita si perfezionerà a quel prezzo concordato. Nell’atto notarile si verserà l’intero importo all’Agenzia e l’ipoteca verrà cancellata, come spiegato prima. Nel caso di comproprietà con quota ipotecata (es. un soggetto ha ipoteca, altri coeredi no), la procedura può essere esercitata per la quota del debitore: chi non è debitore riceve dalla vendita la propria quota di ricavato libera da gravami.
Rischi per il venditore e per l’acquirente
Rischi penali per il debitore
Se il debitore vende senza autorizzazione e nell’intento di sottrarre l’immobile alla riscossione, incorre in un reato penale: l’art. 11 del D.Lgs. 74/2000 punisce la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. La Cassazione ha confermato che integra il reato colui che vende un immobile pur avendo debiti erariali superiori a 50.000 €, indipendentemente dal fatto che esista una cartella formale. Non è necessario che il Fisco abbia già notificato un’accertamento: basta che alla data della vendita il debitore sia complessivamente esposo per importi evadibili superiori a 50.000 €.
Nella sentenza n. 10763/2021 la Cassazione ha ribadito che si configura reato se l’alienazione del bene è finalizzata a rendere inefficace la riscossione coattiva futura. In altre parole, se il venditore cerca di disfarsi dell’immobile indebitandosi di fatto, la condotta è fraudolenta. L’Agenzia delle Entrate (parte civile nel processo) non deve dimostrare alcuna procedura in corso: “non rileva l’avvenuta emissione, in tutto o in parte, di cartelle”, conta solo che vi sia un credito tributario esigibile superiore alla soglia.
Questa linea è stata confermata da Cass. 36475/2024, che ha esaminato il caso di un contribuente che alienò la propria prima casa simulando la vendita a un familiare, pur essendo debitore per 288.880 €. I giudici di legittimità hanno stabilito che il reato è di pericolo astratto: basta un atto fraudolento idoneo (ex ante) a pregiudicare la riscossione. È irrilevante che la casa fosse impignorabile come “prima casa”: l’art. 76 del DPR 602/73 tutela il bene solo in sede di esecuzione civile, non nel processo penale. Anzi, la Corte ha chiarito che il limite di impignorabilità dell’unica abitazione non costituisce un ostacolo alla confisca penale o al reato tributario. Inoltre, la soglia dei 50.000 € si valuta sul quantum delle imposte, non sul valore dell’immobile. In sintesi, anche vendere la prima casa in frode al fisco può integrare il reato, come riconosce espressamente la giurisprudenza penale.
Dal punto di vista pratico: chi vende (specialmente se titolare del debito) senza seguire l’art. 52 rischia dunque un processo penale, con condanna e sequestro del profitto illecito. La penale soglia di punibilità di 50.000 € rende il reato persistente negli anni, perché ogni atto simulato va considerato ex ante: se il contenzioso supera tale limite, il delitto sussiste. L’acquirente di buona fede, se ignaro della frode, non è penalmente responsabile; ma se fosse complice o la vendita fosse simulata, potrebbe anch’egli subire accuse analoghe.
Rischi civili: simulazione e revocatoria
Oltre al profilo penale, permangono rischi civili significativi. L’Agenzia delle Entrate può infatti impugnare la vendita come fraudolenta o revocabile anche anni dopo. In particolare, può far valere l’azione di simulazione se il contratto è fittizio: in tal caso il trasferimento viene dichiarato “inefficace” e l’atto annullato. Oppure può agire con l’azione revocatoria (codice civile) dimostrando che l’alienazione ha indebolito il patrimonio del debitore a scapito dei creditori, nei 5 anni dalla vendita. Entrambe le azioni espongono chi ha comprato a restituire il bene e a rischiare di perdere l’acquisto, anche molto tempo dopo.
Come avverte la dottrina, qualsiasi compravendita in “eccessiva urgenza” o a prezzo stracciato insospettisce il Fisco: potrebbe interpretarla come tentativo di elusione. Ad esempio, se il venditore afferma di incassare solo una parte del corrispettivo (eventualmente “a saldo”) o se l’acquirente non entra subito in possesso effettivo, si profilano segnali di simulazione.
Rischi per l’acquirente: in assenza dell’intervento dell’Agenzia, il compratore potrebbe illudersi di acquisire un bene pulito, ma poi scoprire l’ipoteca o gli atti simulati. Se il venditore è condannato per simulazione, l’acquirente vedrà dichiarato nullo l’atto ed esposto al pignoramento successivo. Anche l’azione revocatoria può colpire l’acquirente “sciagurato”: se il giudice la accoglie, annulla la vendita e restituisce il bene al venditore creditore. In pratica, il compratore verserebbe il prezzo (o parte) ma rimarrebbe al freddo senza nulla, con il malus di aver pagato spese notarili e tasse. In sintesi, vende casa con ipoteca senza permesso: rischiano sia il venditore che l’acquirente.
Rischi per l’agenzia e soluzione valutativa
D’altro canto, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può opporsi alla vendita se ritiene che il valore fissato sia troppo basso e non copra il credito. Ufficialmente, la sua posizione è tutelata dall’obbligo di incassare il debito. Come già accennato, l’Agenzia di norma pretende il prezzo base d’asta per intero. In teoria potrebbe rifiutare anche una richiesta di consenso che garantisca il debito, ma consenta un guadagno al debitore (anche in tal caso ciò è inusuale, in quanto l’eccedenza è sempre restituita al debitore). Più probabile è il rifiuto se il prezzo richiesto è inferiore al valore catastale (di norma no buono) o se il debitore non documenta in modo convincente il proprio stato di bisogno.
In linea di principio, l’Agenzia è tenuta a valutare con obiettività: se si rifiuta arbitrariamente di autorizzare la vendita a un prezzo ragionevole, il debitore potrebbe lamentare il mancato consenso come inadempimento dell’obbligo di buona fede. Tuttavia, è una materia grigia; in pratica conviene negoziare con cautela e, se serve, appellarsi all’autorità giudiziaria (art. 80).
Esenzioni e requisiti all’esecuzione immobiliare
Un aspetto da non trascurare è che l’esecuzione immobiliare forzata per debiti tributari è consentita solo in casi limitati. Per legge (art. 76, D.P.R. 602/1973) “l’agente della riscossione non può procedere all’espropriazione forzata” dell’unico immobile del debitore, purché sia destinato ad abitazione principale e non rientri nelle categorie catastali di lusso (A/8, A/9). Recentemente la Cassazione (ord. 32759/2024) ha ribadito questo principio, chiarendo che il divieto opera retroattivamente e si applica anche ai procedimenti iniziati prima del 2013. Sono pertanto impignorabili la maggior parte delle prime case di cittadini comuni, fatta eccezione per ville, castelli, ecc.
Solo se superati alcuni requisiti economici è possibile l’azione espropriativa: il debito complessivo deve superare €120.000, il valore complessivo degli immobili (anche di altri beni) del debitore deve essere almeno €120.000, ed deve esservi ipoteca da almeno 6 mesi senza che il debitore abbia pagato o rateizzato. In mancanza di tali condizioni, il pignoramento immobiliare non può avviare la vendita forzata.
Attenzione: questi limiti riguardano l’espropriazione coatta (asta), ma non vietano la vendita volontaria. Il debitore può dunque decidere di vendere spontaneamente la sua prima casa (soprattutto se ha altri immobili per trasferirsi altrove), pur se ipotecata. L’unico vincolo è che l’atto sia corretto; nel caso suddetto di Cass. 36475/2024 il fatto che l’immobile fosse protetto dall’impignorabilità prima casa non ha impedito la condanna penale per vendita fittizia.
Strategie alternative alla vendita
Se il venditore preferisce evitare la vendita dell’immobile ipotecato, esistono altre opzioni (con vantaggi e limiti propri):
- Saldo e Stralcio (definizione agevolata): introdotto dalla Legge n. 145/2018 (legge di Bilancio 2019), consente ai contribuenti in gravi difficoltà economiche (ISEE limitato) di ridurre notevolmente l’importo del debito fiscale (ad esempio pagando interessi e sanzioni ridotte) e di ottenere la cancellazione del residuo. La richiesta si presenta all’Agenzia, che valuta i requisiti (ISEE, importo totale affidato, ecc.) e stabilisce la somma da pagare, spesso molto inferiore al dovuto. Il saldo e stralcio è fruibile solo in specifici periodi (“finestre” di ammissione) e ha esclusioni (non riguarda debiti IRES/IRAP, IVA sostituto, contributi previdenziali, ecc.). Se il contribuente rientra nelle condizioni, può pagare un terzo del debito residuo (ad esempio) e chiudere la posizione. Questa soluzione evita la vendita, ma necessita di liquidità o accesso al credito per saldare la quota prevista entro le scadenze stabilite.
- Rottamazione e Rateazione: recentemente sono state più volte prorogate le misure di definizione agevolata delle cartelle (cd. “rottamazione quater/quinquies”, “saldo e stralcio Covid”, ecc.), che cancellano sanzioni e interessi se si paga il capitale residuo. Ad esempio, la rottamazione quater (ex art. 1 co. 129-138 L. 178/2020) permette il versamento del dovuto in più anni, con annullamento integrale di sanzioni e interessi. Tali misure non riducono il capitale, ma alleggeriscono di molto il carico. Il debitore può pertanto cercare di aderire a eventuali finestre aperte per una definizione agevolata e saldare il dovuto senza vendere l’immobile.
- Donazione dell’immobile: il debitore potrebbe pensare di donare l’immobile (ad esempio ai figli o al coniuge) per evitare la vendita; tuttavia l’ipoteca rimane sul bene anche in capo al donatario. La donazione non estingue il debito tributario (che rimane personale del donatore) né cancella il vincolo ipotecario. Anzi, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione potrebbe opporsi anche alla donazione richiedendo la rivalsa. In rari casi si ipotizza che il donatario possa chiedere la riduzione del proprio debito (per “riduzione ipotecaria”) o addirittura lo scioglimento della donazione attraverso revocatoria, ma sono soluzioni complesse e poco praticate nel contesto fiscale. In sostanza, la donazione non è di norma un rimedio efficace per eliminare l’ipoteca fiscale.
- Rent to Buy (Affitto con riscatto): si tratta di un contratto misto, disciplinato in parte dalla legge 392/1978 e definito dalle parti, col quale il proprietario (venditore) concede in locazione l’immobile a un prezzo concordato, con l’opzione da parte dell’inquilino di acquistarlo entro un termine futuro. Anche in questo caso l’ipoteca resta iscritta sul bene e grava sull’acquirente finale. Può essere una soluzione alternativa temporanea: il debitore continua ad abitare (o affittare) l’immobile, intasca canoni mensili mentre risana il debito, e alla scadenza transige sull’eventuale acquisto da parte dell’inquilino. Tuttavia, senza il consenso dell’Agenzia il rischio penale rimane: se l’intento è sempre eludere la riscossione, il reato di sottrazione fraudolenta resta configurabile.
- Vendita di altri beni o patrimonio: a volte è preferibile cercare liquidità attraverso la vendita di altri immobili o beni mobili, piuttosto che vendere la casa ipotecata. Se il debitore possiede più immobili, potrebbe vendere un altro appartamento o terreno, utilizzando il ricavato per saldare l’Agenzia e poi cancellare l’ipoteca tramite accordo o istanza di riduzione. Ciò preserva la residenza principale e risolve i debiti fiscali.
In ogni caso, la strategia alternativa migliore dipende dal profilo reddituale e patrimoniale del debitore. Ad esempio, il saldo e stralcio o la rottamazione sono opzioni percorribili solo se si è in possesso di documenti ISEE che attestino l’indigenza; la donazione è praticabile giuridicamente ma inefficace dal punto di vista fiscale; il rent to buy è più adatto se l’intenzione è rimandare la vendita definitiva. In ottica di soluzioni combinate, si può pensare di accordarsi con l’Agenzia: ad esempio proponendo il pagamento di una somma minore (sconto) pur impegnandosi a vendere entro un termine se necessario.
Di seguito proponiamo una tabella riepilogativa delle principali opzioni, con vantaggi e svantaggi tipici:
Soluzione | Descrizione e condizioni | Vantaggi principali | Limiti e rischi |
---|---|---|---|
Vendita “ex art. 52” | Vendita con consenso Agenzia al prezzo di base d’asta. | Estingue completamente il debito; libera l’immobile dall’ipoteca. | Necessario consenso esatto; prezzo convenzionale spesso alto; tempi burocratici. |
Saldo e Stralcio | Definizione agevolata L.145/2018 per soggetti in difficoltà. | Riduce notevolmente il debito, residuo cancellato; niente vendita immobile. | Requisiti ISEE stringenti; finestre temporali limitate; riguarda solo debiti fiscale/tributario. |
Rottamazione/Rateazione | Pace fiscale (varie leggi: L.145/2018, L.197/2022, ecc.), paghi capitale dilazionato, sanzioni annullate. | Sospende l’espropriazione, elimina sanzioni e interessi; dilazioni lunghe (es. 10 anni per la quater). | Debito residuo (capitale) deve essere saldato; serve flusso di cassa; non riduce effettivo dovuto. |
Donazione immobile | Trasferimento gratuito dell’immobile a un familiare o ente. | Nessun incasso immediato richiesto; potrebbe preservare patrimonio familiare. | Ipoteche e debiti seguono il bene: donatario subisce gravame; rischio azione revocatoria; non estingue debito. |
Affitto con riscatto | Locazione con opzione d’acquisto futura. | Consente al debitore di continuare a utilizzare l’immobile; incassi dai canoni; evita trasferimento immediato. | L’ipoteca continua; vendita finale comunque necessaria per chiudere tutto; rischio penale se frainteso come simulazione. |
Vendita altri beni | Alienazione volontaria di altri immobili/beni per pagare il fisco. | Risolve il debito senza toccare la casa ipotecata; gode margini di mercato liberi. | Può comportare sacrifici patrimoniali; se debito > mercato di altri beni, potrebbe comunque non bastare. |
Tabella: confronto delle soluzioni per il debitore (realizzato dall’autore).
Domande e Risposte Frequenti
D: È possibile vendere una casa con un’ipoteca dell’Agenzia delle Entrate?
R: Sì, la legge lo consente. In base all’art. 52 del D.P.R. 602/1973 il debitore può vendere volontariamente l’immobile ipotecato, ma solo con il consenso dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione. In pratica bisogna concordare con l’Agenzia la vendita: l’agente di riscossione deve intervenire nel rogito, ricevere l’intero corrispettivo, trattenere l’importo del debito e rimborsare l’eventuale eccedenza al venditore. Senza questo consenso, la vendita non estingue il debito e può avere conseguenze legali.
D: Quali passi devo seguire per mettere in vendita la casa?
R: Occorre innanzitutto chiedere formalmente l’autorizzazione all’Agenzia Entrate-Riscossione. Si prepara un’istanza di vendita motivata (ad esempio con una perizia di stima) e la si invia tramite PEC. Nell’istanza si propone il prezzo di vendita basato sul valore di mercato, evidenziando le ragioni per cui esso dovrebbe essere inferiore al valore catastale di base d’asta. L’Agenzia risponderà concedendo o negando il consenso. In caso di rifiuto, si può valutare un ricorso all’autorità giudiziaria (art. 80 del DPR 602/73) per rivedere il valore. Se invece l’Agenzia acconsente, si procede al rogito notarile con la presenza di un funzionario dell’Agenzia, e si versa l’intero prezzo all’Agenzia. L’atto di vendita dovrà indicare che il corrispettivo sarà incassato dall’agente della riscossione.
D: Come si calcola il prezzo base di vendita?
R: Per legge il prezzo di base è dato dal valore catastale moltiplicato per 3. In pratica, si calcola la rendita catastale (dall’atto di provenienza o visura), la si rivaluta dell’1,05 e la si moltiplica per il coefficiente catastale (per le abitazioni civili A/2-A/3-A/4-A/5-A/6-A/7 si usa 1155, per A/1-A/8-A/9 si usa 1680). A quel punto il risultato si moltiplica per 3 (secondo art. 79 DPR 602/73). Questo valore è il prezzo base teorico su cui l’Agenzia fa riferimento. Nella maggior parte dei casi è più alto del valore di mercato reale dell’immobile. Se l’Agenzia ritiene insufficiente il prezzo proposto dal debitore (cioè inferiore a tale base), può negare il consenso.
D: Posso vendere a un prezzo inferiore al valore catastale moltiplicato?
R: Solo con l’accordo dell’Agenzia. L’art. 52 non include la clausola di riallineamento al mercato (il comma 5 del T.U. registro non si applica al caso), quindi il debitore non ha diritto automatico a fissare un prezzo più basso. Se il debitore ritiene il prezzo catastale eccessivo, deve convincere l’Agenzia (o il giudice) sulla base delle prove di mercato. In particolare, il giudice tributario può essere chiamato in causa se il valore catastale “manifestamente” discosta dal valore reale. In assenza di interlocuzione, vendere sotto il valore catastale è rischioso: l’Agenzia potrebbe contestare la vendita come infruttuosa e mantenere l’ipoteca.
D: Che rischio ho se vendo senza avviso all’Agenzia?
R: La vendita di un immobile ipotecato senza il consenso dell’Agenzia è rischiosissima. Innanzitutto non estingue l’ipoteca: il compratore subentra con l’immobile gravato. Inoltre, come detto, costituisce potenzialmente reato penale se finalizzata a eludere il pagamento delle imposte. Cassazione e Dottrina avvertono che non è sufficiente l’assenza di cartelle attive; se il Fisco dimostra che l’alienazione è avvenuta con debiti stimabili oltre la soglia di punibilità, il venditore (e in certi casi anche l’acquirente complice) può essere perseguito. Sul piano civile, l’Agenzia può anche impugnare l’atto come simulato o chiederne la revoca in quanto effettuato in pregiudizio dei creditori. In sintesi, vendere senza procedimento di legge espone a conseguenze penali e civili molto gravi.
D: Qual è il rischio per chi acquista una casa sapendo dell’ipoteca?
R: L’acquirente che sia al corrente dell’ipoteca e acquisti lo stesso il bene accetta il vincolo: l’immobile rimane gravato finché il debito non è pagato. Tuttavia, se l’acquirente sa che la vendita è simulata o complicità per eludere la riscossione, potrebbe partecipare al reato di sottrazione fraudolenta. Anche dopo la vendita, il nuovo proprietario potrebbe subire azioni giudiziarie: il Fisco potrebbe chiedere la simulazione (se dimostra che in realtà non c’è stato vero trasferimento) o la revocatoria. In entrambi i casi l’acquirente rischia di perdere l’immobile e il prezzo versato. Perciò, chi compra senza le cautele formali (pagando direttamente a privati, senza fare ordine col Fisco) rischia di trovarsi senza casa e senza denaro.
D: E se la casa è la mia “prima abitazione”?
R: L’art. 76 del D.P.R. 602/1973 – come modificato dal DL 69/2013 – stabilisce che l’Agenzia non può pignorare la “prima casa” del debitore (dove il debitore ha la residenza anagrafica e non è di lusso). In pratica, non si può vendere forzatamente la prima casa per soddisfare debiti tributari, a meno che i debiti non superino €120.000 e l’ipoteca sia anteriore di 6 mesi. Tuttavia, questa regola si applica alle procedure coattive (aste). Se il proprietario decide di vendere volontariamente la propria prima casa (ad esempio per trasferirsi), non c’è un divieto legale di fondo: resta valida la procedura di cui all’art. 52. Attenzione però: come visto, anche vendere la prima casa può integrare il reato tributario. La Cassazione ha infatti precisato che l’impignorabilità prima casa non salva il debitore dal reato se si dimostra lo scopo fraudolento. In altre parole, la tutela della prima casa riguarda solo l’esproprio coattivo, non impedisce in assoluto la vendita (anche se ipotecata).
D: Che succede se il debito è sotto 20.000 €?
R: Dal 2011 l’art. 77, comma 1-bis del D.P.R. 602/73 prevede che l’Agenzia può iscrivere ipoteca solo per debiti superiori a €20.000. Se il debitore ha portato il debito residuo sotto tale soglia (ad esempio con versamenti successivi all’iscrizione), l’ipoteca in astratto dovrebbe essere cancellata. In effetti, la CTP di Pisa n. 99/2020 ha annullato l’iscrizione ipotecaria proprio perché, dopo un piano di rateizzazione, il debito era sceso da 25.348 a 19.848 €. Questo significa che se il tuo debito residuo è sceso sotto 20.000 €, puoi chiedere la rimozione dell’ipoteca. Se invece il debito è superiore a 120.000 € complessivi, ricordiamo che l’Agenzia potrà intraprendere il pignoramento immobiliare (in assenza di ulteriori limiti).
D: Se l’Agenzia mi ha già intimato un’ipoteca senza preavviso, posso venderla comunque?
R: In generale l’ipoteca fiscale dovrebbe seguire la notifica di un atto esecutivo (cartella di pagamento) e un preavviso di ipoteca al debitore. Se hai ricevuto l’avviso di iscrizione ipotecaria (cartella di mora), puoi comunque proporre la vendita con art. 52 come descritto (presentando l’istanza e ottenendo il consenso). Se invece l’ipoteca è già iscritta illegalmente (ad esempio per violazione dei termini), potresti richiederne prima la cancellazione in sede giurisdizionale, ma ciò non impedisce di vendere: semplicemente dovrai estinguere il debito nel contesto della vendita. In ogni caso, il punto fondamentale è che la vendita sia concordata con l’Agenzia. Il fatto che l’ipoteca sia stata iscritta senza tutte le formalità (o senza rispettare i limiti di valore) non toglie il vincolo dal bene, ma può fornire al debitore argomenti per ridurla o annullarla.
Conclusioni
Vendere una casa gravata da ipoteca fiscale è una procedura consentita dalla legge italiana, ma complicata. Richiede una pianificazione attenta, documentazione accurata e – soprattutto – il rispetto delle regole formali (compreso il necessario consenso dell’agente della riscossione). Grazie a questa guida abbiamo evidenziato rischi e opportunità per il debitore: se da un lato la legge offre strumenti per alienare l’immobile pagando il debito, dall’altro occorre evitare scorciatoie illecite che espongono a sanzioni penali e civili. In molti casi, può essere più proficuo esplorare alternative (definizioni agevolate, accordi, cessione di altri beni) piuttosto che procedere subito alla vendita.
La materia è in continua evoluzione normativa e giurisprudenziale. Le fonti più autorevoli – articoli di legge, sentenze di Cassazione e pronunce delle Commissioni tributarie – confermano un orientamento chiaro: chi vende in frode al Fisco rischia il penale (Cass. 10763/2021; 36475/2024), mentre chi coopera (seguito la procedura di legge) può regolarmente estinguere i debiti tramite la vendita.
Per ogni situazione concreta, è consigliabile rivolgersi a un consulente esperto (avvocato tributarista o notaio specializzato) per valutare il caso specifico, redigere correttamente l’istanza di vendita e analizzare le alternative. Solo così si potrà agire in sicurezza, salvaguardando i propri interessi patrimoniali e al contempo evitando contestazioni giuridiche.
Fonti: Disposizioni di legge (D.P.R. 602/1973 e modifiche, D.P.R. 131/1986); norme fiscali e circolari (DL 69/2013, Legge 145/2018, DL 122/2022); massime giurisprudenziali della Corte di Cassazione (ex multis, Cass. 12/9/2014 n.19270; Cass. 14/12/2024 ord. 32759/2024; Cass. pen. 9/6/2021 n.10763; Cass. pen. 28/9/2024 n.36475); sentenze delle Commissioni tributarie (es. CTP Pisa 29/1/2020 n.99/3/2020); articoli di dottrina specialistica e risorse normative online. Il materiale è aggiornato a agosto 2025.
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L’ipoteca fiscale viene iscritta dall’Agenzia delle Entrate per garantire il pagamento dei debiti tributari. Finché è presente, rende la vendita della casa molto complessa: il compratore rischia di vedersi aggredito l’immobile e difficilmente accetterà l’acquisto senza la cancellazione dell’iscrizione. Inoltre, la presenza dell’ipoteca riduce il valore commerciale del bene e può bloccare eventuali pratiche di mutuo. Tuttavia, esistono soluzioni legali per cancellarla o gestirla prima della vendita.
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🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in diritto tributario e difesa da ipoteche fiscali
✔️ Specializzato in protezione del patrimonio immobiliare e soluzioni per la vendita di immobili ipotecati
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia
Conclusione
Vendere una casa con ipoteca dell’Agenzia delle Entrate è difficile, ma non impossibile.
Con la giusta strategia legale puoi ottenere la cancellazione dell’ipoteca, tutelare il valore dell’immobile e concludere la vendita in sicurezza.
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