Hai una Partita IVA o gestisci un’impresa e temi una verifica fiscale?
I controlli dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza fanno parte dell’attività ordinaria di vigilanza. Possono riguardare dichiarazioni dei redditi, IVA, contributi, movimentazioni bancarie e rapporti con clienti o fornitori. Sapere come affrontare una verifica fiscale in modo corretto è fondamentale per evitare errori che possono trasformarsi in accertamenti pesanti.
Quando possono scattare le verifiche fiscali
– In presenza di incongruenze tra i dati dichiarati e quelli comunicati da terzi
– Quando ci sono scostamenti dagli indici ISA o dai parametri di settore
– A seguito di controlli incrociati su conti correnti e movimenti bancari
– In caso di segnalazioni o sospetti di operazioni inesistenti o sottofatturate
– A campione, come parte delle attività di controllo ordinario
Cosa possono controllare
– Dichiarazioni dei redditi e liquidazioni IVA
– Registri contabili, bilanci, fatture emesse e ricevute
– Estratti conto bancari e rapporti finanziari
– Contratti con clienti e fornitori
– Documentazione relativa a dipendenti e collaboratori
Cosa fare durante una verifica fiscale
– Collaborare con i verificatori senza ostacolare l’attività di controllo
– Richiedere sempre copia del verbale di accesso e delle eventuali richieste documentali
– Non firmare documenti senza averli letti e compresi
– Farsi assistere da un avvocato tributarista o dal proprio consulente di fiducia
– Fornire solo i documenti richiesti, senza consegnare materiale non pertinente
Come difendersi dopo la verifica
– Analizzare il processo verbale di constatazione per individuare eventuali errori
– Presentare osservazioni e memorie difensive entro i termini di legge
– Contestare ricostruzioni induttive non supportate da prove concrete
– Dimostrare con documenti e prove la reale correttezza delle operazioni
– Impugnare eventuali avvisi di accertamento davanti alla Corte di Giustizia Tributaria
Cosa si può ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale delle contestazioni
– La riduzione delle imposte e delle sanzioni richieste
– La sospensione di cartelle e procedure esecutive in corso
– La tutela del patrimonio personale e aziendale
– La possibilità di chiudere il contenzioso pagando solo quanto realmente dovuto
Attenzione: ogni parola e ogni documento fornito durante una verifica fiscale possono essere usati in sede di accertamento. Agire con prudenza e con l’assistenza di un professionista è la scelta migliore per proteggersi.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso tributario e difesa di Partite IVA e imprese – ti spiega come affrontare le verifiche fiscali e come tutelarti in ogni fase del procedimento.
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Introduzione
Le verifiche fiscali rappresentano una delle situazioni più temute da contribuenti professionisti e imprese. Comprendere il quadro normativo, i propri diritti e gli strumenti di tutela è fondamentale per prepararsi e difendersi efficacemente. Questa guida, aggiornata ad agosto 2025, illustra in dettaglio i vari tipi di controlli (accessi, ispezioni, verifiche documentali, accertamenti sintetici, indagini bancarie) e fornisce risposte a quesiti pratici dal punto di vista del contribuente, con numerosi riferimenti normativi e giurisprudenziali recenti.
1. Quadro normativo di riferimento
Gli articoli 32 e 33 del DPR 600/1973 disciplinano i poteri dell’Amministrazione finanziaria in materia di controllo sui contribuenti. In particolare, l’articolo 32 stabilisce che gli uffici delle imposte «procedono all’esecuzione di accessi, ispezioni e verifiche a norma del successivo art. 33». Ciò significa che l’Agenzia delle Entrate (o la Guardia di Finanza) può entrare in azienda o richiedere documenti sulla base delle modalità previste dal TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi). L’art. 32 riconosce inoltre che il contribuente ha diritto ad avere copia del verbale di controllo: «Il contribuente ha diritto ad avere copia del verbale», ciò che garantisce trasparenza all’attività di verifica.
L’art. 33 del DPR 600/1973 rinvia all’art. 52 del DPR 633/1972 (Testo Unico IVA) le modalità pratiche di accesso e ispezione. Di fatto, gli articoli 51–52 del DPR 633/1972 confermano poteri analoghi agli uffici IVA, disponendo che gli uffici dell’IVA possano «procedere all’esecuzione di accessi, ispezioni e verifiche». Va ricordato che l’obbligo di riservatezza grava sugli ispettori (e anche sull’avvocato dello Stato) e che gli accessi a banche e Poste finanziarie richiedono una specifica autorizzazione di dirigenti di alto livello. Infatti, l’art. 33 del DPR 600/1973 stabilisce che gli accessi agli «operatori finanziari» (banche, Poste, intermediari) devono avvenire con autorizzazione, da funzionari qualificati, e fuori orario di sportello.
Dal lato del contribuente, lo Statuto del Contribuente (legge 212/2000 e successive modifiche) contiene principi generali di tutela, come il contraddittorio e il rispetto del termine di 60 giorni per osservazioni. È bene ricordare che, storicamente, fino al 2023 il contraddittorio endoprocedimentale (cioè la possibilità di essere ascoltati prima della chiusura dell’accertamento) era previsto solo in determinati casi specifici (controlli in loco, studi di settore, redditometro, ecc.). Ciò è stato più volte confermato dalla giurisprudenza: ad esempio, le Sezioni Unite della Cassazione nel 2015 hanno stabilito che prima della riforma non esisteva un obbligo generale di contraddittorio per tutte le imposte.
Tuttavia, recenti interventi normativi hanno mutato radicalmente il quadro: con la Legge Delega 111/2023 e il D.Lgs. 219/2023 (entrato in vigore il 18 gennaio 2024) è stato introdotto un nuovo art. 6-bis dello Statuto del Contribuente, che impone il contraddittorio preventivo generalizzato per tutti gli atti impositivi impugnabili. Questo significa che da aprile 2024 in poi ogni avviso di accertamento, ingiunzione, cartella, ecc., deve essere preceduto da un confronto con il contribuente a pena di nullità (salvo eccezioni indicate da un decreto ministeriale).
2. Tipologie di controlli fiscali
2.1 Accesso e ispezione
Accesso (o ispezione in loco) significa l’attività svolta dall’Agenzia delle Entrate (o Guardia di Finanza) direttamente presso la sede del contribuente. In base all’art. 32 DPR 600/73, l’ufficio può «procedere all’esecuzione di accessi, ispezioni e verifiche». Si tratta di controlli approfonditi, finalizzati a verificare scritture contabili e documenti fiscali. Durante l’accesso, gli ispettori possono esigere esibizione di libri, registri, documenti (art. 32, co. 3-4) e possono trattenere copie fino a 60 giorni. E’ importante sapere che non è permesso il sequestro permanente degli originali né occultare informazioni: non rispondere all’accesso o negare la documentazione richiesti è sanzionato, poiché l’ufficio potrà assumere quei dati come veri. Tuttavia, in base all’art. 32, comma 3-ter del DPR 600/73, se il contribuente non ottempera agli inviti degli uffici, le relative sanzioni possono applicarsi (si veda nota in calce).
Durante l’accesso il contribuente ha diritto ad assistere il proprio consulente legale o contabile: nulla vieta infatti di farsi affiancare da un avvocato di fiducia o dal commercialista. Anzi, la presenza di un esperto è spesso consigliata per prevenire errori, fornire subito spiegazioni tecniche o preparare il verbale. Al termine dell’accesso, gli ispettori redigono il processo verbale di constatazione (PVC), che illustra le contestazioni emerse. Secondo legge, il contribuente deve firmare il PVC; se si rifiuta, nel verbale va indicato il motivo. Il PVC deve poi essere consegnato al contribuente, dando il via al termine di 60 giorni per presentare osservazioni o documenti a sua difesa (come previsto dallo Statuto del Contribuente). Dal rilascio del verbale decorre infatti un termine dilatorio di 60 giorni nel quale il contribuente può formulare le sue controdeduzioni. Se il contribuente ritiene illegittime alcune richieste, può sollevare eccezioni immediate, ma resta obbligatorio collaborare lealmente.
Una recente pronuncia di rilievo (Cass. 23991/2024) ha chiarito che – anche in caso di accesso mirato (ad esempio, eseguito presso la sede degli uffici anziché in azienda) – l’unico atto formale che attiva il contraddittorio è il verbale di consegna dei documenti. In quella vicenda l’Agenzia era entrata negli uffici per ottenere documenti (non contestando in quel momento specifiche violazioni), ma aveva comunque redatto un verbale (“verbale di accesso”) contenente l’elenco delle richieste e l’avvertimento dei 60 giorni. La Cassazione ha ritenuto sufficiente tale verbale per assicurare il contraddittorio, esonerando dall’obbligo di un ulteriore verbale di chiusura.
2.2 Verifiche documentali (“a tavolino”)
Le verifiche documentali (o “a tavolino”) avvengono invece negli uffici dell’Agenzia senza accesso fisico. L’ufficio può invitare il contribuente a produrre documenti o dati (art. 32, comma 2 DPR 600/73), o può richiedere documenti tramite raccomandata AR. Questi controlli mirano a individuare errori o omissioni nelle dichiarazioni presentate, incrociando informazioni già in possesso dell’Amministrazione (dati INPS, denuncianti fiscali, dati anagrafici, segnalazioni di Enti Locali ecc.) o acquisendo dati su banche e terzi.
Il contribuente può ricevere inviti a comparire presso l’Ufficio per fornire spiegazioni, o domande formali (questionari) ai sensi dell’art. 32, comma 4 DPR 600/73. Deve comunque collaborare entro i termini fissati (in genere 15-30 giorni). È buona norma fornire ogni documentazione utile e attendere la formale conclusione con i 60 giorni di contraddittorio. A differenza dell’accesso, nelle verifiche “a tavolino” non è previsto un verbale di visita; la fase di contraddittorio si attiva tipicamente con la consegna del PVC o di uno schema di atto.
2.3 Accertamento sintetico (redditometro)
L’accertamento sintetico (redditometro) è disciplinato dall’art. 38 del DPR 600/1973 ed è applicabile alle persone fisiche. In sostanza, quando il reddito dichiarato risulta inferiore a quello potenziale basato sulle spese e sulla capacità di spesa, l’ufficio può procedere d’ufficio a determinare sinteticamente il reddito complessivo. Il punto chiave è che prima di emettere l’atto definitivo, l’ufficio deve invitare il contribuente a comparire (anche tramite procuratore) per fornire dati e spiegazioni relative alle spese elevate – un vero e proprio contraddittorio preventivo specifico. Solo dopo questo invito, se il contribuente non giustifica o le giustificazioni non convincono, l’ufficio procede con l’atto (analoga regola vale per il redditometro statale o simili criteri di spesa).
In pratica, in caso di accertamento sintetico il contribuente riceve prima un invito formale (ai sensi dell’art. 38 comma 7 DPR 600/73) contenente i dati sui consumi e l’elenco delle spese non giustificate. Al contribuente è concesso un termine (solitamente 30 giorni) per giustificare ogni spesa eccezionale, dimostrando che è finanziata con redditi esenti, redditi di altri periodi o risparmio dei periodi precedenti. Se il contribuente non si presenta o non fornisce spiegazioni convincenti, l’ufficio inserirà le spese come ricavi e notificherà l’avviso di accertamento, motivando di aver tenuto conto delle osservazioni (se pervenute). Va sottolineato che il redditometro non richiede l’inverso della prova di resistenza: la Cassazione ha affermato che non basta contestare genericamente la metodologia induttiva, ma il contribuente deve provare caso per caso come ha finanziato le spese.
La riforma del 2024 ha reso l’obbligo di contraddittorio nel redditometro ancora più stringente: ora è imposto dall’art. 6-bis Statuto in via generale. Di fatto, l’accertamento sintetico rimane nullo se non preceduto da contraddittorio. Infatti la legge già prima puniva con la nullità gli atti basati sul redditometro senza invito (art. 38 DPR 600/73, c.7), e la nuova normativa ha confermato questa garanzia.
2.4 Indagini bancarie e conti correnti
Le indagini bancarie sono poteri attribuiti all’Amministrazione finanziaria in via speciale per risalire a redditi non dichiarati tramite l’analisi dei rapporti finanziari del contribuente. L’art. 52, comma 6-bis e 7, del DPR 600/1973 consente di ottenere elementi bancari sia direttamente dal contribuente (dichiarazione dei rapporti attivi/estinti degli ultimi 5 anni), sia tramite “tax subpoena” alle banche e istituti finanziari. In pratica, l’ufficio può richiedere autorizzazione da un direttore dell’Agenzia o un comandante della GdF per ottenere dati e documenti sui conti correnti e operazioni finanziarie del contribuente. Le richieste devono essere motivate e inviate entro 30 giorni tramite raccomandata (le risposte via PEC).
Dal punto di vista del contribuente, le indagini bancarie non prevedono alcun contraddittorio preventivo formale diverso da quello generale (art. 6-bis) – l’ufficio effettua l’istruttoria in autonomia e poi notifica gli esiti. In giudizio, però, se l’atto di accertamento si fonda su indagini bancarie il contribuente può contestare la ricostruzione dei redditi chiedendo la prova analitica di ogni movimentazione. La Cassazione (ordinanza 25043/2024) ha infatti precisato che “per gli accertamenti fondati su indagini bancarie il contribuente deve fornire una prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già dichiarate, ovvero della loro estraneità alla propria attività”. Ciò significa che non sono ammesse difese generiche o fraintendimenti: se l’Agenzia accusa di ricavi occulti basandosi sui movimenti bancari, il contribuente deve spiegare scrupolosamente come ha giustificato quei prelevamenti o versamenti (ad esempio tramite documenti contabili non considerati dall’ufficio). In assenza di tale prova caso per caso, le somme possono essere considerate imponibili.
2.5 Controlli formali e automatizzati
Esistono infine verifiche fiscali “a sistema” automatizzate, come i controlli formali sulle dichiarazioni IVA (art. 36-ter DPR 600/73), la liquidazione automatica delle imposte (art. 36-bis), i controlli sugli ISA (ex studi di settore), e altri controlli statistici e di compliance. Tali controlli consentono all’Agenzia di emettere comunicazioni di irregolarità o avvisi bonari senza accessi fisici. Il contribuente ha comunque diritto a essere informato dell’esito (es. riceve un modulo con il risultato del controllo) e ad eventuali cartelle. La riforma del 2024 ha stabilito che la maggior parte di questi atti non richiede contraddittorio preventivo: molti sono infatti espressamente esclusi dall’obbligo di contraddittorio dall’atto del 24 aprile 2024. In particolare, l’art. 1 del DM 24/4/2024 elenca come automatizzati e quindi “esenti” dal contraddittorio gli atti di liquidazione di carattere meramente formale, i controlli 36-bis/36-ter, gli accertamenti catastali e altri (vd. Tab.1 più avanti). Questo significa che, ad esempio, se arriva un avviso derivato da un controllo informatico di non-dichiarazione IVA o da calcolo automatico delle imposte, l’ufficio non è obbligato a convocarti per un contraddittorio. In tali casi il contribuente riceve direttamente l’atto conclusivo, ma conserva i normali diritti di impugnazione.
3. Fase di istruttoria e diritti del contribuente
3.1 Contraddittorio preventivo
Il contraddittorio endoprocedimentale rappresenta il cuore del diritto di difesa del contribuente. Si tratta della fase in cui il contribuente è formalmente chiamato a discutere con l’amministrazione prima che sia adottato l’atto finale. Prima del 2024 il contraddittorio era obbligatorio solo in casi specifici (come gli accertamenti in cui l’ufficio accerta un maggior imponibile tramite verifica in loco, o l’accertamento sintetico, o alcuni “correttivi” come gli studi di settore).
In virtù della riforma introdotta dal D.Lgs. 219/2023, oggi ogni atto impositivo impugnabile deve essere preceduto da un contraddittorio “informato ed effettivo”. Per legge (art. 6-bis, L.212/2000) l’amministrazione deve comunicare al contribuente uno schema di atto (bozza di avviso) contenente le contestazioni e deve concedere almeno 60 giorni per controdeduzioni scritte. Su richiesta del contribuente gli atti istruttori devono essere messi a disposizione. In altre parole, prima di firmare l’avviso di accertamento l’ufficio è tenuto a convocare o almeno invitare il contribuente al contraddittorio, pena nullità dell’atto.
Va ricordato che alcune categorie di atti restano escluse dal contraddittorio per espressa norma: il D.M. 24/4/2024 (attuativo) ha individuato gli “atti automatizzati” (36-bis, 36-ter, liquidazioni semplici, incroci banche dati, ecc.) che non richiedono convocazione preventiva. Tuttavia, salvo queste precise eccezioni, il principio è ora generalizzato. La Corte Costituzionale (sent. 47/2023) aveva già osservato che il nostro sistema era «in controtendenza» rispetto all’evoluzione normativa ed europea e sollecitava il legislatore a estendere l’obbligo a ogni procedura fiscale; pochi mesi dopo la riforma ha compiuto questo passo.
Tabella 1 riepiloga alcuni esempi: in rosso gli atti per cui prima del 2024 non esisteva obbligo formale di contraddittorio e in verde quelli già tutelati. Notiamo che dopo il 2024 praticamente tutti gli avvisi di accertamento impugnabili prevedono un contraddittorio preventivo, ad eccezione delle operazioni tecniche (vedi esclusioni di DM).
Atti fiscali | Contraddittorio prima del 2024 | Contraddittorio dal 30/4/2024 |
---|---|---|
Verifica in loco (accesso GdF, PVC) | Sì (richiesto ex art. 12 c.7 Statuto, pena nullità) | Sì (art. 6-bis Statuto; stesso termine di 60 giorni) |
Accertamento analitico “a tavolino” (IRPEF) | No (salvo casi particolari di abuso di diritto) | Sì (obbligatorio, atto nullo se emesso senza contraddittorio) |
Verifica IVA a tavolino | Sì, per tributi armonizzati (Corte UE), ma richiede “prova di resistenza” | Sì (obbligatorio sempre; no “prova di resistenza”) |
Studi di settore (ex ISA) solo | Sì (obbligo di legge L.146/98; nullità se omesso) | Sì (inclusi nell’art. 6-bis; nullità se omesso) |
Redditometro (accertamento sintetico) | Sì (invito obbligatorio ex art. 38 DPR 600/73; nullità se omesso) | Sì (confermato da art. 6-bis Statuto) |
Incroci banche dati (redditi/RT) | No (nessuna norma specifica prima) | No (escluso: DM 24/4/2024) |
Controllo formale (36-ter, “liquidazioni” automatiche) | Sì (in via di fatto, ma senza efficacia vincolante) | No (escluso: comunicazioni 36-ter esentate) |
Avviso su dichiarazione omessa | No (adesione procedura semplificata, nessun contraddittorio previsto) | Sì (obbligatorio, atti impugnabili come ogni altro) |
Accertamento catastale (intestazioni, rendite) | No (procedura distinta) | No (escluso: DM 24/4/2024) |
Revoca agevolazione prima casa – registro | No (atto unilaterale liquidatorio) | No (escluso: DM 24/4/2024) |
Legenda: Sì = contraddittorio obbligatorio; No = nessun obbligo; Escluso = esente dall’obbligo per norma (DM 24/4/2024).
3.2 Verbali e prove
Al termine dell’accertamento (accesso o ispezione) l’Ufficio redige il processo verbale di constatazione (PVC), vero documento centrale dell’attività ispettiva. Il PVC riassume le anomalie riscontrate, l’entità dei maggiori imponibili e delle sanzioni proposte. È obbligatorio che il PVC sia sottoscritto dal contribuente o dal suo rappresentante; in caso di rifiuto, va indicato il motivo. Dopo la consegna del PVC parte il termine di 60 giorni per le osservazioni. Se il contribuente rifiuta di firmare o non partecipa al contraddittorio, l’atto successivo potrà comunque essere emesso, purché sia motivato tenendo conto di quanto eventualmente ricevuto.
Attenzione alle motivazioni: per la Corte di Cassazione è necessario che il PVC sia redatto con chiarezza, elencando puntualmente le operazioni contestate e le spese sequestrate. È opportuno dunque leggere attentamente il verbale e, se vi sono errori materiali o interpretazioni errate, fare presente subito le proprie osservazioni, sia verbalmente che per iscritto. Ad esempio, in Cass. 23991/2024 il PVC conteneva un avvertimento di 60 giorni e, benché l’accesso fosse stato mirato alla semplice raccolta di documenti, l’Agenzia aveva anticipato il contraddittorio. In quel caso il contribuente aveva potuto opporsi durante il termine di 60 giorni ed esporre le proprie argomentazioni.
Durante la verifica, se l’ufficio richiede spiegazioni sul posto (verbale di questionario), ricordate che ogni dichiarazione viene verbalizzata. Se si forniscono dati supplementari o si risponde a contestazioni, è consigliabile farlo con precisione e, se possibile, corredare con documenti (es. fatture, bonifici) che dimostrino quanto affermato. Qualora emerga un dubbio (ad es. sulla qualificazione di un’operazione), si può chiedere una pausa scritta o una sospensione breve per verificare internamente la questione. Un atteggiamento collaborativo e organizzato di solito giova al contribuente.
4. Dopo la verifica: avviso di accertamento e impugnazione
4.1 Emissione e contenuto dell’atto
Al termine dell’istruttoria, l’ufficio emette l’avviso di accertamento (o di liquidazione) sulla base del PVC e delle controdeduzioni ricevute. L’avviso, che formalizza la pretesa fiscale, deve indicare i calcoli (nuovi redditi/IVA maggiori, ritenute d’acconto, ecc.), i riferimenti normativi e le ragioni delle maggiorazioni. In virtù del contraddittorio, l’atto contiene anche il ragionamento che spiega perché non siano state accolte le osservazioni del contribuente (se il contribuente ha partecipato). Se l’avviso è frutto di un accesso-verifica, deve anche informare il contribuente della possibilità di ricorrere entro 60 giorni alla Commissione Tributaria Provinciale.
La mancata convocazione preventiva non annulla automaticamente il successivo avviso dopo il 2024, dato che il contraddittorio ora è norma generale. Se però l’Ufficio omette di invitare il contribuente al contraddittorio in uno dei casi previsti, l’atto è impugnabile per nullità (casistica ex ante: nullità sacrosanta per redditometro, studi di settore ecc.; ora nullità per qualunque mancato contraddittorio non giustificato dalla norma). In termini pratici, è utile controllare se l’avviso di accertamento menziona effettivamente il contraddittorio (previa convocazione) o altrimenti si può far valere in giudizio la nullità e costringere l’Agenzia a rifare il contraddittorio.
4.2 Contestazione e ricorso
Una volta ricevuto l’avviso, il contribuente ha diritto di difesa e può impugnarlo in vari modi:
- Osservazioni all’avviso: entro 60 giorni dalla notifica, anche se non esplicitamente richiesto, il contribuente può far pervenire osservazioni motivate all’Ufficio (di solito tramite l’operatore che ha emesso l’atto), con nuovi documenti o memorie che confutino le contestazioni.
- Accertamento con adesione: introdotta dal D.Lgs. 218/97, è una procedura negoziata. Ricevuto un avviso, il contribuente può proporre all’Ufficio un accordo: accetta (in parte) l’imposta dovuta in cambio di sanzioni ridotte e rateizzazioni. Si negozia generalmente «faccia a faccia» con l’ufficio. In questa procedura il contraddittorio è insito e richiesto (è un negoziato), ma si svolge dopo l’avviso e ha finalità conciliative.
- Ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale (CTP): entro 60 giorni (ex art. 19 D.Lgs. 546/1992) dalla notifica dell’avviso di accertamento o della cartella, il contribuente può presentare ricorso. Il ricorso deve contenere i motivi specifici di impugnazione: errori di fatto, vizi di procedura (mancato contraddittorio, mancata motivazione), violazioni normative, incompletezza della motivazione ecc. Devono essere allegati i documenti in suo possesso (o indicate le prove da assumere). È consigliabile essere il più esaustivi possibile e, se rilevante, invocare le sentenze e norme di cui parliamo in questa guida. Ad esempio, se il problema è stato il mancato contraddittorio, si può dedurre la nullità dell’atto (in base al nuovo art.6-bis) o l’illegittimità per precedente disciplina (Cass. 9554/2024 su studi di settore o Cass. 24823/2015 su tributi non armonizzati). Se si contestano i conti, bisogna evidenziare eventuali errori nel calcolo o indicare quali prove (fatture, giustificativi) non sono state valutate.
- Ricorso al Giudice di Appello (CTR): se la CTP respinge in tutto o in parte il ricorso del contribuente, si può fare appello entro 60 giorni dalla pronuncia. In particolare, l’ufficio potrebbe aver proposto appello anche su punti decisi in parte a favore del contribuente. In appello si ribadiscono i motivi e si possono anche inserire ulteriori argomenti (in genere, segnalati già in prima battuta al giudice di primo grado).
- Ricorso per Cassazione: se permangono questioni di diritto, è possibile ricorrere in Cassazione (Sez. Trib.) entro 60 giorni dalla sentenza di CTR. Qui si focalizza su questioni di diritto (interpretazione di norme fiscali, decadenza, difetto assoluto di motivazione ecc.), con eventuali citazioni di giurisprudenza (ad es. citazioni di Sezioni Unite, Corte UE, Corte Cost., ecc.).
In ogni fase il contribuente ha diritto a farsi assistere da un avvocato tributarista o da un commercialista, che curerà il ricorso secondo le regole del processo tributario. Spesso è decisivo presentare un memoria difensiva dettagliata, tanto più che oggi (dal 2024) l’amministrazione ha l’onere di fornire ampie informazioni durante il contraddittorio; analogamente anche il contribuente deve sfruttare ogni elemento raccolto.
4.3 Definizione agevolata e sanzioni
Nel frattempo vanno osservati anche i termini contributivi: l’atto di accertamento può contenere sanzioni amministrative e interessi. Se si accetta il maggior debito, è possibile estinguere in tutto o parte la controversia ricorrendo agli istituti deflativi previsti (ravvedimento operoso, definizioni agevolate, ravvedimento per omessa fatturazione, etc.). Ad esempio, la rottamazione/quiescenza di cartelle o ruoli consente di pagare solo tributi e una riduzione delle sanzioni. L’accertamento con adesione menzionato precedentemente applica sanzioni ridotte a 1/3. Chiunque tema contenziosi deve verificare se esistono tempi temporanei (spesso previsti dalle leggi finanziarie) in cui è più conveniente definire gli atti senza ricorrere (con condizioni favorevoli). Tuttavia, gli istituti deflativi non sostituiscono il contraddittorio: essi intervengono dopo l’atto e non eliminano il diritto a contestarlo.
5. Domande frequenti (Q&A)
D: Qual è la differenza tra accesso e ispezione?
R: Accesso e ispezione indicano entrambi l’attività ispettiva in azienda. In pratica, un “accesso” è l’ingresso della Guardia di Finanza o dell’Agenzia in azienda (sedi, stabilimenti o domicilio fiscale) per esaminare libri, registri, fatture e documenti. L’ispezione può essere considerata una procedura più ampia, ma in ambito fiscale i termini spesso si usano come sinonimi. L’importante è che si tratti di un controllo in loco, che richiede la compilazione del PVC e il rispetto del contraddittorio ex art. 12 co.7 Statuto.
D: Quali sono i diritti del contribuente durante la verifica?
R: Il contribuente ha diritto a: (i) essere presente durante l’accesso con il proprio rappresentante o consulente; (ii) assistere alla verbalizzazione e chiedere chiarimenti; (iii) firmare o rifiutare la firma del verbale (con l’annotazione del motivo); (iv) ottenere copia del verbale; (v) fruire del termine di 60 giorni per presentare osservazioni. Inoltre, l’ufficio deve svolgere il controllo con lealtà: non può porre domande in modo ingannevole o carpire informazioni riservate che esulano dal controllo tributario. Se durante l’accesso emergono fatti penali, la Guardia di Finanza potrebbe intervenire con sequestro probatorio (es. documenti), ma ciò avverrà solo con autorizzazione giudiziaria. In ogni caso, i dati raccolti rimangono riservati all’uso fiscale secondo la legge.
D: Cosa succede se rifiuto di consegnare un documento o di rispondere?
R: Il contribuente non può opporsi o ritardare indebitamente l’accesso: farlo equivale a violazione dell’obbligo di collaborazione. In tal caso l’amministrazione può applicare sanzioni per mancata esibizione (ex art. 10-bis della legge 212/2000) e utilizzare tali dati come “presunzioni semplici” a sfavore del contribuente. È sempre meglio fornire i documenti richiesti, anche se se ne contesta la pertinenza: l’amministrazione dovrà poi considerare le giustificazioni nella formulazione dell’atto.
D: Cosa fare se il verbale non rispecchia i fatti?
R: Se notate errori nel verbale (dati sbagliati, omissioni o affermazioni non vere), potete chiedere che vengano rettificati immediatamente. Se la firma è richiesta a verbale, potete firmare con riserva di verificare successivamente (alcuni usano “firma per ricevuta”). È fondamentale annotare sul verbale eventuali eccezioni o allegare documentazione che confuti i rilievi (ad es. estratti conto, fatture). Poi, nei 60 giorni a disposizione, inviate una memoria scritta dettagliata all’Ufficio. In CTP (Tribunale tributario) tale verbale non è legale testimonianza: si può sempre contestare il suo contenuto in giudizio chiedendo nuove prove. Cass. 25043/2024 evidenzia infatti che senza adeguate motivazioni le giustificazioni date in contraddittorio non possono essere ignorate.
D: È obbligatorio partecipare al contraddittorio?
R: Sì. Dopo la riforma 2023/24, la partecipazione è obbligatoria per l’ufficio: questo attiva il contraddittorio automaticamente. Per il contribuente non esiste una sanzione specifica per non partecipare, ma il fatto di non fornire elementi di prova nel contraddittorio lascia l’accertamento nelle mani dell’ufficio, che potrà usare le proprie ipotesi senza dover accogliere alcuna giustificazione. Come detto, l’atto finale deve comunque tener conto delle eventuali osservazioni anche assenti, ma di fatto il contribuente peggiora la sua posizione. In precedenza, saltare il contraddittorio spesso comportava che l’avviso sarebbe stato emesso comunque (contenendo però la motivazione che rispondeva alle eventuali difese, come richiesto dalla Corte Costituzionale in casi analoghi).
D: Come difendersi da un accertamento sintetico?
R: Nell’accertamento sintetico (redditometro) l’onere probatorio è più stringente. Bisogna dimostrare nella fase del contraddittorio che le spese eccedenti sono finanziate con redditi esenti o redditualità di altri periodi oppure da risparmi pregressi. In pratica va prodotta prova documentale di ogni veicolo di spesa (es. estratti conto che giustificano le spese, atti noti che certificano risparmi, ricevute di pratiche edilizie per opere, ecc.). La Cassazione conferma che il contribuente non può limitarsi a negare genericamente l’accertamento: deve spiegare analiticamente cosa ha finanziato e con quali somme. Se riesce a provare in contraddittorio che le spese derivano da fonti esenti (es. contributi in conto esercizio) o redditualità di congiunti (in famiglia, ad es.), l’accertamento potrebbe cadere. Se l’ufficio ritiene insufficiente la giustificazione, emetterà comunque l’avviso e il contribuente potrà contestare in giudizio il presupposto “reddituale”. Anche se il contraddittorio è sempre previsto (art.38 c.7 DPR 600), oggi in ogni caso gli atti sintetici devono seguire la procedura 6-bis.
D: Cosa fare se l’atto finale arriva senza contraddittorio?
R: Se si percepisce che l’Ufficio non ha svolto correttamente il contraddittorio (o non lo ha proprio convocato nei casi dovuti), ci sono due possibili azioni. 1) Si può invocare in via amministrativa l’annullamento in autotutela, richiedendo all’Ufficio di rispettare il contraddittorio obbligatorio. 2) In giudizio (CTP) si può eccepire la nullità dell’atto per violazione del “giusto procedimento” fiscale (art. 6-bis). Dopo il 30 aprile 2024 ogni violazione è causa automatica di nullità. In precedenza alcune sentenze (Cass. 9554/2024 sui soli studi di settore, Cass. SU 24823/2015 sui tributi armonizzati) davano diritto al contribuente di sollevare la nullità per mancato contraddittorio se sarebbe stato obbligatorio. Oggi quei punti valgono come principi generali: senza contraddittorio obbligatorio, nessun avviso può essere considerato valido.
6. Tabelle riepilogative
Tabella 2 – Diritti fondamentali del contribuente durante la verifica:
Diritto/Facoltà | Descrizione |
---|---|
Avviso di verifica (statuto art. 12) | Ricevere notifica di inizio verifica o comunicazione di esibizione documenti con atto scritto. |
Contraddittorio (prev. DPR 600/1973, Statuto art.12, co.7) | Essere convocato dall’ufficio alla fine della verifica (nello schema PVC) e avere 60 giorni per difendersi. |
Assistenza di consulenti | Essere affiancato da avvocato/CAF/commercialista durante l’accesso e al contraddittorio. |
Verbale di constatazione (PVC) | Avere copia del verbale compilato dagli ispettori, da firmare o controfirmare (collaborazione leale). |
Termine di osservazioni | Dopo il PVC, ottenere l’avviso di 60 giorni per presentare memorie e documenti difensivi. |
Accesso agli atti (Statuto art. 6-bis) | Esaminare documenti istruttori su cui si basa l’atto prima di impugnare. |
Copia degli atti istruttori | Ottenere copia della documentazione rilevante su richiesta (accesso agli atti). |
Rispetto della procedura | L’atto finale deve motivare le ragioni del rifiuto delle osservazioni e ogni contestazione fatta. |
La tabella riassume le garanzie minime che lo Stato deve assicurare per legge. In caso di violazione (ad es. mancata consegna di una copia del PVC o diniego di esibire documenti importanti), tali mancanze possono essere denunciate in giudizio tra i motivi di ricorso. Ad esempio, la Cassazione ha ribadito che la mancata motivazione delle ragioni di rigetto delle osservazioni al PVC costituisce vizio di motivazione apprezzabile in ricorso.
Tabella 3 – Obblighi dell’Agenzia vs. facoltà del contribuente in contraddittorio:
Fase | Amministrazione | Contribuente |
---|---|---|
Convocazione al PVC | Deve convocare/svolgere contraddittorio (ora generale art.6-bis). | Deve partecipare o fornire difese scritte nel termine di 60 gg. |
All’inizio dell’atto | Deve far firmare il PVC (o annotare rifiuto) e consegnarne copia. | Può far annotare riserva sul verbale e conservare copia. |
Osservazioni a verbale | Debitamente verbalizzate e allegate all’istruttoria. | Può fornire spiegazioni, documenti e memorie di difesa. |
Redazione del verbale | Deve descrivere chiaramente rilievi e documenti esaminati. | Può richiedere chiarimenti su voci da verificare prima della firma. |
Emissione avviso | Deve motivare l’atto conclusivo rispondendo alle osservazioni ricevute, o ricordando le ragioni dell’atto. | Può impugnare l’atto se manca motivazione sui propri argomenti. |
7. Esempi pratici di difesa
Simulazione 1 – Accertamento sintetico per professionista: Mario, libero professionista, dichiara un reddito di 40.000 euro annui. L’Agenzia, dopo una verifica sui conti correnti, rileva spese non giustificate per 60.000 euro (viaggi, prestiti ai figli, bonifici sospetti). Viene quindi avviato un accertamento sintetico di medio-alta entità. Cosa fare? Mario deve innanzitutto rispondere all’invito (contraddittorio art. 38): nei 30 giorni disponibili deve dimostrare caso per caso come ha finanziato quelle spese. Potrebbe allegare copie dei bonifici, spiegare che certi importi erano in realtà rimborsi di prestiti fatti in passato, oppure che una parte è coperta da redditi esenti (come assegni familiari, cessione del quinto o risparmio). Se riesce a provare che almeno 20.000 euro di spese erano da escludere (es. pagate con risparmi accumulati negli anni precedenti), il suo reddito sintetico scende. Se non collabora, l’Ufficio (ai sensi dell’art. 38) procederà comunque, ma dovrà motivare l’inserimento di tutte le spese come redditi. In fase di contraddittorio, Mario e il suo commercialista devono essere molto precisi: come richiesto dalla Cassazione, serve prova analitica per ogni spesa, altrimenti l’accertamento sarà confermato. Una memoria finale inviata entro i 60 giorni può essere utile anche per chiedere l’accertamento con adesione, se conviene ridurre sanzioni.
Simulazione 2 – Indagine bancaria su imprese collegate: Una ditta individuale di impiantistica versa circa 10.000 euro mensili a una società controllata intestata al fratello del titolare, ma non appare sul bilancio. L’Agenzia scopre i versamenti tramite banca dati (art.52 c.7) e ritiene che siano ricavi sottratti. Il contribuente sostiene che i soldi sono stati pagati come finanziamento alla società di famiglia (che avrebbe dovuto essere finanziata da lui). L’onere della prova ricade su di lui: secondo la Cassazione, deve dimostrare analiticamente che tali versamenti non erano in realtà ricavi della sua ditta. Ciò può avvenire con estratti conto, contratti di finanziamento scritti, note personali ecc. Se non ha documenti adeguati, i giudici di merito (e poi la Cassazione) potrebbero considerare le somme come imponibili. È quindi importante che il contribuente mostri per iscritto i giustificativi di ogni movimento bancario sospetto. Durante la verifica (contraddittorio) sarebbe stato utile produrre subito copia di fatture fittizie o evidenze di quanto detto. Successivamente, la strategia difensiva prevederà di contestare la ricostruzione in sede di ricorso, evidenziando mancanza di motivazione sulla non giustificabilità di quei pagamenti.
Simulazione 3 – Accesso con contestazione IVA: Un’azienda manifatturiera subisce un accesso della Guardia di Finanza per verificare la corretta dichiarazione IVA. Durante l’ispezione emerge che l’azienda ha scaricato in detrazione fatture per una parte di acquisti apparentemente estranei all’attività (pezzi di ricambio comprati in Paesi extra-UE senza documentazione). Al termine dell’accesso viene redatto un PVC in cui si contesta la detrazione IVA indebita (per 30.000 euro) e si concede l’ordinario termine di 60 giorni per memorie. L’imprenditore legge il verbale e nota una inesattezza: si è dimenticato di mostrare alla GdF una fattura valida relativa a quegli acquisti (trovata il giorno dopo). Deve allora inviare immediatamente (sempre entro 60 giorni) una memoria motivata chiedendo l’integrazione della documentazione e spiegando che quei beni erano effettivamente destinati all’attività. Dopo il contraddittorio, riceverà l’avviso di accertamento. A quel punto potrà nuovamente opporsi in Commissione Tributaria, allegando la fattura mancata e chiedendo l’annullamento della contestazione IVA (se l’ufficio negherà di aver ricevuto regolare prova). Inoltre, potrà far valere eventuali vizi procedurali: ad esempio, se il contraddittorio non è stato svolto in modo sostanziale, potrà eccepire la nullità dell’avviso (ad es. se il verbale fosse stato generico e non informato come previsto dalla legge).
8. Conclusioni
Difendersi dalle verifiche fiscali richiede preparazione e prontezza. È essenziale conoscere in anticipo il proprio quadro fiscale, mantenere una contabilità ordinata e documentare costantemente ogni operazione. Al ricevimento di un accesso o di un invito a produrre documenti, la migliore strategia è collaborare, richiedere chiarimenti e preparare tutti i documenti giustificativi; nei casi dubbi, consultare subito un avvocato tributarista. Grazie alle recenti riforme, il contribuente gode oggi di garanzie rafforzate, soprattutto il diritto di contraddittorio generalizzato. Conoscendo e facendo valere i propri diritti (contraddittorio, verbali, termini, motivazioni), il contribuente può pesare l’esito di un controllo fiscale e tutelarsi efficacemente – magari arrivando anche a soluzioni transattive vantaggiose (come l’accertamento con adesione). In ogni caso, ricordiamo: se un atto sembra illegittimo o infondato, esistono vie legali ben precise (ricorso tributario) per chiedere la sua riforma o annullamento. La consulenza esperta e l’azione tempestiva sono fondamentali per far valere le ragioni del contribuente di fronte all’Amministrazione finanziaria e alla giustizia tributaria.
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Le verifiche fiscali sono controlli approfonditi che riguardano Partite IVA, professionisti e imprese. Possono essere a campione o mirate, in base a segnalazioni, incongruenze dichiarative o controlli incrociati. Durante una verifica, il fisco può controllare fatture, corrispettivi, contabilità, rapporti bancari e perfino il magazzino. Una gestione superficiale può portare ad accertamenti con imposte, sanzioni e interessi elevati. Tuttavia, esistono strumenti di difesa efficaci per contestare errori, presunzioni eccessive e atti illegittimi.
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🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in verifiche fiscali, accertamenti e difesa di Partite IVA e imprese
✔️ Specializzato in contenzioso tributario e procedure di regolarizzazione fiscale
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Conclusione
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