Debiti Con Enpam: Cosa Fare Per Difendersi

Sei un medico o un odontoiatra e hai debiti con l’ENPAM che non riesci più a pagare?
L’ENPAM (Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei Medici e degli Odontoiatri) richiede ai propri iscritti il versamento di contributi previdenziali obbligatori. Il mancato pagamento può trasformarsi rapidamente in un debito rilevante a causa di interessi e sanzioni, fino ad arrivare a cartelle esattoriali, pignoramenti e ipoteche. Sapere come difendersi è fondamentale per non compromettere il proprio patrimonio e la serenità professionale.

Quando possono nascere debiti con l’ENPAM
– Quando non vengono versati i contributi minimi obbligatori dovuti annualmente
– Quando non si comunica la cessazione dell’attività professionale e continuano ad arrivare richieste di pagamento
– Quando si accumulano arretrati per più anni senza aver attivato una rateizzazione
– Quando ci sono errori di calcolo o vengono richieste somme già prescritte
– Quando sanzioni e interessi fanno aumentare rapidamente un debito inizialmente contenuto

Cosa può accadere in caso di debiti ENPAM
– Notifica di cartelle esattoriali e intimazioni di pagamento
– Applicazione di interessi e more che aggravano il debito complessivo
– Pignoramento di conto corrente, stipendio o pensione
– Iscrizione di ipoteche sugli immobili di proprietà
– Difficoltà ad accedere a determinate prestazioni previdenziali o assistenziali

Come difendersi legalmente
– Far verificare da un avvocato la legittimità degli importi richiesti e la presenza di eventuali prescrizioni
– Contestare contributi non dovuti o calcolati in modo scorretto
– Chiedere la rateizzazione del debito o valutare un saldo e stralcio in caso di difficoltà economica grave
– Attivare la procedura di sovraindebitamento per ridurre o azzerare legalmente le somme dovute
– Impugnare cartelle e atti esecutivi con vizi formali o sostanziali entro i termini di legge
– Negoziare con l’ente o con l’agente della riscossione per concordare piani di pagamento sostenibili

Cosa si può ottenere con la giusta assistenza legale
– L’annullamento totale o parziale di contributi prescritti o non dovuti
– La riduzione consistente del debito complessivo
– La sospensione di pignoramenti e azioni esecutive
– La tutela del reddito professionale e del patrimonio familiare
– La possibilità di regolarizzare la posizione contributiva e continuare l’attività senza ostacoli

Attenzione: i debiti con l’ENPAM non vanno mai ignorati. Un intervento rapido e mirato permette di evitare l’aumento del debito e di difendersi efficacemente dalle procedure di riscossione.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in debiti previdenziali, difesa dei professionisti e sovraindebitamento – ti spiega cosa fare se hai debiti con l’ENPAM e come proteggere il tuo patrimonio.

Hai ricevuto cartelle o avvisi di pagamento dall’ENPAM?
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Introduzione

Nel panorama previdenziale italiano, ENPAM (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Medici e degli Odontoiatri) riveste un ruolo fondamentale per medici e odontoiatri. Tuttavia, può accadere che alcuni iscritti si trovino in situazione di morosità contributiva verso questo ente. Come può difendersi un debitore che abbia debiti con ENPAM? In questa guida approfondita (aggiornata a luglio 2025), esamineremo le strategie di difesa e le norme applicabili, con un taglio giuridico avanzato ma divulgativo, rivolto sia a professionisti legali sia a medici/odontoiatri e imprenditori del settore sanitario.

Affronteremo innanzitutto la natura obbligatoria dei contributi ENPAM e le ragioni per cui si possono accumulare debiti. Analizzeremo poi le conseguenze del mancato pagamento (interessi, sanzioni, azioni esecutive e impatto sulle prestazioni pensionistiche) e le modalità con cui ENPAM procede al recupero (dalla fase bonaria alla riscossione forzata). Successivamente, dal punto di vista del debitore, illustreremo tutti gli strumenti di tutela: come contestare le pretese contributive (anche tramite ricorsi interni ed esterni), come rateizzare il debito o ottenere dilazioni e se esistono possibilità di riduzione delle somme dovute. Un focus specifico sarà dedicato ai profili di prescrizione e decadenza dei crediti contributivi ENPAM, nonché alle procedure di impugnazione degli atti (avvisi di addebito, cartelle esattoriali, intimazioni di pagamento, pignoramenti). Il tutto sarà corredato da riferimenti normativi italiani, giurisprudenza aggiornata (comprese le più recenti sentenze di legittimità e di merito fino al 2025), tabelle riepilogative che sintetizzano i punti chiave, e una sezione di domande e risposte frequenti per chiarire i dubbi più comuni.

Importante: Questa guida è focalizzata sulla tutela del debitore. Ciò significa che esamineremo gli strumenti di difesa per chi è chiamato a pagare contributi ENPAM (professionisti o soggetti tenuti al versamento), fermo restando che l’obbligo contributivo è previsto dalla legge e la posizione del debitore deve essere valutata alla luce delle norme vigenti. Vedremo come il debitore possa far valere i propri diritti, sia in fase amministrativa che giudiziale, senza trascurare l’opportunità di sanare la propria posizione in modo sostenibile.

L’obbligo contributivo verso ENPAM: quadro generale

Per comprendere come difendersi, occorre partire dall’origine del debito: chi è tenuto a pagare contributi all’ENPAM e perché? In sintesi: tutti i medici e odontoiatri iscritti agli Albi professionali in Italia sono obbligatoriamente iscritti all’ENPAM e devono versare i relativi contributi previdenziali, indipendentemente dalla concomitanza di altre coperture pensionistiche. Tale obbligo è sancito già dall’art. 21 del D.L.C.P.S. 13 settembre 1946 n. 233, che prevede: a) l’obbligo di iscrizione all’ENPAM per tutti gli iscritti agli Albi dei medici e odontoiatri; b) l’obbligo di pagamento dei contributi previdenziali; c) il potere per ENPAM (e la Federazione degli Ordini, FNOMCeO) di determinare ed imporre i contributi. Tale base normativa primaria, confermata dalla successiva privatizzazione degli enti previdenziali con D.Lgs. 509/1994, rende chiaro che l’iscrizione e la contribuzione ad ENPAM restano obbligatorie per i professionisti di categoria, come riconosciuto espressamente anche dalla Corte Costituzionale sin dal 1988.

Tipologie di contributi ENPAM: l’ENPAM gestisce più fondi previdenziali, ma per semplificare possiamo distinguere due componenti principali del contributo pensionistico obbligatorio dei medici/odontoiatri:

  • Quota A (contributo minimo obbligatorio): è la contribuzione fissa annuale dovuta da tutti gli iscritti all’Albo, a prescindere dal reddito e dall’attività svolta. Si tratta di un importo predeterminato (che varia in base all’età e ad altre condizioni, ad es. ridotto per i neolaureati iscritti prima dei 30 anni), destinato al Fondo di Previdenza Generale. È dovuto da tutti gli iscritti ENPAM, anche se contemporaneamente lavorano come dipendenti pubblici o hanno altre coperture previdenziali. La giurisprudenza ha più volte confermato l’inderogabilità di questo obbligo: non è ammessa rinuncia né esenzione per chi è iscritto all’Albo – nemmeno per i medici ospedalieri a tempo pieno che già versano all’INPS – in nome del principio solidaristico che giustifica il contributo come legato al mero “potenziale svolgimento dell’attività” derivante dall’iscrizione all’Ordine. In altre parole, l’obbligo contributivo ENPAM scatta per il solo fatto di essere abilitati ed iscritti all’Ordine professionale, a prescindere dalla natura o dall’entità dell’attività svolta (anche attività nulla o reddito zero). Tentativi di sottrarsi al contributo minimo sono stati rigettati dai tribunali: ad esempio, una recente sentenza ha ribadito che “nessuna via di scampo” è ammessa per chi non paga la Quota A. L’unico modo legale per non accumulare tale obbligo futuro è sospendersi o cancellarsi dall’Albo (nei limiti e con le conseguenze del caso), poiché finché si rimane iscritti l’obbligo vige.
  • Quota B (contributo sul reddito professionale): è il contributo previdenziale calcolato sul reddito professionale che i medici/odontoiatri libero-professionisti producono al di fuori di rapporti di dipendenza o convenzionati. In pratica interessa chi esercita la libera professione o altre attività autonome da cui derivano redditi da lavoro medico/odontoiatrico. L’aliquota contributiva e le modalità di calcolo sono fissate dal regolamento ENPAM (in base al tipo di attività, al reddito dichiarato, ecc.). Anche questa quota è obbligatoria se si producono redditi professionali; tuttavia l’iscritto è tenuto a dichiarare annualmente ad ENPAM il proprio reddito professionale (di regola coordinato con la dichiarazione fiscale) e versare il relativo contributo entro scadenze prefissate. Esistono facoltà di contribuzione ridotta su Quota B in alcuni casi (per esempio aliquote ridotte per giovani professionisti o possibilità di versare solo il minimale ridotto in presenza di redditi molto bassi). Tali opzioni di riduzione volontaria servono a non aggravare eccessivamente chi ha redditi esigui, pur comportando poi una pensione proporzionatamente inferiore.
  • Fondi Speciali e altri contributi: oltre al Fondo Generale (cui afferiscono Quota A e B), ENPAM gestisce fondi separati per determinate categorie (es. medici di medicina generale convenzionati SSN, pediatri, specialisti ambulatoriali, etc.). I medici convenzionati con il Servizio Sanitario Nazionale hanno contributi specifici (in parte a loro carico, in parte a carico delle ASL) regolati dagli Accordi Collettivi Nazionali. Inoltre, normative recenti hanno introdotto obblighi contributivi anche a carico di soggetti diversi dai medici, ma collegati alla professione medica. Un caso rilevante è quello delle società operanti nel settore odontoiatrico: la Legge di Bilancio 2017 (L. 232/2016) ha imposto alle società odontoiatriche con direttore sanitario odontoiatra un contributo pari allo 0,5% del fatturato annuo (relativo alle prestazioni odontoiatriche) da versare all’ENPAM. Analogo discorso vale per il contributo del 4% del fatturato sulle prestazioni specialistiche accreditate SSN svolte da medici esterni collaboratori di strutture private accreditate, introdotto da ENPAM con delibera n. 64/2022 (per ridurre il disavanzo della gestione “specialisti esterni”). Questi contributi delle società o strutture sono dovuti dagli enti (società/cliniche) ma destinati a finanziare le prestazioni future dei medici coinvolti, e si aggiungono agli obblighi contributivi individuali.

Come possono sorgere i debiti con ENPAM? Le cause tipiche dell’accumulo di debito contributivo verso ENPAM includono:

  • Mancato pagamento della Quota A: ad esempio un medico rimane iscritto all’Albo ma trascura di pagare il contributo minimo annuo (magari perché non esercita attivamente o è all’estero, o perché erroneamente ritiene di non dover pagare se già dipendente pubblico). Il debito si accumula per ogni anno non versato, con sanzioni e interessi.
  • Omissione o ritardo nella Quota B: il professionista che non invia la dichiarazione dei redditi professionali ad ENPAM e/o non versa il contributo relativo nei termini. Questa è un’evasione contributiva a tutti gli effetti. Spesso ciò avviene in caso di dimenticanza o difficoltà di liquidità, ma può comportare ingenti somme dovute (il contributo Quota B è proporzionale al reddito e può ammontare a migliaia di euro l’anno per redditi elevati).
  • Inadempienza di società o enti tenuti a contributi ENPAM: es. una società odontoiatrica che non versa lo 0,5% del fatturato dovuto. In tal caso il debito è a carico della società. Analogamente, cliniche private accreditate potrebbero non versare il contributo del 4% dovuto per i medici specialisti esterni, accumulando debiti contestati da ENPAM.
  • Errata determinazione o contestazioni: talvolta possono sorgere controversie su importi contestati. Ad esempio, ENPAM potrebbe richiedere contributi ritenuti dovuti per periodi passati (magari a seguito di controlli e accertamenti) e il medico potrebbe contestare di non doverli (ad es. perché in quel periodo non era tenuto, o ha già pagato ad altro ente, o era sospeso dall’Ordine, ecc.). Tali dispute possono portare a debiti in contestazione, oggetto di ricorsi.

In tutti questi casi, il debito ENPAM comporta non solo il dovere di corrispondere i contributi arretrati, ma anche il carico aggiuntivo di sanzioni civili e interessi di mora. Inoltre, il protrarsi dell’inadempimento può condurre l’Ente ad attivare procedure di recupero forzoso. Prima di analizzare come difendersi, è opportuno chiarire quali sono le possibili conseguenze del mancato pagamento e come si articola la riscossione da parte di ENPAM.

Conseguenze del mancato versamento dei contributi ENPAM

L’inadempimento degli obblighi contributivi verso ENPAM comporta una serie di conseguenze sul piano economico, previdenziale e giuridico. Di seguito, elenchiamo le principali:

  • Sanzioni civili e interessi di mora: I contributi versati in ritardo (o non versati affatto) vengono gravati di maggiorazioni che fungono sia da indennizzo per il ritardo sia da deterrente. In ambito previdenziale queste si chiamano sanzioni civili, diverse dalle sanzioni “amministrative” in senso stretto (non sono inflitte da un’autorità giudiziaria, ma previste ex lege per il ritardo nel pagamento). Nel caso ENPAM, la disciplina ricalca a grandi linee quella dell’INPS: se il versamento avviene entro 90 giorni dalla scadenza, si applica una sanzione minima fissa (pari all’1% del contributo pagato in ritardo). Se invece il pagamento avviene oltre 90 giorni, scatta una sanzione in misura percentuale annua: attualmente essa è pari al Tasso Ufficiale di Riferimento (TUR) maggiorato di 5,5 punti percentuali. Questo si traduce, con i tassi odierni, in un interesse di mora anche intorno al 10-12% annuo (ad es., di recente gli interessi ENPAM sono arrivati a toccare il 12%). La normativa prevede inoltre un limite massimo a tali sanzioni: per i contributi dei liberi professionisti la sanzione complessiva non può superare il 70% del contributo non versato (in altri contesti come per datori di lavoro pubblici il massimo è 40%). Va sottolineato che queste percentuali includono già la maggiorazione prevista; spesso ci si riferisce a tali sanzioni civili come “fino al 60%” o “fino al 70%” del dovuto, intendendo il tetto massimo raggiungibile. Se l’iscritto omette anche la dichiarazione del reddito (necessaria per calcolare Quota B), è prevista un’ulteriore sanzione fissa di €120 per omessa dichiarazione. Il sistema distingue anche tra situazioni di ravvedimento spontaneo e casi di evasione accertata: se il professionista autodenuncia il proprio mancato versamento entro l’anno successivo e provvede al pagamento (c.d. regolarizzazione spontanea tardiva), la sanzione resta TUR + 5,5% annuo. Se invece l’evasione contributiva viene accertata dall’ENPAM (o denunciata spontaneamente dopo oltre un anno), si applica un’ulteriore sanzione del 4% in aggiunta a quella base. In pratica, chi viene “scoperto” dall’ente paga un prezzo maggiore rispetto a chi si fa avanti spontaneamente prima. Ad ogni modo, gli interessi legali maturano in ogni caso sul debito fino al saldo.
  • Crescita del debito nel tempo: Per effetto di sanzioni e interessi sopra descritti, un debito contributivo non pagato cresce considerevolmente col passare del tempo. Ad esempio, un medico che non versa €1.000 di contributi Quota B e viene scoperto dopo vari anni potrebbe trovarsi a doverne pagare fino a €1.600-1.700 complessivi (oltre interessi legali) a titolo di contributo + sanzioni. Nel caso citato delle società odontoiatriche, ENPAM ha stimato che su un contributo evaso di €1.500/anno, dopo alcuni anni di mancato pagamento la sanzione accumulata può arrivare a €900 (60% di €1.500) più gli interessi di mora. È dunque evidente l’importanza di intervenire tempestivamente per evitare l’esplosione dell’importo dovuto.
  • Riscossione forzata ed esposizione a misure esecutive: Trascorso un certo tempo dal mancato pagamento (ed esperiti eventuali solleciti bonari), ENPAM può attivare la riscossione coattiva del credito. Ciò significa che il debitore rischia di ricevere atti quali avvisi di addebito immediatamente esecutivi, cartelle di pagamento, intimazioni di pagamento, con successiva possibilità di pignoramenti (su conti correnti, stipendio, beni mobili o immobili) e di altre misure come il fermo amministrativo dei veicoli o ipoteche sugli immobili. Queste misure possono essere messe in atto tramite l’Agente della Riscossione (Agenzia Entrate Riscossione, ex Equitalia) oppure – come vedremo – attraverso ingiunzioni di pagamento direttamente emanate da ENPAM o decreti ingiuntivi dal giudice competente. In ogni caso, il debitore che ignora ripetutamente le richieste di pagamento può trovarsi improvvisamente con il conto corrente bloccato o con un atto di pignoramento notificato, dovendo poi correre ai ripari (spesso a costi maggiori) per opporsi o trovare un accordo last-minute. Nota: Nel paragrafo successivo analizzeremo in dettaglio come ENPAM procede alla riscossione forzata (le modalità specifiche, i tempi e gli strumenti). È fondamentale conoscere tali meccanismi per poterli eventualmente contestare nella forma e nei termini corretti.
  • Impatto sulle prestazioni pensionistiche (principio di automaticità): Nel sistema previdenziale generale (INPS), vige il principio di automaticità delle prestazioni: il lavoratore ha diritto alla pensione anche se il datore non ha versato i contributi, perché l’ente può rivalersi sul datore moroso. Questo principio NON si applica ai liberi professionisti iscritti a casse privatizzate come ENPAM. In altre parole, per un medico libero professionista la pensione futura dipende strettamente dai contributi effettivamente versati. Se alcuni contributi non sono stati versati e sono ormai prescritti (non più recuperabili), essi non verranno considerati ai fini del calcolo pensionistico, con conseguente riduzione dell’anzianità contributiva e dell’importo della pensione. Inoltre, ENPAM prevede espressamente che il mancato pagamento dei contributi può sospendere l’erogazione delle prestazioni: l’art. 12, comma 2 del Regolamento del Fondo Generale stabilisce che il mancato pagamento dei contributi dovuti (oltre a sanzioni e interessi) sospende l’erogazione delle prestazioni. Ciò significa che un medico che raggiunge l’età pensionabile ma ha debiti contributivi insoluti con ENPAM potrebbe vedersi ritardare o negare la liquidazione della pensione finché non regolarizza la sua posizione. Questa previsione, in vigore da tempo, è stata recentemente accompagnata da disposizioni a tutela del pensionando moroso, per evitare che perda completamente la pensione. ENPAM ha infatti adottato misure per compensare il debito con le somme della pensione in modo da sbloccarne l’erogazione. In base a una delibera del CdA ENPAM del 29 marzo 2023, oggi se un iscritto chiede la pensione ma ha contributi arretrati da pagare, si procede così: (a) si compensano immediatamente i debiti contributivi con gli arretrati di pensione e con eventuali indennità in capitale dovute all’iscritto (ad esempio, molti Fondi ENPAM consentono di prendere un quarto della pensione come capitale: tale somma, al netto delle tasse, verrà usata per coprire il debito); (b) se il debito residuo rimane, e non supera l’importo di una annualità di pensione, ENPAM inizierà comunque a pagare la pensione ma trattiene il 20% di ogni rata mensile sino a estinzione del debito (con interesse legale), assicurando che il piano di rientro si concluda entro 5 anni; (c) se il debito residuo è più alto (oltre una annualità di pensione), l’iscritto può chiedere di partire comunque con la pensione accettando trattenute mensili superiori al 20% (proporzionate al debito) purché anche in tal caso il debito si esaurisca entro 5 anni. In ogni caso, è data facoltà al debitore di pagare in un’unica soluzione la quota di debito necessaria a rientrare nei piani quinquennali, se vuole evitare trattenute troppo elevate. Questa forma di “rateizzazione su pensione” tutela il principio che senza contributi non versati non c’è diritto a prestazione, ma allo stesso tempo evita che il professionista resti del tutto privo di pensione a 67 anni: di fatto ENPAM congela la pensione fino a che non si trova un accordo (compensazione o rate su pensione) per sanare il dovuto. Ciò implica che avere debiti ENPAM al momento di andare in pensione è estremamente problematico: l’iscritto dovrà necessariamente trovare un modo di pagarli (o accettare le decurtazioni) per iniziare a incassare la pensione. Il debitore farebbe dunque bene a occuparsi prima della propria situazione debitoria per non trovarsi, a fine carriera, in una condizione di stallo.
  • Impatto reputazionale e disciplinare: Sebbene il mancato pagamento di contributi previdenziali obbligatori sia principalmente una questione civilistica/previdenziale, non si può escludere che un’inadempienza grave e protratta possa avere riflessi sul piano deontologico o disciplinare. In linea di massima, gli Ordini professionali non intervengono direttamente sulle posizioni contributive dei loro iscritti verso le casse di previdenza. Tuttavia, nel caso di contributi dovuti per convenzioni col SSN (es. medici di base) o in situazioni particolari, potrebbero avviarsi procedimenti per verificare il rispetto degli obblighi contrattuali (ad es. le convenzioni prevedono coperture ENPAM, e un’inadempienza potrebbe essere vista come irregolarità nell’esercizio professionale). Ciò è raro, ma teoricamente un medico convenzionato che non versa contributi potrebbe incorrere in sanzioni contrattuali nella convenzione col SSN, e in casi estremi l’ENPAM, attraverso FNOMCeO, potrebbe segnalare situazioni anomale. Ad ogni modo, la difesa del debitore si gioca soprattutto sul terreno giuridico-economico, più che disciplinare.

Riassumendo, un debitore ENPAM deve fronteggiare debiti che lievitano (per sanzioni/interessi), possibili azioni esecutive (con costi aggiuntivi, es. oneri di riscossione, spese legali) e rischi di perdita di diritti pensionistici finché non sana la sua posizione. Conscio di questo scenario, il debitore ha tutto l’interesse a conoscere come ENPAM procede alla riscossione (per intercettare i passaggi e agire tempestivamente) e quali strumenti di difesa sono a sua disposizione.

Modalità di riscossione dei contributi ENPAM

La riscossione dei contributi ENPAM può avvenire secondo due fasi: una fase spontanea/bonaria e, in caso di inadempimento, una fase coattiva (forzata). Comprendere queste fasi è cruciale per il debitore, sia per prevenire misure drastiche sia per sapere dove e come far valere le proprie ragioni.

1. Pagamento spontaneo e solleciti bonari:
ENPAM notifica regolarmente agli iscritti le richieste di pagamento dei contributi dovuti. Per la Quota A (contributo minimo), tradizionalmente l’ENPAM inviava ai medici bollettini MAV o avvisi di pagamento entro le scadenze annuali. Dal 2014 in poi, l’Ente ha modificato il sistema: le scadenze annuali rimangono (in unica soluzione entro il 30 aprile, oppure in quattro rate trimestrali: 30 aprile, 30 giugno, 30 settembre, 30 novembre), ma invece di utilizzare subito la cartella esattoriale, ENPAM invia avvisi bonari diretti (con proprio logo) per invitare al pagamento volontario (tramite MAV, domiciliazione bancaria o carta di credito). Questo cambio (“il contributo minimo esce dalla cartella esattoriale”) è stato deciso per instaurare un rapporto meno conflittuale con gli iscritti ed evitare di coinvolgere subito Equitalia. Tuttavia, ENPAM ha chiarito che chi non paga entro l’anno di competenza sarà comunque iscritto a ruolo l’anno successivo. In sostanza, durante l’anno di scadenza ENPAM cerca di riscuotere bonariamente; trascorso l’anno, il debito viene “messo a ruolo” per la riscossione forzata se rimane insoluto.

Per la Quota B, gli iscritti devono inviare la dichiarazione dei redditi professionali (di solito entro il 31 luglio dell’anno successivo a quello di produzione del reddito) e contestualmente versare il contributo proporzionale. Anche qui, chi non adempie riceverà inizialmente dei solleciti o avvisi bonari. Lo stesso vale per contributi di natura simile (es. lo 0,5% dovuto dalle società): ENPAM in genere invia diffide o lettere di sollecito (anche via PEC) invitando a regolarizzare entro un certo termine. Ad esempio, riguardo al contributo 0,5%, ENPAM ha inviato diffide alle società inadempienti e alcune di queste hanno provato a ricorrere immediatamente al giudice. In un caso recente, però, il ricorso è stato dichiarato prematuro perché l’ENPAM non aveva ancora emesso un formale atto impositivo: la diffida era solo un invito, e fino a quando l’ente non emette un accertamento esecutivo non c’è materia per il giudice. Questa vicenda insegna che la fase bonaria va distinta da quella coattiva: il debitore può e deve sfruttare gli strumenti di dialogo con l’ente nella fase bonaria (chiedere chiarimenti, fornire documenti, proporre un pagamento), mentre le vere armi giuridiche scattano di fronte a un atto formale dell’ENPAM.

  • Ricorso amministrativo interno: Vale la pena menzionare già qui che il regolamento ENPAM prevede la possibilità di un ricorso interno all’Ente contro gli accertamenti contributivi. In particolare, se gli Uffici ENPAM emettono un provvedimento di accertamento (ad es. determinano ufficialmente che il soggetto X deve € Y di contributi non pagati, con sanzioni), l’interessato può presentare ricorso al Comitato interno/Consiglio di Amministrazione ENPAM entro 60 giorni dalla contestazione formale. Si tratta di una sorta di ricorso amministrativo in via gerarchica previsto dal Regime Sanzionatorio ENPAM. Ne riparleremo, ma è un passaggio che può talvolta risolvere la questione in sede interna, evitando il contenzioso giudiziario, oppure costituire un atto necessario prima di adire il giudice (a seconda dei casi).

2. Riscossione coattiva (forzata):
Se il contribuente non paga spontaneamente, ENPAM deve attivarsi per riscuotere forzosamente il credito. Qui va fatta una distinzione importante: pur essendo un ente privatizzato, ENPAM gestisce contributi obbligatori per legge, quindi dotati di privilegi e poteri pubblicistici in fase di riscossione. Tradizionalmente, la riscossione coattiva dei contributi previdenziali avveniva tramite il sistema dei ruoli esattoriali: l’ente iscrive a ruolo l’importo dovuto, l’Agente della Riscossione notifica una cartella esattoriale al debitore, e in mancanza di pagamento procede con esecuzioni forzate.

  • Ruoli e cartelle esattoriali: Fino a qualche anno fa, le cartelle di pagamento erano lo strumento tipico usato anche da ENPAM (tramite Equitalia) per riscuotere la Quota A non pagata. Gli iscritti più anziani ricorderanno di aver ricevuto, fino ai primi anni 2000, cartelle Equitalia con importo della Quota A in 4 rate, notificate formalmente e rateizzabili. Questo sistema venne modificato dopo il 2000: ENPAM cercò di evitare l’uso massivo della cartella, passando prima per avvisi bonari come spiegato sopra. Tuttavia, il ruolo restava (e resta) l’extrema ratio: la delibera ENPAM del novembre 2013, che eliminava la cartella per il pagamento corrente, specificava contestualmente che in caso di mancato pagamento entro i termini, dall’anno successivo si procederà con l’iscrizione a ruolo. Di fatto, per i “contribuenti meno tempestivi” rimaneva la cartella esattoriale tradizionale, con tutte le conseguenze del caso (sanzioni, pignoramenti, fermo auto, ecc.). L’Agente della Riscossione è quindi coinvolto quando ENPAM gli affida i crediti da riscuotere.
  • Avviso di addebito con valore di titolo esecutivo: Nel sistema generale INPS, dal 2011 le cartelle sono state sostituite dagli “avvisi di addebito immediatamente esecutivi” (ex art.30 D.L. 78/2010 convertito in L. 122/2010). L’avviso di addebito è emesso direttamente dall’ente previdenziale (INPS) e vale come titolo esecutivo, viene notificato al contribuente e passato all’Agente della Riscossione solo per la fase esecutiva. ENPAM non è passata formalmente a questo sistema, in quanto la norma del 2010 riguardava solo gli enti previdenziali pubblici. Ciò non toglie che ENPAM possa emettere atti similari: ad esempio, l’ENPAM può deliberare un ingiunzione fiscale ai sensi del R.D. 639/1910 (strumento usato dagli enti pubblici per riscuotere crediti propri senza passare per ruolo statale). Oppure può scegliere di avvalersi comunque di Equitalia/Agenzia Entrate Riscossione per notificare cartelle. Negli ultimi anni, molte Casse privatizzate hanno preso strade diverse sulla riscossione. Alcune casse professionali hanno scelto di aderire alla “Definizione agevolata” delle cartelle (rottamazione quater 2023) e quindi utilizzano l’Agente della Riscossione; altre, tra cui ENPAM, non affidano affatto i ruoli ad Agenzia Entrate Riscossione e quindi sono rimaste fuori da rottamazioni e stralci automatici. In particolare, ENPAM nel 2023 ha deliberato di non aderire allo stralcio automatico dei mini-debiti < €1000 né alla rottamazione-quater delle cartelle, sottolineando di fatto che non intende utilizzare lo strumento del condono per i propri crediti. Nel comunicato, ENPAM ha chiarito che questa scelta mira a tutelare la maggioranza degli iscritti che pagano regolarmente e anche quelli che hanno avuto difficoltà ma stanno regolarizzando pagando sanzioni e interessi. Ha aggiunto che da tempo l’Enpam cerca in tutti i modi di favorire il corretto adempimento contributivo, soprattutto grazie alla rateizzazione, offrendo condizioni flessibili e non vessatorie. Questo significa che ENPAM preferisce accompagnare il debitore verso il pagamento (anche dilazionato) piuttosto che cancellare i debiti, e a tal fine spesso gestisce il recupero in proprio. In sintesi, ENPAM può scegliere due vie per la riscossione forzata:
    1. affidare il credito in riscossione all’Agente pubblico (Agenzia Entrate Riscossione), il quale emetterà la cartella esattoriale o assumerà l’avviso di addebito come titolo e procederà;
    2. riscossione diretta tramite ingiunzione o altro titolo. Il Regolamento ENPAM conferma questa doppia opzione: “Il Consiglio di Amministrazione può stabilire che il pagamento venga effettuato mediante iscrizione a ruolo”, il che implica che in mancanza di tale decisione l’ENPAM riscuoterà direttamente.
  • Atti tipici della riscossione coattiva: Il primo atto formale che il debitore inadempiente potrebbe ricevere è un “avviso di accertamento” o “avviso di addebito” ENPAM, ossia un documento scritto (spesso via PEC) in cui l’Ente comunica il dettaglio del dovuto (contributi X anni, sanzioni, interessi) e intima il pagamento entro un termine breve, avvertendo che in difetto si procederà a esecuzione. Se il credito è affidato all’Agente pubblico, l’atto sarà una Cartella di pagamento ex art. 25 D.Lgs. 46/1999 notificata per conto di ENPAM. In alternativa, ENPAM potrebbe notificare una ingiunzione di pagamento ai sensi della legge, che ha analogo valore di titolo esecutivo. Seguiranno, in mancanza di adempimento, eventuali atti dell’esecuzione: es. intimazione di pagamento (atto con cui, decorso il termine della cartella, il concessionario ordina di pagare entro 5 giorni prima di pignorare) e quindi pignoramenti (mobiliari, presso terzi o immobiliari). Nel nostro contesto, un tipico scenario è: ENPAM affida il ruolo ad AER, AER notifica cartella; il medico non fa opposizione entro 40 giorni, la cartella diventa definitiva; passano degli anni senza pagamento; l’Agente notifica un’intimazione di pagamento e poi pignora. Oppure, in caso di ingiunzione diretta ENPAM, questa stessa può essere seguita da precetto e pignoramento come da codice di procedura civile.

È importante notare che il debitore ha diritti di difesa in ciascuna di queste fasi, ma con termini e sedi differenti: può presentare ricorso interno all’Ente contro l’accertamento prima che diventi definitivo; può proporre opposizione giudiziaria entro 40 giorni dalla cartella/atto esecutivo (lo vedremo dettagliatamente); se perde quel termine, può ancora eccepire alcune cose in sede di opposizione all’esecuzione (ad esempio la prescrizione maturata, o la nullità della notifica originaria, come vedremo con giurisprudenza). Ogni fase persa restringe le opzioni difensive.

Per completare il quadro, occorre menzionare una questione di competenza giurisdizionale: per molto tempo c’è stato dubbio se le controversie sui contributi ENPAM dovessero andare davanti al giudice ordinario (sezione lavoro) o al giudice tributario (Commissioni Tributarie), data la natura “para-fiscale” di questi contributi. La risposta finale l’ha data la Corte di Cassazione a Sezioni Unite nel 2025, stabilendo in modo chiaro che le controversie concernenti i contributi previdenziali obbligatori (anche quelli dovuti alle casse privatizzate) appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario – e non del TAR, né del giudice tributario. Nel caso specifico risolto dalle Sezioni Unite (ord. n. 2048/2025) si trattava proprio del contributo del 4% dovuto dalle strutture accreditate: alcune di esse avevano fatto ricorso al TAR Lazio ottenendo una sospensiva, ma la Cassazione ha tolto ogni dubbio affermando la competenza del tribunale ordinario e la legittimità del contributo stesso. Questo principio generale, però, vale per tutte le controversie su obblighi contributivi ENPAM: il giudice naturale è quello ordinario (generalmente il Tribunale in funzione di giudice del lavoro).

Abbiamo ora definito il contesto: l’obbligo contributivo è stringente, le conseguenze del mancato pagamento sono serie e l’ENPAM dispone di strumenti di riscossione forzata che portano il contenzioso nell’alveo del giudice ordinario. Passiamo dunque alla prospettiva operativa del debitore: cosa può fare chi si trova con richieste di pagamento ENPAM che non può o non vuole adempiere? Come può difendersi, facendo valere i propri diritti e magari riducendo l’impatto economico?

Strategie di difesa per il debitore ENPAM

In questa sezione esaminiamo in dettaglio le strategie difensive e i rimedi a disposizione di chi deve fronteggiare debiti o richieste di pagamento da parte di ENPAM. Organizzeremo i temi in sottosezioni per chiarezza: contestazione del merito dei contributi, soluzioni transattive e rateazioni, eccezione di prescrizione, eventuali questioni di decadenza, modalità di impugnazione degli atti formali, e riferimenti alla giurisprudenza rilevante.

Contestare la pretesa contributiva: verifiche e ricorsi iniziali

Prima ancora di considerare aspetti procedurali come la prescrizione o la rateazione, un debitore deve chiedersi: “Questa somma è realmente dovuta? Posso contestarne il fondamento o l’ammontare?”. Contestare il merito della pretesa contributiva significa sostenere che, in tutto o in parte, il contributo non è dovuto. Esempi: ENPAM mi chiede Quota A per l’anno X, ma io in quell’anno ero cancellato dall’Ordine; oppure mi richiede un contributo su un reddito che avevo già assoggettato ad altra cassa (doppia contribuzione); oppure l’importo è calcolato erroneamente (aliquota sbagliata, reddito errato, periodo prescritto, ecc.).

Passi preliminari per la verifica:

  • Raccolta documentazione: Il debitore deve recuperare tutte le informazioni utili: lettere ricevute da ENPAM, stato delle proprie iscrizioni all’Ordine in quegli anni, eventuali ricevute di pagamenti già effettuati, copie di dichiarazioni reddituali presentate, ecc. Ad esempio, se contesta di dover pagare per anni in cui era sospeso dall’Albo, dovrà avere la prova della sospensione/cancellazione con date precise. Se sostiene di aver pagato, deve esibire le ricevute o estratti conto (MAV, bonifici, ecc.). Una accurata ricostruzione fattuale è il primo passo per poter formulare una contestazione credibile.
  • Dialogo con l’ENPAM (fase pre-contenziosa): In molti casi, prima ancora di un formale ricorso, conviene interloquire con gli uffici ENPAM. L’ENPAM mette a disposizione canali di contatto (call center SAT, email info.iscritti@enpam.it, PEC) ai quali chiedere chiarimenti o presentare osservazioni. Ad esempio, se si ritiene che la richiesta sia frutto di un errore (magari un contributo pagato ma non risultante), si possono inviare copie delle ricevute all’ufficio contributi per una verifica. Se l’ENPAM riconosce l’errore, può rettificare senza bisogno di arrivare a lite. È buona prassi quindi scrivere subito all’ENPAM non appena si riceve una richiesta anomala, esponendo in modo documentato le proprie ragioni (conservare sempre copia di quanto inviato e prova di invio, es. PEC ricevuta). Questa corrispondenza non è formalmente un “ricorso” ma può risolvere semplici malintesi.
  • Ricorso amministrativo interno (entro 60 giorni): Come accennato, il Regolamento ENPAM consente il ricorso interno. Tipicamente, l’ENPAM quando effettua un accertamento contributivo (es: notifica un verbale di accertamento per redditi non dichiarati su Quota B, con sanzioni) indica nelle note la possibilità di proporre ricorso amministrativo entro 60 giorni. Questo ricorso va indirizzato agli organi dell’Ente (di solito al Comitato Provinciale o direttamente al Consiglio di Amministrazione, in base ai regolamenti interni). Il ricorso deve essere motivato e corredato di documenti, e può ad esempio sostenere che il contributo non era dovuto o chiedere la rettifica di sanzioni. È importante presentarlo entro i termini e seguendo le indicazioni (spesso via raccomandata A/R o PEC all’ufficio competente). L’ENPAM esaminerà il ricorso e comunicherà l’esito. Se il ricorso viene accolto, la pretesa può essere annullata o ridotta dall’interno stesso (risolvendo così la questione senza bisogno di tribunali). Se viene respinto (o parzialmente accolto in modo insoddisfacente), allora si aprirà la strada del contenzioso giudiziario esterno. Attenzione: Questo ricorso interno non sospende automaticamente la riscossione a meno che l’ENPAM stessa decida di sospendere in attesa della decisione. Tuttavia, poiché è presentato tempestivamente, di solito l’ENPAM attende l’esito prima di procedere oltre. Dal punto di vista del debitore, conviene comunque anche valutare se fare direttamente ricorso giudiziario parallelo (in certi casi i 40 giorni per il ricorso al giudice e i 60 per quello interno possono sovrapporsi). In generale, però, per contestazioni di merito il ricorso interno è una chance da sfruttare: è poco oneroso, e mostra buona fede collaborativa.
  • Giurisdizione competente per il merito: Se la questione non si risolve internamente, il debitore dovrà rivolgersi al giudice. Come già chiarito, la competenza è del Tribunale ordinario in funzione di giudice del lavoro (anche se il soggetto non è un lavoratore dipendente, le controversie previdenziali di professionisti rientrano nella materia “assicurazioni obbligatorie”). Questo comporta anche il rispetto delle regole speciali del rito del lavoro: atto introduttivo col ricorso depositato in Tribunale, termine di 40 giorni dalla notifica dell’atto impugnato (cartella o avviso), notifica all’ENPAM (sede legale a Roma, Piazza Vittorio Emanuele II n.78) e all’eventuale Agente della Riscossione, ecc. Approfondiremo la procedura nella sezione sull’impugnazione degli atti.

Motivi tipici di contestazione nel merito:

  • Non soggezione all’obbligo per il periodo considerato: es. il medico era cancellato dall’Albo in quell’anno (dunque non tenuto a Quota A); oppure non aveva redditi professionali (dunque erronea richiesta di Quota B se era un lavoratore dipendente senza libera professione – in realtà Quota B non è dovuta se reddito professionale = 0, ma l’Ente lo sa solo se il medico dichiara zero; se non dichiara, può arrivare un accertamento induttivo). Altra situazione: un giovane medico non ancora iscritto all’Albo (ad es. laureato ma in attesa di esame di stato): ovviamente ENPAM può richiedere contributi solo da quando uno è iscritto. Quindi si può contestare se c’è un errore di periodo.
  • Doppia contribuzione non dovuta: il caso classico è il medico dipendente pubblico a tempo pieno, che tuttavia non è esente da Quota A (come detto). Però possono esservi situazioni di esenzioni normative: ad esempio, anni fa per i medici specializzandi che versavano ad un fondo diverso c’erano questioni se dovessero pagare Quota A; attualmente non ci sono esoneri generalizzati, a parte eventuali sospensioni per studio o maternità (ENPAM in casi di grave difficoltà può differire i pagamenti, ma non annullarli). Una doppia imposizione illegittima potrebbe essere, ad esempio, richiedere Quota B su un reddito che era già assoggettato a Quota A o viceversa (cosa di solito non accade perché le basi imponibili sono diverse: Quota A non è su reddito, Quota B sì).
  • Errore di calcolo: L’ENPAM potrebbe aver calcolato male l’importo. Ciò può avvenire per Quota B se prendono un reddito errato (es. si basa su dati fiscali poi rettificati). Oppure l’applicazione di aliquote sbagliate. O ancora l’erronea applicazione di sanzioni oltre i massimali consentiti (es. chiedere il 100% di sanzioni quando il max è 70%). Tali errori vanno fatti valere con precisione, mostrando i conteggi corretti.
  • Non debenza per intervenuta prescrizione: Questo è un motivo di contestazione “sul merito” del credito, ma così importante da meritare sezione a parte. Anticipiamo però che se il contributo richiesto si riferisce a periodi troppo remoti e sono passati più di 5 anni senza atti interruttivi, il debitore può eccepire la prescrizione del credito e quindi la sua estinzione ex lege. Essendo un tema cruciale, lo affronteremo più avanti.
  • Difetto di notifica degli atti presupposti: Questo spesso viene invocato non tanto per negare il debito in sé, quanto per far cadere l’atto esecutivo per vizio procedurale (ad es. “mi avete iscritto a ruolo senza notificarmi l’accertamento”). Anche questo punto lo tratteremo più avanti nella parte di impugnazione degli atti, perché attiene alla legittimità formale dell’azione di riscossione più che all’obbligo sostanziale.

In sintesi, contestare la pretesa contributiva è possibile e talvolta doveroso se si ritiene di avere elementi validi. Il debitore accorto:

  • verifica se effettivamente rientrava tra i soggetti obbligati in quel periodo e per quell’importo;
  • se rileva anomalie, le segnala subito ad ENPAM (fase bonaria);
  • utilizza il ricorso interno se opportuno, per cercare una soluzione amministrativa;
  • prepara, se necessario, il ricorso giudiziario nei termini di legge, puntando sui motivi sostanziali (esenzione, errore, prescrizione, ecc.).

Va tenuto presente che i giudici tendono ad interpretare in modo rigoroso l’obbligatorietà dei contributi: numerose sentenze (anche di merito e Cassazione) hanno confermato che “il pagamento dei contributi ENPAM è obbligo di legge cui l’iscritto non può sottrarsi”. Quindi le contestazioni infondate o pretestuose difficilmente passano. Per contro, se ci sono motivi seri e documentati, il giudice può annullare le pretese indebite. Più avanti vedremo alcuni esempi giurisprudenziali, ma ora passiamo ad un altro aspetto fondamentale per il debitore: come gestire il pagamento del debito se esso è effettivamente dovuto ma non sostenibile in una soluzione unica.

Rateizzazione del debito e soluzioni di pagamento agevolato

Spesso il debitore non contesta la legittimità del debito (sa di dover quei contributi), ma semplicemente non è in grado di pagare immediatamente l’intera somma comprensiva di sanzioni e interessi. In questi casi, il focus si sposta sulla ricerca di soluzioni per dilazionare il pagamento o ridurre l’impatto delle sanzioni.

Piani di rateazione offerti da ENPAM:
ENPAM, nel suo Regolamento, prevede espressamente la possibilità di rateizzare le somme dovute. Le regole attuali (aggiornate al 2025) sono le seguenti:

  • Per importi fino a €1.000: nessuna rateazione ordinaria ammessa, il pagamento deve avvenire in un’unica soluzione (questo per ragioni amministrative e di scarsa entità del debito).
  • Per importi superiori a €1.000: diverse opzioni standard:
    • pagamento in un’unica soluzione;
    • pagamento in 2 rate semestrali di pari importo (cioè metà subito e metà dopo 6 mesi circa);
    • pagamento fino a 12 rate bimestrali (dilazione di circa due anni). Questa è l’opzione di base per chi vuole diluire di più.
    • Qualora il debitore opti per l’addebito diretto su conto corrente (RID) per tutte le rate, ENPAM concede un’estensione fino a 18 rate bimestrali, quindi circa 3 anni di tempo.
  • Rateazione straordinaria fino a 60 rate mensili (5 anni): Il Regolamento prevede una ulteriore possibilità per i casi di maggiore difficoltà: se un iscritto è decaduto da una precedente rateazione o comunque ha un debito elevato difficilmente sostenibile con 18 rate bimestrali, può presentare istanza motivata di dilazione fino a 60 rate mensili (5 anni). Ci sono però condizioni stringenti per ottenere questa dilazione straordinaria:
    • bisogna dimostrare con documentazione la particolare condizione economica e familiare che giustifica la richiesta, e l’importo del debito maturato;
    • la domanda va inoltrata tramite il proprio Ordine dei Medici, che deve sostenere la richiesta e si impegna a vigilare sull’adempimento (questo coinvolgimento dell’Ordine serve a dare peso all’istanza e garantire che il professionista rispetterà il piano);
    • è obbligatorio attivare la domiciliazione bancaria per tutte le rate (a garanzia che i pagamenti avvengano regolarmente).
    Tali istanze straordinarie vengono decise dal Consiglio di Amministrazione ENPAM entro 90 giorni. In caso di approvazione, il debitore potrà pagare in 60 rate mensili – un notevole sollievo per importi ingenti.
  • Interessi sulle rate: Se si opta per pagamento rateale (ordinario o straordinario), dopo la prima rata le successive sono maggiorate degli interessi legali pro tempore. Ciò significa che ENPAM non richiede interessi di dilazione sulla prima rata (forse considerandola acconto), ma applica l’interesse legale (attualmente 5% annuo nel 2023, 4% nel 2024) sulle rate seguenti. Questo dettaglio è importante per calcolare il costo effettivo del piano di rientro.
  • Decadenza dal beneficio della rateazione: Se l’iscritto salta 3 rate consecutive, perde il beneficio della rateazione. In tal caso, il Consiglio di Amministrazione può decidere di revocare il piano e richiedere il saldo immediato, eventualmente attivando la riscossione forzata (anche mediante iscrizione a ruolo) per le somme ancora dovute. È quindi cruciale rispettare le scadenze del piano di rateizzo, altrimenti si torna al punto di partenza, anzi peggio (perché nel frattempo possono essere trascorsi i termini per ricorsi, e le sanzioni/ interessi continuano a maturare).
  • Nessuna pensione con rate in corso: Il Regolamento sancisce che il pagamento rateale deve essere completato prima della domanda di pensione. Questo è in linea con quanto già discusso: se uno ha ancora rate pendenti e fa domanda di pensione, l’erogazione resterebbe sospesa (salvo i meccanismi di compensazione). Quindi prima di andare in pensione bisogna aver finito di pagare le rate.
  • Morte del debitore: Se l’iscritto decede prima di terminare le rate, il debito residuo può essere richiesto agli eredi superstiti in unica soluzione oppure tramite trattenuta sulle pensioni ai superstiti (reversibilità). Questo chiarisce che il debito contributivo non si estingue con la morte (salvo prescrizione): ricade sull’eredità come un normale debito.

Come ottenere una rateizzazione?
In pratica, se si riceve un avviso di pagamento e non si riesce a pagare tutto, occorre contattare ENPAM il prima possibile e richiedere formalmente la rateazione. ENPAM spesso indica già nell’avviso la possibilità di chiedere dilazione e gli uffici di riferimento. La richiesta può essere fatta via PEC, allegando (per dilazioni standard) una semplice domanda indicando in quante rate si desidera pagare (nel limite di 12 o 18 come da regolamento). Per la dilazione straordinaria 60 rate, come detto, serve un’istanza articolata con motivazioni e tramite Ordine.

In aggiunta, ENPAM ha stretto accordi per facilitare il pagamento rateale: ad esempio, esiste una convenzione con la Banca Popolare di Sondrio che offre agli iscritti una carta di credito ENPAM-BPS gratuita con cui pagare i contributi e poi rimborsare la banca a rate fino a 30 mesi. Usando questa carta, il medico può pagare subito l’intero importo dovuto (mettendosi in regola con ENPAM e usufruendo della deducibilità fiscale immediata dei contributi) e poi restituire alla banca in 18, 24 o 30 comode rate mensili. Ovviamente la banca applicherà un tasso di interesse (TAN intorno al 6,125% annuo), ma la soluzione è stata promossa durante emergenze come il COVID per dare liquidità agli iscritti che avevano chiesto rinvii. Questo strumento non è una “rateazione ENPAM” ma un finanziamento privato: tuttavia, ENPAM lo considera parte delle misure per aiutare i contribuenti in difficoltà, tant’è che nel 2020 lo presentò come opzione per avere fino a 30 mesi di tempo. Un avvocato che assiste un debitore ENPAM potrebbe consigliare di valutare anche queste opzioni (in pratica, è un prestito bancario per pagare i contributi).

Riduzione o sgravio di sanzioni:
Una domanda frequente è: l’ENPAM può rinunciare a sanzioni e interessi? C’è spazio per chiedere uno sconto sull’importo dovuto? Formalmente, le sanzioni civili da ritardato pagamento, essendo previste da norme imperative, non sono liberamente eliminabili dall’ente (il principio generale è che l’ente previdenziale non può rinunciare ai contributi né alle sanzioni dovute, salvo intervento legislativo). Tuttavia, in situazioni eccezionali, ENPAM può adottare misure di favore collettive. Ad esempio, durante la pandemia Covid-19, l’ENPAM ha sospeso temporaneamente le scadenze e poi incrementato il numero di rate per il recupero, così da evitare di penalizzare i medici colpiti dalla crisi. Ma non risulta che abbia mai disposto condoni di sanzioni su base individuale. D’altra parte, come visto, se uno si autodenuncia entro l’anno dall’evasione, evita l’ulteriore 4% di penale (che è già qualcosa). Inoltre, partecipare alla rateazione e rispettarla può essere un elemento che ENPAM considera per non aggravare con ulteriori azioni.

In generale, salvo normative ad hoc (come fu il “saldo e stralcio 2019” per ruoli fiscali, dal quale però le casse private furono escluse), il debitore ENPAM non può aspettarsi un condono. L’unica vera “riduzione” possibile è quella di legge: la prescrizione (che cancella il debito oltre 5 anni, ne parleremo a breve). Per il resto, la via maestra è la rateazione: permette di diluire l’esborso, e in molti casi il tasso di interesse legale sulle rate è inferiore alla sanzione piena per ritardato pagamento. Ad esempio, se un debito di €10.000 avesse maturato €5.000 di sanzioni (50%), rateizzando in 5 anni con interesse legale (oggi 5%) il debitore pagherà interessi per circa €1.250 complessivi in 5 anni, molto meno della sanzione originaria: di fatto è come se avesse uno “sconto” sulle sanzioni, perché le paga sotto forma di interesse legale minore. Ciò spiega perché ENPAM insiste sulla rateazione come misura “non vessatoria”: conviene anche all’iscritto poiché blocca l’ulteriore crescita delle sanzioni e permette di chiudere la posizione.

Accordi transattivi ad personam: Un debitore potrebbe chiedersi se sia possibile negoziare direttamente con ENPAM un accordo transattivo (es. pagamento del solo capitale senza sanzioni). Formalmente, essendo contributi pubblicistici, l’ENPAM non ha potere di disporre liberamente del credito: non potrebbe accettare di incassare meno del dovuto in linea capitale, e anche sulle sanzioni è vincolato dal quadro normativo. Pertanto, non esiste un istituto di “transazione” contributiva ordinaria (come potrebbe avvenire per debiti fiscali con l’adesione). Le uniche eccezioni possono derivare da leggi speciali (non applicate, vedi rottamazione non adottata da ENPAM) o da contenziosi giudiziari complessi dove si accettano esiti di compromesso (ma sono rari). Un esempio particolare: se un soggetto impugna un addebito e c’è incertezza giurisprudenziale, una volta in giudizio ENPAM potrebbe scegliere di rinunciare a parte delle pretese. Ad esempio, in passato alcune ASL in contenzioso per contributi speciali ENPAM hanno visto l’ENPAM rinunciare a ulteriori importi oltre certe decurtazioni già fatte. Ma ripetiamo: non è la prassi standard. Quindi la difesa del debitore consisterà più che altro nel far valere diritti (prescrizione, errori, ecc.) e nel chiedere dilazioni, non tanto in una contrattazione libera sull’importo.

Riepilogo sulle rateazioni e pagamenti:

Importo debitoOpzioni di pagamentoNote
≤ € 1.000Unica soluzione (no rate)Importo modesto: richiesto subito.
> € 1.000 (fino a importi gestibili in 3 anni)– Unica soluzione- 2 rate semestrali- Fino a 12 rate bimestrali (2 anni)- 18 rate bimestrali (3 anni) se domiciliazione bancaria18 rate = 36 mesi (richiede RID). Interessi legali dovuti dopo la 1ª rata.
Situazioni di grave difficoltà (importi elevati, piani scaduti)Fino a 60 rate mensili (5 anni) su richiesta motivata e approvazione CdA ENPAMRichiede documentazione, tramite Ordine, e RID obbligatorio.
Se debitore in pensioneCompensazione con arretrati pensione e capitale; se residuo: trattenuta 20% su pensione (max 5 anni) o maggiore su richiesta (max 5 anni)Misura automatica ENPAM per chi chiede pensione con debito. Evita sospensione indefinita.
Interessi sulle rateInteresse legale sulle rate dopo la primaLegale 2023: 5% annuo (può variare).
Decadenza rateazioneMancato pagamento 3 rate consecutive → revoca pianoResiduo richiesto subito; rischio ruolo.
Strumenti alternativiCarta credito ENPAM-BPS (rate fino 30 mesi con banca)TAN ~6,125%; consente deduzione fiscale immediata anno pagamento.

Come appare, l’ENPAM offre diverse soluzioni di rientro graduale. Il consiglio per il debitore è di non attendere la fase esecutiva: appena capisce di non poter pagare tutto, chieda la rateazione nelle forme previste. Questo in genere blocca l’avvio di azioni esecutive (ENPAM non manda al ruolo chi è ammesso a rateazione, a meno che decada). Inoltre, impegnarsi in un piano di pagamento può essere visto con favore anche dal giudice nell’eventualità di un contenzioso (mostrando la buona fede del debitore nel voler adempiere il dovuto, contestando magari solo gli eccessi).

In parallelo alla rateizzazione, resta però fondamentale valutare se una parte del debito possa essere eliminata per legge tramite prescrizione. Di ciò ci occupiamo ora.

Prescrizione dei contributi ENPAM: termine quinquennale e suoi effetti

La prescrizione è probabilmente la più potente “arma” difensiva in mano al debitore contributivo, perché può portare alla totale estinzione del debito per decorso del tempo, indipendentemente dal merito. È quindi cruciale comprenderne il funzionamento nell’ambito ENPAM.

Termine di prescrizione quinquennale:
Per tutti i contributi previdenziali obbligatori (salvo eccezioni specifiche di legge), in Italia vige un termine di prescrizione di 5 anni. Questo principio è fissato dall’art. 3, comma 9, L. 335/1995 (riforma Dini), il quale ha ridotto da 10 a 5 anni il termine prescrizionale per i contributi dovuti agli enti previdenziali (ad eccezione di quelli gestiti dalla Cassa Forense, per i quali una norma speciale ha mantenuto 10 anni dal 2012, ma ciò non riguarda l’ENPAM). In sostanza, i contributi ENPAM si prescrivono in 5 anni dal giorno in cui avrebbero dovuto essere versati. Fa eccezione il caso (rarissimo qui) di una denuncia del lavoratore di omesso versamento entro i 5 anni, che estende a 10 anni la possibilità di recuperarli – scenario tipico dei lavoratori dipendenti, non dei liberi professionisti che versano in proprio.

La particolarità del regime prescrizionale contributivo, introdotta dalla L.335/95, è che una volta maturata la prescrizione, i contributi non possono più essere versati neanche volontariamente. Questo è un punto cruciale: diversamente dai normali debiti civili (dove la prescrizione è un’eccezione che il debitore può rinunciare ad eccepire, e può anche pagare spontaneamente un debito prescritto), nei contributi previdenziali la prescrizione ha effetto estintivo assoluto e l’ente non può accettare il pagamento né rinunciarvi. Ciò significa che un contributo ENPAM prescritto non può più entrare nelle casse dell’ente né generare copertura pensionistica: se il medico pagasse comunque, avrebbe diritto alla restituzione perché pagamento non dovuto. La ratio di ciò sta nell’esigenza di stabilità finanziaria degli enti: non vogliono contributi “tardivi” versati in massa poco prima della pensione, il che altererebbe gli equilibri; inoltre così si spinge l’ente a riscuotere tempestivamente.

Dies a quo e decorso della prescrizione:
Il termine di 5 anni decorre, in generale, dal momento in cui il diritto può essere fatto valere (art. 2935 c.c.). Per i contributi a scadenza periodica, tipicamente dal giorno di scadenza del pagamento. Ad esempio:

  • La Quota A 2020, con scadenza 30 aprile 2020 (pagamento unica soluzione), si prescriverà il 30 aprile 2025 se nel frattempo nessun atto interruttivo è compiuto.
  • La Quota B su reddito 2018, il cui termine di pagamento era (supponiamo) 31 ottobre 2019, si prescrive il 31 ottobre 2024, salvo interruzioni.
  • Se un contributo è dovuto in più rate, è probabile che la prescrizione decorra per ciascuna rata dalla rispettiva scadenza (anche se su questo dettaglio le prassi variano: a volte si considera l’anno di competenza unitariamente).

Importante: atti interruttivi. La prescrizione quinquennale può essere interrotta da un atto con valore di costituzione in mora verso il debitore (art. 2943 c.c.). Nel contesto contributivo, sono atti interruttivi ad esempio:

  • Una lettera di sollecito o diffida formale inviata dall’ENPAM (anche via PEC) che intimi il pagamento di specifici contributi.
  • La notifica di una cartella esattoriale o di un avviso di addebito relativo ai contributi.
  • Un ricorso giudiziario promosso per il recupero (ad es. un decreto ingiuntivo chiesto da ENPAM, o un atto di citazione).
  • Qualsiasi atto comunque idoneo a far riconoscere al debitore l’esistenza del credito preteso (anche la comunicazione dell’estratto di ruolo, secondo alcune sentenze).
  • Viceversa, il semplice invio di un MAV precompilato può non essere considerato atto interruttivo formale (è un invito a pagare volontariamente, non un’intimazione); meglio affidarsi a diffide o atti legali.

Quando la prescrizione è interrotta, inizia a decorrere un nuovo periodo di 5 anni da tale atto (art. 2945 c.c.). Tuttavia, il numero di interruzioni possibili non è infinito in materia previdenziale: se il credito è rimasto in sospeso per molto tempo, c’è il rischio che l’ente non possa più tenerlo “in vita” se non ha atti efficaci.

Differenza tra prescrizione e decadenza: Spesso si confondono i due termini. Prescrizione è il termine oltre il quale il diritto si estingue se non esercitato; decadenza è un termine perentorio per compiere una data azione (es: notificare un avviso entro X anni, pena decadenza del potere impositivo). Nel nostro caso:

  • La L.335/95 ha introdotto una sorta di decadenza sostanziale: se entro 5 anni non si riscuote, il diritto si estingue (quindi un misto di prescrizione e decadenza).
  • Esistono inoltre termini di decadenza processuale: ad esempio, l’Agente della Riscossione deve notificare la cartella entro determinati termini dall’affidamento del ruolo (art. 25 D.Lgs.46/99) – in genere entro fine anno successivo a quello di consegna del ruolo, prorogato di un anno per i ruoli 2020-2021 causa pandemia, etc. Ma questo incide sulla validità dell’atto, ed è una difesa nei confronti dell’Agente (se notifica in ritardo la cartella è nulla). Nel merito contributivo, però, rimane la prescrizione come cardine.

Effetti della prescrizione sul debito:
Se un contributo è prescritto, il giudice deve dichiararlo non dovuto. La Cassazione ha chiarito che nei contributi la prescrizione ha efficacia estintiva “ex lege” e d’ufficio: l’ente previdenziale non può rinunciarvi e il giudice deve rilevarla anche se il debitore non l’ha eccepita (concetto un po’ diverso dalla regola generale dell’art. 2938 c.c. che vieta il rilievo d’ufficio – qui si parla di rilievo d’ufficio in ragione della natura pubblica della prescrizione contributiva). In termini pratici, comunque, è prudente che sia il debitore stesso ad eccepire la prescrizione nel primo atto difensivo utile, per non correre rischi.

Importante risvolto: un contributo prescritto non può nemmeno essere pagato volontariamente (art.3 co.9 L.335/95). Se uno lo paga, è un indebito e può chiederne la restituzione. Quindi, paradossalmente, l’ENPAM stesso se si accorge che un contributo è prescritto non può accettare il pagamento (dovrebbe restituirlo). Questo mette il dito su un aspetto delicato: l’ENPAM talvolta potrebbe rinunciare a far valere la prescrizione (ad esempio, decidendo di incassare lo stesso per fare un favore al medico così da conteggiargli la pensione), ma non può legalmente farlo. Pertanto, da difensore del debitore, se vedi che dei contributi sono prescritti, sai che:

  1. Il tuo cliente non è più tenuto a pagarli.
  2. Se l’ENPAM li sta comunque chiedendo, puoi far valere l’eccezione e vincere sulla parte prescritta.

Giurisprudenza in tema di prescrizione contributiva:
La materia è stata oggetto di contrasto in passato su un punto: cosa succede se l’ente ha notificato una cartella e il contribuente non l’ha impugnata entro 40 giorni? Quella cartella diventa “definitiva”. Secondo una vecchia giurisprudenza (oggi superata), ciò avrebbe trasformato l’obbligo contributivo in un titolo equiparabile a giudicato, quindi con prescrizione decennale (ex art.2953 c.c.). Alcune sentenze di Cassazione (nn. 4338/2014, 11749/2015, 5060/2016) avevano sostenuto che la cartella non opposta si “cristallizza” e il credito da contributi diventa soggetto al termine ordinario di 10 anni, applicando per analogia l’art.2953 c.c. come se fosse una sentenza passata in giudicato. Tuttavia questo filone è stato definitivamente sconfessato dalle Sezioni Unite della Cassazione. Già da tempo un orientamento maggioritario diceva che atti amministrativi non opposti (cartelle, avvisi) non producono l’effetto del giudicato e quindi non trasformano la prescrizione breve in decennale. Le Sezioni Unite, con sent. n. 23397/2016, hanno risolto il contrasto stabilendo che solo un titolo di natura giudiziale definitivo (sentenza passata in giudicato, decreto ingiuntivo non opposto) fa scattare l’art.2953 c.c., mentre cartelle, avvisi di addebito o ordinanze-ingiunzioni non opposti NO. Dunque, nel caso dei contributi:

  • Se l’ENPAM ottiene un decreto ingiuntivo per contributi e questo diventa definitivo per mancata opposizione, allora sì, quel credito è accertato con valore di giudicato e la prescrizione diventa 10 anni (dal passaggio in giudicato del decreto).
  • Se invece c’è solo una cartella esattoriale non opposta, non essendo un atto giurisdizionale, la prescrizione resta quella quinquennale dei contributi.

In altre parole, non impugnare una cartella ENPAM non condanna il debitore a 10 anni di prescrizione (come avverrebbe per un accertamento fiscale non impugnato), ma permane il termine breve di 5 anni per l’azione di recupero. La Cassazione SU 2016 lo ha affermato in modo chiaro, rifacendosi tra l’altro a SU n.25790/2009 che in materia tributaria fece analoga distinzione. Inoltre ha chiarito che nemmeno una norma del D.Lgs.112/1999 (art.20 c.6, sulla possibilità di ri-affidare ruoli dopo discarico entro 10 anni se emergono nuovi beni) può estendere la prescrizione contributiva a 10 anni, perché quella norma va letta senza derogare alla disciplina speciale sulla prescrizione quinquennale. Insomma: 5 anni, punto e basta, salvo giudicato vero.

Quindi lo scenario tipico di difesa è: il medico non ha impugnato la cartella ENPAM (magari non l’ha mai ricevuta, o l’ha ignorata); passano più di 5 anni; l’Agente notifica un’intimazione o avvia pignoramento; il debitore può opporsi sostenendo che il credito è prescritto perché dal momento in cui i contributi erano esigibili (o da quando la cartella fu notificata) sono trascorsi oltre 5 anni senza validi atti interruttivi. E avrà ragione, come confermato anche da casi di merito. Ad esempio, una recente sentenza del Tribunale di Sciacca del 25 marzo 2025 (n.127/2025) ha annullato un’intimazione di pagamento ENPAM perché le cartelle originarie (notificate 2011-2014) erano seguite dal nulla fino all’intimazione nel 2023: ben oltre 5 anni senza atti interruttivi, quindi credito contributivo prescritto e opposizione del debitore accolta. Il giudice ha sottolineato l’assenza di atti interruttivi validi in quel lungo intervallo e ha condannato l’ENPAM alle spese. Questo caso concreto dimostra come la prescrizione possa mettere KO le pretese tardive dell’ente.

Considerazioni pratiche per eccepire prescrizione:

  • Bisogna conoscere esattamente da quando decorre il termine per ciascuna partita contributiva. Se l’ENPAM notifica una cartella nel 2014 per contributi 2008-2009, già nel 2014 probabilmente quei contributi erano prescritti (5 anni da fine 2009 scaduti a fine 2014 – a meno che vi sia stata una diffida prima). Se il debitore ha perso l’occasione di eccepirlo subito, può farlo successivamente in sede di opposizione all’esecuzione, ma avendo cura di collegare le date.
  • Occorre verificare la presenza di atti interruttivi: ogni lettera raccomandata, PEC, cartella, atto di pignoramento ecc. interrompe e fa decorre da capo il termine. Alcune volte i debitori credono non ci siano atti ma l’Agente ne ha notificati (magari a vecchi indirizzi, o li ha messi depositati). Bisogna recuperare l’estratto di ruolo dall’Agente Riscossione per vedere lo storico delle notifiche. Se il debitore non ha mai ritirato quegli atti, può contestarne la notifica se non regolare, ma questo è altro profilo; intanto per prescrizione contano anche atti notificati correttamente per compiuta giacenza, ad esempio.
  • Prescrizione d’ufficio? Come detto, la Cassazione suggerisce che la prescrizione contributi è di ordine pubblico e va rilevata d’ufficio. Tuttavia, molti giudici di merito preferiscono che sia eccepita dalla parte (anche per avere contezza delle date e degli atti). Quindi è sempre opportuno sollevare espressamente l’eccezione di prescrizione e indicare quali periodi copre.
  • Parziale o totale: spesso un debito complessivo include più anni: alcuni prescritti, altri no. Il giudice allora dichiarerà non dovuta la parte prescritta e manterrà dovuta l’altra. Ad esempio, se nel 2025 arrivasse un avviso per contributi 2018-2019 (ancora nei 5 anni) e 2016-2017 (prescritti), il difensore può ottenere lo sgravio per 2016-17 e l’obbligo di pagare 2018-19 (magari rateizzati). Va quindi analiticamente indicato quali annualità sono coperte dalla prescrizione.

Interessi vs. contributo: Anche gli interessi di mora e sanzioni seguono la sorte del contributo: se il contributo principale è prescritto, gli accessori decadono con esso. Inoltre, la giurisprudenza afferma che la prescrizione si applica anche agli interessi e sanzioni se per 5 anni non viene chiesto nulla. Dunque non può sopravvivere un accessorio se muore il credito principale.

Effetti sul pensionamento: Un aspetto drammatico della prescrizione (per il medico) è che contributi prescritti non possono essere considerati per la pensione. Quindi, talvolta un professionista potrebbe trovarsi davanti al dilemma: eccepire prescrizione per non pagare, oppure pagare volontariamente per avere la copertura pensionistica. Ma la legge 335/95 glielo impedisce: anche volendo, non può pagare (l’ENPAM legalmente non potrebbe accettare). Ciò può portare a situazioni penalizzanti: ecco perché l’ENPAM invita sempre a non far scadere i contributi, dicendo che “il primo danneggiato dal mancato pagamento è l’iscritto stesso che vede compromessa la posizione pensionistica futura”. Se il danno è fatto e la prescrizione è maturata, non c’è rimedio (non si possono “riscattare” i periodi prescritti, a differenza di altri tipi di riscatto). L’unica soluzione sarebbe che il medico continui a lavorare più a lungo per coprire quell’anzianità mancante, se possibile.

In conclusione, dal punto di vista difensivo:

  • La prescrizione è un istituto cardine da utilizzare: 5 anni possono passare in fretta, specie se l’ente ritarda l’azione o se il debitore non è stato rintracciabile. Un avvocato deve sempre controllare le date e invocare la prescrizione ove presente.
  • La Cassazione SU 2016 e SU 2025 rafforzano la posizione del debitore: nessun allungamento a 10 anni salvo giudicato formale; l’inerzia dell’ente lo priva del diritto.
  • Attenzione alle interruzioni: bastano atti semplici (anche un sollecito via PEC a volte) a interrompere. Ma ad esempio, se ENPAM “non fa scattare la prescrizione” – come ha dichiarato di voler fare per il contributo 0,5% nel 2024 – ciò significa che programmerà un atto interruttivo entro il quinto anno (p.es. un accertamento o diffida) per tenere vivo il credito. Il debitore deve quindi vigilare: se quell’atto non arriva in tempo, acquisisce il diritto a non pagare più; se arriva, il countdown riparte.

Decadenza dei poteri di accertamento: c’è un termine per l’ENPAM per richiedere i contributi?

Diversamente dalla prescrizione, il termine di decadenza fissa un limite entro cui l’ente deve compiere un atto (di norma, l’accertamento o la notifica di richiesta) pena la perdita del potere. Nella fiscalità generale, ad esempio, le imposte hanno termini decadenziali stringenti (es. 5 anni per notificare un avviso di accertamento). Nel campo contributivo obbligatorio, la L.335/95 con i suoi 5 anni ha una natura mista: di fatto impone all’ente di attivarsi entro 5 anni prima che scatti la prescrizione. Se l’ente non notifica nulla per 5 anni, come visto, il credito si estingue.

Tuttavia, si potrebbe parlare di “decadenza” in alcuni contesti specifici:

  • Per contributi che devono essere iscritti a ruolo, l’art. 25 D.Lgs. 46/1999 impone che la cartella sia notificata entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di consegna del ruolo all’Agente (prorogato al terzo anno per ruoli 2018-2020 causa covid). Se l’Agente notifica oltre questo termine, la cartella è nulla. Ma questo è un termine procedurale del concessionario, su cui il debitore può far leva se accade.
  • Per contributi connessi a redditi dichiarati dal contribuente, teoricamente l’ENPAM dovrebbe contestare eventuali omissioni entro un termine congruo. La legge non fissa per ENPAM un termine di decadenza come per l’Agenzia Entrate, ma si presuppone che 5 anni siano comunque il limite, oltre il quale l’ENPAM perderebbe il credito per prescrizione. Quindi decadenza e prescrizione tendono a coincidere qui.

Un caso particolare: la norma sulla denuncia del lavoratore entro 5 anni per estendere a 10 la prescrizione (L.335/95). Qualcuno avrebbe potuto interpretarla come una decadenza: se il lavoratore non denuncia entro 5 anni, poi non può più pretendere i contributi (questo per evitare rivendicazioni tardive decennali). Ma per ENPAM i “lavoratori” sarebbero i medici stessi, e qui non si applica: i medici non denunciano sé stessi.

Riassumendo, nel contesto di difesa del debitore ENPAM, la decadenza non assume un ruolo distinto dalla prescrizione, se non come verifica dei termini di notifica degli atti da parte dell’Agente della Riscossione. Pertanto, il focus rimane:

  • Controllare se la cartella è stata notificata tempestivamente (se tardiva, eccepirne la nullità per decadenza del concessionario).
  • Controllare i termini di legge speciali (ad esempio normative COVID: c’è stata sospensione dei termini nel 2020 per accertamenti e cartelle, che ha spostato in avanti alcune scadenze; un avvocato deve tenerne conto per non eccepire decadenze inesistenti causa sospensioni).

Impugnazione degli atti e contenzioso giudiziale con ENPAM

Quando ENPAM o l’Agente della Riscossione emette un atto esecutivo (cartella, avviso addebito, ingiunzione, precetto, pignoramento), il debitore ha la possibilità di impugnarlo davanti al giudice. Questa è la fase vera e propria del contenzioso giudiziario, in cui far valere tutte le eccezioni (di merito e di rito) di cui abbiamo parlato. Vediamo le casistiche principali:

1. Opposizione a cartella di pagamento o avviso di addebito (opposizione all’accertamento contributivo):
La cartella esattoriale ENPAM (o un eventuale avviso di addebito equipollente) deve essere impugnata entro 40 giorni dalla notifica davanti al Tribunale (Lavoro) competente. Questo tipo di ricorso viene spesso chiamato “opposizione a ruolo ex art.24 D.Lgs.46/99”. In tale ricorso, il debitore può far valere:

  • Vizi formali dell’atto: es. cartella priva di motivazione sufficiente, omessa indicazione del provvedimento presupposto, notifica irregolare (quest’ultimo caso però spesso rientra nell’opposizione tardiva di cui sotto).
  • Ragioni di merito: non devono i contributi per i motivi X (esposti sopra: non dovuti, già prescritti, ecc.). Anche la prescrizione maturata prima della notifica della cartella è un motivo di opposizione. Ad esempio, se ENPAM iscrive a ruolo contributi 2010 e notifica cartella nel 2018, il debitore può ricorrere dicendo: «Quei contributi erano già prescritti nel 2015, quindi il credito era estinto prima ancora della cartella». La giurisprudenza conferma che la prescrizione quinquennale resta eccepibile anche in sede di opposizione alla cartella, nonostante la cartella non sia stata impugnata in autotutela nei 90 giorni amministrativi.
  • Eccezione di giurisdizione se erroneamente proposta altrove: Questo è raro dopo SU 2025, ma se il debitore avesse sbagliato foro (es. ricorso in Commissione Tributaria entro 60 gg per cartella ENPAM – caso di errore frequente in passato), quell’azione verrebbe dichiarata inammissibile per difetto di giurisdizione. Occorre allora reagire subito spostandosi al giudice giusto, sperando magari nella rimessione in termini. È preferibile, quindi, evitare l’errore: sempre giudice ordinario!

Effetti da considerare: Se la cartella non viene opposta entro 40 giorni, diviene incontestabile nel merito. Il che vuol dire che non si potrà più eccepire davanti al giudice cause di nullità originarie del credito (salvo la prescrizione che matura successivamente). Ad esempio, se non ho fatto ricorso e la cartella aveva addebitato contributi non dovuti, e passano i 40 gg, quel motivo non potrà più essere fatto valere (diventa “irretrattabile” il credito). Quindi è fondamentale: appena ricevuta una cartella ENPAM, rivolgersi a un legale e valutare il ricorso entro 40 giorni! Sottovalutare questo termine può precludere difese importanti.

2. Opposizione ad avviso di accertamento ENPAM (non in ruolo):
Se l’ENPAM, in autonomia, notifica un provvedimento di accertamento contributivo immediatamente esecutivo (senza passare per cartella), anch’esso va impugnato entro 40 giorni con ricorso al Tribunale del Lavoro. La natura è la stessa: è un atto impositivo sostanziale. Ad esempio, se ENPAM invia un’ingiunzione fiscale ex R.D.639/1910 o un atto intestato “Avviso di addebito ENPAM” con intimazione a pagare entro 30 giorni, sicuramente conterrà l’indicazione che è opponibile entro 40 giorni al tribunale competente. Il debitore dovrà attivarsi analogamente al caso cartella, facendo valere i suoi motivi (incompetenza, errato calcolo, prescrizione, etc.).

3. Opposizione all’intimazione di pagamento e atti dell’esecuzione (opposizione tardiva):
Può capitare che il debitore non abbia impugnato la cartella nei 40 gg (magari non ne era a conoscenza, o l’ha ignorata). Quando poi l’Agente avvia l’esecuzione, notifica una intimazione di pagamento (ex art.50 DPR 602/73) o direttamente un atto di pignoramento. A questo punto al debitore resta la possibilità di fare:

  • Opposizione all’esecuzione ex art.615 c.p.c. se contesta il diritto dell’ENPAM di procedere, in tutto o in parte (es. perché il debito è estinto per prescrizione successiva, o perché manca valida notifica della cartella, o ha pagato in parte, ecc.).
  • Opposizione agli atti esecutivi ex art.617 c.p.c. se contesta vizi formali dell’atto esecutivo (es. nullità dell’atto di pignoramento, difetti di notifica dell’intimazione stessa, ecc.). Questo ha un termine di 20 giorni dalla notifica dell’atto.

Nel contesto ENPAM, la situazione tipica per l’opposizione all’esecuzione è l’eccezione di prescrizione sopravvenuta: come nell’esempio prima, cartella 2011 non opposta, pignoramento 2023 –> si fa opposizione sostenendo che il diritto di procedere è estinto per prescrizione quinquennale (2011-2016). Questa opposizione andrà davanti al Tribunale lavoro (giudice dell’esecuzione in materia previdenziale è comunque la sezione lavoro, se già incardinata altrove va riqualificata). L’opposizione all’esecuzione per prescrizione successiva alla cartella non è preclusa, come abbiamo ribadito col supporto della Cassazione e della sentenza di Sciacca 2025. Quindi anche tardivamente il debitore può liberarsi del debito se l’ente non ha agito in tempo.

Se invece il vizio è di notifica originaria – ad esempio il debitore non ha mai ricevuto la cartella perché inviata a indirizzo errato – allora quell’atto è come se non esistesse per lui. Quando arriva il pignoramento, potrà fare opposizione ex art.615 c.p.c. dicendo: “nessun titolo esecutivo valido mi è stato notificato, quindi l’esecuzione è improcedibile”. Questa è opposizione all’esecuzione per difetto del titolo. In parallelo, potrebbe anche impugnare l’atto di pignoramento ex art.617 se ritiene la notifica viziata. Su tali basi, spesso si ottiene l’annullamento dell’esecuzione; l’ENPAM/AER dovrà rinotificare la cartella correttamente (sempre se nei termini di 5 anni dal ruolo o se la prescrizione non è maturata nel frattempo).

4. Competenza territoriale: In materia di contributi previdenziali, competente è il Tribunale del luogo di residenza del debitore (per i lavoratori dipendenti) oppure del luogo dove ha sede l’ufficio dell’ente creditore se trattasi di contributi di liberi professionisti? C’è un po’ di incertezza: spesso le cause ENPAM si fanno al Tribunale di Roma perché l’ENPAM ha sede a Roma. Tuttavia, l’art.444 c.p.c. e ss. sul rito lavoro individuano competenze territoriali a seconda che sia controversia con ente pubblico (INPS: luogo del rapporto assicurativo) o no. Essendo ENPAM ente privatizzato nazionale, la giurisprudenza ha talvolta ritenuto competente il Tribunale del luogo di residenza dell’assicurato (equiparandolo al criterio generale per previdenza) oppure quello di Roma (sede dell’ente). La Cassazione ha statuito che per casse privatizzate la competenza territoriale è facoltativa: l’iscritto può scegliere di citare al proprio tribunale o a quello della sede dell’ente. Ad esempio, controversie di medici in varie città sono state radicate localmente (Catania, Brescia, Torino…) e l’ENPAM le ha seguite lì, come ricordato anche nel comunicato ENPAM su SU 2025. Quindi un debitore a Milano può fare causa a Milano, non è costretto ad andare a Roma.

5. Ricorsi delle società e giurisdizione: Un cenno per le società tenute al 0,5% o 4%: come stabilito da Cass. SU 2048/2025, anche loro devono rivolgersi al giudice ordinario. In passato qualcuna era andata al TAR (pensando fosse contributo imposto da atto amministrativo), ma ora è chiaro che no. Quindi l’OMCeO o clinica privata che vuole opporsi ad ENPAM andrà in Tribunale del Lavoro (o eventualmente Tribunale sez. ordinaria? Il dubbio è se per un’obbligazione contributiva di un ente non persona fisica valga la sezione lavoro – la Cassazione ha parlato di diritti e obblighi previdenziali, direi se attiene a obblighi previdenziali rientra in quella competenza specializzata a prescindere dalla natura del soggetto). D’altronde, un contributo per specialisti esterni del 4% è in favore dei professionisti e rientra nel concetto di obbligo contributivo.

Tempi del giudizio e fasi successive: Le cause previdenziali in tribunale di solito hanno tempi abbastanza rapidi (sono in unica fase di merito, poi eventuale appello in Corte d’Appello sezione lavoro, e ricorso in Cassazione). Non c’è il filtro di mediazione o altro. Spesso, se le questioni sono chiare (tipo sola prescrizione), il giudice definisce in 1-2 udienze magari. Le pronunce in materia contributiva poi spesso vengono appellate dall’ENPAM se perde (per tutelare il precedente), ma per il debitore individuale l’importante è liberarsi nell’immediato (es. far sospendere un pignoramento, ecc.). Si può chiedere la sospensione dell’esecuzione in corso, depositando il ricorso in opposizione (ex art.615) e istanza di sospensione, che il giudice deciderà in tempi brevi se c’è pericolo (pignoramento in atto).

Sintesi dei rimedi e relative sedi/termini: La seguente tabella riepiloga i principali atti di ENPAM/Agente e i corrispondenti rimedi difensivi:

Atto ENPAM/AgenteTermine per ricorsoTipo di ricorso/opposizioneGiudice competente
Provvedimento ENPAM di accertamento contributivo (diffida formale, avviso di addebito)40 giorni dalla notificaRicorso in opposizione (merito e legittimità)Tribunale – Sez. Lavoro
Cartella esattoriale (ruolo ENPAM affidato ad AER)40 giorni dalla notificaRicorso in opposizione ex art.24 D.Lgs.46/99 (merito e vizi)Tribunale – Sez. Lavoro
Ingiunzione fiscale ENPAM (ex R.D.639/1910)40 giorni dalla notificaRicorso in opposizione (come sopra)Tribunale – Sez. Lavoro
Intimazione di pagamento (preavviso esecuzione da AER)20 giorni dalla notificaOpposizione agli atti esecutivi ex art.617 c.p.c. (vizi formali dell’atto) oppureOpposizione all’esecuzione ex art.615 c.p.c. (motivi sostanziali: es. prescrizione post-cartella, difetto notifica titolo)Tribunale – Sez. Lavoro (giudice esecuzione previdenziale)
Atto di pignoramento (mobiliare, presso terzi, immobiliare)20 giorni dalla notifica (vizi dell’atto) oppurefino alla conclusione dell’esecuzione (motivi sostanziali)– Opposizione atti esecutivi (vizi notifica pignoramento, importi errati nel pignoramento, etc.)- Opposizione all’esecuzione (es. inesistenza titolo, prescrizione maturata, pagamento già avvenuto)Tribunale – Sez. Lavoro (giudice esecuzione)

(N.B.: In materia di contributi obbligatori, le opposizioni ex art.615 e 617 c.p.c. relative alla fase esecutiva seguono il rito lavoro, quindi sempre al Tribunale Lavoro.)

Importante: se il debitore ha saltato il ricorso nei 40 giorni contro la cartella, in sede di opposizione all’esecuzione non potrà più contestare motivi che poteva far valere prima (es. l’errata quantificazione originaria o la mancanza di obbligo): quelli sono coperti da giudicato implicito. Potrà però far valere cause sopravvenute o attinenti alla validità della procedura (prescrizione sopravvenuta, omessa notifica, ecc.). Ad esempio, non potrà più dire “non dovevo pagare perché non ero iscritto all’albo” se non l’ha detto entro 40 gg dalla cartella; ma potrà dire “comunque ora è prescritto” o “la cartella non mi fu mai notificata”. Questo principio è noto e la Cassazione l’ha ribadito: la mancata opposizione nei termini rende “incontrovertibile la pretesa contributiva”, ma non trasforma il titolo in giudicato ai fini della prescrizione decennale.

Chiudendo questa sezione, possiamo affermare che il debitore ENPAM ben consigliato ha a disposizione vari strumenti per difendersi efficacemente: dall’eccepire vizi formali, al far valere prescrizioni, fino a ottenere annullamenti totali o parziali del debito in sede giudiziaria. Le ultime pronunce della Cassazione, come visto, hanno chiarito e in parte agevolato le difese (pensiamo alla prescrizione quinquennale confermata anche per atti non opposti). Resta però essenziale la tempestività: muoversi nei termini giusti e presso il giudice giusto. L’errore più grave è lasciar decorrere i termini o rivolgersi al foro sbagliato (TAR o giudice tributario), rischiando inammissibilità.

Giurisprudenza recente in materia di contributi ENPAM (casi rilevanti)

A completamento dell’analisi, riepiloghiamo alcune delle pronunce più autorevoli e recenti inerenti agli obblighi contributivi ENPAM e alla difesa del debitore, già in parte citate:

  • Cass., Sez. Unite Civili, ord. 29/01/2025 n. 2048: ha stabilito la giurisdizione del giudice ordinario per le controversie sui contributi previdenziali ENPAM, escludendo la competenza del TAR o delle Commissioni Tributarie. La vicenda riguardava il contributo del 4% delle strutture accreditate e la Cassazione, oltre a decidere sulla giurisdizione, ha anche confermato la legittimità sostanziale dell’introduzione di tale contributo da parte di ENPAM, ritenendolo rientrante nei suoi poteri statutari di imporre contribuzioni per equilibrare il fondo specialisti esterni. Questa pronuncia è importante per chiarire che qualsiasi contenzioso contributivo ENPAM deve passare dal giudice ordinario, e conferma l’ampia discrezionalità di ENPAM nel modulare i contributi per esigenze solidaristiche (respingendo in pratica le censure di illegittimità del 4%).
  • Cass., Sez. Unite, sent. 15/11/2016 n. 23397: pietra miliare sulla prescrizione contributiva, ha sancito che la mancata opposizione di cartella o atti similari non comporta l’applicazione dell’art.2953 c.c., mantenendo quindi la prescrizione quinquennale per i crediti contributivi. Le SS.UU. richiamano espressamente il principio che la conversione al termine decennale vale solo per i titoli giudiziari definitivi, e che per atti amministrativi definitivi non opera analogia, soprattutto in presenza di legge speciale (L.335/95) che fissa il termine breve. Questa pronuncia uniforma la giurisprudenza e viene costantemente seguita da successive decisioni (ad es. Cass. 31352/2018; Cass. 30362/2018; Cass. 28246/2019; Cass. ord. 29162/2021 – tutte in linea col principio SU 2016). Per il debitore, significa che la difesa della prescrizione è sempre praticabile, anche dopo atti non opposti.
  • Cass., Sez. Lav., ord. 31/01/2025 n. 2383: questa pronuncia (indicata nei repertori 2025) sembrerebbe riguardare un caso di rinuncia parziale di ENPAM a pretese contributive verso un ente debitore, e le relative implicazioni. Dalla breve sintesi pubblicata si evince che discute della rinuncia da parte di ENPAM ad ulteriori importi verso l’ente sanitario debitore, rispetto a una decurtazione…. Potrebbe trattarsi di una controversia dove ENPAM aveva accordato una riduzione (forse compensando contributi con altre poste, o per transazione) e la Cassazione ha valutato se ciò incida su qualcosa (forse sulla prescrizione o sul calcolo). Senza il testo completo è difficile, ma appare come un caso in cui l’ENPAM avesse mostrato flessibilità (magari trattenendo su somme dovute un tot e rinunciando al resto). Ad ogni modo, questo non è un leading case quanto i primi due, e l’abbiamo citato solo per completezza: indica come talvolta possano emergere accordi particolari.
  • Corte Costituzionale, ord. n. 707/1988: ordinanza storica (insieme alla n. 813/1988) che dichiarò non fondata la questione di legittimità sull’obbligo di iscrizione e contribuzione ENPAM per i medici già coperti da altre forme (caso dei medici ospedalieri con pensione CPDEL poi INPDAP). La Consulta affermò che è costituzionalmente legittimo l’art.21 del D.L.C.P.S. 233/1946 nella parte in cui obbliga anche i dipendenti ospedalieri a pagare i contributi ENPAM, in virtù del principio solidaristico e della pluralità di posizioni previdenziali che possono coesistere. Ciò mise fine ai dubbi sull’obbligatorietà, principio poi incorporato nella privatizzazione del 1994. Anche se datata, questa pronuncia è il pilastro giuridico per rigettare qualsiasi difesa basata su “già verso altrove, quindi non devo ENPAM”: non c’è doppio contributo incostituzionale, è la legge a prevederlo.
  • Giurisprudenza di merito su contributi minimi e altro: Segnaliamo sinteticamente: Tribunale di Catania 2017 (confermò obbligo Quota A per iscritti all’Ordine, definendo “nessuna via di fuga” per chi tenta di non pagare); Tribunale di Marsala 15/06/2022 n.604 (ha ribadito il termine perentorio di 40 giorni per ricorso contro cartella/avviso ex D.Lgs.46/99, passata la quale la pretesa diviene incontestabile, salvo prescrizione); Tribunale di Salerno 23/03/2023 n.418 (ha evidenziato che l’intimazione di pagamento svolge due funzioni: interrompe prescrizione e costituisce atto dovuto prima del pignoramento – ciò in tema di riscossione contributi, toccando il discorso atti interruttivi). E naturalmente il ricordato Trib. Sciacca 2025 n.127 (opposizione vinta per prescrizione quinquennale).

Questa carrellata di sentenze conferma due cose: (a) la linea dura sulla obbligatorietà del versamento, e (b) l’altrettanto ferma volontà dei giudici di garantire al debitore le tutele legali come la prescrizione breve e la corretta procedura. Conoscerle aiuta sia il debitore che l’avvocato a impostare la difesa sapendo dove sono i confini: non si può pretendere di non pagare il giusto dovuto, ma si può evitare di pagare oltre il dovuto o pagare ciò che la legge estingue.

Domande frequenti (FAQ) su debiti ENPAM e tutela del debitore

D: Sono un medico dipendente del SSN. Devo comunque pagare i contributi ENPAM Quota A ogni anno?
R: Sì. L’iscrizione all’Ordine dei Medici comporta obbligatoriamente l’iscrizione all’ENPAM e il pagamento della Quota A annuale, indipendentemente dal fatto che lei versi già contributi pensionistici come dipendente pubblico (INPS ex CPDEL). Questo è stato ritenuto legittimo costituzionalmente. Solo sospendendosi o cancellandosi dall’Ordine si evita l’obbligo per il futuro, ma ovviamente in tal caso non si può esercitare la professione.

D: Non esercito da anni la professione medica (o sono all’estero e non lavoro in Italia). Posso non pagare ENPAM?
R: Se rimane iscritto all’Albo professionale in Italia, l’obbligo contributivo ENPAM permane, a prescindere dall’effettivo esercizio o dal luogo di residenza. L’ENPAM si fonda sul “potenziale esercizio” legato all’iscrizione. Quindi, se davvero non intende esercitare, l’unico modo per evitare nuovi contributi è chiedere la cancellazione dall’Ordine (valutandone le conseguenze). I contributi arretrati però restano dovuti.

D: Ho ricevuto una richiesta di pagamento dall’ENPAM per contributi di alcuni anni fa. Cosa devo fare subito?
R: Prima di tutto, verifichi di che atto si tratta: è una lettera di sollecito bonario? Un provvedimento di accertamento formale dell’ENPAM (con numero di protocollo, importi dettagliati e riferimenti normativi)? O una cartella esattoriale da Agenzia Entrate Riscossione? – In ogni caso, non ignori la comunicazione. Se è un sollecito bonario, può contattare l’ENPAM per chiarimenti o inviare eventuali documenti se c’è un errore. Se è un atto formale (accertamento, cartella), segnati la data di notifica e ricorda che hai 40 giorni per eventualmente fare ricorso. Consulti un esperto (avvocato previdenzialista): valuterete se pagare, chiedere rateazione, o impugnare l’atto. Ignorare può portare dopo qualche mese a misure esecutive.

D: Posso rivolgermi alla Commissione Tributaria per contestare una cartella ENPAM?
R: No, non più. Le controversie sui contributi previdenziali (anche se per il tramite di cartelle esattoriali) rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario (Tribunale, sez. lavoro). Un ricorso in Commissione Tributaria verrebbe dichiarato inammissibile. Fanno eccezione solo eventuali importi non di natura contributiva (ma in cartelle ENPAM di solito ci sono solo contributi e accessori). Dunque, il ricorso va presentato al Tribunale.

D: Ho scoperto di avere una cartella esattoriale ENPAM notificata anni fa di cui non sapevo nulla, ora l’ADER mi chiede i soldi. È troppo tardi per opporsi?
R: La cartella andava impugnata entro 40 giorni dalla notifica. Se lei non l’ha fatto perché non ne era a conoscenza, si può tentare di far valere la nullità della notifica (ad es. se è stata inviata ad un vecchio indirizzo). In tal caso, in sede di opposizione all’esecuzione, si potrà chiedere di dichiarare inesistente la notifica e quindi inefficace la cartella nei suoi confronti. Se invece la notifica era regolare ma lei ha ignorato l’atto, ormai i motivi di merito non sono più contestabili. Potrà però opporsi se nel frattempo è passata la prescrizione quinquennale dal momento della notifica: ad esempio cartella del 2015, nessun atto interruttivo in mezzo, e ora nel 2025 le notificano un’intimazione – il credito è prescritto e può farlo valere. Le suggeriamo di far controllare da un legale i dettagli (validità notifica originaria, eventuali interventi interruttivi, tempi trascorsi).

D: Qual è il termine di prescrizione per i contributi ENPAM e come faccio a saper se è trascorso?
R: Il termine è 5 anni dal giorno in cui il contributo doveva essere versato (o dalla scadenza dell’ultima rata utile). Bisogna calcolare il periodo e verificare se in quei 5 anni (o successivamente) l’ENPAM ha compiuto atti interruttivi validi (diffide, cartelle, ingiunzioni, raccomandate, ecc.). Se per oltre 5 anni l’ente è rimasto silente, il credito si estingue e, in sede di opposizione o anche di ricorso amministrativo, può eccepirsi la prescrizione. Nota bene: anche dopo un atto interruttivo, decorrono altri 5 anni; quindi a volte ci sono “spezzoni” prescritti (es. contributi 2010-2011, cartella nel 2014 interrompe, poi nulla fino al 2022: quelli del 2010-11 sono comunque prescritti perché dal 2014 al 2022 passano 8 anni, oltre 5, come deciso in casi pratici). È materia tecnica: conviene farsi fare un calcolo puntuale con tutti gli atti.

D: Ho un grosso debito e non posso pagare subito. Cosa succede se non faccio nulla?
R: Se non reagisce, l’ENPAM (o l’agente di riscossione) procederà con la riscossione forzata. Questo significa che, una volta scaduti i termini di pagamento, potrà subire:

  • Fermo amministrativo della sua auto/moto (impedendole di circolare) per debiti > €1.000.
  • Ipoteca su immobili di sua proprietà per debiti sopra €20.000.
  • Pignoramento dei suoi conti correnti, stipendio (se ne ha uno da altro lavoro) o della pensione (se già in pensione, fino a 1/5 mensile), oppure pignoramento di beni mobili o immobili. Ad esempio, l’Agenzia delle Entrate Riscossione potrebbe inviare un ordine alla banca di bloccare le somme sul suo conto fino a concorrenza del debito: con grave impatto sulle sue finanze. Oppure, se è un libero professionista con partita IVA, potrebbero pignorare i crediti verso i suoi pazienti o altre entrate.
  • Aggiunta di ulteriori spese: l’agente della riscossione aggiunge un aggio (circa 3-6%) e ci sono costi di notifica, eventuali spese di incanto, ecc., che andranno a carico suo. Più passa il tempo, più il debito cresce.

Inoltre, se nel frattempo maturasse il suo diritto a pensione ENPAM, non le verrebbe pagata finché c’è debito insoluto (verrebbe trattenuta a compensazione). Quindi, non fare nulla è fortemente sconsigliato. Molto meglio contattare ENPAM, chiedere una rateazione e congelare le azioni esecutive, oppure se ci sono motivi validi avviare un ricorso. L’inazione porta solo peggioramenti.

D: Posso ottenere una rateizzazione? In quante rate e con quali interessi?
R: Sì, ENPAM consente la rateizzazione. Per debiti > €1.000, standard fino a 12 rate bimestrali (2 anni) o 18 rate bimestrali (3 anni) se paga con domiciliazione bancaria. In casi di difficoltà, su richiesta motivata, possono concedere fino a 60 rate mensili (5 anni). Sulle rate si applica l’interesse legale (attualmente 5% annuo nel 2023) sulle rate successive alla prima. Non ci sono “interessi extra” tipo quelli bancari, a parte il fatto che comunque le sanzioni per ritardato pagamento le verranno conteggiate fino alla data della domanda di rateazione (dopo, ulteriori sanzioni si fermano e si sostituiscono con l’interesse legale sulle rate residue). Deve presentare domanda a ENPAM (anche via PEC). Loro di solito accolgono e le comunicano il piano. Ricordi che se salta 3 rate di fila, decade dal beneficio e torna esigibile tutto il debito.

D: Ho sentito parlare di “rottamazione cartelle” e “saldo e stralcio” per i debiti col fisco. Vale anche per ENPAM?
R: Le definizioni agevolate introdotte dallo Stato (ad esempio la “Rottamazione-quater 2023” con abbattimento di sanzioni/interest) si applicavano ai carichi affidati all’Agenzia Entrate Riscossione, ma le Casse previdenziali private potevano scegliere se aderire. ENPAM ha deciso di NON aderire né allo stralcio automatico dei mini-debiti sotto €1000 né alla rottamazione-quater. Quindi, per i debiti ENPAM non ci sono rottamazioni statali usufruibili. L’Ente preferisce usare le proprie soluzioni (rateazioni flessibili) piuttosto che sconti generalizzati, per equità verso chi paga regolarmente. In pratica, non può ottenere di pagare solo il capitale senza sanzioni, salvo che l’ENPAM internamente, caso per caso, rinunci a qualche sanzione (cosa poco probabile). L’unico “sconto” di legge è, come detto, la prescrizione (che azzera sia contributo che sanzioni per i periodi vecchi oltre 5 anni).

D: Ho un contenzioso con ENPAM per il contributo del 4% (struttura accreditata). Posso sospendere il pagamento in attesa della causa?
R: Situazione delicata. Molte strutture avevano impugnato quel contributo. Ormai la Cassazione ha stabilito che è dovuto e legittimo. Se ha un ricorso pendente, potrebbe valutare col suo legale se vale la pena proseguirlo dopo SU 2025 (le possibilità di vittoria sul merito sono quasi nulle). Continuare a non versare significa esporsi a sanzioni fino al 60% e interessi di mora ~12%. L’ENPAM per ora ha tollerato (ha aspettato l’esito delle cause), ma dopo SU 2025 ha annunciato che ciò è un “segnale inequivocabile per chi non si è messo in regola”. Quindi conviene cercare di mettersi in regola presto, magari sfruttando le procedure di regolarizzazione: ENPAM ha indicato modalità per autodenunciarsi e pagare il dovuto 0,5% o 4% con sanzioni ridotte (se entro certi tempi). Le suggeriamo di prendere contatti con ENPAM per un piano di rientro. Sospendere unilateralmente il pagamento ormai non ha basi giuridiche forti dopo la sentenza.

D: È vero che se i contributi vanno in prescrizione, poi l’ENPAM non li calcola per la pensione?
R: Sì, vero. Un contributo non versato e caduto in prescrizione non può più essere versato e non darà luogo ad alcuna copertura pensionistica. Questo può incidere sui suoi requisiti di anzianità contributiva e sull’importo di pensione. Ad esempio, se ha 35 anni di contribuzione ma 2 anni sono andati persi perché prescritti e non versati, potrebbe risultare solo 33 anni utili e magari dover lavorare di più per raggiungere la pensione. Inoltre, l’ENPAM sospende l’erogazione di pensioni se risultano importi dovuti non versati: dovrà prima sanare (o accettare compensazione). Dunque, meglio non arrivare a tale situazione. Se è già successo, valuti se può riscattare in altri modi periodi scoperti (spesso no, purtroppo, a meno che esistano contributi in altre casse per quegli anni). È una delle ragioni per cui conviene mantenersi in regola, nell’interesse proprio.

D: Cosa succede se un medico con debiti ENPAM muore? Gli eredi devono pagare?
R: I contributi previdenziali non versati costituiscono un debito pecuniario comune e come tali ricadono nell’asse ereditario. Quindi sì, in linea generale gli eredi (se accettano l’eredità) ne rispondono, attingendo dall’eredità stessa. Nel caso ENPAM, esistono però meccanismi di compensazione: ad esempio, se maturano pensioni ai superstiti (reversibilità), l’ENPAM può trattenere su quelle pensioni gli importi dovuti dal de cuius. Se invece non c’è pensione ai superstiti, l’ENPAM potrebbe aggredire i beni ereditari come qualsiasi creditore. Gli eredi hanno le tutele ordinarie (prescrizioni etc., che però se il de cuius non aveva obiettato potrebbero essere interrotte e ripartite). Se il debito supera l’attivo ereditario, gli eredi possono valutare la rinuncia o l’accettazione con beneficio d’inventario per non rispondere oltre il valore dei beni.

D: L’ENPAM può revocare la mia iscrizione o radiarmi se non pago i contributi?
R: L’ENPAM non ha potere disciplinare diretto: l’iscrizione all’ENPAM è automatica con quella all’Ordine. L’Ordine dei Medici potrebbe teoricamente sanzionare deontologicamente chi vìola obblighi di legge, ma non risultano casi di radiazione per morosità contributiva. Più concreto è il fatto che, se non paga, l’ENPAM non le erogherà eventuali prestazioni assistenziali (es. indennità di maternità ENPAM, sussidi) e come detto bloccherà la pensione. Quindi le “sanzioni” sono queste. La cancellazione dall’Albo per morosità ENPAM non è prevista (l’Albo eventualmente ha proprie quote d’iscrizione annuali, ma quello è un altro ente – l’Ordine – e quelle sì vanno pagate per restare iscritti).

D: Dopo quanti anni l’ENPAM invia la cartella esattoriale se non pago la Quota A?
R: Da policy interna, se non paga entro l’anno di competenza, l’anno seguente deliberano l’iscrizione a ruolo. Quindi per Quota A di un certo anno X, se entro dicembre X non è pagata, nel corso dell’anno X+1 (di solito a primavera) l’ENPAM affida il ruolo e verso metà/fine anno X+1 riceverà la cartella da AER. Questo in generale. Può capitare qualche ritardo in più, ma tendenzialmente entro 1-2 anni agiscono, anche per evitare loro stessi la prescrizione. Per Quota B, visto che si dichiara entro luglio X+1 e si paga entro ottobre X+1, se non paga forse attendono un po’ (possono mandare sollecito l’anno seguente ancora), ma direi entro 2 anni scatta l’accertamento e ruolo. L’ENPAM, come tutti gli enti, vuole evitare di “lasciar scadere” i 5 anni, quindi in genere compie un atto entro questo limite. Solo situazioni come contributi nuovi (es. 0,5% dal 2019) hanno visto tolleranza per qualche anno, ma infatti proprio nel 2024 sarebbero 5 anni e l’ENPAM ha detto che “non farà scattare la prescrizione”, segno che si muoverà con accertamenti/ingiunzioni in tempo.

D: Sono indietro con la Quota B di diversi anni e vorrei mettermi in regola spontaneamente. Cosa mi conviene fare?
R: ENPAM incoraggia la regolarizzazione spontanea. La procedura è: inviare subito all’ENPAM le dichiarazioni dei redditi professionali mancanti e chiedere la quantificazione del dovuto. Può farlo dall’area riservata ENPAM (c’è la sezione “Regolarizzazione annualità precedenti” per inserire i redditi arretrati) oppure scrivendo a nucleoispettivo@pec.enpam.it per istruzioni. Le verrà calcolato il contributo + sanzione (tasso TUR+5,5%) per tardivo versamento. Se la autodenuncia avviene entro l’anno successivo all’omissione, non c’è l’extra 4% di penale; se è oltre un anno ma prima di un accertamento ENPAM, la sanzione è comunque TUR+5,5% (quindi circa 9-10% annuo). Se aspetta che sia ENPAM a scoprirla, scatterà anche un ulteriore 4% forfettario. Quindi, meglio muoversi spontaneamente. Una volta ottenuto il calcolo, può chiedere la rateazione (fino a 5 anni se necessario). In questo modo evita ulteriori sanzioni e soprattutto evita un contenzioso. Questo è consigliabile se sa di dovere effettivamente quei contributi. Diverso sarebbe se lei ritenesse non dovuti quei contributi per qualche motivo: in tal caso prima chiarisca quello eventualmente.

D: In sede di causa con ENPAM, posso chiedere al giudice di ridurre le sanzioni perché eccessive?
R: In linea di massima, no. Le sanzioni civili sui contributi sono dovute secondo i parametri di legge (TUR+5,5% annuo, max 60-70%). Il giudice non ha discrezionalità di diminuirle d’equità. Può però succedere questo: se il giudice accerta che una parte del contributo non era dovuta (ad es. periodo prescritto o soggetto esente), cadono anche le sanzioni relative a quella parte. Oppure, se vede che l’ENPAM ha applicato erroneamente più del massimo, ridurrà al tetto (es. se hanno chiesto 80% di sanzioni, il giudice lo abbassa a 70% conforme a regolamento). Ma uno sconto giudiziale per “eccessiva onerosità” non è previsto: queste sanzioni non sono considerate punitive ma civile compensative. Solo il legislatore o l’ente con sanatoria possono ridurle. Il giudice, insomma, applica la legge vigente. Potrà semmai condannare ENPAM alle spese se perde la causa, il che per il debitore è un vantaggio indiretto (non dover pagare le proprie spese legali). Nel caso Sciacca 2025, ad esempio, il Tribunale ha condannato l’ENPAM soccombente a rifondere le spese legali al medico.

D: Perché è così importante farsi assistere da un legale esperto in questo iter?
R: Perché le norme e le procedure sono molto tecniche e temporalmente scandite. Un errore di indirizzo (ricorrere al giudice sbagliato), una svista sui termini (40 giorni, 20 giorni, 5 anni), o la mancata eccezione di un punto cruciale (es. prescrizione) possono compromettere irrimediabilmente la posizione del debitore. Inoltre, un legale può interloquire efficacemente con l’ENPAM: magari ottenendo una soluzione transattiva o individuando subito un vizio formale su cui puntare. Visti gli importi spesso elevati in ballo (contributi pluriennali + sanzioni), investire in una difesa appropriata è saggio. Anche per decidere se sia il caso di fare causa o piuttosto di aderire a un piano di rientro: un avvocato saprà dirle se ha buone possibilità di annullare quel debito o se invece combattere sarebbe solo dispendioso e tanto varrebbe chiedere la rateazione. Insomma, trattandosi di un contenzioso di natura tecnica previdenziale, il supporto di un esperto può far la differenza tra pagare molto, pagare il giusto o in certi casi non pagare affatto (se la legge glielo consente).

Tabelle riepilogative finali

Tabella 1 – Principali cause di opposizione del debitore ENPAM e riferimenti

Causa di opposizione/tutelaDescrizioneRiferimenti normativi/giurisprudenziali
Prescrizione quinquennaleEstinzione dei contributi trascorsi 5 anni dal giorno esigibilità, salvo atti interruttivi. Anche se cartella non opposta (nessuna conversione a 10 anni). Il giudice deve dichiararla e l’ente non può riscuotere né accettare versamenti tardivi.L. 335/1995, art.3 co.9; Cass. SU n.23397/2016; Trib. Sciacca n.127/2025 (prescr. riconosciuta su intimazione tardiva).
Difetto di notifica degli attiMancata o invalida notifica di un atto presupposto (es. cartella) – il debitore può far valere che l’esecuzione è iniziata senza un titolo validamente notificato, ottenendo l’annullamento del pignoramento/intimazione.D.P.R. 602/1973, art.26 (notifica cartelle); art.615 c.p.c. (oppos. esecuzione). Giur.: Cass. n.4804/2018 (nullità cartella se notifica viziata, opposizione all’esecuzione ammessa).
Inesistenza dell’obbligo contributivoContestazione di non essere soggetto tenuto al contributo in questione (es. non iscritto all’Ordine per quell’anno; reddito non imponibile; contributo introdotto illegittimamente). È difesa di merito nel ricorso principale.Art.21 D.L.C.P.S. 233/1946 (obbligo iscrizione e contribuzione); Caso contributo 4%: Cass. SU 2048/2025 (legittimo e obbligatorio).
Errore di calcolo/importoL’ente ha richiesto più del dovuto (aliquota sbagliata, periodo duplicato, sanzioni oltre limite). Opposizione mira alla rettifica dell’importo.Regolam. ENPAM sanzioni: max 70% contributo. Cass. n. 24064/2018 (errore calcolo contributi, giudice ridetermina somma dovuta).
Decadenza agenti riscossioneCartella esattoriale notificata oltre i termini previsti (es. fuori biennio dal ruolo) – motivo di nullità della cartella.D.Lgs. 46/1999, art.25 (notifica cartelle entro fine secondo anno). Cass. n.11705/2011 (decadenza notifica cartella, rilevabile dal giudice).
Violazioni procedurali varieEsempio: mancato invio dell’avviso bonario se previsto, vizio di motivazione dell’atto, difetto di delega del funzionario, etc. Possono invalidare l’atto se incidono sui diritti di difesa.L.241/1990 (motivazione atti amm.vi); Cass. n.258/2017 (necessaria motivazione chiara in cartella per contributi).

Tabella 2 – Scadenze e termini essenziali per difendersi

Evento/AttoAzione richiesta al debitoreTermine
Ricezione avviso di accertamento ENPAM (diffida, atto amministrativo)Ricorso amministrativo interno (facoltativo) oppure diretto ricorso giudiziario in opposizione60 giorni (ricorso interno ENPAM)40 giorni (ricorso giudice)
Notifica Cartella di pagamento ENPAM da Agenzia RiscossioneRicorso in opposizione al Tribunale (merito e/o vizi)40 giorni dalla notifica
Ricezione ingiunzione fiscale ENPAMRicorso in opposizione al Tribunale (come sopra)40 giorni dalla notifica
Notifica Intimazione di pagamento (preavviso prima di pignoramento)Opposizione atti esecutivi (vizi formali, 20 gg) e/oOpposizione all’esecuzione (motivi sostanziali, es. prescrizione; anche oltre 20 gg se dedotta prima del pignoramento)20 giorni per vizi formali (art.617 c.p.c.)Prima dell’esecuzione o anche successivamente per motivi sostanziali (art.615 c.p.c.)
Notifica Atto di pignoramentoOpposizione atti esecutivi (vizi pignoramento) e/oOpposizione all’esecuzione (es. mancanza titolo, prescrizione)20 giorni per vizi formali dal pignoramentoFino a distribuzione somme per motivi sostanziali
Mancato pagamento contributo (scadenza naturale)– (decorso tempo) → Prescrizione del credito5 anni dalla scadenza (in assenza di atti interruttivi)

(Nota: tutti i termini si calcolano in giorni di calendario e se l’ultimo giorno cade di sabato, domenica o festivo, slitta al primo giorno lavorativo successivo.)


Conclusione: Difendersi dai debiti con ENPAM richiede un approccio informato e tempestivo. Il debitore deve conoscere i propri obblighi, ma anche i propri diritti: da un lato l’obbligatorietà dei contributi è stringente (e pagare regolarmente conviene a se stessi per la pensione); dall’altro lato, l’ordinamento offre strumenti per evitare richieste illegittime o tardive e per gestire in modo sostenibile il pagamento di quanto dovuto. Attraverso il ricorso ai rimedi giuridici (amministrativi e giudiziari) e con l’ausilio di professionisti legali quando opportuno, è possibile difendersi efficacemente da pretese indebite dell’ENPAM o ottenere condizioni più favorevoli (dilazioni, compensazioni) per regolarizzare la propria posizione. In ogni caso, il messaggio chiave è: non subire passivamente, ma attivarsi conoscendo le regole del gioco. Una gestione accorta del problema debitorio con ENPAM può fare la differenza tra una soluzione indolore e conseguenze molto onerose.

Fonti e riferimenti normativi

  • Leggi e norme:
    • D.L.C.P.S. 13/09/1946 n.233, art. 21 (Obbligo di iscrizione e contribuzione ENPAM).
    • D.Lgs. 30/06/1994 n.509, art.1 co.3 (Privatizzazione casse professionali, obbligatorietà iscrizione e contribuzione).
    • Legge 08/08/1995 n.335, art.3 co.9 (Prescrizione quinquennale contributi previdenziali obbligatori).
    • Legge 31/12/2012 n.247, art.66 (Eccezione per prescrizione decennale solo per Cassa Forense dal 2012, non applicabile ENPAM).
    • D.Lgs. 26/02/1999 n.46, art.24-25 (Opposizione a cartella entro 40 gg; termini notifica cartelle).
    • Regolamento ENPAM del Fondo Generale – Regime Sanzionatorio (disciplinare interno su sanzioni, interessi e rateazioni).
    • DPR 29/09/1973 n.602, art.26 (Notifica cartelle esattoriali); art.50 (Intimazione di pagamento prima di esecuzione).
    • Codice Proc. Civile, art.615 (Opposizione all’esecuzione); art.617 (Opposizione atti esecutivi).
  • Documenti e siti ENPAM:
    • “Il sistema previdenziale della Fondazione ENPAM” – documento ENPAM con dettagli normativi (obblighi, sanzioni).
    • Regolamento del Regime Sanzionatorio ENPAM (in particolare art. 8-10 su sanzioni e rateazioni).
    • Sito ENPAM, sezioni informative: Contributi omessi o in ritardo; Contributi Quota A (modalità rate); Come fare per recuperare i contributi propri.
    • Circolari ENPAM e comunicati (es. decisione CdA febbraio 2023 su rottamazione stralcio).
    • Giornale della Previdenza dei Medici (ENPAM): articolo “Niente stralcio o rottamazione per le cartelle Enpam”, 03/02/2023.
  • Giurisprudenza:
    • Corte Costituzionale: ord. n.707/1988 e n.813/1988 (obbligo contributivo ENPAM legittimo anche con altra copertura).
    • Cassazione Civile a Sezioni Unite:
      • n.25790/2009 (distinzione prescrizione giudicato vs atti amministrativi);
      • n.23397/2016 (prescrizione 5 anni, no art.2953 per cartella non opposta);
      • n.2048/2025 (giurisdizione giudice ordinario per contributi ENPAM, legittimità contributo 4%).
    • Cassazione Civile, Sez. Lavoro:
      • n.18145/2012 (termine 40 gg per opposizione cartella è perentorio, rende intangibile il credito);
      • nn.4338/2014, 11749/2015, 5060/2016 (orientamento superato pro 10 anni se cartella non opposta);
      • ord. n.1799/2016 (rimessione a SU su contrasto 5 vs 10 anni);
      • diverse ord. 2018-2021 confermative SU 2016 (prescr. 5 anni anche dopo avviso).
      • ord. n.2383/2025 (ENPAM rinuncia parziale credito, contributi specialisti esterni – caso particolare).
    • Sentenze di merito:
      • Trib. Catania 2017 (contributo minimo obbligatorio, nessuna scappatoia);
      • Trib. Marsala 15/6/2022 n.604 (ricorso 40 gg perentorio, poi credito irretrattabile salvo prescrizione);
      • Trib. Salerno 23/3/2023 n.418 (funzione intimazione pagamento in riscossione contributi, interrompe prescrizione);
      • Trib. Sciacca 25/3/2025 n.127 (opposizione a intimazione, accertata prescrizione quinquennale su cartelle 2011-14, atto 2023).
      • Vari Tribunali (Roma, Milano, Torino, Brescia…) 2023-24 hanno confermato contributo 4% legittimo, citati da ENPAM.

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