Sei un ex socio di un’impresa di produzione di materie plastiche e ti ritrovi con debiti da pagare?
Anche dopo l’uscita dalla società, i creditori possono agire per recuperare somme maturate durante il periodo in cui eri socio. La tua responsabilità dipende dalla forma giuridica dell’impresa, dalle garanzie personali prestate e dalla corretta formalizzazione della tua uscita. Conoscere i tuoi diritti e le strategie di difesa è essenziale per evitare di pagare somme non dovute.
Quando un ex socio può essere chiamato a rispondere dei debiti societari
– Quando era socio di una società di persone (SNC o SAS) e risponde in solido per le obbligazioni assunte durante la sua partecipazione
– Quando ha prestato fideiussioni o garanzie personali per finanziamenti, leasing, contratti di fornitura o investimenti dell’azienda
– Quando il recesso o la cessione delle quote non è stato formalizzato correttamente
– Quando restano in sospeso debiti fiscali o contributivi maturati prima dell’uscita
– Quando contenziosi o cause avviate durante la gestione si concludono con condanne al pagamento
Cosa può accadere a un ex socio con debiti dell’impresa
– Pignoramento di conti correnti, stipendio o pensione
– Iscrizione di ipoteche su immobili di proprietà
– Segnalazione come cattivo pagatore nelle banche dati creditizie
– Incremento del debito per interessi, sanzioni e spese legali
– Azioni esecutive anche a distanza di anni dall’uscita, se relative a obbligazioni pregresse
Come difendersi legalmente
– Far verificare da un avvocato la legittimità delle richieste e la propria effettiva responsabilità
– Dimostrare, con documenti societari e contabili, la data di uscita e l’estraneità a debiti successivi
– Contestare fideiussioni o garanzie se nulle, prescritte o decadute
– Eccepire prescrizione o decadenza nei casi previsti dalla legge
– Negoziare con i creditori piani di rientro o accordi transattivi per ridurre l’importo dovuto
– In caso di indebitamento grave, valutare la procedura di sovraindebitamento per liberarsi legalmente dai debiti
Cosa si può ottenere con la giusta assistenza legale
– L’esclusione dalla responsabilità per debiti non imputabili
– La riduzione consistente dell’importo complessivo
– La sospensione di pignoramenti e altre azioni esecutive
– La salvaguardia del patrimonio personale e familiare
– La chiusura definitiva delle posizioni debitorie
Attenzione: l’uscita da una società non sempre comporta l’automatica liberazione da tutti i debiti. È fondamentale agire rapidamente per verificare la propria posizione e contestare richieste indebite, evitando così conseguenze economiche pesanti.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in debiti societari, tutela degli ex soci e difesa del patrimonio – ti spiega cosa fare se sei un ex socio di un’impresa di produzione di materie plastiche con debiti e come proteggerti legalmente.
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Introduzione
Essere ex soci di un’impresa (ad esempio una società operante nella produzione di materie plastiche) che ha accumulato debiti può comportare serie preoccupazioni. Ci si chiede spesso se, e in che misura, i soci usciti dalla compagine sociale possano essere chiamati a rispondere dei debiti contratti dalla società verso fornitori, banche, Fisco o altri creditori. In questa guida affronteremo in modo dettagliato e aggiornato (luglio 2025) come difendersi dalle pretese creditorie dal punto di vista dell’ex socio debitore, fornendo riferimenti normativi italiani, pronunce giurisprudenziali recenti e strumenti pratici di tutela.
Esamineremo innanzitutto le regole generali sulla responsabilità dei soci nelle diverse forme societarie (S.n.c., S.a.s., S.r.l., S.p.A., ecc.), distinguendo tra soci di società di persone (che hanno responsabilità illimitata) e soci di società di capitali (che godono della responsabilità limitata). Affronteremo poi cosa accade quando un socio esce dalla società o quando la società viene sciolta e cancellata, analizzando la responsabilità dei soci uscenti per i debiti sociali pregressi e le condizioni per essere liberati da tali obbligazioni. Particolare attenzione verrà dedicata ai debiti verso il Fisco e gli enti previdenziali, dove intervengono norme specifiche (come l’art. 36 del D.P.R. 602/1973) e dove la recente Cassazione a Sezioni Unite n. 3625/2025 ha fatto chiarezza sui criteri di responsabilità degli ex soci per i debiti tributari delle società estinte.
La guida fornirà inoltre suggerimenti su come difendersi in concreto: quali eccezioni sollevare se un ex socio viene citato in giudizio o raggiunto da una cartella esattoriale per debiti della ex società, quali prove sono rilevanti (ad esempio l’avvenuta uscita dal Registro delle Imprese, la mancata percezione di somme in sede di liquidazione, ecc.), e quali strategie adottare (dalla richiesta del beneficio di escussione alla contestazione dell’assenza di responsabilità personale, fino a eventuali strumenti di composizione del debito o di esdebitazione).
Data la complessità della materia, la trattazione avrà un taglio approfondito, con linguaggio giuridico ma dal taglio divulgativo, utile sia a professionisti (avvocati, consulenti) sia a privati e imprenditori che vogliano comprendere i propri diritti e doveri. Troverete tabelle riepilogative che confrontano le varie forme societarie e le responsabilità dei soci, esempi pratici e una sezione di domande e risposte (FAQ) per chiarire i dubbi più comuni. Tutte le fonti normative e giurisprudenziali utilizzate sono citate nel testo e raccolte in fondo alla guida nella sezione Fonti.
Nota: Questa guida considera esclusivamente la normativa italiana e le società costituite in Italia, ponendosi nell’ottica del debitore ex socio che voglia difendersi da richieste di pagamento. Vedremo dunque come far valere le limitazioni di responsabilità previste dalla legge, come opporsi a richieste illegittime o eccedenti i limiti, e quali rimedi sono disponibili per proteggere il patrimonio personale dell’ex socio. Procederemo iniziando dalle nozioni base sulle varie tipologie societarie e la posizione giuridica dei soci, per poi addentrarci nei casi specifici e nelle strategie difensive.
1. Tipologie societarie e responsabilità dei soci: nozioni generali
La responsabilità dei soci nei confronti dei debiti della società dipende in modo cruciale dal tipo di società. Il diritto societario italiano infatti distingue tra società di persone (come S.n.c. e S.a.s., talora società semplice) e società di capitali (come S.r.l. e S.p.A.), attribuendo regimi di responsabilità molto diversi. Vediamo le differenze principali.
1.1 Società di persone (S.n.c., S.a.s. e simili)
Nelle società di persone i soci assumono per legge una responsabilità illimitata e solidale per le obbligazioni sociali. In particolare, nella società in nome collettivo (S.n.c.) tutti i soci rispondono solidalmente e illimitatamente dei debiti sociali, e qualsiasi patto interno contrario è inefficace verso i terzi (art. 2291 c.c.). Ciò significa che un creditore della società può rivolgersi all’intero patrimonio personale di ciascun socio per ottenere il pagamento di un debito della società, senza essere vincolato dalle quote di partecipazione. La responsabilità solidale implica infatti che il creditore, a sua scelta, può chiedere l’intero importo dovuto a uno solo dei soci, oppure a tutti congiuntamente, finché il debito non sia integralmente soddisfatto. Il socio che paga più del proprio “perticato” ha poi solo un diritto di regresso interno verso gli altri soci per recuperare le rispettive quote di debito, ma questo non limita il diritto del creditore di agire verso qualunque socio ritenuto solvibile.
Il carattere illimitato della responsabilità significa che i soci di S.n.c. rispondono con tutti i propri beni presenti e futuri (art. 2740 c.c.) delle obbligazioni sociali: non c’è separazione patrimoniale piena tra società e persone dei soci, salvo la preventiva escussione del patrimonio sociale (come vedremo a breve). Lo stesso principio vale per i soci accomandatari di una società in accomandita semplice (S.a.s.) o in accomandita per azioni (S.a.p.a.): gli accomandatari sono equiparati ai soci di S.n.c. e quindi hanno responsabilità personale illimitata e solidale per i debiti sociali (art. 2313 c.c. per la S.a.s.). I soci accomandanti, invece, sono particolari: essi godono di responsabilità limitata alla quota conferita (simile ai soci di capitali) purché non ingeriscano nell’amministrazione. In altre parole, il socio accomandante che si attiene al suo ruolo di investitore non può essere chiamato a rispondere con il proprio patrimonio dei debiti sociali oltre il capitale conferito; tuttavia, se viola il divieto di compiere atti di gestione o di rappresentanza, può perdere questa limitazione assumendo responsabilità illimitata verso i terzi (art. 2320 c.c.). Questo è un caso tipico in cui un socio formalmente “limitato” può vedere estesa la propria responsabilità per un comportamento non consentito.
Beneficio di escussione – Nelle società di persone, sebbene la responsabilità sia illimitata, vige generalmente un beneficio di preventiva escussione del patrimonio sociale (espressamente previsto per la S.n.c. dall’art. 2304 c.c.). Ciò comporta che i creditori sociali non possono chiedere il pagamento ai singoli soci se non dopo aver escusso il patrimonio della società. In pratica, il creditore deve prima tentare di soddisfarsi sui beni della società (ad esempio aggredendo i conti sociali, i macchinari, i crediti della società, ecc.); solo se questi beni risultano insufficienti per saldare il debito, allora il creditore potrà rivalersi sui beni personali dei soci. Questo beneficio tutela i soci da un’aggressione diretta e immediata, garantendo un ordine di escussione. Va precisato però che il beneficio di escussione attiene principalmente alla fase esecutiva: nulla vieta al creditore di agire in giudizio direttamente anche contro i soci per ottenere un titolo esecutivo (es. decreto ingiuntivo o sentenza), purché l’esecuzione forzata sui loro beni avvenga dopo aver tentato sulla società. In alcuni casi particolari (ad esempio crediti erariali o contributivi), la prassi vede l’agente della riscossione agire quasi contestualmente sia sul patrimonio sociale sia su quello dei soci illimitati, confidando nell’obbligazione solidale; tuttavia il socio escusso potrebbe opporre in giudizio l’eventuale violazione del beneficio di preventiva escussione, se dimostra che il patrimonio sociale non è stato nemmeno aggredito pur essendo capiente. Nella realtà di un’impresa di persone insolvente, comunque, spesso il patrimonio sociale è incapiente, il che spalanca comunque le porte all’escussione personale dei soci.
Di regola, dunque, chi entra come socio in una S.n.c. (o come accomandatario in S.a.s.) mette a rischio tutto il proprio patrimonio personale per i debiti contratti dalla società durante la partecipazione sociale. Questo scenario è particolarmente rischioso se uno dei soci è poco solvente: i creditori potrebbero concentrare le azioni esecutive sugli altri soci con maggiore capacità patrimoniale, lasciando poi a questi ultimi di rivalersi eventualmente sul socio insolvente. È bene sottolineare che gli accordi interni tra soci (ad es. patto che un socio sopporti solo una certa quota di debiti, o che in caso di insolvenza personale di uno gli altri non verranno escussi oltre la loro parte) non vincolano i creditori: essi hanno efficacia solo tra i soci stessi. Pertanto, dal punto di vista dei terzi creditori, la responsabilità rimane integrale su ciascun socio.
Società semplice (S.s.) – Un cenno va fatto alla società semplice, forma societaria non commerciale. Anche nella S.s. i soci rispondono illimitatamente e solidalmente per i debiti sociali, sebbene con alcune particolarità procedurali; data la rarità con cui una società semplice viene usata per un’impresa produttiva (che per definizione svolge attività commerciale, incompatibile con la S.s.), non ci soffermeremo oltre su questa figura.
Sintesi: nelle società di persone e per i soci accomandatari, vige il regime della responsabilità personale e solidale per i debiti sociali, mitigato solo dal vincolo di preventiva escussione del patrimonio sociale. Dunque, i creditori (fornitori, banche, Fisco, dipendenti, ecc.) possono in ultima analisi aggredire i beni personali dei soci per soddisfarsi di qualsiasi debito della società. È fondamentale tenerlo a mente, perché la posizione degli ex soci (che analizzeremo in seguito) parte proprio da questo presupposto: se durante la partecipazione il socio era illimitatamente responsabile, egli potrebbe rimanere esposto anche dopo la sua uscita per i debiti sorti in quel periodo.
1.2 Società di capitali (S.r.l., S.p.A. e affini)
Discorso opposto, almeno in linea generale, vale per le società di capitali. In società come la società a responsabilità limitata (S.r.l.) e la società per azioni (S.p.A.), vige il principio cardine che dei debiti sociali risponde solo la società con il suo patrimonio, mentre i soci non sono personalmente responsabili (art. 2325 c.c. per la S.p.A., applicabile anche alle S.r.l.). I soci di S.r.l. o S.p.A., salvo eccezioni, rischiano unicamente il capitale che hanno investito (ossia i conferimenti eseguiti per la sottoscrizione delle quote o azioni). Pertanto, un creditore della società di capitali non può pretendere il pagamento dai singoli soci: questi ultimi godono della cosiddetta responsabilità limitata.
La logica economica è che la società di capitali ha una propria autonomia patrimoniale perfetta: è un soggetto giuridico distinto dai soci, con un suo patrimonio separato. I soci non rispondono con i propri beni personali delle obbligazioni contratte dalla società. Questo principio rende le società di capitali forme ideali per chi vuole intraprendere attività economiche riducendo il rischio personale.
Tuttavia, attenzione: la responsabilità limitata non è assoluta in ogni circostanza. Esistono ipotesi particolari, previste dalla legge o sviluppate dalla giurisprudenza, in cui i soci possono trovarsi a dover rispondere in qualche misura dei debiti sociali. Elenchiamo le principali eccezioni e situazioni da tenere presenti, che poi approfondiremo:
- Conferimenti non versati: se un socio non ha integralmente versato il capitale sottoscritto (ad es. ha versato solo parte dei conferimenti dovuti), la società e i creditori sociali possono chiedergli di versare il restante. In caso di insolvenza della società, il tribunale (giudice delegato) può ingiungere ai soci, anche ai precedenti titolari delle partecipazioni, di eseguire i versamenti ancora dovuti sui conferimenti, anche anticipando eventuali termini non scaduti. Ciò significa che un ex socio di S.r.l. o S.p.A. che non aveva liberato interamente la propria quota potrebbe essere chiamato a versare il residuo, anche se nel frattempo ha ceduto la partecipazione (la legge prevede responsabilità solidale tra cedente e cessionario per i versamenti dovuti). Questo non è propriamente una “responsabilità per i debiti sociali”, ma un obbligo di capitale: è un aspetto importante, perché spesso i creditori (soprattutto il curatore fallimentare, se la società fallisce) cercano di recuperare almeno i conferimenti non versati per soddisfare parzialmente i debiti.
- Socio unico e omessa pubblicità o conferimenti: se una S.r.l. (o S.p.A.) diventa unipersonale (un solo socio) e non vengono rispettati gli obblighi di pubblicità della situazione di socio unico e di integrale versamento del capitale, scatta una grave sanzione: il socio unico assume responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali contratte nel periodo di unicità non pubblicizzata (art. 2462 c.c. per S.r.l.). In sostanza, la legge vuole evitare che dietro lo schermo di capitale ridotto ad un solo soggetto si celino rischi occulti per i creditori; quindi impone che chiunque possa sapere dal Registro delle Imprese che esiste un socio unico e che il suo capitale è stato versato interamente. Se queste forme non sono rispettate, il socio unico risponde illimitatamente dei debiti della società sorti in quel periodo. Esempio: Tizio diventa unico socio di Alfa S.r.l. ma non deposita al Registro Imprese la dichiarazione di socio unico e non versa il 25% di capitale residuo; se Alfa S.r.l. contrae debiti in quel frangente e poi non paga, Tizio ne risponde con tutto il suo patrimonio. La responsabilità illimitata del socio unico opera come sanzione per la violazione di regole a tutela dei terzi, cessando una volta regolarizzata la pubblicità o ricostituita la pluralità dei soci. Questa è un’eccezione notevole al principio della responsabilità limitata, da ricordare per chi fosse stato socio unico di una società poi indebitatasi. (Per completezza: per le S.p.A. vige una regola simile all’art. 2362 c.c.).
- Atti illeciti del socio o abuso della personalità giuridica: in situazioni estreme, la giurisprudenza può “guardare oltre” la forma societaria e ritenere i soci illimitatamente responsabili se essi hanno usato la società come schermo fittizio per compiere frodi o violazioni di legge. È il concetto di “abuso della personalità giuridica” o “piercing the corporate veil”. In Italia non esiste una normativa generale sul punto, ma è stata riconosciuta responsabilità dei soci (tipicamente di controllo) quando essi, ad esempio, svuotino scientemente la società dei beni a danno dei creditori, o costituiscano società sottocapitalizzate in modo doloso al solo fine di non pagare i debiti. Comunque, la norma generale rimane che la insufficienza del patrimonio sociale, di per sé, non fa sorgere alcuna responsabilità risarcitoria dei soci verso i creditori. Ad esempio, è stato escluso che i soci di una S.r.l. semplificata potessero essere chiamati a rispondere ex art. 2043 c.c. per danni ai terzi derivati dalla “manifesta sottocapitalizzazione” iniziale della società. In tale caso, il Tribunale ha giustamente rilevato che altrimenti si negherebbe proprio il beneficio della responsabilità limitata accordato dalla legge alle S.r.l.s., costringendo i soci a rispondere dei debiti finché la società non accumuli un capitale minimo di 10.000 €. Questo per dire che la semplice esiguità del capitale sociale o la difficoltà finanziaria della società non bastano a far cadere il “muro” della responsabilità limitata dei soci. Diverso sarebbe il caso di condotte fraudolente: ad esempio, se i soci prelevano beni dalla società lasciando i creditori insoddisfatti, questi ultimi potrebbero agire contro i soci per fatti di distrazione patrimoniale (in sede di fallimento, tramite azioni di responsabilità o revocatorie, in sede civile come atti di frode ai creditori ex art. 2043 e 2740 c.c.). In questa guida tratteremo principalmente delle responsabilità ex lege dei soci (quelle “tipiche”), tenendo presente che casi di abuso o frode fanno storia a sé e richiedono valutazioni specifiche.
- Garanzie personali prestate dal socio: non è un’eccezione legale, ma va ricordato come scenario pratico. Spesso, per ottenere finanziamenti o forniture, i soci (specie se di società neo-costituite o piccole) sottoscrivono fideiussioni personali o garanzie a favore dei creditori sociali (banche in primis). In tal caso, anche se la forma societaria è di capitali, il socio si obbliga personalmente per quei debiti in virtù del contratto di garanzia. È ovvio che, se tale garanzia non viene poi revocata al momento dell’uscita dalla società o della cessione della quota, il socio (ormai ex) potrà comunque essere escusso dal creditore in base alla fideiussione. Si tratta però di responsabilità contrattuale personale del socio-guarante, distinta dallo status di socio. Un ex socio che abbia firmato garanzie personali per debiti sociali deve difendersi su un piano diverso (verificando ad esempio se la fideiussione è valida, se è escussa in modo legittimo, o se sussistono cause di estinzione della garanzia). In questa sede, comunque, evidenziamo che la responsabilità limitata non protegge il socio da obblighi che egli stesso ha volontariamente assunto come garante.
- Responsabilità verso la società o i creditori sociali per condotte gestorie (soci–amministratori): se un socio di S.r.l. è anche amministratore (o comunque ha di fatto diretto la società), potrebbe incorrere in responsabilità per mala gestio. Ad esempio, l’art. 2476 c.c. prevede l’azione di responsabilità contro gli amministratori di S.r.l., che può essere esercitata anche direttamente dai singoli soci o dai creditori sociali in caso di inerzia della società. Inoltre, con la riforma del Codice della crisi d’impresa (D.lgs. 14/2019) si è chiarito che l’azione dei creditori sociali verso gli amministratori per violazione degli obblighi di conservazione del patrimonio sociale (ex art. 2394 c.c. esteso alle S.r.l.) è ammissibile. Questo significa che se la società diventa insolvente a causa di gravi inadempienze degli amministratori (ad esempio non aver convocato i soci per perdite, aver aggravato il dissesto continuando l’attività in perdita, evasione di imposte poi sanzionate, ecc.), i creditori possono chiedere il risarcimento dei danni direttamente agli amministratori. Tuttavia, questo tipo di azione riguarda la responsabilità degli amministratori, non dei soci in quanto tali. Un socio non amministratore di regola non è toccato; se invece il socio coincide con l’amministratore (come spesso accade nelle S.r.l. piccole, in cui il socio di maggioranza è anche amministratore unico), egli risponderà come amministratore per quelle violazioni, ma ciò esula dal suo ruolo di socio. In sintesi: l’essere stato socio amministratore può esporre a responsabilità risarcitorie specifiche verso società o creditori, ma non confondiamo questo con la responsabilità per i debiti sociali in sé, che resta esclusa per i soci di capitali in quanto tali.
Tabella riepilogativa – Tipi di società e responsabilità dei soci
Forma societaria | Responsabilità dei soci per i debiti sociali | Note ed eccezioni |
---|---|---|
Società in nome collettivo (S.n.c.) | Illimitata e solidale. Ogni socio risponde con tutti i propri beni di tutti i debiti della società. | Beneficio di escussione sul patrimonio sociale (art. 2304 c.c.). I soci restano responsabili anche dopo l’uscita per i debiti sorti fino a quel momento (vedi §2). |
Società in accomandita semplice (S.a.s.) – Soci accomandatari | Illimitata e solidale (come S.n.c.). | Beneficio di escussione sul patrimonio sociale. Stessa disciplina dei soci S.n.c. (artt. 2313, 2318 c.c.). |
Società in accomandita semplice (S.a.s.) – Soci accomandanti | Limitata al capitale conferito. Non rispondono oltre la quota. | Perdono la limitazione se ingeriscono nell’amministrazione (art. 2320 c.c.), divenendo illimitatamente responsabili per le obbligazioni conseguenti agli atti compiuti. |
Società a responsabilità limitata (S.r.l.) | Limitata al conferimento sottoscritto. I soci non rispondono con patrimonio personale dei debiti sociali. | Eccezioni: obbligo di versare conferimenti non ancora liberati (anche ex soci); socio unico senza pubblicità o capitale versato → responsabilità illimitata per debiti contratti in quel periodo; eventuali garanzie personali prestate; azioni di responsabilità se socio = amministratore (mala gestio). Dopo cancellazione società: soci responsabili verso creditori nei limiti delle somme riscosse in liquidazione (art. 2495 c.c.). |
Società per azioni (S.p.A.) | Limitata al conferimento sottoscritto (come S.r.l.). Nessuna responsabilità personale oltre il capitale. | Eccezioni analoghe alla S.r.l.: socio unico (art. 2362 c.c.); conferimenti non liberati (art. 2344 c.c. e art. 260 CCII in fallimento); garanzie personali. Post-cancellazione: stessi limiti art. 2495 c.c. per azionisti. Soci accomandatari di S.a.p.a. invece illimitatamente responsabili (come S.a.s.). |
(Legenda: CCII = Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, D.lgs. 14/2019; “post-cancellazione” = dopo lo scioglimento e cancellazione della società; garanzie personali = fideiussioni, ecc.)
Da questa panoramica emerge che i soci di società di persone hanno per legge una posizione molto più esposta rispetto ai soci di società di capitali. Di conseguenza, quando parliamo di ex soci con debiti, occorre distinguere nettamente se si trattava di una S.n.c./S.a.s. (dove l’ex socio era personalmente obbligato per i debiti sociali durante la sua permanenza) oppure di una S.r.l./S.p.A. (dove l’ex socio in linea di principio non era obbligato, salvo eccezioni puntuali). Nel prossimo capitolo analizzeremo proprio la posizione degli ex soci, ossia di coloro che hanno cessato di far parte della società, e come varia la loro responsabilità in base al tipo societario e al momento in cui il debito è sorto.
2. Responsabilità dei soci dopo l’uscita dalla società
Diventare ex socio avviene tipicamente in due modi: o tramite l’uscita individuale dalla compagine sociale (per recesso, cessione della quota, esclusione, morte del socio, ecc.) mentre la società continua con altri soci, oppure tramite lo scioglimento e la cessazione della società stessa (liquidazione o fallimento) che rende “ex soci” tutti i partecipanti. In entrambi i casi, si pone il problema di quali debiti sociali possano ancora essere fatti valere nei confronti degli ex soci e in che limiti. Le regole sono differenti per società di persone e di capitali.
2.1 Ex socio di società di persone: debiti pregressi e successivi
Nelle società di persone, l’uscita di un socio (che sia per recesso volontario, cessione della quota a un terzo, esclusione o decesso con liquidazione della quota agli eredi) comporta lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente a quel socio, mentre la società può proseguire con gli altri (salvo diverse previsioni). Il Codice Civile disciplina espressamente la responsabilità del socio uscente all’art. 2290 c.c., il cui contenuto è fondamentale da comprendere. Tale norma stabilisce che “Nei casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente a un socio, questi o i suoi eredi sono responsabili verso i terzi per le obbligazioni sociali fino al giorno in cui si verifica lo scioglimento. Lo scioglimento deve essere portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei; in mancanza non è opponibile ai terzi che lo hanno senza colpa ignorato.”.
Questa disposizione, applicabile alla S.n.c. e in generale alle società di persone (grazie al richiamo dell’art. 2315 c.c. per le S.a.s.), contiene due principi chiave:
- L’ex socio resta responsabile verso i terzi dei debiti sociali sorti fino al giorno in cui egli fa parte della società. In altre parole, tutte le obbligazioni contratte dalla società fino alla data di efficacia dello scioglimento del rapporto sociale limitatamente a lui continuano a vederlo obbligato in solido con gli altri soci. Ciò è logico: avendo quelle obbligazioni origine in un periodo in cui il creditore faceva affidamento sulla compagine sociale includente quel socio (magari conoscendone il patrimonio), il socio non può liberarsi retroattivamente da tali impegni uscendo dalla società. Ad esempio, se Tizio esce dalla Alfa SNC il 31 marzo 2025, egli risponderà ancora dei debiti contratti dalla società fino a quella data (forniture ricevute, mutui stipulati, cartelle fiscali per tributi relativi ad anni fino al 2024, ecc.), anche se le richieste di pagamento di quei debiti dovessero emergere dopo.
- L’ex socio non risponde dei debiti sociali sorti successivamente alla sua uscita, purché la sua cessazione dalla compagine sia portata a conoscenza dei terzi con mezzi idonei. Il mezzo tipico e fondamentale è l’iscrizione dell’atto di cessione quota o recesso al Registro delle Imprese. Infatti, la norma dice che se lo scioglimento del rapporto sociale non è reso noto ai terzi e questi contraggono con la società ignorando senza colpa l’uscita del socio, lo scioglimento (cioè la sua uscita) non è loro opponibile. Vuol dire che, dal punto di vista di quei terzi, il socio viene considerato ancora “dentro” e dunque responsabile. Al contrario, se l’uscita è stata resa pubblica in modo adeguato (tipicamente con l’iscrizione nel Registro Imprese, che ha efficacia di pubblicità legale), i nuovi creditori dopo l’uscita non potranno più pretendere nulla dall’ex socio, poiché la conoscibilità legale della sua cessazione li priva della buona fede necessaria a invocare la sua responsabilità. Ad esempio, se Caio lascia la Beta SNC e l’atto di recesso è iscritto il 1° febbraio 2025, un fornitore che stipula un contratto con Beta SNC a marzo 2025 non potrà legittimamente chiamare Caio a pagare: la sua uscita era conoscibile pubblicamente, dunque il fornitore ha contratto rischio sapendo (o dovendo sapere) che Caio non ne faceva più parte. Viceversa, se per negligenza l’atto non fosse stato iscritto, il fornitore di marzo 2025 potrebbe sostenere di aver confidato sulla compagine risultante da visure (magari aggiornate male) e, se prova di averlo ignorato in buona fede, potrebbe tenere Caio come co-obbligato.
In pratica: per un ex socio di società di persone, la linea di confine della responsabilità è la data di efficacia della sua uscita, purché i terzi ne siano informati. I debiti “pregressi” lo riguardano ancora; i debiti “successivi” no, a meno che il creditore non possa invocare di aver ignorato senza colpa l’uscita (circostanza evitabile curando le pubblicità legali).
Da sottolineare che la responsabilità dell’ex socio ex art. 2290 c.c. è oggettivamente correlata al momento in cui l’obbligazione sociale è sorta. La Cassazione ha chiarito che per “obbligazioni sociali fino al giorno dello scioglimento del rapporto” si intendono quelle il cui fatto generatore (non necessariamente l’esigibilità) si colloca entro la data di uscita. Ad esempio, se un contratto è stato concluso quando il socio faceva parte, la sua obbligazione sorge allora, anche se il pagamento viene richiesto dopo. Invece un debito contrattato dopo (es. un nuovo ordine, un finanziamento stipulato dai soci rimasti) non può essere imputato all’ex socio. Nel caso di debiti tributari, conta il periodo d’imposta a cui si riferisce l’obbligazione: e.g., se un ex socio esce nel 2025, egli risponderà delle imposte dovute per gli anni in cui era socio (2024 e precedenti) ma non di quelle sorte per periodi successivi.
Un aspetto importante è che se l’accordo tra i soci o con il nuovo acquirente di quota prevedesse che quest’ultimo si accolla i debiti pregressi liberando il socio uscente, ciò non ha effetto verso i creditori a meno che essi vi acconsentano espressamente. La liberazione dell’obbligato solidale richiede, infatti, il consenso del creditore (art. 1273 c.c. in caso di accollo esterno). Quindi, un socio di S.n.c. che cede la quota farà bene a pattuire un indennizzo o garanzie dal cessionario per eventuali debiti antecedenti, ma sappia che il creditore potrà comunque bussare a lui se il debitore principale (società e nuovi soci) non paga, salvo che il creditore stesso abbia formalmente dichiarato di liberarlo. Questo scenario è raro (di solito i creditori preferiscono mantenere tutte le garanzie possibili), ma merita menzione.
Difendersi come ex socio di società di persone: se un ex socio di Snc/Sas viene coinvolto in richieste di pagamento, la prima linea difensiva consiste nel verificare quando è sorto il debito e quando è avvenuta l’uscita dal società, nonché se quest’ultima era pubblica. Ad esempio, se un creditore chiede a un ex socio il saldo di una fattura per merce consegnata dopo la data in cui il socio uscì (e pubblicò la notizia), l’ex socio potrà opporre in giudizio che egli non era più socio all’epoca del contratto, e produrre un certificato camerale attestante la cessazione con data anteriore al contratto. La Cassazione ha confermato che, provando la tempestiva iscrizione dell’uscita al Registro Imprese, il socio uscente non risponde di obbligazioni sorte successivamente: in un caso, ha dato ragione a un’ex socia che aveva documentato la cessione quota anteriore all’insorgenza del debito fiscale contestato, cassando la pretesa dell’Agenzia delle Entrate. Dunque, la prova documentale dell’uscita (e della sua pubblicità) è essenziale per liberarsi dei debiti non propri. È opportuno conservare l’atto di cessione o recesso e la visura camerale storica che attesta la data di iscrizione.
Cosa accade se l’ex socio non aveva reso pubblica l’uscita e un terzo contragga credito dopo? Purtroppo, in tal caso l’ex socio potrebbe risultare ancora responsabile verso quel terzo “incolpevole”. La difesa possibile consisterebbe nel dimostrare che il terzo in realtà era informato dell’uscita per altre vie (es. perché comunicata direttamente, o perché pubblicizzata su stampa, ecc.) oppure contestare la buona fede del creditore. Ma è una posizione debole: meglio evitare di trovarcisi, adempiendo agli obblighi di registrazione, anche perché la pubblicità nel Registro Imprese è considerata requisito essenziale per opporre ai terzi gli eventi societari.
Responsabilità per debiti già noti vs debiti occulti: se un socio esce, pagando magari la sua parte di debiti noti al momento, potrebbe poi emergere un debito “nascosto” (es. una causa pendente, un debito fiscale oggetto di accertamento successivo). In tal caso, quell’obbligazione, se riferita a fatti anteriori, ricade comunque sotto la responsabilità del socio uscente. Non c’è un limite temporale definito dalla legge oltre il quale l’ex socio di Snc si “affranca”: la prescrizione dei singoli crediti sarà l’unico vero limite. Quindi, un ex socio di Snc potrebbe essere chiamato dopo molti anni per debiti insorti durante la sua militanza se, ad esempio, la prescrizione è lunga e il creditore è rimasto insoddisfatto.
Cancellazione della società e soci di persone: se una società di persone viene sciolta e cancellata dal Registro Imprese, i creditori non soddisfatti conservano il diritto di agire verso i soci illimitatamente responsabili (in realtà anche dopo la cancellazione, contrariamente a quanto avviene per soci di capitali dove c’è un limite). La norma dell’art. 2495 c.c. – che vedremo a breve – limita la responsabilità post-cancellazione dei soci ai soli importi riscossi col bilancio finale solo per i soci di capitali; i soci di Snc invece rimangono illimitatamente responsabili dei debiti non soddisfatti, e la cancellazione non li esonera affatto. In altre parole, chi era socio illimitatamente responsabile non può “nascondersi” dietro la cessazione della società: quel che non è stato pagato dalla liquidazione, dovrà (in linea di principio) pagarlo lui coi propri beni, in qualsiasi momento il creditore si faccia avanti (salva prescrizione del singolo credito). D’altronde, spesso le Snc che chiudono vengono dichiarate fallite se insolventi, il che conduce al fallimento personale dei soci, come vedremo in §5.1. Ma anche senza fallimento, un creditore titolato può agire contro i soci.
Riassumendo per l’ex socio di Snc/Sas:
- Debiti contratti fino alla data di uscita: ne resta responsabile; per difendersi può al più chiedere che prima sia escusso il patrimonio sociale (se la società esiste ancora o ha attivo residuo), oppure far valere eventuali liberatorie accordate dal creditore. Ma l’obbligazione di regola persiste.
- Debiti contratti dopo la data di uscita: non ne è responsabile, a condizione che la sua uscita fosse opponibile ai creditori (cioè adeguatamente pubblicizzata). La difesa sarà quindi evidenziare la data di uscita e l’inopponibilità al terzo dell’obbligazione sorta dopo.
- Importante: l’ex socio non risponde delle nuove obbligazioni, ma potrebbe dover rispondere delle conseguenze di obbligazioni antecedenti che si materializzano dopo. Esempio: una sanzione per un illecito tributario compiuto quando era socio, notificata a società dopo che egli è uscito – quella sanzione (che è debito della società) riguarda un fatto del periodo in cui lui c’era, quindi rientra tra i suoi rischi (sulle sanzioni tributarie c’è però una peculiarità: sono personali alla società e non “trasmissibili” ai soci; se la società non esiste più, la sanzione non può essere riscossa dai soci perché ha natura afflittiva personale, vedi infra §4.1).
2.2 Ex socio di società di capitali: distribuzioni finali e altre ipotesi
Per i soci di società di capitali (S.r.l., S.p.A.), in linea generale l’uscita dalla società (vendita della propria quota/azione, recesso, ecc.) li libera da qualsiasi obbligazione sociale futura o pregressa, salvo quelle situazioni particolari di responsabilità di cui abbiamo detto (conferimenti non versati, socio unico irregolare, garanzie personali, ecc.). Questo perché – ribadiamo – il socio di Srl/SpA non era mai responsabile di suo dei debiti sociali durante la partecipazione, quindi cessare di essere socio non lo rende debitore di qualcosa che prima non lo vedeva obbligato.
Tuttavia, va considerato il caso in cui la società stessa venga dissolta e cancellata dal Registro delle Imprese, facendo cessare la sua esistenza giuridica: in tal caso i soci superstiti (o ex soci, una volta avvenuta la cancellazione) possono ricevere pretese dai creditori insoddisfatti. La situazione tipica è questa: Tizio e Caio sono soci di Alfa Srl; Alfa Srl viene liquidata e cancellata nel 2025, ripartendo ai soci un certo attivo residuo in base al bilancio finale di liquidazione; successivamente un creditore di Alfa Srl (mettiamo, un fornitore o il Fisco) rimasto impagato scopre di non aver ottenuto soddisfazione e cerca di recuperare dal patrimonio personale di Tizio e Caio. È possibile questo? In che limiti?
La risposta è data dall’art. 2495, comma 2, c.c., norma cruciale sulle società estinte: “Dopo la cancellazione, i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi.”. Dunque, i soci di una società di capitali estinta diventano soggetti su cui i creditori possono rivalersi, ma solo entro un limite ben preciso: ciascun socio risponde nei limiti di quanto ha ricevuto in sede di liquidazione. In pratica, la legge assicura ai creditori che le somme distribuite agli ex soci (che idealmente avrebbero dovuto prima soddisfare i creditori) possano essere aggredite da chi è rimasto insoddisfatto. Ma i soci non dovranno sborsare di tasca propria oltre ciò che avevano incassato come riparto finale.
Esempio: Gamma Srl si scioglie, paga alcuni debiti, e il liquidatore distribuisce ai soci un attivo residuo complessivo di €50.000 (supponiamo €30.000 al socio A e €20.000 al socio B, secondo le loro quote). Se poi spunta un creditore non pagato con credito di €100.000, costui potrà chiedere al socio A al massimo €30.000 e al socio B al massimo €20.000, ovvero potrà “recuperare” quelle somme distribuite. Oltre non potrebbe andare, salvo provare responsabilità ulteriori (ad es. che i soci hanno ricevuto altri beni occultamente, o che hanno agito come liquidatori in modo colposo – vedi sotto). In questo modo, per il socio di Srl/SpA si realizza una responsabilità di tipo parziale e postuma, che non è una vera “garanzia personale illimitata” ma piuttosto un meccanismo di tutela dei creditori contro distribuzioni ai soci: in dottrina si parla infatti di “responsabilità per obbligazioni sociali nei limiti di quanto riscosso” o addirittura di “successione dei soci nei debiti sociali entro il limite dell’attivo distribuito”.
Un elemento importante è che l’art. 2495 c.c. chiama in causa anche i liquidatori per l’ipotesi in cui il mancato pagamento dei creditori sia dovuto a colpa loro. Ciò introduce un possibile ulteriore percorso di difesa per i soci: se un creditore reclama somme eccedenti quanto hanno ricevuto, gli ex soci possono eccepire che oltre quel limite l’eventuale responsabilità è del liquidatore (ad esempio, il liquidatore ha pagato alcuni creditori postergando altri senza motivo, oppure ha chiuso la liquidazione distribuendo attivo ai soci pur sapendo di debiti non pagati – il che configurerebbe colpa). In pratica, il socio non rischia più del “suo” attivo ritirato, e se c’è più danno per i creditori, se la vedranno col liquidatore negligente.
Tempistiche e procedura: i creditori insoddisfatti di una società di capitali cancellata devono agire contro gli ex soci con una causa ordinaria (o un decreto ingiuntivo) entro i normali termini di prescrizione del credito. Non c’è un termine speciale brevissimo per far causa ai soci, contrariamente a quanto alcuni credono. Da segnalare però che, secondo l’elaborazione giurisprudenziale, la cancellazione dal Registro Imprese determina l’estinzione della società (Cass. SS.UU. 6070/2013). Pertanto, dopo la cancellazione la società non può più stare in giudizio né subirne di nuovi; i creditori devono indirizzare le pretese direttamente ai soci (o ai liquidatori) se la società è estinta. Per di più, alcune pronunce del passato argomentavano che l’azione contro i soci ex art. 2495 c.c. fosse una sorta di successio in universum ius (successione a titolo universale atipica): i soci diventerebbero successori della società estinta. Su questo si sono avuti orientamenti oscillanti, specie in ambito fiscale, come vedremo fra poco.
La svolta della Cassazione Sezioni Unite 2025 (debiti fiscali): un problema annoso era come applicare la regola di cui sopra ai debiti tributari di società cancellate. L’Agenzia delle Entrate spesso tendeva a notificare avvisi di accertamento o cartelle direttamente ai soci, quasi automaticamente, una volta che la società risultava estinta, sostenendo che i soci succedevano nei debiti, anche oltre le somme ricevute, salvo prova contraria a carico loro. Gli orientamenti in Cassazione oscillavano: alcuni rigidi nel richiedere prova del beneficio ricevuto (orientamento “restrittivo”), altri estensivi nel presumere la responsabilità dei soci per il solo fatto della cancellazione (orientamento “estensivo”), altri ancora intermedi (responsabilità limitata alle somme ma onere probatorio discusso).
Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 3625 del 12 febbraio 2025, hanno finalmente fissato i criteri in modo chiaro. Hanno affermato in sostanza che non vi è automaticità nella responsabilità fiscale degli ex soci di una società estinta. In particolare, hanno stabilito che:
- L’ex socio risponde dei debiti tributari (come di quelli civili) solo se e nei limiti in cui ha ricevuto somme o beni in sede di liquidazione. Non c’è dunque una successione illimitata. È confermato l’orientamento “intermedio” e la regola di art. 2495 c.c.
- L’Amministrazione finanziaria (Agenzia Entrate / agente della riscossione) per poter pretendere il pagamento dagli ex soci deve emettere un atto nuovo e autonomo nei confronti di ciascun ex socio, motivato e fondato sulla dimostrazione che quel socio ha effettivamente ricevuto qualcosa in liquidazione. Non basta notificare al socio la stessa cartella o avviso originariamente intestato alla società, né è sufficiente indicare il nome del socio come se fosse un erede universale: serve un atto ad hoc che esponga quali somme o beni il socio avrebbe percepito e quindi perché gli si chiede il pagamento. In assenza di questo “titolo” autonomo, ogni pretesa fiscale contro l’ex socio è indebita e potrà essere annullata.
- L’onere di provare che il socio ha riscosso distribuzioni incombe sul Fisco: se il socio contesta di non aver ricevuto nulla, spetta all’ente dimostrare il contrario (ad esempio tramite il bilancio finale di liquidazione, documenti contabili, verbali di distribuzione). La riscossione da parte del socio, oltre a delimitare quantitativamente la responsabilità, è proprio una condizione dell’azione del Fisco. In mancanza, difetta l’“interesse ad agire” perché non c’è patrimonio su cui rivalersi. Le SU hanno infatti chiarito che la riscossione di somme non è solo il limite della responsabilità personale, ma anche presupposto perché il Fisco possa agire.
- Hanno altresì precisato che questo presupposto può consistere anche in evenienze diverse dalle sole somme risultanti formalmente dal bilancio finale: ad esempio, beni o utilità trasferiti al socio anche se non risultano dal bilancio, oppure escussione di eventuali garanzie date dal socio. Ciò per evitare che un socio furbescamente occulti distribuzioni (es. si intesta un bene sociale prima della fine) e poi dica “non ho ricevuto nulla”. Ma resta ferma la logica che qualcosa in mano al socio deve esserci, altrimenti l’azione è impropria.
- Infine, le SU hanno sancito che la verifica della riscossione di somme da parte del socio deve avvenire in un separato accertamento rivolto specificamente al socio, e non può semplicemente essere trattata all’interno del contenzioso originariamente instaurato tra il Fisco e la società. In pratica, se la società aveva fatto ricorso contro un avviso di accertamento e poi si è estinta, quel giudizio non si “trasforma” automaticamente in un giudizio contro i soci come se fossero successori universali; occorre un nuovo atto. Ciò tutela il contraddittorio dei soci e impedisce improprie estensioni automatiche.
Il risultato di questa sentenza epocale (SU 3625/2025) è di rafforzare le difese degli ex soci contro pretese fiscali e ribadire il principio di equità: se non hanno ricevuto nulla, non devono pagare nulla. Viene inoltre richiesta una corretta procedura: ogni ex socio avrà la sua posizione valutata singolarmente, con un atto motivato. Nel nostro contesto, ciò significa che un ex socio di Srl con debiti fiscali potrà eccepire la nullità di eventuali cartelle a lui intestate se non rispettano questi criteri, e vincere la causa in difetto di prova del vantaggio economico. Come evidenziato da commentatori, “l’essere stati soci non è condizione sufficiente per subire un atto fiscale”, non essendo l’ex socio un “erede” automatico del debito.
Altri creditori non fiscali: per banche, fornitori e altri creditori privati vale l’art. 2495 c.c. puro e semplice. Quindi se un creditore vuole agire contro ex soci di Srl/SpA, dovrà citarli in giudizio e provare quanto ciascuno ha ricevuto in liquidazione. Se un ex socio non ha ricevuto nulla (perché magari la liquidazione si è chiusa a zero attivo, o perché i soci stessi hanno dovuto immettere denaro), in teoria il creditore non ha titolo per chiedergli niente. In pratica, spesso capita che se resta un debito importante e la società viene cancellata insolvente, si apra il fallimento entro l’anno (anche per le società di capitali esiste la possibilità di dichiarazione di fallimento entro un anno dalla cancellazione, se l’insolvenza preesisteva alla cancellazione). Ma se ciò non accade e il creditore agisce civilmente, l’ex socio potrà difendersi affermando: “La società è estinta, vero, ma io non ho mai percepito alcuna somma dal bilancio finale di liquidazione, dunque ai sensi dell’art. 2495 c.c. non potete rivalervi su di me” e chiedere il rigetto della domanda per carenza di legittimazione passiva. Sarà opportuno in tal caso produrre il bilancio finale di liquidazione e l’eventuale piano di riparto da cui risulti che nulla è stato assegnato a quel socio, oppure che le somme assegnate sono inferiori al credito vantato (nel qual caso la condanna può essere semmai limitata a quell’importo).
Responsabilità per atti dei liquidatori: Abbiamo visto che se il liquidatore ha colpa nel non aver pagato i debiti, il creditore può citare anche lui (il che spesso è preferibile, perché i liquidatori rispondono illimitatamente del danno causato da inadempimento dei loro doveri, e non hanno il tetto delle somme ricevute, sebbene il nesso di causa vada dimostrato). Dal lato dei soci, è utile sapere che se un liquidatore ha operato male causando richieste ai soci, questi ultimi potrebbero a loro volta rivalersi sul liquidatore per la parte eccedente il dovuto. Ad esempio, se un liquidatore distribuisce con leggerezza attivo ai soci ignorando un debito, e ora i soci devono restituire quei soldi al creditore, i soci potrebbero agire contro il liquidatore per farsi rifondere di eventuali danni subiti (specie spese legali, interessi, ecc.). Si tratta di contenziosi indiretti, ma in un’ottica completa del “difendersi”, anche questo rientra: valutare profili di responsabilità altrui (liquidatori, amministratori) che possano riflettersi a cascata.
Ex soci e sanzioni amministrative/tributarie: come accennato, c’è una peculiare differenza per le sanzioni (fiscali o amministrative) comminate alla società. Le sanzioni pecuniarie, avendo carattere personale-punitivo, non si trasmettono ai soci. Ad esempio, se una società ha ricevuto una multa fiscale (sovrattassa, sanzione per omessa dichiarazione, ecc.), quella sanzione muore con la società e non può essere richiesta ai soci, nemmeno nei limiti art. 2495. Lo ha riconosciuto la stessa Cassazione: i soci “succedono” nei debiti ma non nelle sanzioni, perché queste colpiscono solo l’ente che ha violato il precetto. Di conseguenza, un ex socio si può difendere da eventuali pretese di pagamento di sanzioni (peraltro raramente avanzate, ma può capitare con cartelle miste) eccependo la loro intrasmissibilità. Anche gli eredi del socio defunto non rispondono di sanzioni tributarie che erano state irrogate alla società o al socio stesso. Ci troviamo di fronte, quindi, a un ulteriore scudo: debiti sì (nei limiti visti), sanzioni no. Su ciò c’è uniformità di vedute, in quanto previsto anche dalla normativa generale sulle sanzioni tributarie (D.Lgs. 472/1997, art. 8 c.2: le sanzioni non si trasmettono agli eredi né ai coobbligati salvo eccezioni di legge).
Riassumendo per ex soci di società di capitali:
- Se la società prosegue con altri soci e uno esce cedendo la quota: l’ex socio non risponde dei debiti sociali successivi né di quelli pregressi (che restano a carico esclusivo della società). Le uniche possibili rivendicazioni possono riguardare eventuali sue obbligazioni pendenti (es: versamenti residui di capitale, garanzie prestate). Quindi, un creditore sociale non può agire contro un ex socio di Srl/SpA solo perché questi era socio all’epoca: deve sempre passare per la società (o i suoi amministratori se del caso). L’ex socio, in tal senso, è al sicuro per i debiti della società ancora in vita da cui è uscito.
- Se la società viene sciolta e cancellata: i creditori rimasti insoddisfatti possono agire contro i soci, ma solo fino a concorrenza di quanto ciascun socio ha avuto in sede di liquidazione. Questo è il caso tipico in cui l’ex socio vede sorgere un rischio postumo. La difesa consisterà nel contestare l’eventuale superamento di tale limite e obbligare il creditore a provare l’entità del riparto. In ambito fiscale, come chiarito dalla SU 3625/2025, la difesa si gioca anche sulla necessità di un atto formale ad hoc e sulla mancanza di prova di somme ricevute. In cause civili, il socio può chiedere il rigetto se il creditore non prova il suo arricchimento da bilancio finale.
- In nessun caso (salvo frodi personali del socio) il socio di società di capitali può essere costretto a pagare più di quanto eventualmente incassato: la responsabilità illimitata tipica delle Snc non si estende ai soci di Srl/SpA.
- Se la liquidazione si chiude senza distribuire nulla ai soci (perché magari l’attivo è stato tutto usato per pagare parzialmente i creditori), i soci di fatto non hanno responsabilità verso ulteriori creditori: chi è rimasto insoddisfatto ha solo la carta di eventualmente dimostrare colpa del liquidatore per agire contro costui, ma i soci non avendo percepito beni non sono attaccabili.
- Vale la pena sottolineare che l’art. 2495 c.c. non prevede un limite temporale espresso (tipo l’anno per i soci di Snc in fallimento, vedi oltre). Tuttavia, la giurisprudenza aveva posto un termine annuale per la riapertura del fallimento post-cancellazione. Nel nuovo Codice della Crisi, il termine è di 1 anno dalla cancellazione per poter iniziare la liquidazione giudiziale di una società di capitali estinta (art. 33 CCII). Se trascorso tale anno la società non è stata dichiarata insolvente, i creditori individualmente mantengono i diritti contro soci (senza ulteriori restrizioni se non la prescrizione del credito, ad es. 5 anni per forniture, 10 per atto giudiziale, ecc.).
Con queste premesse sulle responsabilità residuali, possiamo passare a esaminare come concretamente i creditori si muovono e come l’ex socio può reagire, distinguendo i vari tipi di debito e procedimento.
3. Debiti verso fornitori, banche ed altri creditori privati: strumenti di difesa dell’ex socio
Le obbligazioni assunte dall’impresa verso soggetti privati (fornitori, clienti a cui debba rimborsi, banche finanziatrici, locatori, ecc.) possono ricadere sugli ex soci nelle forme viste sopra. In questo paragrafo consideriamo quei debiti non fiscali e non contributivi, dunque in genere da contratti o da rapporti civilistici, e vediamo come un ex socio può difendersi dalle pretese di tali creditori.
3.1 Ex socio di società di persone e creditori privati
Se la società originaria era una Snc o altra società di persone, il creditore privato (mettiamo un fornitore non pagato) ha fin da subito la facoltà di agire anche contro i soci in quanto co-obbligati solidali illimitati. Non è necessario – dal punto di vista della legittimazione – che la società sia sciolta o estinta; l’obbligazione sussidiaria dei soci coesiste. Dunque, può capitare che un fornitore ottenga un decreto ingiuntivo contro la Snc e, se la Snc non paga, lo notifichi per esecuzione anche ai soci (ex art. 474 c.p.c. essendo obbligati in solido). Oppure, se gli risulta che la Snc si è dissolta senza pagarlo, può direttamente citarne i soci.
Difese disponibili per l’ex socio di Snc in tali casi:
- Beneficio di escussione: come già accennato, il socio illimitatamente responsabile ha diritto a che prima sia escusso il patrimonio sociale (art. 2304 c.c.). In giudizio, questa difesa può tradursi in un’eccezione di carattere dilatorio: il socio può chiedere la sospensione o il rigetto dell’azione esecutiva nei suoi confronti finché non sia dimostrata l’escussione infruttuosa della società. Nei fatti, se la società è ancora esistente, il socio ingiunto può segnalare eventuali beni sociali non ancora aggrediti. Se però la società è palesemente insolvente o addirittura cessata, il beneficio di escussione serve a poco: diventa quasi automatico riconoscere che il patrimonio sociale è incapiente o inesistente, e quindi il creditore può procedere. Va notato che art. 2304 c.c. non impedisce la condanna in solido del socio insieme alla società, ma solo l’esecuzione finale. Dunque, in un processo di cognizione il giudice potrebbe emettere sentenza contro società e soci insieme, salvo poi, in fase esecutiva, il socio poter opporre se pignorato che prima doveva essere tentato sulla società. Ma se la società nel frattempo è sparita o nulla tenente, tale eccezione risulta solo pro-forma.
- Eccezione di uscita antecedente al sorgere del debito: l’ex socio convenuto in giudizio per un debito deve verificare se l’obbligazione è nata dopo la sua uscita. Se sì, egli può eccepire di non essere mai stato parte di quel rapporto obbligatorio. Per esempio, se un fornitore cita un ex socio per forniture effettuate dopo la sua cessione di quota, l’ex socio deve comparire e allegare la propria estraneità temporale: “il contratto di fornitura X è del 2023, ma io ho ceduto la quota nel 2022, come da atto e visura allegati; non essendo socio al momento del sorgere dell’obbligazione, non ne rispondo ai sensi dell’art. 2290 c.c.”. Il giudice, accertata la circostanza, lo estrometterà o rigetterà la domanda verso di lui. Questa è una difesa decisiva se applicabile: libera completamente l’ex socio.
- Contestazione dell’effettiva qualità di socio al tempo del debito: potrebbe capitare che la posizione di un ex socio sia ambigua (es: socio apparente, o receduto ma non comunicato). Se il creditore fa leva sul fatto che il suo affidamento era incolpevolmente ancora esteso all’ex socio, quest’ultimo può controbattere evidenziando eventuali difetti nell’affidamento. Ad esempio, sebbene la pubblicità al Registro imprese tardò, magari il creditore aveva avuto notizia dal restante socio che Tizio era uscito. Questo è però un terreno probatorio scivoloso, perché il creditore negherà di sapere. In assenza di prova contraria, come detto, il difetto di pubblicità gioca contro l’ex socio. Dunque questa linea va percorsa solo se esistono evidenze (email, lettere) da cui risulti che il creditore era informato dell’uscita ma ha comunque trattato come se nulla fosse. Caso raro.
- Prescrizione del credito o difese sul merito del debito: l’ex socio, al pari della società, può ovviamente contestare il credito in sé: ad esempio, opporsi a un decreto ingiuntivo sostenendo che il fornitore non ha mai consegnato la merce, o che il debito è estinto, o che è prescritto (molti crediti commerciali si prescrivono in 5 anni). Queste sono difese sul merito dell’obbligazione sottostante, non peculiari dello status di ex socio ma ugualmente rilevanti. Non bisogna dimenticare, in sede difensiva, che non sempre il creditore ha ragione sul credito: se la società avrebbe avuto motivi per non pagare, anche il socio può farli valere. Ad esempio, se un appaltatore cita l’ex socio di una Snc per lavori asseritamente eseguiti, il socio potrà contestare, oltre alla sua uscita (se avvenuta prima), anche la fondatezza del credito (lavori fatti male, già pagati a sufficienza, ecc.). Ciò richiede coordinamento, idealmente, con la difesa della società (se ancora in bonis) o con gli altri soci.
- Accordo transattivo con creditori: un ex socio molto esposto (ad esempio l’unico benestante su cui tutti i creditori puntano) potrebbe valutare di negoziare transazioni. È una strategia extragiudiziale: offrire ai creditori un pagamento parziale concordato in cambio di liberatoria completa. Questo è fattibile soprattutto se il socio vuole evitare un fallimento personale o lunghe cause. Naturalmente va ponderato caso per caso e non è una “difesa” in senso stretto, ma una soluzione.
3.2 Ex socio di società di capitali e creditori privati
Se la società originaria era, poniamo, una Srl, i creditori privati durante la vita della società non potevano toccare i soci. Quindi se l’ex socio è uscito prima che la società si sia sciolta, difficilmente un fornitore o una banca tenterà di chiedere a lui (a meno di garanzie date). Il caso rilevante è invece: società cancellata, creditore non soddisfatto, azione ex art. 2495 c.c. contro i soci.
In uno scenario tipico, il creditore dovrà citare in giudizio gli ex soci per farsi dichiarare il diritto a ottenere da ciascuno il pagamento pro-quota, nei limiti delle somme da loro ricevute in liquidazione. È un’azione di cognizione ordinaria (o un ricorso monitorio se c’è prova liquida del riparto e del credito). Come può difendersi l’ex socio citato?
- Negare di aver ricevuto somme in liquidazione: se vero, è un ottimo argomento. Il socio potrebbe allegare: “La liquidazione si è chiusa a zero, nessun bilancio di liquidazione ha distribuito utili a me. Pertanto la domanda contro di me difetta di condizione: non ho percepito nulla, ergo nulla devo”. Il creditore dovrà allora provare il contrario; se non ci riesce, la domanda va respinta. Qui la prova cruciale è il bilancio finale di liquidazione e l’eventuale piano di riparto depositato presso il Registro Imprese. Il socio può procurarsene copia (sono atti pubblici). Se dal bilancio risulta che il patrimonio netto finale è zero o negativo, il socio è a posto. Qualora invece risulti una certa somma a suo favore, ovviamente non può negare l’evidenza, ma può verificare se davvero l’ha incassata o se magari è stata trattenuta per ripianare perdite (in liquidazione spesso non c’è nulla da distribuire).
- Contestare l’importo ricevuto o la sua imputazione: in alcuni casi un socio potrebbe aver ricevuto qualcosa, ma vuole limitare l’importo esigibile. Ad esempio: il bilancio finale mostra €10.000 a lui spettanti; però egli può dire di averli utilizzati per pagare personalmente un debito sociale specifico (ad esempio, li ha utilizzati per saldare un fornitore subordinatamente, su accordo interno). Oppure può affermare che quanto percepito era frutto del rimborso del suo finanziamento soci (cioè soldi che aveva prestato alla società), e sostenere che non dovrebbero contare come “somma riscossa dal bilancio di liquidazione”. Questo è un terreno delicato: in linea di massima, ciò che il socio incassa in liquidazione, qualunque ne sia la causale, rientra nella previsione di responsabilità verso i creditori. Però si potrebbe tentare di scomputare eventuali crediti personali che il socio aveva verso la società compensati in liquidazione (anche se formalmente quell’importo comunque è un’attività percepita). La Cassazione SU 2025 ha detto che vale anche la riscossione di beni e diritti non nel bilancio, segno che cercano proprio di evitare furberie. Quindi difese troppo ingegnose su questo potrebbero non passare, ma ogni caso ha sue sfumature.
- Contestare la legittimazione attiva del creditore o la prescrizione: l’ex socio può verificare se quel creditore ha titolo e se è ancora in termine. Ad esempio, se l’obbligazione sociale era del 2010 e il creditore cita nel 2025, potrebbe essere prescritta (per le azioni di responsabilità ex art. 2495 c.c. si applica la prescrizione ordinaria decennale dal momento della cancellazione, secondo alcuni, o dal momento di esigibilità del credito, secondo altri; comunque è da valutare). Oppure, se il creditore aveva già ottenuto decreto ingiuntivo contro la società prima della cancellazione e ora cerca di estenderlo al socio senza nuova causa, il socio può eccepire la necessità di un giudizio nuovo a contraddittorio integro. In generale, se la procedura seguita non è corretta, è terreno di difesa.
- Verificare eventuali errori procedurali: come detto, per i debiti fiscali la SU ha richiesto un nuovo atto. Per debiti privati, se un creditore ottiene un titolo contro la società e poi semplicemente notifica precetto al socio, il socio può opporsi all’esecuzione dicendo che quel titolo non è a lui intestato e che lui non è successore processuale automatico. La giurisprudenza aveva in passato ammesso la “prosecuzione” del giudizio esecutivo contro i soci come continuatori, ma dopo la svolta delle SS.UU. 2013 e 2025, è prudente che il creditore faccia formare un titolo giudiziale anche contro i soci. Quindi, se qualcuno tentasse scorciatoie, l’ex socio può farle rilevare come vizio procedurale.
- Limitare la propria responsabilità pro quota: cosa accade se un solo ex socio viene citato per l’intero debito residuo? L’art. 2495 c.c. parla di far valere i crediti “nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse”. Pare sottintendere che ogni socio è responsabile solo fino al suo percepito. Non è una obbligazione solidale tra ex soci, ma plurisoggettiva con limiti individuali. Dunque, il socio Tizio se ha avuto 10 e Caio 20, Tizio può essere condannato max 10, Caio max 20, non uno per l’altro. Se un creditore cerca di ottenere tutto da uno solo dei soci perché più solvibile, quel socio potrà eccepire che la sua responsabilità è limitata e non può essere costretto a pagare anche la parte dell’altro. In genere, il creditore saggio cita tutti i soci; se non lo fa, l’unico citato può chiamare in causa gli altri o comunque far presente il limite.
In pratica, per un ex socio di Srl citato da un creditore rimasto insoddisfatto, la migliore difesa è mostrare di non aver ricevuto nulla in liquidazione (o una cifra inferiore al debito). Questo sposta l’attenzione sul creditore che dovrà dimostrare il contrario e, se anche ci riesce, circoscrive la condanna a quell’importo. Spesso, se i soci non hanno riscosso nulla, i creditori tentano strade alternative come azioni di responsabilità contro amministratori o denunce per bancarotta (se fallita) per cercare rimedi indiretti.
3.3 Caso particolare: debiti bancari garantiti dal socio
Merita un paragrafo specifico la situazione frequente in cui la società contrae un mutuo o un fido bancario e il socio (o i soci) prestano fideiussione personale. Se poi la società non paga e magari chiude, la banca di solito agirà direttamente contro i garanti (i soci) per l’intero dovuto, a prescindere da ogni considerazione societaria. Un ex socio garante non può opporre che la sua responsabilità è limitata o che è uscito: la fideiussione è un contratto autonomo che lo vincola finché il debito principale non è estinto o finché la fideiussione non viene formalmente revocata o limitata (cosa che di solito non accade automaticamente con la cessione della quota, a meno che la banca abbia rilasciato una liberatoria).
Difendersi da richieste come fideiussore esula un po’ dal tema societario, ma menzioniamo alcuni spunti: può verificare se la fideiussione contiene clausole nulle (ad es. quelle bancarie standard “ABI” talora sono state giudicate nulle per anticoncorrenzialità), se l’importo richiesto è corretto (interessi usurari? competenze indebite?), se la garanzia si era eventualmente limitata nel tempo. In mancanza di vizi, il fideiussore è tenuto a pagare. Può comunque, dopo aver pagato, surrogarsi nei diritti della banca verso la società (ma se la società è defunta o insolvente, serve a poco) e soprattutto può esercitare il regresso verso eventuali co-fideiussori (spesso più soci firmano congiuntamente). Ad esempio, se quattro soci garantiscono un debito e la banca escute solo uno, questi potrà chiedere agli altri tre la loro quota (in assenza di patto diverso, la ripartizione interna di regresso è in parti uguali salvo diversi accordi o percentuali di partecipazione al debito garantito).
In sintesi, la miglior strategia per un socio garante che esce dalla società è quella di negoziare con la banca al momento dell’uscita la liberazione dalla garanzia (o la sua sostituzione con un nuovo garante). Se ciò non è fatto, l’ex socio rimane esposto potenzialmente per anni su quel fronte, e l’unica “difesa” a posteriori è sperare in vizi del rapporto di garanzia o comunque affrontare il pagamento eventualmente cercando transazioni a saldo e stralcio.
3.4 Riepilogo strumenti difensivi per ex soci debitori (non Fisco)
Per facilità, riassumiamo in una tabella alcune situazioni tipiche e la relativa difesa:
Situazione (credito di privato) | Difesa principale dell’ex socio |
---|---|
Debito sorto dopo l’uscita da Snc/Sas (uscita pubblicizzata). | Eccepire che l’obbligazione è successiva all’uscita, quindi insussistenza della sua responsabilità ex art. 2290 c.c.. Prova: visura camerale con data recesso antecedente al contratto/obbligo. |
Debito sorto prima dell’uscita da Snc/Sas. | – Beneficio di escussione: richiedere che il creditore aggredisca prima i beni sociali (se esistenti). – Se il credito è datato: eccepire prescrizione se trascorsi >5 o 10 anni dall’esigibilità e nessun atto interruttivo. – Se il socio ha un accordo liberatorio del creditore (raro): opporlo, dimostrando che il creditore lo aveva liberato dal debito (art. 1273 c.c.). |
Società di persone cancellata con debiti insoddisfatti (soci illimitati). | – Nessuna limitazione di importo per legge: il socio risponde illimitatamente anche post-cancellazione. Difese possibili: • Prescrizione del credito (verificare termini dalla cancellazione o dall’ultimo atto). • Eventuale decadenza di azioni esecutive (se il creditore non ha osservato termini processuali). • Errori procedurali (es. tentativo di utilizzo titolo contro società senza nuova intimazione ai soci). • Altrimenti, il socio deve saldare il debito e poi può rivalersi internamente sugli altri soci secondo le proporzioni di legge. |
Debito di Srl/SpA con società ancora esistente – ex socio uscito prima. | – Il socio non è obbligato verso il creditore (responsabilità limitata). Quindi può eccepire il proprio difetto di legittimazione passiva: la domanda va rigettata perché lui non è mai stato debitore. (Salvo fosse garante, v. oltre). |
Società di capitali cancellata, debito residuo verso privato. | – Contestare di aver ricevuto somme in liquidazione: “zero percepito = zero dovuto”. – Se qualcosa percepito: ammettere max quel tanto. – Contestare importo eccedente richiesto o ripartizione: far valere che non può essere richiesto più di quanto ricevuto per ciascun socio. – Opporre eventuale prescrizione (10 anni dalla cancellazione, tipicamente, se trascorsi). – Segnalare se il creditore avrebbe dovuto insinuarsi in un fallimento o altro (se società poi fallita in ritardo, il creditore doveva far valere in quella sede). |
Socio fideiussore per debito bancario, società insolvente. | – Difese da fideiussione: eccepire nullità clausole se rilevanti; verificare se escussione conforme a contratto (es. banca deve escutere prima società se la fideiussione lo prevedeva – di solito no, è solidale). – Cercare accordo transattivo con banca (stralcio). – Dopo pagamento, esercitare regresso verso eventuali coobbligati. Non c’è esonero automatico dovuto all’uscita dalla società, purtroppo. |
Questa tabella copre i casi più comuni. Ovviamente ogni situazione concreta può presentare variabili ulteriori. È sempre consigliabile all’ex socio, ricevuta una richiesta di pagamento, di consultare un legale per analizzare tutte le possibili eccezioni (anche procedurali) e per valutare se vi siano margini di trattativa con il creditore.
4. Debiti verso il Fisco e gli enti previdenziali: peculiarità e difese
I debiti tributari (verso Agenzia delle Entrate, Agenzia Riscossione per cartelle, Agenzia Dogane Monopoli, ecc.) e i debiti contributivi (verso INPS, INAIL) meritano un approfondimento separato, perché in molti casi seguono regole proprie e perché il Fisco ha strumenti di riscossione speciali. Inoltre, come visto, la giurisprudenza recente ha chiarito principi importanti proprio in quest’area.
Analizzeremo prima la posizione degli ex soci di società di capitali, oggetto della citata sentenza SS.UU. 3625/2025, e poi quella degli ex soci di società di persone per quanto riguarda le pretese erariali e contributive.
4.1 Ex soci di società di capitali e debiti tributari
Quando una S.r.l. o S.p.A. ha debiti con il Fisco (es. IVA non versata, imposte sui redditi dovute, ritenute non versate, ecc.) e viene cancellata dal registro imprese, l’Agenzia delle Entrate o l’Agente della riscossione (Agenzia Entrate Riscossione, ex Equitalia) potrebbero rivolgersi ai soci per recuperare tali somme. Come già spiegato in §2.2, non c’è responsabilità automatica e illimitata dei soci, ma solo nei limiti dell’attivo distribuito. Tuttavia, la prassi talvolta vedeva notificare agli ex soci le cartelle intestate alla società o gli avvisi di accertamento originariamente emessi a nome della società, come se i soci ne diventassero successori.
Dopo la sentenza delle Sezioni Unite 3625/2025, il quadro è il seguente per la tutela degli ex soci:
- Nessuna automatica “cartella al socio” è valida se non c’è un nuovo atto motivato. Se l’ex socio riceve, ad esempio, una cartella esattoriale intestata a suo nome ma riferita a imposte della ex società, e questa cartella non spiega in motivazione perché lui dovrebbe pagarle (ovvero non indica che ha ricevuto X euro in liquidazione e quindi è obbligato nei limiti di quell’importo), allora la cartella è impugnabile per difetto di motivazione e carenza dei presupposti. L’ex socio dovrà presentare ricorso alla Commissione Tributaria (oggi denominata Corte di Giustizia Tributaria di primo grado) entro 60 giorni, eccependo che: (i) lui non è obbligato solidale, (ii) la società è estinta e il Fisco non ha emesso un valido atto di accertamento nei suoi confronti come richiesto dall’art. 2495 c.c. e art. 36 DPR 602/73, (iii) non vi è prova né indicazione di somme ricevute, condizione per agire. Alla luce dei principi delle SS.UU., le Commissioni Tributarie dovrebbero annullare queste cartelle “automatiche”. Infatti, la Cassazione ha escluso “ogni presunzione automatica di responsabilità in capo all’ex socio” e ha ribadito che la semplice visura camerale non è titolo sufficiente: serve un accertamento nuovo, con motivazione autonoma e istruttoria che provi un vantaggio patrimoniale specifico.
- Notifica di nuovi atti di accertamento ai soci: d’ora in poi, è prevedibile che l’Agenzia notificherà direttamente degli avvisi di accertamento mirati agli ex soci, in cui contesterà magari: “Srl X aveva questo debito tributario, tu socio Y hai ricevuto tot in liquidazione, quindi ti chiediamo quel tot”. In tali atti, la difesa del socio consisterà nel verificare la correttezza di quelle affermazioni. Se, ad esempio, l’Agenzia sostiene che il socio ha ricevuto €50.000, ma in realtà il bilancio di liquidazione dice €30.000, il socio dovrà impugnare l’atto contestando il quantum. O anche la sussistenza del debito: il socio potrebbe riaprire la discussione sull’originario tributo se questo non era mai stato definito (ad esempio se la società era in causa e poi estinta). Le SU 2025 hanno precisato che il giudizio sull’an della pretesa tributaria (cioè se il tributo è dovuto) e quello sulla responsabilità del socio devono restare separati. Quindi, il socio, in un ricorso contro l’atto a lui notificato, può sia contestare di non aver ricevuto somme, sia contestare che il tributo non è dovuto (vizi dell’accertamento originario). Attenzione però: se il tributo era già accertato con atto definitivo verso la società, il socio potrebbe vedersi opporre una sorta di giudicato o preclusione sull’an (questione complessa; l’orientamento attuale sembra propendere per far valere contro il socio gli esiti definitivi raggiunti con la società, salvo non fosse mai instaurata difesa).
- Sanzioni e interessi: come detto, le sanzioni tributarie non seguono i soci. Quindi un avviso o cartella che pretendesse dal socio anche sanzioni (ad esempio sanzione IVA 30%) dovrebbe essere ridotto di quella parte. Il socio nel ricorso dovrà esplicitamente chiedere lo stralcio delle sanzioni per inapplicabilità soggettiva, citando magari D.Lgs. 472/1997 art. 8 e la giurisprudenza. Gli interessi invece sì, quelli sono accessori del tributo e vanno pagati entro il limite complessivo. C’è da considerare: se un socio ha ricevuto 10.000 € e il debito fiscale era 8.000 di imposta + 2.000 di interessi + 2.000 di sanzioni = totale 12.000, il socio dovrebbe pagare solo 10.000 (limite) e per di più senza sanzioni. Quindi in realtà sarebbe 8.000 imposta + 2.000 interessi = 10.000 e le sanzioni zero. Se interessi e imposta superano il percepito, il socio paga fino a saturare il percepito e stop, il resto non è a suo carico. Questo calcolo a volte genera contenzioso: le SS.UU. 2025 paiono confermare che il limite è sui crediti tributari intesi come tributo, interessi (accessori), esclusi sanzioni perché queste proprio non transitano affatto.
- Art. 36 D.P.R. 602/1973: è la norma ad hoc che riguarda il responsabile d’imposta in caso di trasformazioni, fusioni ma anche in caso di soci di enti liquidati. Al comma 3 prevede quanto citato: i soci che nei due anni precedenti la liquidazione hanno ricevuto denaro o beni in assegnazione dagli amministratori, o in liquidazione dai liquidatori, rispondono del pagamento delle imposte dovute dalla società, nei limiti del valore di quei beni, salvo le maggiori responsabilità stabilite dal codice civile. Questa norma è in linea con art. 2495 c.c. e in parte lo estende a assegnazioni antecedenti la liquidazione (distribuzioni di utili, acconti ai soci negli ultimi due esercizi pre-liquidazione). Ciò per prevenire furberie: se i soci, poco prima di liquidare, si sono staccati dividendi o si sono fatti assegnare un capannone, anche quello rientra nel conto per il Fisco. L’Agenzia Entrate tende a utilizzare art. 36 per notificare avvisi ai soci, come base legale. Le SS.UU. 2025 hanno di fatto letto l’art. 36 in armonia con l’art. 2495 c.c., richiedendo la prova e l’atto specifico. Quindi, un socio che riceve un avviso ex art. 36 deve verificare: l’importo preteso corrisponde a beni effettivamente ricevuti? Comprende forse anche periodi oltre i due anni? (non dovrebbe). Include sanzioni? (non dovrebbero). E poi contestare eventuali errori.
- Prescrizione e decadenza in ambito fiscale: i tributi hanno termini di accertamento. Ad esempio, se una società è cancellata nel 2025, l’Agenzia per notificare ai soci l’accertamento 2024 dovrà farlo entro il 31/12/2029 (termini ordinari di 5 anni). Se si perde quei termini, nulla è dovuto. Inoltre, la cartella di pagamento ha termini di notifica, di solito entro 2 anni dall’accertamento definitivo. Un socio deve controllare queste tempistiche: se il Fisco arriva troppo tardi, l’eccezione di decadenza/prescrizione è vincente.
Ex socio di Srl con cartella esattoriale: esempio difensivo – Mario era socio di Alfa Srl, cancellata nel 2024. Nel 2025 riceve una cartella da Agenzia Riscossione a suo nome per €50.000 di IVA 2019 non pagata da Alfa Srl. Mario sa di non aver ricevuto nulla dalla liquidazione, perché Alfa è fallita o comunque era in perdita. Cosa fa? Entro 60 giorni deposita un ricorso, dicendo: la cartella è illegittima perché Alfa Srl era il debitore e non può estendersi a me se non nei limiti art. 2495 c.c.; io non ho percepito somme in base al bilancio finale di liquidazione, quindi manca uno dei presupposti di legge (art. 36 DPR 602/73; art. 2495 c.c.) per la mia responsabilità; l’Agenzia non ha emesso un avviso di accertamento nei miei confronti che provi tali presupposti, violando il mio diritto di difesa; pertanto chiedo l’annullamento integrale. In aggiunta, se la cartella comprende sanzioni direbbe: in ogni caso le sanzioni non sarebbero comunque a carico del socio ex art. 8 d.lgs. 472/97. Fornirà in prova il bilancio finale di liquidazione (se esiste) o dichiarerà che la liquidazione si è chiusa senza attivo. Con la giurisprudenza odierna, è altamente probabile che vinca il ricorso, facendo annullare la cartella. Se per ipotesi avesse effettivamente ricevuto, poniamo, €10.000 di attivo, probabilmente l’esito sarebbe: annullamento parziale della cartella oltre €10.000, mantenendo valida solo la quota fino a €10.000 (imposta + interessi) e stralcio del resto.
Enti previdenziali (INPS) e altri: i contributi obbligatori dovuti (per dipendenti o soci artigiani/commercianti) seguono regole simili. L’INPS può cercare di recuperare da soci illimitati (in Snc risponde come debito sociale) oppure da soci di Srl ex art. 2495 nei limiti. Non c’è una norma analoga specifica all’art. 36 per contributi, ma la giurisprudenza tende ad assimilarli a tributi come trattamento. Dunque, un ex socio di Srl per contributi non pagati dalla società dovrebbe avere la medesima protezione: risponde solo se ha preso attivo e fino a concorrenza di esso. L’INPS di solito, se la società fallisce, insinua il credito nel fallimento e finisce lì; se la società viene cessata senza fallimento, può notificarne il debito con avviso di addebito. Un ex socio che riceva un avviso di addebito INPS userà una difesa analoga al caso fiscale: nessuna responsabilità oltre le somme ricevute, e necessità di prova di tali somme.
Cartelle esattoriali per debiti di Snc verso soci: qui cambia: la cartella intestata alla Snc può essere notificata anche ai soci illimitatamente responsabili, spesso con formula “Alfa Snc in persona del legale rappresentante, nonché a Caio e Sempronio quali coobbligati”. È una prassi supportata dall’art. 129 del DPR 602/73 che consente di iscrivere a ruolo anche i coobbligati solidali. Quindi, i soci di Snc possono trovarsi destinatari di cartelle per imposte della Snc. In questo caso non c’è limite di importo per il socio (è illimitatamente responsabile) ma potrebbe invocare il beneficio di escussione? In fase esecutiva sì, ma la cartella come atto amministrativo di per sé li pone debitori in solido. Le difese qui sono più limitate: l’unico scudo è se il socio era già uscito prima che maturasse il debito (allora può fare ricorso dicendo: non ero socio nel periodo d’imposta, ergo non obbligato). Ad esempio, Cass. n. 7688/2013 citata in precedenza appunto riguardava un socio di Snc che ha fatto valere la sua uscita per non pagare un avviso su redditi societari successivi. E ha vinto. Quindi, per un ex socio di Snc, contro una cartella INPS o Agenzia Entrate riferita ad anni successivi all’uscita, la difesa è simile: non gli opponibilità perché uscito prima, come da visura. Se invece il debito è di periodi in cui era socio, l’INPS o Fisco può legittimamente pretendere, e il socio potrà solo rateizzare o trovare un accordo. Non è raro che l’Agenzia Entrate Riscossione, per debiti di Snc, bypassi la Snc (magari priva di beni) e ipotechi direttamente case dei soci. Dal punto di vista giuridico è lecito, pur con il rispetto del beneficio di escussione in sede di conversione pignoramento eventuale. Purtroppo le difese in quei casi si spostano sul piano della gestione del debito più che sull’esclusione di responsabilità.
4.2 Ex soci e debiti fiscali: FAQ e scenari pratici
Per fissare i punti chiave, presentiamo alcune domande frequenti relative a ex soci e fisco, con risposte sintetiche:
- D: Il Fisco può chiedermi le tasse non pagate dalla mia ex società anche dopo tanti anni dalla chiusura?
R: Sì, se il tributo è ancora esigibile e non prescritto, il Fisco può farsi avanti, ma soltanto per l’importo che eventualmente hai ricevuto dalla liquidazione della società. Inoltre deve notificarti un atto apposito. Non c’è un termine fisso (se non le scadenze proprie delle cartelle/accertamenti), per cui potrebbero farsi vivi anche 4-5 anni dopo la chiusura. Ad esempio, se la società chiude nel 2025 e nel 2026 c’è un controllo per l’anno 2024, l’accertamento potrà essere emesso entro il 2030 circa e notificato a te socio. La prescrizione dei crediti erariali segue poi le regole generali (10 anni per imposte erariali dopo la definitività, 5 anni per cartelle non impugnate, ecc.). Quindi l’azione contro l’ex socio può avvenire anche a distanza, ma il tributo soggiace alla prescrizione (ad esempio IRPEF/IVA cartelle: 10 anni). Dopo la cancellazione della società, c’è un limite di 5 anni in cui l’ente impositore può notificare atti alla società (fittiziamente, perché è estinta) ma ai fini conservativi; trascorso quel periodo, se non ha agito nemmeno contro i soci, il quadro si complica per il Fisco. - D: Sono ex socio di Srl, la società aveva evaso IVA. Posso subire un’accusa penale o sanzioni personali?
R: In generale, no sul penale: i reati tributari (es. omesso versamento IVA, dichiarazione fraudolenta, ecc.) ricadono su chi ha agito (amministratori o rappresentanti legali). L’essere socio di chi ha commesso il reato non ti rende imputabile, salvo tu abbia concorso nel reato (es. dando ordini essendo socio-amministratore di fatto). Quindi come socio di per sé non rischi sanzioni penali per evasione commessa dalla società. Sul piano amministrativo, come detto, le sanzioni tributarie pecuniarie non transitano sui soci. Quindi, a te potranno chiedere il tributo evaso e gli interessi, nei limiti di legge, ma non la sanzione amministrativa (multa) per l’evasione. Questa rimane a carico della società (ormai un “morto” giuridico) e di eventuali amministratori che ne rispondano in proprio in sede penale, ma non del socio in quanto tale. - D: La mia Snc aveva un debito IVA, io sono uscito prima che fosse dovuta. Agenzia Entrate Riscossione mi ha mandato ugualmente la cartella. Che faccio?
R: Inviare un’istanza di annullamento in autotutela con copia della visura attestante la tua uscita prima dell’anno di riferimento dell’IVA. Se non la annullano, farai ricorso alla Commissione Tributaria sostenendo l’inopponibilità del debito a te (art. 2290 c.c.). Molto probabilmente vincerai, specie se puoi provare che la tua uscita era iscritta. Cass. 7688/2013 fa giurisprudenza: il socio non risponde di imposte su redditi societari maturati dopo la cessione quota. La cartella in quel caso va annullata. - D: Ex socio accomandante di S.a.s., Fisco mi chiede debiti sociali. Devo pagare?
R: Il socio accomandante di regola è come un socio di Srl: non era obbligato oltre conferimento. Quindi, in teoria, non dovresti rispondere, a meno che il Fisco provi che hai ricevuto distribuzioni di attivo a fine liquidazione (stesso discorso dei soci di capitali). Se stai ricevendo richieste, potrebbe esserci un errore oppure tu hai fatto qualcosa che ti ha fatto perdere la limitazione (ad esempio hai ingerito nell’amministrazione e ti contestano responsabilità come accomandatario di fatto). Bisogna capire la ragione. Ma se sei stato un accomandante “silente”, la tua posizione è protetta: potrai difenderti come un normale socio di capitale. - D: Ero socio unico di una Srl, ho chiuso e non ho pagato delle imposte. Ho versato interamente il capitale e risultava socio unico a registro. Posso stare tranquillo coi limiti?
R: Sì, se hai rispettato gli obblighi (pubblicità e conferimenti) rimani un socio “limitato” come gli altri, quindi i principi di cui sopra valgono: paghi solo fino a concorrenza di quanto eventualmente ritirato in liquidazione. Se invece non avevi versato tutto il capitale o non avevi comunicato la socio-unicità, allora occhio: potresti essere ritenuto illimitatamente responsabile per i debiti contratti nel periodo di irregolarità. In tal caso, il Fisco potrebbe pretendere da te l’intero (non solo il percepito) per i debiti nati in quel lasso di tempo. Dovresti verificare se i debiti fiscali si riferiscono proprio a quel periodo “scoperto”: se sì, la difesa è difficile perché la legge (art. 2462 c.c.) è chiara e la colpa ricade sul socio unico inadempiente. Comunque anche lì, se la società poi ha liquidato con attivo, potresti sollevare almeno il beneficio di non pagare oltre il debito stesso (non c’è un attivo definito, essendo illimitato, ma intendo dire: potresti evitare duplicazioni di sanzioni ecc. se dimostri buona fede). È un caso spinoso; in generale, meglio evitare di essere socio unico non in regola.
In conclusione, l’ex socio di società di capitali deve ricordare questi cardini: limite quantitativo = somme riscosse, atto nuovo del Fisco necessario, niente sanzioni a carico suo. Mentre l’ex socio di società di persone ha: responsabilità sui debiti del suo periodo (illimitata) e nessuna sugli altri, con l’importanza di provare la data di uscita. Con questa consapevolezza, può affrontare le contestazioni con gli strumenti giusti.
5. Fallimento della società ed effetti sugli ex soci
Quando l’impresa versa in gravi difficoltà, si può arrivare a una procedura concorsuale (fallimento, oggi liquidazione giudiziale nel Codice della Crisi) o ad altre procedure di insolvenza. In tali casi, le regole di responsabilità dei soci seguono norme specifiche:
- Se fallisce una società di persone (Snc, Sas), falliscono automaticamente anche i soci illimitatamente responsabili (art. 147 R.D. 267/42, ora art. 256 D.lgs. 14/2019). Questo significa che la sentenza dichiarativa di fallimento (o di liquidazione giudiziale) della società estende il fallimento a tutti i soci generali. Essi diventano a loro volta soggetti alla procedura: il loro patrimonio personale viene acquisito al concorso dei creditori (sociali e personali). L’aspetto rilevante per un ex socio è: se al momento dell’apertura del fallimento sociale egli non è più socio (perché uscito prima), fallisce lo stesso? La legge prevede che non si può dichiarare il fallimento di ex soci illimitatamente responsabili decorsi oltre 1 anno dallo scioglimento del rapporto sociale, purché l’uscita sia stata pubblicizzata. Inoltre, anche entro l’anno, l’estensione è possibile solo se l’insolvenza della società riguarda debiti esistenti alla data di cessazione. Quindi, se un socio illimitato è uscito, ad esempio, 2 anni prima del fallimento della Snc, non verrà dichiarato fallito (salvo un’interpretazione diversa in casi di abuso, ma la norma parla chiaro: oltre l’anno, è escluso). Se invece è uscito da 6 mesi, potrà essere coinvolto se i debiti risalgono in gran parte a prima della sua uscita. Un caso pratico: Alfa Snc ha due soci, Tizio e Caio; Tizio recede e l’atto è iscritto a gennaio 2024; la Snc prosegue con Caio ma nel settembre 2024 fallisce con debiti in gran parte accumulati nel 2023 quando Tizio era socio. Il tribunale dichiarerà il fallimento della Snc e anche di Tizio, perché la sua uscita è entro l’anno e i debiti sono anteriori. Se invece il fallimento fosse nel 2026 (oltre l’anno), Tizio non verrebbe toccato formalmente dalla procedura. Ciò non toglie che rimarrebbe comunque responsabile verso i creditori sociali per i debiti del suo periodo, ma almeno non sarebbe soggetto a fallimento personale. Questa distinzione è importante: essere dichiarati falliti comporta effetti pesanti (sequestro beni, interdizioni, ecc.), ben peggiori della semplice responsabilità civile.
- Se fallisce una società di capitali (Srl, SpA), i soci non falliscono mai in virtù di ciò, poiché la loro responsabilità è limitata. L’unico scenario è se erano soci illimitati atipici (socio accomandatario di SAPA, che fallisce come socio di Snc). Dunque l’ex socio di Srl non rischia il proprio fallimento personale a causa del fallimento della società, né di dover pagare i debiti residui oltre il suo conferimento. Potrà tuttavia vedere agire il curatore per il recupero dei versamenti ancora dovuti (come detto, art. 260 CCII). Il curatore può ingiungere agli ex soci (cedenti o attuali) di versare i decimi non versati delle quote, ecc. L’ex socio di Srl fallita potrà difendersi da quell’ingiunzione solo provando di aver già versato tutto o eccependo eventuali vizi formali (poche chance, è come un decreto ingiuntivo non opposto se fondato sulle delibere dei soci). Inoltre, il curatore potrà esercitare azioni revocatorie verso i soci se negli ultimi due anni hanno ricevuto pagamenti o atti pregiudizievoli per i creditori: un esempio tipico è la revocatoria di distribuzioni di utili o restituzioni di finanziamenti soci fatte in periodo di dissesto. Se l’ex socio ha beneficiato di dividendi negli ultimi tempi prima del fallimento, il curatore potrà chiederne la restituzione all’attivo fallimentare se prova che quei pagamenti pregiudicano la par condicio. L’ex socio in tal caso può difendersi contestando i presupposti di legge (ad esempio, se i dividendi erano in linea col bilancio e non c’era insolvenza, magari non sono revocabili; o se il pagamento del finanziamento soci avvenne oltre un anno prima del fallimento e non in frode). Questo esula un po’ dal focus “come difendersi dalle richieste dei creditori”, ma è bene sapere che nel fallimento l’organo che può agire contro i soci è soprattutto il curatore, piuttosto che i singoli creditori.
- Esdebitazione: se un socio (di Snc) è dichiarato fallito assieme alla società, potrà alla fine del fallimento chiedere l’esdebitazione personale, ossia la liberazione dai debiti residui. L’esdebitazione è un provvedimento del tribunale che estingue i debiti non pagati in fallimento e “dà sollievo” al fallito persona fisica. Un socio illimitatamente responsabile può ottenere l’esdebitazione alle stesse condizioni di qualsiasi fallito, con la particolarità che la legge richiede che siano stati soddisfatti almeno parzialmente i suoi creditori personali e sociali (non occorre integrale pagamento, basta la buona fede e un minimo soddisfo, di solito). Se concessa, l’esdebitazione fa sì che i creditori non possano più perseguirlo per i debiti residui pre-fallimentari. Questo è il rimedio per chi, da socio, finisce travolto da un fallimento: a fine procedura chiede di essere esdebitato, e se non ha compiuto atti di frode e c’è stata cooperazione, di solito viene accordata. Così riparte “pulito” (restano esclusi però debiti erariali per sanzioni pecuniarie e pochi altri, in base alle regole). Se invece la società non è fallita e il socio si ritrova inseguito da creditori, potrebbe valutare procedure di sovraindebitamento (ora chiamate concordato minore o liquidazione controllata per l’ex piccolo imprenditore), in cui presenta un piano di ristrutturazione personale. Ad esempio, un ex socio di Snc con molti debiti ma niente fallimento aperto può proporre ai creditori un accordo attestato o un piano di ristrutturazione presso il tribunale per ottenere la cram down (omologazione anche se alcuni dissenzienti) e poi l’esdebitazione finale dopo l’esecuzione del piano. Questo è un capitolo molto ampio, ma in sintesi: la legge attuale offre anche alle persone sovraindebitate (includendo ex imprenditori non fallibili) strumenti per ridurre o cancellare i debiti, previa approvazione del giudice. Dunque, se la situazione è disperata (debiti enormi, patrimonio insufficiente), difendersi può significare anche prendere l’iniziativa con tali strumenti per chiudere la partita.
In definitiva, dal punto di vista del debitore ex socio, il fallimento può essere una iattura (per i soci di Snc coinvolti) ma anche una via per risolvere definitivamente i debiti (tramite esdebitazione). Se invece non c’è fallimento, il socio resta esposto individualmente ma può cercare riparo in procedure concorsuali minori. Il Codice della crisi 2019 ha ampliato l’accesso a queste procedure, consentendo ad esempio al socio illimitatamente responsabile non fallito di ricorrere al concordato minore (prima, essendo imprenditore, non poteva usare il vecchio piano del consumatore, ma ora c’è uno strumento ad hoc).
Per esempio, soluzione concordataria extragiudiziale: un ex socio con più creditori può proporre a tutti un accordo transattivo globale (magari mediato da un OCC, Organismo di Composizione della Crisi) per pagare una percentuale e farsi liberare dal resto. Se i creditori rifiutano, può chiedere al giudice un concordato minore: presenta un piano di rientro parziale con eventuali risorse terze, e se rispetta certi requisiti il giudice può omologarlo anche con il voto contrario di una minoranza. Dopo l’esecuzione, i debiti residui sono cancellati (esdebitazione).
Queste sono strategie di ultimo stadio, quando la difesa “tradizionale” (eccezioni per non pagare) non evita comunque che il socio debba rispondere e non ha la capacità integrale di farlo. Insomma, la legge offre vie sia di difesa processuale (evitare l’obbligo) sia di soluzione concorsuale (gestire l’obbligo in modo sostenibile e poi cancellarlo). Un buon avvocato deve valutare entrambe le cose.
6. Strategie pratiche per difendersi e prevenire rischi come ex socio
Dopo aver esaminato norme e casistiche, conviene riepilogare alcune strategie pratiche che un socio (o ex socio) può adottare per tutelarsi:
6.1 Prima dell’uscita o della chiusura della società: prevenzione
- Curare le formalità di uscita: Se stai per uscire da una Snc/Sas, assicùrati che la tua uscita sia immediatamente iscritta nel Registro delle Imprese. Non lasciare che il socio superstite procrastini l’adempimento. Puoi anche notificare personalmente ai maggiori creditori la tua uscita (non richiesto, ma a prova di malafede futura). Questo ti metterà al riparo per i nuovi debiti.
- Accordo con altri soci per debiti pregressi: in fase di cessione quote, disciplina come gestire i debiti noti: ad esempio, trattenendo dal prezzo di cessione un importo a garanzia di quei debiti. Così, se dovrai pagarli tu, almeno hai accantonato qualcosa dall’acquirente. E prevedi clausole di manleva: l’acquirente di quota promette di tenerti indenne dai debiti sociali pregressi. Pur non opponibile ai creditori, sarà utile per rivalerti sul cessionario se paghi tu.
- Non percepire distribuzioni sospette prima della liquidazione: Se intuisci che la società andrà male e verrà liquidata, è tentante portarsi avanti prendendo utili o asset. Ma sappi che il Fisco e i creditori useranno quelle assegnazioni contro di te (art. 36 DPR 602/73), e in fallimento saranno revocate. Meglio, in ottica difensiva, rinunciare formalmente a incassare utili di liquidazione per destinarli ai debiti. Ad esempio, predisporre un verbale di non riparto dove il socio dichiara: “non prendo nulla e lascio tutto ai creditori”. Questo sarebbe un’arma forte se poi il Fisco venisse: potresti dimostrare di non aver ricevuto somme in base al bilancio finale (salvo quelle eventualmente rimaste e andate altrove). Il consulente Matteo Rinaldi nota che mancanza di verbali e documentazione chiara lasciano il socio esposto, mentre avere patti di non riparto blindati e atti formali lo protegge.
- Trasformare la Snc in Srl prima che sia tardi: Molti imprenditori, quando la Snc si espande ed aumenta il rischio, pensano di trasformarla in Srl per limitare la responsabilità. Questo può essere saggio, ma attenzione: la trasformazione non libera i soci dalle obbligazioni già esistenti. Per un certo periodo, i creditori anteriori possono opporsi o mantenere i diritti. E i soci cessano di essere illimitatamente responsabili solo per i debiti nuovi. In caso di trasformazione eterogenea, la legge prevede analogamente che i soci illimitati cessano di rispondere illimitatamente per i debiti futuri, ma per quelli passati occorre vedere se sono soddisfatti o se i creditori hanno acconsentito. Quindi, bene trasformare per il futuro, ma non pensare che ciò faccia sparire i rischi sul pregresso. In pratica, se stai valutando di limitare la responsabilità, fallo prima di indebitarti pesantemente, non dopo.
- Fondo patrimoniale o trust: Alcuni soci, temendo ripercussioni sui propri beni personali, cercano rifugio in strumenti di protezione patrimoniale (costituzione di un fondo patrimoniale per la casa, trust familiari, intestazioni fiduciarie, ecc.). Dal punto di vista legale, sono possibili, ma vanno effettuati quando ancora non c’è pericolo concreto di insolvenza, altrimenti sono revocabili come atti in frode ai creditori. Un fondo patrimoniale costituito quando già fioccano i decreti ingiuntivi verrà presumibilmente dichiarato inopponibile ai creditori (revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c.). Quindi come misura preventiva ex ante può avere senso, ma come mossa dell’ultimo minuto no, anzi peggiora la posizione (dimostra intentio fraudis). Inoltre il fondo patrimoniale protegge solo dai debiti non contratti per esigenze dell’attività imprenditoriale: se il debito fiscale attiene all’attività d’impresa, il creditore può aggredire i beni in fondo (così molte sentenze). Insomma: non è panacea e non deve essere usato per sottrarre maliziosamente garanzie ai creditori. La miglior prevenzione rimane non esporsi oltre le proprie risorse e scegliere la forma societaria adatta.
6.2 Dopo l’uscita o la chiusura: come reagire
- Documentare tutto: Abbiamo ripetuto l’importanza dei documenti. L’ex socio dovrebbe conservare: l’atto di cessione/recesso, la ricevuta di deposito al Registro Imprese, visure storiche, bilancio finale di liquidazione, verbali di assemblea finale, piano di riparto, etc. Quando arriva una richiesta del creditore, presentare subito questi documenti (ad es. in una comparsa o in un ricorso) spesso chiarisce la situazione e può portare il giudice dalla propria parte già in sede cautelare. Anche eventuali comunicazioni coi creditori (email dove magari un creditore conferma di sapere che sei uscito e tratterà solo con chi resta – se esistono – le terrai).
- Non ignorare le citazioni o cartelle: A volte un ex socio pensa “non sono più socio, non mi riguarda” e snobba l’atto ricevuto. Errore grave: se sei ex socio di Snc e ti arriva un decreto ingiuntivo, devi fare opposizione nei termini se hai eccezioni, altrimenti diventa esecutivo. Se ti arriva una cartella per la ex società, devi presentare ricorso tempestivo; non farlo significa che poi diventa definitiva e più arduo contestare. Anche se sei convinto di non dover pagare, meglio attivarsi e far valere le tue ragioni formalmente. Ignorare può portare a pignoramenti, ipoteche, e dovrai opporre tardivamente con più difficoltà. Quindi: reagire puntualmente a ogni atto.
- Beneficiare di dilazioni o definizioni agevolate: Se risulta che comunque devi pagare (ad es. sei ex socio di Snc e il debito è tuo e basta), valuta con l’avvocato le opportunità di alleggerire il carico: ad esempio, le cartelle esattoriali a volte possono essere rottamate (definizioni agevolate con sconto sanzioni e interessi). Oppure chiedere rateizzazioni: Agenzia Riscossione concede fino a 72 rate mensili standard (6 anni) o 120 rate in casi di grave difficoltà. Una rateazione accettata blocca azioni esecutive e consente di evitare guai maggiori. Certo, se la somma è enorme e non sostenibile, si ragiona su soluzioni concorsuali o transattive.
- Rivalersi su altri coobbligati: Non dimenticare, se paghi tu più del dovuto, hai diritto di regresso. Se eri in Snc con altri, e hai pagato un debito sociale intero, puoi chiedere ai tuoi ex soci di rimborsarti la loro parte (di regola in proporzione alle quote di utile, se non diversamente pattuito). Se non collaborano spontaneamente, potrai agire in giudizio contro di loro. Certo, spesso se la Snc è saltata, i soci superstiti sono insolventi, quindi il tuo regresso è teorico. Ma se invece qualcuno è solvibile e magari se l’è cavata senza pagare nulla (es. creditore se l’è presa con te perché avevi immobili ipotecabili, l’altro nulla tenente è rimasto spettatore), moralmente e giuridicamente tu puoi fargli causa per ottenere la sua parte. Lo stesso per i soci di Srl in solido per conferimenti: se tu ex socio hai versato anche la quota di un altro (perché il curatore ha preso tutto da te per semplicità), hai azione di regresso contro l’altro ex socio per fargli pagare la sua parte di conferimento.
- Consultare esperti di crisi da sovraindebitamento: Se le somme in gioco superano nettamente le tue possibilità e non ci sono vie per contestare la responsabilità, può valere la pena parlare con un OCC (Organismo composizione crisi) o avvocati specializzati per vedere se puoi accedere al concordato minore o alla liquidazione controllata del debitore. In una liquidazione controllata, per esempio, metti a disposizione volontariamente i tuoi beni, si liquidano a favore dei creditori e ottieni l’esdebitazione più facilmente (anche senza soddisfarli integralmente). È come un mini-fallimento volontario da sovraindebitato, con però esdebitazione di diritto a fine procedura. Ci sono criteri da rispettare, ma per un ex socio disperato è una ciambella di salvataggio.
6.3 Caso di studio pratico:
Immaginiamo un esempio completo con elementi ricorrenti, e vediamo la difesa:
- Scenario: Mario e Luigi erano soci al 50% di Alpha SNC, azienda di materie plastiche. Mario si occupava di amministrare, Luigi era più investitore. Nel 2023 Mario lascia la società cedendo la sua quota a Luigi, che prosegue come ditta individuale (di fatto, la Snc si scioglie trasformandosi). Atto iscritto a giugno 2023. Debiti: fornitori €100k (di cui €60k sorti prima di giugno 2023, €40k dopo), banca €50k fido (garantito da Mario e Luigi personalmente), debiti IVA e INPS €30k (tutti riferiti al 2022). Luigi non regge, nel 2024 chiude l’attività e la Alpha Snc viene cancellata a maggio 2024 senza attivo (Luigi non paga nessuno e sparisce). Nel 2025 iniziano ad arrivare a Mario: decreti ingiuntivi di fornitori, una citazione della banca, e cartelle per IVA e INPS. Difesa di Mario:
- Fornitori: per i €60k di forniture ante-uscita, Mario è responsabile. Tuttavia alcuni contratti specifici magari sono stati conclusi dopo la sua uscita: dovrà esaminare le fatture per vedere se qualcosa è successivo a giugno 2023 e contestarlo. Per la maggior parte, essendo debiti pregressi, Mario dovrà pagarli se Luigi non ha pagato. Potrà chiedere eventualmente ai fornitori una transazione (magari “vi pago il 50% e chiudiamo”). Se fornitore ottiene decreto per €60k, Mario potrà opporre solo se ci sono contestazioni sul merito (merce difettosa, ecc.). Altrimenti, una volta esecutivo, conviene trattare. Per i €40k di forniture post-uscita (secondo semestre 2023 e inizio 2024), Mario non risponde: mostrerà la visura con la sua uscita a giugno 2023 e sarà esonerato.
- Banca: aveva un fido di €50k garantito. Mario, pur ex socio, rimane fideiussore. La banca cita Mario (e Luigi) per il saldo. Mario verificherà la fideiussione: se standard, potrebbe essere nulla per clausole anticoncorrenziali (ci sono state sentenze su fideiussioni ABI). Se sì, la contesterà. Se no, dovrà trovare un accordo (rateazione, saldo e stralcio). Dopo, potrà cercare Luigi per metà, ma Luigi è irreperibile forse. Potrebbe anche includere la banca in una procedura di sovraindebitamento se decide di farne una, offrendo un tot sul dovuto.
- IVA/INPS 2022 (€30k): Cartella con società e coobbligato. Mario era socio nel 2022, dunque responsabile illimitato. La Snc è estinta, quindi l’Agenzia Entrate Riscossione chiede a lui tutto. Mario però nota che la cartella include €5k di sanzioni. Farà ricorso: chiederà di stralciare le sanzioni perché non trasmissibili, ma per il resto, essendo debito periodo suo, non può negare. Dovrà magari negoziare una rateazione di quei €25k tra imposte e interessi. Se la cartella non fosse stata notificata alla società prima, magari c’è vizio di notifica? (questi dettagli tecnici fiscali andrebbero scrutati: se la società era già cessata e notifica non valida, ecc.). Ma poniamo tutto regolare: Mario dovrà pagare, magari con sconto sanzioni se ricorre.
- Esdebitazione finalissima: Mario, dopo aver affrontato tutto, avrà sul groppone: €60k fornitori + €50k banca + €25k fisco = €135k. Troppo. Può decidere di avviare una liquidazione controllata da sovraindebitato: mette a disposizione la sua casa (se ipotecata dalla banca, venderla e distribuire il ricavato) e l’auto, e lo stipendio per 4 anni in quota. Se i creditori recuperano qualcosa (anche 30%), a fine procedura Mario ottiene l’esdebitazione totale residua. Questo lo libererebbe completamente.
Ogni caso varia nei numeri e attori, ma l’esempio mostra come un ex socio di Snc rimane coinvolto e deve orchestrare difesa legale, negoziazioni e possibili procedure concorsuali personali. Il punto di vista del debitore deve essere lungimirante: sapere quando combattere la pretesa e quando invece conviene trovare un compromesso o una soluzione globale.
7. Domande frequenti (FAQ) sugli ex soci debitori
Di seguito raccogliamo alcune domande frequenti con risposte concise, come ripasso dei punti cruciali:
D1: Se lascio una società e c’è un debito bancario pregresso, ne rispondo ancora?
R: Sì, se eri socio illimitatamente responsabile (Snc, accomandatario), resti obbligato per quel debito contratto prima dell’uscita. La banca può richiedertelo anche dopo che sei uscito. Se invece eri socio di Srl/SpA e non hai firmato garanzie, non rispondi personalmente del debito bancario della società (il credito resta verso la società). Fa eccezione il caso di società cancellata: allora la banca può chiederti solo quanto hai avuto in liquidazione. Se hai garantito personalmente (fideiussione), l’uscita dalla società non ti libera a meno che la banca acconsenta.
D2: La società è stata chiusa con debiti verso fornitori. Mi possono fare causa dopo anni?
R: Se era una Snc/Sas, sì, i fornitori insoddisfatti possono sempre farti causa come ex socio illimitatamente responsabile; la chiusura della società non li priva del diritto di agire contro di te. Se era una Srl/SpA, i fornitori possono farti causa solo entro il limite di ciò che hai ricevuto tu in liquidazione. E comunque dovranno provare quell’importo e l’inadempimento. Non c’è un termine breve fisso per citarvi, se non la prescrizione del credito (di solito 5 anni da quando potevano agire).
D3: Sono stato socio al 30% di una Srl fallita. Il curatore può chiedere soldi a me?
R: Può chiederti solo di versare eventuali quote di capitale che avevi sottoscritto e non ancora versato (art. 2464 c.c. e art. 260 CCII). Non può chiederti di pagare i debiti sociali, a meno che tu abbia ricevuto soldi prima del fallimento in modo revocabile (es. restituzione di finanziamento soci un anno prima: in tal caso può revocarla e farti restituire i soldi al fallimento). Ma non sei responsabile in proprio dei debiti verso i creditori sociali – quelli li paga la procedura fallimentare col patrimonio sociale.
D4: Posso essere dichiarato fallito come socio di società fallita?
R: Se eri socio illimitatamente responsabile di Snc/Sas, sì: il tuo fallimento è automatico insieme a quello della società (salvo il caso di uscita un anno prima). Se eri socio di Srl/SpA (anche al 100%), no: i soci di capitali non falliscono per estensione. Il socio unico di Srl non fallisce per il solo fatto di esser tale, a meno che abbia commesso atti tali da qualificarsi imprenditore individuale (ma è altra storia).
D5: La Guardia di Finanza contesta evasioni alla società: da ex socio rischio qualcosa?
R: Civilmente, come detto, pagherai i tributi evasi nei limiti di legge (se società estinta, limite somme ricevute; se Snc, illimitatamente per periodo tuo). Penalmente, l’ex socio non è responsabile salvo abbia avuto ruolo gestionale. Quindi se eri solo socio di capitale e non amministratore, non verrai imputato di reati tributari commessi dagli amministratori.
D6: Dopo che ho pagato un debito sociale da ex socio, posso rivalermi sugli altri ex soci?
R: Sì. Tra ex soci di Snc vige il diritto di regresso in base alle quote di perdita (di solito proporzionale alle quote di partecipazione, salvo patto diverso). Ciò deriva dall’obbligo di contribuire tra soci. Quindi, se tu paghi l’intero debito della ex Snc, puoi chiedere agli altri di darti la loro parte (anche legalmente tramite giudice se non pagano spontaneamente). Similmente, tra fideiussori soci vige la co-obbligazione solidale con regresso. Tieni presente però la solvibilità: spesso uno paga tutto perché gli altri non hanno beni. Potrai ottenerne un credito di regresso, ma magari inesigibile. Però giuridicamente il diritto c’è.
D7: Ho scoperto che dopo la liquidazione il mio ex socio (amministratore) ha occultato dei beni invece di pagare debiti, e ora i creditori li chiedono a me. Cosa posso fare?
R: Questo è un caso di possibile responsabilità dell’amministratore o liquidatore. Tu, come ex socio debitore escusso, potresti valutare di aggredire il patrimonio del tuo ex socio amministratore per mala gestione. Ad esempio, se provi che ha distratto beni della società facendoli mancare al pagamento dei creditori, potresti agire in responsabilità (azione individuale del socio/terzo ex art. 2476 c.c. comma 7, se danno anche a te come socio) o addirittura sporgere denuncia per bancarotta fraudolenta se c’è fallimento. In pratica: se stai pagando tu perché un altro ha colpa grave, puoi trascinarlo in giudizio per fargli pagare i danni. Non è semplice, ma è fattibile. Così trasferisci almeno in parte il peso su chi ha causato la situazione. Questa non è tanto difesa verso creditori, ma rivalsa post-pagamento.
D8: Quali documenti devo allegare assolutamente in una causa in cui un creditore mi chiede un debito della ex società?
R: Documenti chiave: visura camerale storica della società (per provare date di cariche e di cessazione socio), atto di cessione o recesso (per sicurezza, ma la visura in genere basta), bilancio finale di liquidazione e piano di riparto (se società di capitali estinta), eventuali estratti di legge (come art. 2495 c.c., art. 2290 c.c.) per supporto normativo – il giudice li conosce ma citarli aiuta, corrispondenza rilevante (es. se creditore aveva fatto una liberatoria scritta). Allegare anche eventuali prove di pagamenti già effettuati (se creditore dice non hai pagato un debito ma tu sai che la società l’aveva pagato parzialmente, allega le ricevute). Insomma, prova ogni fatto a te favorevole: data di uscita, zero somme percepite, ecc. Nel contenzioso tributario, allega il bilancio finale, statuto, ogni cosa che mostri la tua posizione.
D9: Il curatore del fallimento Snc mi chiede conto di movimenti sul mio conto personale in cui transitavano soldi sociali. Cosa rischio?
R: Potrebbe sospettare che fossi socio di fatto amministratore che ha distratto denaro. Se quei movimenti sono prelievi non giustificati di soldi sociali verso di te, potresti essere oggetto di azione di responsabilità o perfino insinuazione per distrazione. Se li hai presi come utili ufficiali, potrà chiederne la restituzione (revocatoria). Dovrai giustificare la natura di quei movimenti (es. rimborso spese? restituzione di un tuo prestito? se documentato, difenditi così). Se non hai pezza giustificativa, rischi di doverli restituire al fallimento. È un caso specifico: morale, evita confusione di patrimoni – nella difesa ex post, la trasparenza è la tua amica.
8. Conclusioni e consigli finali
Dal percorso svolto emergono alcune conclusioni fondamentali sul tema “ex soci con debiti: come difendersi”:
- Conosci la tua posizione giuridica: La prima difesa è sapere esattamente quali obblighi la legge ti attribuisce come ex socio. Soci di Snc e accomandatari restano garanti integrali per i debiti sorti fino all’uscita. Soci di Srl/SpA no, salvo l’obbligo limitato di restituire quanto ricevuto in liquidazione. Questa consapevolezza ti fa capire su quali richieste hai margine di opposizione totale e su quali no.
- Tempestività e proattività: Non aspettare di essere travolto. Se esci dalla società, prendi iniziative: comunica ai creditori maggiori la tua uscita (in modo cortese, es. “dal tal giorno non rappresento più la società”). Se arriva una diffida o atto di un creditore, rispondi subito attraverso un legale, non lasciar scadere i termini. Spesso opporsi in limine può scoraggiare il creditore se la ragione è dalla tua parte.
- Documentazione in ordine: Abbiamo ribadito l’importanza di avere prove documentali. Molte cause si vincono o perdono sulla documentazione. Il giudice civile o tributario sarà molto più convinto dal vedere un certificato ufficiale o un bilancio, piuttosto che dalle sole dichiarazioni. Tieni copia di tutto (anche quando esci da socio, fatti rilasciare copia degli atti di liquidazione, non lasciare che se ne occupino solo altri).
- Fare squadra con eventuali co-obbligati: Se sei un ex socio e con te vengono citati altri ex soci (o garanti), coordinatevi nella difesa invece di procedere in ordine sparso. Potreste condividere spese legali e soprattutto evitare di dare versioni contrastanti. Ad esempio, se due ex soci ricevono stessa citazione di creditore sociale, presentare una difesa unitaria (magari con stesso avvocato) può dare più peso e chiarezza, oltre a dividere i costi. Diverso il caso in cui pensi di rivalerti su di loro: lì ognuno per sé. Ma di fronte al comune creditore, inizialmente conviene fare fronte comune.
- Valutare costi/benefici delle azioni legali: Opporsi e difendersi ha un senso se hai solide argomentazioni normative o fattuali. Se sai di dovere quel debito e non hai difese giuridiche (es. fornitura consegnata mentre eri socio, nessun vizio), dilazionare con cause infondate può solo aggiungere spese e interessi. Meglio in quei casi negoziare un pagamento ridotto o attendere magari una definizione agevolata se è il Fisco. La difesa intelligente sta anche nel riconoscere quando non ostinarsi in liti perse e cercare invece un accordo.
- Focus sul patrimonio personale: Dal punto di vista del debitore, difendersi significa proteggere i propri beni. Usa gli strumenti leciti: se temi pignoramenti su casa, valuta di aprire un dialogo col creditore per evitare l’esecuzione (ad es. offrendo un’ipoteca volontaria in cambio di più tempo, o mettendo in vendita spontanea l’immobile per pagare il debito). Se hai uno stipendio, sappi che può essere pignorato (di norma 1/5); magari proporre tu una cessione del quinto volontaria per pagare un debito può far evitare altre misure. Sono tattiche da concordare col legale e il creditore.
- Lezioni apprese per il futuro: Spesso chi esce scottato da queste vicende impara l’importanza della forma societaria giusta e di non dare garanzie personali leggere. In future iniziative imprenditoriali, ricorda questa esperienza: se hai subito come ex socio di Snc, magari opterai da subito per una Srl; se hai firmato fideiussioni a sproposito, ci penserai due volte; se hai trascurato la contabilità e i doveri fiscali, saprai che poi presentano il conto al tuo patrimonio personale.
In conclusione, difendersi come ex socio debitore richiede una combinazione di conoscenza legale, attenzione tempestiva e strategia negoziale. La legge italiana offre vari strumenti per evitare ingiustizie (come non far pagare chi non ha avuto benefici, grazie alla giurisprudenza sulle società estinte), ma richiede al debitore di attivarsi e farli valere. Con le informazioni e accorgimenti esposti in questa guida, un ex socio potrà affrontare con maggiore sicurezza eventuali battaglie legali, proteggendo i propri diritti e minimizzando i danni economici.
Fonti
- Codice Civile, artt. 2290, 2291, 2304 (responsabilità soci nelle società di persone).
- Codice Civile, art. 2495 (responsabilità dei soci di società di capitali dopo liquidazione).
- D.P.R. 29/09/1973 n.602, art. 36, c.3 (responsabilità di soci per imposte di società estinte).
- Cass. Civ. Sez. Un. 12/02/2025 n. 3625 – Successione dei soci nei debiti tributari della società estinta, condizioni e limiti.
- Cass. Civ. 27/03/2013 n. 7688 – Socio uscente di Snc non responsabile per obblighi sorti dopo l’uscita se pubblicizzata.
- Cass. Civ. Sez. Un. 22/02/2013 nn. 6070-6072 – (Richiamate da SS.UU. 2025) Principio dell’estinzione della società e successione limitata dei soci nei crediti/debiti residui.
- Cass. Civ. 24/11/2023 n. 32729 – Ordinanza su responsabilità ex socio ex art. 2495 c.c. (citata da Osservatorio Corporate).
- Tribunale di Milano, Sent. 03/12/2019 n. 11105 – Caso S.r.l. semplificata: esclusa responsabilità soci per sottocapitalizzazione manifesta.
- D.lgs. 14/2019 (Codice della crisi), artt. 256 (liquidazione giudiziale soci illimitati), 260 (richiesta versamenti soci in procedura), 282 (esdebitazione di diritto a fine liquidazione controllata).
- Cass. Civ. 23/06/2020 n. 16263 – Esdebitazione socio fallito in estensione (il socio illimitatamente responsabile fallito può ottenere esdebitazione anche se soddisfatti parzialmente i creditori sociali).
- Cass. Civ. 08/03/2025 n. 6201 – (Cit. da StudioAlessio.eu) Ordinanza su soci di società estinta, conferma orientamenti su limiti di responsabilità (non dettagliata sopra, ma rilevante per trend giurisprudenziale 2025).
- Cass. Civ. 19/01/2022 n. 1516 – (citata da DirittoBancario.it Norme Tributi) – su responsabilità amministratori di Srl fallita (mala gestio e art. 2394 esteso).
- D.Lgs. 472/1997, art. 8 – Intrasmissibilità delle sanzioni tributarie agli eredi e successori.
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Conclusione
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