Hai ricevuto un avviso di accertamento perché il Fisco ti contesta conti correnti o redditi detenuti in Francia?
Grazie allo scambio automatico di informazioni tra Stati UE, l’Agenzia delle Entrate ha accesso ai dati relativi a conti bancari, investimenti e immobili posseduti dai contribuenti italiani in Francia. Se queste attività non vengono dichiarate, il rischio è di vedersi contestare imposte, interessi e sanzioni anche molto pesanti.
Quando scattano le contestazioni
– Se non hai dichiarato conti correnti, depositi o investimenti detenuti in Francia
– Se non hai compilato il quadro RW per il monitoraggio fiscale
– Se non hai dichiarato redditi da affitti, dividendi, interessi o plusvalenze prodotti in Francia
– Se i movimenti bancari da e verso la Francia non sono coerenti con i redditi dichiarati in Italia
Cosa rischia il contribuente
– Recupero delle imposte sui redditi esteri non dichiarati
– Sanzioni dal 3% al 15% degli importi non monitorati (percentuali più alte in caso di violazioni gravi)
– Applicazione di interessi di mora che aumentano il debito
– Contestazione del reato di dichiarazione infedele o omessa dichiarazione se vengono superate le soglie penali
– Possibili sequestri, pignoramenti o ipoteche sui beni in Italia
Come difendersi da un avviso di accertamento legato alla Francia
– Verificare la correttezza dei dati ricevuti dall’Agenzia delle Entrate attraverso lo scambio internazionale
– Dimostrare che i capitali o i redditi contestati sono già stati tassati in Francia o non sono imponibili in Italia
– Produrre documentazione bancaria, contrattuale e fiscale che provi la provenienza legittima delle somme
– Contestare errori di calcolo, presunzioni arbitrarie o dati incompleti
– Dimostrare la buona fede in caso di omissioni dovute a dubbi interpretativi o a incertezza normativa
– Regolarizzare la posizione con dichiarazioni integrative o ravvedimento operoso, se l’atto non è definitivo
– Impugnare l’avviso davanti alla Corte di Giustizia Tributaria entro i termini previsti
Cosa si può ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale della pretesa fiscale
– La riduzione delle sanzioni tramite la dimostrazione della buona fede o con strumenti deflattivi
– La sospensione delle procedure esecutive collegate all’accertamento
– La tutela del patrimonio personale e familiare
– La possibilità di chiudere la posizione pagando solo quanto realmente dovuto
Attenzione: anche se la Francia è un Paese UE e non un paradiso fiscale, i redditi esteri non dichiarati vengono comunque considerati imponibili in Italia. Molte contestazioni si basano su presunzioni che possono essere ribaltate con una difesa documentata.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in fiscalità internazionale e contenzioso tributario – ti spiega come affrontare un avviso di accertamento per conti o redditi in Francia e quali strategie legali adottare per difenderti.
Hai ricevuto un avviso di accertamento per redditi o conti in Francia?
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Introduzione
Il contribuente residente in Italia che detiene conti o produce redditi in Francia deve fare i conti (letteralmente) con gli obblighi dichiarativi internazionali e con i potenziali controlli fiscali. Negli ultimi anni l’Agenzia delle Entrate ha intensificato lo scambio automatico di informazioni (CRS/DAC2) tra Stati, perciò dati su conti esteri, investimenti o redditi prodotti in Francia vengono periodicamente trasmessi alle autorità italiane. L’Agenzia li incrocia con le dichiarazioni dei redditi, individuando eventuali discrepanze o omissioni. Se emerge che un contribuente residente non ha dichiarato un conto all’estero o un reddito da Francia, l’Agenzia può notificare un avviso di accertamento, che contestando le violazioni ridetermina le imposte dovute ed applica sanzioni.
Questa guida avanzata – aggiornata a luglio 2025 – spiega in dettaglio come funziona il sistema di accertamento internazionale, quali regole italiane si applicano, quali sanzioni scattano e soprattutto come il contribuente può difendersi da un avviso di accertamento relativo a conti o redditi in Francia. Saranno illustrate le norme di diritto tributario (residenza fiscale, TUIR, quadro RW, IVIE/IVAFE, convenzioni bilaterali), gli strumenti di cooperazione (DAC2/CRS), la prassi e la giurisprudenza più recenti. La trattazione, pur tecnica e di livello avanzato, è scritta in linguaggio giuridico-divulgativo per avvocati, consulenti fiscali, imprenditori e privati; include tabelle riepilogative, simulazioni pratiche in ambito italiano, ed una sezione di domande e risposte sui dubbi più frequenti. Il punto di vista è quello del contribuente (debitore), che cerca di regolarizzare o difendere la propria posizione tributaria.
1. Quadro normativo italiano
1.1 Residenza fiscale e tassazione del reddito mondiale
In base al nostro ordinamento (D.P.R. 917/1986, c.d. TUIR), un individuo è considerato residente in Italia se trascorre sul territorio nazionale più di 183 giorni all’anno, o ha al centro degli interessi economici e vitali l’Italia. I residenti fiscali dichiarano in Italia i redditi prodotti ovunque (“tassazione del reddito mondiale”, art.4 TUIR). Ciò implica che gli interessi, i dividendi, i redditi da lavoro o da attività finanziarie percepiti su conti o investimenti detenuti in Francia concorrono alla formazione del reddito complessivo italiano e vanno dichiarati (in particolare nel quadro RL/RT del Modello Redditi PF).
Parallelamente all’imposizione IRPEF sui redditi, il legislatore italiano ha previsto obblighi di monitoraggio fiscale delle attività estere (Quadro RW) per tutti i residenti. Il monitoraggio serve a rilevare e segnalare al Fisco italiano consistenze patrimoniali e movimenti di capitali all’estero, anche se non producono reddito imponibile. In pratica, il TUIR (art. 4 e segg.) – nonché decreti successivi – impone ai soggetti fiscalmente residenti in Italia di indicare annualmente, nella dichiarazione dei redditi, gli investimenti e le attività finanziarie detenute all’estero, quali conti correnti bancari esteri, depositi, quote societarie estere, polizze finanziarie estere, cripto-attività, ecc..
- Quadro RW (monitoraggio fiscale) – I contribuenti residenti in Italia devono compilare il quadro RW della dichiarazione annuale per gli investimenti e le attività estere. In particolare, devono indicare tutti i saldi e movimenti di conti correnti esteri e di investimenti finanziari esteri detenuti nell’anno. Solo nel caso di depositi bancari o conti correnti esteri è previsto un limite di esenzione: se il saldo complessivo massimo annuale dei conti esteri (tutti conti sommati) non supera 10.000 € nel corso dell’anno (art.2, comma 4-bis, D.L. 28/2014), non si deve compilare il RW. Questo significa che saldi superiori a 10k obbligano alla compilazione. Nota: la soglia si applica solo ai conti bancari, non ad altri beni esteri (immobili, partecipazioni, cripto), e non esonera dall’indicazione di redditi derivanti da tali conti. Inoltre, il contribuente deve indicare nel RW anche gli investimenti disinvestiti nel corso dell’anno (ad esempio, se ha chiuso il conto a giugno ma lo aveva aperto a gennaio).
- Obbligo dichiarativo dei redditi esteri – I redditi percepiti da attività estere (francesi) vanno indicati nella dichiarazione dei redditi italiana: ad esempio, interessi su un conto corrente francese, dividendi di una società francese, plusvalenze da cessione di azioni estere, o redditi da lavoro (dipendente o autonomo) generati in Francia. Tali redditi concorrono al reddito complessivo e sono tassati secondo le aliquote IRPEF vigenti. Se in Francia è stata applicata una ritenuta alla fonte, il contribuente italiano può solitamente detrarre quell’imposta estera come credito d’imposta, evitando la doppia imposizione (secondo le convenzioni internazionali). Tuttavia, il mero pagamento di tasse in Francia non solleva dall’obbligo di dichiarazione in Italia: i dati dei redditi esteri saranno comunque acquisiti dall’Agenzia Entrate via CRS e confrontati con la dichiarazione.
- IVIE/IVAFE – Per i beni immobili o le attività finanziarie estere possedute da persone fisiche italiane (es. casa di proprietà in Francia, depositi bancari esteri), esistono imposte patrimoniali (IVIE per immobili, IVAFE per attività finanziarie) da versare in Italia. Tali imposte vanno calcolate e versate dal residente. L’avviso di accertamento può contestare anche il mancato versamento di IVIE/IVAFE relativo a un immobile o conto estero non indicato.
- Convenzione bilaterale Italia-Francia – L’Italia e la Francia hanno stipulato una convenzione contro le doppie imposizioni (basata sul Modello OCSE) che disciplina la tassazione di diversi tipi di reddito transfrontaliero e contiene una clausola di scambio di informazioni (art.26), finalizzata a prevenire l’evasione fiscale. Grazie a questa convenzione ed agli obblighi europei/Ocse (CRS), le autorità fiscali italiane e francesi si scambiano dati sui conti e redditi dei rispettivi residenti. In particolare, l’art.26 del modello OCSE (prevalente in ambito DTA) impone lo scambio di informazioni su richiesta o, in certi casi, in via automatica. Pertanto, la Francia invia all’Italia informazioni sui conti dei residenti fiscali italiani e viceversa (automaticamente, secondo il Common Reporting Standard Europeo).
1.2 Obblighi di monitoraggio e sanzioni
La violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale (quadri RW) è sanzionata in modo severo. In sintesi:
- Sanzioni RW – La mancata o incompleta indicazione delle attività estere è punita con sanzioni amministrative proporzionali al valore omesso. In particolare, per il monitoraggio delle attività finanziarie (conti correnti, investimenti) detenute all’estero la legge prevede una sanzione dal 3% al 15% degli importi omessi. Se gli investimenti esteri si trovano in Paesi “paradisi fiscali” (ai sensi del D.M. 4.5.1999), la sanzione sale al 6%-30% degli importi omessi (questa regola però dal 2024 non include la Svizzera). Inoltre, se la dichiarazione viene presentata tardivamente entro 90 giorni dai termini, si applica una sanzione forfettaria fissa di €258 anziché quella proporzionale.
- Sanzioni sui redditi esteri non dichiarati – L’omessa dichiarazione dei redditi esteri (oltre a quella patrimoniale) comporta l’applicazione delle sanzioni ordinarie per dichiarazione infedele/omessa (ai sensi del D.Lgs. 472/1997). In caso di avviso di accertamento fondato su presunzione di redditi esteri sottratti a tassazione, la sanzione minima è del 90% dell’imposta dovuta e può arrivare fino al 180% (raddoppiata al 240% se i redditi provengono da paradisi fiscali, benché Francia non sia in tale lista). Quindi, omissioni sostanziali di redditi esteri possono comportare sanzioni fino al 180-240% dell’imposta accertata.
- Ravvedimento operoso – Se il contribuente si accorge di un’omissione prima di qualsiasi verifica ufficiale, può regolarizzare spontaneamente (ravvedimento) con sanzioni ridotte. In tal caso la sanzione è ridotta ai minimi previsti (ad esempio l’1/10 di quella ordinaria, art.13 D.Lgs.472/97). Il ravvedimento è possibile purché la dichiarazione dei redditi sia stata comunque presentata (o sia presentata insieme alla regolarizzazione) e non siano già iniziati atti formali di accertamento. Ad esempio, se si ricevono dati dal CRS e si regolarizza entro i termini, la sanzione sul RW può scendere al 3% anziché al 15%.
- Sanzioni penali – Gravi violazioni possono configurare reati tributari. In particolare, l’art.5-bis del D.P.R. 600/1973 prevede la reclusione fino a 4 anni se un contribuente residente in Italia non dichiara all’estero (o tramite trust/società estera) beni o redditi esteri per almeno €100.000 in un anno (maggiore assoluto dovuto). In caso di “evasione di entità rilevante” superiori a questa soglia, l’Amministrazione finanziaria effettuerà anche la segnalazione all’autorità giudiziaria. In effetti, come osserva una guida specialistica, se emerge una violazione di rilevanza penale l’Agenzia “provvederà al recupero delle imposte evase e, qualora l’evasione sia di entità rilevante, segnalerà il fatto all’Autorità giudiziaria”.
1.3 Notifica degli atti fiscali
L’avviso di accertamento va notificato al contribuente secondo le regole ordinarie del Codice di Procedura Civile (art.60 e ss. c.p.c. per i residenti). Se il destinatario ha residenza o domicilio in Italia, l’atto deve essere consegnato in mano o inviato tramite A/R all’indirizzo comunicato in dichiarazione. Se il contribuente risiede all’estero, l’Agenzia deve seguire particolari modalità (art.143 c.p.c., notifiche internazionali). Una pronuncia della Cassazione (Cass. civ. ord. 29865/2024) chiarisce che l’iscrizione all’AIRE (Anagrafe italiani residenti all’Estero) e la manifestazione di un indirizzo estero non bastano automaticamente a invalidare la notifica: per contestare validamente la residenza occorrono le formalità dell’art.44 cod. civ. (dichiarazione di trasferimento di residenza al Comune di partenza e a quello di arrivo). In pratica, anche se il contribuente dichiara di essersi trasferito in Francia, se non ha completato i passaggi formali la notifica si considera regolare. Dunque, per l’intimazione dell’avviso di accertamento è fondamentale verificare la corretta dichiarazione di residenza del contribuente; in mancanza della doppia comunicazione di legge, lo stato italiano potrebbe comunque notificare regolarmente. D’altra parte, la Cass. pen. 40119/2024 evidenzia che, se si conosce l’indirizzo estero del destinatario (o luogo di lavoro) e un recapito telefonico, la mera telefonata non sostituisce la notifica formale: è necessario tentare la notifica ordinaria all’estero prima di dichiarare il contribuente “irreperibile”.
2. Cooperazione fiscale Italia–Francia
2.1 Standard internazionale e normativa europea
Il sistema di scambio automatico di informazioni sui conti finanziari (AEOI) è stato introdotto a livello globale dall’OCSE (CRS – Common Reporting Standard) e recepito in Europa con la Direttiva 2014/107/UE (c.d. DAC2) che ha modificato la Direttiva Cooperazione Amministrativa (2011/16/UE). La direttiva DAC2 obbliga gli Stati membri a scambiarsi ogni anno le informazioni sui conti finanziari detenuti dai rispettivi residenti. L’Italia ha recepito tale obbligo con legislazioni interne (es. D.Lgs. 147/2015 e provvedimenti attuativi) e ha istituito procedure telematiche per le istituzioni finanziarie italiane (banche, assicurazioni, ecc.) che comunicano entro il 30 giugno all’Agenzia delle Entrate i dati dei conti di clienti esteri. A sua volta, l’Agenzia trasmette ai Paesi esteri i dati dei conti italiani entro il 30 settembre.
Parallelamente esiste uno standard globale CRS gestito dall’OCSE (adottato da oltre 100 Paesi) che estende lo scambio anche oltre l’UE. La Francia partecipa sia al CRS che a FATCA (Accordo con gli USA), ma per i contribuenti italiani interessa in primo luogo il CRS/DAC2 comunitario, anch’esso già operativo dal 2017 (con gli scambi relativi al 2016). Recentemente (2023) l’Italia ha aggiornato la normativa in materia, estendendo lo scambio automatico anche ad altre tipologie di dati (ad esempio DAC6 sui meccanismi transnazionali, DAC7 per le piattaforme online, e il nuovo DAC8 per cripto-attività).
Il risultato pratico è che le banche e gli intermediari francesi raccolgono e inviano all’amministrazione francese, e da lì all’Italia, tutte le informazioni rilevanti sui conti di persone italiane: saldo, giacenza media, interessi, titoli detenuti, dati anagrafici del titolare, etc. L’OCSE stesso sottolinea che grazie a CRS “i dati finanziari detenuti saranno annualmente trasmessi all’Agenzia delle Entrate italiana… questi dati potranno essere utilizzati per controllare la regolarità fiscale del contribuente”. In sostanza, il fatto di avere conti o investimenti in Francia è venuto meno in termini di segretezza: l’Agenzia delle Entrate riceve sistematicamente tali dati ed ha gli strumenti per verificare la corrispondenza con quanto il contribuente ha dichiarato in Italia.
2.2 Flusso informativo CRS/DAC2
In pratica, gli adempimenti informativi procedono così:
- Banche francesi: entro fine giugno di ogni anno comunicano alla francese direzione delle imposte i dati dei conti dei non residenti francesi (inclusi gli italiani residenti in Italia).
- Autorità fiscali francesi: trasmettono all’Italia (Agenzia Entrate) questi dati via piattaforma elettronica comune UE (Common Transmission System) entro fine settembre.
- Agenzia delle Entrate (Italia): riceve i dati dei conti esteri dei residenti italiani (anagrafica e movimenti) entro il 30 settembre. Questi dati vengono confrontati con la dichiarazione dei redditi e il quadro RW presentati dal contribuente italiano. Simultaneamente, i dati dei conti italiani di contribuenti francesi sono trasmessi alle autorità francesi.
Questa procedura è automatizzata e si ripete annualmente. Le istruzioni tecniche aggiornate (emesse anche nel 2019 e 2025) specificano i formati XML da usare e le scadenze (ad es. provvedimento del Direttore Agenzia Entrate del 28/12/2015 n.125650). Grazie a ciò, l’Agenzia può scoprire ad esempio: conti correnti francesi aperti e giacenze, nuovi investimenti esteri, rimborsi o prelievi di denaro, ecc. L’entrata in vigore del CRS (fine 2017) ha “cambiato per sempre il rapporto tra cittadini e conti esteri” – avverte una guida specializzata – perché “ormai i conti correnti, i depositi di titoli, le polizze finanziarie e altre attività detenute in Paesi esteri diventano trasparenti per il fisco”. In concreto, ciò comporta che chi possiede redditi o patrimoni in Francia e non li dichiara viene quasi certamente scoperto dal Fisco.
3. Dalla lettera di compliance all’avviso di accertamento
Quando l’Agenzia riceve dati via CRS (o via trattato bilaterale) sulle attività estere di un contribuente italiano, solitamente prima di un avviso di accertamento invia una lettera di compliance (avviso di irregolarità) al contribuente. Questa lettera (c.d. “lettera di compliance CRS”) indica le anomalie riscontrate: elenca i conti, gli investimenti, o i redditi individuati e chiede al contribuente di regolarizzare. Il contribuente deve rispondere o regolarizzare entro breve termine (di solito 30-90 giorni). I dati indicati in lettera confrontano quanto trovato dal CRS con quanto dichiarato in passato.
Per esempio, potrebbe riportare (ipotesi tratta dalla prassi): “Conto corrente in Svizzera – giacenza annua max: €256.000 – interessi €1.500 – non dichiarati”. Questo implica che il contribuente doveva inserire in RW un investimento estero di 256.000€ e in dichiarazione 1.500€ di redditi da capitale. Se non l’ha fatto, la lettera invita a regolarizzare (pagando imposte, interessi e sanzioni ridotte). Nella pratica, analizzando la corrispondenza della lettera di compliance con i propri dati, si individuano tre casi tipici:
- Caso A – Omessa dichiarazione: Il contribuente conferma che gli investimenti o i redditi esteri non erano stati riportati in dichiarazione né in RW. In questo caso deve procedere alla regolarizzazione spontanea (ravvedimento) se è nei termini e senza essere ancora notificato. Ad esempio, può presentare ora una dichiarazione integrativa nel termine breve (o un mod. REDDITI integrativo) indicando i redditi omessi e compilando il quadro RW mancante, pagando le imposte (più interessi) e la sanzione ridotta (3-15%).
- Caso B – Differenze formali: Il contribuente aveva già dichiarato gli stessi redditi o conti, ma per qualche errore formale (ad esempio: arrotondamenti, valuta convertita in modo diverso, lettere dell’anagrafica diverse) i dati non coincidono esattamente con quelli segnalati dalla Francia. In questo caso si verifica se effettivamente vi è discrepanza documentale. Spesso basta predisporre documentazione probatoria (estratti conto, lettere del broker) e rispondere all’Agenzia spiegando l’errore formale. Se l’errore è minore, a volte basta un chiarimento scritto con la documentazione giustificativa.
- Caso C – Non obbligo di dichiarazione: In alcuni casi il contribuente potrebbe non essere tenuto a dichiarare i dati segnalati. Ad esempio: se al momento degli investimenti non era residente in Italia o era residente in Francia (e tale status è dimostrabile), oppure se gli investimenti appartenevano a una società di cui non era effettivo beneficiario, o se l’attività era esente (come per i frontalieri che beneficiano di convenzioni specifiche). In questi casi l’Agenzia delle Entrate non poteva chiedere quelle informazioni; di conseguenza il contribuente non deve regolarizzare ciò che per legge non gli compete. Tuttavia deve fornire risposta all’Agenzia spiegando la propria situazione – richiedendo ad esempio l’annullamento dell’anomalia – e documentando l’esenzione o l’assenza di obbligo.
In altre parole, la prima difesa consiste nello verificare con attenzione i dati comunicati dall’Agenzia (tramite lettera o via cassetto fiscale) ed identificare se realmente vi è omissione o no. Come consiglia una guida operativa: occorre controllare passo-passo la tabella di anomalie (elenco conti-anno-interesse) per capire se: (a) l’anomalia è corretta (cioè è vero che non si era dichiarato qualcosa), (b) può essere sanata (con ravvedimento), oppure (c) è palesemente estranea (e va contestata). La tabella tipica di una compliance segnala anno di riferimento, istituto estero, saldo, redditi (interessi o dividendi), e relativi codici IBAN/BIC.
Esempio pratico: Un contribuente italiano residente riceve lettera di compliance per l’anno 2022 con questa indicazione: “Deposito in Banca francesce X – saldo max 2022: €50.000 – redditi da interessi €1.000”. Il contribuente verifica e scopre di non aver riportato nel RW il deposito estero (superiore a 10k) e non aver dichiarato gli interessi percepiti. Si tratta di un’omissione (Caso A). Quindi provvede a una dichiarazione integrativa, calcolando: IRPEF su 1.000€ = 260€ (aliquota 26%), interessi di mora, e sanzione ridotta sul RW (ad es. 3% di 50.000 = 1.500€). Se invece il conto era solo di passaggio (ad es. trasferito a dicembre), poteva bastare riportarlo come esistenza massima o puntualizzare che il saldo residuo era inferiore a 10k.
Se invece il conto risultasse a nome di un familiare, o il contribuente stesse in Francia a titolo lavorativo (non residente fiscale italiano), allora l’obbligo di RW potrebbe non scattare. In ogni caso non bisogna ignorare la comunicazione: in caso di silenzio l’Amministrazione continua verso l’accertamento. Anzi, come sottolinea il settore, “se non rispondi, l’accertamento diventa definitivo”.
3.1 Dal “Cassetto fiscale” alla regolarizzazione
Una volta ricevuta la lettera o comunque informato dell’anomalia via Fisconline/Cassetto fiscale, il contribuente dovrebbe accedere all’area riservata dell’Agenzia Entrate. Qui può scaricare gli elenchi dei dati ricevuti e confrontarli con le proprie dichiarazioni. In caso di omissione, entro 90 giorni dall’anomalia è possibile correggere spontaneamente tramite ravvedimento operoso – presentando integrativa, pagando le imposte mancanti, interessi legali e la sanzione proporzionale ridotta. Dopo i 90 giorni o in caso di avviso già notificato, l’unica opzione è impugnare l’accertamento.
È opportuno annotare tutti i passaggi: note, contatti con intermediari (banche francesi), e conservare ogni documentazione (estratti conto, contratti, dichiarazioni fiscal french). Queste saranno utili sia per la regolarizzazione che per l’eventuale contenzioso. Ad esempio, se la banca francese fornisce un rendiconto ufficiale delle giacenze e degli interessi pagati, servirà per provare che quei dati erano già noti o diversi da come l’Agenzia li interpreta.
4. Contenuti tipici dell’avviso di accertamento
Se il contribuente non regolarizza o riscontra imprecisioni nella fase di compliance, l’Agenzia delle Entrate può emettere l’avviso di accertamento. Tale atto formale contesta le violazioni ipotizzate e ridetermina le imposte, applicando sanzioni e interessi. Dal punto di vista del destinatario (debitore), è fondamentale analizzare attentamente il contenuto dell’avviso per capire l’ambito dell’accertamento e le argomentazioni difensive. Un avviso di accertamento relativo a conti o redditi esteri in Francia può contenere:
- Sezione anagrafica e dati notifiche: conferma i dati del destinatario (nome, codice fiscale, indirizzo), i riferimenti della dichiarazione oggetto di controllo (anno, tipo dichiarazione), e la tipologia di atto (art. 43 DPR 600/73 – redetermina imposte sui redditi). Riporta la data e il metodo di notifica. È essenziale verificare che la notifica sia stata effettuata correttamente. In questa fase si possono eccepire difetti di notifica (es. indirizzo sbagliato, mancata prova di ricezione, mancato rispetto dei termini), facendo riferimento anche alla giurisprudenza (Cass. 29865/2024 sull’AIRE, Cass. 40119/2024 sulla notificazione all’estero).
- Oggetto dell’accertamento: viene elencata la presunta omissione. Ad esempio, “investimenti ed attività finanziarie detenute all’estero non dichiarate”, con specifica degli anni di riferimento e degli estremi dei conti (nominativo banca, IBAN/BIC). Oppure: “redditi da capitale esteri non dichiarati” (interessi, dividendi) o “redditi di lavoro all’estero non dichiarati”. L’avviso di solito suddivide gli elementi: imponibili omessi (come redditi di capitale), base imponibile ricostruita, e sanzioni sull’omissione RW. Se sono coinvolti immobili in Francia, menzionerà anche IVIE omesse.
- Calcolo delle imposte e sanzioni: vengono quantificate le imposte aggiuntive, gli interessi di mora e le sanzioni. Ad esempio, sugli interessi esteri omessi si applicherà l’aliquota IRPEF corrispondente (26% di recente) e relativa aliquota addizionale, con interessi legali. Sulle giacenze patrimoniali estere omesse nel RW si applicherà la percentuale sanzionatoria (3-15%) sul valore dell’investimento. Spesso l’avviso illustra lo scaglione minimo e massimo di sanzione, indicando la base (somma delle giacenze massimo rilevate). Se esistono elementi qualificati come paradiso fiscale (tipicamente non il caso della Francia), la sanzione sarebbe aumentata. L’avviso esplicita inoltre i riferimenti normativi (art.5 D.L. 167/1990 per RW, art.1 D.Lgs.472/97 per redditi).
- Eccezioni e riduzioni: Spesso gli avvisi moderni ricordano al contribuente la facoltà di ridurre le sanzioni se non si oppone (“ravvedimento coercitivo” o “aderenza”). Ad esempio, si può trovare menzione dell’art.6, comma 3, D.Lgs. 472/97, che prevede lo sconto di 1/3 delle sanzioni se il contribuente versa entro 60 giorni dall’atto【73†】 (anche se l’atto dà 60 gg per impugnare; con accollo anche in autoadempimento si può ridurre la sanzione). Si ricorda anche la possibilità del ravvedimento ordinario se la dichiarazione omessa è ancora presentabile. Tuttavia, dopo la notifica, l’unica via è il ricorso, non il ravvedimento ordinario.
4.1 Come rispondere all’avviso
Alla ricezione dell’avviso di accertamento, il contribuente deve decidere come reagire entro 60 giorni dalla notifica (il termine ordinario per proporre ricorso in Commissione Tributaria). Le opzioni principali sono:
- Ravvedimento (autotutela) se i termini lo consentono: pagando subito in via spontanea il dovuto con riduzione delle sanzioni (art.13 D.Lgs.472/97). Occorre tuttavia aver presentato la dichiarazione dei redditi (eventualmente integrativa nei termini). Questa soluzione è percorribile se l’Agenzia consente (a volte anche dopo l’avviso si può regolarizzare con ravvedimento endoprocedimentale, seppur più complesso).
- Adesione agli esiti dell’accertamento: si versa quanto richiesto e si rinuncia a ricorrere, beneficiando della maggiorazione di solo 1/3 sulle sanzioni. Questa è una forma di definizione automatica che semplifica la procedura ma non elimina completamente l’accertamento. In pratica il contribuente “accetta” l’avviso pagando con riduzioni. Gli atti non vengono quindi appellati. Questa opzione potrebbe avere senso se i conti/conti segnalati sono effettivamente in parte corretti (es. solo una piccola differenza) e la contestazione è giustificata. Il vantaggio è risparmiare le spese legali di giudizio e la maggiorazione piena di sanzioni. Tuttavia occorre essere certi che il calcolo dell’Agenzia sia corretto, perché in caso di errore si rinuncia a contestare.
- Ricorso tributario (contenzioso): se si ritiene che l’accertamento sia infondato o viziato, si può impugnare in Commissione Tributaria Provinciale entro 60 giorni. Le ragioni di impugnazione possono essere: nullità o vizi di notifica, vizio di motivazione, erronea ricostruzione dei fatti, applicazione illegittima di norme, sproporzione delle sanzioni, inapplicabilità dell’obbligo dichiarativo al caso concreto, ecc. In questa fase la difesa giuridica è molto articolata: sarà necessario presentare memorie, produrre documenti (estratti conto originali francesi, contratti, sentenze che chiariscono l’obbligo di RW, ecc.), ed eventualmente partecipare a udienza in camera di consiglio (non è ammessa discussione orale nel processo tributario). Occorrerà valutare anche le decisioni di merito (CTR) e in alcuni casi arrivare fino alla Cassazione.
L’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia non è definitivo fino alla scadenza del termine per ricorso, né automaticamente vincolante se impugnato. Tuttavia, come ricordato, ignorare una comunicazione del Fisco è un grave errore: in assenza di risposta l’accertamento diventa esecutivo. Perciò è fondamentale agire tempestivamente: anche solo presentare un ricorso, anche se non pienamente favorevole, sospende (in parte) l’efficacia dell’atto in attesa di giudizio.
5. Sentenze e prassi recenti
Negli ultimi anni la giurisprudenza italiana si è pronunciata su vari aspetti del monitoraggio fiscale e delle notifiche estere. Alcune delle più recenti e autorevoli sentenze riguardano:
- Omissione del quadro RW – Con la sentenza n. 28077 del 30 ottobre 2024, la Cassazione ha stabilito che l’omessa indicazione delle attività finanziarie estere nel quadro RW non è una mera irregolarità formale, bensì sostanziale. Ciò significa che, anche se da tale omissione non derivasse un effettivo danno erariale (ad es. reddito non imponibile o già tassato), la condotta rimane una violazione sostanziale e il contribuente non può limitarsi a invocare “irregolarità formale”. La Corte ha confermato che l’Agenzia ha correttamente applicato una sanzione anche se al minimo, rigettando la tesi del contribuente che lamentava sproporzione. In sostanza, l’omessa dichiarazione RW si presume rilevante di per sé. Questa pronuncia conferma che nelle controversie fiscali il contribuente deve portare prove concrete di errato calcolo dell’imposta (o della sanzione) e non potrà contare sul fatto che lo Stato non abbia subito un danno diretto.
- Notifiche all’estero – Come visto in precedenza, due recenti decisioni della Cassazione hanno riguardato gli adempimenti per notificare all’estero. Cass. civ. ord. 29865/2024 ha chiarito che il semplice trasferimento di residenza all’estero, ancorché iscritto all’AIRE, non annulla la validità della notifica se non vi sono prove formali del trasferimento secondo art.44 c.c.. Dal lato penale, Cass. pen. 40119/2024 ha ribadito che la regolarità formale della notifica del decreto di citazione è condizione necessaria ma non sufficiente: prima di procedere in contumacia si deve accertare l’avvenuta conoscenza dell’imputato tramite gli strumenti di notifica previsti (e l’eventuale tentativo di notificazione all’estero). Queste sentenze sottolineano l’importanza di seguire scrupolosamente la procedura notificatoria internazionale: nel contesto tributario, se un contribuente sostiene di essere irreperibile in Italia, l’Agenzia dovrà comunque dimostrare di aver esaurito i tentativi di notifica secondo le regole (dagli avvisi cartacei a quelli digitali).
- Proporzionalità delle sanzioni – Il tema della proporzionalità è stato affrontato nella Cass. 28077/2024 citata sopra: la difesa del contribuente (CTR Torino aveva ridotto la sanzione al minimo perché non c’era danno) è stata cassata. Ciò significa che è difficile contestare in giudizio l’entità della sanzione, a meno di dimostrare errori nella ricostruzione del valore sottostante o difetti di legge. In un altro caso analogo (obbligo RW), la Cassazione aveva confermato la presunzione di redditi esteri derivanti dai trasferimenti internazionali non dichiarati (art.12 D.L. 78/2009), senza troppi riguardi all’effettivo reddito conseguito.
- Titolare effettivo – La Cassazione ha anche precisato che l’obbligo di monitoraggio colpisce il titolare effettivo di un bene estero, non solo il giuridico. Ciò significa che, ad esempio, se un conto estero è formalmente intestato a una società estera ma il contribuente italiano la controlla e ne trae benefici, il conto dev’essere indicato in RW da quest’ultimo (in qualità di beneficiario effettivo). Analogamente, nel caso di trust o entità fiduciarie, è obbligato al monitoraggio chi ne è beneficiario effettivo o dispone del patrimonio, non la mera entità intermediaria.
Nel complesso, questi orientamenti consolidano l’impianto sanzionatorio italiano in materia internazionale: l’omessa dichiarazione di investimenti esteri è sempre considerata una violazione grave, gli obblighi dichiarativi si estendono anche ai titolari effettivi, e le procedure di notifica per i residenti all’estero sono rigorose.
6. Simulazioni pratiche
Di seguito proponiamo alcune simulazioni di casi comuni in cui un contribuente italiano residente riceve un avviso per conti o redditi in Francia, con i relativi calcoli fiscali e sanzionatori.
- Caso 1 – Conto corrente francese non dichiarato: Mario, residente in Italia, apre nel 2022 un conto bancario in Francia (ad es. presso BNP Paribas) su cui deposita €50.000. Nel corso del 2022 percepisce interessi per €2.000 (prima del 2024 l’aliquota era 26%). Non dichiara né il conto (quadro RW) né gli interessi (RL). Nell’estate 2023 riceve lettera di compliance con dati di quel conto. Non regolarizzandosi, l’Agenzia emette avviso di accertamento. L’accertamento calcola:
- Imposte: IRPEF su €2.000 di interessi = 26% ⇒ €520 (semplificando, senza considerare scaglioni progressivi o addizionali) .
- Interessi di mora: calcolati sui €520 dal giorno successivo alla dichiarazione fino al versamento, circa 5% annuo.
- Sanzioni RW: base imponibile = €50.000 (massimo saldo detenuto). Sanzione minima 3% (dato che la Francia non è “paradiso” per legge) ⇒ 3% di 50.000 = €1.500.
- Totale dovuto: €520 imposte + sanzione €1.500 + interessi legali. Nel ricorso Mario potrebbe domandare la riduzione della sanzione, ma come visto la Cassazione rifiuta di considerarla meramente formale. Quindi la sua sanzione resta sostanziale.
- Caso 2 – Frontaliero o doppia residenza: Lucia lavora a Parigi da oltre 3 anni e vive in Francia. Nel 2022 intrattiene conti in Francia per €30.000 (saldo max) ed ha percepito €1.000 di interessi. Tuttavia, Lucia ritiene di essere non più residente in Italia fin dal 2021 (si è iscritta all’AIRE). L’Agenzia, attraverso CRS, scopre il conto di Lucia e le invia l’avviso (notificato in Italia). Lucia sostiene di essere residente in Francia. In difesa, ella deve provare di aver cessato la residenza fiscale in Italia secondo i requisiti legali (in primis aver presentato la doppia comunicazione ai comuni, art.44 c.c.). Se ricade nel regime di frontalieri (ha casa in Italia) potrebbe applicarsi un accordo bilaterale “frontalieri” fino al 31.12.2025. In ogni caso, se dimostra efficacemente la residenza all’estero, non avrà obbligo di monitoraggio in Italia per il 2022. In pratica, Lucia rientra nel Caso C delle ipotesi: non essendo residente fiscale in Italia nel 2022, l’atto sarebbe illegittimo. La sua difesa dovrà puntare sulla illegittimità dell’accertamento per difetto di presupposto (residenza) e di notifica (eventualmente, se la notifica italiana era impropria).
- Caso 3 – Riduzione della posizione attraverso creditazione di imposte: Alberto ha un piccolo deposito in una banca francese (saldo €15.000) su cui nel 2022 ha ricevuto €500 di interessi. In Francia è stata applicata una ritenuta alla fonte del 12%. In sede di dichiarazione in Italia Alberto indicava gli interessi nel quadro RL ed otteneva credito per l’imposta trattenuta in Francia. Tuttavia, dimentica di inserire il conto nel quadro RW (ritenendo il deposito inferiore alla soglia di 10k). Nell’avviso l’Agenzia contesterebbe l’omissione del RW. In questo caso:
- Gli interessi sono già stati dichiarati e le tasse estere computate come credito, dunque non c’è IRPEF aggiuntiva da versare (o solo l’eventuale addizionale residua).
- Resta però la violazione formale dell’omesso monitoraggio. Sulla base della Cassazione, anche se il conto è piccolo, resta un’obbligo formale. La sanzione minima sarebbe il 3% di €15.000 = €450 (più €258 se l’avesse regolarizzato entro 90 giorni, ma ormai tardivamente riceve l’avviso). A questi si aggiungono interessi di mora sul eventuale tributo residuo (ma se il credito ha coperto, saranno solo interessi di sanzione).
- Alberto può provare (o chiedere all’Agenzia) di applicare il criterio di “danno erariale nullo”: alcuni giudici tributari hanno ridotto sanzioni molto basse quando la base imponibile era esigua. Ma dopo la Cassazione 28077/2024, tale argomento vale poco: comunque la sanzione RW è dovuta. Il ricorso potrà invece concentrare l’attenzione sulla forma: ad es., se il quadro RW era effettivamente omesso per un mero errore materiale, si potrà pretendere almeno che la sanzione si limiti al minimo (come già calcolato).
Questi esempi illustrano come, nei casi reali, si identifichino i redditi omessi (interessi, dividendi, ecc.) e i depositi mancanti (che generano obbligo RW). Le differenze tra i casi stanno nella possibilità di credito d’imposta, di status di residente, e nelle dimensioni del conto. In ogni caso, l’azione difensiva si concentra su: (a) determinare se l’accertamento è fondato o viziato (vizi di merito e di diritto), (b) approfittare di meccanismi di riduzione (ravvedimento, adesione), e (c) impugnare l’atto nei termini con ricorso tributario.
7. Tabelle riepilogative
Aspetto | Regola italiana (riferimenti) | Nota pratica |
---|---|---|
Residente fiscale | Art.2 TUIR – 183 giorni/anno; centro interessi in Italia | Si presume residente se famiglia o affari in Italia. Se AIRE, bisogna dimostrare formalmente il trasferimento. |
Obbligo RW | Art.4 TUIR e ss.; D.L. 167/1990, art.5 | Tutti i residenti con investimenti esteri . Esclusi conti esteri con saldo max ≤10k. Anche valori disinvestiti devono essere dichiarati. |
Sanzioni omissione RW | Art.5 D.L. 167/90: 3%-15% dell’importo omesso+ €258 se tardiva entro 90 gg. | Base imponibile = valore massimo degli investimenti esteri. (ParadisI: 6%-30%.) |
Dichiarazione redditi esteri | Art.47 TUIR (redditi di capitale) e art. 85 TUIR (redditi di lavoro) | Interessi/dividendi/affitti esteri vanno in RL/RT (e RW). Se già tassati in Francia, si detrae l’imposta estera. |
Sanzioni redditi esteri | D.Lgs.472/97 art.1: 90%-180% di imposta (art.12 D.L.78/2009) | Ridotte a 70%-120% se dichiarazione tardiva integrativa. Raddoppiate a 240% da paradisi. |
Notifica atto fiscale | Art.60 e segg. c.p.c.; art.143 c.p.c. (estero) | Va verificata la correttezza: ind. del destinatario, modalità (cartaceo, PEC, apostille). Requisiti art.44 c.c. per residenza. |
Termini per ricorso | 60 gg dalla notifica (legge 212/2000) | Se si perde il termine il provvedimento diventa definitivo. |
Possibilità ravvedimento | Art.13 D.Lgs.472/97 – entro 60 gg dall’atto (ravv.convalida) | Riduce le sanzioni al minimo (1/10 fino al 30° giorno). |
Percentuali principali | Sanzione minima RW 3% (sedulare, come sopra); ritenuta estera può essere credito d’imposta (Fino a 26%). |
Queste tabelle evidenziano gli elementi chiave: i titoli normativi, gli ambiti applicativi, e i parametri per sanzioni e adempimenti. Viene ribadito che la mancata compilazione del quadro RW è equiparata a un illecito sostanziale e che le notifiche all’estero richiedono procedure rigorose.
8. Domande e risposte frequenti (FAQ)
D. Ho ricevuto un avviso per un conto detenuto in Francia. Che fare subito?
R. Innanzitutto controlla il contenuto dell’avviso: individua quali conti/redditi esteri vengono contestati e per quali anni. Verifica se effettivamente quegli investimenti/conti ti appartengono e se li hai dichiarati in RW e nel modello reddituale. Se si tratta di un’anomalia vera, valuta se è possibile regolarizzare (ravvedimento) entro termini ridotti o ricorrere. Conserva tutta la documentazione bancaria francese (estratti conto, certificazioni) e agisci entro 60 giorni (termine per ricorso). Non ignorare l’atto: l’Agenzia procederà autonomamente se non ottiene risposta.
D. Se ho già pagato tasse in Francia sui redditi esteri, devo dichiararli in Italia?
R. Sì. I redditi di fonte francese (interessi, dividendi, affitti, salari) percepiti da un residente italiano vanno comunque dichiarati in Italia, anche se hai subito ritenute in Francia. In dichiarazione italiana inserirai tali redditi nei quadri appositi e potrai usufruire di un credito d’imposta pari alle tasse pagate in Francia, evitando così la doppia imposizione. Tuttavia, l’obbligo di monitoraggio (quadro RW) resta inalterato: devi comunque indicare il conto bancario francese e qualsiasi investimento estero anche se hai già pagato le imposte all’estero.
D. Mi ero iscritto all’AIRE anni fa: posso contestare validità di un atto notificatomi in Italia?
R. Non automaticamente. L’iscrizione AIRE attesta la tua residenza fiscale all’estero, ma secondo la Cassazione non esonera da regole formali per terzi. Per invalidare la notifica, il contribuente deve dimostrare di aver comunicato correttamente il trasferimento di residenza al Comune di partenza e a quello di arrivo (art.44 cod. civ.). Se non lo hai fatto nei termini di legge, l’Agenzia è legittimata a notificare in Italia. Dunque la sola iscrizione AIRE non vale come opposizione automatica: devi contestare in ogni caso eventuali difetti formali dell’atto e dimostrare il tuo effettivo domicilio estero.
D. È vero che può scattare il reato penale per non aver dichiarato un conto in Francia?
R. Sì, è possibile. Se l’ammontare complessivo delle attività finanziarie non dichiarate supera €100.000 nell’anno, il fatto può configurare il reato di occultamento di valori (art.5-bis DPR 600/1973), punito con reclusione fino a 4 anni. In concreto, se il valore dei conti e investimenti francesi omessi è rilevante, l’Agenzia applica la sanzione amministrativa ma può anche trasmettere gli atti alla Procura. Come sottolineato da fonti specializzate, in caso di “evasione di entità rilevante” l’Agenzia segnala all’autorità giudiziaria il contribuente. Perciò conviene assumere subito un esperto al primo segnale di un indagine internazionale.
D. Quali elementi posso usare in mia difesa in giudizio?
R. Diverse linee difensive:
- Vizi di notifica: dimostrare che la notifica dell’avviso è nulla (errato indirizzo, mancata consegna, ecc.). Ad es. se sei residente all’estero, controlla se l’avviso è stato notificato con modalità ammesse (pec, commissario all’estero, ecc.).
- Mancanza di obbligo: provare l’assenza di residenza fiscale in Italia per quell’anno (fattispecie di “caso C”) oppure che l’attività estera non ti riguardava (es. il conto era intestato a un’altra persona o a una società indipendente).
- Errori nei dati: verificare se gli importi riportati sono esatti. Piccole discrepanze di cambio o saldo possono essere rettificate. Documenta con estratti conto, contratti, certificazioni francesi.
- Calcolo errato delle imposte/sanzioni: si può eccepire l’eccesso di sanzione solo se davvero sproporzionato. Dopo Cass. 28077/2024, l’omissione è considerata grave, per cui sarà difficile ottenere una decurtazione della sanzione se il fatto è confermato. Piuttosto, conviene cercare ravvedimento o definizione agevolata.
In tutti i casi, serve preparare ricorso tributario con supporto tecnico-giuridico adeguato, allegando le prove documentali (estratti conto esteri, certificati rilasciati da banche, comunicazioni con l’Agenzia, ecc.) e citando le norme e le sentenze rilevanti. Ad esempio, si può argomentare che la prova della residenza estera spetta all’Agenzia o che la disciplina italiana stabilisce determinati obblighi solo in presenza di dati specifici. È utile far leva sul principio di tassazione mondiale (tassazione solo se sei residente), sulle regole Convenzionali, e sulle prassi aggiornate dell’Agenzia delle Entrate (schede, risposte a interpelli). Alcuni contributi di prassi spiegano ad esempio come funziona la CRS o le risposte dell’Agenzia, da citare in supporto.
D. Posso evitare le sanzioni regolarizzando prima ancora della notifica?
R. Sì, se sei ancora nei termini di presentazione della dichiarazione successiva, puoi presentare esercizio del ravvedimento volontario (entro 90 giorni dall’omissione). In tal caso, la sanzione minima può essere ridotta di 1/10 o di 1/9 (1/18 se ravv. “breve”) rispetto al minimo ordinario. Ad esempio, se scopri da solo di non avere compilato RW per l’anno precedente, puoi presentare una dichiarazione integrativa tardiva entro 90 gg e pagare imposta + interessi + 3% di sanzione (anziché, ad es., 15%). Trascorsi i 90 giorni, la sanatoria ordinaria non è più possibile e si entra nel contenzioso o si definisce con l’atto. Dopo l’avviso, rimane solo la “definizione agevolata” (versare subito con 1/3 di riduzione della sanzione) o il ricorso.
D. Quali prospettive d’appello/ricorso?
R. Se si impugna un avviso di accertamento, si va davanti alla Commissione Tributaria Provinciale (CTP). In giudizio si affrontano i temi di cui sopra. Se anche il giudice tributario di primo grado respinge le obiezioni, si può appellare in Commissione Regionale (CTR) entro 60 gg dalla sentenza. In ultima istanza, si può ricorrere in Cassazione per questioni di diritto. Vengono esaminate la validità dell’atto e l’esatta applicazione delle norme. Ad esempio, in CTR e Cassazione si sono già discusso casi analoghi, come il principio della sostanzialità dell’omissione RW e la legittimità delle notifiche a contribuenti all’estero. Una difesa vincente dovrà fare perno su fatti chiari e motivazioni giuridiche solide.
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La Francia non è un paradiso fiscale, ma i redditi e i conti esteri devono comunque essere dichiarati in Italia nel quadro RW e assoggettati a tassazione, salvo quanto previsto dalla convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Francia. Se l’Agenzia delle Entrate rileva omissioni dichiarative, può presumere che le somme non dichiarate siano redditi imponibili sottratti al fisco italiano, applicando imposte, sanzioni e interessi. Tuttavia, il contribuente può difendersi dimostrando la provenienza lecita delle somme o l’avvenuta tassazione in Francia.
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🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in fiscalità internazionale e difesa da accertamenti su redditi esteri
✔️ Specializzato in contenzioso tributario e applicazione delle convenzioni contro le doppie imposizioni
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia
Conclusione
Un avviso di accertamento per conti o redditi in Francia può avere conseguenze serie, ma può essere contestato con una difesa mirata.
Con la giusta strategia legale puoi ridurre le pretese del fisco, dimostrare l’avvenuta tassazione all’estero e proteggere il tuo patrimonio.
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