Perito Commerciale Con Debiti: Come Difendersi

Sei un perito commerciale e ti trovi in difficoltà a causa di debiti che non riesci più a gestire?
Cartelle esattoriali, finanziamenti non pagati, richieste di banche o fornitori e contributi previdenziali arretrati possono mettere a rischio la tua stabilità economica e il tuo lavoro. Sapere quali sono i tuoi diritti e come difenderti legalmente è fondamentale per evitare che la situazione peggiori.

Quando un perito commerciale può trovarsi con debiti
– Quando ha acceso prestiti personali o professionali che non riesce più a onorare
– Quando ha arretrati fiscali o contributivi verso Agenzia delle Entrate, INPS o casse professionali
– Quando ha fatto da garante per clienti o conoscenti e si è ritrovato a dover pagare per loro
– Quando calo del lavoro, mancati incassi o spese impreviste hanno compromesso il bilancio
– Quando interessi e more hanno fatto lievitare rapidamente importi inizialmente sostenibili

Cosa può accadere a un perito commerciale con debiti
– Pignoramento dello stipendio, della pensione o dei compensi professionali
– Blocco del conto corrente con difficoltà nella gestione delle spese quotidiane
– Iscrizione come cattivo pagatore nelle banche dati creditizie, con impossibilità di ottenere nuovi finanziamenti
– Azioni esecutive sui beni personali e familiari
– Stress e pressione psicologica che incidono sull’attività lavorativa

Come difendersi legalmente
– Far analizzare da un avvocato quali debiti sono effettivamente dovuti e quali sono prescritti o contestabili
– Per cartelle esattoriali, valutare rateizzazione, rottamazione o saldo e stralcio
– Utilizzare la procedura di sovraindebitamento per ridurre o azzerare legalmente le somme dovute
– In caso di pignoramento, chiedere la riduzione della quota trattenuta o la sospensione se prevista dalla legge
– Negoziare con banche e finanziarie un piano di rientro sostenibile per evitare ulteriori interessi e penali
– Adottare strumenti giuridici per proteggere il patrimonio personale e familiare

Cosa si può ottenere con la giusta assistenza legale
– La sospensione immediata di pignoramenti e altre azioni esecutive
– La riduzione consistente del debito complessivo
– La tutela dei beni personali e delle entrate professionali
– La possibilità di chiudere definitivamente le posizioni debitorie e ripartire
– Il recupero della serenità personale e lavorativa

Attenzione: anche con un lavoro stabile, un perito commerciale non è immune dalle azioni dei creditori. Intervenire tempestivamente con una strategia mirata può evitare il peggioramento della crisi e permetterti di trovare una soluzione sostenibile.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in sovraindebitamento, tutela dei professionisti e difesa del patrimonio – ti spiega cosa fare se sei un perito commerciale con debiti, come proteggerti e come risolvere legalmente la crisi finanziaria.

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Introduzione

Trovarsi sommersi dai debiti può capitare anche a professionisti qualificati come un perito commerciale. In Italia, la legge mette a disposizione vari strumenti di tutela per chi, pur avendo agito in buona fede, non riesce più a far fronte ai propri debiti (situazione definita sovraindebitamento). Questa guida aggiornata a luglio 2025 offre un approfondimento avanzato, con taglio giuridico ma divulgativo, su come un perito commerciale (o in generale un debitore non fallibile) possa difendersi dalle azioni dei creditori. Verranno analizzate le normative vigenti, le procedure di esdebitazione e sovraindebitamento introdotte dal nuovo Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza, le più recenti sentenze in materia, nonché consigli pratici su pignoramenti, piani di rientro e strategie di tutela del patrimonio. Il tutto dal punto di vista del debitore, con esempi pratici, tabelle riepilogative e una sezione finale di domande e risposte frequenti.

Contesto normativo attuale: dal 15 luglio 2022 è entrato in vigore il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019), che ha riformato profondamente la disciplina delle procedure concorsuali e introdotto nuove soluzioni per i soggetti sovraindebitati. Esso ha sostituito la vecchia Legge 3/2012 (cosiddetta legge “salva suicidi”), mantenendone però i principi base e ampliandone la portata. Le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento sono ora accessibili a tutti i debitori civili non assoggettabili al fallimento, tra cui i professionisti iscritti ad albi (come il perito commerciale). L’obiettivo di queste norme è consentire al debitore meritevole di riequilibrare la propria situazione debitoria pagando ciò che è ragionevolmente possibile, assicurandosi al contempo una vita dignitosa e la cancellazione dei debiti residui (esdebitazione). Questa guida esaminerà nel dettaglio tali strumenti e come usarli in modo strategico, senza trascurare i tradizionali mezzi di difesa nelle procedure esecutive individuali.

Tipologie di debiti e relativi rischi per il debitore

Non tutti i debiti sono uguali e, soprattutto, non tutti i creditori agiscono nello stesso modo. Per un perito commerciale indebitato è utile distinguere i principali tipi di debito e comprendere le conseguenze tipiche di ciascuno:

  • Debiti bancari e finanziari: prestiti personali, mutui, fidi di conto, finanziamenti e scoperti. Se non onorati, la banca può avviare procedure esecutive (ad es. pignoramento di beni o stipendio) e segnalare il debitore alle centrali rischi. In caso di mutuo ipotecario, l’istituto può procedere al pignoramento immobiliare dell’immobile dato in garanzia (anche se prima casa, in quanto creditore privato). Occorre ricordare che in sede di piano del consumatore o concordato minore, i crediti bancari possono essere ristrutturati o parzialmente falcidiati (ridotti), purché nel rispetto delle regole di meritevolezza e, per i creditori garantiti, assicurando loro almeno quanto otterrebbero liquidando la garanzia. Ad esempio, la Corte di Cassazione ha stabilito che un accordo di sovraindebitamento non può essere omologato se offre a un creditore ipotecario meno di quanto questi potrebbe ricavare dalla vendita del bene ipotecato in una liquidazione alternativa.
  • Debiti verso fornitori e altri privati: riguardano fatture non pagate, prestazioni professionali non saldate, prestiti da privati, ecc. Tali creditori possono agire con decreti ingiuntivi e pignoramenti su beni mobili, conti correnti o immobili del debitore. Non esistono beni “impignorabili” soltanto perché legati alla professione: ad esempio, l’auto o i macchinari di studio del perito commerciale possono essere pignorati (salvo che siano strumenti indispensabili per l’attività professionale, caso in cui la legge ne limita la pignorabilità come vedremo). Anche un creditore privato può iscrivere ipoteca giudiziale su immobili del debitore e procedere alla vendita forzata della casa (non vi è un divieto generale di pignoramento della prima casa per i creditori ordinari). In caso di beni indivisi o cointestati, il creditore può pignorare la quota di proprietà del debitore nel bene comune, con successiva divisione giudiziale.
  • Debiti fiscali e contributivi: debiti verso l’Erario (Agenzia delle Entrate) o l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ex Equitalia) per tasse, imposte, cartelle esattoriali, nonché debiti verso enti previdenziali (es. INPS) per contributi non versati. Questi seguono procedure proprie: dopo l’iscrizione a ruolo e la notifica della cartella, il mancato pagamento consente all’Agente della Riscossione di attivare misure cautelari (fermo amministrativo sui veicoli, ipoteca esattoriale sugli immobili) e, trascorsi i termini, l’espropriazione forzata secondo il DPR 602/1973. Importante sottolineare che per la prima casa del debitore vige una tutela speciale: l’Agenzia delle Entrate-Riscossione non può pignorarla se è l’unico immobile di proprietà, non di lusso, adibito ad abitazione principale del debitore. Inoltre, anche se una procedura esecutiva fiscale era già in corso all’entrata in vigore del divieto (21 agosto 2013), la Cassazione ha chiarito che essa deve essere fermata e il pignoramento cancellato se l’immobile possiede quei requisiti di impignorabilità. Va però evidenziato che tale protezione vale solo per i debiti fiscali: un creditore bancario o privato può pignorare l’unica casa del debitore (salvo rarissimi casi di tutela del diritto all’abitazione per soggetti deboli). In ambito fiscale esistono soglie e condizioni: se l’immobile non rientra nei requisiti di cui sopra, l’Agente della riscossione può procedere solo per debiti complessivi oltre €120.000 e previa iscrizione di ipoteca almeno sei mesi prima. I debiti tributari possono rientrare nelle procedure di sovraindebitamento al pari degli altri crediti (comprese eventuali sanzioni e interessi), e anche su di essi è ammessa la falcidia (riduzione parziale) nell’ambito di un accordo o piano. La Corte di Cassazione ha infatti ribadito che i crediti erariali non godono di un trattamento privilegiato tale da impedirne la ristrutturazione: possono essere pagati in parte o dilazionati come gli altri, nel rispetto delle regole concorsuali. Ciò è coerente con la Direttiva UE 2019/1023, che tende a includere tutti i debiti nel percorso di esdebitazione, fatti salvi pochi casi particolari.
  • Debiti per sanzioni, multe e altre obbligazioni specifiche: le multe stradali o amministrative non pagate vengono in genere iscritte a ruolo e gestite come i debiti fiscali (quindi possono essere incluse in un eventuale piano di sovraindebitamento). Debiti alimentari (mantenimento familiare): rappresentano un caso a sé. Le somme dovute per alimenti o assegni di mantenimento non sono mai comprimibili o cancellabili tramite procedure concorsuali. Esse godono anzi di preferenza nel pignoramento dello stipendio (possono essere pignorate oltre il limite ordinario, su autorizzazione del giudice, fino a concorrere alla metà dello stipendio complessivo). Anche nell’esdebitazione finale i debiti alimentari restano esclusi: il debitore dovrà comunque adempiere a tali obblighi.
  • Debiti derivanti dall’attività professionale: per un perito commerciale, questi possono comprendere ad esempio compensi reclamati da clienti per prestazioni contestate, risarcimenti per errori professionali o sanzioni disciplinari pecuniarie. Tali debiti, se non soddisfatti, portano a provvedimenti ingiuntivi o cause civili, e in caso di sentenza di condanna il creditore potrà agire esecutivamente sul patrimonio personale del professionista. È importante notare che i professionisti non sono soggetti al fallimento (in quanto non “imprenditori commerciali”), perciò anche debiti legati alla professione rientrano nello schema del sovraindebitamento. Occorre però distinguere se il perito agiva come consumatore o no: se il debito è sorto “al di fuori” dell’attività professionale (es. un finanziamento personale), il soggetto può qualificarsi consumatore per quella posizione; viceversa, se i debiti attengono prevalentemente all’attività professionale, sarà trattato come debitore non consumatore. Questa distinzione influisce sulla scelta della procedura concorsuale (piano del consumatore vs concordato minore, come vedremo). In ogni caso, anche i debiti professionali possono essere ristrutturati o cancellati nelle procedure di sovraindebitamento, purché il debitore sia meritevole (ossia non abbia colpa grave o frode nel generare l’indebitamento).

Rischi comuni in caso di insolvenza: il mancato pagamento dei debiti comporta in genere interessi di mora e ulteriori spese legali a carico del debitore. Inoltre, si può subire l’iscrizione di segnalazioni negative (CRIF, Centrale Rischi Bankitalia) che precludono l’accesso a nuovo credito. Per i professionisti iscritti ad albi, l’essere insolventi di per sé non costituisce illecito deontologico, ma situazioni come il fallimento personale (seppur raro per i non imprenditori) potrebbero avere riflessi disciplinari in alcuni Ordini. Più concretamente, il perito commerciale indebitato rischia azioni esecutive multiple da diversi creditori, con conseguente dispersività e aggravio: pignoramenti contemporanei sul conto, sullo stipendio/pensione, sui mobili di casa, ecc. È fondamentale quindi conoscere i propri diritti e limiti della legge, nonché coordinare un’eventuale soluzione (come un piano del consumatore o un accordo) che raggruppi tutti i debiti in un’unica procedura ordinata.

Nei capitoli seguenti analizzeremo prima le azioni esecutive dei creditori (pignoramenti) e come difendersi, e successivamente approfondiremo le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento che consentono al debitore di uscire dall’incubo debitorio con un “fresh start”.

Pignoramenti e azioni esecutive: cosa rischia il debitore e quali sono i limiti di legge

Il pignoramento è l’atto con cui un creditore, munito di un titolo esecutivo (es. sentenza, decreto ingiuntivo definitivo, cartella esattoriale), dà avvio all’esecuzione forzata sui beni del debitore. Esso consiste formalmente in un’ingiunzione dell’Ufficiale Giudiziario al debitore di astenersi da qualsiasi atto dispositivo dei beni individuati, ponendoli così sotto vincolo per soddisfare il credito. Esistono tre forme principali di pignoramento:

  • Pignoramento mobiliare presso il debitore: riguarda beni mobili fisici in possesso del debitore (denaro contante, gioielli, mobili, apparecchiature, veicoli se trovati nell’immobile, ecc.). L’Ufficiale Giudiziario si reca presso il domicilio/sede del debitore (di norma previo avviso contenuto nel precetto) ed elenca i beni di valore pignorabili. Molti beni mobili d’uso comune sono però esenti: ad esempio, le cose indispensabili alla vita quotidiana (letto, frigorifero, cucina, abbigliamento, ecc.) non possono essere pignorate per legge (art. 514 c.p.c.). Anche i beni di scarso valore commerciale (che non coprirebbero neanche le spese di vendita) tipicamente vengono lasciati. Per un perito commerciale, ad essere pignorabili potrebbero essere, ad esempio, dispositivi elettronici, arredi non essenziali, eventuali oggetti di valore (quadri, collezioni). Gli strumenti di lavoro indispensabili per l’esercizio della professione godono di particolare protezione: l’art. 515 c.p.c. consente di pignorarli solo se il creditore che procede è lo stesso per cui quegli strumenti furono eventualmente acquistati (credito assistito da pegno sull’attrezzo) oppure – nelle altre ipotesi – nei limiti di 1/5 del loro valore e purché ciò non pregiudichi la continuità del lavoro del debitore. In pratica, computer, stampanti, libri contabili e altra attrezzatura fondamentale per lo studio del perito commerciale, di regola non verranno pignorati (salvo ci siano più beni simili e non tutti strettamente necessari, nel qual caso solo una parte potrebbe essere presa). I veicoli non si pignorano con questa forma “presso il debitore” (serve la procedura ad hoc come vedremo), quindi l’Ufficiale Giudiziario non potrà ad esempio requisire l’auto se la trova in garage; tuttavia potrà redigere verbale di pignoramento “di autoveicolo” che poi va perfezionato con la successiva iscrizione al PRA. È raro che i creditori procedano al pignoramento mobiliare domiciliare oggi, a meno di avere informazioni su beni di valore in casa, poiché questa modalità è spesso poco fruttuosa.
  • Pignoramento immobiliare: è l’esecuzione forzata su beni immobili (terreni, fabbricati) intestati al debitore. Si effettua notificando e trascrivendo nei Registri Immobiliari un atto di pignoramento dell’immobile, seguito poi dalla procedura di vendita giudiziaria. Come già accennato, non esiste un divieto assoluto di pignorare la prima casa in Italia per i creditori comuni. L’unico scudo vigente riguarda l’Agente della Riscossione per debiti fiscali sotto certe condizioni. Dunque, un perito commerciale debitore potrebbe vedersi pignorare la casa di abitazione da parte ad esempio di una banca (per un mutuo insoluto) o di un privato con un grosso credito. In tali casi, come difesa, si potrà puntare semmai sulle procedure concorsuali (che sospendono le esecuzioni, v. oltre) o su accordi transattivi, più che su eccezioni legali. Se l’immobile è cointestato con il coniuge o altri: il pignoramento cade sulla quota del debitore (es. 50%), ma nella fase di vendita spesso il giudice ordina la divisione del bene; ciò può scoraggiare gli acquirenti e offrire margini al debitore per trovare un accordo prima che si proceda alla vendita della sua quota. Se sull’immobile ci sono ipoteche: i creditori ipotecari hanno priorità sul ricavato; un creditore non ipotecario può comunque pignorare, ma dovrà vedersi soddisfatto solo dopo gli eventuali ipotecari (se il prezzo di vendita lo consente). In generale, la difesa nel pignoramento immobiliare è complessa: se il debito è legittimo e l’atto è stato notificato regolarmente, l’opposizione all’esecuzione raramente può fermarlo. Tuttavia, errori formali (ad es. mancata notifica regolare del precetto, vizi nella procura del creditore, ecc.) possono dar luogo a opposizioni agli atti esecutivi con istanza di sospensione. Inoltre, la legge consente al debitore un ultimo strumento: la conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.), ossia la possibilità di evitare la vendita versando una somma iniziale (almeno 1/5 del dovuto) e chiedendo di rateizzare il resto fino a 18 mesi. Questa istanza va presentata prima che sia disposta la vendita; se accolta, ferma la procedura a patto che il debitore rispetti le rate concordate. È una soluzione onerosa ma utile in extremis per non perdere la casa, se il debitore riesce a reperire fondi (magari con l’aiuto di familiari) per saldare gradualmente. Nel caso di pignoramento di prima casa per debiti fiscali, ricordiamo che se quell’immobile possiede i requisiti di impignorabilità introdotti dal 2013, si può chiedere al giudice dell’esecuzione la cancellazione del pignoramento esattoriale pendente, come sancito dalla Cassazione.
  • Pignoramento presso terzi: è il procedimento volto a pignorare crediti che il debitore vanta verso terzi, tipicamente stipendi, salari, conti correnti bancari, pensioni, fitti attivi, crediti commerciali. In questa forma, il terzo debitore (es. il datore di lavoro, la banca, un cliente del debitore) viene destinatario dell’atto di pignoramento e tenuto a congelare le somme dovute al debitore esecutato per poi destinarle al creditore procedente. Per un perito commerciale, i casi più frequenti saranno: pignoramento del conto corrente bancario e pignoramento dei compensi (se ha crediti verso clienti o se percepisce uno stipendio/pensione). Vediamo separatamente queste sottocategorie cruciali.
    • Pignoramento di conti correnti: il creditore notifica l’atto alla banca dove il debitore ha il conto, bloccando così le disponibilità fino a concorrenza del credito pignorato (più spese). La banca, come terzo pignorato, deve dichiarare l’esistenza e l’entità del saldo disponibile. Limiti: se il conto è cointestato con un coniuge o altro, si presume metà saldo spettante al debitore e pignorabile solo quella metà. Se il conto è affidato (fido bancario in rosso), la giurisprudenza esclude che si possa pignorare la mera disponibilità di credito concessa ma non utilizzata: in pratica, se il saldo è negativo, il pignoramento inizia a produrre effetti solo se e quando eventuali versamenti riportano il saldo in attivo. Un aspetto fondamentale introdotto dalle riforme recenti riguarda la protezione di stipendi e pensioni accreditati sul conto: per evitare che il pignoramento su conto svuoti completamente i mezzi di sostentamento del debitore, l’art. 545 c.p.c. prevede una franchigia impignorabile. In passato tale soglia era pari a 3 volte l’assegno sociale per le somme accreditate prima del pignoramento. Dal 2022, con il decreto “Aiuti-bis”, la soglia è stata innalzata: sul conto vanno lasciate libere al debitore somme fino a 2 volte l’importo mensile dell’assegno sociale, e comunque almeno €1.000. In cifre aggiornate, dato che l’assegno sociale 2024 è di €534,41 mensili, significa che circa €1.068,82 devono restare disponibili al debitore (se presenti sul conto al momento del pignoramento), o almeno €1.000 se il doppio dell’assegno sociale risultasse inferiore. Il resto delle somme sarà bloccato. Inoltre, dopo la notifica del pignoramento, tutti i successivi accrediti di stipendio/pensione sul conto sono vincolati nei limiti di legge (ossia soggetti a pignoramento per la parte pignorabile, generalmente un quinto, come se fosse un pignoramento in busta paga). In pratica, la banca congelerà le nuove entrate sul conto fino a concorrenza di 1/5 di ciascun stipendio, lasciando il resto fruibile al debitore. Se invece sul conto affluiscono somme non da lavoro o pensione (es. bonifico di un amico, vendita di un bene), tali entrate non godono di esenzione: diventano immediatamente pignorabili al 100% (fino a copertura del debito) perché al di fuori della protezione del “minimo vitale”. Un cenno sul fermo amministrativo (blocco della circolazione) su automezzi: l’Agente della Riscossione può disporlo su un veicolo del debitore per spingerlo a pagare, ma non può farlo se l’auto è indispensabile per il trasporto di un disabile con legge 104. Ciò però non impedisce ad un creditore ordinario di pignorare eventualmente l’auto di un disabile; la legge (al 2025) non prevede un’esenzione ad hoc generalizzata per i veicoli di persone disabili, oltre alle tutele generali già viste (se ad es. l’auto è anche strumento di lavoro essenziale, art. 515 c.p.c.).
    • Pignoramento di stipendi, salari o pensioni: se il perito commerciale è anche lavoratore dipendente da qualche ente/azienda (o percepisce pensione), il creditore può pignorare la retribuzione direttamente presso il datore di lavoro (o l’ente pensionistico). In tal caso, la legge stabilisce che la trattenuta massima sia generalmente di 1/5 (20%) della paga netta, salvo concorrano crediti alimentari (in tal caso il giudice può autorizzare un’ulteriore quota, ma il totale tra alimentari e altri crediti non può superare il 50% dello stipendio). Per le pensioni, come detto, la parte di importo pari all’assegno sociale aumentato della metà è totalmente impignorabile (circa €800 mensili nel 2025, destinati al minimo vitale); la parte eccedente può essere pignorata nella misura di 1/5. Se il creditore procedente è l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, si applicano le fasce ridotte di pignoramento introdotte dal DL 16/2012 (art. 72-ter DPR 602/1973): solo 1/10 dello stipendio se l’importo netto mensile non supera €2.500, 1/7 se è tra €2.501 e €5.000, sempre 1/5 oltre i €5.000. Queste percentuali valgono anche per le pensioni quando il pignoramento è effettuato dal fisco. In ogni caso, il datore di lavoro (o l’INPS) una volta notificato l’atto inizierà a trattenere la quota stabilita e a versarla al creditore o in tribunale. Il debitore si vedrà quindi decurtare ogni mese la parte pignorata. Cosa può fare il debitore? Le opposizioni di merito sono possibili solo se si ritiene che il creditore non avesse diritto (es. titolo non valido, già pagato, ecc.). Non si può eccepire semplicemente la propria difficoltà economica per evitare la trattenuta (salvo, eventualmente, chiedere al giudice esecutivo una riduzione temporanea per motivi gravi, istanza tuttavia accolta in casi eccezionali). Una difesa importante è controllare che non vengano superati i limiti di legge: se ad esempio più creditori notificano pignoramenti successivi sul medesimo stipendio, il totale trattenuto non potrà comunque eccedere il 50% (e in assenza di crediti alimentari, max 20% sommando i crediti ordinari). Violazioni dei limiti di pignorabilità rendono l’atto inefficace per l’eccedenza, ossia il giudice su istanza del debitore ridurrà la trattenuta al limite previsto. In presenza di più creditori, il primo pignorante di solito prende fino a 1/5; un secondo pignoramento di diverso tipo (es. uno fiscale e uno bancario) potrà aggiungersi solo entro i margini (il giudice farà la graduatoria). Se è già in corso una cessione del quinto volontaria sullo stipendio, questa non impedisce un ulteriore pignoramento: la giurisprudenza considera la cessione come diminuzione della disponibilità, quindi il quinto pignorabile si calcola sul netto al netto della cessione in corso. Tuttavia, con l’apertura di una procedura di sovraindebitamento, le cessioni del quinto in corso vengono sospese: il Codice della Crisi equipara la cessione a un debito concorsuale qualsiasi, dunque il debitore può bloccare la trattenuta sullo stipendio e includere il debito residuo della cessione tra quelli da ristrutturare. Ciò è un enorme vantaggio perché libera subito liquidità al debitore in crisi (il 20% dello stipendio) e ripartisce equamente quel debito con gli altri.

Tabella riepilogativa – Limiti di pignorabilità dei beni e redditi principali:

Bene/RedditoLimite legale di pignorabilità (quota massima)
Stipendio da lavoro dipendente (creditori ordinari)1/5 dello stipendio netto. Se concorrono anche crediti alimentari: massimo 1/2 complessivo.
Stipendio (Agente Riscossione)1/10 per stipendi netti ≤ €2.500; 1/7 per stipendi €2.500–5.000; 1/5 sopra €5.000. (Percentuali applicate sul netto mensile).
PensioneImpignorabile totalmente fino a 1,5 volte (una volta e mezza) l’assegno sociale mensile (circa €800 nel 2025); oltre tale soglia, pignorabile 1/5.
Conto corrente con somme da stipendio/pensione accreditate prima del pignoramentoImpignorabili fino a 2 volte l’assegno sociale (minimo €1.000). Esempio 2025: ~€1.068 non pignorabili; eccedenza pignorabile entro i limiti stip./pens. di cui sopra.
Conto corrente (altre somme)Intero saldo pignorabile (fino a concorrenza del credito precettato). Somme accreditate dopo la notifica: pignorate automaticamente nei limiti di 1/5 per stipendi/pensioni; interamente se di diversa natura.
Beni mobili essenziali (arredi, elettrodomestici di base, effetti personali)Impignorabili (art. 514 c.p.c.: cose indispensabili al debitore e alla famiglia) salvo oggetti di lusso.
Strumenti di lavoro indispensabili (attrezzi, libri, macchinari necessari a professione o arte)Impignorabili, tranne: se il creditore è fornito di pegno sugli stessi; altrimenti pignorabili nei limiti del 20% e senza compromettere l’attività (art. 515 c.p.c.).
Autoveicoli, motoPignorabili. (Eccezione: l’Agente della Riscossione non può iscrivere fermo amministrativo su veicolo destinato al trasporto di disabile grave). In generale, l’auto usata come bene strumentale può essere pignorata, poiché la legge non la include tra gli strumenti “tecnici” impignorabili per professionisti).
Immobili (prima casa) – Creditori privatiPignorabili senza limiti particolari (sebbene in sede di espropriazione forzata il giudice possa valutare la sospensione ex art. 41 TUB per crediti fondiari, o la sproporzione tra debito e valore, ma sono evenienze rare). Nessuna esenzione automatica per la prima casa con creditori ordinari.
Immobili (prima casa) – Agenzia Entrate Riscossione (debiti fiscali)Impignorabile se unico immobile di proprietà, non di lusso, e residenza del debitore. Se non ricorrono tali requisiti: pignorabile solo se debito > €120.000 e previa iscrizione di ipoteca almeno 6 mesi prima.
Altri immobili (seconde case, terreni, ecc.)Pignorabili normalmente da qualsiasi creditore, senza soglie di importo (salvo procedure fiscali: debito > €120.000 in ogni caso per espropriazione immobiliare).

Come difendersi dalle azioni esecutive (opposizioni, sospensioni e strategie)

Affrontare una procedura esecutiva da debitore può sembrare schiacciante, ma l’ordinamento prevede diversi strumenti di difesa legale e opportunità per guadagnare tempo o cercare soluzioni alternative. Ecco le principali modalità con cui un perito commerciale (o qualsiasi debitore) può difendersi dai pignoramenti e dalle azioni dei creditori:

1. Opposizione a precetto o all’esecuzione: quando si riceve un atto di precetto (l’ultimo avviso che precede il pignoramento, intimando il pagamento entro 10 giorni), il debitore può presentare un’opposizione se ritiene che il credito non sia dovuto o lo sia in misura minore. L’opposizione a precetto (ex art. 615 c.p.c.) va proposta entro 20 giorni dalla notifica del precetto, e sospende l’esecuzione solo se il giudice concede la sospensiva. Questa è la sede per far valere, ad esempio, l’avvenuto pagamento del debito (se il creditore agisce erroneamente), la prescrizione, la nullità o inefficacia del titolo esecutivo, o altri fatti estintivi sopravvenuti. Se invece il pignoramento è già iniziato, il debitore può proporre opposizione all’esecuzione in corso (sempre ex art. 615 c.p.c.) per questioni di merito analoghe, oppure opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) entro 20 giorni per contestare vizi formali dell’atto di pignoramento o delle notifiche. Ad esempio, un vizio nell’atto di pignoramento, nell’indicazione del credito, o la mancata notifica di atti presupposti, possono essere motivi validi di opposizione formale. L’opposizione agli atti può portare all’annullamento dell’atto viziato (es. pignoramento da rifare) ma spesso non estingue il debito in sé.

2. Istanza di sospensione dell’esecuzione: parallelamente all’opposizione, il debitore può chiedere al giudice dell’esecuzione la sospensione immediata della procedura, in presenza di gravi motivi. Ciò è concesso raramente e solo se l’opposizione appare fondata (fumus boni iuris) e vi sia rischio di danno grave e irreparabile nel proseguire l’esecuzione (periculum in mora). Tipicamente, la sospensione può essere accordata se è molto probabile che l’esecuzione sia ingiusta (ad es. c’è prova scritta di un errore di credito) oppure in casi umanitari eccezionali (pensiamo a un pignoramento immobiliare quando è imminente un provvedimento legislativo di sanatoria). In ogni caso, la sospensione ha natura temporanea in attesa dell’esito del giudizio di merito sull’opposizione.

3. Conversione del pignoramento: già anticipata per il pignoramento immobiliare, l’istanza di conversione è possibile su qualsiasi pignoramento (mobiliare, immobiliare o presso terzi). Consiste nel chiedere di sostituire i beni pignorati con una somma di denaro equivalente al dovuto aumentato delle spese (art. 495 c.p.c.). Se il debitore deposita immediatamente un importo almeno pari a 1/5 del totale, il giudice può concedere di pagare il residuo in max 18 rate mensili. In caso di pagamento puntuale, i beni pignorati vengono liberati e la procedura si estingue. La conversione richiede tuttavia una disponibilità economica iniziale non indifferente: spesso il debitore deve farsi aiutare da terzi o valorizzare beni per racimolare quel 20%. Può essere l’ultima risorsa per salvare ad esempio un immobile dalla vendita.

4. Negoziazione e saldo-stralcio: la trattativa con i creditori è sempre possibile, anche a esecuzione avviata. Molti creditori (banche, finanziarie) accettano di buon grado soluzioni transattive a saldo e stralcio (pagamento in unica soluzione di una parte del debito, con stralcio del restante) se capiscono che il procedimento esecutivo potrebbe essere lungo e incerto. Un perito commerciale potrebbe coinvolgere un mediatore o un legale per proporre ad esempio: il pagamento immediato del 50% del dovuto in cambio della rinuncia al pignoramento. Attenzione: l’accordo deve essere formalizzato prima che si tengano certe fasi cruciali (come l’asta immobiliare) o comunque prima che il giudice disponga l’assegnazione delle somme; altrimenti, una volta venduto il bene o assegnato il credito, l’accordo tardivo potrebbe non bloccare la procedura già conclusa. Conviene quindi muoversi tempestivamente, magari utilizzando la pendenza di un’opposizione per guadagnare tempo nelle trattative.

5. Intervento dell’OCC e procedura di sovraindebitamento: se la situazione debitoria è complessa e coinvolge più creditori, una strategia difensiva decisiva è attivare una procedura concorsuale da sovraindebitamento (piano del consumatore, concordato minore o liquidazione controllata). L’apertura di tali procedure determina, per legge, la sospensione di tutte le azioni esecutive individuali da parte dei creditori. In dettaglio, una volta che il tribunale ammette il debitore alla procedura e fissa l’udienza per l’omologazione, viene comunicato ai creditori il divieto di iniziare o proseguire i pignoramenti sino alla definizione del piano o accordo. Questo effetto protettivo (la cosiddetta stay delle azioni esecutive) è fondamentale: consente al debitore di tirare il fiato e bloccare, ad esempio, un’asta imminente o una trattenuta sullo stipendio, mentre si cerca la soluzione concordata. La Cassazione ha chiarito che il giudice della procedura sovraindebitamento non può lui stesso “annullare” o “estinguere” le singole esecuzioni già pendenti, ma deve emanare un provvedimento generale di sospensione; spetterà poi ai giudici dell’esecuzione prendere atto del divieto e sospendere i procedimenti in corso. In pratica, però, per il debitore il risultato è lo stesso: le esecuzioni si fermano. Va segnalato che i termini di prescrizione dei crediti restano sospesi per legge durante la procedura, così il debitore non può sperare di far “decadere” i creditori dal diritto agendo di melina; tuttavia, il congelamento delle azioni in corso è di per sé un enorme vantaggio tattico. Nei prossimi paragrafi vedremo come funziona l’accesso a queste procedure di sovraindebitamento e quali benefici concreti esse apportano, inclusa la definitiva esdebitazione.

6. Altri strumenti di difesa: in casi particolari, se un atto esecutivo lede diritti fondamentali, il debitore può sollevare questioni di legittimità costituzionale o adire la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (si pensi a pignoramenti che mettono in pericolo la sopravvivenza dignitosa). Ad esempio, il concetto di minimum vitale per i debitori è stato sviluppato anche grazie a pronunce che richiamano principi costituzionali. Inoltre, va ricordato che non esiste la prigione per debiti in Italia: l’insolvenza civile non è reato (eccetto casi di insolvenza fraudolenta o altre condotte penalmente rilevanti come la sottrazione fraudolenta di beni ai creditori). Pertanto, un perito commerciale indebitato non deve temere conseguenze personali di natura penale solo perché non riesce a pagare i debiti, a meno che non commetta reati nel tentativo di evitarli (come simulare la vendita di beni per non farli pignorare, il che può configurare reato di sottrazione fraudolenta ex art. 388 c.p.). La difesa quindi deve concentrarsi sul piano civilistico e patrimoniale, utilizzando tutti gli istituti sopra descritti.

Riassumendo, il debitore meritevole che si trova schiacciato dai debiti ha come miglior difesa la combinazione di: conoscenza dei propri diritti, rapidità nel farli valere con opposizioni quando necessario, e soprattutto la capacità di passare da una logica di “sopravvivenza” ad una di soluzione complessiva, ricorrendo agli strumenti di composizione della crisi previsti dalla legge. Su questi ultimi ci focalizziamo ora.

Procedure di sovraindebitamento: le soluzioni per il debitore non fallibile (Legge 3/2012 e Codice della Crisi)

Quando i debiti superano la capacità di rimborso del perito commerciale, confidare solo nelle opposizioni e dilazioni può non bastare. In Italia, grazie alla Legge 3/2012 (oggi integrata nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, CCII), esistono procedure concorsuali “su misura” per il debitore civile sovraindebitato, alternative al fallimento, che permettono di gestire e risolvere in modo unitario l’intera esposizione debitoria. Si tratta essenzialmente di tre strumenti principali, ai quali si è aggiunta una misura speciale per i debitori totalmente incapienti:

  • Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (ex “piano del consumatore”).
  • Concordato minore (ex “accordo di composizione dei debiti”).
  • Liquidazione controllata del sovraindebitato (ex “liquidazione del patrimonio”).
  • Esdebitazione del debitore incapiente (detta anche “esdebitazione senza utilità”).

A queste si affiancano norme particolari come le procedure familiari (quando più membri della stessa famiglia sono indebitati). Analizziamole singolarmente.

Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore

Il piano del consumatore – oggi denominato piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore nel CCII – è la procedura riservata a chi ha debiti di natura personale (non professionale o d’impresa). In concreto, può accedervi il perito commerciale in quanto persona fisica, purché le obbligazioni assunte che l’hanno condotto al sovraindebitamento siano estranee alla sua attività professionale. Ad esempio, se Tizio è un perito commerciale ma si è indebitato principalmente per un mutuo prima casa, un prestito per l’auto e carte di credito – quindi impegni da consumatore – potrà presentare un piano del consumatore. Se invece i suoi debiti derivano in larga parte da scoperti del suo studio professionale, parcelle non pagate al fisco per la partita IVA, etc., non potrà qualificarsi consumatore per quell’indebitamento e dovrà optare per il concordato minore.

Caratteristiche del piano del consumatore:

  • È una proposta unilaterale del debitore ai creditori, per il pagamento parziale o dilazionato dei debiti, costruita tenendo conto delle sue effettive possibilità economiche. Può prevedere qualsiasi forma di soddisfacimento dei crediti (anche parziale e differenziato) e la continuazione o meno di certi rapporti, secondo le necessità del debitore.
  • Non richiede il consenso dei creditori: questa è una differenza fondamentale. Il piano viene sottoposto solo al vaglio del Tribunale, che lo omologa se ritiene rispettati i requisiti di legge. I creditori possono fare osservazioni, ma non votano e non possono opporsi oltre certi limiti: la loro adesione non è necessaria, il giudice può imporre il piano anche contro la volontà di uno o più creditori (cram-down).
  • Il Tribunale, per omologare, verifica due aspetti chiave: fattibilità del piano (che i pagamenti promessi siano realistici) e meritevolezza del debitore. La meritevolezza nel piano del consumatore significa che il debitore non deve aver causato il proprio sovraindebitamento con dolo o colpa grave, né aver fornito informazioni false o reticenti ai creditori al momento di ottenere credito. Ad esempio, se il perito ha ottenuto finanziamenti mentendo sulla propria situazione o ha sperperato consapevolmente oltre le sue possibilità, potrebbe vedersi negare l’omologazione per difetto di meritevolezza. La Cassazione ha però chiarito che non ogni imprudenza o omissione informativa esclude la meritevolezza: ad esempio, piccoli silenzi sul proprio stato debitario pregresso al momento di chiedere un prestito non rendono il debitore automaticamente immeritevole, se il sovraindebitamento è comunque prevalentemente dovuto a fattori esterni o sopravvenuti (es. crisi economica, malattia, ecc.). Insomma, il giudizio è caso per caso.
  • Trattamento dei creditori privilegiati: se tra i debiti del consumatore vi sono crediti con garanzie reali (es. mutuo con ipoteca, leasing, pegni), il piano può prevedere di dilazionare il pagamento di tali crediti anche oltre i limiti temporali originari, e perfino di soddisfarli solo in parte (falcidiarli), ma a condizione che ciò non li pregiudichi eccessivamente rispetto alla loro posizione di vantaggio. In particolare, un tema dibattuto era se fosse ammesso nel piano prevedere una moratoria (sospensione temporanea) dei pagamenti ai creditori privilegiati o il pagamento parziale degli stessi senza consenso. La giurisprudenza di merito e poi di legittimità ha ammesso la moratoria sui crediti ipotecari nel piano del consumatore, purché il ritardo non li danneggi oltre quanto sopportabile. Inoltre, a fine 2024 la Cassazione (ord. 34150/2024) ha confermato che è legittimo prevedere nel piano una dilazione nel pagamento dei creditori ipotecari (anche superando la scadenza originaria del debito), senza necessitare del loro consenso, sempre che ricevano almeno quanto avrebbero ottenuto in caso di liquidazione del bene. Quindi, nel piano del consumatore il giudice può approvare soluzioni molto flessibili – ad esempio pagare metà mutuo residuo e cancellare il resto – se la parte pagata corrisponde al valore ricavabile dalla casa e se il debitore ha agito correttamente.
  • Procedura: il debitore deve rivolgersi a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) o a un professionista gestore della crisi, il quale lo aiuterà a redigere il piano e predispone una relazione attestando la veridicità dei dati e valutando la fattibilità e meritevolezza. Il ricorso col piano e la relazione OCC si deposita in tribunale. Il giudice, se la documentazione è completa, ammette la procedura e fissa udienza di omologazione, avvisando i creditori (che possono presentare osservazioni). Nel frattempo, come detto, sospende le azioni esecutive su istanza del debitore. All’udienza, se non emergono opposizioni fondate e risultano soddisfatti i requisiti (meritevolezza, fattibilità, ecc.), il giudice omologa il piano. Da quel momento, il piano diventa vincolante per tutti i creditori anteriori, i quali dovranno accontentarsi di quanto in esso previsto. Il debitore sarà tenuto a eseguire il piano (es. pagare le rate stabilite ai vari creditori).
  • Durata e esdebitazione: la legge non fissa una durata massima del piano del consumatore, ma in pratica si cerca di contenere il periodo di rientro in pochi anni (spesso 4–5 anni, raramente fino a 7–8 in casi eccezionali). L’esdebitazione (cioè la cancellazione dei debiti residui non pagati nel piano) interviene una volta eseguito il piano omologato: al termine, il debitore è libero da ogni obbligazione pregressa eccedente quanto ha pagato. In caso di inadempimento grave del piano, il beneficio decade: il piano può essere revocato su istanza dei creditori e i debiti risorgono per intero (salvo importi eventualmente già versati che restano acquisiti ai creditori pro quota).

Il vantaggio del piano del consumatore è dunque di poter imporre una ristrutturazione unilaterale equa – calibrata sul proprio reddito – anche ai creditori dissenzienti, ottenendo la protezione immediata dalle loro azioni e infine l’esdebitazione. Di contro, è accessibile solo a chi può qualificarsi consumatore e implica un esame attento della condotta pregressa del debitore. È lo strumento tipico per famiglie sovraindebitate e soggetti privi di attività d’impresa.

Concordato minore (per imprenditori e professionisti)

Il concordato minore è la procedura analoga al piano del consumatore ma destinata ai debitori non consumatori: quindi professionisti, ditte individuali non fallibili, imprenditori agricoli, start-up innovative, enti non profit, piccoli imprenditori sotto soglia e in generale qualsiasi soggetto sovraindebitato che non sia un consumatore puro. Un perito commerciale con debiti legati alla propria attività professionale rientrerebbe in questa categoria. In passato, la Legge 3/2012 la chiamava accordo di composizione della crisi; il CCII l’ha rinominata e ne ha rivisto alcuni dettagli.

Caratteristiche del concordato minore:

  • Proposta ai creditori con voto: a differenza del piano del consumatore, qui i creditori votano. Il debitore formula una proposta di concordato, che viene sottoposta all’assemblea dei creditori (o a votazione per classi se del caso). Per l’approvazione occorre il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Dunque, se il perito commerciale ha debiti per €100k totali, servirà il sì di più del 50% (in valore) dei crediti votanti. I creditori privilegiati possono essere esclusi dal voto se vengono soddisfatti integralmente secondo la proposta (o comunque nei limiti di legge). Se sono parzialmente falcidiati o dilazionati oltre i limiti, votano anch’essi per la parte pregiudicata.
  • Niente requisito di meritevolezza stringente ex ante: nella normativa nuova, si nota che per il concordato minore la legge non menziona espressamente “meritevolezza” o “merito creditizio” come nel caso del consumatore. Infatti, il CCII esclude dalla procedura chi “abbia commesso atti diretti a frodare i creditori”, quindi chi ha occultato/distratto attivo, ma non parla di colpa grave come causa di esclusione (mentre per il consumatore era menzionata colpa grave e malafede). In breve, un imprenditore o professionista sovraindebitato può accedere anche se la crisi è dovuta a sua imprudenza o errore gestionale, purché non abbia frodato volontariamente i creditori. Ciò riflette l’idea che nell’attività economica il rischio d’impresa è fisiologico e la normativa incoraggia il fresh start anche dopo fallimenti non dolosi.
  • Contenuto della proposta: simile al piano del consumatore, può prevedere qualsiasi forma di ristrutturazione: pagamenti parziali, dilazioni, offerenti terzi, ecc. Può prevedere la continuazione dell’attività del debitore (es. il perito vuole mantenere aperto lo studio) oppure la sua cessazione. Se il debitore intende continuare l’attività, non è obbligatorio apportare finanza esterna, ma qualora preveda la cessazione, la legge richiede un certo apporto di risorse esterne se non c’è soddisfazione minima dei creditori, per migliorare l’offerta ai creditori rispetto alla liquidazione. Ciò serve a incentivare soluzioni più vantaggiose della semplice vendita dei beni.
  • Trattamento dei creditori privilegiati: anche qui vale la regola per cui ai creditori con garanzie va assicurato almeno il valore di realizzo dei beni gravati. L’art. 75 CCII (corrispondente al vecchio art. 7 L.3/2012) impone che al creditore ipotecario sia garantita una somma non inferiore a quella ricavabile dalla liquidazione. La Cassazione, come visto nel caso 4613/2023, ha interpretato in modo sostanziale questo requisito, includendo nel confronto anche eventuali azioni recuperatorie che il creditore potrebbe esercitare (es. revocatoria di atti del debitore) se il concordato non fosse omologato. In pratica, se il perito ha dato in garanzia un immobile e poi l’ha venduto o donato, il suo piano/concordato non può limitarsi a offrire al creditore ipotecario il poco ricavato rimasto, ignorando che quel creditore avrebbe potuto aggredire il bene alienato: altrimenti sarebbe pregiudicato. Quindi il concordato minore deve essere equo verso i privilegiati o trovare il loro consenso specifico.
  • Procedura: anche qui ci si avvale dell’OCC. Si deposita il ricorso con la proposta e la documentazione contabile (se impresa, bilanci, elenco beni, elenco creditori, ecc.), più la relazione dell’OCC che attesta fattibilità e assenza di atti in frode. Il giudice verifica l’ammissibilità e, se ok, apre la procedura nominando un giudice delegato e un professionista gestore (lo stesso OCC di solito) a vigilare. Viene indetta l’adunanza dei creditori per la votazione. Durante la procedura il debitore rimane in possesso dei beni e può continuare la sua attività sotto la supervisione, ma non può aggravare la posizione debitoria: ad esempio non può pagare vecchi creditori al di fuori del piano né contrarre nuovi debiti senza autorizzazione. Come per il consumatore, dall’apertura scatta il blocco delle azioni esecutive individuali fino all’omologazione. Se i creditori approvano la proposta a maggioranza, il giudice procede all’omologazione (controllando legalità e fattibilità). Se i creditori non approvano, il giudice tuttavia può ugualmente omologare (“cram down”) in due casi: (a) se ritiene che i creditori dissenzienti riceveranno col piano almeno quanto otterrebbero dalla liquidazione; (b) se manca il voto perché un creditore ha indebitamente rifiutato la proposta senza ragione (abuso di voto). Quindi c’è uno spiraglio per salvare un buon piano anche senza pieno consenso.
  • Effetti e durata: una volta omologato, il concordato minore vincola tutti i creditori anteriori. Il debitore deve eseguire gli impegni presi (eventualmente sotto controllo del gestore). La durata anche qui varia, ma spesso un concordato minore prevede la liquidazione di beni o pagamenti dilazionati in pochi anni. Può essere più breve se, ad esempio, si vendono subito certi asset e si distribuisce il ricavato. Dopo l’esecuzione, il debitore persona fisica ottiene l’esdebitazione per i debiti chirografari insoddisfatti residui. Nel caso in cui il concordato minore non preveda il pagamento integrale di tutti i crediti, si pone infatti il tema di liberare il debitore dal restante. L’art. 80 CCII prevede che anche nel concordato minore il debitore persona fisica possa essere esdebitato a fine procedura, similmente al piano del consumatore, purché abbia adempiuto il concordato (o comunque versato ai creditori quanto era nelle sue possibilità secondo il piano). Le condizioni di meritevolezza per l’esdebitazione sono quelle generali (assenza di frode, ecc.). Se invece il debitore è una società o ente, l’esdebitazione personale non si pone (cessando l’ente, i debiti residui restano insoddisfatti senza soggetto obbligato).

In sintesi, il concordato minore è l’ancora di salvezza per i debitori commerciali “minori” (non fallibili) e i professionisti. Esempio pratico: un perito commerciale ha debiti per €200.000, tra cui €50k con il Fisco, €50k con banche e €100k con fornitori vari. Possiede un piccolo ufficio di proprietà e un’auto. Potrebbe proporre un concordato minore offrendo la vendita dell’auto e dell’ufficio (supponiamo ricavo €120k) e il pagamento integrale del Fisco (privilegiato) e in percentuale (es. 50%) dei chirografari con quel ricavato, ottenendo così il voto favorevole. In 6 mesi vende i beni, distribuisce €120k e il tribunale lo esdebitata dei €80k rimasti scoperti. I creditori chirografari, pur non soddisfatti completamente, non potrebbero ottenere di più nemmeno forzando vendite separate (i beni erano quelli, ed evitando la frammentazione di procedure si risparmiano costi). Il perito, liberato dai debiti, può ricominciare eventualmente la sua attività altrove senza il peso del passato.

Liquidazione controllata del debitore

La liquidazione controllata (nel Codice della Crisi) è la procedura che sostituisce la vecchia liquidazione del patrimonio della L.3/2012. Essa è concettualmente vicina al fallimento (ora “liquidazione giudiziale”) ma applicabile ai soggetti non fallibili. Possono richiederla sia il debitore sovraindebitato, sia i creditori o un pubblico ministero in taluni casi (ad esempio se un debitore ha occultato i patrimoni con atti in frode, i creditori possono provocarne la liquidazione). Nel nostro discorso ci focalizziamo sull’ipotesi in cui il debitore volontariamente vi ricorre per liberarsi dei debiti.

Caratteristiche principali:

  • Spossessamento e nomina di un liquidatore: con il provvedimento di apertura, il Tribunale nomina un liquidatore (un professionista terzo) e dispone che tutti i beni del debitore (esclusi quelli impignorabili per legge) siano sottoposti a liquidazione. Il debitore perde la disponibilità del suo patrimonio, che viene gestito dal liquidatore. In pratica, è molto simile a un fallimento personale: si vendono i beni, si trasformano in denaro e si ripartono ai creditori secondo l’ordine delle prelazioni.
  • Chi può accedere: tutti i debitori “non fallibili” possono chiedere la propria liquidazione controllata, anche il consumatore. In molti casi, la liquidazione funge da soluzione residuale quando non sia fattibile un piano o un concordato (ad esempio perché il debitore non ha entrate per sostenere un piano e i creditori non approverebbero un concordato). Importante: non è richiesta alcuna soglia minima di debito o insolvenza specifica, basta lo stato di sovraindebitamento (incapacità di pagare regolarmente i debiti). Nel CCII è previsto però che non si possa accedere se si è già stati esdebitati nei 5 anni precedenti o per due volte in totale (regola generale per evitare abusi ciclici).
  • Attività durante la liquidazione: il liquidatore forma l’inventario, individua i creditori (stato passivo), vende i beni mobili e immobili del debitore tramite procedure competitive (aste), incassa crediti, eventualmente può anche impugnare atti compiuti prima dal debitore in danno dei creditori (revocatorie). Ad esempio, se il perito commerciale prima di attivare la procedura ha regalato un immobile ai figli, il liquidatore potrà agire per revocare quella donazione (entro determinati termini di legge) e riportare il bene nella massa attiva. Anche atti di pagamento preferenziale antecedenti possono essere scrutinati.
  • Esdebitazione: il principale vantaggio della liquidazione, rispetto a un fallimento tradizionale, è che dopo la liquidazione il debitore persona fisica può ottenere l’esdebitazione dei debiti rimasti insoddisfatti. Nel vecchio impianto della L.3/2012 l’esdebitazione in liquidazione non era automatica, doveva essere richiesta a fine procedimento e il giudice valutava alcune condizioni (ad esempio che il debitore avesse cooperato e non avesse aggravato la posizione). Il CCII ha reso l’esdebitazione più accessibile e praticamente automatica: l’art. 280 CCII, coerentemente con la direttiva europea, ha eliminato il requisito oggettivo di dover soddisfare parzialmente i creditori. In passato la legge fallimentare (art. 142 l.fall.) richiedeva di aver pagato almeno in parte i crediti chirografari per ottenere l’esdebitazione; oggi invece non c’è più una soglia minima – anche se si paga pochissimo, ciò non impedisce di ottenere il beneficio. Tutto ruota attorno alla condotta del debitore: se è stato onesto e collaborativo, merita il fresh start. La Cassazione (sent. 27562/2024) ha confermato che anche un soddisfacimento degli chirografari superiore all’1% può bastare, non essendo “meramente simbolico”, e l’assenza di apprezzabili attivi non preclude l’esdebitazione. In sintesi, terminata la liquidazione controllata (che per legge deve concludersi entro 3 anni dalla apertura, salvo proroghe straordinarie), il debitore presenta istanza di esdebitazione e il tribunale la concede, salvo scoprire frodi o violazioni gravi. Da quel momento, tutti i debiti anteriori si considerano estinti per la parte non soddisfatta.
  • Durante la procedura: il debitore è tenuto a collaborare col liquidatore, a segnalare eventuali sopravvenienze attive (es. entrate improvvise). Egli ha diritto di mantenere una somma per il suo sostentamento (decisa dal giudice): non gli verrà tolto tutto l’eventuale reddito, ma ciò che eccede le esigenze di vita e familiari andrà alla massa. Se svolge ancora attività professionale, potrebbe essergli lasciata l’auto o gli strumenti base per continuare a lavorare, se utile anche ai creditori (magari per generare reddito da spartire). Diciamo che la liquidazione è più invasiva, perché il perito commerciale vedrà il proprio patrimonio spogliato e venduto; ma a fronte di ciò, ottiene di ripartire da zero in tempi relativamente brevi, senza debiti.

Differenza tra concordato minore e liquidazione controllata: nel concordato il debitore conserva parte dei beni (quelli non destinati ai pagamenti concordati) e si impegna in un piano attivo di rientro; nella liquidazione, cede tutto (o quasi) subito ma non deve preoccuparsi di pagare rate in futuro. La scelta dipende dalla situazione: se il perito ha un patrimonio liquidabile sufficiente a soddisfare decentemente i creditori, può preferire liquidare e chiudere la faccenda con esdebitazione entro 3 anni; se invece ha reddito continuo e vuole tenere alcuni beni (es. la casa) potrebbe tentare un piano per pagare gradualmente i creditori ed evitare la perdita dei beni (magari coinvolgendo garanti o risorse terze).

Nota: la legge consente che il debitore e i creditori, nel corso di una liquidazione, possano ancora trovare un accordo: ad esempio tramite un concordato semplificato o una transazione, chiudendo prima la procedura. Ma sono dettagli oltre lo scopo di questa guida.

Esdebitazione del debitore incapiente (“esdebitazione senza utilità”)

Si tratta di una misura innovativa introdotta dapprima con la L.176/2020 e ora recepita nel CCII. È pensata per il caso estremo del debitore persona fisica totalmente privo di beni e di capacità di rimborso, il cosiddetto nullatenente. In passato, paradossalmente, chi non aveva nulla da offrire non poteva accedere alle procedure perché non c’era un “piano” attuabile né conveniva aprire una liquidazione con zero attivo. Restava quindi condannato a portarsi i debiti a vita. Oggi, invece, anche il debitore assolutamente incapiente può ambire all’esdebitazione di tutti i debiti, una volta nella vita.

Caratteristiche:

  • Requisito fondamentale: il debitore non deve essere in grado di offrire alcuna utilità, né diretta né indiretta, ai creditori nemmeno in futuro. Cioè niente beni liquidabili, niente redditi attuali utilizzabili e nessuna prospettiva concreta di miglioramento a breve termine. Inoltre deve essere meritevole (non deve aver truffato i creditori o causato il debito con dolo). In pratica, questa esdebitazione è per chi si trova indigente per ragioni sfortunate e senza colpa grave.
  • Procedura agile: il debitore presenta ricorso al tribunale chiedendo la propria esdebitazione immediata ex art. 283 CCII (già art. 14-quaterdecies L.3/2012). Deve allegare l’elenco dei creditori, le cause dell’indebitamento, e dichiarare di non avere nulla da offrire. L’Organismo di Composizione della Crisi redige una relazione anche qui, verificando la situazione. Se il giudice accerta che effettivamente non vi sono utilità ricavabili, emette decreto di cancellazione dei debiti praticamente senza svolgere alcuna liquidazione.
  • Condizione post-esdebitazione: nei 4 anni successivi, se il debitore beneficia di sopravvenienze attive rilevanti, ha l’obbligo di pagarle ai creditori fino al 10% del debito originario. Ad esempio, Tizio aveva €100.000 di debiti ed è stato esdebitato incapiente; due anni dopo vince alla lotteria €50.000: ebbene, dovrà informare il tribunale e destinare fino a €10.000 (cioè il 10% di 100k) ai vecchi creditori. Oltre 4 anni dopo, invece, qualunque fortuna gli arrida, sarà sua e i creditori non potranno più nulla. Questa clausola serve a evitare furbizie (uno potrebbe nascondere beni e riapparire poi): se emergono asset, vanno almeno in parte ai creditori.
  • One-shot: l’esdebitazione incapiente è concessa una volta sola nella vita. Quindi il debitore deve giocar bene questa carta. Se perito commerciale, otterrà di cancellare i debiti ma dovrà essere consapevole che non potrà chiedere un secondo “perdono totale” qualora, dopo essersi ripreso, incappasse di nuovo in guai economici.
  • Effetti: uguali a una normale esdebitazione. I creditori chirografari non potranno più pretendere nulla. Eventuali debiti esclusi per legge (alimenti, risarcimenti da illecito penale se previsti esclusi, etc.) restano comunque dovuti – ma in genere l’incapiente non ha neppure quelli oppure se li ha, rimarranno moralmente insoluti (ad es. un debito alimentare non pagato non viene cancellato, però se il debitore non ha reddito, era comunque impossibile recuperarlo).
  • Caso particolare: se il debitore incapiente ha dei coobbligati o fideiussori, l’esdebitazione riguarda solo lui. Ad esempio, Caio perito commerciale aveva un prestito con garante suo padre; Caio ottiene l’esdebitazione incapiente e si libera, ma la banca potrà rivalersi comunque sul padre garante per l’intero importo (la liberazione non si estende ai coobbligati, art. 282 CCII). Ciò vale del resto per tutte le procedure: la liberazione del debitore principale non toglie responsabilità ai suoi garanti.

L’esdebitazione incapiente è un istituto di grande civiltà giuridica, perché riconosce che tenere persone nullatenenti in uno stato di perenne schiavitù da debito non giova a nessuno: né ai creditori, che tanto non recuperano nulla, né alla società, che ha un individuo escluso da ogni circuito economico legale. Meglio azzerare e dare una seconda chance. Chiaramente, va riservata ai casi genuini e meritevoli, per evitare abusi.

Procedura familiare

Merita un breve accenno la possibilità, introdotta dal Codice della Crisi, di gestire unitariamente la crisi di più membri della stessa famiglia. Se più conviventi (coniugi, unioni civili, parenti entro il 4° grado etc.) sono indebitati insieme o per cause comuni, possono presentare un unico progetto di risanamento. Ciò riduce costi e duplicazioni. Ad esempio, marito e moglie periti commerciali entrambi indebitati possono fare un solo procedimento anziché due separati. I requisiti sono: la convivenza e/o l’origine comune dell’indebitamento. Se nella procedura familiare c’è almeno un soggetto consumatore e uno no, si applicano le regole del concordato minore all’intera procedura (cioè si seguono le regole più “rigide” per la parte votazione e altre formalità). In pratica, il nucleo familiare presenta un unico piano o concordato congiunto, coinvolgendo tutti i creditori dei vari membri. La difficoltà può stare nel coordinare situazioni differenti, ma è un’opzione utile specie quando la famiglia ha un patrimonio comune (es. casa cointestata) e debiti incrociati.

Confronto schematico delle procedure

Per ricapitolare, ecco una tabella comparativa delle caratteristiche salienti delle procedure di sovraindebitamento:

ProceduraSoggetti ammessi (debitori)Consenso creditoriDurata indicativaEsdebitazione finaleNote distintive
Piano del consumatore (ristrutturazione debiti)Consumatori (persone fisiche con debiti estranei ad attività professionale o d’impresa).No voto creditori (omologazione giudiziale); creditori possono fare osservazioni.Flessibile (tipicamente 4–5 anni).Sì, al termine dell’esecuzione del piano omologato (cancella i debiti residui).Richiede meritevolezza del debitore. Protegge casa e beni se piano sostenibile.
Concordato minore (accordo)Debitori non consumatori: professionisti, imprenditori sotto soglia, startup, enti non fallibili.Sì voto – maggioranza dei crediti >50%. Possibile omologa anche senza voto se condizioni favorevoli (cram-down).Di solito 3–5 anni (variabile).Sì, per persone fisiche adempienti al concordato (debiti residui cancellati a fine procedura).Ammesso anche se sovraindebitamento dovuto a colpa, purché niente frodi. Permette continuità aziendale se conveniente.
Liquidazione controllata (giudiziale)Qualsiasi debitore non fallibile insolvente. Spesso usata se piano/concordato non praticabili.N/A (è procedura liquidatoria, non richiede voto creditori).Durata massima 3 anni dall’apertura (estendibile in casi eccezionali).Sì, automatica al termine (salvo condotte fraudolente) – nessun pagamento minimo richiesto.Liquidazione di tutti i beni da parte di un liquidatore nominato. Possibile iniziativa anche dei creditori.
Esdebitazione incapiente (“zero asset”)Persone fisiche totalmente prive di reddito e beni, meritevoli. (Una tantum nella vita)N/A (non c’è pagamento, i creditori sono solo informati).Procedura molto breve (pochi mesi per il decreto).Sì, immediata con il decreto: debiti cancellati subito. Vincolo 4 anni: se sopravvengono utilità, pagare fino 10% crediti.Soluzione “straordinaria” per nullatenenti. Esdebitazione concessa senza rimborsi. Unico obbligo: informare su eventuali eredità/sopravvenienze nei 4 anni.

Domande frequenti (FAQ)

D: Cosa significa in concreto sovraindebitamento?
R: È la situazione in cui una persona (o piccola impresa non fallibile) non riesce più a pagare regolarmente i propri debiti, a causa di uno squilibrio duraturo tra le obbligazioni assunte e il patrimonio/reddito disponibile. Non serve essere nullatenenti: basta che il flusso di cassa non copra le uscite dovute. In tal caso si può ricorrere alle procedure della legge sul sovraindebitamento (piano del consumatore, concordato minore, ecc.) per trovare una soluzione.

D: Un perito commerciale indebitato può essere dichiarato fallito?
R: In linea generale no. Il fallimento (ora liquidazione giudiziale) si applica solo agli imprenditori commerciali sopra certe soglie dimensionali. I liberi professionisti (come i periti commerciali, avvocati, medici, ecc.) non sono soggetti a fallimento per legge. Pertanto, un perito commerciale in crisi rientra tra i debitori non fallibili a cui si applicano le procedure di sovraindebitamento. Solo se operasse tramite una società di persone o SRL potrebbe capitare un fallimento della società, ma come persona fisica professionista no.

D: In che modo aprire una procedura di sovraindebitamento mi protegge dai creditori?
R: Dal momento in cui il tribunale ammette la procedura (piano, concordato o liquidazione) e fino alla sua conclusione, i creditori chirografari non possono iniziare né proseguire pignoramenti o altre azioni esecutive individuali. Ciò significa ad esempio che: se la tua casa era all’asta, la vendita viene sospesa; se avevano iniziato a pignorarti lo stipendio, la trattenuta si blocca; nessun nuovo precetto può esserti notificato. I creditori dovranno far valere le proprie ragioni solo nella procedura concorsuale aperta (presentando domanda di credito, votando se previsto, ecc.). Questa “ombrella protettiva” scatta in genere col decreto di apertura (per il piano del consumatore spesso già con l’ammissione e fissazione udienza, per il concordato minore col decreto ex art. 74 CCII). È fondamentale però segnalare tempestivamente la cosa ai vari giudici dell’esecuzione pendenti, tramite i propri legali, affinché prendano atto del divieto e sospendano (in base all’art. 623 c.p.c.).

D: Che differenza c’è tra piano del consumatore e concordato minore?
R: In sintesi, il piano del consumatore è riservato alle persone fisiche che hanno debiti personali (non legati ad attività d’impresa/professione) e non richiede l’approvazione dei creditori. Il giudice può omologarlo se ritiene il debitore meritevole e il piano fattibile. Il concordato minore, invece, è per i debitori “professionali” (partite IVA, imprese minori, ecc.) e richiede il voto favorevole dei creditori (maggioranza del 50%+1 dei crediti), salvo eccezioni di cram-down. Inoltre, nel piano del consumatore la condotta del debitore è scrutinata più rigorosamente (basta colpa grave per negarlo), mentre nel concordato minore conta solo l’assenza di frodi intenzionali. Per il resto, entrambi permettono di ridurre il debito e diluirlo secondo le possibilità del debitore, con esdebitazione finale.

D: Ho debiti sia personali (carta di credito, mutuo) sia derivanti dalla mia attività di perito (IVA, fornitori). Posso fare il piano del consumatore?
R: No, se i debiti sono in parte significativi legati all’attività, non sei un consumatore “puro”. In questi casi si deve optare per il concordato minore (o eventualmente la liquidazione). Non è consentito spezzare i debiti e fare un piano da consumatore per alcuni e lasciare fuori gli altri: la procedura deve riguardare tutta la tua posizione debitoria. C’è stato dibattito sui cosiddetti debiti misti: la giurisprudenza recente tende a escludere il piano del consumatore se c’è anche solo una componente non consumer rilevante. Dunque, un professionista con debiti fiscali e professionali rientra nel concordato minore.

D: Quali debiti non possono essere cancellati neanche con le procedure di sovraindebitamento?
R: L’unico esplicito che la legge esclude sono gli obblighi di mantenimento/alimenti verso coniuge, figli o altri familiari. Quelli restano comunque dovuti per intero (non possono subire falcidia né essere oggetto di esdebitazione). Inoltre, rimangono fuori dal concorso eventuali debiti per multe penali (ammende) o risarcimenti per fatti illeciti solo se originati da dolo e la legge ne prevede l’inesdebitabilità (questo è un tema un po’ controverso: la direttiva UE consente agli Stati di escludere i debiti da sanzioni penali e alcuni da responsabilità civile; l’Italia non ha ancora previsto chiaramente tali eccezioni nel sovraindebitamento, quindi al 2025 anche multe e risarcimenti risultano generalmente falcidiabili, a meno che il giudice valuti caso per caso come motivo di non meritevolezza se uno chiede di cancellare un debito da reato). In ogni caso, la stragrande maggioranza di debiti (banche, fisco, fornitori, bollette, leasing, ecc.) è inclusa e viene eliminata con l’esdebitazione. Ad esempio sono compresi: cartelle esattoriali, multe stradali, contributi INPS, canoni arretrati, ecc., purché anteriori all’apertura della procedura.

D: Cosa succede ai miei garanti (fideiussori) se io ottengo l’esdebitazione?
R: L’esdebitazione (sia da piano/concordato concluso sia da liquidazione o incapienza) libera solo te in quanto debitore che ha avviato la procedura. I garanti rimangono obbligati in solido per l’intero debito verso i creditori, salvo che anch’essi facciano a loro volta una procedura o accordino transazioni. Ad esempio, se la banca aveva il padre del perito come fideiussore sul mutuo, e il perito ottiene l’omologazione di un piano che paga il 30% al posto del 100%, la banca potrà escutere il padre garante per cercare il restante 70%. Spesso, però, anche il garante può partecipare alla procedura (specialmente se è familiare convivente, si può fare un piano familiare congiunto). Altrimenti, il creditore ha diritto di rivalersi sul coobbligato.

D: Quanto costa avviare una procedura di sovraindebitamento?
R: Ci sono dei costi iniziali contenuti rispetto a un fallimento. Bisogna pagare un contributo unificato ridotto (di solito €98) e le spese vive per le comunicazioni ai creditori. Il compenso dell’OCC (Organismo di Composizione della Crisi) – che per legge assiste il debitore – in parte è fissato a esito della procedura ed è anch’esso inclusivo nella massa dei debiti (in altre parole, l’OCC viene pagato come un creditore della procedura, attingendo alle somme che si recuperano, con privilegio). Può essere richiesto un piccolo fondo spese iniziale. In termini di costi professionali, occorre considerare l’onorario del legale che assiste nel procedimento e dell’OCC: tuttavia, diversamente da prima, oggi molti OCC operano anche presso gli Ordini professionali con tariffe calmierate, e alcune procedure – specie il piano del consumatore – non richiedono spese elevate. Inoltre, le spese di giustizia (come il compenso del gestore/occ e liquidatore) hanno un trattamento preferenziale limitato dal principio di sostenibilità: la procedura deve poter essere portata avanti senza oneri insostenibili per il debitore. In casi di particolare indigenza, l’OCC può chiedere un fondo spese al Tribunale. Dunque, non bisogna farsi scoraggiare: ci si può informare presso l’OCC locale (spesso istituito presso gli Ordini dei Commercialisti o Avvocati) per un preventivo. Considerando il beneficio di uscire da centinaia di migliaia di euro di debiti, i costi di procedura – qualche migliaio di euro al massimo – sono ben spesi.

D: Se ottengo l’esdebitazione, verrò segnalato da qualche parte? Potrò accedere a nuovi crediti?
R: L’esdebitazione viene registrata nei pubblici registri fallimentari e presso il registro tenuto dal Ministero della Giustizia (albo dei procedimenti di insolvenza civile). Inoltre, è probabile che le banche dati creditizie registrino per qualche anno l’evento (come fanno per il fallimento). Tuttavia non esiste un divieto legale a contrarre nuovi debiti dopo l’esdebitazione. Quindi potrai aprire un conto, lavorare, avviare un’attività. È facoltà delle banche decidere se concederti prestiti: realisticamente, dopo un’insolvenza cancellata, per un po’ di tempo ottenere credito sarà difficile, ma col tempo (e dimostrando redditi stabili e nessun nuovo intoppo) è possibile riacquistare fiducia. L’intento della legge è proprio il fresh start, cioè reintegrare la persona nella vita economica attiva: non ci sono interdizioni personali permanenti (diversamente dal fallito, che un tempo aveva limitazioni nei pubblici uffici ecc., qui nulla di simile). Solo, se in futuro volessi accedere di nuovo a procedure concorsuali, ricorda che c’è il limite dei 5 anni per ripetere il beneficio.

D: Posso perdere la casa nella procedura di sovraindebitamento?
R: Dipende. Se vuoi mantenerla, è più indicato un piano o concordato in cui magari offri ai creditori altre risorse (o pagamenti dilazionati col tuo reddito) evitando la vendita della casa. Spesso i giudici omologano piani che prevedono la non liquidazione dell’abitazione, purché i creditori ricevano comunque un valore equivalente (ad esempio grazie a terzi che mettono soldi o ipoteche residuali che vengono onorate). Se invece entri in liquidazione controllata, tutti i tuoi beni non impignorabili saranno venduti, casa inclusa, salvo casi particolari (ad esempio una casa di valore trascurabile rispetto ai mutui, che il liquidatore potrebbe abbandonare per mancanza di convenienza). Quindi, la salvaguardia della casa dipende dalla strategia: molti debitori propongono piani proprio per proteggere la prima casa, offrendo ai creditori alternative (come il pagamento del suo valore, magari tramite un nuovo finanziamento garantito da un parente). Va detto che se sulla casa grava un’ipoteca e il debito ipotecario non viene soddisfatto adeguatamente nel piano, il creditore ipotecario può opporsi. Bisogna negoziare coi numeri: a volte la casa si salva, altre volte conviene comunque liquidarla (ad esempio se il debito totale è enorme, vendere la casa e liberarsi del resto può essere preferibile a tenere la casa ma restare indebitati).

D: Se sono un professionista, aprire una procedura di sovraindebitamento verrà reso pubblico? Lo verranno a sapere i miei clienti?
R: La procedura non è segreta: l’omologazione viene pubblicata sul registro delle imprese (se soggetto iscritto) o su pubblici registri, inoltre i creditori vengono informati personalmente. Però non c’è una pubblicità diffusa tipo bollettini: in sostanza lo sanno i tuoi creditori, l’OCC e gli organi coinvolti. È possibile che un istituto di credito o un fornitore faccia circolare l’informazione nel suo circuito, ma non c’è affissione all’albo del tribunale come per i fallimenti. I professionisti iscritti ad albi potrebbero dover comunicare la cosa al proprio Ordine in certi casi (non sempre è richiesto; ad es. per i commercialisti e esperti contabili, una procedura di sovraindebitamento personale non comporta automatica sanzione disciplinare, a meno di condotte disonorevoli connesse). Molti professionisti sono passati attraverso queste procedure e hanno poi proseguito la carriera. Quindi, il potenziale “discredito” è limitato rispetto ai vantaggi di tornare solvibili.

D: Dopo la conclusione positiva, i creditori possono perseguitarmi ancora?
R: No, una volta ottenuta l’omologazione del piano/concordato o il decreto di esdebitazione (a fine liquidazione o in caso di incapienza), i debiti restano solo nei limiti previsti dalla procedura. Se per esempio il piano del consumatore dice che pagherai il 20% a tutti e viene omologato, nessun creditore potrà chiederti il restante 80%: è legalmente inesigibile. E con l’esdebitazione finale, quel residuo 80% è proprio cancellato definitivamente. I creditori perdono il diritto di pretendere qualsiasi cosa oltre quanto stabilito. Se qualcuno tentasse comunque azioni di recupero, opporrai l’omologazione o il decreto di esdebitazione, che hanno forza esecutiva. Anche eventuali pignoramenti avviati in precedenza e sospesi, dopo l’omologa vengono estinti. Dunque, i creditori sono vincolati e non possono “rifarsi vivi” in seguito – a meno che tu volontariamente non li voglia rimborsare per scrupolo morale (ma non c’è obbligo né possono pretendertelo). Uniche eccezioni: i debiti non toccati dalla procedura (es. alimenti) restano dovuti e se non li paghi potranno agire, ma parliamo di quelli esclusi per legge.

D: Posso accedere alle procedure di sovraindebitamento più di una volta?
R: La norma attuale impone dei limiti. In generale, no, non in tempi ravvicinati: se hai già ottenuto un’esdebitazione, devi attendere 5 anni per poterne beneficiare di nuovo. Inoltre, non puoi essere esdebitato più di due volte nella vita. Quindi non è pensabile fare il piano, poi dopo due anni indebitarsi di nuovo e farne un altro: il secondo verrebbe dichiarato inammissibile se i termini non sono trascorsi. La ratio è evitare un “professionista dell’insolvenza” seriale. Quindi, se hai risolto i debiti con queste procedure, cerca di non ricadere in situazioni analoghe perché la legge potrebbe non proteggerti nuovamente se è passato poco tempo.

D: I debiti con l’Agenzia delle Entrate (es. cartelle) posso includerli? E le multe stradali?
R: Sì. Tutti i debiti verso lo Stato e la PA (erariali, IVA, IRPEF, bollo auto, multe, contributi INPS, etc.) possono entrare in un piano/concordato o liquidazione. Nel piano/concordato possono anche essere ridotti (salvo IVA e ritenute, che per normativa europea preferiscono siano pagate integralmente se possibile, ma la Cassazione ha ammesso la falcidia anche dell’IVA in passato in alcuni casi). Ad esempio, un piano del consumatore può prevedere di pagare solo il 30% delle cartelle esattoriali e cancellare il resto, e il giudice può approvarlo. Attenzione: serve anche qui coerenza con la meritevolezza – se l’indebitamento fiscale deriva da frode fiscale, il giudice potrebbe negare la procedura per indegnità. Ma se è semplice insolvenza, non c’è problema. Le multe stradali vengono trattate come crediti chirografari (senza privilegio) e spesso subiscono abbattimenti nei piani. In liquidazione, lo Stato e gli enti partecipano al pari degli altri creditori (alcuni tributi hanno privilegio e saranno soddisfatti prioritariamente sul ricavato). La Corte di Giustizia UE nel 2024 ha affrontato la questione se gli ordinamenti possano escludere categorie di debiti dall’esdebitazione (causa C-20/23), ad esempio debiti fiscali: l’orientamento è per no, non si possono escludere in blocco, a tutela del principio di seconda chance. Quindi è corretto includerli.

D: Ho già un pignoramento sullo stipendio da parte di una finanziaria e anche una cessione del quinto in corso. Se attivo la procedura, devo continuare a pagarli?
R: No, con l’ammissione alla procedura puoi ottenere la sospensione sia del pignoramento che della cessione del quinto. Il pignoramento verrà incluso nel divieto di prosecuzione delle azioni esecutive, quindi il datore di lavoro smetterà di trattenere le somme (su ordine del giudice dell’esecuzione informato del provvedimento concorsuale). La cessione del quinto, pur essendo un contratto volontario, secondo la nuova normativa concorsuale viene equiparata ai debiti concorsuali: in diversi tribunali si è ritenuto che la trattenuta debba essere sospesa e il residuo debito da cessione inserito nel piano di sovraindebitamento. Così il debitore recupera pieno stipendio durante la procedura (tranne eventuali quote da destinare ai creditori secondo il piano stesso). In sintesi: non continuerai a pagare individualmente né il pignoramento né la cessione, ma dovrai eventualmente destinare ai creditori quelle somme nell’ambito del piano concordato in sede concorsuale, più favorevole. Questo è uno dei vantaggi immediati: ti ritrovi con più liquidità mensile per vivere.

D: Se la situazione migliora mentre sono nella procedura (ad es. inizio a guadagnare di più), cosa accade?
R: Durante una procedura attiva (piano o concordato), dovresti segnalare miglioramenti rilevanti all’OCC/gestore: potrebbe esserci un adeguamento dei pagamenti dovuti (specie se il piano prevedeva versare tutto il surplus di reddito). In liquidazione, tutti i nuovi redditi superiori a quanto ti è lasciato come minimo vitale vanno al liquidatore per i creditori. Se invece hai concluso e ottenuto l’esdebitazione, quanto guadagni dopo è tuo, con l’eccezione dei 4 anni post-esdebitazione incapiente come detto (dove devi dare ai creditori una parte delle eventuali ricchezze improvvise fino al 10%). Diciamo che il sistema è calibrato per essere equo: non vuole punirti se migliori la tua condizione (anzi, bene così), ma neanche permettere che tu ti arricchisca alle spalle dei creditori proprio mentre essi hanno accettato di tagliarsi i crediti. Quindi, transparency con gli organi della procedura è la regola.

D: Quali sono le sentenze più recenti di cui tener conto in questo ambito?
R: Ne citiamo alcune di rilievo già menzionate in guida:

  • Cass. 32759/2024 – Ha confermato l’impignorabilità della prima casa da parte del fisco anche per pignoramenti antecedenti il 2013 ancora pendenti, disponendo la liberazione di tali immobili se unici e residenziali.
  • Cass. 4613/2023 – Ha sancito che un accordo di sovraindebitamento non può omologarsi se danneggia un creditore ipotecario offrendogli meno di quanto otterrebbe dalla liquidazione, valutando anche i potenziali atti recuperatori (es. revoca di donazioni) che il creditore potrebbe fare.
  • Cass. 27562/2024 – In tema di esdebitazione post-liquidazione, ha chiarito che non serve alcuna soglia minima di pagamento ai creditori per ottenere il beneficio: conta solo la condotta e che il pagamento non sia volutamente zero se poteva essere >0.
  • Cass. 22715/2023 – Sui rapporti tra giudice dell’esecuzione e giudice concorsuale, ha stabilito che il giudice del sovraindebitamento può solo pronunciare il divieto di prosecuzione delle esecuzioni, mentre sta al giudice dell’esecuzione sospendere i singoli procedimenti informato di ciò (coordinamento procedurale).
  • Cass. 23343/2022 – Ha affrontato la mancata indicazione nell’atto di precetto dell’avviso della possibilità di ricorrere alle procedure di composizione della crisi (avviso introdotto dall’art. 4-ter L.3/2012, ora art. 480 co.2 c.p.c.): la Suprema Corte ha ritenuto che la sua omissione non comporta la nullità del precetto, ma può rilevare ai fini delle spese (in pratica, il precetto resta valido anche se non avvisa il debitore che potrebbe rivolgersi a un OCC, ma il creditore può essere sanzionato nella liquidazione delle spese per tale mancanza). Insomma, un promemoria che i creditori dovrebbero inserire quell’avvertimento, ma il debitore non può far saltare l’esecuzione solo per tale omissione.

D: Se ho già un accordo di ristrutturazione omologato (piano del consumatore o concordato minore) e un creditore non lo rispetta (es. continua a perseguitarmi), cosa posso fare?
R: L’omologazione ha forza di sentenza. Puoi ricorrere al giudice che ha omologato riferendo dell’abuso: il creditore è vincolato e qualsiasi atto esecutivo sarebbe nullo o inefficace. Il giudice concorsuale può emettere provvedimenti a tutela (ingiunzione di astensione, sanzioni pecuniarie per lite temeraria, ecc.). Inoltre, un creditore che agisca violando l’accordo commette violazione dell’art. 13 L.3/2012 (oggi art. 80 CCII), e l’atto esecutivo può essere dichiarato nullo. Nella pratica, presentando l’omologa al giudice dell’esecuzione, questi non potrà che chiudere la procedura esecutiva. Se il creditore insiste in vie di fatto (poco probabile in ambito legale), puoi agire per risarcimento danni. Ma situazioni del genere sono rare: di norma i creditori, una volta omologato un piano, archiviano le pratiche e attendono i pagamenti stabiliti.

Fonti utilizzate (aggiornate a luglio 2025)

Camera di Commercio Frosinone-Latina (frlt.camcom.it)Le diverse procedure (OCC) (riepilogo ufficiale procedure CCII, requisiti e preclusioni).

(Normativa principale citata: R.D. 267/42 art.142; D.P.R. 602/73 art.76; c.p.c. artt. 514-515-543-545; D.Lgs. 14/2019 artt. 65-83, 268-283; L. 3/2012 previgente)*

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